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Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Diritto urbanistico - edilizia Numero: 298 | Data di udienza: 23 Gennaio 2019

DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Lastrico solare già accessibile – Posa della pavimentazione – Non costituisce intervento di trasformazione in terrazzo, se non accompagnata da altri manufatti – Lastrico solare – Terrazza – Differenza – Cambio di destinazione d’uso da solaio di copertura a terrazzo – Permesso di costruire.


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 2^
Regione: Campania
Città: Salerno
Data di pubblicazione: 19 Febbraio 2019
Numero: 298
Data di udienza: 23 Gennaio 2019
Presidente: Abbruzzese
Estensore: Severini


Premassima

DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Lastrico solare già accessibile – Posa della pavimentazione – Non costituisce intervento di trasformazione in terrazzo, se non accompagnata da altri manufatti – Lastrico solare – Terrazza – Differenza – Cambio di destinazione d’uso da solaio di copertura a terrazzo – Permesso di costruire.



Massima

 

TAR CAMPANIA, Salerno, Sez. 2^ – 19 febbraio 2019, n. 298


DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Lastrico solare già accessibile – Posa della pavimentazione – Non costituisce intervento di trasformazione in terrazzo, se non accompagnata da altri manufatti.

La sola posa di una pavimentazione su un lastrico solare già precedentemente accessibile dalle scale condominiali (senza peraltro che possa rilevarsi l’apposizione di ringhiere, parapetti o altre strutture), non può essere considerato un intervento di trasformazione da lastrico solare a terrazzo, non mutando la sua destinazione di utilizzo, stante l’inesistenza di altri manufatti che ne evidenzino la destinazione all’utilizzo per la presenza stabile di persone. La semplice posa in opera di pavimentazione è da qualificarsi come intervento di manutenzione straordinaria
 


DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Lastrico solare – Terrazza – Differenza – Cambio di destinazione d’uso da solaio di copertura a terrazzo – Permesso di costruire.

In termini di disciplina urbanistica, un lastrico solare è una parte di un edificio che, pur praticabile e piana, resta un tetto, o quanto meno una copertura di ambienti sottostanti, mentre la terrazza è intesa come ripiano anch’esso di copertura, ma che nasce già delimitato all’intorno da balaustre, ringhiere o muretti, indici di una ben precisa funzione di accesso e utilizzo per utenti. Nel caso si realizzi un cambio di destinazione d’uso trasformando un solaio di copertura, per cui non è prevista la praticabilità, in terrazzo, mediante specifici interventi edilizi, è necessario il permesso di costruire, non essendo realizzabile detta trasformazione tramite semplice s. c. i. a. né tramite comunicazione di inizio lavori ex art. 6, d. P. R. n. 380 del 2001(T. A. R. Lazio Roma, Sez. II, 22 marzo 2004, n. 2676; T. A. R. Campania, Sez. VII, 1.7.2010, n. 16540; T. A. R. Campania – Napoli, n. 1247/2013)

Pres. Abbruzzese, Est.  Severini – V.T. (avv. Miele) c. Comune di Cava de’ Tirreni  (avv.ti Senatore e Cascone)
 


Allegato


Titolo Completo

TAR CAMPANIA, Salerno, Sez. 2^ - 19 febbraio 2019, n. 298

SENTENZA

 

TAR CAMPANIA, Salerno, Sez. 2^ – 19 febbraio 2019, n. 298


Pubblicato il 19/02/2019

N. 00298/2019 REG.PROV.COLL.
N. 00983/2017 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

sezione staccata di Salerno (Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso, numero di registro generale 983 del 2017, proposto da:
Vincenzo Tamigi, rappresentato e difeso dall’Avv. Pia Miele, con domicilio eletto, in Salerno, alla via Luigi Guercio, 277;

contro

Comune di Cava de’ Tirreni, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli Avv. Giuliana Senatore e Antonino Cascone, con domicilio eletto, in Salerno, al Largo Plebiscito, 6, presso l’Avv. Nicola Scarpa;

per l’annullamento

A) dell’ordinanza n. 69 (n. reg. 175) del 19.04.2017, notificata in data 02/05/2017, con cui il Dirigente del 2° Settore – Governo del Territorio e Patrimonio del Comune di Cava de’ Tirreni ha ingiunto la demolizione delle opere abusive, ivi indicate, ed il ripristino dello stato dei luoghi, nel termine di giorni novanta;

B) di tutti gli atti presupposti, collegati, connessi e/conseguenziali, ivi compresa la comunicazione di notizia di reato – prot. n. 65043 del 24.11.2016 – emessa dal Comando Polizia Locale di Cava de’ Tirreni e la relazione del tecnico comunale;

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Cava de’ Tirreni;
Visti tutti gli atti della causa;

Relatore, nell’udienza pubblica del giorno 23 gennaio 2019, il dott. Paolo Severini;

