+39-0941.327734 abbonati@ambientediritto.it
Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Diritto dell'energia Numero: 3143 | Data di udienza: 25 Ottobre 2012

* DIRITTO DELL’ENERGIA – Moduli fotovoltaici installati su serre – Art. 14, c. 2 d.m. 5 maggio 2011 – Proiezione al suolo della superficie dei moduli fotovoltaici e superficie totale della copertura – Rapporto massimo del 50% – Illegittimità.


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 3^ ter
Regione: Lazio
Città: Roma
Data di pubblicazione: 26 Marzo 2013
Numero: 3143
Data di udienza: 25 Ottobre 2012
Presidente: Daniele
Estensore: Taglienti


Premassima

* DIRITTO DELL’ENERGIA – Moduli fotovoltaici installati su serre – Art. 14, c. 2 d.m. 5 maggio 2011 – Proiezione al suolo della superficie dei moduli fotovoltaici e superficie totale della copertura – Rapporto massimo del 50% – Illegittimità.



Massima

 

TAR LAZIO, Roma, Sez. 3^ ter – 26 marzo 2013, n. 3143


DIRITTO DELL’ENERGIA – Moduli fotovoltaici installati su serre – Art. 14, c. 2 d.m. 5 maggio 2011 – Proiezione al suolo della superficie dei moduli fotovoltaici e superficie totale della copertura – Rapporto massimo del 50% – Illegittimità.

In tema di installazione di moduli fotovoltaici su serre, l’art. 14, c. 2, seconda parte del D.M. 5 maggio 2011, prevede che, al fine di garantire la coltivazione sottostante, il rapporto tra la proiezione al suolo della superficie totale dei moduli fotovoltaici e della superficie totale della copertura della serra non sia superiore al 50%. (deve, peraltro, essere rammentato che, con un recente intervento interpretativo – art- 5, c. 10 D.M. 5 luglio 2012 –  è stato precisato che la mancanza di tale condizione non determina l’esclusione dall’incentivo tout court, ma incide sulla misura dello stesso, spettando, in tal caso, la tariffa prevista per la categoria «altri impianti fotovoltaici» e non quella prevista dal primo periodo, comma 2, art 14 DM  5 maggio 2011). La scelta delle caratteristiche tecniche qualificanti gli impianti che, ancorché diretti principalmente alla produzione agricola, siano anche meritevoli di incentivazione sul fronte energetico, costituisce espressione di attività discrezionale, che tuttavia non si sottrae al sindacato giurisdizionale, in ordine alla congruità della motivazione e all’accertamento del nesso logico di consequenzialità tra presupposti e conclusioni. Sotto tale profilo, la determinazione della misura massima di copertura non sfugge  alla censura di illogicità e contraddittorietà della motivazione, non essendo di per sé sufficiente l’enunciata esigenza di garantire le coltivazioni in serra a sorreggere idoneamente la scelta in concreto operata, se non altro perché tale limitazione è stata determinata in misura uguale per tutto il territorio nazionale, senza tenere conto che “al fine di garantire la coltivazione sottostante” (come recita il comma 2 dell’art. 14 DM) sia la luminosità che il calore da accumulare per ottenere l’effetto serra, sono assai diversi nelle varie zone del Paese. Dunque, se il fine della norma è quello di garantire la coltivazione sottostante (ed evitare abusi al solo scopo di ottenere le tariffe incentivanti) la disposizione appare priva di ogni supporto istruttorio adeguato, oltre che in relazione all’idonea considerazione di tutti i parametri sopra indicati che pure devono concorrere tra loro, anche in relazione ai differenti tipi di coltivazione che si intenderebbe preservare. Invero, appare assai difficile stabilire una misura generale uguale per tutti i casi, essendo verosimilmente necessario, per svelare eventuali abusi, verificare caso per caso l’idoneità della copertura a garantire la coltivazione sottostante in relazione ai vari possibili tipi di coltivazione, oltre che alle diversità morfologiche e climatiche ove queste sono effettuate. L’art. 14 comma 2 seconda parte, del D.M. 5 maggio 2011 deve pertanto essere annullato, rimanendo, peraltro, riservata al Ministero dello sviluppo economico la successiva attività provvedimentale emendata dal rilevato vizio, ove il Ministero medesimo ritenga opportuno di confermare la necessità di ricondurre l’erogazione delle tariffe incentivanti di cui al primo periodo del comma 2, art. 14, solo in relazione a determinate tipologie di serre.


Pres. Daniele, Est. Taglienti – S. s.r.l. (avv.ti Clarizia e Cassar) c. Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare e altri (Avv. Stato) e G.S.E. s.p.a. (avv.ti Malinconico, Fidanzia, Gigliola, Fadel e Pugliese)


Allegato


Titolo Completo

TAR LAZIO, Roma, Sez. 3^ ter – 26 marzo 2013, n. 3143

SENTENZA

 

TAR LAZIO, Roma, Sez. 3^ ter – 26 marzo 2013, n. 3143

N. 03143/2013 REG.PROV.COLL.
N. 05603/2011 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Terza Ter)

ha pronunciato la presente


SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 5603 del 2011, proposto da:
Soc Sardegna Agrienergia Due Srl ed Altri, rappresentato e difeso dagli avv. Angelo Clarizia, Germana Cassar, con domicilio eletto presso Angelo Clarizia in Roma, via Principessa Clotilde, 2; Soc Sardegna Agrienergia Tre Srl, Soc Sardegna Agrienergia Quattro Srl, Soc Sardegna Agrienergia Cinque Srl, rappresentati e difesi dagli avv. Germana Cassar, Angelo Clarizia, con domicilio eletto presso Angelo Clarizia in Roma, via Principessa Clotilde, 2;


contro

Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, Ministero dello Sviluppo Economico, in persona dei rispettivi Ministri, rappresentati e difesi per legge dall’Avvocatura dello Stato domiciliataria in Roma, via dei Portoghesi, 12;
Gestore dei Servizi Energetici – Gse Spa, in persona del legale rappresentante, rappresentato e difeso dagli avv. Carlo Malinconico, Sergio Fidanzia, Angelo Gigliola, Maria Antonietta Fadel, Antonio Pugliese, con domicilio eletto presso Carlo Malinconico in Roma, viale Bruno Buozzi, 109;

per l’annullamento

incentivazione della produzione di energia elettrica da impianti solari fotovoltaici – tariffe – risarcimento danni.

