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Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Inquinamento del suolo, Rifiuti Numero: 215 | Data di udienza: 22 Aprile 2015

* INQUINAMENTO DEL SUOLO – Inquinamento diffuso – Art. 240, c. 1, lett. r), d.lgs. n. 152/2006 – Nozione – Responsabilità – Nesso eziologico – Presunzioni – Paradigma del “più probabile che non” – Eventi causativi dell’inquinamento antecedenti all’entrata in vigore del T.U.A. –  Obblighi della vigente disciplina – Autore della condotta per l’inquinamento – Responsabilità oggettiva.


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 1^
Regione: Friuli Venezia Giulia
Città: Trieste
Data di pubblicazione: 18 Maggio 2015
Numero: 215
Data di udienza: 22 Aprile 2015
Presidente: Zuballi
Estensore: Tagliasacchi


Premassima

* INQUINAMENTO DEL SUOLO – Inquinamento diffuso – Art. 240, c. 1, lett. r), d.lgs. n. 152/2006 – Nozione – Responsabilità – Nesso eziologico – Presunzioni – Paradigma del “più probabile che non” – Eventi causativi dell’inquinamento antecedenti all’entrata in vigore del T.U.A. –  Obblighi della vigente disciplina – Autore della condotta per l’inquinamento – Responsabilità oggettiva.



Massima

 

TAR FRIULI VENEZIA GIULIA, Sez. 1^ – 18 maggio 2015, n. 215


INQUINAMENTO DEL SUOLO – Inquinamento diffuso – Art. 240, c. 1, lett. r), d.lgs. n. 152/2006 – Nozione.

Ai sensi dell’articolo 240, comma 1, lettera r), D.Lgs. n. 152/2006, costituisce inquinamento diffuso «la contaminazione o le alterazioni chimiche, fisiche o biologiche delle matrici ambientali determinate da fonti diffuse e non imputabili ad una singola origine». Non costituisce quindi inquinamento diffuso l’inquinamento causato esclusivamente dal dilavamento da parte degli eventi atmosferici di un cumulo di rifiuti interrati. La discarica – non autorizzata – costituisce, in questo caso, una fonte unitaria di inquinamento, anche se i rifiuti conferiti, come per lo più accade, sono eterogenei, e i conferimenti sono intervenuti in momenti successivi.

Pres. Zuballi, Est. Tagliasacchi – E. spa (avv.ti Butti e Sardos Albertini) c. Provincia di Pordenone (avv. De Col) e altri (n.c.)


INQUINAMENTO DEL SUOLO – Responsabilità – Nesso eziologico – Presunzioni – Paradigma del “più probabile che non”.

Già la C.G.U.E. nella sentenza n. 378/2010 ha ammesso la possibilità per le Autorità degli Stati membri di utilizzare lo strumento delle presunzioni per provare la sussistenza del nesso eziologico purché esse si fondino su elementi concludenti quali la vicinanza dell’impianto dell’operatore economico al luogo dell’inquinamento e la corrispondenza tra i materiali inquinanti e quelli utilizzati dall’operatore economico stesso. La Corte di Cassazione, d’altro canto, ha spiegato che, laddove ragioni in via presuntiva, il Giudice debba valutare gli elementi raccolti non isolatamente, ma l’uno alla luce dell’altro a comporre il quadro d’insieme e a verificare se sia superata la soglia del più probabile che non (cfr., Cass., Sez. III^, sentenza n. 5787/2014). Infatti, nel diritto processuale amministrativo, come in quello civile, l’onere della prova è regolato dal paradigma del “più probabile che non” e non dalla certezza al di là di ogni ragionevole dubbio del processo penale (cfr. T.A.R. Abruzzo – Pescara, sentenza n. 204/2014). A fortiori, le esigenze di effettività della tutela ambientale consentono, in considerazione della improbabilità di cogliere l’autore sul fatto, di individuare il responsabile, tanto a titolo commissivo quanto a titolo omissivo, dell’inquinamento, sulla scorta di dati fattuali che rendano verosimile, secondo l’id quod plerumque accidit che un dato inquinamento sia stato causato da un determinato soggetto (cfr., C.d.S., Sez. V^, sentenza n. 3885/2009).


Pres. Zuballi, Est. Tagliasacchi – E. spa (avv.ti Butti e Sardos Albertini) c. Provincia di Pordenone (avv. De Col) e altri (n.c.)

 


INQUINAMENTO DEL SUOLO – Eventi causativi dell’inquinamento antecedenti all’entrata in vigore del T.U.A. –  Obblighi della vigente disciplina.

Ai sensi del comma 11 dell’articolo 242 del D.Lgs. n. 152/2006, anche gli eventi causativi dell’inquinamento antecedenti all’entrata in vigore del cd. Codice ambientale sono idonei a generare gli obblighi della vigente disciplina.


Pres. Zuballi, Est. Tagliasacchi – E. spa (avv.ti Butti e Sardos Albertini) c. Provincia di Pordenone (avv. De Col) e altri (n.c.)


INQUINAMENTO DEL SUOLO – Autore della condotta per l’inquinamento – Responsabilità oggettiva.

La responsabilità dell’autore della condotta per l’inquinamento da abbandono di rifiuti, con conseguente obblighi di bonifica, messa in sicurezza e ripristino ambientale, è di tipo oggettivo. La responsabilità sussiste per il solo esistere di un rapporto di causalità tra l’azione o l’omissione dell’autore dell’inquinamento e la contaminazione o il suo aggravamento in coerenza con il principio comunitario, secondo cui “chi inquina paga”. (Consiglio di Stato, Sez. V^, sentenza n. 881/2015)

Pres. Zuballi, Est. Tagliasacchi – E. spa (avv.ti Butti e Sardos Albertini) c. Provincia di Pordenone (avv. De Col) e altri (n.c.)


