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Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Appalti Numero: 2 | Data di udienza: 4 Dicembre 2018

* APPALTI – Art. 80, c. 5 d.lgs. n. 50/2016 – Gravi illeciti professionali – Concetto – Elencazione di cui all’art. 80 – Carattere esempificativo – Esclusione in ragione di illeciti non richiamati dal codice – Adeguata motivazione – Autocertificazione – Notizie già in possesso della P.A. o comunque da quest’ultima acquisibili – Art. 18 l. n. 241/1990 – Operatività del principio nella sola fase della presentazione delle domande di partecipazione – Fase della verifica del possesso dei requisiti – Diversità – Consorzi stabili – Vicende soggettive – Carenza di un requisito di ordine modale – Rilevanza – Assenza dei requisiti in capo all’impresa consorziata – Ricorso a modelli riparatori in riduzione o di tipo sostitutivo – Preclusione.


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 1^
Regione: Campania
Città: Salerno
Data di pubblicazione: 2 Gennaio 2019
Numero: 2
Data di udienza: 4 Dicembre 2018
Presidente: Riccio
Estensore: Maffei


Premassima

* APPALTI – Art. 80, c. 5 d.lgs. n. 50/2016 – Gravi illeciti professionali – Concetto – Elencazione di cui all’art. 80 – Carattere esempificativo – Esclusione in ragione di illeciti non richiamati dal codice – Adeguata motivazione – Autocertificazione – Notizie già in possesso della P.A. o comunque da quest’ultima acquisibili – Art. 18 l. n. 241/1990 – Operatività del principio nella sola fase della presentazione delle domande di partecipazione – Fase della verifica del possesso dei requisiti – Diversità – Consorzi stabili – Vicende soggettive – Carenza di un requisito di ordine modale – Rilevanza – Assenza dei requisiti in capo all’impresa consorziata – Ricorso a modelli riparatori in riduzione o di tipo sostitutivo – Preclusione.



Massima

 

TAR CAMPANIA, Salerno, Sez. 1^ – 2 gennaio 2019, n. 2


APPALTI – Art. 80, c. 5 d.lgs. n. 50/2016 – Gravi illeciti professionali – Concetto – Elencazione di cui all’art. 80 – Carattere esempificativo – Esclusione in ragione di illeciti non richiamati dal codice – Adeguata motivazione.

L’art. 80, comma 5, d.lgs. n. 50/2016, alla lettera c), prevede che un operatore economico deve essere escluso dalla partecipazione a una procedura d’appalto qualora la stazione appaltante dimostri con mezzi adeguati che esso si sia reso colpevole di gravi illeciti professionali, tali da mettere in dubbio la sua integrità ed affidabilità. La norma mira a tutelare il vincolo fiduciario che deve sussistere tra amministrazione aggiudicatrice e operatore economico, consentendo di attribuire rilevanza ad ogni tipologia di illecito che, per la sua gravità, sia in grado di minare l’integrità morale e professionale di quest’ultimo. Il concetto di grave illecito professionale ricomprende ogni condotta, collegata all’esercizio dell’attività professionale, contraria ad un dovere posto da una norma giuridica sia essa di natura civile, penale o amministrativa: gli episodi  elencati nel citato art. 80 quali illeciti professionali hanno carattere esemplificativo, potendo la stazione appaltante annettere ad ulteriori vicende professionali pregresse dell’operatore, non espressamente citate dalla norma, la medesima rilevanza di "gravi errori professionali" ai fini del giudizio di integrità ed affidabilità.  Qualora la stazione appaltante ritenga di disporre l’esclusione in ragione di una pregressa vicenda professionale integrante un illecito non richiamato dal codice, ma comunque, in grado di metterne in dubbio l’affidabilità e l’integrità, è però tenuta a esporre con adeguata motivazione le ragioni della sua decisione.


APPALTI – Autocertificazione – Notizie già in possesso della P.A. o comunque da quest’ultima acquisibili – Art. 18 l. n. 241/1990 – Operatività del principio nella sola fase della presentazione delle domande di partecipazione – Fase della verifica del possesso dei requisiti – Diversità.

Nella fase di presentazione delle domande di partecipazione e delle offerte, è consentito, per ragioni di speditezza del procedimento, il ricorso alle autocertificazioni. L’art. 30 del codice appalti, laddove richiama le dichiarazioni sostitutive, si riferisce soltanto alla fase di presentazione delle domande di partecipazione e delle offerte, e non anche alla fase di verifica del possesso dei requisiti. Tanto si desume da puntuali disposizioni normative e dai principi generali sottesi al codice appalti. Quest’ultimi, infatti, da un lato, consentono che i requisiti prescritti nel bando possano essere provati, in sede di gara, mediante dichiarazione sostitutiva; dall’altro, impongono alle stazioni appaltanti di richiedere i documenti e certificati per i quali le norme vigenti consentono la presentazione di dichiarazioni sostitutive, facendo così salvi i controlli successivi in corso di gara sulla veridicità delle dichiarazioni. Pertanto, il principio di non aggravamento opera esclusivamente nella fase di presentazione delle offerte in cui assume una portata preponderante l’esigenza di speditezza nello svolgimento degli accertamenti preliminari, con il conseguente divieto previsto dall’art. 18 l. n. 241/1990 relativamente alle notizie già in possesso della stazione appaltante o comunque da quest’ultima acquisibili. L’autocertificazione, non è comunque idonea a costituire certezze pubbliche, attenuando, esclusivamente e precariamente, all’interno del singolo procedimento, l’onere delle dimostrazioni che il privato sarebbe tenuto ad offrire tramite documenti pubblici. In ragione di questa stretta finalità semplificatoria, il suo contenuto resta sempre necessariamente esposto alla prova contraria. In tale quadro, il patrimonio conoscitivo dell’amministrazione, anche altrove formato, non soffre restrizioni o preclusioni nell’utilizzazione e la sua utilizzazione è resa doverosa dal principio generale di buona amministrazione. 
 


APPALTI – Consorzi stabili – Vicende soggettive – Carenza di un requisito di ordine modale – Rilevanza.

Le vicende soggettive di un consorzio stabile non hanno, in via generale, rilievo esterno (cfr. TAR Toscana, Firenze, sez. I, 14 settembre 2014 n.1409; TAR Lombardia, Milano, sez. III, 7 ottobre 2013 n. 2236; TAR Liguria, Genova, sez. II, 21/02/2013 n.351); tale principio, sicuramente valevole con riguardo al possesso dei requisiti tecnici e finanziari di qualificazione, non trova applicazione nel caso di carenza di un requisito di ordine morale in capo ad una delle imprese consorziate, tanto più quando questa sia proprio l’impresa designata per l’esecuzione dell’appalto e, dunque, il soggetto con il quale l’Amministrazione andrà a relazionarsi nella fase esecutiva del rapporto.
 


APPALTI – Assenza dei requisiti in capo all’impresa consorziata – Ricorso a modelli riparatori in riduzione o di tipo sostitutivo – Preclusione.

