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Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Beni culturali ed ambientali, Diritto dell'energia Numero: 174 | Data di udienza: 20 Ottobre 2011

* DIRITTO DELL’ENERGIA – Beni di uso civico – Mutamento di destinazione d’uso – Utilità ricavabile – Realizzazione di un impianto di produzione di energia elettrica – Utilità astratta – Insufficienza – Previo espletamento di una gara pubblica – BENI CULTURALI E AMBIENTALI – Zone gravate da usi civici – Interventi modificativi – Autorizzazione ex art. 146 d.lgs. n. 42/2004.


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 1^
Regione: Campania
Città: Salerno
Data di pubblicazione: 6 Febbraio 2012
Numero: 174
Data di udienza: 20 Ottobre 2011
Presidente: Onorato
Estensore: Palliggiano


Premassima

* DIRITTO DELL’ENERGIA – Beni di uso civico – Mutamento di destinazione d’uso – Utilità ricavabile – Realizzazione di un impianto di produzione di energia elettrica – Utilità astratta – Insufficienza – Previo espletamento di una gara pubblica – BENI CULTURALI E AMBIENTALI – Zone gravate da usi civici – Interventi modificativi – Autorizzazione ex art. 146 d.lgs. n. 42/2004.



Massima

 

TAR CAMPANIA, Salerno, Sez.  1^– 6 febbraio 2012, n. 174


DIRITTO DELL’ENERGIA – Beni di uso civico – Mutamento di destinazione d’uso – Utilità ricavabile – Realizzazione di un impianto di produzione di energia elettrica – Utilità astratta – Insufficienza – Previo espletamento di una gara pubblica.

L’istanza di autorizzazione al mutamento di destinazione d’uso di un bene di uso civico non può prescindere dal previo espletamento di una gara pubblica, la quale è funzionalmente proiettata a selezionare le migliori modalità di sfruttamento del bene. Non è pertanto assentibile un mutamento di destinazione d’uso sulla sola base delle utilità ricavabili dalla tipologia del nuovo utilizzo, quale può essere la realizzazione, l’esercizio e la gestione di impianti di produzione di energia elettrica alimentati da fonti rinnovabili, occorrendo invece un progetto determinato che deve essere valutato con riguardo ai reali risvolti favorevoli che la sua realizzazione può assumere sulla comunità.

Pres. Onorato, Est. Palliggiano – A.s.p.a. (avv.ti Di Giovanni, Picozza e Marenghi) c. Regione Campania (avv. Dell’Isola) e Comune di Contursi Terme (avv. Di Lieto)

BENI CULTURALI E AMBIENTALI – Zone gravate da usi civici – Interventi modificativi – Autorizzazione ex art. 146 d.lgs. n. 42/2004.

Laddove non sia intervenuto un apposito piano paesaggistico regionale a disciplinare la materia, graduando quindi le fasce di tutela e gli interventi possibili, non è possibile alcun intervento modificativo sulle aree elencate all’art. 142 – tra le quali rientrano anche le zone gravate da usi civici –  a meno che non vi sia la preventiva autorizzazione imposta dall’art. 146 d. lgs. 42 del 2004.

Pres. Onorato, Est. Palliggiano – A.s.p.a. (avv.ti Di Giovanni, Picozza e Marenghi) c. Regione Campania (avv. Dell’Isola) e Comune di Contursi Terme (avv. Di Lieto)


Allegato


Titolo Completo

TAR CAMPANIA, Salerno, Sez. 1^– 6 febbraio 2012, n. 174

SENTENZA

 

