* INQUINAMENTO DEL SUOLO – Scoperta di contaminazioni storiche – Analisi preliminari e misure di messa in sicurezza – Rapporto di consequenzialità necessaria – Esclusione – art. 242 d.lgs. n. 152/2006 – Misure di precauzione – Imposizione al proprietario incolpevole – Legittimità.
Provvedimento: Sentenza
Sezione: 1^
Regione: Friuli Venezia Giulia
Città: Trieste
Data di pubblicazione: 13 Febbraio 2018
Numero: 34
Data di udienza: 5 Dicembre 2017
Presidente: Settesoldi
Estensore: Tagliasacchi
Premassima
* INQUINAMENTO DEL SUOLO – Scoperta di contaminazioni storiche – Analisi preliminari e misure di messa in sicurezza – Rapporto di consequenzialità necessaria – Esclusione – art. 242 d.lgs. n. 152/2006 – Misure di precauzione – Imposizione al proprietario incolpevole – Legittimità.
Massima
TAR FRIULI VENEZIA GIULIA, Sez. 1^ – 13 febbraio 2018, n. 34
INQUINAMENTO DEL SUOLO – Scoperta di contaminazioni storiche – Analisi preliminari e misure di messa in sicurezza – Rapporto di consequenzialità necessaria – Esclusione – art. 242 d.lgs. n. 152/2006
L’articolo 242 D.Lgs. n. 152/2006 prevede che al verificarsi di un evento potenzialmente idoneo a contaminare un sito ovvero alla scoperta di contaminazioni storiche (nella specie: scoperta di rifiuti interrati in un sito produttivo ove era utilizzato per la produzione amianto), sia svolta un’indagine preliminare sui parametri oggetto di inquinamento. Al riguardo non rileva che l’indagine preliminare venga imposta in assenza della messa in sicurezza, perché, se è pur vero che nella norma precitata le due operazioni sono ordinate secondo un criterio temporale, è anche vero che esse non si pongono affatto in rapporto di consequenzialità necessaria ben potendovi esservi l’una anche in assenza dell’altra. Anzi, la scelta di richiedere lo svolgimento di analisi preliminari, che costituisce adempimento non troppo gravoso, prima di imporre più penetranti compiti di messa in sicurezza, attua un apprezzabile bilanciamento dell’interesse pubblico con quello dei proprietari dell’area (che, nella specie, erano peraltro ben consapevoli delle problematiche ambientali, avendola acquistata l’area a un prezzo nettamente inferiore a quello di mercato).
INQUINAMENTO DEL SUOLO – Misure di precauzione – Imposizione al proprietario incolpevole – Legittimità.
E’ il solo obbligo di bonifica che non può essere imposto al proprietario incolpevole, mentre le misure di precauzione ben possono essere imposte al proprietario dell’area che non sia anche responsabile dell’inquinamento, dal momento che, non avendo finalità sanzionatoria o ripristinatoria, prescindono dall’accertamento del requisito del dolo o della colpa (cfr., C.d.S., Sez. V^, sentenza n. 1089/2017).
Pres. Settesoldi, Est. Tagliasacchi – B. s.r.l. (avv. Longo) c. Comune di Montereale Valcellina (avv.ti Ciliberti e Fugaro), Azienda per l’Assistenza Sanitaria n. 5 “Friuli Occidentale” (avv. Colò) e altro (n.c.)
