+39-0941.327734 abbonati@ambientediritto.it
Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Inquinamento del suolo Numero: 206 | Data di udienza: 22 Aprile 2015

INQUINAMENTO DEL SUOLO – Fallimento – Soggetto tenuto ad adottare comportamenti attivi idonei ad ovviare a situazioni di inquinamento – Curatore fallimentare – Esclusione – Soggetto responsabile dell’inquinamento – Fallimento – Comune – Somma corrispondente all’onere di bonifica – Ammissione al passivo – Art. 18, c. 5 d.m. n. 471/1999.


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 1^
Regione: Friuli Venezia Giulia
Città: Trieste
Data di pubblicazione: 5 Maggio 2015
Numero: 206
Data di udienza: 22 Aprile 2015
Presidente: Zuballi
Estensore: Sinigoi


Premassima

INQUINAMENTO DEL SUOLO – Fallimento – Soggetto tenuto ad adottare comportamenti attivi idonei ad ovviare a situazioni di inquinamento – Curatore fallimentare – Esclusione – Soggetto responsabile dell’inquinamento – Fallimento – Comune – Somma corrispondente all’onere di bonifica – Ammissione al passivo – Art. 18, c. 5 d.m. n. 471/1999.



Massima

 

TAR FRIULI VENEZIA GIULIA,  Sez. 1^ – 5 maggio 2015, n. 206


INQUINAMENTO DEL SUOLO – Fallimento – Soggetto tenuto ad adottare comportamenti attivi idonei ad ovviare a situazioni di inquinamento – Curatore fallimentare – Esclusione.

Il soggetto tenuto a ovviare a situazioni di inquinamento e potenziale e concreto pericolo per la salute pubblica e l’ambiente non può essere individuato nel curatore fallimentare, almeno nel caso in cui la curatela sia stata aperta dopo il termine dell’attività produttiva (Cons. Stato, sez. V sent. 3885 del 16 giugno 2009), atteso che il potere del curatore di disporre dei beni fallimentari (secondo le particolari regole della procedura concorsuale e sotto il controllo del giudice delegato) non comporta, necessariamente, il dovere di adottare particolari comportamenti attivi finalizzati alla tutela sanitaria degli immobili destinati alla bonifica da fattori inquinanti e che la curatela fallimentare non subentra negli obblighi più strettamente correlati alla responsabilità dell’imprenditore fallito a meno che non vi sia una prosecuzione nell’attività. In caso contrario, si determinerebbe, infatti, un inammissibile sovvertimento del principio “chi inquina paga”, dato che i costi di intervento ricadrebbero sui creditori che non presentano alcun collegamento con l’inquinamento.

Pres. Zuballi, Est. Sinigoi – Comune di San Giovanni al Natisone (avv. Iervolino) c. Provincia di Udine (avv.ti Marche e Asquini)


INQUINAMENTO DEL SUOLO – Soggetto responsabile dell’inquinamento – Fallimento – Comune – Somma corrispondente all’onere di bonifica – Ammissione al passivo – Art. 18, c. 5 d.m. n. 471/1999.

In caso di fallimento del soggetto responsabile dell’inquinamento, anche a prescindere dall’attivazione delle garanzie fideiussorie, il Comune può domandare l’ammissione al passivo ai sensi degli articoli 93 e 101 del r.d. 267/1942 per una somma corrispondente all’onere di bonifica preventivamente determinato in via amministrativa. In tal senso conforta, invero, la disposizione di cui all’art. 18, comma 5, del “Regolamento recante criteri, procedure e modalità per la messa in sicurezza, la bonifica e il ripristino ambientale dei siti inquinati, ai sensi dell’articolo 17 del D.Lgs. 5 febbraio 1997, n. 22, e successive modificazioni e integrazioni”, adottato con D.M. 25 ottobre 1999, n. 471.


