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Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Appalti Numero: 1345 | Data di udienza: 11 Gennaio 2017

* APPALTI – Funzione proconcorrenziale delle regole di evidenza pubblica – Partecipazione delle imprese di piccole e medie dimensioni – Principio del favor partecipationis – Suddivisione dell’appalto in macro lotti aventi ad oggetto una pluralità di servizi eterogeni – Illegittimità – Preclusione alla possibile partecipazione individuale dell’impresa – Vulnus al principio del favor partecipationis – Astratta possibilità di costituire un RTI o di ricorrere all’avvalimento – Non rileva.


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 2^
Regione: Lazio
Città: Roma
Data di pubblicazione: 26 Gennaio 2017
Numero: 1345
Data di udienza: 11 Gennaio 2017
Presidente: Savo Amodio
Estensore: Caponigro


Premassima

* APPALTI – Funzione proconcorrenziale delle regole di evidenza pubblica – Partecipazione delle imprese di piccole e medie dimensioni – Principio del favor partecipationis – Suddivisione dell’appalto in macro lotti aventi ad oggetto una pluralità di servizi eterogeni – Illegittimità – Preclusione alla possibile partecipazione individuale dell’impresa – Vulnus al principio del favor partecipationis – Astratta possibilità di costituire un RTI o di ricorrere all’avvalimento – Non rileva.



Massima

 

TAR LAZIO, Roma, Sez. 2^ – 26 gennaio 2017, n. 1345


APPALTI – Funzione proconcorrenziale delle regole di evidenza pubblica – Partecipazione delle imprese di piccole e medie dimensioni – Principio del favor partecipationis – Suddivisione dell’appalto in macro lotti aventi ad oggetto una pluralità di servizi eterogeni – Illegittimità.

Alla luce del principio del favor partecipationis, cui è improntato il nuovo codice degli appalti pubblici e delle concessioni (d.lgs. n. 50/2016: cfr. in particolare artt. 30, 51,83), nonché della funzione proconcorrenziale delle regole di evidenza pubblica, che si realizza anche attraverso garanzia di una più elevata possibilità che le imprese di piccole e medie dimensioni possano risultare aggiudicatarie, deve ritenersi illegittima l’individuazione dell’oggetto dell’appalto in una pluralità di servizi eterogenei e di una suddivisione dell’appalto in macro lotti, per i quali vengano richiesti requisiti economico-finanziari di importo tale da escludere la possibile partecipazione individuale delle piccole e medie imprese (nella specie, affidamento dei servizi in global service nei nidi, nelle scuole dell’infanzia, nei servizi integrativi e nelle scuole d’arte e dei mestieri di Roma Capitale suddiviso in 5 lotti funzionali territoriali, per una durata dell’affidamento di cinque anni)
 

APPALTI – Preclusione alla possibile partecipazione individuale dell’impresa – Vulnus al principio del favor partecipationis – Astratta possibilità di costituire un RTI o di ricorrere all’avvalimento – Non rileva.

L’astratta possibilità di costituire un RTI o di ricorrere all’avvalimento non esclude che una preclusione alla possibile partecipazione individuale dell’impresa si concreti in un vulnus al principio del favor partecipationis e, quindi, in una lesione sia alla sfera giuridica dell’impresa che non può partecipare individualmente sia alle finalità pubblicistiche a base della normativa in materia.

Pres. Amodio, Est. Caponigro – Confartigianato Imprese Roma (avv.ti Scotti, Bifulco, Pittori e Contaldi) c. Roma Capitale (avv. D’Ottavi)
 


Allegato


Titolo Completo

TAR LAZIO, Roma, Sez. 2^ - 26 gennaio 2017, n. 1345

SENTENZA

 

TAR LAZIO, Roma, Sez. 2^ – 26 gennaio 2017, n. 1345


Pubblicato il 26/01/2017

N. 01345/2017 REG.PROV.COLL.
N. 10680/2016 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente


SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 10680 del 2016, proposto da:
Confartigianato Imprese Roma, in persona del legale rappresentante p.t., e da Coculo Terenzio e Figli Srl, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentati e difesi dagli avvocati Elisa Scotti, Raffaele Bifulco, Paolo Pittori e Carlo Contaldi La Grotteria, con domicilio eletto presso il loro studio in Roma, Lungotevere dei Mellini, 24 (studio legale AdLaw – Avvocati Amministrativisti);

contro

Roma Capitale, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall’avv. Luigi D’Ottavi, domiciliata presso l’Avvocatura Capitolina in Roma, via del Tempio di Giove, 21;

per l’annullamento

– del bando di gara per l’affidamento dei servizi in global service nei nidi, nelle scuole dell’infanzia, nei servizi integrativi e nelle scuole d’arte e dei mestieri di Roma Capitale, pubblicato in data 08.08.2016 e della relativa determina a contrarre di cui alla determinazione dirigenziale 1402 del 26.07.2016;