TAR CAMPANIA, Salerno, Sez.  1^– 6 febbraio 2012, n. 174

N. 00174/2012 REG.PROV.COLL.
N. 01514/2010 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

sezione staccata di Salerno (Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1514 del 2010, proposto da:
– Aceaelectrabel Produzione Spa (di seguito: Aceaelectrabel), ora GDF Suez produzione SpA, in persona del legale rappresentante pro tempore, ing. Giacinto Filippelli, con sede in Roma, rappresentato e difeso, anche disgiuntamente, dagli avv. Annalisa Di Giovanni, prof. Eugenio Picozza, Gherardo Maria Marenghi, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo in Salerno, via Velia, n. 15;

contro

– Regione Campania, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avv. Beatrice Dell’Isola, con domicilio eletto presso l’Avvocatura regionale, in Salerno, via A. Salernitana, n. 3;
– Comune di Contursi Terme, in persona del sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avv. Andrea Di Lieto, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo in Salerno, corso Vittorio Emanuele, n.143;

per l’annullamento:

A. quanto al ricorso introduttivo:

1.- del provvedimento della giunta regionale della Campania, Area Generale di Coordinamento, Sviluppo attività Settore Primario, Settore Bilancio e Credito agrario, prot. n. 2010/0655944 del 2.8.2010, avente ad oggetto la “deliberazione di consiglio comunale di Contursi Terme – Provincia di Salerno, n. 9 del 4.5.2010”;

2.- di ogni altro atto presupposto, preparatorio, connesso e consequenziale, ancorché non conosciuto, con particolare ma non esclusivo riferimento a parere reso con nota prot. n. PP 180-11.04.2009 della Regione Campania prot. n. 2009.0795993 del 17.0.2009 dell’area generale di coordinamento Avvocatura settore consulenza legale e documentazione;

B. quanto al ricorso per motivi aggiunti, notificati il 24 febbraio 2011 e depositati il successivo 28:

3.- del provvedimento della giunta regionale della Campania, Area Generale di Coordinamento, Sviluppo attività Settore Primario, Settore Bilancio e Credito agrario, prot. n. 2011 0060052 del 26.01.2011, avente ad oggetto “deliberazione di consiglio comunale di Contursi Terme – Provincia di Salerno, n. 9 del 4.5.2010. Nota del Settore Bilancio e Credito Agrario al Prot. della Regione Campania 2010.0655944 del 2.8.2010. Atti di significazione e diffida Prot. P N 123 del 12.1.2011 della AceaElectrabel Produzione s.p.a.”;

4. di ogni altro atto presupposto, preparatorio, connesso e consequenziale, ancorché non cognito, con particolare ma non esclusivo riferimento alle note dell’Area generale di coordinamento Avvocatura al Prot. della Regione Campania 2010.1022636 del 23.12.2010 e prot. 2011.0021160 del 12.1.2011;

e per la condanna delle amministrazioni resistenti al risarcimento del danno subito dalla società ricorrente per il mancato rilascio dell’autorizzazione al mutamento di destinazione d’uso e, conseguentemente, la mancata realizzazione integrale dell’impianto eolico e/o la minore redditività dell’impianto eolico approvato.

Visto il ricorso introduttivo, notificato il 9 ottobre 2010 e depositato il successivo 11, con i relativi allegati;
Visto il ricorso per motivi aggiunti, notificato il 24 febbraio 2011 e depositato il successivo 28, con i relativi allegati.
Visti gli atti di costituzione in giudizio della Regione Campania e del Comune di Contursi Terme;
Vista l’ordinanza cautelare n. 1004 del 28 ottobre 2010 di questo TAR;
Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 20 ottobre 2011 il dott. Gianmario Palliggiano e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.

FATTO

1.- Con decreto dirigenziale n. 130 del 6.6.2008, la Regione Campania ha rilasciato alla ricorrente AceaElectrabel, ai sensi dell’art. 12 d. lgs. n. 387 del 2003 della DGR Campania n. 460 del 19.3.2004, l’autorizzazione alla costruzione e all’esercizio di un impianto da fonte eolica, costituito da n. 23 aerogeneratori da 850 kW, della potenza di 19.55 MW, da realizzare tra i Comuni di Campagna e Contursi Terme, in località Piano del Cornale.