Pres. Zuballi, Est. Sinigoi – Comune di San Giovanni al Natisone (avv. Iervolino) c. Provincia di Udine (avv.ti Marche e Asquini)

 


Allegato


Titolo Completo

TAR FRIULI VENEZIA GIULIA, Sez. 1^ – 5 maggio 2015, n. 206

SENTENZA

TAR FRIULI VENEZIA GIULIA,  Sez. 1^ – 5 maggio 2015, n. 206

N. 00206/2015 REG.PROV.COLL.
N. 00555/2010 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Friuli Venezia Giulia

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente


SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 555 del 2010, proposto da:
Comune di San Giovanni al Natisone, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dall’avv. Annamaria Iervolino, con domicilio eletto presso la Segreteria Generale del T.A.R. in Trieste, piazza Unita’ D’Italia 7;

contro

Provincia di Udine, in persona del Presidente p.t., rappresentato e difeso dagli avv. Stefano Marche e Federica Asquini dell’Ufficio legale della Provincia, con domicilio presso Segreteria Generale T.A.R. in Trieste, p.zza Unita’ D’Italia 7;

nei confronti di

Fallimento Ecoplan S.r.l., in persona del curatore fallimentare, non costituito in giudizio;

per l’annullamento

-della Determinazione Dirigenziale della Provincia di Udine n. 2010/5579 dd. 15.7.2010, notificata al Sindaco del Comune di S. Giovanni al Natisone in data 16.7.2010, avente ad oggetto la discarica di 2° categoria tipo “B” già della fallita Ditta Ecoplan s.r.l. ubicata in Comune di San Giovanni al Natisone in località Cascina Rinaldi;

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio della Provincia di Udine;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 22 aprile 2015 la dott.ssa Manuela Sinigoi e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

Il Comune di San Giovanni al Natisone agiva per l’annullamento, previa sospensione cautelare, del provvedimento in epigrafe indicato, con cui la Provincia di Udine lo aveva diffidato ai sensi della l.r. 30/1987 in relazione alla discarica di II categoria tipo “B” sita in Comune di San Giovanni al Natisone, località Cascina Rinaldi, estesa sulle p.c.n. 5, 55, 60, 61, 62, 63, 65, 66, 67, 68, 69, 269 del foglio n. 9, per il mancato rispetto di modalità gestionali atte a garantire quanto prescritto dall’art. 178 del d.lgs. 152/06 e s.m.i., attesa la presenza di un battente di percolato nel corpo della discarica compreso fra 11,90 e 12,87 metri ritenuto non compatibile con una gestione priva di rischi per l’ambiente e la salute umana, nonché a provvedere ad eliminare le singole inosservanze, dando dimostrazione dell’avvenuto ottemperamento nel rispetto delle disposizioni e dei termini temporali di seguito indicati: novanta giorni per avviare a smaltimento il percolato presente nel corpo della discarica tramite emunzione con abbattimento del battente fino al livello di un metro.

L’illegittimità del provvedimento impugnato veniva dedotta sulla scorta dei seguenti motivi di gravame:

1. Violazione e falsa applicazione dell’art. 42 legge fallimentare (r.d. 16/3/1942, n. 267) – Difetto di legittimazione passiva – Violazione di legge art. 3 l. 241/1990 per difetto di motivazione

2. Eccesso di potere per erronea valutazione dei fatti – Eccesso di potere per falso presupposto

3. Eccesso di potere per falso presupposto – Eccesso di potere per difetto di istruttoria

4. Violazione di legge – Errata e falsa applicazione del d.lgs. n. 36/03, allegato 1, 2.3 – Eccesso di potere per difetto di istruttoria – Violazione di legge art. 3 legge 241/90 per difetto di motivazione

5. Violazione di legge – Errata e/o omessa applicazione dell’art. 17 legge regionale n. 30/1987

Il Comune lamentava, in primo luogo, il proprio difetto di legittimazione passiva in relazione alla diffida che lo vedeva obbligato, quale intestatario della garanzia fideiussoria, allo smaltimento del percolato, in via principale ed esclusiva, in luogo della curatela del fallimento della società Ecoplan s.r.l. (ovvero della società che era stata titolare dell’autorizzazione alla gestione della discarica dianzi citata). Riteneva, invero, che tale obbligo dovesse ricadere sulla curatela, quale soggetto che aveva la disponibilità della discarica, con la conseguenza che la medesima curatela doveva essere la destinataria del provvedimento di diffida.