Allegato
Titolo Completo
TAR FRIULI VENEZIA GIULIA, Sez. 1^ - 13 febbraio 2018, n. 34SENTENZA
TAR FRIULI VENEZIA GIULIA, Sez. 1^ – 13 febbraio 2018, n. 34
Pubblicato il 13/02/2018
N. 00034/2018 REG.PROV.COLL.
N. 00273/2016 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Friuli Venezia Giulia
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 273 del 2016, integrato da motivi aggiunti, proposto da:
Balbinot Costruzioni Generali S.r.l., rappresentata e difesa dall’avv. Francesco Longo, elettivamente domiciliata presso la Segreteria Generale del T.A.R., in Trieste, piazza Unità d’Italia n. 7;
contro
Comune di Montereale Valcellina, rappresentato e difeso dagli avv.ti Francesco Ciliberti e Alessia Fugaro, elettivamente domiciliato presso la Segreteria Generale del T.A.R., in Trieste, piazza Unità d’Italia n. 7;
Agenzia Regionale Protezione Ambiente (Arpa) – Friuli Venezia Giulia, non costituita in giudizio;
Azienda per l’Assistenza Sanitaria n. 5 “Friuli Occidentale”, rappresentata e difesa dall’avv. Vittorina Colò, elettivamente domiciliata presso la Segreteria Generale del T.A.R., in Trieste, piazza Unità d’Italia n. 7;
nei confronti di
Torresin Luigi, non costituito in giudizio;
Gingillino Edio, non costituito in giudizio;
Roberto & Diego Immobiliare S.r.l., non costituita in giudizio;
Immobiliare Basel S.r.l., non costituita in giudizio;
Quanto al ricorso principale:
per l’annullamento, previa sospensione
– dell’ordinanza sindacale n. 2697 del 14.07.2016, prot. 7295/7296/PEC, ricevuta dalla ricorrente in pari data, recante l’ordine di “immediata sospensione di tutti i lavori sull’intera area interessata”;
– del verbale della conferenza dei servizi di data 13.07.2016;
– del parere dell’A.S.S. n. 5 prot. n. 0044466/P di data 29.06.2016;
– della nota/parere ARPA Friuli Venezia Giulia prot. n. 0021935/P/GEN/PRA_PN di data 29.06.2016;
– di ogni altro atto connesso e consequenziale;
per la condanna
al risarcimento dei danni subiti e subendi a causa della sospensione dei lavori.
Quanto al ricorso per motivi aggiunti:
per l’annullamento, previa concessione di idonea misura cautelare:
– della nota trasmessa a mezzo pec il 30.05.2017, recante il diniego all’accoglimento dell’istanza di ritiro/annullamento dell’ordinanza sindacale n. 2697 del 14.07.2016;
– di ciascun atto connesso, per presupposizione o consequenzialità, con quello gravato.
Visti il ricorso, il ricorso per motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Montereale Valcellina e della Azienda per l’Assistenza Sanitaria n. 5 “Friuli Occidentale”;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 5 dicembre 2017 la dott.ssa Alessandra Tagliasacchi e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.
FATTO
1.1. La curatela fallimentare della società Sivocci Est S.r.l. in liquidazione presentava al Comune di Montereale Valcellina una SCIA per la demolizione totale di un fabbricato ad uso industriale: i lavori venivano affidati alla società Roberto & Diego Immobiliare S.r.l..
1.2. La società Balbinot Costruzioni Generali S.r.l. (nel prosieguo, solo Balbinot S.r.l.) e la società Immobiliare Basel S.r.l., nelle more subentrate pro parte alla curatela fallimentare nella titolarità della medesima area, presentavano due distinte istanze di rilascio di permesso di costruire per realizzare altrettanti complessi residenziali sul sito in questione.
1.3. Con ordinanza n. 2697 del 14.07.2016 il Sindaco del Comune di Montereale Valcellina, in considerazione del fatto che la società Sivocci Est S.r.l. nella sua attività di produzione impiegava l’amianto, ordinava alla società Balbinot S.r.l., alla società Immobiliare Basel S.r.l. e alla società Roberto & Diego Immobiliare S.r.l.:
– l’immediata sospensione dei lavori di demolizione,
– la presentazione di un programma di indagini preliminari per verificare l’eventuale presenza di amianto,
– l’affidamento della demolizione a impresa qualificata ove fosse stata riscontrata la presenza di amianto,
– la tracciabilità del materiale di demolizione in uscita dal cantiere e la qualifica del materiale fino a quel momento riportato,
– una volta terminata la demolizione, la presentazione di una nuova indagine preliminare sul suolo e sottosuolo prima di avviare l’edificazione.
2.1. Avverso il suvvisto provvedimento sindacale, nonché avverso gli esiti della presupposta conferenza di servizi, è insorta la società Balbinot S.r.l., chiedendone l’annullamento, previa sospensione cautelare dell’efficacia.