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Roma Capitale;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 11 gennaio 2017 il dott. Roberto Caponigro e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:


FATTO

Le ricorrenti premettono che Roma Capitale, nel rieditare la procedura di gara per l’affidamento dei servizi accessori al funzionamento delle strutture scolastiche in precedenza annullata con sentenza di questo Tribunale n. 4407 del 2016, avrebbe violato norme e principi fondamentali a presidio della libera concorrenza, impedendo alle piccole e medie imprese di prendere parte alla gara.

La Confartigianato imprese Roma evidenzia di essere un’associazione rappresentativa di circa 8.000 piccole e medie imprese operanti nel territorio di Roma e Provincia, mentre la Coculo Terenzio e Figli espone di essere un’impresa operante nel settore di gara che non possiede il requisito finanziario necessario a consentirle la partecipazione individuale ad uno o più lotti della selezione, per cui ritengono che gli atti impugnati, di disciplina della gara, siano direttamente lesivi della loro sfera giuridica.

Il ricorso è articolato nei seguenti motivi di impugnativa:

Violazione degli artt. 30, 51 e 83 d.lgs. n. 50 del 2016. Violazione dei considerando nn. 2, 59, 78, 79 e 124 della direttiva 2014/24/UE. Eccesso di potere per irragionevolezza, difetto di istruttoria e di motivazione. Violazione del principio di proporzionalità.

La disciplina previgente, estremamente centrata sull’obiettivo di contenere la spesa pubblica, privilegiava l’aggregazione dell’acquisto da parte dei soggetti tenuti al rispetto dell’evidenza pubblica, mentre oggi la situazione si sarebbe ribaltata e la direttiva 2014/24/UE, tra i suoi considerando, evidenzierebbe in particolare che le previgenti direttive vanno riviste ed aggiornate per facilitare in particolare la partecipazione delle piccole e medie imprese agli appalti pubblici.

La direttiva, in sostanza, vedrebbe gli appalti pubblici come un importante motore di crescita dell’economia europea, che si può realizzare solo per mezzo dell’ampliamento della partecipazione delle piccole e medie imprese al mercato dei contratti pubblici.

Il nuovo codice seguirebbe le indicazioni comunitarie e disegnerebbe un sistema di gare pubbliche estremamente inclusivo: in particolare, occorrerebbe riferirsi agli artt. 30, 51 e 83, tutti violati dagli atti impugnati.

La strutturazione dell’appalto in esame, ancorché lo stesso sia formalmente suddiviso in lotti, presenterebbe diversi vizi.

Il mercato italiano dei servizi in esame si connoterebbe per la presenza di un gruppo ristretto di quattro/cinque operatori e da numerosissime imprese di dimensione media e piccola, per cui queste ultime dovrebbero dare vita a raggruppamenti temporanei molto estesi per conseguire il requisito economico-finanziario o altrimenti dovrebbero trovare l’accorso con un grande player.

La gara prevedrebbe dei macro lotti di importo tale da precludere la partecipazione alla stragrande maggioranza degli operatori economici del mercato.

La stazione appaltante, nel definire la parcellizzazione in lotti ed il loro valore a base d’asta con il conseguente requisito economico finanziario, non avrebbe considerato la struttura del mercato oppure avrebbe optato per una soluzione tale da favorire le imprese di una determinata scala implicando l’espulsione dal mercato di tutte le altre.

Non emergerebbe, dalla lettura della determina a contrarre, la motivazione che avrebbe indotto l’amministrazione, da un lato, ad accorpare in un unico global service prestazioni economicamente e strutturalmente assai differenti, dall’altro, a disegnare le dimensioni dei singoli lotti.

Le tre prestazioni principali di cui si compone il global service sarebbero eterogenee tra loro ed il loro accorpamento avrebbe l’effetto di limitare la concorrenza. Le stesse avrebbero un peso economico diverso (servizio di ausiliarato, 72,75% del totale; servizio di pulizia, 18,40% del totale; servizio di manutenzione aree verdi, 8,85% del totale) e l’aver accorpato ad una prestazione di elevatissimo valore, quale quella dell’ausiliarato, due prestazioni di valore più modesto, avrebbe l’effetto di tagliare fuori le piccole e medie imprese da questi specifici mercati.

