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Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Diritto urbanistico - edilizia Numero: 983 | Data di udienza: 7 Febbraio 2024

DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Ristorante Pizzeria – Installazione tenda ad apertura variabile – Tenda rettrattile – Ordine di demolizione e ripristino stato dei luoghi – Violazione norme urbanistico edilizie – Corpo estraneo a struttura fabbricato – Idoneità a pregiudicare il pregio e il decoro architettonico – Unicamente in presenza di caratteristiche ed effetti di perdurante e stabile immutazione (Massima a cura di Ilaria Genuessi)


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 4^
Regione: Campania
Città: Napoli
Data di pubblicazione: 9 Febbraio 2024
Numero: 983
Data di udienza: 7 Febbraio 2024
Presidente: Saverini
Estensore: Graziano


Premassima

DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Ristorante Pizzeria – Installazione tenda ad apertura variabile – Tenda rettrattile – Ordine di demolizione e ripristino stato dei luoghi – Violazione norme urbanistico edilizie – Corpo estraneo a struttura fabbricato – Idoneità a pregiudicare il pregio e il decoro architettonico – Unicamente in presenza di caratteristiche ed effetti di perdurante e stabile immutazione (Massima a cura di Ilaria Genuessi)



Massima

TAR CAMPANIA, Napoli, Sez. 4^ – 9 febbraio 2024, n. 983

DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Ristorante Pizzeria – Installazione tenda ad apertura variabile – Tenda rettrattile – Ordine di demolizione e ripristino stato dei luoghi – Violazione norme urbanistico edilizie – Corpo estraneo a struttura fabbricato – Idoneità a pregiudicare il pregio e il decoro architettonico – Unicamente in presenza di caratteristiche ed effetti di perdurante e stabile immutazione.

Affinché un corpo estraneo alla struttura di un fabbricato sia idoneo a pregiudicare il pregio e il decoro architettonico e, in definitiva, a vulnerare le caratteristiche esteriori dell’immobile, occorre che l’elemento aggiuntivo abbia caratteristiche ed effetti di perdurante e stabile immutazione, che postulano a monte la stabilità e fissità della consistenza materiale impattante, nonché, contestualmente, la sua proiezione nello spazio – tempo. Nel caso di specie, trattandosi di tende di tela con bracci retrattili, appoggiate immediatamente sopra la porta di ingresso dei locali, il materiale assume una consistenza informe e pressoché nulla ovvero di ridottissimo rilievo urbanistico, per tutto il tempo in cui resta involto ovvero arrotolato nelle due bacchette che lo contengono e che sono meramente appoggiate al muro. Le opere oggetto di contestazione, inoltre, si limitano a soddisfare esigenze precarie e si connotano per la temporaneità della loro utilizzazione, ritenuto che la funzione delle tende è temporalmente delimitata e consistente in riparo dal sole, con esclusione della funzione di protezione dalla pioggia, poiché consta di mero tessuto permeabile. Ne consegue che gli elementi aggiunti all’edificio, in presenza delle suddette caratteristiche non arrecano vulnera apprezzabili ai valori architettonici ed artistici.

(1) Trattasi, secondo il Collegio, di una tenda solo “in potenza” allorché arrotolata e chiusa, la quale si trasforma in tenda “in atto” quando, per effetto dello sviluppo del materiale avvolto nel quale consiste, lo stesso muta e prende appunto forma di tenda.