Alla luce della normativa di cui al nuovo codice degli appalti, l’assenza di requisiti in capo all’impresa consorziata incide sulla partecipazione dell’intero consorzio stabile, senza che sia possibile neutralizzare tale effetto ostativo attraverso il ricorso a modelli riparatori in riduzione o di tipo sostitutivo.  Le eccezioni ammesse al principio di immutabilità sono, dunque, consentite esclusivamente in quanto riguardino motivi indipendenti dalla volontà del soggetto partecipante alla gara e trovino giustificazione nell’interesse della stazione appaltante alla continuazione della stessa. Al di fuori delle ipotesi normativamente previste non può che riprendere vigore il divieto, volto a presidiare anche la complessiva serietà delle imprese che partecipano alla gara, onde garantire la migliore affidabilità del futuro contraente dell’amministrazione (T.A.R. Lombardia, Brescia, II, 06/02/2017, n. 167; T.A.R. Puglia, Lecce, I, ordinanza 07/12/2016, n. 564).

Pres. Riccio, Est. Maffei – Consorzio C. Scarl (avv.ti Bisceglia e Lentini ) c. Comune di Angri  (avv.ti Bifolco e Violant
e)


Allegato


Titolo Completo

TAR CAMPANIA, Salerno, Sez. 1^ - 2 gennaio 2019, n. 2

SENTENZA

 

TAR CAMPANIA, Salerno, Sez. 1^ – 2 gennaio 2019, n. 2

Pubblicato il 02/01/2019

N. 00002/2019 REG.PROV.COLL.
N. 01011/2018 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

sezione staccata di Salerno (Sezione Prima)

ha pronunciato la presente


SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1011 del 2018, integrato da motivi aggiunti, proposto da
Consorzio Conpat Scarl, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Roberto Maria Bisceglia, Lorenzo Lentini, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avv.to Lorenzo Lentini in Salerno, corso Garibaldi 103;

contro

Comune di Angri, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Antonio Bifolco, Rosaria Violante, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

nei confronti

Gallo Giovanni S.r.l., quale Mandataria dell’"R.T.I. Giovanni Gallo S.r.l. – Co.Ge.Ga. S.r.l.", Co.Ge.Ga. S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Marcello Fortunato, Antonio Melucci, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Marcello Fortunato in Salerno, via Ss Martiri Salernitani n. 31;

per l’annullamento

a. – della determina del 24.05.2018, comunicata in pari data, con cui il Comune di Angri ha escluso il Consorzio Conpat Scarl dalla procedura di gara (indetta per l’affidamento di “intervento di riqualificazione urbana sostenibile Area Comunale di Corso Italia” e gestione economico funzionale. CUP: G47H16001030005 – CIG: 7140243AEA”);

b – della determinazione DSG 450/18 del 25/05/18 di presa d’atto della definitiva esclusione del Consorzio Conpat scarl dalla procedura di gara;

c – della comunicazione del 3/05/18, con cui la Stazione Appaltante ha avviato il procedimento, ex L. 241/90, diretto alla esclusione del Consorzio CONPAT dalla gara;

d – ove occorra, della determinazione n. 279 del 19.3.2018, con cui si è disposta la approvazione dei verbali di gara e la graduatoria finale di appalto nella parte in cui non ha disposto l’esclusione del R.T.I. Gallo Giovanni srl e CO.GE.GA. srl, primo graduato;

e – ove occorra, ancora, di tutti verbali di gara, nella parte in cui non hanno disposto la esclusione del R.T.I. Gallo Giovanni srl e CO.GE.GA. srl, primo graduato;

f – del provvedimento di aggiudicazione definitiva dell’appalto in favore del R.T.I. Gallo Giovanni srl e CO.GE.GA. srl, ove medio tempore intervenuto;

g – di tutti gli atti presupposti, collegati, connessi e consequenziali;

con il ricorso incidentale presentato da GALLO GIOVANNI S.R.L. nella qualità di mandataria della ‘"R.T.I. GIOVANNI GALLO S.R.L. – CO.GE.GA. S.R.L.",

a – della determina del 24.05.2018, con la quale il Comune di Angri ha escluso il Consorzio Conpat Scarl dalla procedura di gara (indetta per l’affidamento di "intervento di riqualificazione urbana sostenibile Area Comunale di Corso Italia" e gestione economico funzionale" (CIG 7140243AEA), nella parte in cui non è stata disposta l’esclusione del Consorzio Contap Scarl anche per gli ulteriori motivi di cui al presente ricorso incidentale;

b – della determinazione DSG 450/19 del 25.05.2018 di presa d’atto della definitiva esclusione del Consorzio Contap Scarlr dalla procedura di gara, nella parte in cui non è stata disposta l’esclusione del Consorzio Contap Scarl anche per gli ulteriori motivi di cui al presente ricorso incidentale;

c – della comunicazione del 03.05.2018, con la quale il Comune di Angri ha avviato il procedimento, ai sensi della L. n. 241/1990, diretto alla esclusione del Consorzio CONPAT dalla gara;

d – ove occorra, della determinazione n. 279 del 19.03.2018, con la quale è stata disposta l’approvazione dei verbali di gara e la graduatoria finale di appalto, nella parte in cui non è stata disposta l’esclusione del Consorzio Stabile Conpat Scarl anche per gli ulteriori motivi di cui al presente ricorso incidentale;

e – ove occorra, ancora, di tutti i verbali di gara, nella parte in cui non ha disposto l’esclusione della stessa anche per gli ulteriori motivi di cui al presente ricorso incidentale;

f – della determina n. 601/2018 del 04.07.2018, con la quale è stata disposta l’aggiudicazione definitiva della gara, nella parte in cui non è stata disposta l’esclusione del Consorzio Stabile Conpat Scarl anche per gli ulteriori motivi di cui al presente ricorso incidentale;

g – di tutti gli atti presupposti, collegati, connessi e conseguenziali;

con l’atto contenente motivi aggiunti, presentato il 4\8\2018,

h – della determinazione n. 601 del 4.07.2017, pubblicata sul profilo del committente, con la quale si è proceduto all’aggiudicazione definitiva in favore del RTI Gallo Giovanni srl CO.GE.GA.;

i – della nota di trasmissione del provvedimento sub. h), notificata alla ricorrente in data 5.07.2018;

j – ove e per quanto occorra, dei verbali di gara nn. 1, 2, 3 e 7;

e con l’atto contenente motivi aggiunti presentati da GALLO GIOVANNI S.R.L. il 7\9\2018,

a – della determina n. 601 del 04.07.2018, con la quale il Comune di Angri ha disposto l’aggiudicazione definitiva in favore dell’RTI controinteressato, nella parte in cui non è stata disposta l’esclusione del Consorzio Conpat Scarl anche per gli ulteriori motivi di cui al ricorso incidentale;

b – ove e per quanto occorra, della nota di trasmissione del provvedimento sub a);

c – di tutti gli atti presupposti, collegati, connessi e conseguenziali;

Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Angri, della Gallo Giovanni S.r.l.;
Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 4 dicembre 2018 il dott. Fabio Maffei e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1.- Con il presente gravame, il Consorzio Compat Scarl insorge avverso i provvedimenti in epigrafe indicati con cui il Comune di Angri aveva disposto la sua esclusione dalla procedura di gara indetta, ai sensi degli articoli 95, 165 e 171 del D.Lgs. 50/2016, con bando pubblicato sulla GURI in data 26.07.2017, ai fini della la concessione per la realizzazione e conseguente gestione economico-funzionale dell’intervento di riqualificazione urbana relativa all’area comunale di Corso Italia.