Allegato


Titolo Completo

TAR FRIULI VENEZIA GIULIA, Sez. 1^ - 18 maggio 2015, n. 215

SENTENZA

 

TAR FRIULI VENEZIA GIULIA, Sez. 1^ – 18 maggio 2015, n. 215

N. 00215/2015 REG.PROV.COLL.
N. 00075/2012 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Friuli Venezia Giulia

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 75 del 2012, proposto da:
Electrolux Italia S.p.A., rappresentata e difesa dagli avv.ti Luciano Butti e Mario Paolo Sardos Albertini, con domicilio eletto presso lo studio del secondo, in Trieste, Via F. Filzi 15;

contro

Provincia di Pordenone, rappresentata e difesa dall’avv. Andrea De Col, con domicilio eletto presso la Segreteria Generale del T.A.R., in Trieste, piazza Unità d’Italia n. 7;
Comune di Porcia, non costituito in giudizio;
Regione Friuli Venezia Giulia, non costituita in giudizio;
ARPA Friuli Venezia Giulia, non costituita in giudizio;
ASS n. 6 – Friuli occidentale, non costituita in giudizio;
Agenzia del Demanio, non costituita in giudizio;

nei confronti di

Ragagnin Vilma, non costituita in giudizio;
Ragagnin Maria, non costituita in giudizio;
Ragagnin Elisabetta, non costituita in giudizio;
Ragagnin Silvia, non costituita in giudizio;
Spada Gerardo, non costituito in giudizio;
Corazza Fabio, non costituito in giudizio;
Turchetto Romina, non costituita in giudizio;
Cordenons Roberto, non costituito in giudizio;
Cordenons Luciana, non costituita in giudizio;
Cordenons Mario, non costituito in giudizio;

per l’annullamento

– della determinazione dirigenziale n. 2955 dd. 12.12.2011 della Provincia di Pordenone con la quale la società ricorrente è diffidata a provvedere agli interventi di bonifica previsti dal titolo V^ della parte IV^ del D.Lgs. n. 152/2006;

– di ogni altro provvedimento, atto e comportamento presupposto, connesso e consequenziale.

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio della Provincia di Pordenone;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 22 aprile 2015 la dott.ssa Alessandra Tagliasacchi e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

1. La società Electrolux Italia S.p.A. (nel prosieguo, solo Electrolux S.p.A.), impugna il provvedimento in epigrafe indicato della Provincia di Pordenone, di diffida, ex articolo 244 D.Lgs. n. 152/2006, ad attivare le procedure di bonifica ambientale dell’area ivi compiutamente individuata, situata nel Comune di Porcia (lungo Via Rustighel), in prossimità della sponda destra del rio Brentella.

2.1.1. La vicenda origina dal ritrovamento di rifiuti interrati in alcune aree private in Comune di Porcia: i proprietari (signori Corazza Fabio, Turchetto Romina e Spada Gerardo), che avevano acquistato da poco i terreni, informavano tempestivamente della circostanza l’Amministrazione comunale, la quale emanava un ordine di rimozione nei confronti delle danti causa dei denuncianti (le sorelle Maria e Vilma Ragagnin).

2.1.2. Il provvedimento comunale non superava il vaglio giurisdizionale, posto che le destinatarie dell’ordine erano solamente le eredi di coloro che avevano materialmente eseguito l’interramento (C.d.S., Sez. V^, sentenza n. 807/2008).

2.2. La prosecuzione degli accertamenti portava ad appurare che l’area interessata dagli interramenti di rifiuti era più vasta (all’incirca una superficie di 9.000 mq., per un volume di 16.200-18.000 mc.) e che gli stessi, percolando, avevano provocato una contaminazione del suolo e della roggia del precitato rio Brentella. Tanto è vero che il Sindaco del Comune di Porcia emetteva ordinanza che vieta l’uso dell’acqua superficiale del predetto fiume.

2.3.1. Le sopravvenienze determinavano il coinvolgimento della Provincia di Pordenone, la quale inizialmente, non riuscendo a individuare il responsabile della contaminazione, demandava al Comune di Porcia la presentazione e l’esecuzione del Piano di caratterizzazione dell’area degli originari denuncianti. Il Piano era poi approvato dalla Regione Friuli Venezia Giulia e il susseguente Documento di caratterizzazione dalla Conferenza di servizi indetta dalla stessa Amministrazione regionale.

2.3.2. Successivamente, in ragione della natura dei rifiuti ritrovati, del contenuto delle sommarie informazioni assunte dalla Polizia giudiziaria, degli esiti delle ricerche effettuate in ordine al tipo di attività economiche svolte all’epoca dei fatti, la Provincia individuava quale responsabile della contaminazione la società Industrie A. Zanussi S.p.A., cui la società Electrolux S.p.A. è succeduta senza soluzione di continuità.

2.4.1. La società Electrolux S.p.A., pur contestando di essere tenuta alla bonifica impostagli dalla Provincia, si rendeva disponibile a effettuare un proprio Piano di caratterizzazione, secondo le direttive impartite dalla medesima Autorità procedente.

2.4.2. Gli esiti di tale indagine erano, tuttavia, contestati dalla Provincia, che accusava Electrolux S.p.A. di averli alterati a proprio vantaggio: di qui l’odierno contenzioso.

3. La tesi della ricorrente si articola nei seguenti progressivi snodi:

– l’inquinamento di cui si discute è di tipo diffuso, data l’eterogeneità dei rifiuti ammassati, quindi non è attribuibile a un unico soggetto, con la conseguenza che di esso deve farsi carico la collettività a mezzo degli Enti esponenziali, salvo poi rivalersi sui proprietari dei terreni così bonificati, sui quali grava un onere reale;

– la Provincia non ha assolto all’obbligo probatorio che su di essa incombeva non avendo fornito una prova, e nemmeno indizio alcuno, della responsabilità della società Industrie A. Zanussi S.p.A., quanto al contestato inquinamento;

– i fatti di causa risalgono agli anni 60-70 del secolo scorso, quando non era vietato imbonire i terreni privati con rifiuti, e dunque difetta totalmente l’elemento soggettivo in capo agli autori dell’interramento dei rifiuti in questione;

– l’obbligo di bonifica si è ampiamente prescritto, essendo stato superato anche il termine trentennale di cui all’articolo 303, comma 1, lettera g), D.Lgs. n. 152/2006;

– sono responsabili (quanto meno per omissione, perché, pur sapendo, hanno taciuto) le eredi Ragagnin, venditrici dei terreni ove avvennero i primi ritrovamenti di rifiuti, e che comunque ne hanno tratto beneficio.

4.1. Si è costituita in giudizio la Provincia di Pordenone, contestando puntualmente, tanto in fatto, quanto in diritto le argomentazioni avversarie e instando per la reiezione del ricorso promosso da controparte.