Pres. Severini, Est. Graziano – P.P. (avv. Spadaro) c. Comune di Napoli (avv.ti Andreottola e Cuomo)

 


Allegato


Titolo Completo

TAR CAMPANIA, Napoli, Sez. 4^ - 9 febbraio 2024, n. 983

SENTENZA

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

(Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

ex art. 60 cod. proc. amm.;
sul ricorso numero di registro generale 135 del 2024, proposto da
Paolo Pagnani, rappresentato e difeso dall’avvocato Renato Spadaro, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Comune di Napoli, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Antonio Andreottola, Annalisa Cuomo, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Antonio Andreottola in Napoli, piazza Municipio, Palazzo San Giacomo;

per l’annullamento

della Disposizione Dirigenziale n. 222/A/2023 emessa dal Servizio Antiabusivismo e condono edilizio dell’Area Urbanistica del Comune di Napoli il 14.12.23 e notificata il 18.12.23.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Napoli;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella Camera di consiglio del giorno 7 febbraio 2024 il Consigliere Alfonso Graziano e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Sentite le stesse parti ai sensi dell’art. 60 cod. proc. amm.;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1. Con il ricorso in epigrafe, depositato il 10 gennaio 2024, il ricorrente, titolare di nota pizzeria storica insistente nel centro storico di Napoli in un vicoletto che interseca la Via Chiaia, impugna il provvedimento assunto con disposizione dirigenziale n. 222/A/2023 del Responsabile del servizio antiabusivismo e condono edilizio dell’area urbanistica del Comune di Napoli il 14 dicembre 2023 e notificato il successivo 18 (all.2 del ricorso), comminante la rimozione di due elementi dalla asserita natura di tende aggettanti sugli spazi pubblici antistanti il locale e destinati all’allocazione di tavolini e sedie; spazi concessi dal Comune all’epoca dell’emergenza pandemica da Sars-Covid2 onde poter somministrare agli avventori i generi di consumo – in particolare la “pizza” – all’esterno del locale.

In sintesi, il deducente premette che in data 18.12.23 il menzionato Servizio del Comune di Napoli gli contestava, nella specifica qualità di “conduttore della ditta “Ristorante Brandi”, “l’Installazione sulla facciata degli immobili siti in Salita Sant’Anna di Palazzo (Esercizio Ristorante Brandi): 1)al civico n. 2 di una tenda ad apertura variabile avente lunghezza di circa 8,00 m; 2) fronte civico n. 2 di una tenda ad apertura variabile avente lunghezza di circa 2 5,00m.” e la violazione dell’art. 49 co. 22 l. Reg. n. 16/04, sicché, visto l’art. 27 DPR 380/01, ne ordinava la demolizione ed il ripristino dello stato dei luoghi.

Il provvedimento originava da un sopralluogo, in esso riportato, effettuato di servizio n. PG/2023/419138 del 19.05.2023, dagli agenti dell’Unità Operativa Chiaia del Servizio Autonomo di Polizia Locale, accertante la violazione delle norme urbanistico edilizie regolanti l’area ove insiste l’esercizio del deducente, per aver egli realizzato gli infrascritti manufatti:

1) al civico n. 2. di una tenda ad apertura variabile, avente lunghezza di circa 8.00 mt.;

2) fronte civico n. 2. di una tenda ad apertura variabile, avente lunghezza di circa 5,00 mt.

Tali interventi contrasterebbero con l’art. 49 comma 22 della Legge Regionale n. 16 del 22 dicembre 2004, il quale stabilisce che: “Sulla facciata degli stabili siti nei centri storici è vietata l’installazione di apparecchi dì condizionamento d’aria, caldaie, tubazioni e antenne, nonché l’inserimento di nuovi elementi che compromettono il decoro architettonico degli stessi”; norma la cui applicazione si imporrebbe perché l’immobile de quo agitur rientra, come risulta dalla tavola della zonizzazione, nella zona A –“insediamenti di interesse storico”, disciplinata dall’art. 26 delle norme di attuazione della variante per il centro storico.

1.2. Il ricorso è affidato a vari motivi, deducendosi col primo la carenza di legittimazione passiva all’ordine demolitorio per essere il ricorrente mero conduttore e non essendoci prova che l’autore del presunto illecito sia il ricorrente: l’immobile sito al civico n. 2 è di proprietà dei sigg.ri Pagnani Paolo, Eduardo, Maria Rosaria e Recchione Elisa, mentre quello di fronte è di proprietà aliena e le tende in questione sono in utilizzo alla società A.P.R.I. S.r.l. (di cui Pagnani Paolo è il legale rappresentante pro tempore) conduttrice dell’immobile al civico n. 2.