Il sovradimensionamento della gara dovrebbe produrre la partecipazione alla stessa di un numero limitatissimo di operatori economici con la conseguente applicazione della clausola del bando che consente l’aggiudicazione ad unico soggetto di tutti i lotti e la sterilizzazione dell’effetto pro-concorrenziale del vincolo di aggiudicazione.

Il bando di gara imporrebbe illogicamente che per partecipare a più lotti il concorrente debba possedere un fatturato pari alla somma dei singoli lotti.

La stazione appaltante avrebbe previsto l’attribuzione di un punteggio eccessivo (10 punti sui 60 totali per la parte qualitativa) al rating di legalità.

In presenza di un rischio di lock in, l’aggregazione della fornitura favorirebbe la nascita di un fornitore dominante e, quindi, la creazione di elevati costi di transizione che l’acquirente sarà costretto a sostenere per cambiare fornitore.

Roma Capitale ha eccepito l’inammissibilità del ricorso per difetto di legittimazione attiva delle ricorrenti e, nel merito, ha contestato la fondatezza delle censure dedotte concludendo per il rigetto del ricorso.

L’istanza cautelare è stata accolta con ordinanza di questa Sezione 10 novembre 2016, n. 7140, “considerato che, ad una prima delibazione, il ricorso non appare sprovvisto di fumus boni iuris con riferimento alla possibile lesione del principio del favor partecipationis in danno delle piccole e medie imprese di settore”.

Le parti hanno depositato altre memorie a sostegno delle rispettive difese.

All’udienza pubblica dell’11 gennaio 2017, la causa è stata trattenuta per la decisione.

DIRITTO

1. L’eccezione di inammissibilità del ricorso per carenza di legittimazione attiva delle ricorrenti, formulata dall’amministrazione resistente, può essere disattesa.

La possibilità di proporre un’azione impugnatoria di provvedimenti amministrativi, al di là di specifiche ipotesi contemplate dalla legge, non è concessa a chiunque in qualità di cittadino intenda censurare l’esercizio del potere pubblico, ma soltanto al titolare di una posizione di interesse legittimo e cioè di una posizione qualificata e differenziata rispetto alla posizione di tutti gli altri membri della collettività.

La posizione legittimante alla proposizione del ricorso, quindi, è caratterizzata dalla differenziazione e dalla qualificazione.

La prima qualità può discendere dall’atto amministrativo quando esso incide immediatamente nella sfera giuridica del soggetto ovvero può rinvenirsi nel collegamento tra la sfera giuridica individuale ed il bene della vita oggetto della potestà pubblica quando l’atto esplica effetti diretti nella sfera giuridica altrui e, in ragione di tali effetti, è destinato ad interferire sulla posizione sostanziale del ricorrente.

Peraltro, ai fini della configurazione della posizione sostanziale legittimante l’azione, non è sufficiente che sussista un qualsiasi interesse differenziato, rispetto a quello di altri soggetti, al corretto esercizio del potere amministrativo, ma è necessario anche che l’interesse individuale sia qualificato, sia cioè considerato dalla norma attributiva del potere, nel senso che tale norma o l’ordinamento nel suo complesso deve prendere in considerazione oltre l’interesse pubblico che è precipuamente preordinata a soddisfare anche l’interesse individuale privato su cui va ad incidere l’azione amministrativa.

Nel caso di specie, la legittimazione ad agire sussiste in quanto la posizione dei ricorrenti è sia differenziata che qualificata, atteso che la normativa sull’evidenza pubblica è anche specificamente preordinata alla tutela delle piccole e medie imprese.

L’art. 2 dello statuto di Confartigianato Imprese Roma indica tra gli scopi dell’Associazione “tutelare e promuovere in ogni campo gli interessi e lo sviluppo … delle piccole e medie imprese” e tra le imprese associate, come documentato dalla parte, vi sono imprese che svolgono attività oggetto dell’appalto, sicché può ritenersi che l’Associazione abbia agito nell’obiettivo interesse dei propri associati che non hanno i requisiti necessari per partecipare alla procedura di affidamento.

La Coculo Terenzio e Figli Srl svolge attività di manutenzione del verde, per cui è da ritenersi legittimata all’impugnazione quantomeno nella parte in cui è contestato l’accorpamento nelle attività di global service di prestazioni tra loro eterogenee.