In particolare, ha dedotto che, pur avendo partecipato alla procedura selettiva qualificandosi in proprio, la stazione appaltante aveva disposto la sua esclusione, avendo rilevato nel casellario informatico di cui all’art. 8, co.4 e 2 lett. p del D.P.R. 207/10, un’iscrizione a carico della Mirca di Mirante Carmine Srl, sua consorziata e, in quanto tale, designata come esecutrice dei lavori. L’iscrizione in oggetto riguardava la pregressa risoluzione per grave inadempimento relativa ad altro contratto con la P.A, non dichiarata in sede di partecipazione alla gara.

Avverso il provvedimento de quo, la ricorrente ha articolato le seguenti censure:

I – violazione di legge (art. 80 d.lgs. 50/2016 in relazione agli artt. 30, comma VII, d.lgs. 50/20106 ed art. 18 l. 241/90) – eccesso di potere (arbitrarietà – iniquità – travisamento – difetto di istruttoria – difetto del presupposto – illogicità manifesta).

Con riguardo alle norme di cui assume l’inosservanza, il ricorrente Consorzio ha sostenuto la non imputabilità, oltreché l’irrilevanza, dell’asserita omissione dichiarativa, atteso che, da un lato, l’accesso al predetto casellario era consentito esclusivamente alla stazione appaltante e, dall’altro, che l’amministrazione aggiudicatrice, in ossequio al disposto dell’art. 18 legge 241/1990 come richiamato dall’art. 30 comma 8° del Dlgs. 50/2016, non avrebbe potuto richiedere l’adempimento del contestato onere dichiarativo, atteso che, in caso contrario, sarebbe incorsa in un inutile aggravamento del procedimento. Pertanto, né la Mirca, né il ricorrente Consorzio potevano ritenersi obbligati a rendere le dichiarazioni asseritamente omesse in ordine a fatti e atti che la stazione appaltante poteva e doveva acquisire di ufficio, da altri soggetti pubblici, dovendosi peraltro considerare che il bando di gara nulla disponeva in ordine all’obbligatorietà di comunicare le annotazioni degli illeciti professionali nel predetto casellario.

II – Violazione di legge (art. 80, in relazione agli artt. 45 – 47 – 48 d.lgs. 50/2016) – eccesso di potere (arbitrarietà – iniquità – travisamento – difetto di istruttoria – difetto del presupposto – illogicità manifesta).

Il ricorrente corroborava l’assunta illegittimità degli atti impugnati rilevando come la stazione appaltante, nel disporre la contestata esclusione, avesse omesso di considerate che, essendo un Consorzio Stabile, ai sensi dell’art. 45, comma 2 lett. c), del D.Lgs. 50/2016, aveva partecipato alla gara, comprovando in proprio tutti i prescritti requisiti di capacità tecnico – economica e professionale, senza ricorrere alla Società Mirca (consorziata) ai fini della sua qualificazione, essendo stata quest’ultima indicata esclusivamente ai fini dell’esecuzione dei lavori, senza pertanto concorrere all’individuazione dei necessari requisiti di partecipazione.

Da quanto detto, aggiungeva la ricorrente, derivava l’inconferenza del richiamo operato dalla stazione appaltante nel provvedimento di esclusione all’art. 48 comma 7 bis del D.Lgs. 50/2016 che vieta la sostituzione di una delle imprese facenti parte del Consorzio, giacchè tale norma trovava applicazione esclusivamente alle imprese consorziate esecutrici che, ai sensi dell’art. 47 del D.Lgs. 50/2016, avevano concorso ai fini della qualificazione del Consorzio.

Inoltre, il Consorzio non solo disponeva della capacità tecnica e professionale per procedere “in proprio” all’esecuzione dei lavori oggetto di gara, ma disponeva anche della piena facoltà di sostituire l’impresa esecutrice.

III – violazione di legge (art. 95 co. x d.lgs. 50/2016) – eccesso di potere (arbitrarietà – iniquità – travisamento – difetto di istruttoria – difetto del presupposto – illogicità manifesta).

L’A.T.I. prima graduata, infine, doveva essere esclusa dalla procedura di gara per aver omesso, in sede di offerta economica, di indicare gli oneri di sicurezza aziendale interni ed i costi della manodopera.

Si costituiva, con memoria depositata in data 17.7.2018, la resistente amministrazione contestando, in via preliminare, la ricevibilità del ricorso in quanto tardivamente proposto; nel merito, la fondatezza del proposto ricorso poiché, incontestato l’indicato illecito professionale dell’impresa designata come esecutrice dei lavori, per un verso, i requisiti di partecipazione generali dovevano essere verificati con riguardo a tutte le società consorziale e, per l’altro, non rientrava nell’ambito applicativo dell’art. art. 95 cit. la procedura in oggetto, attenendo quest’ultima l’affidamento di una concessione.

Resisteva in giudizio anche la Gallo Giovanni Srl, nella spiegata qualità, proponendo altresì gravame incidentale. In particolare, deduceva l’illegittimità del provvedimento di esclusione avendo quest’ultimo omesso di considerare le ulteriori cause escludenti dalla gara del consorzio ricorrente. Ed invero, oltre che per la rilevata omissione dichiarativa, quest’ultimo doveva essere escluso per le seguenti ragioni: a) incertezza dell’offerta emergendo un’evidente discrasia tra il costo della manodopera indicata nell’offerta e quello riportato nel piano economico finanziario; c) violazione del principio di separatezza tra offerta economica ed offerta tecnica; d) assenza del fatturato specifico richiesto; d) mancata sottoscrizione dell’offerta da parte del progettista incaricato.

Con successivi motivi aggiunti, il ricorrente Consorzio impugnava la determinazione n. 601 del 4.07.2017, con cui il Comune di Angri aveva disposto l’aggiudicazione definitiva in favore del RTI Gallo Giovanni srl, censurandone l’illegittimità non solo in via derivata, stante la sua arbitraria esclusione dalla procedura selettiva, ma anche autonoma del provvedimento impugnato, essendo l’offerta dell’RTI Gallo Giovanni priva della sottoscrizione dello schema di contratto allegato al disciplinare di gara.