4.2. Più precisamente, l’Amministrazione resistente, seguendo l’ordine del ragionamento della società ricorrente:

– si oppone alla qualificazione in termini di inquinamento diffuso della contaminazione per cui è causa, derivando la stessa da un’unica fonte, ovverosia il cumulo di rifiuti interrati;

– evidenzia, all’anche sulla scorta dell’ampia documentazione versata in atti, l’esistenza di una pluralità di prove della responsabilità della società Industrie A. Zanussi S.p.A.;

– sostiene che, ancorché l’interramento dei rifiuti sia risalente, la contaminazione è attuale e assoggettata alla vigente disciplina;

– il termine trentennale di prescrizione riguarda il risarcimento del danno ambientale e non la bonifica dei siti inquinati;

– reputa che sulla questione della responsabilità o corresponsabilità di coloro che vendettero i terreni nei quali furono per primi rinvenuti i rifiuti interrati, sia sceso il giudicato.

5.1. Con successive memorie difensive le parti hanno ulteriormente argomentato le proprie posizioni, concentrandosi prioritariamente sulle risultanze del Piano di caratterizzazione fatto eseguire dalla società Electrolux S.p.A..

5.2. La ricorrente sostiene che data l’eterogeneità dei rifiuti repertati, il loro cattivo stato di conservazione che ne rendeva difficile l’identificazione, e la preminenza di materiale di scarto dell’attività costruttiva, la discarica non potesse essere ricondotta alle produzioni in allora svolte dalla società Industrie A. Zanussi S.p.A.

5.3. Di contro, la Provincia reputa che proprio l’indagine svolta dalla controparte confermi il proprio operato e segnatamente l’identificazione del responsabile della contaminazione. A tale fine essa deduce, dandone riscontro probatorio, che in sede di stesura della relazione finale l’interessata abbia modificato le risultanze del giornale di scavo che menzionavano residui della produzione di lavatrici. Rappresenta, inoltre, che negli anni in esame la società Industrie A. Zanussi S.p.A. erano, molto attive anche nel campo edile, fornendo, anche in questo caso prova documentale dell’allegazione.

6. Non si sono costituiti in giudizio gli altri soggetti, tutti elencati in epigrafe, cui pure era stato notificato il ricorso introduttivo del presente giudizio.

7. All’udienza del 22 aprile 2015, dopo ampia discussione, la causa era trattenuta in decisione.

DIRITTO

1. Viene all’esame di questo tribunale la questione della legittimità, per i motivi di seguito esaminati, della diffida alla società Electrolux S.p.A. a bonificare un sito inquinato in Comune di Porcia.

2.1. “Eccesso di potere nelle forme del difetto di istruttoria, di motivazione, travisamento dei fatti, illogicità e falsità del presupposto, ingiustizia manifesta, contraddittorietà con determinazioni in precedenza assunte dalla stessa P.A., sviamento di potere; violazione di legge in relazione all’art. 239, 240 co. 1 lett. r), 244 co. 1, 250, 303 co. 1 lett. h) d.lg. n. 152/2006”.

Con il primo motivo di impugnazione sostiene la società ricorrente che quella per cui è causa è una discarica non autorizzata di rifiuti di molteplice natura, conferiti da più soggetti, in parte identificati, e in parte non identificati. Essa, pertanto, ha dato luogo a una situazione di inquinamento diffuso di cui all’articolo 239, comma 3, D.Lgs. n. 152/2006, sottratto in quanto tale alla disciplina generale della bonifica dei siti inquinati contenuta nel titolo V parte IV del cd. Codice dell’ambiente. Invero, in ossequio al principio per cui chi inquina paga, laddove – come nel caso di specie – non sia possibile accertare il nesso causale tra il danno ambientale e l’attività dei singoli operatori, spetta allo Stato farsi carico della bonifica. Sicché è illegittimo l’atto impugnato che pone a carico di Electrolux S.p.A. l’attività di bonifica de qua.

2.2. La doglianza è infondata.

2.3.1. Ai sensi dell’articolo 240, comma 1, lettera r), D.Lgs. n. 152/2006, costituisca inquinamento diffuso «la contaminazione o le alterazioni chimiche, fisiche o biologiche delle matrici ambientali determinate da fonti diffuse e non imputabili ad una singola origine».

2.3.2. Si tratta all’evidenza di una definizione che non si attaglia alla fattispecie concreta, nella quale, così come accertato dal documento di caratterizzazione ambientale, effettuata dal Comune di Porcia e approvata dalla Conferenza di servizi dell’8.02.2011 indetta dalla Regione, l’inquinamento è causato esclusivamente dal dilavamento da parte degli eventi atmosferici del cumulo di rifiuti interrati. La discarica non autorizzata costituisce, pertanto, una fonte unitaria di inquinamento, anche se i rifiuti conferiti, come per lo più accade, sono eterogenei, e i conferimenti sono intervenuti in momenti successivi.

2.3.3. D’altro canto, se è vero che inizialmente il sito in esame era da considerarsi “orfano”, perché la Provincia non era stata in grado sin da subito di individuare il responsabile dell’inquinamento, è anche vero che questa situazione si è modificata all’esito dell’approfondimento e all’estensione delle indagini svolte avvalendosi della competenza tecnica dell’ARPA. Quindi, non si verte più nella situazione iniziale nella quale non vi era un responsabile dell’inquinamento: ora un responsabile è stato individuato, resta da verificare se le prove raccolte dall’Amministrazione siano o meno sufficienti.

Peraltro, l’evoluzione delle indagini spiega e legittima la modifica nel corso del tempo delle conclusioni cui è giunta l’Autorità procedente, senza che si possa sostenere una contraddittorietà tra la posizione inizialmente assunta e quella qui in discussione. Ulteriormente, va ribadito che, conformemente al principio che chi inquina paga, è compito prioritario dell’Amministrazione ricercare il responsabile della contaminazione e quindi svolgere via via gli opportuni approfondimenti istruttori. L’addossamento alla collettività dei costi della bonifica resta pur sempre l’ultima opzione.

2.4. Inoltre, va rilevato come anche la società Golder Associates S.r.l., incaricata da Electrolux S.p.A. di eseguire la caratterizzazione dell’area contaminata, nel documento del marzo 2014 che illustra il proprio modello concettuale, scarti la tesi dell’inquinamento diffuso, riconducendo invece la contaminazione al cumulo di rifiuti interrati, che viene qualificato quale sorgente primaria di contaminazione e che viene riconosciuto come ancora attivo.