In secondo luogo, lamentava che la mera titolarità della garanzia non assicurava che la stessa fosse concretamente escutibile. Al riguardo, rappresentava, peraltro, che, una volta appreso del fallimento della società, si era prontamente attivato per l’escussione, ma che la pratica era ancora in istruttoria e che non vi era alcuna certezza sul relativo esito.

Deduceva, inoltre, la mancanza, nel caso di specie, dei presupposti per la bonifica del sito e, conseguentemente, dell’obbligo del Comune di eliminare una situazione di inquinamento e potenziale e concreto pericolo per la salute pubblica e l’ambiente.

In terzo luogo, assumeva che il provvedimento impugnato si fondava sul falso presupposto che il percolato presente in discarica costituisse un pericolo per l’ambiente e la salute e che le anomalie riscontrate nelle acque di falda fossero riconducibili alla discarica Ecoplan s.r.l..

Al riguardo, deduceva, invero, che non erano state provate e verificate in nessun modo interferenze tra il corpo di discarica e l’acqua di falda, che la stessa Arpa aveva sollevato dubbi in merito e che la Provincia, in assenza di indagini e approfondimenti, aveva imposto lo smaltimento del percolato al Comune, fino alla minimizzazione del battente idraulico.

In quarto luogo, deduceva che l’imposizione di abbattimento del battente idraulico fino al livello di un metro non era sorretta da alcuna motivazione, attesa l’insussistenza di appropriate indagini in merito e/o obblighi di legge in tal senso.

In quinto luogo, lamentava la violazione dell’art. 17 della l.r. n. 30/1987, in quanto la Provincia aveva stabilito solo un termine iniziale entro cui dare avvio all’attività di estrazione e smaltimento del percolato, ma non un termine finale entro cui dovevano essere ottemperate le prescrizioni impartite.

La Provincia di Udine si costituiva in giudizio per resistere al ricorso e contestarne la fondatezza sulla base di diffuse argomentazioni.

Il Tribunale respingeva l’istanza cautelare della ricorrente, ritenendola sfornita di elementi di fondatezza (ord. caut. n. 249 in data 15/12/2010). Tale provvedimento veniva gravato dall’odierno ricorrente innanzi al Consiglio di Stato, il quale, però, respingeva l’appello, ritenendo che “nel bilanciamento dei contrapposti interessi, appare prevalente quello pubblico al sollecito smaltimento del percolato presente nella discarica di cui trattasi” (ord. caut. n. 1186 in data 15/3/2011).

La causa veniva, quindi, chiamata alla pubblica udienza dell’8 aprile 2015 (e, poi, rinviata d’ufficio al 22 aprile 2015), in vista della quale la difesa della Provincia rappresentava sinteticamente che, nelle more del giudizio, il Comune aveva ottemperato, seppur parzialmente, a quanto disposto nel provvedimento impugnato, riconoscendone, pertanto, l’obbligo. Gli interventi di emunzione sino ad ora effettuati non avevano, tuttavia, consentito di ovviare all’inconveniente, con la conseguenza che quanto disposto con il detto provvedimento era da ritenersi tuttora attuale e necessitate di attuazione.

Celebrata l’udienza, la causa veniva trattenuta per la decisione.

Il ricorso non è fondato.

Va, innanzitutto, disatteso il primo motivo di gravame.

