* INQUINAMENTO DEL SUOLO – Adozione, da parte del Sindaco, di un procedimento contingibile e urgente in materia ambientale – Competenza della Provincia in materia – Contrasto – Inconfigurabilità – Applicabilità della normativa generale, ove si configurino i presupposti per l’azione delle ordinanze extra ordinem.
Provvedimento: Sentenza
Sezione: 1^
Regione: Friuli Venezia Giulia
Città: Trieste
Data di pubblicazione: 5 Giugno 2019
Numero: 246
Data di udienza: 20 Marzo 2019
Presidente: Settesoldi
Estensore: Sinigoi
Premassima
* INQUINAMENTO DEL SUOLO – Adozione, da parte del Sindaco, di un procedimento contingibile e urgente in materia ambientale – Competenza della Provincia in materia – Contrasto – Inconfigurabilità – Applicabilità della normativa generale, ove si configurino i presupposti per l’azione delle ordinanze extra ordinem.
Massima
TAR FRIULI VENEZIA GIULIA, Sez. 1^ – 5 giugno 2019, n. 246
INQUINAMENTO DEL SUOLO – Adozione, da parte del Sindaco, di un procedimento contingibile e urgente in materia ambientale – Competenza della Provincia in materia – Contrasto – Inconfigurabilità – Applicabilità della normativa generale, ove si configurino i presupposti per l’azione delle ordinanze extra ordinem.
La competenza della Provincia in materia ambientale può essere considerata come esclusiva soltanto in relazione ai procedimenti ordinari, visto che la norma attributiva del potere non fa uno specifico riferimento alle situazioni in cui si ravvisi l’indifferibilità e l’urgenza di provvedere (per una fattispecie opposta, ossia in cui è prevista esplicitamente l’emanazione di ordinanze contingibili e urgenti, si veda l’art. 191 del D. Lgs. n. 152 del 2006). Di conseguenza, pur a fronte di una normativa speciale che si occupa, di regola, dell’attività amministrativa in ordine ai siti inquinati, si deve ritenere applicabile la normativa generale, espressione di un potere atipico e residuale, in materia di ordinanze contingibili e urgenti, allorquando se ne configurino i relativi presupposti (cfr. Consiglio di Stato, V, 12 giugno 2009, n. 3765; II, parere 24 ottobre 2007, n. 2210; T.A.R. Lombardia, Milano, IV, 16 luglio 2009, n. 4379). L’astratta configurabilità di un tale modus operandi consente, altresì, di prescindere, in tale fase, dalla previa individuazione del soggetto responsabile dell’inquinamento, rendendo possibile indirizzare l’ordine di intervento direttamente al proprietario dell’area inquinata (Consiglio di Stato, V, 7 settembre 2007, n. 4718; T.A.R. Lombardia, Milano, IV, 16 luglio 2009, n. 4379).
Pres. Settesoldi, Est. Sinigoi – U. s.p.a. (avv.ti Bezzi e Stefana) c. Comune di Spilimbergo (avv. Pellegrini)
