* VIA, VAS E AIA – Giudizio di valutazione ambientale – Discrezionalità dell’amministrazione – Funzione di indirizzo politico-amministrativo – Bilanciamento dei contrapposti interessi – RIFIUTI – Criteri di priorità nella gestione dei rifiuti – Artt. 179-181 d.lgs. n. 152/2006 – Rifiuti in gomma utilizzati come combustibile – Positiva valutazione di impatto ambientale – INQUINAMENTO ATMOSFERICO – Regione Emilia Romagna – Accordo di Programma per la gestione della qualità dell’aria – Riferimento al singolo impianto produttivo in sede di A.I.A. – Impianto preesistente – Cementifici che coinceneriscono rifiuti – Limiti di emissione previsti per i combustibili alternativi – Direttiva 75/2010.
Provvedimento: Sentenza
Sezione: 1^
Regione: Emilia Romagna
Città: Parma
Data di pubblicazione: 30 Giugno 2016
Numero: 218
Data di udienza: 8 Giugno 2016
Presidente: Conti
Estensore: Verlengia
Premassima
* VIA, VAS E AIA – Giudizio di valutazione ambientale – Discrezionalità dell’amministrazione – Funzione di indirizzo politico-amministrativo – Bilanciamento dei contrapposti interessi – RIFIUTI – Criteri di priorità nella gestione dei rifiuti – Artt. 179-181 d.lgs. n. 152/2006 – Rifiuti in gomma utilizzati come combustibile – Positiva valutazione di impatto ambientale – INQUINAMENTO ATMOSFERICO – Regione Emilia Romagna – Accordo di Programma per la gestione della qualità dell’aria – Riferimento al singolo impianto produttivo in sede di A.I.A. – Impianto preesistente – Cementifici che coinceneriscono rifiuti – Limiti di emissione previsti per i combustibili alternativi – Direttiva 75/2010.
Massima
TAR EMILIA ROMAGNA, Parma, Sez. 1^ – 30 giugno 2016, n. 218
VIA, VAS E AIA – Giudizio di valutazione ambientale – Discrezionalità dell’amministrazione – Funzione di indirizzo politico-amministrativo – Bilanciamento dei contrapposti interessi.
L’amministrazione, nel rendere il giudizio di valutazione ambientale, esercita un’amplissima discrezionalità che non si esaurisce in un mero giudizio tecnico, in quanto tale suscettibile di verificazione tout court sulla base di oggettivi criteri di misurazione, ma presenta al contempo profili particolarmente intensi di discrezionalità amministrativa e istituzionale in relazione all’apprezzamento degli interessi pubblici e privati coinvolti, con conseguenti limiti al sindacato giurisdizionale sulla determinazione finale emessa (cfr. Cons. Stato, sez. V, 27 marzo 2013, n. 1783). La valutazione di impatto ambientale non è perciò un mero atto (tecnico) di gestione ovvero di amministrazione in senso stretto, trattandosi piuttosto di un provvedimento con cui viene esercitata una vera e propria funzione di indirizzo politico – amministrativo con particolare riferimento al corretto uso del territorio (in senso ampio), attraverso la cura ed il bilanciamento della molteplicità dei (contrapposti) interessi pubblici (urbanistici, naturalistici, paesistici, nonché di sviluppo economico – sociale) e privati (così Tar Lazio, Sez. III, 02107/2016).
RIFIUTI – VIA, VAS E AIA – Criteri di priorità nella gestione dei rifiuti – Artt. 179-181 d.lgs. n. 152/2006 – Rifiuti in gomma utilizzati come combustibile – Positiva valutazione di impatto ambientale.
La priorità del riciclaggio degli pneumatici, con precedenza rispetto al loro utilizzo come combustibile, non può essere considerata in senso assoluto come idonea ad inficiare la legittimità della valutazione di impatto ambientale. I criteri di priorità nella gestione dei rifiuti, di cui agli artt. 179, 180 e 181 del d.lgs. n. 152/2006, da tenere in conto ove si tratti di promuovere iniziative volte a ridurre la produzione di rifiuti, non viziano infatti la positiva valutazione di impatto ambientale di un cementificio che sia in grado di aumentare, nel suo mix di combustibile, la quota di rifiuti di gomma, trattandosi di rifiuti che il mercato non può altrimenti assorbire per il riciclaggio della gomma, e comunque la normativa europea riconosce all’utilizzo dei rifiuti come combustibile la miglior tecnica disponibile.
INQUINAMENTO ATMOSFERICO – Regione Emilia Romagna – Accordo di Programma per la gestione della qualità dell’aria – Riferimento al singolo impianto produttivo in sede di A.I.A. – Impianto preesistente – Cementifici che coinceneriscono rifiuti – Limiti di emissione previsti per i combustibili alternativi – Direttiva 75/2010.
Le percentuali di riduzione delle emissioni di determinati inquinanti, previsti dall’ Accordo di Programma 2012-2015 per la gestione della qualità dell’aria, approvato con DGR Emilia Romagna 988/2012, data la pluralità delle fonti di inquinamento, non possono automaticamente riferirsi al singolo impianto produttivo in sede di A.I.A.. Fermi restando gli impegni e le azioni per ridurre le emissioni, il principio di cautela non può arrivare a negare l’Autorizzazione Integrata Ambientale ad una modifica del mix di carburanti, utilizzati da una impresa preesistente, laddove il progetto rispetta le misure e le prescrizioni imposte dalle norme cogenti e la valutazione discrezionale non appare affetta da manifesta illogica. Sarebbe invece illegittima l’applicazione, ai combustibili alternativi dei limiti di emissione previsti per i combustibili convenzionali, atteso che è lo stesso legislatore europeo ad avere previsto valori diversi per le diverse tipologie di combustibile, in ragione delle specificità che li caratterizzano e ciò è avvalorato dalla Direttiva 75/2010,ove fissa valori specifici e distinti, a seconda della tipologia di combustibile, anche per gli impianti di produzione di cemento che coinceneriscono rifiuti.