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare e di Gestore dei Servizi Energetici – Gse Spa e di Ministero dello Sviluppo Economico;
Viste le memorie difensive;
Vista la propria ordinanza cautelare n. 2890 del 29 luglio 2011;
Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 11 luglio 2012 il dott. Carlo Taglienti e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Con ricorso notificato il 17 giugno 2011 e depositato il 27 successivo le società Sardegna Agrienergia Due s.r.l, Sardegna Agrienergia Tre s.r.l., Sardegna Agrienergia Quattro s.r.l. e Sardegna Agrienergia Cinque s.r.l. hanno impugnato: a) l’art. 14 comma 2 del decreto ministeriale del 5 maggio 2011 recante “incentivazione della produzione di energia elettrica da impianti solari fotovoltaici” (c.d. “IV conto energia”), nella parte in cui ha stabilito che “ai fini di garantire la coltivazione sottostante, le serre a seguito dell’intervento devono presentare un rapporto tra proiezione al suolo della superficie totale dei moduli fotovoltaici installati sulla serra e della superficie totale della copertura della serra stessa non superiore al 50%”; b) le Regole tecniche per l’iscrizione al registro dei grandi impianti fotovoltaici adottate dal GSE con atto del 15 maggio 2011, nella parte in cui è riportata la stessa prescrizione di cui sopra; c) il D.M. 5 maggio 2011, nella parte in cui, all’arti.1 comma 2 prevede la sua applicazione a tutti gli impianti fotovoltaici che entrano in esercizio in data successiva al 31 maggio 2011 e fino al 31 dicembre 2016, in contrasto con il precedente “III conto energia” originariamente valido per il triennio 2011-2013, che prevedeva provvidenze più favorevoli.

Le suddette società hanno altresì chiesto la disapplicazione dell’art. 25 commi 9 e 10 del decreto legislativo n. 28 del 3 marzo 2011 recante attuazione della direttiva 2009/28/CE sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili, recante modifica e successiva abrogazione delle direttive 2001/77/CE e 2003/30/CE”, nella parte in cui limitano l’applicazione temporale del III conto energia ai soli impianti fotovoltaici che entrino in esercizio entro il 31 maggio 2011; subordinatamente la remissione alla Corte Costituzionale della questione di costituzionalità di detta disciplina, per violazione degli artt. 2,3,25,41,97 e 76 della Costituzione; ovvero remissione alla Corte di Giustizia dell’Unione europea ai sensi dell’art. 267 TFUE per la verifica di conformità ai principi di diritto comunitario ed alla direttiva 2009/28/CE del D.M. 5 maggio 2011 e dell’art. 25 commi 9 e 10 del D. lgs n. 28/2011.

Hanno infine chiesto la condanna dell’Amministrazione al risarcimento dei danni subiti e subendi derivanti dal suo illegittimo comportamento.

Dopo ampia premessa relativa al quadro normativo ed alla vicenda concreta delle serre in questione, per le quali in particolare assumono di aver già ottenuto l’autorizzazione alla costruzione e la valutazione di idoneità all’uso quali serre fotovoltaiche, le ricorrenti deducono i seguenti profili di censura, suddivisi in tre parti: A) la prima relativa alla disposizione riguardante le serre; B) la seconda riguardante il D.M 5 maggio 2011, nella parte in cui prevede l’applicazione delle più favorevoli tariffe del III conto energia solo per gli impianti che entrano in funzione entro il 31 maggio 2011; C) la terza riguardante la questione di costituzionalità, ovvero di contrasto con i principi comunitari, dell’art. 25 commi 9 e 10 del D.lgs n. 28/2011, nella parte in cui prevede l’anticipazione delle tariffe del IV conto energia per gli impianti che entrano in funzione dopo il 31 maggio 2011.

A) Illegittimità dell’art. 14 c.2 del D.M. 5 maggio 2011:

1- Nullità per incompetenza assoluta; violazione dell’art. 25 del D.lgs n. 28/2011, dell’art. 7 del D.lgs n. 387 del 29 dicembre 2003 e del DPR n. 380 del 6 giugno 2001: il Ministero dello Sviluppo economico non ha potere regolamentare in materia edilizia che è demandato alle regioni; l’idoneità della struttura alla coltivazione attiene alla sua destinazione d’uso, pure rientrante nella materia edilizia; la disciplina dettata esula dalle potestà regolamentari del Ministero previste sia dal D.lgs n. 387/2003 sia dal D. Lgs n.28/2011;

2- Violazione del divieto di retroattività di cui all’art. 11 delle preleggi; violazione del principio di proporzionalità e di affidamento nella certezza del diritto; eccesso di potere per irragionevolezza e contraddittorietà; eccesso di potere per difetto d’istruttoria; ingiustizia manifesta, disparità di trattamento e discriminazione: la norma relativa al rapporto di copertura pari al 50% riguarda tutte le serre che entrino in esercizio a partire dal 1 giugno 2011, anche quelle progettate in vigore del III conto energia (qui copertura del 75%); perdono quindi il diritto alle tariffe sia del III che del IV conto energia; non si è tenuto conto delle serre che avevano già avuto l’autorizzazione ed in parte erano state già realizzate, con acquisto dei pannelli fotovoltaici; lesione del legittimo affidamento: l’iniziativa economica è stata intrapresa facendo affidamento su una certa normativa ; il I ed il II conto energia hanno mantenuto le durate prestabilite; la “garanzia della coltivazione delle serre” non ha nulla a che vedere con i costi e le tecnologie utilizzate; criteri costruttivi stabiliti in carenza d’istruttoria: la luminosità delle serre varia secondo molteplici elementi anche in relazione al territorio;

3- Violazione dell’art. 25 comma 10 del D.lgs n. 28/11 ; eccesso di potere: la disposizione è stata inserita senza il parere della Conferenza unificata ed il concerto del Ministero dell’ambiente.