Allegato
Titolo Completo
TAR FRIULI VENEZIA GIULIA, Sez. 1^ - 5 giugno 2019, n. 246SENTENZA
TAR FRIULI VENEZIA GIULIA, Sez. 1^ – 5 giugno 2019, n. 246
Pubblicato il 05/06/2019
N. 00246/2019 REG.PROV.COLL.
N. 00289/2018 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Friuli Venezia Giulia
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 289 del 2018, proposto da
Ubi Leasing S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Domenico Bezzi e Alessandro Stefana, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Comune di Spilimbergo, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Vincenzo Pellegrini, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Giuseppe Sbisa’ in Trieste, via Donota n. 3;
nei confronti
Fallimento Sintesi S.p.A., non costituito in giudizio;
per l’annullamento, previa sospensione cautelare
– dell’ordinanza sindacale del Comune di Spilimbergo n. 64 del 26.07.2018, per l’esecuzione di misure di prevenzione e per la messa in sicurezza ai sensi dell’art. 240 del d.lgs. 152/2006 all’interno dell’area industriale sita in Spilimbergo “Zona industriale Cosa”, catastalmente censita L Fg. 27 mapp. N. 382;
– di ogni altro atto connesso, conseguente e/o presupposto;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Spilimbergo;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 20 marzo 2019 la dott.ssa Manuela Sinigoi e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
La società UBI Leasing S.p.A., proprietaria di una serie di immobili ed aree siti nel Comune di Spilimbergo (PN), Zona Industriale Cosa, contesta la legittimità, invocandone l’annullamento, previa sospensione cautelare, del provvedimento sindacale in epigrafe compiutamente indicato, con cui le è stato ordinato, quale proprietà del mappale 382 Fg. 27 ove insiste uno sversamento di una sostanza riconducibile a possibili idrocarburi o olii minerali, che potrebbe costituire una potenziale fonte di contaminazione (“hot spot”):“1. di procedere con l’adozione delle opportune misure di prevenzione e con l’immediata messa in sicurezza dell’hot spot indicato in premessa, coprendo con un telo impermeabile l’area interessata dallo stesso al fine evitare che – in caso di pioggia – possano verificarsi fenomeni di percolamento e diffusione dei contaminanti nel sottosuolo ed in falda;
2. di porre in essere immediatamente tutte le più opportune misure di sicurezza al fine di confinare la potenziale sorgente di contaminazione indicata in premessa; tali misure andranno preventivamente condivise con l’ARPA FVG – Dipartimento di Pordenone;
3. di comunicare al Comune di Spilimbergo, all’ARPA FVG – Dipartimento di Pordenone, alla Regione FVG, all’AAS n. 5 e alla Procura della Repubblica di Pordenone, con almeno 12 ore di preavviso, l’inizio delle operazioni di cui al precedenti punti 1. e 2.”.
Questi i motivi di ricorso:
1. “Incompetenza all’adozione del provvedimento. Violazione di legge (artt.240 e 242 del d.lgs n.152 del 2006; art.50 del d.lgs n.267 del 2000). Violazione di legge (artt. 32, co.3, e ss.gg. ed allegato b, punto 2 bis, lettera i), legge regionale 12 dicembre 2014 , n. 26 e ss.mm.)”;
2. “Violazione di legge (artt.240 e 242 del d.lgs n.152 del 2006)”;
3. “Eccesso di potere per sviamento funzionale dalla causa dell’atto. Violazione di legge (art.192 del d.lgs n.152 del 2006)”;
4. “Violazione di legge: violazione e/o errata applicazione degli artt. 2, 7 ss l. n.241/1990. Omessa/insufficiente motivazione del provvedimento impugnato”.
Il Comune di Spilimbergo, costituito, ha controdedotto alle avverse censure e concluso per il loro rigetto.
Dopo la rinuncia di parte ricorrente all’istanza cautelare (ord. caut. n. 119 in data 25 ottobre 2018), è stata fissata per la trattazione del ricorso la pubblica udienza del 20 marzo 2019, in vista della quale la ricorrente ha rappresentato che, nelle more del giudizio, ha ritenuto di dare corso a sommarie misure di prevenzione, pur senza intendere, in ogni caso, prestare acquiescenza alcuna al provvedimento impugnato. Per il resto si è richiamata alle difese già svolte, contestando, in estrema sintesi, la sussistenza dei presupposti per l’emissione nei suoi confronti, quale proprietaria incolpevole, di un provvedimento ex art. 242 d.lgs. n. 152/2006, quale ritiene essere quello gravato.
Il Comune ha brevemente replicato. Ha, poi, evidenziato che la ricorrente “ha provveduto ad eseguire i lavori oggetto dell’ordine impartitole con l’ordinanza qui impugnata e tale comportamento ha determinato la cessazione della materia del contendere ovvero, in subordine, l’improcedibilità del… ricorso per sopravvenuta carenza di interesse all’annullamento di un provvedimento al quale la stessa ricorrente ha dato esecuzione”. Ha invocato, quindi, la relativa declaratoria.
La ricorrente ha replicato nel senso che “l’esecuzione degli interventi di messa in sicurezza è avvenuta senza dare acquiescenza alcuna al provvedimento impugnato”.
Celebrata l’udienza, l’affare è stato trattenuto in decisione.