Uditi per le parti i difensori, come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato, in fatto e in diritto, quanto segue;

FATTO

Il ricorrente, premesso che, giusta domanda del 14/10/2014, n. 76677, con allegati rilievi grafico – fotografici e relazione tecnica, il Comune di Cava de’ Tirreni gli rilasciava permesso a costruire, n. 3300 del 4/05/2015, relativamente ai lavori di recupero abitativo del piano sottotetto dell’immobile di sua proprietà, riportato al N. C. E. U. di Cava de’ Tirreni, al fg. 16, part. 577, sub 1, sito in via G. Aprea n. 4, Frazione Passiano, nello specifico per la “trasformazione di una preesistente finestra in balcone con ringhiera e lavori di impermeabilizzazione e pavimentazione del lastrico solare”, lavori terminati, con collaudo in data 18.06.2015, consistiti nella rimozione della finestra esistente, installazione di un nuovo infisso, con le stesse caratteristiche di quello esistente, nonché in interventi relativi a fenomeni infiltrativi, nella pavimentazione del lastrico, come previsto dal piano di recupero di zona e, infine, nell’installazione di 10 montanti, per l’apposizione della ringhiera in ferro a disegno semplice, lungo i due lati del lastrico, con funzioni di sicurezza (il tutto assentito, con l’unica prescrizione dell’eliminazione della ringhiera – cfr. art. 4 del permesso di costruire); che l’immobile era stato oggetto di domanda di condono del 6/03/1995, ad opera della sua dante causa, indi definita dal ricorrente, dopo l’acquisto, con il rilascio di concessione in sanatoria, in data 17/02/2012, prot. n. 5265; tanto premesso, avverso l’ordinanza di demolizione in epigrafe, articolava le seguenti censure in diritto:

VIOLAZIONE DI LEGGE (art. 31 d. P. R. 380/01, in relazione agli artt. 34 e 36 d. P. R. cit.: art. 167 D. Lgs. n. 42/04 e art. 3 l. 241/90); VIOLAZIONE DEL GIUSTO PROCEDIMENTO – ECCESSO DI POTERE (difetto del presupposto, d’istruttoria e di motivazione, apoditticità, genericità, erroneità e perplessità):

Con l’ordinanza gravata, gli era stata ordinata la demolizione dei manufatti, ivi indicati, assumendosi l’esecuzione di lavori, in difformità dal permesso di costruire n. 3300 del 4.05.2015, per il recupero abitativo del piano sottotetto, previa trasformazione del lastrico solare, di mq. 26 circa, in terrazzo, con l’apposizione di ringhiera in ferro, e la violazione delle prescrizioni, impartite dalla commissione edilizia comunale; l’ingiunzione de qua sarebbe stata, però, “generica e apodittica, in quanto non individua la natura delle opere realizzate e non dà conto della esatta qualificazione giuridica delle stesse, senza specificarne il regime giuridico e, dunque, il regime sanzionatorio applicabile”; l’ordine di ripristino, in altri termini, sembrava “volto a sanzionare l’immobile unitariamente, senza distinguere le opere, legittimamente assentite, e quelle pretesamente abusive”, senza considerare, cioè, che lo stesso immobile era stato oggetto di p. di c., circostanza di cui il dirigente comunale, pur facendone menzione, non sembrava tenere adeguato conto, assegnando prevalenza al “sopralluogo d’accertamento tecnico effettuato”; l’ordinanza di demolizione de qua, in sostanza, sarebbe stata “illegittima, perché non distingue tra opere autorizzate e non autorizzate, non differenzia le opere conformi, o conformabili, dalle opere difformi, e non conformabili, non discerne tra le eventuali opere abusive demolibili, senza pregiudizio per quelle conformi”; il vizio che precipuamente l’affliggeva, ad avviso del ricorente, era il difetto assoluto di motivazione, oltre che d’istruttoria, “perché, pur individuando e irrogando una precisa sanzione, si limita a rilevare le opere abusive e ad ingiungerne la demolizione, senza riscontrare alcun specifico contrasto con le prescrizioni urbanistiche di zona, solo menzionate”; erano state, in particolare, censurate le “ringhiere di ferro”, poste sul lastrico solare, legittimamente assentito: al riguardo, il ricorrente asseriva che l’intervento realizzato non era difforme, rispetto a quanto licenziato dal Comune, atteso che le opere eseguite non configuravano affatto una variazione essenziale, ovvero una totale difformità, rispetto all’assentito, non essendo stato integrato “un organismo edilizio integralmente diverso per caratteristiche plano – volumetriche, ovvero nella forma, nella collocazione e distribuzione dei volumi, (art. 31 T.U.E.) o integralmente diverso per caratteristiche di utilizzazione, o perché comportante la creazione di nuovi volumi”, in grado di giustificare la sanzione demolitoria; in particolare, “comparando sinteticamente il progetto allegato al titolo edilizio e il manufatto in questione”, si evidenziavano “solo delle ringhiere – parapetto – in ferro”, ovvero “al massimo una parziale difformità, che non poteva giustificare la demolizione”, posto che le ringhiere erano state apposte, sul lastrico solare, unicamente per ragioni di sicurezza degli abitanti o di terzi, piuttosto che per mutarne la destinazione d’uso; del resto, “gli stessi lastrici solari devono essere muniti di opportuna pavimentazione e canalizzazione atte a convogliare le acque meteoriche e quindi, anche perché vi può e deve accedere personale tecnico, in caso di guasti dovuti a vetustà, ragioni climatiche, intemperie, etc.”, vi erano stati apposti dei parapetti di sicurezza; la contraddittorietà dell’azione amministrativa si desumeva, altresì, “nell’autorizzazione all’apertura di un balcone a fronte lastrico solare nonché da elementi di fatto desumibili da altri fabbricati adiacenti e dirimpettai a quello del ricorrente, che presentano lastrici solari con ringhiere, come da foto dei luoghi che si producono”; e la P. A., “acconsentendo alla realizzazione di un balcone senza che questo sia dotato delle opportune protezioni, esercita un eccesso di potere per piena contraddittorietà di un comportamento precedente rispetto a quello successivo; il che significa che o ha sbagliato nell’assentire la realizzazione del balcone o sbaglia successivamente a chiedere la demolizione della necessaria protezione”; ciò, in quanto “acconsentire all’apertura di un balcone su di un lastrico privo di ringhiere di protezione crea un alto livello di pericolosità e causa al ricorrente un continuo pathos dovuto anche alla presenza di minori nell’appartamento che potrebbero facilmente sfuggire all’attenzione dei genitori”; infine, l’ordinanza non recava neanche “l’analitica descrizione dell’area eventualmente da acquisire, risultando generica e indeterminata anche per tale verso”.