Pres. Conti, Est. Verlengia – Genitori antismog aps e altri (avv. Fantigrossi) c. Provincia di Piacenza (avv.ti Cella e Pisano) e altri (n.c.)
Allegato
Titolo Completo
TAR EMILIA ROMAGNA, Parma, Sez. 1^ - 30 giugno 2016, n. 218SENTENZA
TAR EMILIA ROMAGNA, Parma, Sez. 1^ – 30 giugno 2016, n. 218
N. 00218/2016 REG.PROV.COLL.
N. 00064/2014 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Emilia Romagna
sezione staccata di Parma (Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 64 del 2014, integrato da motivi aggiunti, proposto da:
Genitori Antismog Aps, Legambiente Associazione Onlus, sigg.ri Nadia Marazzoli, Maria Cristina Tagliaferri, Simone Milani, Cristina Ruggi, Andrea Azzalin, Annamaria Parrotta, Giovanni Zavattoni, Massimiliano Groppi, Nicola Clementi, Marco Dadà, Pierluigi Rivaldi, Andrea Bernazzani, Rita Messori, Vittorio Melandri, Roberto Dadà, Tiziana Portuese, Massimiliano Dadda, Marta Gaggero, Gianmarco Rancati, Matteo Gotti, Camilla Trasciatti, Vittorio Vezzulli, Antonio Orsi, Giancarlo Baldini, Lorena Ponzini, ShazimonGepeli, Daniele Antonacci, Graziano Ponzini, Fiorenza Spada, Lorenzo Bersani, Nicola Campanini, Nadia Merli, Elena Orsi, Monica Cerri, Michele Balordi, Francesca Ponzini, Matteo Minnone, Milena Gatti, Camilla Dresda, Adele Contini, Giulia Dresda, Adriana Gatti, rappresentati e difesi dall’avv. Umberto Fantigrossi, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Valter Coppelli in Parma, borgo del Carbone 5;
contro
Provincia di Piacenza, rappresentata e difesa dagli avv.ti Antonino Cella e Barbara Pisano, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Barbara Pisano in Parma, viale Fratti, 7;
Comune di Piacenza, Agenzia Regionale Protezione Ambiente (Arpa) – Emilia Romagna;
nei confronti di
Industria Cementi Rossi Spa, rappresentata e difesa dagli avv.ti Claudio Vivani, Paolo Michiara, Elisa Sulcis, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Paolo Michiara in Parma, borgo Antini 3;
per l’annullamento
della deliberazione della Giunta Provinciale di Piacenza n.226 del 15/11/2013, recante “valutazione di impatto ambientale e modifica sostanziale della A.I.A. relativa all’incremento della quantità dei rifiuti oggetto di recupero per apporto di energia”, relativa all’impianto per la produzione di cemento sito in Piacenza, Via Caorsana n.14;
nonché, con proposizione di motivi aggiunti, per l’annullamento
– della deliberazione della Giunta Provinciale di Piacenza n.211 del 05/02/2014, recante “rinnovo con modifica non sostanziale dell’A.I.A. D.D. n.2107 del 29/10/2007 per l’attività di produzione clinker in forni rotativi (punto 3.1 dell’allegato VIII alla parte seconda del D.lgs. 152/2006)” relativa all’impianto per la produzione di cemento Industria Cementi Giovanni Rossi S.p.A., sito in Piacenza, Via Caorsana n.14;
– della deliberazione della Giunta Provinciale di Piacenza n.1462 del 22/07/2014, recante “modifica sostanziale dell’A.I.A. relativa alle emissioni in atmosfera (quadro sinottico di cui al punto D2.3A)”, relativa all’impianto per la produzione di cemento Industria Cementi Giovanni Rossi S.p.A., sito in Piacenza, Via Caorsana n.14;
– di ogni altro atto preordinato, conseguente e connesso e, per quanto occorra,di ogni parere eventualmente acquisito e reso nel corso del procedimento e delle risultanze delle conferenze di servizio intervenute.
Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Provincia di Piacenza e di Industria Cementi Rossi Spa;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 8 giugno 2016 il cons. Anna Maria Verlengia e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con ricorso, notificato il 4 febbraio 2014 e depositato il successivo 27 febbraio, i ricorrenti impugnano il provvedimento n. 226 del 15 novembre 2013 con il quale la Giunta Provinciale di Piacenza rilascia la “valutazione di impatto ambientale e modifica sostanziale della A.I.A. (Autorizzazione Integrata Ambientale, d’ora in poi A.I.A.) relativa all’incremento della quantità dei rifiuti oggetto di recupero per apporto di energia” nell’impianto per la produzione di cemento sito in Piacenza, Via Caorsana n. 14.
Espongono i ricorrenti che con tale provvedimento, preordinato alla modifica della autorizzazione ambientale integrata, risulterebbe autorizzato l’utilizzo di 60.000 tonnellate per anno di pneumatici triturati ed altri rifiuti di plastica, quale combustibile alternativo, presso l’impianto per la produzione di cemento di proprietà dell’Industria Cementi Giovanni Rossi s.p.a.