2. Roma Capitale ha indetto una gara a procedura aperta per l’affidamento dei servizi in global service necessari al funzionamento delle strutture educativo scolastiche di propria pertinenza, suddiviso nei seguenti cinque lotti funzionali territoriali:

lotto n. 1: Municipi 1 – 2 – 3 – 15, importo a base di gara euro 45.118.258,55;

lotto n. 2: Municipi 4 – 6 – 8, importo a base di gara euro 41.742.907,80;

lotto n. 3: Municipi 9 – 10 – 11, importo a base di gara euro 41.636.338,45;

lotto n. 4: Municipi 5 – 7, importo a base di gara euro 41.019.355,65;

lotto n. 5: Municipi 12 – 13 – 14, importo a base di gara euro 34.063.548,50.

Il punto II.1.6 del bando dispone che ciascun operatore economico potrà presentare offerta per uno, più lotti o per tutti i lotti e potrà essere aggiudicatario di non più di due lotti, salvo casi particolari.

Il punto III.I.2 del bando ha previsto specifici requisiti di capacità economica e finanziaria in relazione a ciascuno dei tre servizi oggetto dell’appalto (servizio di pulizia e disinfestazione, servizio di ausiliarato e servizio di manutenzione ordinaria del verde).

In particolare, per il servizio di pulizia e disinfestazione è richiesta una determinata fascia di classificazione, per il servizio di ausiliarato l’aver realizzato negli ultimi tre esercizi (2013 – 2014 – 2015) un fatturato per servizi analoghi non inferiore ai 3/5 dell’importo a base di gara del lotto per cui si concorre (qualora si concorra per più lotti, l’importo del fatturato per servizi analoghi richiesto è pari alla somma degli importi dei singoli lotti per i quali si partecipa), per il servizio di manutenzione ordinaria del verde, analogamente, l’aver realizzato negli ultimi tre esercizi (2013 – 2014 – 2015) un fatturato per servizi analoghi non inferiore ai 3/5 dell’importo a base di gara del lotto per cui si concorre (qualora si concorra per più lotti, l’importo del fatturato per servizi analoghi richiesto è pari alla somma degli importi dei singoli lotti per i quali si partecipa).

3. Il ricorso è fondato e va di conseguenza accolto secondo quanto di seguito indicato.

Un contratto di appalto stipulato da una amministrazione pubblica si distingue da un analogo contratto stipulato tra soggetti privati sia per la rilevanza giuridica assunta dai motivi che spingono la parte pubblica a contrarre sia e soprattutto per le modalità di scelta del contraente (cfr. in tema TAR Lazio, II, 30 agosto 2016, n. 9441).

La libertà di scelta del contraente costituisce uno dei fondamentali pilastri dell’autonomia privata, per cui il contraente privato, di norma, può scegliere discrezionalmente con chi contrarre; la pubblica amministrazione, invece, è tenuta a scegliere il proprio contraente in esito ad una apposita procedura (rectius: procedimento) ad evidenza pubblica.

Il corpus normativo di disciplina dell’evidenza pubblica era originariamente costituito dalla legge di contabilità di Stato, R.D. 18 novembre 1923, n. 2440, e dal suo regolamento di attuazione, R.D. 23 maggio 1924, n. 827, ed era finalizzato alla individuazione del “giusto” contraente dell’amministrazione, vale a dire del contraente in grado di offrire le migliori prestazioni e garanzie alle condizioni più vantaggiose, per cui la ratio della normativa sull’evidenza pubblica era volta esclusivamente al controllo della spesa pubblica per il miglior utilizzo del denaro della collettività (cd. concezione contabilistica).

A tale esigenza di tutela degli interessi pubblici si è aggiunta, sotto la spinta dei principi e delle direttive comunitarie, l’esigenza di tutela della libertà di concorrenza e di non discriminazione tra le imprese.

Di talché, la concorrenzialità nell’aggiudicazione, che ha il suo elemento cardine nel principio di massima partecipazione alla gara delle imprese in possesso dei requisiti richiesti, in origine funzionale al solo interesse finanziario dell’amministrazione, nel senso che la procedura competitiva tra imprese era (ed è) ritenuta la modalità più efficace per garantire la migliore spendita del denaro pubblico, è diventata un’espressione dell’ondata neoliberista degli ultimi decenni dello scorso secolo, che ha portato le autorità comunitarie a prendere in considerazione – ai fini della tutela della concorrenza, che dovrebbe garantire l’efficiente allocazione delle risorse sul mercato – l’impatto concorrenziale prodotto dalle amministrazioni pubbliche in qualità di committenti o di concedenti, per cui ogni singola gara diviene uno specifico e temporaneo micromercato nel quale le imprese di settore possono confrontarsi.