2.2. A sostegno della domanda caducatoria vengono dedotti i seguenti motivi di illegittimità:
– “violazione di legge per violazione dell’art. 3 della l. 7 agosto 1990, n. 241 – Mancata indicazione delle ragioni di fatto e di diritto fondanti il provvedimento sindacale gravato. violazione di legge per violazione degli artt. 50, comma 5, e 54, comma 4, del d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267 – Insussistenza dei presupposti per l’adozione di un provvedimento contingibile e urgente”;
– “eccesso di potere per travisamento di fatto e carenza istruttoria – falsa rappresentazione della realtà – illogicità e contraddittorietà”;
– “violazione di legge per violazione e falsa applicazione dell’art. 242 del d.lgs. 152 del 2006 (Testo Unico Ambiente – TUA) – insussistenza delle condizioni per chiedere una indagine preliminare sui parametri oggetto di inquinamento”;
– “violazione di legge per violazione dell’art. 1 della l. 7 agosto 1990, n. 241 – violazione dei principi di proporzionalità e di ragionevolezza dell’azione amministrativa”.
3.1. Nelle more del giudizio, stante il rigetto, sia in primo che in secondo grado della domanda di tutela cautelare, la società Roberto & Diego Immobiliare S.r.l., in quanto parimenti destinataria dell’ordinanza sindacale qui gravata, procedeva all’esecuzione di una serie di campionamenti mirati e alla redazione di una relazione di indagine preventiva.
3.2. In considerazione di un tanto la società Balbinot S.r.l. presentava al Comune istanza di ritiro in autotutela del provvedimento di cui si discute: l’istanza era denegata.
4. Con ricorso per motivi aggiunti la società Balbinot S.r.l. impugna il diniego di autotutela, chiedendone l’annullamento, previa sospensione cautelare dell’efficacia, deducendo i seguenti motivi di illegittimità:
– “Violazione di legge per violazione dell’art. 3 della l. 7 agosto 1990, n. 241 – Difetto di motivazione. Eccesso di potere per travisamento di fatto, contraddittorietà e difetto di istruttoria”;
– – “Violazione di legge per violazione dell’art. 1 della l. 7 agosto 1990, n. 241 – violazione del principio di proporzionalità dell’azione amministrativa”.
5. In data 2.10.2017 il Comune revocava parzialmente l’ordinanza impugnata con il ricorso principale, consentendo il riavvio dell’attività di demolizione, ma mantenendo ferme le prescrizioni già impartite, ovverosia la tracciabilità del materiale di demolizione in uscita dal cantiere e la qualifica del materiale sino a quel momento riportato, la verifica, a demolizione conclusa, della qualità dei suoli e della eventuale presenza di rifiuti interrati.
6. Si è costituita in giudizio l’Azienda per l’Assistenza Sanitaria n. 5 “Friuli Occidentale”, che aveva reso il parere di competenza nell’ambito della conferenza di servizi all’uopo convocata, insistendo per la piena legittimità della posizione ivi assunta e, a cascata, dell’ordinanza qui impugnata in relazione al tipo di attività produttiva svolta nel sito dalla società Sivocci Est S.r.l..
7. Si è costituito in giudizio anche il Comune di Montereale Valcellina, eccependo preliminarmente l’inammissibilità del ricorso per carenza di interesse per non essere stata impugnata l’ordinanza di sospensione dei lavori dagli altri due destinatari del provvedimento sindacale (i.e. la società Roberto & Diego Immobiliare S.r.l. e la società Immobiliare Basel S.r.l.).
Nel merito parte resistente controdeduce a ciascuna delle censure sollevate dalla ricorrente, concludendo per la reiezione di entrambi i ricorsi.
8. Nessuna delle altre parti evocate in giudizio, tutte in epigrafe elencate, si è costituita.
9. La società Balbinot S.r.l. e il Comune di Montereale Valcellina hanno poi ulteriormente argomentato le rispettive tesi in successive memorie difensive.
10. Rinunciata da parte della ricorrente la seconda domanda cautelare, la causa e stata chiamata alla pubblica udienza del 5 dicembre 2017 e in quella sede trattenuta in decisione.
DIRITTO
1. Vengono all’esame di questo Tribunale l’ordinanza di sospensione lavori con prescrizioni emessa dal Comune di Montereale Valcellina rispetto alla demolizione del fabbricato industriale ex Sivocci Est e il susseguente diniego di autotutela, impugnati dalla società Balbinot S.r.l., rispettivamente, con il ricorso principale e con il ricorso per motivi aggiunti.