3.1.1. “Eccesso di potere nelle forme del difetto di istruttoria, di motivazione, travisamento dei fatti, manifesta illogicità, falsità del presupposto, sviamento di potere; violazione di legge in relazione all’art. 242 d.lg. n. 152/2006, violazione del principio comunitario chi inquina paga di cui all’art. 239 d.lg. n. 152/2006, violazione degli artt. 2727 e 2729 c.c.)”.

3.1.2. Con il secondo motivo di impugnazione sostiene la ricorrente che la Provincia non ha provato, nemmeno avvalendosi di presunzioni semplici, che responsabile dell’inquinamento di cui si discute sia la società Industrie A. Zanussi S.p.A.. Contesta l’interessata a uno a uno gli elementi presi in considerazione dall’Autorità procedente (tipologia merceologica dei rifiuti ritrovati, frequenza del ritrovamento, testimonianze e prove documentali, vicinanza dello stabilimento al luogo di contaminazione, estensione dell’area coinvolta e volume dei rifiuti interrati, necessità produttive delle Industrie A. Zanussi all’epoca dei fatti).

3.1.3. Anzi, sempre secondo la deducente, i risultati del Piano di caratterizzazione fatto eseguire dalla stessa Electrolux S.p.A. dimostrano la infondatezza fattuale della tesi propugnata dalla Amministrazione.

3.2. La doglianza è infondata: gli elementi probatori (di cui si darà compiutamente conto ai punti che seguono) raccolti dalla Provincia sono plurimi, qualificati e concordanti, e suffragano le conclusioni cui è giunta l’Amministrazione procedente.

3.3.1. Invero, dalla documentazione versata in atti risulta:

(A) che i terreni ricompresi nel perimetro esaminato originariamente degradavano verso il Rio Brentella e che sono stati successivamente imboniti con rifiuti sino ad assumere una forma pianeggiante;

(B) che nel corso dei prelevamenti di campioni di acqua e terreno effettuati in data 21.11.2006 e 27.11.2006 dall’ARPA presso, rispettivamente, le proprietà Pivetta Francesca – Cordenons Roberto e presso le proprietà Corazza Fabio – Spada Gerardo (tutte ubicate nei pressi del rio Brentella) sono stati osservati nei rifiuti residui di schiuma poliuretanica espansa, di sacchetti o rivestimenti di materiale plastico, frammenti stampati di materiale plastico, manufatti plastici di piccole dimensioni, parti di teli o imballaggi di materiale plastico (così, nei verbali e nella allegata documentazione fotografica);

(C) che nel corso del nuovo campionamento eseguito dall’ARPA in data 23.02.2007 presso le proprietà Corazza Fabio – Spada Gerardo, in tutte e quattro le trincee all’uopo scavate, si sono osservate significative quantità di rifiuti interrati, costituiti prevalentemente da parti di teli o di imballaggi plastici, manufatti plastici di piccole dimensioni e altri resti non definibili (così nel relativo verbale);

(D) che nel corso del sopralluogo effettuato dall’ARPA in data 6.03.2008 presso un terreno demaniale e presso la proprietà Cordenons Mario (entrambi limitrofi al rio Brentella) sono stati osservati resti di teli e elementi in materie plastiche, schiume poliuretaniche, materiali fangosi, materiali ferrosi, lamierati metallici, manufatti cementizi, laterizi, elementi e tubi in gomma, bottiglie in vetro, condensatori elettrici: il verbale (con allegata documentazione fotografica) riporta l’annotazione «alcuni dei materiali descritti sembrerebbero riferibili a componentistica di elettrodomestici “lavatrici”»;

(E) che nel corso dei sopralluoghi effettuati dalla Provincia in data 14.10.2009 e 15.10.2009 presso le proprietà Corazza – Turchetto – Spada (sempre presso il rio Brentella) sono stati rinvenuti piccoli pezzi e materiali da demolizione, spessi film di nylon da imballaggio, paglia da imballaggio, manufatti di vario genere di prevalente origine industriale (tubo dell’acqua per lavatrice, guarnizione in gomma e parte metallica di oblò di lavatrice, manicotto di raccordo di lavatrice, vaschetta detersivo per lavatrice, filtro di aspirazione d’aria di muletto diesel, ventola di raffreddamento di motore elettrico, bussola di guida su pompa, condensatori), legno, pezzi di plastica, bidoni metallici, fogli di carta intestati alla società Industrie A. Zanussi S.p.A., terre di fonderia, poliuretano espanso e materiale vetrificato (così nei verbali e nella allegata documentazione fotografica);

(F) che, come riportato nella notizia di reato, inviata dal Comando di Polizia municipale del Comune di Porcia alla Procura della Repubblica in data 9.04.2008, nel corso delle indagini, due persone (ivi identificate), sentite a sommarie informazioni, avevano dichiarato (e le dichiarazioni sono allegate) che i rifiuti interrati risalgono agli anni ’60 del secolo scorso e provenivano dallo stabilimento delle allora Industrie A. Zanussi S.p.A.;

(G) che durante il sopralluogo effettuato dalla Provincia in data 22.05.2012 nell’ambito delle attività propedeutiche all’attività di caratterizzazione che la società Electrolux S.p.A. si era resa disponibile a effettuare, sono stati osservati rifiuti affioranti costituiti prevalentemente da film di imballaggio in plastica, pezzi informi di poliuretano espanso, tubi, pezzi metallici e di plastica, ed è stata rinvenuta una targhetta in plastica “Zanussi” di un motore elettrico di un condensatore (così verbale e allegata documentazione fotografica);

(H) che durante il sopralluogo effettuato dalla Provincia in data 14.03.2013 in funzione di verifica delle indagini di caratterizzazione fatte svolgere dalla società Electrolux S.p.A., uno degli abitanti in zona ha riferito che il terreno oggetto degli scavi era stato imbonito con materiale proveniente dagli stabilimenti della società Industrie A. Zanussi S.p.A. e che altrettanto avevano fatto i proprietari delle aree confinanti;