Con un secondo ricorso per motivi aggiuntivi, il ricorrente consorzio impugnava il provvedimento di aggiudicazione deducendone l’autonoma illegittimità in ragione dei motivi di seguito sinteticamente riportati: a) mancata sottoscrizione da parte del progettista della relazione tecnica in ogni sua pagina; b) errata attribuzione all’aggiudicataria del punteggio relativo alla gestione dei servizi dell’area interessata dai lavori di riqualificazione; c) insufficienza della prestata cauzione; d) mancata dichiarazione da parte del progettista dei requisiti professionali richiesti.

All’udienza del 4.12.2018, previo scambio delle memorie riepilogative ex art. 73 c.p.a., il Collegio ha riservato la causa in decisione.

2.- Il ricorso principale è infondato e, quindi, devono dichiararsi improcedibili entrambi i ricorsi per motivi aggiunti con cui il consorzio ricorrente ha impugnato la successiva delibera di aggiudicazione in favore della controinteressata.

2.1.- In limine, sul piano processuale dell’ordine dei ricorsi da esaminare, l’infondatezza dell’impugnativa proposta dal ricorrente principale consente di seguire, in ossequio al superiore canone di economia processuale e alle esigenze di semplificazione delle decisioni da assumere nella materia degli appalti pubblici (cfr. il già richiamato art.120, comma 6, c.p.a.), il criterio ordinario dell’esame prioritario del ricorso principale, risultando processualmente superflua la disamina nel merito del gravame incidentale, pur se, come nel caso di specie, ad effetto escludente (cfr., ex multis, le recenti: Cons. Stato, sez. V, 27 aprile 2015, n.2063; TAR Sicilia, Palermo, sez. I, 21 maggio 2015, n.1213; TAR Piemonte, sez. I. 15 maggio 2015 n.818; TAR Basilicata, 14 maggio 2015 n.251; TAR Campania, Salerno, sez. I, 7 aprile 2014 n.738).

2.2.- Tanto premesso, passando al merito della controversia, l’esclusione del consorzio ricorrente dalla gara in esame deve considerarsi pienamente legittima, in quanto originata dall’accertata carenza di un requisito morale di ordine generale in capo alla impresa consorziata designata per l’esecuzione dei lavori oggetto di appalto (la Mirca s.r.l.), avendo la stazione appaltante, mediante consultazione del casellario informatico di cui all’art. 210 dlgs. 50/2016, accertato il grave illecito professionale (risoluzione contrattuale) da quest’ultima commesso nell’esecuzione di un precedente contratto pubblico, risoluzione non dichiarata in sede di partecipazione all’odierna procedura selettiva.

Incontestati, oltrechè ampiamente riscontrati in atti, sia la sopraccennata risoluzione contrattuale (provvedimento di risoluzione del contratto rep. N° 5966 del 19/06/2013 adottato dal Comune di Pompei ed oggetto di conferma a seguito del giudizio instaurato dalla destinataria), sia la mendace dichiarazione resa dalla Mirca Srl di non aver commesso alcun illecito professionale tale da pregiudicarne l’affidabilità, alcun dubbio può sorgere sulla gravità dell’illecito professionale accertato, ai sensi dell’art. 80, comma 5, lett. c), d.lg. n. 50 del 2016, a carico dell’impresa esecutrice

(cfr.: Consiglio di Stato sez. III, 05/09/2017, n. 4192).

L’art. 80, comma 5, citato, alla lettera c), prevede che un operatore economico deve essere escluso dalla partecipazione a una procedura d’appalto qualora la stazione appaltante dimostri con mezzi adeguati che esso si sia reso colpevole di gravi illeciti professionali, tali da mettere in dubbio la sua integrità ed affidabilità.

L’art. 80, comma 5, lett. c), infatti, mira a tutelare il vincolo fiduciario che deve sussistere tra amministrazione aggiudicatrice e operatore economico, consentendo di attribuire rilevanza ad ogni tipologia di illecito che, per la sua gravità, sia in grado di minare l’integrità morale e professionale di quest’ultimo.

Il concetto di grave illecito professionale ricomprende ogni condotta, collegata all’esercizio dell’attività professionale, contraria ad un dovere posto da una norma giuridica sia essa di natura civile, penale o amministrativa.

Tra i gravi illeciti espressamente contemplati dalla norma rientrano "le significative carenze nell’esecuzione di un precedente contratto di appalto o di concessione che ne hanno causato la risoluzione anticipata, non contestata in giudizio, ovvero confermata all’esito di un giudizio, ovvero hanno dato luogo ad una condanna al risarcimento del danno o ad altre sanzioni".

Nel caso di specie, dalla lettura della sentenza del TAR Campania 1855/2016, – con cui è stato respinto il ricorso proposto dalla Mica Srl avverso il provvedimento, adottato dal Comune di Pompei, di decadenza dalla concessione e di successiva conseguente risoluzione del contratto -, si evincono i presupposti atti a revocare in dubbio l’integrità e l’affidabilità del concorrente. Sono state, infatti, significative carenze nell’esecuzione dei lavori, nella gestione del servizio, nell’omessa applicazione delle tariffe concordate e nella prestazione di idonea garanzia.

Trattandosi di condotte gravemente inadempienti afferenti lo svolgimento del servizio di gestione di un’area comunale – lo stesso oggetto della presente gara – ritiene il Collegio che la disposta esclusione avrebbe dovuto essere dichiarata a fini della valutazione, spettante all’Amministrazione aggiudicatrice, in ordine ai requisiti di moralità professionale per l’ammissione alla gara.

La giurisprudenza amministrativa ha chiarito che gli episodi elencati nel citato art. 80 quali illeciti professionali hanno carattere esemplificativo, potendo la stazione appaltante annettere ad ulteriori vicende professionali pregresse dell’operatore, non espressamente citate dalla norma, la medesima rilevanza di "gravi errori professionali" ai fini del giudizio di integrità ed affidabilità (cfr. Cons. Stato, sez. V, 3 settembre 2018, n. 5142; V, 28 luglio 2018, n. 4594; III, 29 agosto 2018, n. 5084; V, 2 marzo 2018, n. 1299; Cons. giust. amm. Sicilia, sez. giurisd., 30 aprile 2018, n. 252). Vero è che, qualora la stazione appaltante ritenga di disporre l’esclusione in ragione di una pregressa vicenda professionale integrante un illecito non richiamato dal codice, ma comunque, in grado di metterne in dubbio l’affidabilità e l’integrità, è tenuta a esporre con adeguata motivazione le ragioni della sua decisione.

Da tale assunto, ampliamente condiviso, discende, come logico corollario, l’ulteriore orientamento fatto proprio dalla costante giurisprudenza amministrativa in merito agli "obblighi informativi" cui è tenuto l’operatore economico e la cui omissione può integrare il "grave illecito professionale", espressamente citato dall’art. 80, comma 5, lett. c) cit., secondo periodo, dell’"omettere le informazioni dovute ai fini del corretto svolgimento della procedura di selezione".