Rappresentano altresì che:
– la gravata VIA si rendeva necessaria in quanto la precedente autorizzazione prevedeva un quantitativo massimo di combustibile alternativo di 33.000 ton/anno;
– il rapporto sull’impatto ambientale presentato dalla società si limita ad affermare che manca “evidenza di una proporzionale significativa correlazione dei valori delle emissioni con i quantitativi di combustibile alternativo utilizzato”;
– l’istruttoria sul punto è risultata carente, non essendo la suddetta circostanza stata sottoposta a verifica, con particolare riguardo alla collocazione del cementificio in zona densamente popolata e a poche centinaia di metri dal centro cittadino, alla situazione della qualità dell’aria nella zona in questione, benché il Documento preliminare del Piano Regionale Integrato per la qualità dell’aria” (PAIR 2020), approvato con la delibera di Giunta regionale n. 949 dell’8 luglio 2013, affermi la necessità di “attuare tutte le misure necessarie al fine di rientrare nei valori limite di qualità dell’aria stabiliti dalla Direttiva Europea 2008/50/CE e recepiti dal Decreto legislativo n. 155/2010″ e le reiterate ordinanze sindacali con le quali si limita la circolazione veicolare per far fronte al superamento delle soglie di rischio;
– in base al Protocollo d’Intesa tra la Cementirossi e la città di Piacenza l’azienda si è impegnata a limitare le emissioni e ad individuare nuovi e più efficaci sistemi di abbattimento degli inquinanti, e ciò dovrebbe comportare, secondo i ricorrenti, l’utilizzo di combustibili meno inquinanti, quali il gas naturale, mentre i rifiuti dovrebbero essere reimpiegati in processi produttivi con minore impatto sull’ambiente e la salute.
Fatte tali premesse, i ricorrenti articolano i seguenti motivi di gravame:
1) violazione e falsa applicazione degli artt. 1, comma 1, 3 della Legge n. 241 del 1990; dell’art. 3, comma 3 e 6 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea; degli artt. 35 e 37 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea; degli artt. 2, 32 e 41 Cost.; degli artt. 3 bis, 3 ter e 3 quater, 4, comma 4, lett. b) del d.lgs. n. 152/2006; dell’art. 1 della l.r. n. 9/1999; eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione; illogicità ed ingiustizia manifesta, in quanto la Valutazione di Impatto Ambientale, la cui finalità è la tutela della salute e dell’ambiente, secondo i principi della precauzione e dell’azione preventiva e attraverso l’indicazione delle misure per minimizzare o eliminare gli impatti negativi, non corrisponde ai principi ed alle norme richiamate ove non contempli una approfondita istruttoria che tenga conto del contesto ambientale nel quale si colloca l’impianto ed individui misure idonee a migliorare le criticità. Secondo i ricorrenti dagli atti del procedimento emergerebbero gravi carenze istruttorie sui profili sanitari, sullo stato attuale della qualità dell’aria, sugli interventi migliorativi da adottare mediante utilizzo di combustibili diversi dai rifiuti e tenuto conto del costante superamento dei livelli di sicurezza delle emissioni inquinanti nell’area coinvolta dall’intervento gravato;
2) violazione e falsa applicazione (sotto altro profilo) degli artt. 1, comma 1, e 3 della Legge n. 241 del 1990; artt. 23 e 24 della Direttiva 2008/50/CE; violazione e falsa applicazione dell’art. 191 del Trattato UE e degli artt. 179, 180, 180-bis e 228 del d.lgs. n. 152/2006; violazione del principio di programmazione; eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione (sotto altro profilo) e contraddittorietà. Secondo i ricorrenti sarebbe altresì mancata una verifica della conformità dell’intervento ai piani di settore vigenti, al Protocollo d’Intesa vigente, sottoscritto dalla impresa con il comune di Piacenza, come imposto dagli artt. 23 e 24 della direttiva 2008/50/CE, nella parte in cui prevedono la predisposizione di “piani per la qualità dell’aria” e di “piani d’azione a breve termine”, contenenti gli interventi da porre in essere per scongiurare il rischio di superamento dei valori limite. In particolare i ricorrenti evidenziano che il vigente Piano provinciale di risanamento della qualità dell’aria, approvato con D.C.P. n. 77 del 15 ottobre 2007, che classifica il territorio del Comune di Piacenza come “agglomerato – Porzione di zona A dove è particolarmente alto il rischio di superamento del valore limite e/o delle soglie di allarme”, prevede, entro i prossimi 5 anni, una riduzione significativa (fino al 32% per far rientrare i superamenti giornalieri) delle emissioni e delle conseguenti concentrazioni in aria innanzitutto degli inquinanti ritenuti attualmente critici: PM10, NOx, COV, e, in secondo luogo, di tutti gli altri inquinanti nocivi alla salute e all’ambiente. Inoltre, trattandosi di rifiuti, risulterebbe violata anche la regola che imporrebbe la scelta di utilizzare i rifiuti come “materia seconda”, anziché come combustibile, in quanto ritenuta quella con un minore impatto sulla produzione di emissioni (secondo il criterio di “gerarchia” nelle metodiche di utilizzo e trattamento dei rifiuti, posto per la prima volta nella Direttiva del Consiglio 91/156/CEE del 18 marzo 1991 e recepito dal D.lgs. 152/2006, artt. 179 e 180 -180-bis), in conformità a quanto riportato nello specifico strumento di piano, approvato con delibera del Consiglio Provinciale n. 98 del 22 novembre 2004;
3) eccesso di potere per errore sui presupposti, difetto di istruttoria e di motivazione; violazione e falsa applicazione dell’art. 216 del R.D. 27 luglio 1934 n. 1265 e della Decisione della Commissione Europea 26 marzo 2013 in materia di B.A.T. dei cementifici, in quanto i limiti delle emissioni stabiliti nella Delibera del 15/11/2013, qui impugnata, non fanno riferimento alle migliori tecniche disponibili ovvero alle c.d. B.A.T. , di cui alla Decisione della Commissione europea del 26/3/2013, ma li superano con riferimento agli ossidi di azoto (NOx) e agli ossidi di zolfo (SO2). Anche con riguardo al valore limite per le diossine, la conferma del limite, fissato nella precedente autorizzazione A.I.A. D.D. 29/10/2007 n. 2107, non si conforma alla indicazione di limitazione dell’inquinamento, laddove l’intervallo tra 0,05 e 0,1 ng/Nm3, imposto dalla normativa europea, viene osservato nel valore massimo. Inoltre, risulterebbe inadeguato anche il limite di 0,8 per la media dei 4 controlli trimestrali, anziché sul singolo controllo, atteso che la sopra citata Decisione della Commissione non fa riferimento alla media di più controlli, ma si riferisce al singolo controllo.