2. Entrambi i ricorsi sono infondati, il che consente di prescindere, per ragioni di economia processuale, dall’esaminare l’eccezione preliminare sollevata dalla difesa del Comune (cfr., C.d.S., Sez. V^, sentenza n. 4440/2015).
3.1. Quanto all’ordinanza di sospensione dei lavori, va considerato che dalla documentazione versata in atti emerge:
– che nel capannone industriale da demolire la società Sivocci Est S.r.l. produceva guarnizioni di amianto e sughero per motori e altre parti di autoveicoli;
– che le indagini ambientali svolte sin dagli anni ’80 del secolo scorso avevano richiamato l’attenzione sui possibili rischi alla salute derivanti dall’impiego di quel materiale;
– che la curatela fallimentare aveva rappresentato alla Provincia la presenza di rifiuti interrati non qualificati, né identificati, probabilmente contenenti amianto presso la sede sociale;
– che l’area ove sorge il capannone de quo è stata riclassificata come residenziale e si trova in una zona centrale rispetto all’abitato e vicino ad un complesso scolastico.
3.2. In questo quadro la decisione del Comune di disporre la sospensione dei lavori di demolizione e di disporre un’adeguata campagna di indagini risulta pienamente giustificate e legittima.
L’articolo 242 D.Lgs. n. 152/2006 prevede, infatti, che al verificarsi di un evento potenzialmente idoneo a contaminare un sito ovvero alla scoperta di contaminazioni storiche, sia svolta un’indagine preliminare sui parametri oggetto di inquinamento.
Nel caso di specie, la scoperta di rifiuti interrati nel sito produttivo in uno con il tipo di materiale utilizzato per la produzione costituiscono evento potenzialmente contaminante, che imponeva l’esecuzione dei necessari accertamenti.
Né al riguardo rileva che l’indagine preliminare sia stata imposta in assenza della messa in sicurezza, perché, se è pur vero che nella norma precitata le due operazioni sono ordinate secondo un criterio temporale, è anche vero che esse non si pongono affatto in rapporto di consequenzialità necessaria ben potendovi esservi l’una anche in assenza dell’altra.
Anzi, la scelta di richiedere lo svolgimento di analisi preliminari, che costituisce adempimento non troppo gravoso (come dimostra il fatto che gli altri destinatari dell’ordinanza de qua vi abbiano prontamente adempiuto), prima di imporre più penetranti compiti di messa in sicurezza, attua un apprezzabile bilanciamento dell’interesse pubblico con quello dei proprietari dell’area, che, peraltro, erano ben consapevoli delle problematiche ambientali della stessa, avendola acquistata, proprio per tale ragione, a un prezzo nettamente inferiore a quello di mercato (cfr. perizia di stima effettuata in sede fallimentare).
3.3.1. E’, pertanto, infondato il primo motivo del ricorso principale, con il quale la ricorrente si duole che l’ordinanza sindacale non indichi nelle proprie premesse quale sia il potere in concreto esercitato, che non sussistessero i presupposti di necessità, urgenza, contingibilità e temporaneità per la sua adozione, che mancassero elementi istruttori che comprovassero la sussistenza di una situazione di pericolo per la pubblica incolumità.
Invero, di per sé non costituisce causa di illegittimità dell’atto amministrativo l’omessa indicazione nella parte motiva della norma attributiva del potere, allorquando dal complesso del testo del provvedimento sia possibile ricavare il dato mancante. Circostanza questa verificatasi nel caso concreto, come dimostrano le stesse doglianze avanzate dalla ricorrente sul contenuto dell’ordinanza impugnata.
L’obbligo di motivazione, coerentemente con una visione che privilegi non il mero dato formale, ma badi piuttosto alla funzione che esso assolve, vale a dire quella di mettere in condizione il soggetto inciso dal provvedimento di esercitare il proprio diritto di difesa, deve, infatti, ritenersi assolto ogni qual volta sia stato esternato, anche attraverso gli atti endoprocedimentali, il percorso logico-giuridico che ha condotto l’Amministrazione alla decisione in concreto adottata (cfr., ex plurimis, C.d.S., Sez. III^, sentenza n. 5311/2015).