In particolare, il citato decreto autorizzativo prevede espressamente al punto 5 che l’autorizzazione a costruire di cui al presente atto, limitatamente alle opere ricadenti nella particella n. 1 del foglio 17 del Catasto comunale di Contursi Terme, in considerazione della circostanza che la medesima particella risulta gravata dal vincolo di “uso civico”, è subordinata alla positiva conclusione della procedura attivata dalla competente struttura per il cambio di destinazione d’uso dell’area stessa”. Trattasi di cinque aerogeneratori sul totale di 23 autorizzati.

2.- La giunta regionale della Campania, con nota prot. n. 2010/0655944 del 2.8.2010, avente ad oggetto la “deliberazione di Consiglio comunale di Contursi Terme, Provincia di Salerno, n. 9 del 4.5.2010”, ha dichiarato di non potere accogliere la richiesta di autorizzazione a mutamento di destinazione delle terre di uso civico di pertinenza del Comune di Contursi Terme, 0ritenendo preclusiva la circostanza che non era stata preventivamente espletata una procedura di evidenza pubblica, per l’assegnazione dell’area.

3.- Avverso la nota di diniego, Aceaelectrabel ha proposto l’odierno ricorso, notificato il 9 ottobre 2010 e depositato il successivo 11, affidato ai seguenti articolati motivi di ricorso:

a. Incompetenza, eccesso di potere, sviamento, violazione e falsa applicazione dell’art. 2 L. 1766/1927 e 41 R.D. 332/1928. Violazione e falsa applicazione Legge reg. 17.3.1981, n. 11 art. 10: la regione non aveva i poteri di negare l’autorizzazione al mutamento di destinazione d’uso sul presupposto che il comune non aveva espletato la procedura ad evidenza pubblica per la concessione delle terre d’uso civico interessate dalla realizzazione dell’impianto;

b. Eccesso di potere, Contraddittorietà, illogicità: la Regione Campania ha riconosciuto ufficialmente come ammissibile il mutamento di destinazione d’uso di terre gravate da uso civico in quello consistente nella realizzazione, gestione d’impianti di produzione di energia elettrica alimentati da fonti rinnovabili, quale quello eolica dell’impianto della società ricorrente, sicché il suo diniego si palesa contraddittori;

c. travisamento dei presupposti di fatto e diritto, erroneità, eccesso di potere, violazione e falsa applicazione dell’art. 2 L. 1766/1927 e 41 r.d. 332/1928. Violazione e falsa applicazione L. reg. 17.3.1981, n. 11, art. 10: non è possibile applicare il concetto di concessioni di beni pubblici ai terreni gravati da usi civici dal momento che il comune non ne è proprietario; viceversa la proprietà è collettiva;

d. Violazione per mancata applicazione dell’art. 10-bis L. n. 241 del 1990; eccesso di potere.

Ha chiesto quindi, in accoglimento del ricorso, l’annullamento degli atti impugnati ed il risarcimento dei danni subiti.

4.- Si è costituita in giudizio la Regione Campania che, con memoria, ha preliminarmente eccepito la carenza di legittimazione attiva della società ricorrente; ha rilevato in ogni caso l’infondatezza nel merito del ricorso per il quale ha chiesto il rigetto.

5.- Il comune di Contursi Terme si è costituito con atto di intervento ad adiuvandum e, con memoria, ha chiesto l’accoglimento del ricorso con conseguente annullamento dei provvedimenti regionali impugnati.

6.- Con ordinanza n. 1004 del 29.10.2010, questo TAR ha accolto la richiesta di sospensione cautelare dell’esecuzione degli impugnati provvedimenti.