Si costituiva in giudizio il Comune di Cava de’ Tirreni, con memoria in cui faceva presente che l’immobile in oggetto ricadeva in zona, sottoposta a vincolo paesaggistico, imposto con D. M. P. I. del 12.06.1967; che, pertanto, sulla domanda di permesso a costruire, presentata dal ricorrente per lavori di < trasformazione di una preesistente finestra in balcone con ringhiera e lavori di impermeabilizzazione e pavimentazione del lastrico solare >, aveva espresso il proprio parere la Commissione Locale per il Paesaggio, con verbale n. 4 del 22.01.2015, apponendo la seguente prescrizione: < che venga eliminata la ringhiera, posta a protezione del lastrico solare >, prevista sui grafici di progetto; che il parere della C. L. P. era stato trasmesso alla Soprintendenza per i Beni Paesaggistici di Salerno, la quale, a sua volta, aveva espresso parere favorevole, rilasciando l’autorizzazione n. 18 del 16.04.2015, recante la medesima prescrizione, circa la non apposizione della ringhiera sul lastrico solare; che, in data 4 maggio 2015, il Dirigente del II Settore aveva rilasciato il permesso a costruire n. 3300/2015, per i lavori richiesti, < il tutto come riportato nei grafici di progetto recanti il prot. n. 76677 del 14.10.2014 con le correzioni in rosso, con espressa esclusione dell’apposizione di ringhiera sul lastrico solare, che sono parte integrante del presente permesso di costruire >; che la stessa prescrizione era riportata all’art. 4 del medesimo permesso – sotto la voce “prescrizioni speciali”, con la precisazione: < nella realizzazione delle opere in oggetto dovranno essere osservate le seguenti prescrizioni: – che venga eliminata la ringhiera, posta a protezione del lastrico solare, come già indicato all’art. 1 >; che il permesso, nei termini e con le prescrizioni sopra riportate, era stato ritirato dal ricorrente, nel giorno del rilascio, con espressa e testuale sottoscrizione, per accettazione, di tutte le prescrizioni di cui all’art. 4, né il ricorrente aveva mai posto riserve in ordine a detta prescrizione, ovvero impugnato il permesso, nella parte recante il divieto d’apposizione della ringhiera, né tanto meno gli atti presupposti, dai quali la prescrizione era scaturita (parere della C. L. P. e autorizzazione paesaggistica); che, tuttavia, “in patente violazione della suindicata prescrizione, il medesimo aveva realizzato i lavori, apponendo la ringhiera sul lastrico solare, con conseguente trasformazione dello stesso in terrazza/balconata, violazione riscontrata nel corso del sopralluogo, invero sollecitato dalla denunzia di un vicino ed eseguito dai tecnici dell’Ufficio Repressione del Comune, in data 14.11.2016 ( < in difformità dal permesso a costruire n. 3300 del 4.05.2015 (…) provvedeva a trasformare il lastrico solare della superficie di ca. 26 mq. in terrazzo con apposizione di ringhiera in violazione delle prescrizioni impartite dalla commissione edilizia (recepite nel titolo edilizio rilasciato > ); avendo, quindi, ravvisato nell’illecito accertato una variazione essenziale al permesso rilasciato, l’Ufficio aveva irrogato la misura sanzionatoria, ex art. 31 d. P. R. 380/01, ordinando il ripristino dello status quo ante, ovvero l’eliminazione della ringhiera, onde ristabilire la conformità al titolo abilitativo; tanto considerato in fatto, la difesa dell’ente eccepiva l’inammissibilità del ricorso, stante l’omessa impugnativa dei provvedimenti presupposti, recanti la prescrizione speciale, apposta al permesso a costruire, espressamente accettata e mai impugnata, neanche in occasione del presente gravame, con conseguente acquiescenza, rispetto alla medesima; eccepiva, inoltre, l’inammissibilità del ricorso, per omessa notifica all’Autorità Soprintendentizia, ricadendo l’immobile in zona sottoposta a vincolo paesaggistico, autorità che aveva partecipato al procedimento di rilascio del permesso a costruire, rilasciando l’autorizzazione paesaggistica recipiente la prescrizione de qua, a sua volta risultante dal parere della Commissione Locale per il paesaggio, e che aveva altresì chiesto, con nota prot. n. 4550 del 20.02.2017, ragguagli sugli sviluppi della procedura sanzionatoria; nel merito, in ogni caso, concludeva per l’infondatezza dell’avverso gravame, controdeducendo analiticamente alla doglianze, ivi esposte, in particolare rilevando come, secondo la giurisprudenza, in presenza di interventi edilizi in zona paesaggisticamente vincolata, ai fini della loro qualificazione giuridica e dell’individuazione della sanzione penale applicabile, sia indifferente la distinzione tra interventi eseguiti in difformità totale o parziale ovvero in variazione essenziale, in quanto l’art. 32, comma 3, del d. P. R. n. 380 del 2001 prevede, espressamente, che tutti gli interventi realizzati in zona sottoposta a vincolo paesaggistico, eseguiti in difformità dal titolo abilitativo, inclusi quelli eseguiti in parziale difformità, si considerano come variazioni essenziali e, quindi, quali difformità totali e che persino gli interventi, eseguibili mediante dia (ora scia), necessitano del preventivo rilascio dell’autorizzazione paesaggistica, da parte dell’autorità, preposta alla tutela del vincolo.