I ricorrenti formulano, altresì, richiesta di consulenza tecnica d’ufficio al fine di ottenere una valutazione di un perito in merito alla completezza dell’istruttoria ed alla idoneità delle valutazioni compiute anche alla luce delle migliori tecnologie disponibili sul mercato e delle cautele adottabili per la minimizzazione delle emissioni.
Il 21 marzo 2014 si è costituita la controinteressata Industria Cementi Rossi spa, depositando documenti.
Il 5 aprile 2014 si è costituita con atto formale la Provincia di Piacenza.
Il 5 giugno 2015 i ricorrenti hanno depositato motivi aggiunti avverso la deliberazione della Giunta Provinciale di Piacenza n. 211 del 5/2/2014, recante “rinnovo con modifica non sostanziale dell’A.I.A. D.D. n. 2107 del 29/10/2007 per l’attività di produzione clinker in forni rotativi relativa all’impianto per la produzione di cemento della controinteressata Industria Cementi Giovanni Rossi S.p.a., e la deliberazione della Giunta Provinciale di Piacenza n. 1462 del 22/7/2014, recante “modifica non sostanziale dell’A.I.A. relativa alle emissioni in atmosfera” del suddetto impianto.
I ricorrenti deducono l’illegittimità delle menzionate delibere sia in via derivata dalla illegittimità della VIA impugnata con il ricorso principale che per vizi autonomi, denunciando, con un unico articolato motivo, la violazione e falsa applicazione degli artt. 32 e 41, comma 2, Cost., dell’art. 2, co. 1, e 3-ter del d.lgs. 152/2006, dell’art. 216, comma 5, R.D. 1265/1934, della Direttiva n. 1999/30/CE e della Direttiva 2008/50/CE, degli artt. 1, 5, 9, 10 e 13 del d.lgs. 155/2010, dell’Accordo di Programma 2012-2015 “Per la gestione della qualità dell’aria e per il progressivo allineamento ai valori fissati dalla UE” fra Regione Emilia Romagna, Province, Comuni Capoluogo e Comuni superiori a 50.000 abitanti, del Piano Aria Integrato Regionale (PAIR 2020) e del Progetto Preliminare, eccesso di potere per manifesta contraddittorietà, illogicità, carenza di motivazione.
Le delibere impugnate con i motivi aggiunti risulterebbero adottate, secondo i ricorrenti, in violazione degli obblighi assunti dalla Provincia con l’Accordo di Programma 2012-2015 “Per la gestione della qualità dell’aria e per il progressivo allineamento ai valori fissati dalla UE”, approvato con DGR 988/2012, con il quale si impegnava a riportare i livelli di PM10 e N02 entro i limiti di legge e a confermare o implementare tutti quegli interventi strutturali di mobilità sostenibile e di miglioramento della qualità dell’aria già attivati con precedenti accordi. Ciò risulterebbe evidente dalla immotivata deroga al limite di cui al d.lgs. 133/05 per i SO2 e i COT, laddove il Piano Integrato Regionale prescrive la riduzione rispetto ai valori emissivi del 2010 (riduzione al 2020 del 47% per le emissioni di PM10; del 36% degli ossidi di azoto (NOx); del 27% dell’ammoniaca (NH3) e degli organici volatili (COV)).
I ricorrenti reiterano la domanda cautelare e le richieste istruttorie di CTU.
Con memoria depositata il 2 luglio 2015 la Provincia resiste nel merito delle doglianze dei ricorrenti.
Il 6 luglio 2015 la controinteressata Industria Cementi Giovanni Rossi controdeduce nel merito ed eccepisce, altresì, l’inammissibilità del ricorso per motivi aggiunti e del ricorso principale, per tardiva impugnazione delle delibere recanti la nuova Autorizzazione Integrata e la modifica non sostanziale della stessa, per insussistenza della legittimazione attiva e dell’interesse al ricorso.
Alla Camera di Consiglio del 9 luglio 2015 – fissata per la discussione della richiesta misura cautelare – i ricorrenti rinunciano a quest’ultima.