7.- In seguito, la società ricorrente, con atto del 9.11.2010, ha diffidato la Regione Campania al rilascio del mutamento di destinazione d’uso, anche in esecuzione dell’ordinanza cautelare del Tar Salerno; con lettera prot. 902546 dell’11.11.2010, la Regione Campania ha risposto nel senso di avere richiesto un parere all’area generale di coordinamento dell’Avvocatura ove chiarire tra l’altro gli effetti della predetta ordinanza del TAR. Poiché la Regione non ha provveduto al rilascio della richiesta autorizzazione al mutamento di destinazione d’uso, la società ricorrente ha diffidato nuovamente in data 12.1.2011, la Regione Campania al rilascio dell’autorizzazione ovvero al riesame del provvedimento impugnato, ed ha contestualmente proposto istanza di accesso ai documenti del procedimento eventualmente adottati. Con provvedimento del 26.1.2011, la Regione Campania ha risposto all’atto di diffida, negando sia l’accesso ai documenti, trattandosi di “atti e documenti sottratti all’accesso in quanto coperti da segreto professionale” e negando l’accoglimento della richiesta di autorizzazione al mutamento di destinazione delle terre di uso civico di pertinenza del Comune di Contursi Terme.

8.- La ricorrente ha quindi impugnato tale ultimo provvedimento con motivi aggiunti, notificati il 24 febbraio 2011 e depositati il successivo 28, con i quali, oltre a censurare l’elusione del giudicato cautelare, ha ribadito le censure formulate col ricorso introduttivo e ne ha formulate delle ulteriori.

9.- La Regione ha presentato memoria di replica in cui ha nuovamente eccepito la carenza di legittimazione ad agire e l’infondatezza degli stessi motivi aggiunti.

10.- La causa è quindi passata in decisione all’udienza pubblica del 20 ottobre 2011

DIRITTO

1.- Può soprassedersi dall’esame delle eccezioni di inammissibilità, formulate a vario titolo dalla Regione Campania, stante l’infondatezza nel merito del ricorso e dei relativi motivi aggiunti.

2.- E’ infondata la censura relativa all’incompetenza della Regione Campania, formulata col ricorso introduttivo e riproposta con i motivi aggiunti; allo stesso modo risultano infondate le altre tre censure che, considerato il carattere unitario degli argomenti esposti, possono ricevere trattazione congiunta.

3.- Centrale nell’impostazione difensiva di parte ricorrente, appare la censura di incompetenza della Regione nell’individuare le procedure per assegnare le terre gravate da uso civico, una volta che la Regione stessa ne avesse consentito il mutamento d’uso. L’impedimento ad assegnarle temporaneamente ad un determinato soggetto, frapponendo il diniego del mutamento della destinazione, dimostrerebbe, sempre ad avviso di parte ricorrente, lo sviamento di potere e l’incompetenza da cui sarebbe affetto il provvedimento impugnato.

4.- La tesi non convince, in relazione al carattere ed al regime cui sono sottoposti i terreni sui quali insiste un uso civico.

Va premesso che l’analisi della normativa statale d’origine non può prescindere dal progressivo e sostanziale trasferimento delle funzioni amministrative statali alle Regioni, per effetto della legislazione ordinaria succedutasi nel tempo e, soprattutto, delle modifiche al Titolo V della Costituzione. L’accrescimento del ruolo delle Regioni, ha comportato che le competenze originariamente spettanti ai commissari regionali sono state soggettivamente divise: i commissari regionali rivestono le funzioni giustiziali per le controversie relative ad esistenza, natura ed estensione dei diritti civici; le regioni assumono, invece, le competenze amministrative.

Operata questa premessa, va chiarito che gli usi civici costituiscono i diritti della comunità, organizzata e insediata su un territorio, a ricavare utilità dalla terra, dai boschi e dalle acque.

L’art. 12, comma 2, L. 1766/1927 stabilisce che le terre collettive continuano ad essere soggette ad un regime d’indisponibilità e di destinazione vincolata alle primarie esigenze della comunità, salvo casi particolari e specifici. Pertanto, i comuni sono privi della facoltà di disporre di terreni sui cui insistono usi civici, essendo questi sottoposti a vincolo di indisponibilità, di inalienabilità e di destinazione (cfr. Cass. Civ., sez III, 3.2.2004, n. 1940; sez. V, n. 11993 dell’8.8.2003) ed al regime di cui all’art. 27 d.p.r. n. 380/2001.