Con il secondo mezzo si lamenta l’omessa comunicazione di avvio del procedimento demolitorio.

1.3. Con il terzo motivo è articolata la censura sostanziale, rubricandosi carenza di potere ed abnormità, violazione degli art. 31 TUED e dell’art. 2 comma 1, d.P.R. 31/2017 perché la tenda retrattile non deve essere considerata alla stregua di nuova costruzione.

In particolare, si duole il ricorrente che, nel caso di specie, si tratta di due tende di tela con bracci retrattili, appoggiate immediatamente sopra la porta di ingresso dei locali, dunque non sulla facciata del fabbricato, al di sotto dei vani contenenti i motori dei climatizzatori, ed utilizzate in modo temporaneo, solo per riparare i tavolini ivi presenti. Le opere oggetto di contestazione, quindi, così come descritte nell’ordinanza impugnata e come risulta dai rilievi fotografici inclusi, si limitano a soddisfare esigenze precarie e si connotano per la temporaneità di utilizzazione, sicché non si qualificano come manufatti atti a migliorare la fruizione di uno spazio esterno stabile e duraturo. Data la loro consistenza, le caratteristiche costruttive e la funzione, sotto il profilo normativo rappresentano un’opera che non determina una “trasformazione edilizia e urbanistica del territorio” tale da richiedere il preventivo rilascio del permesso di costruire.

2. Si è costituito il Comune di Napoli in resistenza al gravame producendo, il 2 febbraio 2024, gli atti dell’istruttoria prodromica all’adozione del provvedimento impugnato, nonché memoria defensionale con cui si contesta la qualificazione dei manufatti in questione come elementi inidonei ad incrementare il carico urbanistico, essendo evidente che la tenda così come realizzata consiste in un’opera nuova che ha una valenza autonoma. Inoltre il ricorrente è titolare di un “Permesso per utilizzo temporaneo spazi emergenza covid”, pratica prot. n. 266906 del 05/4/2022, e nella relazione del tecnico incaricato dal ricorrente si afferma testualmente che “Ogni elemento di arredo avrà colori omogenei all’ambiente circostante, non saranno installate né mantovane, né chiusure laterali in pvc.”. Dal che conseguirebbe che l’installazione delle tende si porrebbe anche in contrasto rispetto a quanto dichiarato dall’esponente, in quanto autorizzata solo ad occupare il suolo pubblico antistante l’esercizio commerciale con tavoli e sedie ma non ad apporre alcuna tenda a copertura dello spazio.

3. Alla odierna Camera di consiglio i procuratori delle parti menzionati in verbale esponevano le loro posizioni; in particolare il difensore del ricorrente – rispondendo a specifica domanda del Collegio, in ordine alla consistenza materiale delle presunte tende e, in particolare, a quanto perdura nel tempo lo sviluppo proiettivo del materiale avvolto nelle predette bacchette avvolgenti – che (come del resto esposto anche nella memoria di replica del 2 febbraio 2024), riferiva che i contestati elementi, erroneamente qualificati tende, in realtà consistono in due bacchette appoggiate al muro, al cui interno è arrotolata una tenda quando è chiusa, mentre quando è aperta non è ancorata all’immobile né al suolo.

Il difensore del ricorrente precisava altresì, come riportato anche in verbale, che l’evoluzione in tenda e quindi la protensione del materiale avvolto, è temporalmente limitata dalla sua funzione di riparo dal sole, ma non estesa anche a quella di protezione dalla pioggia, constando di mero tessuto permeabile. Ha inoltre puntualizzato che le aree antistanti il locale “ombreggiato”, insistono in un vicoletto naturalmente esposto al sole solo per poche ore al giorno.