Con memoria depositata il 7 maggio 2016, oltre a reiterare gli argomenti a sostegno della infondatezza del gravame, la Provincia eccepisce la tardività della proposizione dei motivi aggiunti e la conseguente inammissibilità del ricorso avverso la VIA impugnata con il ricorso introduttivo.
Seguono ulteriori repliche con le quali le parti insistono nelle rispettive argomentazioni.
Alla pubblica udienza dell’8 giugno 2016 i difensori presenti insistono nelle rispettive difese e mandano in decisione il ricorso.
DIRITTO
Il ricorso è infondato e ciò esime il Collegio dallo scrutinio delle eccezioni in rito proposte dalla Provincia di Piacenza e dalla controinteressata Industria Cementi.
Con il primo motivo viene dedotta la carenza istruttoria della valutazione di impatto ambientale, assumendosi che non si sarebbe tenuto conto della ubicazione dell’impianto, del possibile impatto, derivante dalla modifica del quantitativo di combustibile alternativo (da 30.000 a 60.000 tonnellate all’anno) rappresentato da pneumatici fuori uso, sulla salute, sulle condizioni dell’aria e sugli interventi migliorativi da adottare.
Il motivo è infondato.
I rilievi contenuti nel sopra esposto motivo sono stati anche evidenziati dalle osservazioni proposte da Legambiente ai sensi dell’art. 25 d.lgs. 152/2006 e dell’art. 16 della legge regionale 9/99 e fatte oggetto, già nel corso del procedimento, di puntuali valutazioni e controdeduzioni, come si evince dalla lettura dell’Allegato 1 al verbale della Conferenza di Servizi del 6 novembre 2013.
Con riguardo alla localizzazione dell’impianto, non risulta smentita la circostanza che lo stesso si trovi in area a destinazione industriale (zona classificata “Tessuto Produttivo” ed in parte minore quale “servizi di quartiere” dalla Variante Generale al PRG approvata con deliberazione di G.P. n. 127/2001 – fascia “C” di esondazione del fiume) e che non si tratti di nuovo impianto, ma di un cementificio che utilizza il combustibile per cui è causa fin dal 2007.
Ne consegue che il profilo da valutare, per il rilascio della VIA, nella circostanza in esame, doveva limitarsi all’impatto sulla qualità dell’aria dell’aumento richiesto nella quantità di combustibile utilizzato, originariamente 75.000 ton/anno, poi ridotte a 60.000 a regime (dal terzo anno).
Dalla lettura del verbale della Conferenza di Servizi del 6 novembre 2013 (da p. 3 a p. 7) si ricava la valutazione dello stato attuale dell’aria con riguardo a tutti gli emissivi inquinanti in base al rapporto di impatto ambientale, in conseguenza della quale vengono imposte riduzioni progressive dei limiti emissivi per gli inquinanti più significativi, oltre ad altre prescrizioni quali la possibilità di utilizzare i combustibili alternativi solo con impianto a regime, e ciò in considerazione del positivo effetto delle alte temperature dei forni sulla riduzione delle emissioni inquinanti.
Nelle considerazioni conclusive della conferenza si legge infine che “dall’esame dei dati relativi alle emissioni riferiti agli ultimi anni, non emerge evidenza di una positiva e significativa correlazione con i quantitativi di combustibile alternativo utilizzato. L’utilizzo di rifiuti, costituiti da pneumatici e plastiche, nel processo per la produzione di energia, comporta peraltro una riduzione delle emissioni di CO2 in quanto i combustibili alternativi presentano un rapporto carbonio/idrogeno sempre inferiore rispetto a quello dei combustibili convenzionali, nonché un elevato contenuto di biomasse (neutro ai fini della CO2)”.
Il verbale della deliberazione riporta, altresì, una considerazione in ordine all’aumento del traffico indotto e sulle relative emissioni che viene giudicato trascurabile e, tuttavia, viene disposta, tra le prescrizioni, in accoglimento di una delle osservazioni proposte, che detto traffico non debba interessare la via del Capitolo.
L’attenzione alla quantità e qualità delle emissioni si ricava, poi, anche dalle prescrizioni ed indicazioni contenute nella delibera impugnata che vanno: dall’adozione di misure compensative, quali la realizzazione di un’area a verde, alberata e recintata, al versamento di una somma per studi e monitoraggi della qualità dell’aria, dall’autorizzazione graduale dell’aumento del combustibile alternativo (solo fino a 43.000 il primo anno) alla presentazione annuale dei dati relativi al monitoraggio della CO2 che mettano in evidenza il risparmio conseguito rispetto al mix di combustibili precedentemente utilizzato, oltre a diverse ulteriori prescrizioni di dettaglio sulla riduzione progressiva dei limiti emissivi per gli inquinanti più significativi e, comunque, in ottemperanza ai tempi di adeguamento alla direttiva 2010/75/UE.
A ciò si aggiunga che la gravata VIA impone limiti più bassi alle emissioni inquinanti rispetto alla precedente autorizzazione per quanto riguarda SO2 mg./Nm3, ove aggiunge il limite medio annuo di 200, NOx con riduzione da 800 a 500 a far data dal 1/1/2015, ed introduce limiti giornalieri, circostanza che emerge dal confronto con l’Autorizzazione del 2007 (vedi doc. 7 della Provincia p. 125 e p. 119 della Det. Dirigenziale 2107/2007).