B) Illegittimità dell’art. 14 c.2 cit e del D.M. 5 maggio 2011 :

4- Violazione dell’art. 25 commi 9, 10 ed 11 del D.lgs n. 28/11; eccesso di potere per disparità di trattamento ed ingiustizia: le tariffe devono garantire una equa remunerazione dei costi d’investimento e di esercizio (art. 7 del D. lgs n. 387/2003); la riduzione drastica del IV conto energia non tiene conto dei costi d’investimento già affrontati facendo affidamento sulle tariffe del III conto energia ; sono fatti salvi paradossalmente i soggetti rientranti nel II conto energia, prorogato con disposizione di legge ( c.d. decreto ALCOA);

C) Illegittimità costituzionale, ovvero contrasto con i principi comunitari, dell’art. 25 commi 9 e 10 del D.lgs n. 28/11:

5- Contrasto con l’art. 76 della Costituzione: la legge delega n. 96/2010 ( legge comunitaria 2009 di recepimento della direttiva 2009/29/CE) all’art. 17 prevede l’adeguamento ed il potenziamento delle incentivazioni, mentre il D.lgs ha abrogato retroattivamente le tariffe più favorevoli del III conto energia; eccesso di delega: le disposizioni censurate non sono state sottoposte all’esame delle Commissioni Camera e Senato e della Conferenza Unificata Stato-Regioni;

6- Contrasto con gli artt. 2,3,25,41 e 97 della Costituzione: è stato violato l’affidamento su tariffe già approvate ed anche in relazione ad impianti già costruiti;

7- Violazione dei principi comunitari in materia di tutela dell’affidamento e della certezza del diritto e della direttiva comunitaria 2009/28/CE con conseguente disapplicazione delle disposizioni impugnate: in subordine remissione alla Corte di Giustizia della questione pregiudiziale interpretativa.

D) Viene avanzata domanda di risarcimento dei danni conseguenti alle illegittimità operate dall’Amministrazione.

Si sono costituiti in giudizio i Ministeri dello sviluppo economico e dell’ambiente nonché il GSE.

La difesa dei due dicasteri ha evidenziato che: il rapporto di copertura è un requisito tecnico rimesso al decreto ministeriale dall’art. 25 c.10 del D lgs n. 28/11; la disposizione è solo a fini di incentivo e non incide sugli aspetti edilizi;la retroattività è fissata dalla legge (art. 25 c.10 D.Lgs n. 28/11) con conseguente inammissibilità delle censure riguardanti il D.M.; il IV conto energia si applica a procedimenti non ancora avviati: “tempus regit actum” , le norme sopravvenute trovano applicazione per i procedimenti non ancora conclusi, non vi sono diritti quesiti: circa il rapporto di copertura si è voluto evitare che le coltivazioni in serra diventino un pretesto per accedere alle tariffe incentivanti; il testo dell’art. 14 cit è stato inserito su specifica richiesta emendativa della Conferenza unificata in sede di rilascio di parere; la delega prevedeva l’abolizione totale o parziale delle vigenti disposizioni (art. 17 c.1 della legge n. 96/2010); l’art. 25 c. 10 del decreto legislativo è stato inserito a seguito delle osservazioni della Commissione del Senato.

La difesa del GSE ha osservato che: la riduzione degli incentivi è resa possibile dalla riduzione dei costi di produzione degli impianti; è stata operata una graduale riduzione del sostegno pubblico; l’art. 14 c.2 del D.M. è stato inserito su richiesta della Conferenza Unificata: la norma presuppone che la serra sia effettivamente funzionale allo scopo, trattasi di previsione tecnica; la direttiva comunitaria prevede una diminuzione dei costi statali, senza nuovi o maggiori oneri (art. 17 legge delega n. 96/10); le tariffe del IV conto energia non hanno effetto retroattivo in quanto tempus regit actum.

Con ordinanza collegiale del 28 luglio 2011 n. 2890 la Sezione ha accolto l’istanza cautelare limitatamente alla sospensione degli effetti dell’art. 14 c.2 del D.M. 5 maggio 2011 relativamente al c.d. rapporto di copertura.

Con memoria parte ricorrente ha ribadito tesi e difese, replicando in particolare alle osservazioni dell’Avvocatura di Stato.

Con memoria cumulativa per più ricorsi depositata in data 8 giugno 2012 il GSE illustra il contenuto dell’art. 65 del decreto legge 24 gennaio 2012 n. 1 convertito in legge 24 marzo 2012 n. 27, desumendo dalla sua entrata in vigore l’improcedibilità dei ricorsi per sopravvenuta carenza d’interesse, con esclusione di quelli relativi alle serre, per i quali resta applicabile l’art. 14 c.2 del D.M. 5 maggio 2011.

Alla pubblica udienza del giorno 11 luglio 2012 il difensore di parte ricorrente ha comunicato che la società Sardegna Agrienergia tre intende rinunciare al ricorso; quindi i difensori delle parti hanno ribadito tesi e difese ed hanno quindi spedito la causa in decisione.