Anche nel vigore del nuovo codice dei contratti pubblici, infatti, si afferma che le informazioni dovute alla stazione appaltante comprendono ogni addebito subito in pregresse vicende professionali che possa rivelarsi utile all’amministrazione per valutare l’affidabilità e l’integrità dell’operatore economico e non solo, dunque, quelle informazioni che potrebbero dar luogo a provvedimenti espulsivi dalla procedura (nei termini cfr. Cons. Stato, sez. V, 3 settembre 2018, n. 5142, ma già sez. V, 25 luglio 2018, n. 4532; V, 11 giugno 2018, n. 3592 e sotto la vigenza del vecchio codice dei contratti pubblici, d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163 che, all’art. 38, comma 1, lett. f), neppure indicava la violazione degli obblighi informativi quale "grave illecito professionale", cfr. Cons. Stato, sez. V, 24 settembre 2018, n. 5500, ove è detto chiaramente: "Il concorrente è perciò tenuto a segnalare tutti i fatti della propria vita professionale potenzialmente rilevanti per il giudizio della stazione appaltante in ordine alla sua affidabilità quale futuro contraente, a prescindere da considerazioni su fondatezza, gravità e pertinenza di tali episodi"; e negli stessi termini, Cons. Stato, sez. III, 13 giugno 2018, n. 3628; V, 14 febbraio 2018, n. 956; V, 11 dicembre 2017, n. 5811; V, 4 ottobre 2016, n. 4108; V, 26 luglio 2016, n. 3375; V, 19 maggio 2016, n. 2106).

I principi esposti sono tra loro connessi: se si ammette che la stazione appaltante possa nella propria discrezionalità valutare, quali "gravi illeciti professionali", fatti ulteriori e diversi da quelli descritti dal legislatore nel secondo periodo dell’art. 80, comma 5, lett. c) cit., devono essere necessariamente posti a carico dell’operatore obblighi dichiarativi più ampi che investano le pregresse vicende professionali rilevanti per la valutazione della sua integrità e affidabilità.

Una volta definiti gli orientamenti della giurisprudenza amministrativa nei termini in precedenza esposti e, di conseguenza, appurato l’esistenza dell’obbligo dichiarativo gravemente omesso dalla Mica, la sua esclusione dalla procedura, e quindi l’esclusione del Consorzio ricorrente, si sottraggono alle sollevate censure.

2.2. – Il Consorzio Conpat Scarl ha viceversa sostenuto l’inesistenza dell’obbligo di dichiarazione in questione. A tal fine ha argomentato, da un lato, che, risultando la condotta qualificata come illecito professionale dall’archivio informatico di cui all’art. 213 cit. ed essendo quest’ultimo consultabile esclusivamente dalle stazioni appaltanti, non avrebbe potuto avere conoscenza dell’annotazione de qua; dall’altro che, trattandosi di informazione in possesso dell’amministrazione procedente, alla fattispecie doveva trovare applicazione il generale principio di non aggravamento del procedimento sancito dall’art. 18 della legge 241/1990.

Il Collegio non condivide le esposte argomentazioni ampiamente sconfessate dalla corretta esegesi del quadro normativo di riferimento, nei termini declinati nei più recenti arresti del giudice di appello.

Primariamente, appare sul punto decisiva la sentenza del 21/11/2018, n. 6576 resa dalla V Sezione del Consiglio di Stato che, nel perimetrare gli oneri dichiarativi posti carico dei partecipanti alla gara con specifico riguardo agli illeciti professionali di cui all’art. 80 cit., ha espressamente circoscritto quest’ultimi agli illeciti corrispondenti alle annotazioni riportate nel suddetto casellario.

Difatti, le "informazioni dovute" per consentire alla stazione appaltante della gara in corso di valutare l’integrità e l’affidabilità dell’operatore economico, ai fini del corretto svolgimento della procedura di selezione, hanno ad oggetto proprio i provvedimenti di esclusione ovvero i provvedimenti di risoluzione unilaterale, non contestati o confermati all’esito di un giudizio, che risultino annotati nel Casellario informatico dell’ANAC. Solo rispetto a tali notizie sorge l’onere dichiarativo richiesto ai fini della partecipazione alle procedure di affidamento, così come è stato chiarito dalle Linee guida dell’ANAC n. 6/2016, al punto 4.6..

Si è così chiarito che eventuali esclusioni da precedenti procedure di gara ovvero risoluzioni di contratti aggiudicati, per quanto siano state accertate dal giudice amministrativo, assumono rilevanza esclusivamente se e fino a quando risultino iscritte nel Casellario, per gli effetti e con le modalità previste nell’art. 80, comma 12, del d. lgs. n. 50 del 2016, qualora l’ANAC ritenga che emerga il dolo o la colpa grave dell’impresa interessata, in considerazione della importanza o della gravità dei fatti contestati ed accertati (v., sul punto, anche Cons. St., sez. V, 4 luglio 2017, nn. 3257 e 3258; Cons. Stato, V, n. 2063/18 e id., III, n. 4266/2018 cit.).

Nel caso di specie, risultando l’iscrizione effettuata dall’ANAC a carico del Consorzio ricorrente ed in ordine ad una risoluzione unilaterale disposta nel triennio precedente all’indizione dell’odierna procedura, sussisteva l’onere dichiarativo omesso dalla partecipante

Tanto acclarato, il Collegio non condivide la tesi della ricorrente volta ad elidere l’accertata omissione dichiarativa sul presupposto che, nella specie, non si sarebbe configurato l’obbligo di rendere l’informazione omessa, essendo quest’ultima accessibile alla sola stazione appaltante, come tale rientrante nel suo patrimonio conoscitivo e, quindi, soggetta al principio di non aggravamento procedimentale previsto dall’art. 18 legge 241/90.

La questione deve essere affrontata ponendo attenzione alla ragione e alla natura della dichiarazione sostitutiva circa la sussistenza dei requisiti di ordine generale nella specie domandata dal bando e presentata dall’impresa designata come esecutrice.

Per confutare l’assunto della ricorrente occorre considerare la distinzione intercorrente, nelle gare di appalto, tra la fase di presentazione delle domande di partecipazione e delle offerte (che riguarda tutti i concorrenti), e quella successiva di verifica del possesso dei requisiti dichiarati in gara che si svolge ineluttabilmente nei confronti del primo e secondo classificato.

Nella fase di presentazione delle domande di partecipazione e delle offerte, è consentito, per ragioni di speditezza del procedimento, il ricorso alle autocertificazioni.

Le disposizioni invocate da parte ricorrente, e in particolare l’art. 30 del codice appalti, laddove richiama le dichiarazioni sostitutive e, quindi, l’art. 18, l. n. 241/1990, si riferiscono soltanto alla fase di presentazione delle domande di partecipazione e delle offerte, e non anche alla fase di verifica del possesso dei requisiti

Tanto si desume da puntuali disposizioni normative e dai principi generali sottesi al codice appalti.