La giurisprudenza è consolidata nel ritenere che “il giudizio di compatibilità ambientale è reso sulla base di oggettivi criteri di misurazione e attraversato da profili particolarmente intensi di discrezionalità amministrativa sul piano dell’apprezzamento degli interessi pubblici in rilievo e della loro ponderazione rispetto all’interesse dell’esecuzione dell’opera; apprezzamento che è sindacabile dal Giudice Amministrativo soltanto in ipotesi di manifesta illogicità o travisamento dei fatti, nel caso in cui l’istruttoria sia mancata o sia stata svolta in modo inadeguato e risulti perciò evidente lo sconfinamento del potere discrezionale riconosciuto all’Amministrazione (d.lgs. n. 152/2006, Codice dell’ambiente)” (così, ex multis, Cons. Stato Sez. V, 31-03-2016, n. 1274, conf. T.a.r. Toscana, Firenze, sez. II, n. 287/2015).
L’amministrazione, nel rendere il giudizio di valutazione ambientale, esercita un’amplissima discrezionalità che non si esaurisce in un mero giudizio tecnico, in quanto tale suscettibile di verificazione tout court sulla base di oggettivi criteri di misurazione, ma presenta al contempo profili particolarmente intensi di discrezionalità amministrativa e istituzionale in relazione all’apprezzamento degli interessi pubblici e privati coinvolti, con conseguenti limiti al sindacato giurisdizionale sulla determinazione finale emessa (cfr. Cons. Stato, sez. V, 27 marzo 2013, n. 1783).
La valutazione di impatto ambientale non è perciò un mero atto (tecnico) di gestione ovvero di amministrazione in senso stretto, trattandosi piuttosto di un provvedimento con cui viene esercitata una vera e propria funzione di indirizzo politico – amministrativo con particolare riferimento al corretto uso del territorio (in senso ampio), attraverso la cura ed il bilanciamento della molteplicità dei (contrapposti) interessi pubblici (urbanistici, naturalistici, paesistici, nonché di sviluppo economico – sociale) e privati (così Tar Lazio, Sez. III, 02107/2016).
Per quanto sopra osservato, le gravi carenze istruttorie rilevate dai ricorrenti non trovano riscontro negli atti del procedimento, essendo, peraltro, configurate sulla base di valutazioni che impingono nel merito, in quanto ciò che si contesta al provvedimento impugnato è non avere adottato la cd. opzione zero, sull’indimostrato, ma comunque irrilevante, assunto che solo l’utilizzo di combustibili convenzionali, quali il gas naturale, avrebbe potuto ridurre le emissioni inquinanti dell’impianto.
Tale opzione, nel caso di specie, appare priva di adeguato supporto alla luce delle seguenti considerazioni, le quali, lungi dall’essere esaustive, sono comunque indicative di un ponderato bilanciamento degli interessi coinvolti dal progetto di intervento e a favore della sua positiva valutazione:
– le modifiche proposte (aumento di combustibile alternativo) consentono il recupero energetico dei rifiuti che secondo la Decisione della Commissione UE del 26/03/2013, n. 2013/163/UE, che stabilisce le conclusioni sulle migliori tecniche disponibili (BAT) per il cemento, la calce e l’ossido di magnesio, ai sensi della direttiva 2010/75/UE del Parlamento europeo e del Consiglio relativa alle emissioni industriali, al punto (1.2.4) prevede che “(d)iversi tipi di rifiuti possono sostituire le materie prime e/o i combustibili fossili nell’industria di produzione del cemento, contribuendo in tal modo al risparmio di risorse naturali”;
– i dati forniti dall’impresa e rielaborati dall’ARPA confermano che non si evidenziano “sostanziali variazioni nelle emissioni di COT, HF, microinquinanti metalli pesanti, IPA e diossine”;
– l’utilizzo di rifiuti come apporto di energia comporta una riduzione delle emissioni di CO2 (v. p. 6 del verbale della Conferenza di Servizi del 6 novembre 2013);
– l’impianto applica diverse tecniche di abbattimento delle emissioni, opera con il combustibile alternativo, qui contestato, dal 2007 e l’esame dei dati relativi alle emissioni degli ultimi anni hanno evidenziato valori abbondantemente sotto i limiti imposti con l’atto autorizzativo, grazie anche al controllo delle temperature di esercizio dell’impianto e ai tempi di permanenza che incidono sulla formazione di inquinanti come le diossine e i furani;
– il progetto contempla interventi compensativi;
– il piano di monitoraggio sui combustibili solidi alternativi, inserito nell’autorizzazione unica ambientale, prevede positive modifiche che implicheranno un aumento della frequenza dei controlli da parte di ARPA e degli autocontrolli sui combustibili alternativi (vedi BAT sopra citata al punto1.2.4.1).
L’utilizzo di rifiuti, quale combustibile alternativo, depone a favore della meritevolezza del progetto, ove, come nel caso di specie, lo stesso garantisca il monitoraggio dell’emissioni ed il rispetto dei limiti imposti dalla normativa di settore, per quanto si vedrà nello scrutinio delle successive censure.
Né risulta confermata, come asseriscono i ricorrenti, la mancata valutazione degli interventi migliorativi sull’abbattimento delle sostanze inquinanti, risultando dal rapporto di impatto ambientale che l’impianto già utilizza varie tecniche di abbattimento degli ossidi di azoto. A ciò si aggiungano le caratteristiche dei forni di produzione del clinker che neutralizzerebbero gran parte dei composti acidi dei fumi, funzionamento che spiegherebbe l’irrilevanza tra i valori delle emissioni e la tipologia o quantitativi di combustibile (vedi verbale del 6 novembre 2013 p. 5).