DIRITTO

Con il ricorso in epigrafe le società sopraindicate, di produzione di energia tramite strutture fotovoltaiche, hanno impugnato: a) l’art. 14 comma 2 del decreto ministeriale del 5 maggio 2011 recante “incentivazione della produzione di energia elettrica da impianti solari fotovoltaici” (c.d. “IV conto energia”), nella parte in cui ha stabilito che “ai fini di garantire la coltivazione sottostante, le serre a seguito dell’intervento devono presentare un rapporto tra proiezione al suolo della superficie totale dei moduli fotovoltaici installati sulla serra e della superficie totale della copertura della serra stessa non superiore al 50%”; b) le Regole tecniche per l’iscrizione al registro dei grandi impianti fotovoltaici adottate dal GSE con atto del 15 maggio 2011, nella parte in cui è riportata la stessa prescrizione di cui sopra; c) il D.M. 5 maggio 2011, nella parte in cui, all’arti.1 comma 2 prevede la sua applicazione a tutti gli impianti fotovoltaici che entrano in esercizio in data successiva al 31 maggio 2011 e fino al 31 dicembre 2016, in contrasto con il precedente “III conto energia” originariamente valido per il triennio 2011-2013, che prevedeva provvidenze più favorevoli.

Le suddette società hanno altresì chiesto la disapplicazione dell’art. 25 commi 9 e 10 del decreto legislativo n. 28 del 3 marzo 2011 recante attuazione della direttiva 2009/28/CE sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili, recante modifica e successiva abrogazione delle direttive 2001/77/CE e 2003/30/CE”, nella parte in cui limitano l’applicazione temporale del III conto energia ai soli impianti fotovoltaici che entrino in esercizio entro il 31 maggio 2011; subordinatamente la remissione alla Corte Costituzionale della questione di costituzionalità di detta disciplina, per violazione degli artt. 2,3,25,41,97 e 76 della Costituzione; ovvero remissione alla Corte di Giustizia dell’Unione europea ai sensi dell’art. 267 TFUE per la verifica di conformità ai principi di diritto comunitario ed alla direttiva 2009/28/CE del D.M. 5 maggio 2011 e dell’art. 25 commi 9 e 10 del D. lgs n. 28/2011.

Hanno infine chiesto la condanna dell’Amministrazione al risarcimento dei danni subiti e subendi derivanti dal suo illegittimo comportamento.

Le ricorrenti deducono profili di censura, suddivisi in tre parti: 1) la prima relativa alla disposizione riguardante le serre; 2) la seconda riguardante il D.M 5 maggio 2011, nella parte in cui prevede l’applicazione delle più favorevoli tariffe del III conto energia solo per gli impianti che entrano in funzione entro il 31 maggio 2011; 3) la terza riguardante la questione di costituzionalità, ovvero di contrasto con i principi comunitari, dell’art. 25 commi 9 e 10 del D.lgs n. 28/2011, nella parte in cui prevede l’anticipazione delle tariffe del IV conto energia per gli impianti che entrano in funzione dopo il 31 maggio 2011.

Preliminarmente il Collegio deve dichiarare l’improcedibilità del ricorso nei confronti della società Sardegna Agrienergia tre per sopravvenuta carenza d’interesse dichiarata in udienza.

1-Ad avviso del Collegio alcune censure rivolte nei confronti dell’art. 14 c. 2 del D.M. 5 maggio 2011, e conseguentemente nei confronti delle Regole tecniche approvate dal GCE che riproducono tale disposizione, riguardanti, come detto, il rapporto di copertura, sono fondate, nei limiti di seguito indicati e devono pertanto, entro detti limiti, essere accolte.

Il suddetto comma 2, dopo aver previsto che gli impianti i cui moduli costituiscono elementi costruttivi di pergole, serre, barriere acustiche, tettoie e pensiline hanno diritto ad una tariffa pari alla media aritmetica fra la tariffa spettante per impianti realizzati su edifici e la tariffa spettante per “altri impianti fotovoltaici”, afferma : “Al fine di garantire la coltivazione sottostante, le serre a seguito dell’intervento devono presentare un rapporto tra la proiezione al suolo della superficie totale dei moduli fotovoltaici installati sulla serra e della superficie totale della copertura della serra stessa non superiore al 50%”.

1.1-Con la prima censura parte ricorrente deduce: nullità per incompetenza assoluta; violazione dell’art. 25 del D.lgs n. 28/2011, dell’art. 7 del D.lgs n. 387 del 29 dicembre 2003 e del DPR n. 380 del 6 giugno 2001: il Ministero dello Sviluppo economico non ha potere regolamentare in materia edilizia che è demandato alle regioni; l’idoneità della struttura alla coltivazione attiene alla sua destinazione d’uso, pure rientrante nella materia edilizia; la disciplina dettata esula dalle potestà regolamentari del Ministero previste sia dal D.lgs n. 387/2003 sia dal D. Lgs n.28/2011.

Ad avviso del Collegio tale censura non può essere accolta.

In primo luogo dal combinato disposto degli artt. 25 comma 10 del D.lgs n. 28/11, che demanda al D.M. il compito di disciplinare l’incentivazione della produzione di energia elettrica da impianti solari fotovoltaici, e 7 comma 2 del D.lgs 387/2003 riguardante i requisiti tecnici degli impianti, si deduce che il Ministero per lo sviluppo economico ha la competenza per disciplinare la materia degli incentivi per i pannelli collocati sulle serre. In pratica il decreto ministeriale impugnato ha previsto che l’incentivo può essere corrisposto solo per una copertura a pannelli fotovoltaici non superiore al 50% della superficie totale di copertura della serra (peraltro un tale principio risulta applicato anche nel III conto energia con differenza di percentuale di copertura: pari al 75%).

Inoltre la disposizione, provenendo proprio dal parere della Conferenza Unificata Stato –Regioni, coinvolge anche la competenza specifica delle regioni sia in materia edilizia che agricola. Si deve poi ulteriormente osservare, in proposito, che la compatibilità di determinati impianti con la normativa edilizia vigente nel territorio in cui tali impianti sono destinati ad operare si pone su un piano differente rispetto ai requisiti ulteriormente richiesti nel solo caso in cui tali impianti siano, altresì, oggetto di speciali incentivi; è evidente, allora, come il conseguimento del titolo abilitativo da parte della competente autorità territoriale si pone quale presupposto senz’altro necessario per la realizzazione della struttura, ma non di per sé sufficiente al conseguimento, anche, delle tariffe incentivanti, che invece postula il concorso dei requisiti in fatto ed in diritto, come descritti nelle specifiche norme di settore, deputate a distinguere tra le varie tipologie di impianti solo quelli meritevoli anche della apposita incentivazione energetica, siccome coerenti anche con le finalità perseguite in tale diverso settore.