Il ricorso non ha pregio.
Invero, in disparte ogni considerazione in ordine ai “motivi di carattere soggettivo” che hanno indotto parte ricorrente a dare medio tempore esecuzione al provvedimento impugnato, deprivandola, ad avviso del Collegio, di ogni interesse a contestarne la legittimità, dato, tra l’altro, che non ha avanzato istanza risarcitoria (o, eventualmente, dichiarato di essere intenzionata a farlo), il Collegio ritiene che il provvedimento in questione sfugga, in ogni caso, ai vizi denunciati dalla medesima.
Valgono le seguenti considerazioni.
Il Collegio ritiene, innanzitutto, che la misura minimale di prevenzione posta a carico della ricorrente (copertura con un telo impermeabile dell’hot spot) possa pacificamente rientrare tra i provvedimenti contingibili e urgenti di competenza sindacale (quale deve ritenersi pacificamente essere quello gravato), essendo insita nel paventato rischio di percolamento e diffusione dei contaminanti nel sottosuolo e in falda in caso di pioggia la sussistenza di quei presupposti di straordinarietà e urgenza che ne legittimano l’adozione.
E’ evidente, infatti, che la potenziale offesa per l’incolumità pubblica si pone quale diretta (e facilmente prevedibile conseguenza) del danno all’ambiente provocato dallo sversamento della sostanza ritenuta riconducibile a possibili idrocarburi o olii minerali.
Lo strumento in questione (che, per quanto si dirà in seguito, deve ritenersi applicabile pur a fronte di una normativa speciale che si occupa, di regola, dell’attività amministrativa in ordine ai siti inquinati) può essere utilizzato, invero, anche per evitare che un danno si verifichi o che – come nel caso in esame – si aggravi, prevalendo comunque l’esigenza di dare tutela all’interesse pubblico esposto a lesione (alla stregua dell’art.3-quater introdotto nel testo del d.lgs. n.152/2006 dal d.lgs. n.4/08, “nell’ambito della scelta comparativa di interessi pubblici e privati connotata da discrezionalità, gli interessi alla tutela dell’ambiente…devono essere oggetto di prioritaria considerazione”).
Senza trascurare, peraltro, di rilevare che la misura imposta è andata a vantaggio della stessa ricorrente, quale proprietaria dell’area, in quanto le ha consentito di evitare, al contempo, anche il prodursi di ulteriori danni a suo carico. Il Comune ha rappresentato, infatti, che le analisi sui campioni dell’hot spot nel frattempo condotte dall’ARPA (vedi nota ARPA FVG prot. 36589 del 15.10.2018) hanno confermato che trattasi di rifiuto “classificato come speciale pericoloso classi di pericolosità HP14 eco-tossico per la presenza di olio minerale (C10-C40) pari a 28000 mg/kg”.
Il Collegio condivide, peraltro, le considerazioni svolte dal Tar Lombardia, Milano, sez. IV, nella sentenza 8 giugno 2010, n. 1758, laddove, in un caso in cui era parimenti contestata l’adozione da parte del Sindaco di un provvedimento contingibile e urgente in materia ambientale, ha opportunamente evidenziato che “la competenza in materia della Provincia può essere considerata come esclusiva soltanto in relazione ai procedimenti ordinari, visto che la norma attributiva del potere non fa uno specifico riferimento alle situazioni in cui si ravvisi l’indifferibilità e l’urgenza di provvedere (per una fattispecie opposta, ossia in cui è prevista esplicitamente l’emanazione di ordinanze contingibili e urgenti, si veda l’art. 191 del D. Lgs. n. 152 del 2006).
Di conseguenza, pur a fronte di una normativa speciale che si occupa, di regola, dell’attività amministrativa in ordine ai siti inquinati, si deve ritenere applicabile la normativa generale, espressione di un potere atipico e residuale, in materia di ordinanze contingibili e urgenti (…), allorquando se ne configurino i relativi presupposti (cfr. Consiglio di Stato, V, 12 giugno 2009, n. 3765; II, parere 24 ottobre 2007, n. 2210; T.A.R. Lombardia, Milano, IV, 16 luglio 2009, n. 4379).