Nel rapporto 2014 dell’ARPA (v. p. 45) si legge, a conferma di un trend positivo delle condizioni dell’aria, che nel 2014 la percentuale di giorni con qualità dell’aria buona o accettabile è stata pari all’80%, con un sensibile miglioramento rispetto alle percentuali (68%) dell’anno precedente.
Il primo motivo va quindi respinto, poiché infondato.
Con il secondo motivo i ricorrenti si dolgono della asserita mancata verifica di conformità ai piani di settore vigenti.
Anche questo motivo non è fondato.
Al punto 2.5 del Rapporto Ambientale si leggono le valutazioni in merito all’analisi dei piani e dei programmi che compongono il quadro di riferimento programmatico, evidenziando che, “stante la presenza della fascia “C” di esondazione del fiume, le opere in oggetto rientrano fra quelle oggetto di deroga in quanto operazione di recupero a servizio di un’attività industriale esistente. L’intervento, inoltre, non comporta aumenti degli stoccaggi esistenti né nuove strutture”.
Per quanto riguarda più specificatamente il Piano provinciale di Tutela della Qualità dell’aria (approvato con DCP 77 del 15/10/2007), atteso che il territorio del Comune di Piacenza è classificato come “agglomerato – Porzione di zona A dove è particolarmente alto il rischio di superamento del valore limite e/o delle soglie di allarme”, la prescrizione prevede la necessità di predisporre piani di azione a breve termine per la diminuzione di tale rischio.
La previsione non risulta avere un impatto diretto sulla gravata VIA, trattandosi di norma programmatica che impone la predisposizione di piani di azione a breve termine e quindi inidonea a viziare il provvedimento sub judice, non venendo in evidenza prescrizioni che vieterebbero la modifica di cui si discute.
La delibera impugnata, peraltro, risulta conformarsi, per quanto possibile, alla indicazione ricavabile dal Piano, laddove ha imposto limiti alle emissioni, anche ove non richiesti dalla normativa nazionale e comunitaria, alla loro riduzione rispetto a quelli operanti in forza della precedente autorizzazione, ed altre misure di cautela tra le quali quelle rappresentate dai monitoraggi periodici e dagli autocontrolli sulla qualità del combustibile alternativo utilizzato, nonché le misure di compensazione sopra menzionate. L’impresa della cui VIA si discute risulta, inoltre, avere stipulato il 19 dicembre 2014 un nuovo protocollo (all. n. 12 della documentazione depositata dalla Provincia) con il Comune, che prevede ulteriori riduzioni delle emissioni in atmosfera di polveri e NOx .
Per quanto concerne l’assunta priorità del riciclaggio degli pneumatici, con precedenza rispetto al loro utilizzo come combustibile, anche questa indicazione non può essere considerata in senso assoluto come idonea ad inficiare la legittimità della valutazione di impatto ambientale.
Tale profilo è stato valutato in sede di osservazioni e, con argomenti non censurabili poiché non affetti da manifesta illogicità, è stato controdedotto che, benché condivisibile il prioritario recupero dei rifiuti per materia, la disponibilità sul mercato di tali rifiuti come combustibile depone per l’assenza o l’insufficienza di impianti capaci di smaltire la totalità di tale tipologia di rifiuti e comunque la normativa europea, come già osservato sopra, riconosce all’utilizzo dei rifiuti come combustibile la miglior tecnica disponibile (BAT paragrafo 1.2.3).
Devono, poi, respingersi anche le dedotte censure di violazione degli artt. 179, 180 e 180 bis del decreto legislativo 152/2006, in quanto si tratta di disposizioni di carattere programmatico, che indicano le azioni da porre in essere da parte delle pubbliche amministrazioni per favorire la migliore gestione dei rifiuti e pertanto inidonee a viziare il procedimento di cui si tratta.
La previsione di criteri di priorità nella gestione dei rifiuti, da tenere in conto ove si tratti di promuovere iniziative volte a ridurre la produzione di rifiuti, non vizia la positiva valutazione di impatto ambientale di un cementificio che sia in grado di aumentare, nel suo mix di combustibile, la quota di rifiuti di gomma, trattandosi di rifiuti che il mercato non può altrimenti assorbire per il riciclaggio della gomma.
Anche questo motivo va, quindi, respinto.
Con il terzo motivo i ricorrenti denunciano il superamento dei limiti delle emissioni previste dalla decisione della Commissione europea del 26/3/2013 con riguardo agli ossidi di azoto, agli ossidi di zolfo e alle diossine.
Neanche questo motivo merita condivisione.
I limiti riportati dai ricorrenti in base alla Direttiva 2010/75/UE e all’art. 237 duovices del d.lgs. 46/14, che si assumono violati, devono essere osservati solo a far data dal 10 gennaio 2016 e la verifica da parte dell’autorità competente al rilascio della autorizzazione essere effettuata entro quattro anni dalla pubblicazione delle conclusioni sulle BAT, ovvero entro l’8 aprile 2017. Quest’ultimo termine risulta recepito dall’art. 29 octies comma 6 del d.lgs. 152/2006, che prevede che: “Entro quattro anni dalla data di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Unione europea delle decisioni sulle conclusioni sulle BAT riferite all’attività principale di un’installazione, l’autorità competente verifica che:
a) tutte le condizioni di autorizzazione per l’installazione interessata siano riesaminate e, se necessario, aggiornate per assicurare il rispetto del presente decreto in particolare, se applicabile, dell’articolo 29-sexies, commi 3, 4 e 4-bis;
b) l’installazione sia conforme a tali condizioni di autorizzazione.”