1.2-Con la seconda censura si eccepisce la violazione del divieto di retroattività di cui all’art. 11 delle preleggi; violazione del principio di proporzionalità e di affidamento nella certezza del diritto; eccesso di potere per irragionevolezza e contraddittorietà; eccesso di potere per difetto d’istruttoria; ingiustizia manifesta, disparità di trattamento e discriminazione: la norma relativa al rapporto di copertura pari al 50% riguarda tutte le serre che entrino in esercizio a partire dal 1 giugno 2011, anche quelle progettate in vigore del III conto energia (qui copertura del 75%); perdono quindi il diritto alle tariffe sia del III che del IV conto energia; non si è tenuto conto delle serre che avevano già avuto l’autorizzazione ed in parte erano state già realizzate, con acquisto dei pannelli fotovoltaici; lesione del legittimo affidamento: l’iniziativa economica è stata intrapresa facendo affidamento su una certa normativa ; il I ed il II conto energia hanno mantenuto le durate prestabilite; la “garanzia della coltivazione delle serre” non ha nulla a che vedere con i costi e le tecnologie utilizzate; criteri costruttivi stabiliti in carenza d’istruttoria: la luminosità delle serre varia secondo molteplici elementi anche in relazione al territorio.

Ad avviso del Collegio tale articolata censura presenta alcuni profili di fondatezza.

Destituito di fondamento è il profilo attinente all’asserita violazione del divieto di retroattività di cui all’art. 11 delle preleggi; violazione del principio di proporzionalità e di affidamento nella certezza del diritto.

Deve essere evidenziato che la norma del decreto ministeriale censurata si pone in diretta applicazione di quanto statuito, a livello normativo, dall’art. 25, commi 9 e 10 del d. lgs n. 28/11, ove sono indicati i termini di entrata in vigore dei nuovi incentivi, ancorando alla data di entrata in esercizio degli impianti (ovvero, entro o dopo il 31 maggio 2011) la riconducibilità delle iniziative da incentivare al Terzo, ovvero, al Quarto Conto Energia; dunque, la norma regolamentare impugnata si limita a regolare nel dettaglio quanto già, sotto il rilevato profilo, disciplinato a monte dalla legge.

Ma anche a voler prescindere da tale rilievo, invero già decisivo ai fini che ne occupa, occorre considerare, su di un piano sostanziale, che la normativa in esame prevede in modo del tutto peculiare le misure volte alla promozione, per finalità di carattere generale, di uno specifico settore economico attraverso la destinazione di risorse pubbliche.

In via generale, pertanto, è corretto ritenere che esiste un momento nel quale l’aspettativa del privato a fruire degli auspicati benefici economici si consolida e acquisisce consistenza giuridica, ma tale momento non può che essere individuato sulla base di elementi dotati di apprezzabile certezza, pena l’indeterminatezza delle situazioni e la perpetrazione di possibili discriminazioni.

In questa prospettiva, l’individuazione di un discrimine ancorato alla data di entrata in esercizio dell’impianto trova adeguata giustificazione nelle caratteristiche del sistema incentivante in esame, fondato sulla distinzione tra la fase di predisposizione dell’intervento impiantistico e quella (decisamente complessa) di sua messa in opera. Ed è a questo secondo momento (l’entrata in esercizio, appunto) che occorre rivolgere l’attenzione ai fini dell’individuazione del fatto costitutivo del diritto alla percezione dei benefici, ciò che si spiega alla luce della generale finalità del regime di sostegno (produzione di energia da fonte rinnovabile) e dell’esigenza, a tale scopo strumentale, che le iniziative imprenditoriali si traducano in azioni concrete ed effettive.

Fondato è invece l’altro profilo con cui si deduce l’illegittimità per eccesso di potere del criterio indicato dalla norma avversata, limitato al rapporto tra la proiezione al suolo dei moduli fotovoltaici e la proiezione al suolo della superficie coperta dalla serra, in assenza degli altri parametri, quali il clima, la luminosità, la qualità del terreno, la disponibilità e qualità di risorse idriche, che si pongono, invece, come elementi essenziali a garantire le coltivazioni in serra.

Come sopra evidenziato il decreto ministeriale è intervenuto su un presupposto della tariffa la cui determinazione è stata riservata al potere discrezionale del Ministero resistente, che, come indicato nell’art. 14, comma 2, del DM, al fine di garantire la coltivazione sottostante, ha ritenuto necessario che le serre, dopo l’intervento di collocazione dei moduli fotovoltaici, presentino l’ivi indicato rapporto tra la proiezione al suolo della superficie totale dei moduli fotovoltaici installati sulla serra e della superficie totale della copertura della serra stessa, in misura che non deve superare il 50% di tale rapporto.

Deve, peraltro, essere rammentato che, con un recente intervento interpretativo, è stato precisato che la mancanza di tale condizione non determina l’esclusione dall’incentivo tout court, ma incide sulla misura dello stesso, spettando, in tal caso, la tariffa prevista per la categoria «altri impianti fotovoltaici» e non quella prevista dal primo periodo, comma 2, art 14 DM (cfr. art. 5, comma 10, D.M. 5 luglio 2012, sopra richiamato).

La scelta delle caratteristiche tecniche qualificanti gli impianti che, ancorché diretti principalmente alla produzione agricola, siano anche meritevoli di incentivazione sul fronte energetico, costituisce senz’altro espressione di attività discrezionale, che tuttavia non si sottrae al sindacato giurisdizionale, quantomeno sotto il profilo della congruità della motivazione e dell’accertamento del nesso logico di consequenzialità tra presupposti e conclusioni.