Con ordinanza, resa all’esito dell’udienza in camera di consiglio del 13 settembre 2017, la Sezione respingeva la domanda cautelare, proposta dal ricorrente, e compensava le spese di fase, con la seguente motivazione:

“Rilevato che il ricorso, ad un primo sommario esame, non pare favorevolmente valutabile ai fini cautelari, stante la prescrizione – già in sede di rilascio del p. di c. 3300/2015 – dell’eliminazione della ringhiera di protezione del lastrico solare, immediatamente lesiva e non oggetto di tempestivo gravame, ringhiera poi invece realizzata dal ricorrente, con conseguente trasformazione del lastrico solare in terrazzo/balconata”.

La suddetta statuizione cautelare era, peraltro, oggetto di riforma in appello, con ordinanza resa in data 18.12.2017 dalla Sesta Sezione del Consiglio di Stato, con la seguente motivazione:

“Ritenuto superfluo disporre il rinvio dell’udienza come richiesto dall’appellante, anche in ragione degli argomenti già esposti nell’atto di appello, che consentono di pervenire all’accoglimento dello stesso;

Ritenuto infatti che, ad un sommario esame proprio della presente fase cautelare, gli argomenti relativi al fumus non appaiono manifestamente infondati, necessitano di un adeguato approfondimento da demandare al merito della causa;

Considerata inoltre la sussistenza del periculum, in considerazione del fatto che la ringhiera oggetto di causa è posta anche a garanzia della sicurezza di coloro che hanno accesso alla terrazza;

Rilevato inoltre che non sussiste alcuna ragione per cui detta ringhiera debba essere necessariamente rimossa con urgenza, ben potendosi dunque a tal fine attendere l’esito del giudizio di merito;

Ritenuto che le spese di lite di entrambi i gradi della fase cautelare possano essere compensate”.

Alla pubblica udienza del 23 gennaio 2019, il ricorso era trattenuto in decisione, sulle conclusioni rassegnate oralmente dalle parti.


DIRITTO

Il ricorso non può trovare accoglimento.