Quest’ultimi, infatti, da un lato, consentono che i requisiti prescritti nel bando possano essere provati, in sede di gara, mediante dichiarazione sostitutiva; dall’altro, impongono alle stazioni appaltanti di richiedere i documenti e certificati per i quali le norme vigenti consentono la presentazione di dichiarazioni sostitutive, facendo così salvi i controlli successivi in corso di gara sulla veridicità delle dichiarazioni.

Pertanto, l’invocato principio di non aggravamento opera esclusivamente nella fase di presentazione delle offerte in cui assume una portata preponderante l’esigenza di speditezza nello svolgimento degli accertamenti preliminari, con il conseguente divieto previsto dall’art. 18 cit. relativamente alle notizie già in possesso della stazione appaltante o comunque da quest’ultima acquisibili.

Tuttavia, ciò non esclude che l’amministrazione sia tenuta a verificare, ogniqualvolta sorgano come nella specie fondati dubbi, la veridicità della dichiarazione (art. 71 d.P.R. n. 445 del 2000) e, una volta che sia comunque, anche aliunde, entrata nella certezza della non veridicità della dichiarazione resa, ha il dovere di trarne senz’altro le conseguenze.

L’autocertificazione, infatti, non è idonea a costituire certezze pubbliche, attenuando, esclusivamente e precariamente, all’interno del singolo procedimento, l’onere delle dimostrazioni che il privato sarebbe tenuto ad offrire tramite documenti pubblici. In ragione di questa stretta finalità semplificatoria, il suo contenuto resta sempre necessariamente esposto alla prova contraria.

In tale quadro, il patrimonio conoscitivo dell’amministrazione, anche altrove formato, non soffre restrizioni o preclusioni nell’utilizzazione e la sua utilizzazione è resa doverosa dal principio generale di buona amministrazione.

L’autocertificazione costituisce non un mezzo di garanzia del dichiarante (tale per cui quanto egli attesa non può essere superato se non nei casi stabiliti), ma, piuttosto, un semplice mezzo di speditezza dell’attività amministrativa, vale a dire di semplificazione procedimentale inerente alle formalità del rapporto, per cui il suo contenuto resta sempre e comunque esposto alla verifica ad opera della destinataria amministrazione.

Questi principi ben collocavano l’Amministrazione nella condizione, in rispetto alla buona amministrazione e alla parità di condizioni tra i concorrenti, di dover dichiarare d’ufficio, anche in autotutela, l’assenza del requisito di moralità dell’impresa esecutrice.

Tale situazione inabilitante alla partecipazione consentiva all’Amministrazione, una volta acquisita la conoscenza della non veridicità dell’autocertificazione, di doverosamente procedere alla rilevazione dell’assenza del requisito e, dunque, di superare in tal modo il contenuto dell’autocertificazione dalla stessa prodotta senza incontrare alcun limite nell’invocato principio di non aggravamento del procedimento (cfr.: Cons. Stato Sez. V, 14/04/2008, n. 1608).

Non può, infine, trascurarsi di considerare che i principi di ragionevolezza, di proporzionalità e di speditezza della gara di appalto devono essere sempre coniugati con quelli di lealtà e buona fede dei concorrenti, tenuti a dichiarare, come sopra detto, tutte le informazioni che possano orientare l’amministrazione nel giudizio di affidabilità.

Al riguardo è opportuno invocare il principio di autoresponsabilità, secondo il quale l’attestazione falsa o incompleta dei requisiti, comunque conosciuti, da parte del dichiarante ha rilevanza oggettiva, per cui non si richiedono ulteriori indagini, da parte della Stazione appaltante, in ordine all’elemento psicologico (dell’imputabilità o meno della non conoscenza), dal momento che la dichiarazione mendace è qualificata come tale, a prescindere dall’elemento soggettivo che ha caratterizzato la condotta di chi l’ha presentata.

A parere del Collegio, dunque, nella vicenda in esame, proprio per tutte le considerazioni finora svolte, non sussistono elementi tali da giustificare la deroga all’orientamento consolidato per cui l’esclusione dalla procedura consegue per il solo fatto dell’omessa dichiarazione dei requisiti di cui all’art. 38, comma 1, d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163 (ex multis: Cons. Stato, sez. V, 4 dicembre 2017, n. 5707; sez. V, 27 settembre 2017, n. 4527, che, in relazione ai gravi errori professionali ha escluso anche l’utilizzabilità dell’istituto del soccorso istruttorio; sez. V, 10 agosto 2017, n. 3980; sez. V, 25 luglio 2016, n. 3402).

2.3. Analoga sorte compete anche alla seconda censura sollevata dal consorzio ricorrente con cui quest’ultimo ha sostenuto l’irrilevanza dell’esclusione dell’impresa designata come esecutrice, essendosi, ai fini della partecipazione alla gara, qualificato “in proprio” e, quindi, potendo procedere alla sostituzione dell’impresa consorziata priva dei requisiti di ordine morale.

La tesi così sostenuta, tuttavia, collide con una più che consolidata giurisprudenza che ha ampliamente sconfessato entrambi i declinati assunti difensivi.

Il Collegio osserva, al riguardo, che se è pur vero che, alla stregua dell’orientamento prevalente dei giudici amministrativi, le vicende soggettive di un consorzio stabile non hanno, in via generale, rilievo esterno (cfr. TAR Toscana, Firenze, sez. I, 14 settembre 2014 n.1409; TAR Lombardia, Milano, sez. III, 7 ottobre 2013 n. 2236; TAR Liguria, Genova, sez. II, 21/02/2013 n.351), tale principio, sicuramente valevole con riguardo al possesso dei requisiti tecnici e finanziari di qualificazione, non trova applicazione nel caso di carenza, come nel caso di specie, di un requisito di ordine morale in capo ad una delle imprese consorziate, tanto più quando questa, come nella vicenda in esame, sia proprio l’impresa designata per l’esecuzione dell’appalto e, dunque, il soggetto con il quale l’Amministrazione andrà a relazionarsi nella fase esecutiva del rapporto.