Con particolare riguardo al profilo della congruità motivazionale delle scelte operate, è noto che l’iter motivazionale costituisce l’unico momento che consente al destinatario dell’atto di saggiare la estrinseca ragionevolezza e logicità di scelte amministrative effettuate sulla base di norme tecniche non giuridiche, tanto più in ragione della peculiarità del settore in cui si inseriscono le valutazioni operate.

Con riguardo alla fattispecie che ne occupa, se appare ictu oculi la ragione sottesa alla indicazione del parametro in contestazione, coerente, peraltro, con il progressivo irrigidimento degli incentivi in esame in favore di interventi realizzati in aree agricole di cui si è più sopra dato conto, ritiene il Collegio che la determinazione della misura massima di copertura non sfugge comunque alla censura sotto il profilo della illogicità e contraddittorietà della motivazione, non essendo di per sé sufficiente l’enunciata esigenza di garantire le coltivazioni in serra a sorreggere idoneamente la scelta in concreto operata.

La difesa erariale sostiene che l’installazione di pannelli fotovoltaici sulle serre può ritenersi compatibile con la funzione cui le stesse sono deputate (i. e. creazione del c. d. “effetto serra”, attraverso la cattura e trattenimento il più a lungo possibile della radiazione solare) solo se questa sia comunque in grado di consentire la sufficiente penetrazione della luce solare per il processo di fotosintesi e la formazione dell’effetto serra; pertanto, la disposizione censurata costituirebbe un deterrente all’impiego eccessivo di moduli fotovoltaici tale da rendere le serre inservibili allo scopo originario.

Ritiene il Collegio che quanto ora esposto non fa altro che confermare i dubbi di legittimità rappresentati dalla parte ricorrente, se non altro perché tale limitazione è stata determinata in misura uguale per tutto il territorio nazionale, senza tenere conto che “al fine di garantire la coltivazione sottostante” (come recita il comma 2 dell’art. 14 DM) sia la luminosità che il calore da accumulare per ottenere l’effetto serra, sono assai diversi nelle varie zone del Paese.

Dunque, se il fine è quello di garantire la coltivazione sottostante (ed evitare abusi al solo scopo di ottenere le tariffe incentivanti) la disposizione appare priva di ogni supporto istruttorio adeguato, oltre che in relazione alla idonea considerazione di tutti i parametri sopra indicati che pure devono concorrere tra loro, anche in relazione ai differenti tipi di coltivazione che si intenderebbe preservare. Invero, appare assai difficile nella presente fattispecie stabilire una misura generale uguale per tutti i casi, essendo verosimilmente necessario, per svelare eventuali abusi, verificare caso per caso l’idoneità della copertura a garantire la coltivazione sottostante in relazione ai vari possibili tipi di coltivazione, oltre che alle diversità morfologiche e climatiche ove queste sono effettuate.

Per le ragioni da ultimo evidenziate la disposizione censurata deve essere annullata in parte qua, rimanendo, peraltro, riservata al Ministero dello sviluppo economico la successiva attività provvedimentale emendata dal rilevato vizio, ove il Ministero medesimo ritenga opportuno di confermare la necessità di ricondurre l’erogazione delle tariffe incentivanti di cui al primo periodo del comma 2, art. 14 DM, solo in relazione a determinate tipologie di serre.

1.3-La terza censura, di violazione dell’art. 25 comma 10 del D.lgs n. 28/11 ; eccesso di potere in quanto la disposizione sarebbe stata inserita senza il parere della Conferenza unificata , risulta infondata in quanto smentita nei fatti dalla difesa erariale.

Parte ricorrente, nella sua replica, non contesta l’esistenza di detto parere, ma assume che esso era diverso dal testo poi adottato: il rapporto del 50% sarebbe stato previsto tra la superficie totale trasparente e la superficie totale esterna. Ma, al di là di alcune differenze tecniche, sembra che il D.M. abbia sostanzialmente recepito il principio voluto dalla Conferenza unificata, e comunque risulta acquisito il parere, come richiesto dall’art. 25 comma 10 del d.lgs n. 28/11.

Per le ragioni suddette al punto 1.2 la disposizione censurata deve essere comunque annullata.

2- Con la quarta censura si contesta sostanzialmente il D.M. per violazione dell’art. 25 commi 9, 10 ed 11 del D.lgs n. 28/11; eccesso di potere per disparità di trattamento ed ingiustizia: le tariffe devono garantire una equa remunerazione dei costi d’investimento e di esercizio (art. 7 del D. lgs n. 387/2003); la riduzione drastica del IV conto energia non tiene conto dei costi d’investimento già affrontati facendo affidamento sulle tariffe del III conto energia ; sono fatti salvi paradossalmente i soggetti rientranti nel II conto energia, prorogato con disposizione di legge ( c.d. decreto ALCOA).

La censura si rivolge sostanzialmente nei confronti della disposizione che ha individuato l’ambito di applicazione temporale del IV conto energia, anticipando la fine delle più favorevoli tariffe del III conto energia.

Ma come già detto, tale previsione è contenuta nell’art. 25 commi 9 e 10 del d. lgs n. 28/11, pertanto è inammissibile la contestazione nei confronti del D.M., vincolato all’applicazione di una disposizione di legge.

3- E’ quindi sulle censure rivolte nei confronti di tali disposizioni di legge che si trasferisce l’interesse di parte ricorrente.

3.1-In primo luogo parte ricorrente assume la non manifesta infondatezza della questione di costituzionalità dell’art. 25 commi 9 e 10 del d. lgs n. 28/11 per contrasto con l’art. 76 e con gli artt. 2,3,15,41 e 97 della Costituzione.