(I) che nel parere reso da ARPA nella Conferenza di servizi convocata per validare gli esiti della caratterizzazione fatta svolgere da Electrolux S.p.A. è precisato che nel corso dei sopralluoghi effettuati durante gli scavi si è rilevata la frequente ricorrenza nel cumulo di rifiuti interrati di scarti e residui di apparecchiature elettriche e in particolare di lavatrici;

(L) che, come riportato nella pubblicazione del 1964 a cura della stessa società Industrie A. Zanussi S.p.A., la produzione in quegli anni era orientata agli elettrodomestici, lo stabilimento era completamente autonomo, con reparti specializzati: tra questi quelli dedicati alla componentistica, alla verniciatura, alla smaltatura, alla galvanica, alla fonderia, e persino allo sviluppo costruttivo del comprensorio industriale (quantificato in 1.500 mq. di superficie edificata al mese);

(M) che lo stabilimento della società Industrie A. Zanussi S.p.A. si trova a circa 2 Km. dall’area di stoccaggio dei rifiuti e in zona non esiste altro sito produttivo comparabile per risalenza storica, tipo e quantità di produzione;

(N) che gli elementi chimici ritrovati nella fase liquida circolante dentro la massa di rifiuti in questione è confrontabile per tipologia (nichel e boro) e concentrazioni a quelle presenti nei fanghi smaltiti sin dal 1978 dalla società Industrie A. Zanussi nella discarica regolarmente autorizzata dal Comune di Porcia.

3.3.2. In sintesi, gli elementi probatori raccolti, ovverosia la frequenza di rifiuti (imballaggi e componenti, quali oblò, pesi, tubi e vaschette per il detersivo) riconducibili alla produzione di lavatrici, i resti di documentazione interna della società Industrie A. Zanussi S.p.A. e di placchette di plastica con lo stesso marchio, lo svolgimento da parte della società medesima di una importante attività costruttiva (1.500 mq. di superficie edificata al mese), le dichiarazioni concordanti rese dagli abitanti nell’area interessata dalla contaminazione, la vicinanza del sito produttivo un tempo della società Industrie A. Zanussi S.p.A., convergono tutti nell’indicare nella predetta impresa la responsabile dell’inquinamento di cui si discute.

3.4.1. Gli elementi probatori emersi dalle indagini svolte dalle varie Amministrazioni coinvolte trovano, diversamente da quanto sostiene il patrocinio di parte ricorrente, conferma negli esiti della caratterizzazione fatta svolgere dalla stessa società Electrolux S.p.A..

3.4.2. Va, infatti, ricordato che la Conferenza di servizi, in sede di approvazione del Piano di caratterizzazione proposto dall’odierna ricorrente, fra le prescrizioni imposte ha stabilito che dovesse essere redatto il Giornale dei Lavori, previsto dall’allegato 2 al Titolo V^ del D.Lgs. n. 152/2006 (nella versione applicabile ratione temporis), in cui descrivere dettagliatamente tutte le attività effettuate in campo, le decisioni prese dal responsabile e ogni altra informazione utile agli Enti di controllo e ai fini della valutazione del documento di caratterizzazione. La verbalizzazione, a norma di legge, doveva essere giornaliera.

3.4.3. Risulta documentalmente che le Amministrazioni coinvolte abbiano dovuto insistentemente chiedere la consegna della copia integrale e olografa del Giornale dei Lavori, al fine di validare il documento di caratterizzazione.

Quando, finalmente, la società Golder Associates S.r.l., per conto della ricorrente, ha depositato il documento, sono emerse plurime discrepanze, sotto forma di cancellature e interpolazioni, rispetto alle stesse pagine del Giornale dei Lavori fotografate da personale della Provincia nel corso di uno dei sopralluoghi effettuati nell’ambito dell’attività di vigilanza della caratterizzazione in corso di svolgimento.

Le documentate discrepanze sono accumunate da una complessiva riduzione di specificazione dei materiali repertati: così sono stati cancellati i riferimenti alla componentistica di elettrodomestici (non si legge più “scarico di lavatrici”, “contrappesi per lavatrici”, “piccoli componenti metallici di assemblaggio di elettrodomestici”, “detersivo per lavatrici”, “filtro lavatrici-lavastoviglie”), e sono state aggiunti termini (i.e. “probabilmente”) atti a rendere meno sicura l’identificazione dell’origine dei rifiuti.

3.5.1. Le circostanze sopra dettagliatamente riportate sono idonee a collegare causalmente il rilevato inquinamento alla condotta della società Industrie A. Zanussi S.p.A., secondo il paradigma del più probabile che non.

3.5.2. Già la C.G.U.E. nella sentenza n. 378/2010 ha ammesso la possibilità per le Autorità degli Stati membri di utilizzare lo strumento delle presunzioni per provare la sussistenza del nesso eziologico purché esse si fondino su elementi concludenti quali la vicinanza dell’impianto dell’operatore economico al luogo dell’inquinamento e la corrispondenza tra i materiali inquinanti e quelli utilizzati dall’operatore economico stesso.

La Corte di Cassazione, d’altro canto, ha spiegato che, laddove ragioni in via presuntiva, il Giudice debba valutare gli elementi raccolti non isolatamente, ma l’uno alla luce dell’altro a comporre il quadro d’insieme e a verificare se sia superata la soglia del più probabile che non (cfr., Cass., Sez. III^, sentenza n. 5787/2014).

Infatti, nel diritto processuale amministrativo, come in quello civile, l’onere della prova è regolato dal paradigma del “più probabile che non” e non dalla certezza al di là di ogni ragionevole dubbio del processo penale (cfr. T.A.R. Abruzzo – Pescara, sentenza n. 204/2014). A fortiori, le esigenze di effettività della tutela ambientale consentono, in considerazione della improbabilità di cogliere l’autore sul fatto, di individuare il responsabile, tanto a titolo commissivo quanto a titolo omissivo, dell’inquinamento, sulla scorta di dati fattuali che rendano verosimile, secondo l’id quod plerumque accidit che un dato inquinamento sia stato causato da un determinato soggetto (cfr., C.d.S., Sez. V^, sentenza n. 3885/2009).

3.6.1. D’altro canto, a fronte del complesso di elementi raccolti dall’Amministrazione procedente, concretizzante una presunzione semplice, la società Electrolux S.p.A. non è stata in grado di fornire una valida spiegazione alternativa.