La compresenza della duplice esigenza volta alla tutela della concorrenza tra le imprese ed al buon uso del denaro della collettività è stata chiaramente delineata dalla giurisprudenza europea la quale, nel dichiarare che uno degli obiettivi della normativa comunitaria in materia di appalti pubblici è costituito dall’apertura alla concorrenza nella misura più ampia possibile e che è nell’interesse del diritto comunitario che venga garantita la più ampia partecipazione possibile di offerenti ad una gara d’appalto, ha aggiunto che siffatta apertura alla concorrenza è prevista non soltanto con riguardo all’interesse comunitario alla libera circolazione dei prodotti e dei servizi, ma anche nell’interesse stesso dell’amministrazione aggiudicatrice che disporrà così di un’ampia scelta circa l’offerta più vantaggiosa e più rispondente ai bisogni della collettività pubblica interessata.

In tale ottica, la direttiva 2014/24/UE del Parlamento Europeo e del Consiglio reca tra i propri principi il facilitare la partecipazione delle piccole e medie imprese (PMI) agli appalti pubblici.

Più specificamente, il considerando n. 78 della direttiva prevede quanto segue:

“E’ opportuno che gli appalti pubblici siano adeguati alle necessità delle PMI. Le amministrazioni aggiudicatrici dovrebbero essere incoraggiate ad avvalersi del Codice europeo di buone pratiche, di cui al documento di lavoro dei servizi della Commissione del 25 giugno 2008, dal titolo «Codice europeo di buone pratiche per facilitare l’accesso delle PMI agli appalti pubblici», che fornisce orientamenti sul modo in cui dette amministrazioni possono applicare la normativa sugli appalti pubblici in modo tale da agevolare la partecipazione delle PMI. A tal fine e per rafforzare la concorrenza, le amministrazioni aggiudicatrici dovrebbero in particolare essere incoraggiate a suddividere in lotti i grandi appalti. Tale suddivisione potrebbe essere effettuata su base quantitativa, facendo in modo che l’entità dei singoli appalti corrisponda meglio alla capacità delle PMI, o su base qualitativa, in conformità alle varie categorie e specializzazioni presenti, per adattare meglio il contenuto dei singoli appalti ai settori specializzati delle PMI o in conformità alle diverse fasi successive del progetto”.

Il considerando n. 124, poi, nel premettere che, “dato il potenziale delle PMI per la creazione di posti di lavoro, la crescite e l’innovazione, è importante incoraggiare la loro partecipazione agli appalti pubblici, sia tramite disposizioni appropriate nella presente direttiva che tramite iniziative a livello nazionale”, ha posto in rilievo che “le nuove disposizioni della presente direttiva dovrebbero contribuire al miglioramento del livello di successo, ossia la percentuale delle PMI rispetto al valore complessivo degli appalti pubblici”, precisando che “non è appropriato imporre percentuali obbligatorie di successo, ma occorre tenere sotto stretto controllo le iniziative nazionali volte a rafforzare la partecipazione delle PMI, data la sua importanza”.

Con il nuovo codice degli appalti pubblici e delle concessioni (d.lgs. n. 50 del 2016), che ha attuato, tra le altre, la direttiva 2004/24/UE, risulta evidente che la funzione proconcorrenziale delle regole di evidenza pubblica ha assunto ancora maggiore rilievo ed è divenuta il baricentro del sistema.

L’art. 2 del d.lgs. n. 50 del 2016 sancisce che le disposizioni ivi contenute sono adottate nell’esercizio della competenza legislativa esclusiva statale in materia di tutela della concorrenza, sicché è consequenziale ritenere che i provvedimenti adottati in applicazione del codice degli appalti ove non realizzino detta finalità violano le regole stesse ed i principi di libera concorrenza.

Le due “anime” della normativa sostanziale dell’evidenza pubblica, in linea di massima, possono e devono essere perseguite contemporaneamente, atteso che la massima partecipazione alla gara è funzionale alla realizzazione di entrambe le finalità.

Il principio del favor partecipationis, pertanto, è stato scolpito a chiare lettere anche nella disciplina legislativa.