4. Ciò posto, la causa è passata in decisione anche con possibile definizione nel merito con sentenza in forma semplificata ex art. 60, c.p.a. come da avviso formalizzato alle parti e riportato in verbale.

5. Ritiene il Collegio fondato ed assorbente il terzo motivo di ricorso in punto di inidoneità del descritto elemento ad incrementare il carico urbanistico e, soprattutto, a recare un vulnus alla tutela del patrimonio architettonico e delle caratteristiche del centro storio, per le considerazioni che seguono.

Va tuttavia corretta la prospettiva di indagine proposta dal ricorrente in ricorso nella parte iniziale, in cui sostiene l’assenza di autonoma rilevanza dei due manufatti per cui si procede e la conseguente loro non soggezione al previo rilascio del titolo edilizio.

Rimarca il Collegio che non è questa la contestazione elevata nel provvedimento demolitorio e nel presupposto verbale di accertamento.

Invero, come si motiva nell’atto impugnato nel passo sopra riportato, cioè che si contesta non è l’abusività per carenza di titolo abilitativo edilizio, bensì la violazione dell’art. 49 comma 22 della Legge Regionale n. 16 del 22 dicembre 2004, prevedente che “Sulla facciata degli stabili siti nei centri storici” vieta “l’installazione di apparecchi dì condizionamento d’aria, caldaie, tubazioni e antenne, nonché l’inserimento di nuovi elementi che compromettono il decoro architettonico degli stessi”; in sintesi, dunque, si contesta l’avvenuta inflizione al patrimonio storico artistico che caratterizza le zone omogenee “A” – Centro storico, di un vulnus al decoro architettonico.

6. Occorre pertanto indagare se l’elemento aggiunto dal ricorrente all’edifico, possiede siffatta natura ed attitudine impattante.

Osserva al riguardo il Collegio che affinché un corpo estraneo alla struttura di un fabbricato sia idoneo a pregiudicare il pregio e il decoro architettonico e, in definitiva, a vulnerare le caratteristiche esteriori dell’immobile, occorre che l’elemento aggiuntivo abbia caratteristiche ed effetti di perdurante e stabile immutazione, che postulano a monte la stabilità e fissità della consistenza materiale impattante, nonché, contestualmente, la sua proiezione nello spazio – tempo.

Solo un elemento che abbia connotati fisici definiti e che come tale perduri, appare infatti idoneo ad arrecare vulnera apprezzabili ai valori architettonici ed artistici.

6.1. Siffatte note sostanziali, a ben guardare, non emergono tuttavia rispetto al materiale apportato dal ricorrente all’edificio.

Tale materiale assume, infatti, una consistenza informe e pressoché nulla ovvero di ridottissimo rilievo urbanistico, per tutto il tempo in cui resta involto ovvero arrotolato nelle due bacchette che lo contengono e che sono meramente appoggiate al muro; infatti, quando la tenda “in potenza” è avvolta, perché non serve alla sua funzione rimanendo chiusa, laddove quando è aperta non è ancorata all’immobile né al suolo.

Giova anche porre in luce la circostanza che le due bacchette contenitrici, oltretutto, sono poste al di sotto dei condizionatori e quindi anche che il coupe d’oeil è assorbito dalla massa dei condizionatori; verosimilmente, dunque, le due incriminate bacchette possono sembrar dei listelli di sostegno dei condizionatori.

6.2. Il Collegio è pertanto al cospetto, ponendo mano ai canoni della fisica aristotelica, di una tenda solo “in potenza” allorché arrotolata e chiusa, la quale si trasforma in tenda “in atto” quando, per effetto dello sviluppo del materiale avvolto nel quale consiste, lo stesso muta e prende appunto forma di tenda.

6.3. Non sfugge peraltro al Collegio che l’obiezione sollevabile al delineato costrutto è prevedibile e di agevole intuizione: v’è da chiedersi, cioè, se il descritto materiale informe o proteiforme, che quando rimane nello stadio larvale e consiste in due bacchette avvolgenti o contenenti appare di scarsissima consistenza ed impatto anche ottico, nel momento in cui muta a seguito dello svolgimento e conseguente evoluzione in “tenda”, acquisisca altresì una portata e un carattere impattante l’ambiente e il decoro architettonico dell’edificio.