Nel caso di specie, emerge con chiarezza che il Comune ha esercitato i poteri precauzionali di cui già richiamato articolo 242 D.Lgs. n. 152/2006.
Peraltro, diversamente da quanto sostenuto dalla ricorrente, proprio la circostanza dell’avvio della demolizione dell’impianto di produzione, il rischio che residui della pregressa produzione (ivi compreso l’amianto) si trovino all’interno delle strutture dell’impianto (in particolare cavidotti, tubazioni e rete di scarico) e nel sottosuolo (come dichiarato dalla curatrice fallimentare del precedente proprietario dell’area), la prossima destinazione alla edificazione di tipo residenziale dell’area medesima, e la vicinanza al centro abitativo integrano ampiamente quelle ragioni di urgenza che legittimano l’esercizio del suddetto potere.
3.3.2. E’ parimenti infondato il secondo motivo del ricorso principale, con il quale la società ricorrente stigmatizza il fatto che l’Amministrazione, pur avendo a disposizione una serie di elementi positivi idonei ad escludere il rischio di contaminazione ambientale, non ne abbia tenuto conto. Il che, sempre per la deducente, si tradurrebbe in eccesso di potere per falsa rappresentazione della realtà e difetto di motivazione.
In primo luogo, va, infatti, considerato che il piano di lavoro presentato all’Amministrazione per la rimozione di lastre contenenti amianto ha riguardato solamente la copertura dell’opificio industriale, mentre il rischio che l’ordinanza mira ad accertare è che residui di amianto si trovino anche nella restanti strutture e negli impianti, oltre che nel suolo e sottosuolo.
In secondo luogo, è da escludere che le analisi svolte da Leochimica S.r.l. per conto della Balbinot S.r.l. possano soddisfare l’obbligo di indagine preliminare imposto dall’Amministrazione, sia perché effettuate al di fuori di qualsivoglia protocollo procedurale che ne garantisca la attendibilità, sia soprattutto perché, secondo quanto emerge dalla documentazione versata in atti dalla ricorrente, si tratta di laboratorio non accreditato (tra le altre) per le analisi sull’amianto.
3.3.3. E’ ugualmente infondato il terzo motivo del ricorso principale, con il quale la società ricorrente sostiene che il parere dell’Azienda sanitaria sia viziato e per derivazione lo sia anche l’ordinanza sindacale in esame perché impone l’azione di cui al comma 2 dell’articolo 242 D.Lgs. n. 152/2006, senza prima avere chiesto le misure di prevenzione di cui al comma 1, ancora perché la prescrizione è disposta in assenza del requisito di cui al comma 1 dell’articolo 242 D.Lgs. n. 152/2006 (ovverosia il verificarsi di un nuovo evento potenzialmente contaminante o di un peggioramento di una contaminazione già in essere), infine perché l’obbligo di adempiere alle prescrizioni di cui all’articolo 242 D.Lgs. n. 152/2006 può essere imposto solamente al responsabile dell’inquinamento e non ad altri soggetti.
Quanto al primo aspetto, si è già chiarito in precedenza come non vi sia un nesso di consequenzialità necessaria tra misure di prevenzione e indagini preliminari, ben potendo l’Amministrazione disporre le seconde pur in assenza delle prime. Peraltro, lo stesso ordine di sospensione dei lavori di demolizione costituisce adeguata misura di prevenzione.
Quanto al secondo profilo, le circostanze sopra ricordate (in particolare la denuncia della curatela fallimentare di rifiuti interrati) costituiscono presupposto fattuale per l’esercizio dei poteri di cui al precitato articolo 242 D.Lgs. n. 152/2006.
Quanto, infine, al terzo aspetto, va considerato che è il solo obbligo di bonifica che non può essere imposto al proprietario incolpevole, mentre le misure di precauzione ben possono essere imposte al proprietario dell’area che non sia anche responsabile dell’inquinamento, dal momento che, non avendo finalità sanzionatoria o ripristinatoria, prescindono dall’accertamento del requisito del dolo o della colpa (cfr., C.d.S., Sez. V^, sentenza n. 1089/2017).