3.1.1- Per quanto concerne la presunta violazione dell’art. 76, si assume che la legge delega n. 96/2010 ( legge comunitaria 2009 di recepimento della direttiva 2009/29/CE) all’art. 17 prevede l’adeguamento ed il potenziamento delle incentivazioni, mentre il D.lgs ha abrogato retroattivamente le tariffe più favorevoli del III conto energia; eccesso di delega: le disposizioni censurate non sono state sottoposte all’esame delle Commissioni Camera e Senato e della Conferenza Unificata Stato-Regioni.

Il rilievo non appare fondato.

Come evidenziato dalla difesa dell’Amministrazione, l’art. 17 comma 1 lett. h) della legge delega n. 96/10 prevede anche la possibilità di abrogare le vigenti disposizioni in materia. Inoltre delega il Governo ad adeguare, oltre che potenziare, il sistema d’incentivazioni, il che non significa necessariamente aumentare l’entità delle tariffe; anche perché è stato affermato dal GSE, senza smentita sul punto, che la riduzione dei costi degli impianti dovuta all’introduzione di nuove tecnologie consentiva di adeguare al ribasso la remuneratività delle tariffe, con minore onere per la collettività.

Si deve poi dare atto dell’esistenza del parere della Conferenza unificata Stato regione (25 gennaio 2011); le competenti Commissioni di Camera e Senato inoltre hanno reso il parere rispettivamente in data 9 e 16 febbraio 2011; in particolare la Commissione 10^ del Senato ha sostanzialmente chiesto l’introduzione del comma 10 del citato art. 25 per operare una progressiva riduzione dei costi attualmente gravanti sui cittadini e sulle imprese per il finanziamento degli incentivi alle fonti rinnovabili. In definitiva quindi gli incentivi non risultano ridotti se si considera la riduzione dei costi.

Infine si osserva come l’art. 25 comma 10 del d.lgs n. 28/2011 preveda tra i principi da rispettare da parte del D.M. applicativo, “la determinazione di un limite annuale di potenza elettrica cumulativa degli impianti fotovoltaici che possono ottenere le tariffe incentivanti”.

E’ quindi chiaro che parametrando tale limite ai costi connessi all’incentivazione si ottiene una limitazione quantitativa all’incentivazione stessa, che corrisponde peraltro anche al principio costituzionale di copertura di bilancio ed a quello della ragionevolezza.

Anche sotto tale profilo la questione di costituzionalità risulta quindi manifestamente infondata.

3.1.2-Si assume poi la violazione degli artt.2,3,25,41 e 97 della Costituzione: è stato violato l’affidamento su tariffe già approvate ed anche in relazione ad impianti già costruiti, e quindi in relazione ad oneri già sopportati.

Anche tale rilievo appare manifestamente infondato.

In primo luogo deve escludersi che le norme legislative censurate abbiano effetto retroattivo: esse infatti si applicano agli impianti fotovoltaici che sarebbero entrati in funzione dopo il 31 maggio 2011 (il decreto legislativo è del 3 marzo 2011); il III conto energia continua ad applicarsi per tutti gli impianti che entrano in funzione entro tale data, con ciò assicurando una certa gradualità nel passaggio da una tariffa ad un’altra, meno vantaggiosa.

D’altra parte coloro che non hanno ancora richiesto ed ottenuto l’incentivazione, verosimilmente per mancanza temporanea dei presupposti di fatto, non possono certo vantare un diritto quesito ad una certa misura della tariffa; possono vantare una mera aspettativa che non può però avere rilievo ai fini dell’incostituzionalità della norma censurata.

Gli investimenti effettuati nella prospettiva di una certa remunerazione rientrano nel rischio d’impresa, anche in considerazione del fatto che verosimilmente la riduzione dei costi degli impianti non è avvenimento istantaneo ma si sta producendo gradualmente nel tempo.

4-Infine si chiede la disapplicazione per contrasto coi principi comunitari delle norme qui censurate, ovvero la remissione alla Corte di Giustizia CE ai sensi dell’art.267 Trattato : si assume la violazione del principio dell’affidamento e della certezza del diritto e della direttiva 2009/28/CE.

Su tale questione si è in parte già detto, escludendo che nella fattispecie si sia in presenza di norma con effetti retroattivi.

Cominciando dagli obblighi asseritamente derivanti dalla dir. 2009/28/CE, pare al Collegio che i pur condivisibili riferimenti effettuati dalla parte privata alle finalità della politica energetica europea, e in particolare alla necessità, tra l’altro, della creazione di certezza per gli investitori (14° consid.) e del mantenimento della fiducia degli stessi, vadano tuttavia apprezzati alla luce dell’altro obiettivo, parimenti enunciato nella direttiva (25° consid.), secondo cui “per il corretto funzionamento dei regimi di sostegno nazionali è essenziale che gli Stati membri possano controllare gli effetti e i costi dei rispettivi regimi in funzione dei loro diversi potenziali”.

Questa chiara indicazione risponde in realtà a un’esigenza di carattere generale, occorrendo evitare che l’attrazione di investimenti privati non trasmodi per un verso in inopinata accelerazione della crescita del settore e, per altro, in facile occasione di guadagno, col risultato di tradire l’originaria ispirazione del regolatore, favorendo la creazione di vere e proprie bolle speculative, e al contempo di ingenerare il rischio di un’alterazione non prevista né voluta del c.d. mix energetico (nel 15° consid. si fa riferimento a “un’allocazione giusta e adeguata che tenga conto della diversa situazione di partenza e delle possibilità degli Stati membri, ivi compreso il livello attuale dell’energia da fonti rinnovabili e il mix energetico”).

Ciò ovviamente non esclude che lo scopo finale della politica europea di sviluppo delle fonti rinnovabili, vale a dire la penetrazione stabile e duratura delle stesse nel mercato (secondo quanto giustamente rilevato dalla parte istante), debba continuare a essere perseguito, come nei fatti sta avvenendo. Basti al riguardo considerare l’avvenuto superamento dell’obiettivo indicato nel Terzo conto (3.000 MW) e di quello complessivo da raggiungere entro il 2020 ai sensi del Piano nazionale di azione per le fonti rinnovabili del 2010 (8.000 MW).