L’art. 30, comma 1, del nuovo codice, analogamente a quanto già espresso dall’art. 2 del d.lgs. 163/2006, oltre ad indicare che l’affidamento e l’esecuzione di appalti di opere, lavori, servizi, forniture e concessioni ai sensi del codice garantisce la qualità delle prestazioni e deve svolgersi nel rispetto dei principi di economicità, efficacia, tempestività e correttezza (principi ispirati alla tutela della pubblica amministrazione per il controllo ed il miglior utilizzo delle finanze pubbliche), ha specificato che le stazioni appaltanti rispettano altresì i principi di libera concorrenza, non discriminazione, trasparenza, proporzionalità nonché di pubblicità (principi ispirati alla tutela delle imprese concorrenti e del corretto funzionamento del mercato).

Il successivo settimo comma dello stesso art. 30 dispone che “i criteri di partecipazione alle gare devono essere tali da non escludere le microimprese, le piccole e medie imprese”.

L’art. 51 del nuovo codice stabilisce non solo che, nel rispetto della disciplina comunitaria in materia di appalti pubblici, “al fine di favorire l’accesso delle microimprese, piccole e medie imprese, le stazioni appaltanti suddividono gli appalti in lotti funzionali … in conformità alle categorie o specializzazioni nel settore dei lavori, servizi e forniture”, ma anche che “nel caso di suddivisione in lotti, il relativo valore deve essere adeguato in modo da garantire l’effettiva possibilità di partecipazione da parte delle micro imprese, piccole e medie imprese”.

L’art. 83, comma 2, d. lgs. n. 50 del 2016, infine, prevede che i requisiti di idoneità professionale e le capacità economica e finanziaria e tecniche – professionali sono attinenti e proporzionati all’oggetto dell’appalto, “tenendo presente l’interesse pubblico ad avere il più ampio numero di potenziali partecipanti, nel rispetto dei principi di trasparenza e rotazione”.

Un ulteriore impulso all’apertura dei mercati attraverso la partecipazione alle gare e la possibile aggiudicazione delle stesse da parte del più alto numero di imprese possibile – le quali in tal modo, in un circolo “virtuoso”, potrebbero acquisire le qualificazioni ed i requisiti necessari alla partecipazione ad un numero sempre maggiore di gare – è dato dal c.d. vincolo di aggiudicazione, vale a dire dalla facoltà della stazione appaltante di limitare il numero massimo di lotti che possono essere aggiudicati ad un solo offerente.

Il vincolo di aggiudicazione, come correttamente affermato nel ricorso, costituisce uno strumento proconcorrenziale che, nell’impedire ad uno stesso soggetto di essere aggiudicatario di una pluralità di lotti, aumenta le possibilità di successo delle piccole e medie imprese pur in presenza di aziende meglio posizionate sul mercato.

Nel richiamato considerando n. 124 alla direttiva 2014/24/UE, è espresso che le nuove disposizioni europee “dovrebbero contribuire al miglioramento del livello di successo, ossia la percentuale delle PMI rispetto al valore complessivo degli appalti aggiudicati”.

L’art. 46 della menzionato direttiva europea prevede a tal fine che “le amministrazioni aggiudicatrici possono, anche ove esista la possibilità di presentare offerte per alcuni o per tutti i lotti, limitare il numero di lotti che possono essere aggiudicati a un solo offerente …”, analoga previsione è contenuta nell’art. 51, comma 3, del d.lgs. n. 50 del 2016.

In definitiva, la matrice volta a stimolare la concorrenza, sia attraverso la massima partecipazione possibile alle gare sia anche garantendo una più elevata possibilità che le imprese di piccole e medie dimensioni possano risultare aggiudicatarie, caratterizza tutta la normativa europea in materia di appalti pubblici e, di conseguenza, il nuovo codice nazionale degli appalti pubblici e delle concessioni.

In tale logica vanno esaminate ed apprezzate le doglianze proposte dalle ricorrenti.

Roma Capitale ha sostenuto che lo strumento del global service è stato prescelto per soddisfare il massimo contemperamento tra le esigenze di massima partecipazione alla procedura, attraverso la suddivisione in lotti degli affidamenti, e le sinergie che si possono sviluppare all’interno dei plessi didattici da parte del medesimo operatore economico chiamato a soddisfare una pluralità di prestazioni; la scelta di suddividere l’appalto in lotti, peraltro, sarebbe certamente demandata alla discrezionalità dell’amministrazione.