Si rileva, pertanto, che alla data dell’adozione della delibera del novembre 2013, qui impugnata, il d.lgs. 46/2014 non era ancora entrato in vigore, e, tuttavia, le prescrizioni in ordine ai valori limite delle emissione contenute nel gravato provvedimento, efficaci a far data dal 1° gennaio 2015, risultano ricalcare i valori limite totali di emissione, con un buon grado di conformità anche in ordine alla base giornaliera di calcolo, riportati nell’Allegato VI della Direttiva del 2010, contenente disposizioni relative ai forni per cemento che coinceneriscono rifiuti.
Quanto alle deroghe, consentite dall’ordinamento alla data dell’adozione del provvedimento impugnato, ai sensi dell’art. 9 del d.lgs. 133/2005, previste anche dall’Allegato VI della Direttiva 24 novembre 2010, n. 2010/75/UE (vedi paragrafo 2 contenente disposizioni speciali relative ai forni per cemento che coinceneriscono rifiuti), esse risultano tutte puntualmente motivate alla luce della assenza di criticità dell’inquinante, circostanza che, nel caso del SO2, porta comunque a limitarne l’emissione media annua, fissando la soglia a 200 mg/Nm3, e ciò tenuto conto della diversa tempistica dei valori limite di cui alla Direttiva.
Anche il terzo motivo va, quindi, respinto.
Per quanto riguarda il primo ordine di censure dei motivi aggiunti, con il quale si deduce l’illegittimità derivata delle Autorizzazioni Integrate con essi impugnate, esso deve respingersi in forza della infondatezza dei vizi dedotti con il ricorso principale.
Con il secondo motivo i ricorrenti ripropongono censure che ricalcano le doglianze già scrutinate, lamentando la violazione dell’Accordo di Programma 2010-2015 quanto all’impegno di ridurre le emissioni di PM10 e NO2, la deroga al limite delle emissioni per SO2, COT, IPA e CO2.
Anche questo motivo va respinto.
Le percentuali di riduzione delle emissioni di determinati inquinanti, previsti dal Piano Integrato, data la pluralità delle fonti di inquinamento, non possono automaticamente riferirsi al singolo impianto produttivo in sede di A.I.A., senza per questo poter configurare la violazione del Piano il quale, come già osservato, contiene l’indicazione di un ampio spettro di azioni che, per quanto riguarda il cementificio di cui si tratta, risultano realizzate mediante le prescrizioni che accompagnano la VIA, di cui si è già detto, e gli impegni assunti con il Protocollo d’Intesa del 2014.
La normativa europea e nazionale è strutturata su basi tali da distinguere i valori limite di emissione in base alla tipologia di impianto e di combustibile utilizzato, ciò al fine di contemperare le diverse esigenze di una eterogenea platea di produttori di emissioni, tra i quali non vi sono solo gli impianti produttivi.
Ne consegue che, fermi restando gli impegni e le azioni per ridurre le emissioni, che nella procedura sub judice risultano essere stati assunti, il principio di cautela non può arrivare a negare l’Autorizzazione Integrata Ambientale ad una modifica del mix di carburanti, utilizzati da una impresa preesistente, laddove il progetto rispetta le misure e le prescrizioni imposte dalle norme cogenti e la valutazione discrezionale non appare affetta da manifesta illogica.
Sarebbe invece illegittima l’applicazione, invocata dai ricorrenti, ai combustibili alternativi dei limiti di emissione previsti per i combustibili convenzionali, atteso che è lo stesso legislatore europeo ad avere previsto valori diversi per le diverse tipologie di combustibile, in ragione delle specificità che li caratterizzano e ciò è avvalorato dalla Direttiva 75/2010,ove fissa valori specifici e distinti, a seconda della tipologia di combustibile, anche per gli impianti di produzione di cemento che coinceneriscono rifiuti.
Ed è sempre la suddetta direttiva a prevedere, fino al 1° gennaio 2016, l’autorizzazione di esenzione per i valori limite di TOC, NOx e SO2.
Contrariamente a quanto assumono i ricorrenti, tali deroghe risultano tutte assistite da motivazione che risulta riportata anche nelle condizioni dell’autorizzazione (vedi pp. 80 e 81 sezione C delle Condizioni dell’AIA), rappresentate dalla non criticità della sostanza inquinante, come già sopra osservato.
Sulle altre censure si è già detto nel corso dello scrutinio dei motivi di doglianza avverso la VIA impugnata con il ricorso principale.
La richiesta di CTU, non risultando motivata dalla necessità di conoscere fatti e dati non interpretabili senza una specifica conoscenza tecnica, non risulta ammissibile. Sui limiti del sindacato giurisdizionale in materia di valutazione di impatto ambientale si rinvia a quanto sopra osservato nello scrutinio del primo motivo di ricorso.
In conclusione, i provvedimenti impugnati risultano scevri dalle censure dedotte, con conseguente reiezione del ricorso.
La novità e particolarità delle questioni proposte giustificano la compensazione delle spese di giudizio.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per l’Emilia Romagna sezione staccata di Parma (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Parma nella camera di consiglio del giorno 8 giugno 2016 con l’intervento dei magistrati:
Sergio Conti, Presidente
Anna Maria Verlengia, Consigliere, Estensore
Marco Poppi, Consigliere
L’ESTENSORE
IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 30/06/2016
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)