Ulteriore prova ne sia che la stessa Commissione, nella recente comunicazione COM(2012) 271 final del 6 giugno 2012 (Energie rinnovabili: un ruolo di primo piano nel mercato energetico europeo), ribadito il ruolo strategico delle energie rinnovabili nel contesto globale, ha riconosciuto come il settore si sia sviluppato molto più rapidamente di quanto previsto al momento dell’emanazione della dir. 2009/28, essendosi verificato un rilevantissimo calo dei costi degli impianti (pressoché dimezzati nel quinquennio anteriore al 2010), e come le modifiche ai regimi di sostegno introdotte dagli Stati membri siano state “talvolta generate da una crescita inaspettatamente repentina della spesa destinata alle energie rinnovabili, non sostenibile nel breve periodo”.

A questo proposito, la Commissione, muovendo dal rilievo che dette modifiche “sono state poco trasparenti, sono avvenute improvvisamente e, in alcuni casi, sono state imposte addirittura retroattivamente o hanno introdotto una moratoria”, ha affermato che “questo tipo di pratiche, per tutte le nuove tecnologie e gli investimenti che ancora dipendono dai sostegni, compromette la fiducia degli investitori nel settore”, concludendo che “occorre evitare di esporre il mercato unico a un simile rischio” (è stata cioè rilevata la necessità di “continuare ad agire per garantire coerenza tra gli approcci adottati nei diversi Stati membri, per eliminare le distorsioni e valorizzare le risorse energetiche rinnovabili in modo economicamente vantaggioso”).

Si spiega allora perché la Commissione evidenzi, tra le azioni da porre in essere per il periodo successivo al 2020, quella di “continuare a dare impulso all’integrazione delle energie rinnovabili nel mercato dell’energia interno e fare in modo che sul mercato siano presenti degli incentivi destinati agli investimenti per la produzione di energia”, e quella di “elaborare orientamenti sulle migliori pratiche e sulle esperienze acquisite in materia di regimi di sostegno per incoraggiare una maggior prevedibilità ed efficacia in termini di costi, evitare sovracompensazioni (se comprovate) e sviluppare una maggior coerenza tra gli Stati membri” (cfr. par. 9).

Da questo documento comunitario, che per finalità e temi affrontati rappresenta un’analisi allo “stato dell’arte” sulla complessiva questione oggi in rilievo, emergono due elementi rilevanti ai fini del giudizio.

Risulta infatti come la Commissione: a) per quanto bene a conoscenza delle revisioni nei vari ordinamenti nazionali dei regimi di sostegno, delle relative cause e delle concrete modalità di attuazione più o meno attente agli interessi degli investitori, sembri tuttavia avere escluso una propria (pur possibile) iniziativa immediata volta a censurare in qualche modo tali “ripensamenti”, essendosi invece riservata di dare corso a un futuro intervento correttivo (essenzialmente ispirato, almeno così sembra, all’introduzione di best practices); b) abbia al contempo posto in evidenza la necessità di “evitare sovracompensazioni” derivanti anche dalla repentina e più che apprezzabile riduzione della struttura dei costi degli investitori.

Le superiori considerazioni – e in special modo l’individuazione da parte dello stesso Esecutivo europeo dei punti critici dei regimi di sostegno – paiono fornire adeguata giustificazione all’intervento normativo oggi contestato, che lungi dal violare il canone centrale della promozione del settore, confermato dalla perdurante sussistenza del sistema incentivante (ancorché con perimetro e oggetto ridimensionati), pare piuttosto attuarne una “regolazione fine” orientata alla proporzionalità e gradualità, in pieno ossequio alle indicazioni del diritto europeo.

Peraltro la Corte di Giustizia CE ha già affermato il principio che gli imprenditori economici non possono fare legittimo affidamento sulla conservazione di incentivi statali, avendo lo Stato membro sempre il potere di abolire un regime di agevolazioni prima della data di scadenza prevista con disposizione nazionale (si trattava della eliminazione in Germania, prima del tempo previsto con legge, di una esenzione fiscale sui biocarburanti: Corte Giustizia CE Sez III 10 settembre 2009 n. 201).

Anche tale richiesta deve pertanto essere respinta.

5- Per quanto attiene al risarcimento del danno, l’annullamento dell’art. 14 comma 2 seconda parte del D.M 5 maggio 2011 consente una rideterminazione dell’Amministrazione satisfattiva degli interessi delle parti ricorrenti, nei limiti individuati dalla presente sentenza.

Per il resto il rigetto del ricorso esclude ogni risarcimento per illegittimità dell’agire dell’Amministrazione.

Considerata la complessità e novità delle questioni, sussistono giusti motivi per compensare tra le parti le spese di giudizio.


P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Terza Ter)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto,

1) dichiara improcedibile per sopravvenuta carenza d’interesse il ricorso proposto da Sardegna Agrienergia tre;

2) accoglie in parte il ricorso in epigrafe, limitatamente all’annullamento dell’art. 14 comma 2 seconda parte, come meglio individuato in motivazione, del D.M. 5 maggio 2011;

3) per il resto lo respinge.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nelle camere di consiglio dei giorni 11 luglio e 25 ottobre 2012 con l’intervento dei magistrati:

Giuseppe Daniele, Presidente
Carlo Taglienti, Consigliere, Estensore
Giampiero Lo Presti, Consigliere
        
L’ESTENSORE 

IL PRESIDENTE
        
     
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 26/03/2013
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
 

Iscriviti alla Newsletter GRATUITA

Ricevi gratuitamente la News Letter con le novità di AmbienteDiritto.it e QuotidianoLegale.

N.B.: se non ricevi la News Letter occorre una nuova iscrizione, il sistema elimina l'e-mail non attive o non funzionanti.

ISCRIVITI SUBITO


Iscirizione/cancellazione

Grazie, per esserti iscritto alla newsletter!