5.- La giurisprudenza, con orientamento consolidato dal quale il Collegio non ha motivo di discostarsi, ritiene che i beni di uso civico, avendo natura demaniale, sono assolutamente inalienabili, incommerciabili e non suscettibili di usucapione o espropriazione forzata, salvo che la loro alienazione sia autorizzata ai sensi del menzionato art. 12 menzionata L. n. 1766 del 1927 (Tar Toscana, n. 1053 del 9 maggio 2007; Cons. Stato, sez. VI, n. 5839 del 17.10.2008).

L’utilizzo collettivo sui beni, proprio degli usi civici, rende questi ultimi assimilabili ai beni pubblici in relazione al loro sostanziale assolvimento di interessi di carattere pubblicistico tra i quali la conservazione delle risorse ambientali in favore della collettività nazionale. Sotto questo profilo, la qualificazione tra proprietà pubblica e privata dipende principalmente dalle funzioni che i beni ad uso civico cui sono destinati a svolgere e prescinde dalla natura, pubblica o privata, del soggetto proprietario.

6.- I beni collettivi comprendono gli usi civici sulla proprietà privata, le proprietà collettive chiuse, ammesse al godimento delle terre comuni per coloro che non solo vantano la residenza ma anche il vincolo agnatizio, e le proprietà collettive aperte, per le quali è possibile attingere alle risorse naturali della res in favore dei residenti in una determinata zona.

La legge n. 1766 del 1927 – nel confermare le terre collettive – ha previsto un regime unitario che prescinde dalle diverse forme organizzative di proprietà collettive presenti sul territorio italiano.

In particolare, il capo II (artt. da 11 a 26) introduce per le terre collettive un regime vincolistico di indivisibilità, non usucapibilità, inalienabilità, vincolo perpetuo di destinazione agro-silvo-pastorale.

Riguardo a tale ultimo vincolo, esso ha carattere generale, tuttavia la normativa consente alcune deroghe, rendendo possibile la loro alienazione o il loro mutamento di destinazione il che avviene con la cd “classificazione” dell’uso civico.

In proposito, occorre rammentare che l’art. 11 individua due categorie di “terreni convenientemente utilizzabili”:

a) come bosco o come pascolo permanente;

b) per la coltura agraria.

La sclassificazione opera per i beni della categoria a). In questo caso la Regione può autorizzarla in osservanza dei principi della legge quadro statale e, quindi, nel rispetto delle esigenze di valorizzazione del profilo ambientale e produttivo dei beni ad uso civico.

A tal riguardo, l’art. 12 stabilisce che per i terreni indicati alla lett. a) i comuni e le associazioni non potranno, senza l’autorizzazione del Ministero dell’economia nazionale, alienarli o mutarne la destinazione d’uso.

L’art. 41 del r.d. n. 332/1928 – il regolamento attuativo – dispone, più in particolare, che i Comuni e le Associazioni agrarie possono richiedere, ed il Ministro delle politiche agricole e forestali consentire, che a tutte o a parte delle terre sia data una diversa destinazione, quando essa rappresenti un reale beneficio per la generalità degli abitanti, quali l’istituzione di campi sperimentali, vivai e simili. Per tali evenienze, il decreto autorizzativo deve contemplare la clausola della restituzione dei fondi, ove possibile, alla primigenia destinazione allorché venisse a cessare lo scopo per il quale l’autorizzazione era stata accordata. In caso contrario, qualora non sia possibile restituire a tali fondi l’antica destinazione, è compito del Ministro delle politiche agricole e forestali stabilire la nuova finalità.

7.- Sulla base di questi principi quadro e con questi limiti, la Regione può autorizzare la cd. sclassificazione.