In giurisprudenza è stato, invero, ripetutamente chiarito che il soggetto tenuto a ovviare a situazioni di inquinamento e potenziale e concreto pericolo per la salute pubblica e l’ambiente non può essere individuato nel curatore fallimentare, almeno nel caso, come quello in esame, in cui la curatela sia stata aperta dopo il termine dell’attività produttiva (Cons. Stato, sez. V sent. 3885 del 16 giugno 2009), atteso che il potere del curatore di disporre dei beni fallimentari (secondo le particolari regole della procedura concorsuale e sotto il controllo del giudice delegato) non comporta, necessariamente, il dovere di adottare particolari comportamenti attivi finalizzati alla tutela sanitaria degli immobili destinati alla bonifica da fattori inquinanti e che la curatela fallimentare non subentra negli obblighi più strettamente correlati alla responsabilità dell’imprenditore fallito a meno che non vi sia una prosecuzione nell’attività. In caso contrario, si determinerebbe, infatti, un inammissibile sovvertimento del principio “chi inquina paga”, dato che i costi di intervento ricadrebbero sui creditori che non presentano alcun collegamento con l’inquinamento.

Parte ricorrente trascura, poi, di considerare che, ai sensi dell’art. 25, comma 1, secondo cpv., della l.r. 7 settembre 1987, n. 30 “il Comune, che deve provvedere al recupero ed al risanamento delle aree adibite a discarica dei rifiuti, esegue, qualora l’obbligato non vi provveda, gli interventi previsti dall’articolo 24, comma 1, lettera c), rivalendosi sulla garanzia finanziaria” ovvero provvede al recupero e al risanamento delle aree delle discariche abbandonate o esaurite.

Nel caso di specie, oltre ad essere pacifico che il Comune ricorrente risulta intestatario delle garanzie finanziarie previste dall’articolo 5, comma 1 lettera l), della l.r., è anche cosa nota che la Provincia aveva previamente provveduto a diffidare sia la società Ecoplan s.r.l. che la curatela fallimentare a provvedere allo smaltimento del percolato presente nel corpo della discarica, ma senza esito.

Non v’è, dunque, motivo di dubitare che il provvedimento gravato potesse venire emesso nei confronti del Comune di San Giovanni al Natisone, tanto più che l’ente civico era già dal 2007 (ovvero dal momento dell’invio della I diffida alla società Ecoplan) a conoscenza della sussistenza di motivi ostativi all’adozione del provvedimento di approvazione del collaudo della sistemazione definitiva dell’area della discarica da parte della Provincia di Udine e che, anche a prescindere dall’attivazione delle garanzie fideiussorie, avrebbe potuto domandare l’ammissione al passivo ai sensi degli articoli 93 e 101 del r.d. 267/1942 per una somma corrispondente all’onere di bonifica preventivamente determinato in via amministrativa. In tal senso conforta, invero, la disposizione di cui all’art. 18, comma 5, del “Regolamento recante criteri, procedure e modalità per la messa in sicurezza, la bonifica e il ripristino ambientale dei siti inquinati, ai sensi dell’articolo 17 del D.Lgs. 5 febbraio 1997, n. 22, e successive modificazioni e integrazioni”, adottato con D.M. 25 ottobre 1999, n. 471.

Ad analoga sorte è destinato il secondo motivo di gravame.

Il Collegio ritiene, infatti, che i dubbi paventati da parte ricorrente in merito alla concreta possibilità di escutere le polizze non possano impedire di porre a carico del Comune l’esecuzione degli interventi di recupero e risanamento e/o costituire motivo idoneo per esimere il Comune dal provvedere, atteso, tra l’altro, che la l.r. cit. prevede espressamente, all’art. 27, che “1. Per gli interventi di bonifica e/o recupero ambientale come previsti dall’articolo 24, comma 1, lettera c), che richiedano operazioni particolarmente impegnative rispetto a quelle ordinarie e che non trovino copertura nelle garanzie finanziarie, i Comuni(…) nei cui territori devono eseguirsi i suddetti interventi, possono avanzare motivata e documentata richiesta di contributo regionale. 2. Detti contributi possono essere assegnati in conto capitale sino al 100% della spesa ritenuta ammissibile, fermo il diritto dell’Amministrazione regionale al recupero delle spese sostenute nei confronti degli eventuali inadempienti”.