L’astratta configurabilità di un tale modus operandi consente, altresì, di prescindere, in tale fase, dalla previa individuazione del soggetto responsabile dell’inquinamento, rendendo possibile indirizzare l’ordine di intervento direttamente al proprietario dell’area inquinata (Consiglio di Stato, V, 7 settembre 2007, n. 4718; T.A.R. Lombardia, Milano, IV, 16 luglio 2009, n. 4379)”.
Con riguardo all’ultimo profilo preso in considerazione dalla pronuncia richiamata, in giurisprudenza, è stato, peraltro, reiteratamente affermato che “è il solo obbligo di bonifica che non può essere imposto al proprietario incolpevole, mentre le misure di precauzione ben possono essere imposte al proprietario dell’area che non sia anche responsabile dell’inquinamento, dal momento che, non avendo finalità sanzionatoria o ripristinatoria, prescindono dal requisito del dolo o della colpa” (TAR Friuli Venezia Giulia, sent. n. 34/2018; Cons. Stato, V, sent. n. 1089/17; Cons. Stato, V, sent. n. 1509/16 e Cons. Stato, VI, sent. n. 3544/15; TAR Lombardia – Milano, sent. n. 1914/15; n. 1915/15, n. 927/16 e n. 928/16) e, nello specifico, che “la messa in sicurezza del sito costituisce una misura di prevenzione dei danni e rientra pertanto nel genus delle precauzioni, unitamente al principio di precauzione vero e proprio e al principio dell’azione preventiva, che gravano sul proprietario o detentore del sito da cui possano scaturire i danni all’ambiente e, non avendo finalità sanzionatoria o ripristinatoria, non presuppone affatto l’accertamento del dolo o della colpa” (Cons. Stato, V, 8 marzo 2017, n. 1089; in questi termini, Cons. Stato, sez. V, 14 aprile 2016, n. 1509; Cons. Stato, sez. VI, 15 luglio 2015, n. 3544).
Nel caso di specie, è, peraltro, evidente che il Comune ha dato motivata evidenza del pericolo per l’incolumità pubblica dotato del carattere di eccezionalità tale da rendere indispensabili interventi immediati e indilazionabili di precauzione, consistenti nell’imposizione del su descritto obbligo di copertura dell’hot spot a carico del privato proprietario per evitare ulteriore contaminazione ambientale, assolvendo puntualmente alla dimostrazione della sussistenza dei presupposti legittimanti il ricorso al potere extra ordinem eccezionalmente esercitato.
Il Comune non ha, inoltre, in alcun modo travalicato i limiti del detto potere e/o posto in essere un provvedimento sviato nella causa. L’ordinanza emessa, che – si rammenta – non impone assolutamente la rimozione dello sversamento inquinante (con asportazione del terreno compromesso) e/o la bonifica del sito, ma solo l’adozione di una misura minimale preordinata al suo “contenimento”, appare, infatti, anche assolutamente proporzionata all’esigenza indilazionabile di tutela perseguita e tale da non imporre un onere irragionevole al proprietario incolpevole.
E’ evidente, infine, che trattasi di misura di prevenzione incompatibile con il rispetto dei tempi di interlocuzione con il soggetto destinatario, tale da rendere sicuramente recessive anche eventuali garanzie di coinvolgimento procedimentale in ragione del valore del bene protetto (tutela ambientale) e delle sottese esigenze di tutela dell’incolumità pubblica.
Sulla scorta delle considerazioni sin qui svolte vanno, in definitiva, respinte tutte le doglianze svolte dalla ricorrente, in quanto infondate.
Sussistono, in ogni caso, giusti motivi per compensare per intero tra le parti le spese di lite.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Friuli Venezia Giulia, Sezione I, definitivamente pronunciando sul ricorso come in epigrafe proposto, lo rigetta.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Trieste nella camera di consiglio del giorno 20 marzo 2019 con l’intervento dei magistrati:
Oria Settesoldi, Presidente
Manuela Sinigoi, Consigliere, Estensore
Nicola Bardino, Referendario
L’ESTENSORE
Manuela Sinigoi
IL PRESIDENTE
Oria Settesoldi
IL SEGRETARIO