La res in iudicium deducta ruota intorno alla legittimità dell’ordinanza di demolizione in epigrafe, con cui il Comune di Cava de’ Tirreni ha rilevato quanto segue: (il ricorrente) “in difformità al permesso di costruire n. 3300 del 4.05.2015 per lavori di recupero abitativo del piano sottotetto, provvedeva a trasformare il lastrico solare, della superficie di mq. 26 circa, in terrazzo, con apposizione di ringhiera in ferro, in violazione delle prescrizioni impartite dalla commissione edilizia”; ed ha conseguentemente ordinato il ripristino dello status quo ante (ovvero l’eliminazione della suddetta ringhiera in ferro, e, pertanto, la riconduzione dell’area de qua, di circa 26 mq., a lastrico solare).

La prescrizione, relativa all’eliminazione della ringhiera posta a protezione del lastrico solare (discendente dai pareri resi, nel corso del procedimento di rilascio del p. di c. n. 330/2015, dalla C. L. P. e dalla Soprintendenza B. A. P. di Salerno, stante il vincolo paesaggistico insistente sull’area), e recepita nel titolo urbanistico – edilizio, emanato a conclusione del medesimo, era ben nota al ricorrente, che, nel ritirare l’atto d’assenso, aveva espressamente accettato tutte le prescrizioni poste nell’art. 4, tra cui quella in esame, e pur tuttavia, nell’eseguire i lavori di “trasformazione di una preesistente finestra in balcone con ringhiera e lavori di impermeabilizzazione e pavimentazione del lastrico solare”, l’aveva scientemente ignorata, senza tuttavia averla impugnata, nella competente sede giurisdizionale amministrativa (prestando quindi, alla stessa, piena acquiescenza).

Già le superiori considerazioni darebbero atto dell’inammissibilità del ricorso, essendo la sanzione demolitoria conseguenza indefettibile e necessitata del riscontro, da parte del Comune, della mancata osservanza della prescrizione de qua, ormai consolidata, stante la mancata impugnazione del titolo che la prevedeva, in parte qua.

In ogni caso, osserva il Collegio come il ricorso si presenti – in disparte l’ulteriore eccezione d’inammissibilità, sollevata dalla difesa dell’Amministrazione, imperniata sulla mancata estensione del contraddittorio alla Soprintendenza B. A. P. di Salerno – anche infondato, nel merito.

In primo luogo, va richiamato l’orientamento giurisprudenziale, di recente ribadito dalla Sezione, secondo cui la trasformazione di un lastrico solare in terrazzo implica, di necessità, il rilascio di permesso di costruire, comportando una rilevante trasformazione urbanistico – edilizia del territorio.

Nella sentenza n. 24/2018 del 3.01.2018, in particolare, la Sezione rilevava quanto segue:

“(…) La questione veramente centrale si pone, peraltro, rispetto alla terza censura, e all’ivi assunta non necessità del permesso a costruire, rispetto alla realizzazione delle opere, sopra analiticamente descritte, censura fondata, sostanzialmente, sulla constatazione che le stesse non avrebbero prodotto la creazione di nuovi volumi e superfici.

Orbene, se per talune delle opere, sopra descritte, può effettivamente convenirsi sulla deduzione di parte ricorrente (ci si riferisce – oltre che all’eliminazione del w. c., originariamente posto all’esterno dell’immobile – alla seduta in muratura, al forno, al lavandino e alle rampe di scale, di cui ai nn. 1), 3), 5), 6) e 7) dell’ordinanza gravata), il problema si pone – e va risolto diversamente – per quanto concerne la trasformazione del lastrico solare in terrazzo di copertura, secondo la specificazione contenuta ai nn. 2), 4) e 8) dello stesso provvedimento.

In relazione a tali opere, della cui consistenza materiale non v’è ragione alcuna di dubitare (lo stesso ricorrente, infatti, le qualifica tali), rileva il Tribunale come la questione non possa essere impostata nel senso che dette trasformazioni, non implicando aumento di superficie e volume utili, non necessiterebbero del previo rilascio del titolo ad aedificandum (all’epoca dei fatti, non consentita nel Comune di Ravello: su questa parte dei provvedimenti impugnati non è stata sollevata censura alcuna).

Come, infatti, precisato nel diniego di sanatoria, lo stesso si giustificava anche per la realizzazione non consentita, da parte del ricorrente, di “superfici non residenziali, scaturite dal mutamento di destinazione d’uso dei lastrici solari in terrazzi”.

Ebbene, l’esame della giurisprudenza amministrativa, formatasi relativamente ad opere abusive, consistite nella trasformazione di lastrici solari in terrazzi, consegna un quadro caratterizzato dall’affermazione della necessità del permesso a costruire, per opere siffatte.