3.3.4. E’, infine, infondato, il quarto motivo del ricorso principale, con il quale la ricorrente lamenta la violazione del principio di proporzionalità, perché l’ordinanza impugnata sospende indistintamente tutte le attività, non distinguendo quelle che potrebbero dare luogo al rischio di contaminazione ambientale dalle altre.
Vero è, infatti, che l’Amministrazione ha sospeso la sola attività di demolizione e che non vi erano ulteriori attività da svolgere contestualmente alla demolizione. Al contempo, l’intero fabbricato industriale e non una parte soltanto presentava quelle criticità che hanno giustificato l’adozione delle misure di precazione per cui è causa.
4.1. Passando ora al ricorso per motivi aggiunti, promosso avverso il diniego all’istanza di autotutela presentata dalla ricorrente in relazione agli esiti delle analisi svolte da altri destinatari dell’ordinanza impugnata con ricorso principale, va considerato che il diniego è motivato dalla necessità di effettuare i campionamenti in contraddittorio con l’Azienda sanitaria, seguendo le procedure stabilite dalla stessa AAS e dall’ARPA per la loro validazione.
4.2. Si tratta di una motivazione che regge alle censure di parte ricorrente.
In particolare, con il primo motivo di impugnazione del ricorso per motivi aggiunti la società Balbinot S.r.l. sostiene che, a fronte di analisi eseguite da laboratori accreditati e che hanno dato esito negativo, non ci fosse bisogno di eseguirne altre, lamentando inoltre che il Comune non spieghi perché non ritiene attendibili quelle analisi.
Con il secondo motivo di impugnazione del ricorso per motivi aggiunti la società Balbinot S.r.l. ritiene che il diniego di autotutela sia del tutto ingiustificato alla luce del fatto che l’Azienda Sanitaria aveva ritenuto adeguati i punti di campionamento effettuato per conto degli altri proprietari dell’area, e che gli esiti delle analisi erano negativi quanto all’amianto.
4.3. Al riguardo va in primis considerato che le Amministrazioni coinvolte avevano già concordato con gli altri destinatari dell’ordinanza sindacale per cui è causa le modalità di esecuzione del piano di indagini, ivi compresi i campionamenti in contradditorio.
In secondo luogo, va precisato che l’esito delle analisi non incide sulla legittimità dell’ordine di eseguirle. In altri termini, il fatto che nel sito industriale di cui si discute non siano state rinvenute tracce di amianto non fa venir meno i presupposti per l’adozione di misure di prevenzione, che permangono pienamente giustificate in relazione al quadro conoscitivo che si aveva a disposizione quando sono state decise.
Peraltro, l’ordinanza sindacale di cui si discute contiene non soltanto l’ordine di sospendere la demolizione e di eseguire indagini preliminari, ma anche altre prescrizioni che hanno mantenuto la loro utilità anche all’esito delle analisi effettuate e che, infatti, non sono state ricomprese nella revoca parziale intervenuta in corso di causa.
4.4. Il punto è, tuttavia, che non appare per nulla irragionevole la decisione di effettuare il campionamento in contraddittorio data la delicatezza degli interessi coinvolti, segnatamente quello alla salubrità dell’ambiente e quello alla salute pubblica.
Dunque, ancora una volta si rivela legittima la decisione dell’Amministrazione di non procedere all’autotutela prima della rituale esecuzione delle prescritte analisi.
5.1. In conclusione, tanto il ricorso principale, quanto il ricorso per motivi aggiunti sono infondati e per questo sono respinti.
5.2. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate nella misura indicata in dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Friuli Venezia Giulia – Sezione Prima, definitivamente pronunciando sul ricorso principale e sul ricorso per motivi aggiunti, come in epigrafe proposti, li rigetta entrambi.
Condanna la società ricorrente a rifondere le spese di giudizio a favore del Comune e dell’Azienda sanitaria, costituitisi in giudizio, che liquida in complessivi Euro 1.500,00, oltre ad accessori di legge per ciascuno dei due Enti.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Trieste nella camera di consiglio del giorno 5 dicembre 2017 con l’intervento dei magistrati:
Oria Settesoldi, Presidente
Manuela Sinigoi, Consigliere
Alessandra Tagliasacchi, Referendario, Estensore
L’ESTENSORE
Alessandra Tagliasacchi
IL PRESIDENTE
Oria Settesoldi
IL SEGRETARIO