Per completezza, riguardo ai terreni indicati alla lett. b) destinati a coltura agraria, l’art. 13 L. n. 1766 del 1927 dispone, invece, la loro ripartizione, secondo un piano tecnico di sistemazione fondiaria e di avviamento colturale, fra le famiglie dei coltivatori diretti del Comune o della frazione, con preferenza per quelle meno abbienti, purché diano affidamento di trarne la maggiore utilità. Gli atti della ripartizione affidati agli istruttori e periti saranno omologati dal commissario e sottoposti ad approvazione. Ciò a dimostrazione che anche per questa seconda categoria di beni ad uso civico, per i quali il legislatore ha mostrato maggiori aperture verso il cambio di destinazione, sussistono tuttavia significative restrizioni funzionali.

8.- L’analisi della normativa sopra indicata lascia dunque intendere che il regime di indisponibilità dei beni della categoria a) (e in senso più limitato anche per quelli della categoria b) può essere derogato solo in casi eccezionali (per terre residue o marginali ovvero inidonee in assoluto ai fini di legge) ovvero, secondo le indicazioni della giurisprudenza, sempreché siano perseguite analoghe finalità di pubblico interesse (parere Cons. St., sez. II, 11 febbraio 1981, n. 1277/79).

E’ tuttavia chiaro che tale normativa, anche quella di rango regolamentare applicativo, assume carattere derogatorio alle regole vincolistiche generali; essa pertanto è soggetta a criteri di interpretazione restrittiva, in ossequio al principio cardine che vede una sostanziale equiparazione degli usi civici ai beni aventi il carattere della demanialità.

9.- Da ciò consegue che la richiesta di autorizzazione al mutamento di destinazione d’uso non è atto astrattamente valutabile. L’Amministrazione regionale deve invece valutare in concreto l’esistenza dei presupposti che giustificano simile mutamento, il quale deve accrescere e non diminuire l’effettivo beneficio per la collettività di riferimento.

Pertanto, l’indagine che in concreto opera la regione va fatta dall’esame dei progetti, tra i quali va estratto quello reputato migliore alla luce di una procedura che non può che rispettare i canoni dell’evidenza pubblica.

E’ per questo che non è assentibile un mutamento di destinazione d’uso sulla sola base delle utilità ricavabili dalla tipologia del nuovo utilizzo, quale può essere la realizzazione, l’esercizio e la gestione di impianti di produzione di energia elettrica alimentati da fonti rinnovabili. Occorre invece un progetto determinato che deve essere valutato con riguardo ai reali risvolti favorevoli che la sua realizzazione può assumere sulla comunità.

Deve dunque concludersi nel senso che l’istanza di autorizzazione al mutamento di destinazione d’uso non può prescindere dal previo espletamento di una gara pubblica, la quale è funzionalmente proiettata a selezionare le migliori modalità di sfruttamento del bene. E’ questa l’unica possibile ed utile contropartita rispetto alla perdita del bene da parte della collettività locale.

10.- Vi è poi un’altra decisiva giustificazione alla base della decisione della Regione di negare il mutamento di destinazione d’uso: la mancata attestazione, nella delibera comunale di proposta, della conformità dell’impianto alle previsioni degli atti di pianificazione territoriale.

I recenti interventi legislativi hanno infatti assoggettato tra l’altro ope legis le aree gravate da usi civici a vincolo ambientale e paesaggistico (cfr. d. lgs. n. 42 del 2004, n. 157 del 2006 e n. 4 del 2008; d.l. 27 giugno 1985, n. 312, convertito con modificazioni dalla L. 8 agosto 1985, n. 431, conosciuta come Legge Galasso).

L’art. 1 del menzionato d.l. 312/1985 riportava un elenco di beni sottoposti a vincolo paesistico, tramite la tecnica legislativa della modifica e dell’inglobamento dell’art. 82 del d.p.r. 24 luglio 1977, n. 616. In tale elenco erano inserite anche le aree assegnate alle Università agrarie e le zone sulle quali insistevano, per l’appunto, “usi civici”. La disposizione nella quale era contemplata la norma citata era inizialmente riposta nel menzionato art. 82, comma 5, lett. h) del d.p.r. 616/1977. La disposizione è stata in seguito inserita all’art. 146, comma 1, lett. h) del d. lgs. 29 ottobre 1999, n. 490, il cui art. 166 ha abrogato l’art. 82, comma 3, e seguenti del menzionato d.p.r. 616/1977. La disposizione è infine confluita nell’art. 142, comma 1, lett. h) del d. lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, il codice dei Beni culturali e del paesaggio, adottato ai sensi dell’art. 10 della legge delega 6 luglio 2002, n. 137.