In tale senso si è espressa inequivocamente nel 2012 l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato (sent. 4 maggio 2012 n.8), la quale ha precisato: “pur trattandosi di soggetto con struttura ed identità autonoma rispetto a quella delle cooperative consorziate, il possesso dei requisiti generali e morali ex art. 38 codice appalti deve essere verificato non solo in capo al consorzio ma anche alle consorziate, dovendosi ritenere cumulabili in capo al consorzio i soli requisiti di idoneità tecnica e finanziaria ai sensi dell’art. 35 codice appalti. La diversa opzione ermeneutica condurrebbe invero a conseguenze paradossali in quanto le stringenti garanzie di moralità professionale richieste inderogabilmente ai singoli imprenditori potrebbero essere eluse da cooperative che, attraverso la costituzione di un consorzio con autonoma identità, riuscirebbero di fatto ad eseguire lavori e servizi per le pubbliche amministrazioni alle cui gare non sarebbero state singolarmente ammesse. Nel senso qui seguito è la giurisprudenza secondo cui, mentre i requisiti di idoneità tecnica e finanziaria devono essere riferiti al consorzio (come previsto dall’art. 35 codice appalti), i requisiti generali di partecipazione alla procedura di affidamento previsti dall’art. 38 codice citato devono essere posseduti dalle singole imprese consorziate; se, infatti, in caso di consorzi, tali requisiti andassero accertati solo in capo al consorzio e non anche in capo ai consorziati che eseguono le prestazioni, il consorzio potrebbe agevolmente diventare uno schermo di copertura consentendo la partecipazione di consorziati privi dei necessari requisiti; per gli operatori che non hanno i requisiti dell’art. 38 (si pensi al caso di soggetti con condanne penali per gravi reati incidenti sulla moralità professionale) basterebbe, anziché concorrere direttamente andando incontro a sicura esclusione, aderire a un consorzio da utilizzare come copertura” (Cons. St., sez. V, 15 giugno 2010, n. 3759; Id., sez. IV, 27 giugno 2007, n. 3765; Id., sez. V, 5 settembre 2005, n. 4477; Id., sez. V, 30 gennaio 2002, n. 507). Tale principio è stato affermato anche dall’Autorità di vigilanza sui contratti pubblici, secondo cui “In virtù del particolare rapporto consortile – rapporto organico – esistente in tale tipologia di consorzi, l’articolo 35 d.lgs. n. 163 del 2006 dispone che i requisiti di idoneità tecnica e finanziaria devono essere posseduti e comprovati dai consorzi stessi e non dalle singole società consorziate che eseguiranno i lavori, mentre i requisiti di carattere morale devono essere posseduti dal consorzio e da ciascuna delle imprese che partecipano al consorzio stesso” (parere n. 192 del 10 luglio 2008 reso in sede di precontenzioso)”.

L’orientamento da ultimo riportato può ritenersi confermato anche successivamente all’entrata in vigore del dlgs. 50/2016, non condividendosi quanto contrariamente sostenuto dalla ricorrente secondo cui la stazione appaltante, essendosi il Consorzio qualificato in proprio, anziché procedere ad un’esclusione estesa a tutto il raggruppamento, avrebbe potuto consentire a quest’ultimo di partecipare in proprio, avvalendosi del criterio della modificazione soggettiva "in riduzione".

In senso contrario a quanto sostenuto dalla ricorrente, osserva il Collegio che l’art. 47, secondo comma del d.lgs. 18 aprile 2016 n. 50, applicabile ratione temporis alla gara de qua stabilisce, anche con riferimento ai consorzi stabili, che "I consorzi di cui agli articoli 45, comma 2, lettera c), e 46, comma 1, lettera f), al fine della qualificazione, possono utilizzare sia i requisiti di qualificazione maturati in proprio, sia quelli posseduti dalle singole imprese consorziate designate per l’esecuzione delle prestazioni, sia, mediante avvalimento, quelli delle singole imprese consorziate non designate per l’esecuzione del contratto". Con riguardo alla fattispecie dedotta in giudizio, l’art. 48, comma 18 del d.lgs. 18 aprile 2016 n. 50 stabiliva che "salvo quanto previsto dall’articolo 110, comma 5, in caso di fallimento, liquidazione coatta amministrativa, amministrazione controllata, amministrazione straordinaria, concordato preventivo ovvero procedura di insolvenza concorsuale o di liquidazione di uno dei mandanti ovvero, qualora si tratti di imprenditore individuale, in caso di morte, interdizione, inabilitazione o fallimento del medesimo ovvero in caso di perdita, in corso di esecuzione, dei requisiti di cui all’articolo 80, ovvero nei casi previsti dalla normativa antimafia, il mandatario, ove non indichi altro operatore economico subentrante che sia in possesso dei prescritti requisiti di idoneita’, è tenuto alla esecuzione, direttamente o a mezzo degli altri mandanti, purché’ questi abbiano i requisiti di qualificazione adeguati ai lavori o servizi o forniture ancora da eseguire". Pertanto, in disparte la specifica applicabilità ai consorzi stabili, la normativa applicabile non consentiva comunque la sostituzione del mandante in ipotesi di perdita e o assenza dei requisiti, ammettendosi l’effetto riduttivo alla sola fase dell’esecuzione e comunque per ragioni di perdita della capacità giuridica del soggetto mandante.

Invero, la norma de qua, da interpretarsi restrittivamente trattandosi di un’ipotesi incidente sul principio di par condicio, che estende la "riduzione" soggettiva anche alle fattispecie di perdita dei requisiti generali di cui all’art. 80, limita la rilevanza di tale evenienza alla sola fase di esecuzione, non intercettando, di conseguenza, la fattispecie oggetto di scrutinio in questa sede.

Né può assumere rilevanza la prescrizione di cui al comma 7 bis dell’art. 48, introdotto dal primo decreto correttivo, secondo cui "è consentito, per le ragioni indicate ai successivi commi 17, 18 e 19 o per fatti o atti sopravvenuti, ai soggetti di cui all’articolo 45, comma 2, lettere b) e c), designare ai fini dell’esecuzione dei lavori o dei servizi, un’impresa consorziata diversa da quella indicata in sede di gara, a condizione che la modifica soggettiva non sia finalizzata ad eludere in tale sede la mancanza di un requisito di partecipazione in capo all’impresa consorziata".

Invero, configurando tale ipotesi, a differenza di quella meramente riduttiva testè accennata, una soluzione di tipo sostitutivo, la fungibilità dell’impresa consorziata non è consentita, ove volta ad eludere la mancanza di un requisito di partecipazione. In questo senso, la rilevanza decisiva a fini partecipativi è confermata dalla prescrizione per l’ipotesi recesso di cui al comma 19, in cui la volontaria modifica soggettiva, pur nella persistenza dei requisiti in capo al soggetto aggregato, è esclusa ove volta ad eludere l’assenza di requisiti in capo al soggetto escluso.