3.6.2. Non può concordarsi con il patrocinio di parte ricorrente che sostiene non essere riconducibili i rifiuti all’attività delle Industrie A. Zanussi S.p.A., sia per la eterogeneità degli stessi, sia per la prevalenza dei rifiuti da demolizione, sia perché tutt’al più si tratta di elettrodomestici abbandonati dal consumatore finale.

Innanzitutto, la documentazione versata in atti dimostra la preponderanza, quanto meno sotto il profilo della frequenza, degli imballaggi e dei componenti (filtri, scarichi, vaschette per il detersivo, oblò, contrappesi per lavatrici, placchette con marchio) di elettrodomestici, in particolare di lavatrici, oggetto della produzione Zanussi in quegli anni.

Al riguardo inattendibile si è rivelata la relazione di sintesi dell’attività di caratterizzazione presentata dalla società Electrolux S.p.A., stante la modifica delle rilevazioni verbalizzati nel Giornale dei lavori. Non convince, infatti, la spiegazione fornita dall’interessata, secondo cui si tratterebbe di una meglio ponderata valutazione dell’insieme dei reperti da parte del geologo che dirigeva gli scavi. Da, un lato, depone negativamente la resistenza della società Golder Associates S.r.l. a consegnare copia del manoscritto redatto durante gli scavi: in atti vi è prova documentale delle reiterate richieste da parte di Regione e Provincia. Dall’altro lato, se può risultare verosimile un ripensamento da parte del geologo di campo, è assolutamente improbabile un ripensamento così esteso e univoco, volto cioè sempre e comunque a rimuovere ogni possibile collegamento con l’industria degli elettrodomestici.

La quantità di rifiuti (le stime parlano di non meno di 16.000 mc.) e la circostanza che non sono mai stati ritrovati elettrodomestici interi porta a escludere che si tratti di abbandoni occasionali dei macchinari non più funzionanti da parte dei consumatori finali.

In secondo luogo, riveste particolare pregnanza il ritrovamento di documentazione interna (corrispondenza tra uffici) della società Industrie A. Zanussi S.p.A., perché non è ragionevolmente ipotizzabile provenienza alternativa rispetto allo stabilimento di Porcia.

In terzo luogo, anche gli scarti dell’attività di costruzione sono compatibili con il tipo di attività svolta in quegli anni dalle Industrie A. Zanussi S.p.A.. Vi è, infatti, in atti la prova che la società era all’epoca dotata di un reparto costruzioni interno che operava al ritmo di 1.500 mq. di superficie edificata al mese.

3.6.3. Non può convenirsi con la difesa della società ricorrente circa la genericità e inattendibilità delle testimonianze raccolte nel corso degli anni.

Invero, tutte le persone ascoltate vivono o hanno vissuto in prossimità della zona del ritrovamento; sono tutte concordi nel narrare di scarichi di materiale proveniente dalla società Industrie A. Zanussi S.p.A.; non hanno alcun interesse in causa, nel senso che non graverà su di loro la bonifica ove fosse escluso ogni addebito alla dante causa della società Electrolux S.p.A..

In secondo luogo, è pur vero che le eredi Ragagnin (coloro che hanno venduto i terreni nei quali sono stati fatti i primi ritrovamenti di rifiuti) hanno riferito che i nonni avevano imbonito il terreno con scarti di demolizione. Tuttavia, l’area contaminata è ben più ampia di quella un tempo dei consorti Ragagnin; non è specificata la provenienza di quegli scarti di demolizione (la vastità del fenomeno consente di escludere che si tratti dei resti di lavori di modesta entità quali possono essere quelli svolti da privati); non si è mai sostenuto che gli interramenti siano avvenuti senza il consenso dei proprietari dei terreni coinvolti.

A loro volta si rivelano inconferenti le dichiarazioni rese dagli ex dipendenti, e non solo o non tanto perché (come evidenziato dal patrocinio della Provincia) tali dichiarazioni sono giunte a tre anni di distanza dall’apertura dell’istruttoria amministrativa, e dopo che, a fronte degli inviti a fornire il proprio apporto collaborativo, Electrolux S.p.A. si era sempre detta impossibilitata a tanto in ragione del lungo tempo trascorso. Infatti, quel che rileva è che nessuno degli ex dipendenti è stato in grado di indicare il luogo del definitivo conferimento, tanto degli scarti di produzione non riutilizzati, quanto dei resti dell’attività di edificazione.

Per tale ragione il Collegio ritiene di non accogliere le istanze istruttorie formulate in ricorso dalla ricorrente e volte ad assumere la testimonianza scritta degli ex dipendenti, che dovrebbero confermare le suesposte circostanze fattuali. Si tratta, infatti, di circostanze prive di valore decisivo ai fini della risoluzione della presente controversia.

3.6.4. Ulteriormente, va considerato che lo stabilimento di Porcia della società Electrolux S.p.A. si trova a circa 2 Km. dal sito dell’interramento e la ricorrente non ha indicato altri operatori economici in zona che all’epoca producessero rifiuti compatibili con i ritrovamenti, di modo da superare l’allegazione avversaria di segno contrario. Val la pena precisare che, trattandosi di circostanza positiva, la prova incombeva sulla ricorrente.

3.7. Conclusivamente, va osservato come in questo quadro probatorio finisce per rivestire un ruolo marginale la copia del documento (allegata a lettera anonima) contenente l’accordo fra la società Industrie A. Zanussi S.p.A. e un soggetto non identificato per l’interramento nel terreno in Via Rustighel a Porcia (ovverossia nell’area di cui si discute) di proprietà di questo secondo contraente dei rifiuti provenienti dall’azienda. L’insieme degli elementi di prova è infatti sufficientemente ampio, coerente e concludente da non necessitare di ulteriori conferme, quale è quella offerta da documento de quo.

3.8. In definitiva, il presupposto su cui si fonda l’atto impugnato, vale a dire che i rifiuti interrati lungo la sponda del rio Brentella in Comune di Porcia sono scarti di produzione della società Industrie A. Zanussi S.p.A., a un attento esame, risulta indenne dalle critiche avanzate nei suoi confronti, ed è idoneo a determinarne la responsabilità per l’inquinamento causato dal loro accumulo, con i conseguenti obblighi ripristinatori che un tanto comporta.

4.1. “Eccesso di potere nelle forme del difetto di istruttoria, di motivazione, travisamento dei fatti, falsità del presupposto, ingiustizia manifesta; violazione di legge in relazione all’art. 242 d.lg. n. 152/2006”.