Sul fatto che la stazione appaltante abbia esercitato nella individuazione dell’oggetto dell’appalto e nella suddivisione dello stesso appalto in lotti un potere discrezionale, sia pure orientato dalle richiamate coordinate normativa, non sussiste dubbio, ma il thema decidendum del presente giudizio non è quello di verificare la legittimità dell’indizione della gara, ma quello di verificare la legittimità della disciplina di gara laddove sostanzialmente preclude alle piccole e medie imprese di poter partecipare individualmente alle procedure selettive dei singoli lotti.

La ragionevolezza della disciplina di gara dettata di Roma Capitale nel caso di specie postula la verifica del concreto perseguimento dell’obiettivo della massima partecipazione delle imprese di settore alle gare, funzionale, come detto, alla realizzazione di entrambe le finalità di carattere generale sottese alla normativa sostanziale dell’evidenza pubblica.

Le censure dedotte e che vanno indagate, insomma, sono quelle della violazione di legge e dell’eccesso di potere nella formazione di una lex specialis della gara che preclude la partecipazione individuale alle piccole e medie imprese.

Nella determinazione dirigenziale n. 1042 del 26 luglio 2016, di approvazione degli elementi essenziali del contratto, per quanto di maggiore interesse in questa sede, è stato valutato “che la modalità di gestione più funzionale ed economicamente sostenibile per lo svolgimento dei servizi su elencati, rimane la modalità del global service suddiviso in 5 lotti funzionali territoriali, per una durata dell’affidamento di cinque anni …”, è stato dato atto “che il fatturato minimo riferito al triennio (2013-2014-2015) richiesto per ciascun lotto in relazione ai servizi di ausiliarato e per la manutenzione del verde è stato individuato nella misura dei 3/5 del relativo importo a base di gara per ciascun lotto” e “che tale determinazione è risultata idonea nell’ottica di favorire la massima partecipazione e per garantire la partecipazione delle imprese di recente costituzione, nel settore di attività oggetto dell’appalto” nonché dato atto “che l’appalto in parola è caratterizzato da una straordinaria complessità, data dall’estensione territoriale della città, dall’elevato numero delle strutture in cui il servizio deve essere erogato, oltre 530 sedi, dal numero degli utenti interessati, oltre 47.000, e dalla peculiare delicatezza dell’utenza stessa servita, composta per lo più da bambini in età 0-6 anni e da ragazzi anche disabili, nonché dalla variegata articolazione tra le differenti tipologie di attività che, pur costituendo l’unico global service, necessitano di armonizzarsi ed integrarsi le une con le altre”.

Il Collegio rileva, in primo luogo, che un’impresa sfornita da sola dei requisiti di partecipazione, potrebbe concorrere in Raggruppamento Temporaneo di Imprese o ricorrendo all’avvalimento.

Tuttavia, occorre considerare che la costituzione di un Raggruppamento Temporaneo di Imprese o il ricorso all’avvalimento sono il frutto di scelte discrezionali di tutte le imprese coinvolte, per le quali non è sufficiente la volontà della piccola o media impresa che intende partecipare alla gara, essendo necessaria anche una coincidente volontà delle altre imprese nella costituzione dell’eventuale raggruppamento e dell’impresa o delle imprese ausiliarie nell’avvalimento.

Ne consegue che l’astratta possibilità di costituire un RTI o di ricorrere all’avvalimento non esclude che una preclusione alla possibile partecipazione individuale dell’impresa si concreti in un vulnus al principio del favor partecipationis e, quindi, in una lesione sia alla sfera giuridica dell’impresa che non può partecipare individualmente sia alle finalità pubblicistiche a base della normativa in materia.

Roma Capitale, come detto, ha ritenuto che la determinazione del fatturato minimo richiesto in relazione al triennio 2013/2015 è risultata idonea nell’ottica di favorire la massima partecipazione, ma il “cuore” della controversia non riguarda tanto la congruità del fatturato specifico richiesto per la partecipazione alla gara quanto la logicità, in rapporto al descritto e fondamentale principio del favor partecipationis, dell’individuazione dell’oggetto dell’appalto in una pluralità di servizi per qualche verso eterogenei e di una suddivisione dell’appalto in lotti molto estesi, per i quali sono richiesti requisiti economico-finanziari di importo tale da escludere la possibile partecipazione individuale delle piccole e medie imprese.