Ne discende che alla luce della normativa di cui al nuovo codice l’assenza di requisiti in capo all’impresa consorziata incide sulla partecipazione dell’intero consorzio stabile, senza che sia possibile neutralizzare tale effetto ostativo attraverso il ricorso a modelli riparatori in riduzione o di tipo sostitutivo. Tale assetto normativo consente di ritenere applicabile quell’orientamento (Consiglio di Stato V Sezione 26 aprile 2018 n. 2537 e Consiglio di Stato, V Sezione, 23 febbraio 2017, n. 849), sviluppatosi nella vigenza del precedente codice dei contratti pubblici, secondo cui "il consorzio si qualifica in base al cumulo dei requisiti delle consorziate e tale disciplina si giustifica in ragione del patto consortile che si instaura nell’ambito di un organizzazione stabile, caratterizzato da un rapporto durativo ed improntato a stretta collaborazione tra le consorziate e dalla comune causa mutualistica, nell’ambito del quale la consorziata che si limiti a conferire il proprio requisito all’ente cui appartiene non partecipa all’esecuzione dell’appalto, al quale rimane estranea, tant’è che non sussiste alcuna responsabilità di sorta verso la stazione appaltante. Uno statuto ben diverso è invece quello delle consorziate che, al contrario, siano state indicate per l’esecuzione dell’appalto, per le quali è prevista l’assunzione della responsabilità in solido con il consorzio stabile nei confronti della stazione appaltante (art. 94, comma 1, del citato d.P.R. n. 207-2010), e nei confronti delle quali la giurisprudenza ha quindi ritenuto applicabili gli obblighi dichiarativi dell’art. 38 d.lgs. n. 163-2006 (come da ultimo ricordato da questa Sezione, nella sentenze 27 aprile 2015, n. 2157 e 9 aprile 2015, n. 1824). Al consorzio stabile è nondimeno imputabile l’esecuzione delle prestazioni contrattuali dedotte nell’appalto, poiché è esso che stipula il contratto in nome proprio, sebbene per conto delle consorziate, con la conseguenza che ai fini della verifica dei requisiti di qualificazione, atti a comprovare la capacità tecnica e la solidità generale il consorzio può cumulare quelli posseduti dalle imprese consorziate e usufruirne in proprio (principio pacifico presso la giurisprudenza di questo Consiglio di Stato, da ultimo ribadita nelle sentenze della V Sezione, 22 gennaio 2015, n. 244, 19 dicembre 2012, n. 4969; VI, 13 ottobre 2015, n. 4703). Nondimeno, il possesso dei requisiti di ordine generale ex art. 38 cod. contratti pubblici deve comunque essere posseduto dalle imprese consorziate in un consorzio stabile, donde gli obblighi dichiarativi poc’anzi richiamati, al fine di impedire che queste si giovino della copertura dell’ente collettivo, eludendo i controlli demandati alle stazioni appaltanti (ex multis: Cons. Stato, Ad. Plen., 4 maggio 2012, n. 8; V, 17 maggio 2012, n. 2582; VI, 13 ottobre 2015, n. 4703).

In ragione di ciò si giustifica l’obbligo per il consorzio stabile ai sensi dell’art. 36, comma 5, del previgente codice dei contratti pubblici di "indicare in sede di offerta per quali consorziati il consorzio concorre" – come anche per l’art. 37, comma 7, riguardante i consorzi fra società cooperative di produzione e lavoro costituiti a norma della legge 25 giugno 1909, n. 422".

Pertanto, l’invocata l’applicazione dell’art. 48 cit. consentirebbe l’inammissibile risultato di procurare al concorrente, attraverso una propria modificazione soggettiva in riduzione o sostituzione, l’acquisizione di un requisito dichiarato ma in effetti mancante al tempo della scadenza del termine per la presentazione della domanda di partecipazione alla gara.

Le eccezioni ammesse al principio di immutabilità sono, dunque, consentite esclusivamente in quanto riguardino motivi indipendenti dalla volontà del soggetto partecipante alla gara e trovino giustificazione nell’interesse della stazione appaltante alla continuazione della stessa. Al di fuori delle ipotesi normativamente previste non può che riprendere vigore il divieto, volto a presidiare anche la complessiva serietà delle imprese che partecipano alla gara, onde garantire la migliore affidabilità del futuro contraente dell’amministrazione (T.A.R. Lombardia, Brescia, II, 06/02/2017, n. 167; T.A.R. Puglia, Lecce, I, ordinanza 07/12/2016, n. 564).

In definitiva, anche la seconda censura proposta avverso l’impugnato provvedimento espulsivo deve essere disattesa.

3.- Dalla confermata legittimità dell’adottata sanzione espulsiva, discende che devono essere dichiarate inammissibili le doglianze formulate con i motivi aggiunti avverso l’avvenuta aggiudicazione in favore della controinteressata, in linea con il consolidato orientamento giurisprudenziale, secondo cui anche se nelle gare pubbliche di appalto è di regola sufficiente l’interesse strumentale del partecipante ad ottenere la riedizione della gara stessa, un tale interesse non sussiste in capo al soggetto legittimamente escluso dato che, per effetto dell’esclusione, egli rimane privo non soltanto del titolo legittimante a partecipare alla gara, ma anche a contestarne gli esiti e la legittimità delle scansioni procedimentali; di conseguenza il consolidamento della esclusione dalla procedura di gara rende inammissibile per difetto di legittimazione l’impugnativa dell’aggiudicazione e, più in generale, di tutti i successivi atti della procedura. (ex plurimis CS, sez.IV, n. 3688/2016; Cds 3402/2016).

In assenza di censure volte ad investire la legittimità dell’intera gara, va rammentato che la stessa Corte di Giustizia Europea (ottava sezione), con sentenza del 21 dicembre 2016 nella causa C-355/15, ha affermato un principio analogo a quello esposto dal Consiglio di Stato nella sentenza n. 3402 del 2016, affermando che la normativa europea in materia di aggiudicazione degli appalti pubblici "non osta a che a un offerente escluso da una procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico con una decisione dell’amministrazione aggiudicatrice divenuta definitiva sia negato l’accesso ad un ricorso avverso la decisione di aggiudicazione dell’appalto pubblico di cui trattasi e la conclusione del contratto, allorché a presentare offerte siano stati unicamente l’offerente escluso e l’aggiudicatario e detto offerente sostenga che anche l’offerta dell’aggiudicatario avrebbe dovuto essere esclusa".

Improcedibili, infine, devono essere dichiarati sia il ricorso incidentale sia i motivi aggiunti proposti dalla controinteressata, con i quali è stata contestata la legittimità della mancata esclusione del Consorzio ricorrente per ulteriori e diverse ragioni rispetto a quella posta a base del contestato provvedimento di esclusione adottato dalla Stazione appaltante.

4. Le spese di lite, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania sezione staccata di Salerno (Sezione Prima), definitivamente pronunciando, così provvede:

a) respinge il ricorso principale;

b) dichiara inammissibili i motivi aggiunti depositati dal ricorrente principale;

c) dichiara improcedibile il ricorso incidentale ed i motivi aggiunti proposti dalla controinteressata;

d) condanna il consorzio ricorrente al pagamento delle spese processuali, liquidate in € 2.000,00 a favore, pro capite, del Comune di Angri e dell’ATI controinteressata, oltre accessori di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Salerno nella camera di consiglio del giorno 4 dicembre 2018 con l’intervento dei magistrati:

Francesco Riccio, Presidente
Fabio Maffei, Referendario, Estensore
Valeria Nicoletta Flammini, Referendario

L’ESTENSORE
Fabio Maffei
        
IL PRESIDENTE
Francesco Riccio
        
        
IL SEGRETARIO
 

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