Con il terzo motivo di impugnazione sostiene la società ricorrente che, anche a voler ammettere, in via di mero ragionamento, che sia stata la società Industrie A. Zanussi S.p.A. a interrare i rifiuti ritrovati in prossimità del rio Brentella, comunque all’epoca dei fatti la condotta non era vietata, e dunque di nulla può ora essere chiamata a rispondere la società Electrolux S.p.A.. Invero, l’assenza di una norma che vietasse di imbonire terreni tramiti gli scari dell’attività produttiva esclude in radice la sussistenza dell’elemento soggettivo (dolo o colpa) in capo all’autore del conferimento medesimo. Né può essere configurata in termini di responsabilità oggettiva quella in cui incorre chi inquina.

4.2. La doglianza è infondata, atteso che, come appurato dal primo documento di caratterizzazione, il cumulo di rifiuti interrato costituisce una fonte di contaminazione ancora attiva. Tale conclusione non è contestata dalla deducente.

Quello che alla società Electrolux S.p.A. viene chiesto di bonificare non è un inquinamento risalente nel tempo, ma un inquinamento attuale. La circostanza che una contaminazione attuale abbia avuto origine quando la condotta causativa non era vietata non può essere considerata ostativa al porre rimedio alla contaminazione medesima.

4.3. Il comma 11 dell’articolo 242 del D.Lgs. n. 152/2006 testualmente stabilisce che «Nel caso di eventi avvenuti anteriormente all’entrata in vigore della parte quarta del presente decreto che si manifestino successivamente a tale data in assenza di rischio immediato per l’ambiente e per la salute pubblica, il soggetto interessato comunica alla regione, alla provincia e al comune competenti l’esistenza di una potenziale contaminazione unitamente al piano di caratterizzazione del sito, al fine di determinarne l’entità e l’estensione con riferimento ai parametri indicati nelle CSC ed applica le procedure di cui ai commi 4 e seguenti».

Ne consegue che anche gli eventi causativi dell’inquinamento antecedenti all’entrata in vigore del cd. Codice ambientale sono idonei a generare gli obblighi della vigente disciplina.

D’altro canto, ove non fosse possibile individuare il responsabile dell’inquinamento, la bonifica sarebbe a carico della collettività, anche se la sorgente dell’inquinamento fosse da riconnettere causalmente a una condotta posta in essere prima dell’adozione di qualsivoglia normativa, nazionale e comunitaria a tutela dell’ambiente. Di certo, infatti, non può pensarsi che per il solo fatto di essere risalente nel tempo, un fenomeno di contaminazione non debba essere affrontato e risolto, così da evitare un aggravamento della situazione medesima.

4.4. La stessa direttiva 2004/35/CE indica nella prevenzione e nella riparazione del danno ambientale uno degli obiettivi della politica ambientale comunitaria.

Tanto è vero che, secondo il costante insegnamento della Corte di Giustizia, quando essa non è applicabile ratione temporis e/o ratione materiae, spetta ai singoli Stati membri, nel rispetto dei Trattati e delle fonti di diritto derivato, regolare la prevenzione e il ripristino delle situazioni di danno ambientale.

Ora, secondo le regole generali del nostro ordinamento, quella in esame integra una ipotesi di danno permanente, perché destinato a perdurare e financo ad aggravarsi sino a quando venga rimossa la fonte del danno: nel caso che ci occupa, il dilavamento dei rifiuti interrati. Ne consegue, pertanto, che l’obbligo porre rimedio allo stesso non si prescrive, rinnovandosi continuamente sino a quando la fonte dell’inquinamento è attiva.

Ulteriormente, ne consegue che la rimozione della fonte dell’inquinamento, in una parola la bonifica, è regolata dalla disciplina vigente al momento in cui essa viene effettuata, e un tanto indipendentemente dal fatto che l’inquinamento si sia originato in una fase antecedente all’entrata in vigore della disciplina medesima. Quello che rileva, infatti, non è la preesistenza dell’inquinamento, ma l’attualità di esso.

4.5.1. Né può la società ricorrente invocare l’assenza dell’elemento soggettivo (dolo o colpa) essendo stata posta in essere la condotta (interramento di rifiuti) pacificamente quando ancora non era vietata.

3.5.2. Come anche recentemente riconfermato dal Consiglio di Stato (cfr., Sez. V^, sentenza n. 881/2015), la responsabilità dell’autore della condotta per l’inquinamento da abbandono di rifiuti, con conseguente obblighi di bonifica, messa in sicurezza e ripristino ambientale, è di tipo oggettivo. La responsabilità sussiste per il solo esistere «di un rapporto di causalità tra l’azione o l’omissione dell’autore dell’inquinamento e la contaminazione o il suo aggravamento in coerenza con il principio comunitario, secondo cui “chi inquina paga”».

Val la pena evidenziare che, come nel caso che ci occupa, pure nel caso ivi affrontato, si trattava di un inquinamento piuttosto risalente, perché originatosi negli anni ’80 del secolo scorso, e quindi antecedentemente all’entrata in vigore del Codice dell’ambiente n. 152/2006, ma comunque generante in capo al responsabile l’obbligo di bonifica.

Parallelamente, in entrambi i casi l’Amministrazione ha dimostrato la sussistenza del nesso di causalità e un tanto è sufficiente perché sorga l’obbligo di bonifica.

5.1. “Eccesso di potere nelle forme del difetto di istruttoria, di motivazione, travisamento dei fatti, falsità del presupposto e ingiustizia manifesta; violazione di legge con riferimento all’art. 239, comma 1 e art. 242 d.lg. 152/2006; violazione del principio chi inquina paga”.

Con il quarto motivo di impugnazione, ritiene la società ricorrente che, anche a tutto voler concedere, la società Industrie A. Zanussi S.p.A. non può essere ritenuta responsabile di tutti i rifiuti rinvenuti nel sito contaminato, sia per la tipologia di scarti ivi presenti, sia perché al conferimento hanno sicuramente partecipato anche altri soggetti, prima di tutti i signori Ragagnin.

Sostiene la deducente che, ai sensi dell’articolo 311, comma 3, D.Lgs. n. 152/2006 la responsabilità per danno ambientale dà luogo a un’obbligazione parziaria. Se così non fosse, infatti, risulterebbe violato il principio comunitario per cui chi inquina paga.