A sua volta, l’art. 184 del menzionato d. lgs. 42 del 2004 ha abrogato il d. lgs. n. 490 del 1999. Il legislatore nazionale, con la normativa sui beni culturali, ha in definitiva inteso rafforzare la tutela delle aree destinate ad usi civici, introducendo un vincolo paesistico e demandando alle Regione la disciplina di dettaglio. L’inserimento degli usi civici all’interno dei beni paesaggistico-ambientali, beni che godono di investitura e protezione di livello costituzionale, ha segnato la transizione da una tutela del bene legata al collegamento con la comunità d’origine ad una salvaguardia indifferenziata dello stesso, percepito nella sua dimensione collettiva indivisibile ed in quanto tale appartenente potenzialmente all’intera collettività di cittadini; questa è ormai percepita come la potenziale fruitrice dell’area soggetta ad uso civico, intesa quale bene ambientale tutelato di per sé.

In questa prospettiva, , ai fini della concreta destinazione dei beni soggetti ad uso civico e del loro eventuale cambio d’uso, assume valenza centrale il piano paesistico regionale.

Sul punto, si rammenta che il d. lgs. 24 marzo 2006 n. 157 ha apportato alcune modifiche a molti aspetti del testo del d. lgs. 42 del 2004.

L’art. 143 del menzionato d. lgs. 42 del 2004, nella versione originaria, descriveva i contenuti dei piani paesaggistici, la cui approvazione è attribuita alla competenza delle Regioni. Lo Stato conserva tuttavia la funzione di individuare i principi fondamentali dell’assetto del territorio nazionale e di orientamento generale della pianificazione paesaggistica, con particolare riguardo ai valori ambientali. L’art. 145 del codice richiama e conferma la vigenza in tal senso dell’art. 52 del d. lgs. 112 del 31 marzo 1998.

Orbene, il d. lgs 157 del 2006, il primo correttivo del codice dei beni culturali, introduce talune previsioni che attribuiscono un ruolo più ampio alle Regioni e che appaiono più rispondenti al principio di leale collaborazione tra i diversi livelli istituzionali. Ciò, anche per effetto delle pronunce della Corte costituzionale dopo la riforma del titolo V della Costituzione (in particolare, sentenza, 16 giugno 2005 , n. 232).

L’art. 156 del menzionato d. lgs. 42 del 2004 affermava che, entro quattro anni dall’entrata in vigore del codice, le regioni che avevano già predisposto i piani paesistici avrebbero dovuto verificare la conformità tra le disposizioni dei predetti piani e le previsioni dell’art. 143, ed in difetto, provvedere ai necessari adeguamenti. L’art. 24 del menzionato d. lgs. 157 del 2006, che ha sostituito integralmente il richiamato art. 156, conferma la data del 1° maggio 2008 per l’adeguamento dei predetti piani da parte delle Regioni. Precisa inoltre che, decorso inutilmente il termine, il Ministero provvede in via sostitutiva. Ciò comporta che, se da un lato, sono rese più immediate e maggiormente cogenti le intese tra Ministero e Regioni, dall’altra il Ministero assume poteri sostitutivi in caso d’inerzia della Regione, in linea con il riformato art 120, comma 2, della Costituzione, riformata nel 2001.