In particolare, nella massima ricavata dalla sentenza del T. A. R. Campania – Napoli, Sez. IV, del 6/03/2013, n. 1247, si legge: “La sola posa di una pavimentazione su un lastrico solare già precedentemente accessibile (senza peraltro che possa rilevarsi l’apposizione di ringhiere, parapetti o altre strutture), non può essere considerato un intervento di trasformazione da lastrico solare a terrazzo, non mutando la sua destinazione di utilizzo, stante l’inesistenza di altri manufatti che ne evidenzino la destinazione all’utilizzo per la presenza stabile di persone e considerato che il lastrico solare in questione era già pienamente accessibile tramite le scale condominiali. La semplice posa in opera di pavimentazione è da qualificarsi come intervento di manutenzione straordinaria assentibile all’epoca con d. i. a., di tal che il provvedimento impositivo di una sanzione pecuniaria appare pienamente giustificato”.

In essa, la possibilità di prescindere dal rilascio del permesso a costruire, e la conseguente sanzionabilità dell’abuso in termini pecuniari, si collega, infatti, alle caratteristiche precipue dell’intervento, tenuto presente nella specie, caratterizzato dalla sola pavimentazione del lastrico solare e dalla mancata apposizione di ringhiere, parapetti o altre strutture, tale da escludere “la destinazione all’utilizzo per la presenza stabile di persone”, laddove in parte motiva la stessa decisione precisa, inequivocabilmente, che:

“(…) Il Collegio riconosce l’esistenza di una differenza, in termini di disciplina urbanistica, tra un lastrico solare e un terrazzo.

Il primo è una parte di un edificio che, pur praticabile e piana, resta un tetto, o quanto meno una copertura di ambienti sottostanti, mentre la terrazza è intesa come ripiano anch’esso di copertura, ma che nasce già delimitato all’intorno da balaustre, ringhiere o muretti, indici di una ben precisa funzione di accesso e utilizzo per utenti.

Il Collegio ritiene, altresì, che, nel caso si realizzi un cambio di destinazione d’uso trasformando un solaio di copertura, per cui non è prevista la praticabilità, in terrazzo, mediante specifici interventi edilizi, sia necessario il cambio il permesso di costruire (T. A. R. Lazio Roma, Sez. II, 22 marzo 2004, n. 2676; T. A. R. Campania, Sez. VII, 1.7.2010, n. 16540) (…)”.

Tal è il caso che viene in rilievo nella specie, essendosi in presenza della trasformazione, in più punti, del lastrico solare di copertura in terrazzo, destinato alla fruizione da parte del ricorrente, che, per l’appunto, “ha pavimentato tre terrazzi e/o lastrici solari e vi ha apposto le ringhiere di protezione (punti 2, 4 e 8 dell’ordinanza di demolizione)”.

La successiva deduzione del ricorrente, secondo la quale la diversa utilizzazione che ne è scaturita non dovrebbe essere assistita “dal rilascio del permesso di costruire (in sanatoria)”, è, anzitutto, contraddittoria, perché, ciò nonostante, la sanatoria (id est l’accertamento di conformità) è stata, di fatto, richiesta al Comune (che ha respinto l’istanza); e, in secondo luogo, infondata, giusta l’indirizzo giurisprudenziale testé riferito (che s’esprime, proprio in termini di necessità del permesso di costruire, tout court, per interventi di tal genere).

L’indirizzo in questione, d’altro canto, è corroborato da ulteriori pronunce, tutte nel senso dell’imprescindibilità, in casi siffatti, del permesso a costruire: “La sostituzione della preesistente copertura inclinata con un terrazzo calpestabile che, in quanto destinato ad offrire un affaccio e ulteriori utilità ai locali abitativi cui è stato collegato mediante l’apertura di una porta – finestra, forma parte funzionalmente integrante dei locali medesimi, comporta un evidente incremento della superficie dello stabile: tale modifica configura un intervento di ristrutturazione edilizia” (T. A. R. Liguria, Sez. I, 1/12/2016, n. 1177); “La trasformazione di un tetto di copertura in terrazzo calpestabile modifica gli elementi tipologici formali e strutturali dell’organismo preesistente – risolvendosi in ultima analisi in una alterazione di prospetto e sagoma dell’immobile – e, quindi, non rientra nella categoria del restauro e risanamento conservativo, bensì in quella della ristrutturazione edilizia” (T. A. R. Lazio – Latina, Sez. I, 24/12/2015, n. 870); “Il mutamento di destinazione d’uso della terrazza e il complesso delle opere connesse (rivestimento dell’area di calpestio, apposizione di fioriere prefabbricate e di incannucciamento ancorato alla ringhiera, scala di accesso interna in muratura a ridosso del piano finestra) necessita del permesso di costruire, tenuto conto che esse realizzano un aumento del carico urbanistico nonché, almeno in parte, una modifica del prospetto dell’edificio” (T. A. R. Campania – Napoli, Sez. VII, 1/07/2010, n. 16540).