Quanto alla denunciata insussistenza dei presupposti per la bonifica del sito, denunciata da parte ricorrente con la seconda parte del secondo motivo e con il terzo motivo di gravame pare, invece, sufficiente ricordare che: a) già nel 2008 l’ARPA FVG, con nota prot. n. 3467/2008 (all. 27 – fascicolo doc. Provincia), aveva rilevato un peggioramento della qualità delle acque di falda che sembrava indicare una contaminazione attribuibile alla discarica in questione e suggerito, in base ai dati raccolti, di mantenere al minimo la presenza di percolato; b) nel 2009, con nota prot. n. 8823/2009 (all. 28 – fascicolo doc. cit.), aveva evidenziato che “i risultati delle indagini condotte confermano quanto segnalato con (…) precedenti note, in particolare la n. 3467/08 dell’11/4/2008 (…)”; c) nel marzo 2010 personale tecnico dell’U.O. Controlli dell’Area Ambiente – Servizio Gestione Rifiuti della Provincia di Udine aveva effettuato un controllo in loco e riscontrato ancora la presenza di un battente di percolato nel corpo della discarica compreso fra mt. 11,90 e 12,87 (all. 30 – fascicolo doc. cit.).

Le risultanze delle verifiche e dei controlli dianzi citato paiono, infatti, avvalorare la legittimità del provvedimento impugnato, attesa l’evidente necessità di eseguire interventi di minimizzazione del battente idraulico del percolato, al fine di ridurre i rischi per l’ambiente e la salute umana. Le doglianze vanno, pertanto, disattese.

Privo di fondamento è anche il quarto motivo di gravame.

Come già evidenziato, gli esiti delle indagini svolte giustificano infatti, di per sé, l’obbligo di abbattimento del percolato, che trova, peraltro, idoneo supporto normativo nelle disposizioni dettate dall’art. 13 del d.lgs. 13 gennaio 2003, n. 36 (Attuazione della direttiva 1999/31/CE relativa alle discariche di rifiuti) dettate per la gestione operativa e post-operativa delle discariche.

Ad analoga sorte è, infine, destinato anche il quinto motivo di gravame, essendo palese che la Provincia laddove, nel dispositivo del provvedimento impugnato, ha imposto all’amministrazione “(…) di provvedere ad eliminare le singole inosservanze dando dimostrazione dell’avvenuto ottemperamento nel rispetto delle disposizioni e dei termini temporali di seguito indicati: novanta giorni per avviare a smaltimento il percolato presente nel corpo della discarica tramite emunzione, con abbattimento del battente fino al livello di un metro”, ha inteso proprio fissare un termine per l’esecuzione dell’intervento imposto.

Sulla scorta delle considerazioni dianzi svolte, il ricorso va, in definitiva, rigettato, in quanto privo di fondamento.

Sussistono, in ogni caso, giusti motivi per compensare tra le parti le spese di lite.


P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Friuli Venezia Giulia, Sezione I, definitivamente pronunciando sul ricorso come in epigrafe proposto, lo rigetta.

Compensa per intero tra le parti le spese di lite.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Così deciso in Trieste nella camera di consiglio del giorno 22 aprile 2015 con l’intervento dei magistrati:

Umberto Zuballi, Presidente
Manuela Sinigoi, Primo Referendario, Estensore
Alessandra Tagliasacchi, Referendario

L’ESTENSORE

IL PRESIDENTE
        
 
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 05/05/2015
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
 

Iscriviti alla Newsletter GRATUITA

Ricevi gratuitamente la News Letter con le novità di AmbienteDiritto.it e QuotidianoLegale.

N.B.: se non ricevi la News Letter occorre una nuova iscrizione, il sistema elimina l'e-mail non attive o non funzionanti.

ISCRIVITI SUBITO


Iscirizione/cancellazione

Grazie, per esserti iscritto alla newsletter!