Tale indagine deve giocoforza dipanarsi sotto il profilo temporale, il parametro guida essendo solo siffatta terza dimensione della fisica.

7. Orbene in proposito il ricorrente, già nell’atto introduttivo, ha precisato che le opere oggetto di contestazione, così come descritte nell’ordinanza impugnata e come risulta dai rilievi fotografici inclusi, si limitano a soddisfare esigenze precarie e si connotano per la temporaneità della loro utilizzazione.

L’additata temporaneità è stata meglio spiegata nel corso dell’esposizione camerale, allorché il procuratore di parte ricorrente ha precisato che l’evoluzione in tenda, e quindi la protensione del materiale avvolto, è temporalmente delimitata dalla sua funzione di riparo dal sole, con esclusione della funzione di protezione dalla pioggia, poiché consta di mero tessuto permeabile.

Allegazioni non contestate dalla difesa comunale e pertanto assumibili a fondamento della decisione ai sensi dell’art. 64, comma 2, c.p.a.

Ne consegue la limitatezza temporale dell’uso e dell’impegno e conseguente impatto del materiale svolto e divenuto “tenda in atto”, discendente dalla funzione ombrifera cui essa assolve, circoscritta, quindi, al tempo della radiazione solare.

7.1. A tale specifico riguardo, il patrono del ricorrente ha inoltre puntualizzato che le aree antistanti il locale “ombreggiato”, ove aggettano le due avversate tende, insistono, come emerge anche dalla documentazione fotografica versata in atti ed esaminata attentamente dal Collegio, in un vicoletto angusto, per tale sua natura quindi naturalmente esposto al sole solo per poche ore al giorno.

Parallelamente, come dianzi evidenziato, la “tenda in atto” non rimane tale a lungo, giacché la sua protensione non è temporalmente estesa anche alle giornate o ai momenti di pioggia, in ragione della consistenza del materiale in un tessuto permeabile e, pertanto, inutile a proteggere dalla pioggia.

Se a ciò si aggiunga altresì la notazione – integrante fatto notorio – che a Napoli le giornate piovose non sono frequenti, emerge complessivamente il ridotto lasso di tempo nel quale la tenda “in potenza” (cioè arrotolata e involta nelle due bacchette contenitrici) muta e permane quale “tenda in atto”; lasso temporale, sostanzialmente coincidente con il periodo di irradiazione solare.

8. Da quanto osservato ed accertato deriva che i due elementi che erroneamente il Comune qualifica come tende, non posseggono attitudine ad impattare e vulnerare le caratteristiche architettoniche e il decoro dell’edificio; dal che va esclusa la violazione dell’art. l’art. 49 comma 22 della Legge Regionale n. 16 del 22 dicembre 2004.

La scrutinata fondatezza del terzo motivo di ricorso consente di accogliere il gravame, con annullamento del provvedimento impugnato.

9.Le spese seguono la soccombenza nella misura liquidata forfettariamente in dispositivo, tenuto conto della durata del giudizio (23 giorni).

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo Accoglie e, per l’effetto, annulla la disposizione dirigenziale impugnata.

Condanna il Comune di Napoli a corrispondere al ricorrente le spese di lite, che liquida in € 1.500,00 (mille/00) oltre accessori di legge e rimborso del contributo unificato

Ordina che la presente Sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Così deciso in Napoli nella camera di consiglio del giorno 7 febbraio 2024 con l’intervento dei magistrati:

Paolo Severini, Presidente

Alfonso Graziano, Consigliere, Estensore

Rita Luce, Consigliere

L’ESTENSORE
Alfonso Graziano

IL PRESIDENTE
Paolo Severini

IL SEGRETARIO

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