4.2. La censura è infondata sia in punto di fatto che in punto di diritto.

5.3.1. In punto di fatto va considerato che tutti i rifiuti ritrovati in discarica, anche quelli da attività di costruzione e di fonderia sono, per quanto visto ai paragrafi precedenti, compatibili con la produzione di quegli anni delle Industrie A. Zanussi S.p.A..

Va altresì considerato che l’area di interramento dei rifiuti de quibus è più vasta di quella un tempo Ragagnin: quest’ultima ne è solo un parte.

5.3.2. Parte ricorrente non ha indicato quali siano gli ulteriori soggetti che avrebbero conferito i rifiuti interrati e in quale misura avrebbero contribuito a causare l’inquinamento della cui bonifica si tratta, limitandosi a una generica allegazione.

5.3.3. Se poi la società Electrolux S.p.A. intendeva riferirsi ai signori Ragagnin, si è già osservato come non sia in contestazione che l’interramento dei rifiuti è avvenuto con il consenso dei proprietari dei fondi così imboniti.

5.3.4. In ogni caso l’autore di una contaminazione non può sottrarsi ai conseguenti obblighi di bonifica invocando la presenza di altri responsabili.

6.1. “Eccesso di potere nelle forme del difetto di istruttoria, di motivazione, travisamento dei fatti, falsità del presupposto e ingiustizia manifesta; violazione di legge in relazione a quanto previsto dall’art. 3 co. 32 legge 28.12.1995 n. 549, Finanziaria per il 1996”.

Con il quinto motivo di impugnazione si duole la ricorrente del fatto che l’Amministrazione non abbia posto un analogo obbligo di bonifica in capo alle eredi Ragagnin, posto che, per stessa ammissione di queste ultime, i propri danti causa imbonirono i terreni di proprietà con rifiuti. La responsabilità delle consorti Ragagnin – sempre a detta della deducente – discende dall’articolo 3, comma 32, L. n. 549/1995, a mente del quale la responsabilità in solido del proprietario o dell’utilizzatore dell’area nella quale sono stati abbandonati i rifiuti sorge in caso di mancata tempestiva denuncia della circostanza all’Autorità tenuta alla vigilanza.

6.2. La doglianza è infondata, essendo già stata sottoposta la vaglio giudiziale la questione della responsabilità per i fatti di causa delle sorelle Ragagnin.

6.3. Invero, come già si è dato conto nella parte in fatto, agli inizi dell’indagini, quando pareva trattarsi di un abbandono di rifiuti non inquinanti, limitato all’area già interamente Ragagnin, il Comune di Porcia aveva adottato nei confronti delle ex proprietarie un’ordinanza di rimozione, definitivamente annullata dal Consiglio di Stato con sentenza n. 807/2008.

E’ ben vero che la precitata pronuncia ha a oggetto un diverso provvedimento amministrativo, nondimeno la stessa è chiara nell’escludere qualsivoglia tipo di responsabilità in capo alle sorelle Ragagnin per aver conosciuto e passivamente tollerato il protrarsi nel tempo della permanenza nel sottosuolo dei rifiuti in questione. La sentenza afferma che non sussisteva alcun obbligo di denuncia in capo alle sorelle Ragagnin, e da tale conclusione, anche a voler ammettere che su di essa non sia sceso il giudicato, il Collegio non vede ragione per discostarsi.

7.1. “Eccesso di potere nelle forme del difetto di motivazione, travisamento dei fatti, falsità del presupposto e ingiustizia manifesta; violazione di legge in relazione a quanto previsto dall’art. 242 e dall’art. 303 co. lett. g) d.lg. n. 152/2006”. Con l’ultimo motivo di impugnazione la società ricorrente ripropone la tesi della non applicabilità retroattiva della disciplina che impone l’obbligo di bonifica dei siti inquinati: conclusione questa che sarebbe rafforzata dall’essere trascorsi oltre trent’anni dall’interramento dei rifiuti in questione.

7.2. Al riguardo il Collegio ritiene sufficiente rinviare a quanto già osservato al punto 4, limitandosi qui a ribadire che non si tratta affatto di un’applicazione retroattiva delle norme che impongono all’autore dell’inquinamento di porvi rimedio. Invero, la fonte della contaminazione è ancora attiva e dunque l’inquinamento è attuale e non pregresso, in evoluzione e suscettibile di peggioramento ove non affrontato e risolto.

7.3. Proprio la circostanza che la fonte dell’inquinamento sia ancora attiva porta infine a escludere l’applicabilità del limite trentennale fissato dall’articolo 303, comma 1, lettera g), D.Lgs. n. 152/2006. Infatti, l’emissione delle sostanze inquinanti non si è verificata una volta per tutte oltre trent’anni fa ma si rinnova quotidianamente, atteso che il cumulo di rifiuti interrati percola e percolando inquina il suolo e il corso d’acqua.

Sicché, come del resto stabilito anche dall’articolo 242, comma 1, D.Lgs. n. l52/2006 con riguardo alle contaminazioni storiche che ancora comportano rischi per l’ambiente, vanno assunte le misure operative e amministrative necessarie.

8.1. In conclusione, il ricorso è infondato, perché la Provincia, assolvendo all’onere probatorio che su di essa incombeva, ha dimostrato, secondo il paradigma dell’id quod plerumque accidit, che i rifiuti interrati nell’area esaminata sono riconducibili alla produzione della società Industrie A. Zanussi S.p.A. negli anni ’60-’70 del secolo scorso, che quei rifiuti hanno provocato il rilevato inquinamento del suolo e del rio Brentella, che la sorgente di contaminazione è ancora attiva, determinando una situazione in continua evoluzione.

8.2. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.


P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Friuli Venezia Giulia (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Condanna la società ricorrente a rifondere alla provincia resistente le spese del giudizio, che liquida in complessivi €uro 4.000,00, oltre ad accessori di legge se dovuti.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Così deciso in Trieste nella camera di consiglio del giorno 22 aprile 2015 con l’intervento dei magistrati:

Umberto Zuballi, Presidente
Manuela Sinigoi, Primo Referendario
Alessandra Tagliasacchi, Referendario, Estensore

L’ESTENSORE

IL PRESIDENTE
 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 18/05/2015
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
 

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