Insomma, ne risulta confermato che, secondo quanto sancito dalla succitata sentenza del T. A. R. Campania – Napoli, n. 1247/2013: “Nel caso si realizzi un cambio di destinazione d’uso trasformando un solaio di copertura, per cui non è prevista la praticabilità, in terrazzo, mediante specifici interventi edilizi, è necessario il permesso di costruire, non essendo realizzabile detta trasformazione tramite semplice s. c. i. a. né tramite comunicazione di inizio lavori ex art. 6, d. P. R. n. 380 del 2001”.

E anche quando s’afferma, in giurisprudenza, che: “La realizzazione di una ringhiera protettiva e di una scala in ferro per consentire l’accesso ad un terrazzo costituiscono interventi per i quali non è richiesto il preventivo rilascio del permesso di costruire; infatti, tali opere seppure finalizzate a consentire l’utilizzo del solaio di copertura di un immobile non determinano una significativa trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio, ma si configurano piuttosto come mere pertinenze, essendo preordinate ad un’oggettiva esigenza dell’edificio principale, funzionalmente inserite al servizio dello stesso, sfornite di un autonomo valore di mercato e caratterizzate da un volume minimo, tale da non consentire una destinazione autonoma e diversa da quella a servizio dell’immobile al quale accedono e, comunque, tale da non comportare un aumento del carico urbanistico” (T. A. R. Sicilia – Palermo, Sez. II, 1/04/2016, n. 846; conforme: T. A. R. Liguria, Sez. I, 11/07/2011, n. 1088), ci si riferisce, evidentemente, ad opere (come una ringhiera protettiva e una scala in ferro) accessive ad un organismo edilizio già qualificabile in termini di terrazzo, laddove nella specie s’è invece in presenza, lo si ribadisce, della trasformazione, in terrazzini, di preesistenti meri lastrici solari.

Ne consegue che il diniego di sanatoria, motivato in termini d’impossibilità, per il mancato adeguamento del P. R. G. di Ravello al P. U. T., del rilascio del permesso di costruire, per le suddette opere, è legittimo, con conseguente legittimità del pedissequo ordine di demolizione (non fatto segno, d’altronde, d’ulteriori censure autonome, oltre quelle – di natura formale – già respinte sopra) (…)”.

E, nella specie, l’assenza del permesso di costruire è testuale, come sopra riferito, stante l’inequivocabile accertamento, operato dall’Ufficio Tecnico, relativamente all’immobile di proprietà del ricorrente (il quale “in difformità al permesso di costruire n. 3300 del 4.05.2015 (…) provvedeva a trasformare il lastrico solare (…) in terrazzo (…) in violazione delle prescrizioni impartite dalla commissione edilizia”).

Ne consegue l’infondatezza della censura, volta ad affermare la non difformità dell’intervento realizzato, rispetto a quanto licenziato dal Comune, ovvero che le opere eseguite non avrebbero integrato variazione essenziale, rispetto all’assentito, con la conseguente dedotta illegittimità della sanzione demolitoria irrogata.

Insomma, nella specie, la ringhiera andava apposta esclusivamente davanti al balcone, sorto dalla modificazione della precedente finestra (come, del resto, si ricavava dallo stesso oggetto del p. di c. in questione: “trasformazione di una preesistente finestra in balcone con ringhiera”), laddove i lavori di “impermeabilizzazione e pavimentazione del lastrico solare”, contestualmente autorizzati, non legittimavano affatto il ricorrente a recintare, con una ringhiera protettiva, anche il lastrico solare, oggetto di manutenzione straordinaria, trasformandolo, in tal modo, in un terrazzo praticabile, in pieno contrasto con le prescrizioni limitative, poste dall’Amministrazione Comunale di Cava (in piena consonanza con l’avviso, espresso dalla Soprintendenza B. A. P. di Salerno), in sede di rilascio del titolo edilizio.

Oltre a ciò, si consideri che, come rilevato anche dalla difesa dell’ente, “l’esecuzione di lavori idonei a determinare una trasformazione dello stato dei luoghi, ove effettuata in zona soggetta a vincolo paesistico, rende applicabile l’art. 32 comma 3, d. P. R. n. 380 del 2001, a mente del quale qualunque intervento effettuato su immobili sottoposti a vincolo paesistico è da qualificarsi come “variazione essenziale” e, in quanto tale, è suscettibile di essere demolito ai sensi dell’art. 31 comma 1, T. U. Edilizia” (T. A. R. Campania – Napoli, Sez. VI, 10/04/2015, n. 2053).

Stante l’evidenziato regime giuridico dei casi di trasformazione di lastrico solare in terrazzo, l’altro segmento dell’unica doglianza di parte ricorrente, secondo cui l’ordinanza gravata sarebbe stata generica, non individuando la natura delle opere realizzate e non dando conto della loro qualificazione giuridica e del corrispondente regime sanzionatorio, si presenta, piuttosto essa, come apodittica e sganciata dalla realtà dell’accertamento, eseguito sull’immobile; lo stesso dicasi per l’ulteriore rilievo, ivi espresso, secondo cui il provvedimento gravato non distinguerebbe “tra opere autorizzate e non autorizzate”, ovvero “tra opere conformi, o conformabili, e opere difformi, e non conformabili”.