L’art. 145, comma 3, del d. lgs. 42 del 2004 prescrive esplicitamente che “Le previsioni dei piani paesaggistici di cui agli articoli 143 e 156 non sono derogabili da parte di piani, programmi e progetti nazionali o regionali di sviluppo economico, sono cogenti per gli strumenti urbanistici dei comuni, delle città metropolitane e delle province, sono immediatamente prevalenti sulle disposizioni difformi eventualmente contenute negli strumenti urbanistici stabiliscono norme di salvaguardia applicabili in attesa dell’adeguamento degli strumenti urbanistici e sono altresì vincolanti per gli interventi settoriali. Per quanto attiene alla tutela del paesaggio, le disposizioni dei piani paesaggistici sono comunque prevalenti sulle disposizioni contenute negli atti di pianificazione, ad incidenza territoriale previsti dalle normative di settore, ivi compresi quelli degli enti gestori delle aree naturali protette”. Il comma 4 impone poi ai comuni di adeguare gli strumenti urbanistici alle disposizioni del piano paesaggistico entro un massimo di due anni dall’approvazione di quest’ultimo. Queste disposizioni sono state confermate dal decreto correttivo, il menzionato d. lgs. 157 del 2006.

L’art. 146 del d. lgs. 42 del 2004 – modificato dal d. lgs. 157 del 2006 riguardo a taluni aspetti procedurali – disciplina le autorizzazioni, di competenza del Ministero o delle Regioni, per gli interventi nelle aree sottoposte a vincolo paesaggistico, per legge o per piano paesaggistico. Sul punto si rammenta incidentalmente che la legge 8 agosto 1985, n. 431 introdusse nell’elenco delle aree tutelate per legge anche gli usi civici.

Con queste premesse normative, appare quindi chiaro che laddove non sia intervenuto un apposito piano paesaggistico regionale a disciplinare la materia, graduando quindi le fasce di tutela e gli interventi possibili, non è possibile alcun intervento modificativo sulle aree elencate – tra le quali rientrano anche le zone gravate da usi civici, a meno che non vi sia la preventiva autorizzazione imposta dall’art. 146 d. lgs. 42 del 2004.

11.- Nella fattispecie in esame, il decreto dirigenziale n. 130 del 6.6.2008 chiarisce espressamente che “l’autorizzazione a costruire di cui al presente atto, limitatamente alle opere ricadenti nella particella n. 1 del foglio 17 del Catasto comunale di Contursi Terme, in considerazione della circostanza che la medesima particella risulta gravata dal vincolo di ‘uso civico’ è subordinata alla positiva conclusione della procedura attivata dalla competente struttura per il cambio di destinazione d’uso dell’area stessa…”.

Non a caso, la Convenzione tra il Comune di Contursi Terme e l’AceaEletrabel per la realizzazione di una centrale eolica, rammenta che “…i diritti di cui in oggetto sono costituiti sotto riserva dei diritti di uso civico…”.

12.- Alla luce di quanto sopra, il ricorso ed i relativi motivi aggiunti, in quanto infondati vanno respinti.

L’infondatezza del ricorso non dà spazio alla richiesta di risarcimento del danno che appare altrettanto infondata. Sul punto va solo aggiunto che il regime di inalienabilità, incommerciabilità, inusucapibilità e non espropriabilità dei beni di uso civico – salvo il caso di loro cessione autorizzata ai sensi dell’art. 12 L. n. 1766 del 1927 – esclude che in capo alla società ricorrente si sia incardinato un legittimo affidamento a conseguire una situazione di vantaggio tesa alle possibilità di sfruttamento del bene di uso civico in argomento.

Le spese attesa la particolarità della questione possono essere ugualmente compensate.

P.Q.M.

definitivamente pronunciando sul ricorso R.G. n. 1514 del 2010 e sui relativi motivi aggiunti, come in epigrafe proposti, li respinge.

Compensa integralmente le spese tra le parti costituite.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Salerno nella camera di consiglio del giorno 20 ottobre 2011 con l’intervento dei magistrati:

Antonio Onorato, Presidente
Giovanni Grasso, Consigliere
Gianmario Palliggiano, Primo Referendario, Estensore

L’ESTENSORE

IL PRESIDENTE
 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 06/02/2012
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
 

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