In altri termini, la questione posta all’attenzione di questo Tribunale non si concreta tanto nel valutare la congruità del fatturato specifico richiesto tra i requisiti capacità economica e finanziaria per la partecipazione alla gara – il quale, nel caso di specie, non può ritenersi di per sé irragionevole – quanto nel valutare se l’inclusione nello stesso appalto dei servizi di ausiliarato, di pulizia e di manutenzione del verde, nonché la suddivisione dello stesso appalto, riguardante l’intero territorio comunale, in 5 lotti di notevoli dimensioni abbia consentito di definire gli ambiti territoriali ottimali, vale a dire gli ambiti in cui la concorrenza, la cui tutela reca in sé la garanzia di un corretto funzionamento del mercato, possa esplicarsi più efficacemente con conseguente beneficio, oltre che per il mercato, in cui le imprese di settore possono confrontarsi pienamente e liberamente, per la stessa stazione appaltante e, quindi, per la collettività sia in termini di qualità dei servizi resi dal miglior offerente sia in termini di prezzi allo stesso corrisposti.

L’individuazione dell’ambito territoriale ottimale postula, soprattutto in una gara di estrema rilevanza quale quella in esame, un’articolata istruttoria ed uno specifico obbligo motivazionale, tanto più che nella stessa determina a contrarre l’amministrazione, come sopra evidenziato, ha dato atto “che l’appalto in parola è caratterizzato da una straordinaria complessità, data dall’estensione territoriale della città, dall’elevato numero delle strutture in cui il servizio deve essere erogato, oltre 530 sedi, dal numero degli utenti interessati, oltre 47.000, e dalla peculiare delicatezza dell’utenza stessa servita, composta per lo più da bambini in età 0-6 anni e da ragazzi anche disabili, nonché dalla variegata articolazione tra le differenti tipologie di attività che, pur costituendo l’unico global service, necessitano di armonizzarsi ed integrarsi le une con le altre”.

Secondo quanto esposto dalle ricorrenti e non contraddetto dall’amministrazione resistente, il mercato italiano dei servizi in esame si connoterebbe per la presenza di un gruppo ristretto di quattro/cinque operatori e da numerosissime imprese di dimensione media e piccola, per cui queste ultime dovrebbero dare vita a raggruppamenti temporanei molto estesi per conseguire il requisito economico-finanziario o altrimenti dovrebbero trovare l’accordo con un grande player; la gara, quindi, prevedrebbe dei macro lotti di importo tale da precludere la partecipazione alla stragrande maggioranza degli operatori economici del mercato.

Il Collegio ritiene che sia manifestamente illogico considerare ambiti territoriali ottimali, nel senso in precedenza illustrato, lotti per l’affidamento dei quali possono concorrere individualmente soltanto poche imprese di grandi dimensioni con preclusione alla partecipazione individuale delle altre numerosissime imprese, di piccole e medie dimensioni, che compongono il mercato.

La scelta della stazione appaltante, pertanto, ha violato il fondamentale principio del favor partecipationis limitando in modo irragionevole la facoltà di presentazione individuale delle offerte e non garantendo in tal modo né l’esplicarsi di un piena apertura del mercato alla concorrenza né i risparmi di spesa potenzialmente derivanti da una più ampia gamma di offerte relative ai singoli lotti.

L’ambito territoriale ottimale, in definitiva, dovrebbe consentire il funzionamento di un mercato in cui la facoltà di presentare offerte in forma singola sia concessa non solo ai player dello stesso, ma anche, per quanto possibile, alle imprese di medie e piccole dimensioni al fine di incentivare una concorrenza piena, con possibilità per ogni impresa di incrementare le proprie qualificazioni e la propria professionalità, e di trarre i potenziali benefici in termini di qualità di servizi resi e di prezzi corrisposti.

La scelta di aggregare più servizi diversi in un’unica procedura di affidamento e di suddividere un appalto di straordinaria complessità in soli cinque lotti, peraltro, non risulta preceduta da adeguata istruttoria ed è sfornita di una motivazione sufficiente, tale da dare plausibilmente conto della sua non manifesta illogicità.

La fondatezza delle esaminate censure determina la fondatezza del ricorso ed il suo accoglimento e, per l’effetto, l’annullamento degli impugnati atti di disciplina della gara.

4. Le spese del giudizio, in ragione della complessità e della novità delle questioni trattate, possono essere integralmente compensate tra le parti.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, Sezione Seconda, accoglie il ricorso in epigrafe e, per l’effetto, annulla gli impugnati atti di disciplina della gara.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 11 gennaio 2017 con l’intervento dei magistrati:

Antonino Savo Amodio, Presidente
Roberto Caponigro, Consigliere, Estensore
Roberto Proietti, Consigliere

L’ESTENSORE
Roberto Caponigro
        
IL PRESIDENTE
Antonino Savo Amodio
 

IL SEGRETARIO

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