È certo, poi, in giurisprudenza, come l’Amministrazione non fosse affatto tenuta ad individuare, prima d’ordinare la demolizione, “le eventuali opere abusive demolibili, senza pregiudizio per quelle conformi” (cfr., ex multis, T. A. R. Puglia – Lecce, Sez. III, 4/06/2018, n. 936), apparendo, del resto, d’intuitiva evidenza come l’unica opera di ripristino (pacificamente eseguibile, senza alcun pregiudizio per l’immobile oggetto di lavori), consista, nella specie, nell’eliminazione della ringhiera protettiva, indebitamente apposta.

Nessun difetto di motivazione o d’istruttoria è, quindi, dato cogliere nel provvedimento gravato, tanto più che, per pacifica giurisprudenza: “L’ordinanza di demolizione costituisce atto dovuto, affrancato dalla ponderazione discrezionale del confliggente interesse al mantenimento "in loco" della res, ed è adeguatamente e sufficientemente motivata attraverso la compiuta descrizione delle opere abusive e la constatazione della loro esecuzione in assenza del necessario titolo abilitativo edilizio” (T.A.R. Campania – Napoli, Sez. II, 12/01/2016, n. 118).

Quanto, poi, ai pericoli per l’incolumità dei residenti, discendenti dalla mancata recinzione del lastrico solare de quo e paventati dal ricorrente, essi non possono rendere legittimo ciò che, evidentemente, non lo è; e, del resto, il balcone, derivante dalla trasformazione della preesistente finestra, presenta già una ringhiera, la quale dovrebbe adeguatamente preservare i residenti da tali rischi, fermo restando che sarà onere del ricorrente medesimo, ove pur tuttavia un certo grado di pericolo persista, adottare ogni accorgimento necessario ad evitare che minori, o persone tout court, possano accedere al lastrico solare, privo di protezione, in oggetto, in difetto delle necessarie tutele.

E neppure può qualificarsi l’operato della P. A. in termini di contraddittorietà: la deduzione secondo la quale l’Amministrazione “o ha sbagliato nell’assentire la realizzazione del balcone o sbaglia, successivamente, a chiedere la demolizione della necessaria protezione” del lastrico solare, rappresenta, all’evidenza, una petizione di principio, pretendendo di desumere l’illegittimità dell’ordine di demolizione dall’apposizione di una condizione perfettamente legittima, e comunque, non fatta segno di alcun gravame da parte del ricorrente (che però se ne duole, tardivamente e inammissibilmente, in questa sede).

E la rilevata contraddittorietà tanto meno è ravvisabile, da parte della P. A., in relazione alle sue precedenti determinazioni, giacché, anzi, l’azione del Comune, concretizzatasi nel rilascio del titolo, con la prescrizione limitativa suddetta, e nel susseguente ordine di demolizione, una volta verificata la patente violazione del limite apposto, si presenta in termini di stretta e coerente consequenzialità logica, prima ancora che giuridica.

Infine, la doglianza, appena accennata alla fine del ricorso, secondo cui l’ordinanza impugnata non recava “l’analitica descrizione dell’area eventualmente da acquisire, risultando generica e indeterminata anche per tale verso”, è palesemente inidonea a ridondare in illegittimità della medesima, come la giurisprudenza unanime ha rilevato (cfr., da ultimo, Consiglio di Stato, Sez. VI, 26/11/2018, n. 6672: “Il provvedimento con cui al responsabile della opera abusiva si ingiunge di provvedere alla sua distruzione nel termine fissato, non deve indicare l’area di sedime che verrà acquisita gratuitamente al patrimonio del Comune in caso di inerzia, essendo il provvedimento di ingiunzione di demolizione distinto dal successivo ed eventuale provvedimento di acquisizione, nel quale è invece necessario che sia specificata la portata delle sanzioni irrogate”).

Le spese seguono la soccombenza del ricorrente, e sono liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania – Sezione staccata di Salerno (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Condanna Tamigi Vincenzo al pagamento, in favore del Comune di Cava de’ Tirreni, in persona del legale rappresentante pro tempore, di spese e compensi di lite, che liquida complessivamente in € 1.500,00 (millecinquecento/00), oltre accessori come per legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Così deciso, in Salerno, nella camera di consiglio del giorno 23 gennaio 2019, con l’intervento dei magistrati:

Maria Abbruzzese, Presidente
Paolo Severini, Consigliere, Estensore
Michele Conforti, Referendario

L’ESTENSORE
Paolo Severini
        
IL PRESIDENTE
Maria Abbruzzese
        
        
IL SEGRETARIO

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