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Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: VIA VAS AIA Numero: 9938 | Data di udienza: 25 Maggio 2016

* IDROCARBURI – Attività di prospezione – Attività di ricerca – Differenza – Titoli autorizzativi – VIA, VAS E AIA – Procedimento di VIA di competenza statale – Artt. 10, 25 e 26 d.lgs. n. 152/2006 – Parere regionale – Finalità istruttorie.


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 2^ bis
Regione: Lazio
Città: Roma
Data di pubblicazione: 26 Settembre 2016
Numero: 9938
Data di udienza: 25 Maggio 2016
Presidente: Stanizzi
Estensore: Russo


Premassima

* IDROCARBURI – Attività di prospezione – Attività di ricerca – Differenza – Titoli autorizzativi – VIA, VAS E AIA – Procedimento di VIA di competenza statale – Artt. 10, 25 e 26 d.lgs. n. 152/2006 – Parere regionale – Finalità istruttorie.



Massima

 

TAR LAZIO, Roma, Sez. 2^ bis – 26 settembre 2016, n. 9938


IDROCARBURI – Attività di prospezione – Attività di ricerca – Differenza – Titoli autorizzativi.

L’attività di prospezione e quella di ricerca sono nettamente distinte sia su un piano fattuale sia sotto un profilo giuridico. Con la prima infatti si intende la “attività consistente in rilievi geografici, geologici, geochimici e geofisici eseguiti con qualunque metodo e mezzo, escluse le perforazioni meccaniche di ogni specie, intese ad accertare la natura del sottosuolo e del sottofondo marino” (cfr. art. 2 lett. g del DM 4 marzo 2011 e art. 2 lett. b del DM 25 marzo 2015), mentre con la seconda si fa riferimento a “l’insieme delle operazioni volte all’accertamento dell’esistenza di idrocarburi liquidi e gassosi, comprendenti le attività di indagini geologiche, geochimiche e geofisiche, eseguite con qualunque metodo e mezzo, nonché le attività di perforazioni meccaniche, previa acquisizione dell’autorizzazione di cui all’articolo 27 della legge 23 luglio 2009, n. 99″ (cfr. art. 2 lett. h DM 4 marzo 2011 e art. 2 lett. c del DM 25 marzo 2015). Le attività di prospezione sono soggette ad autorizzazione mediante il titolo non esclusivo, della durata di un anno, ai sensi dell’art. 3 della L. n. 9/1991. Il permesso di ricerca, rilasciato ai sensi dell’art. 6 della L. n. 9/1991, è un titolo esclusivo della durata di sei anni rinnovabile.
 

VIA, VAS E AIA – Procedimento di VIA di competenza statale – Artt. 10, 25 e 26 d.lgs. n. 152/2006 – Parere regionale – Finalità istruttorie.

Nell’ambito del procedimento di VIA di competenza statale, disciplinata dagli artt. 10, 25 e 26 del D.lgs. 152/2006, il parere regionale è reso ai soli fini istruttori e non è ostativo al rilascio del provvedimento di compatibilità ambientale da parte della competente amministrazione statale, dovendosi escludere la sussistenza di “un potere di codecisione della Regione” (a differenza di quanto, invece, previsto nei cc.dd. procedimenti di autorizzazione unica, in relazione ai quali opera la c.d. “intesa forte” della Regione) (cfr. Cons. Stato sez. VI 5 maggio 2016 n. 1779).

Pres. Stanizzi, Est. Russo – Regione Puglia (avv.ti Liberti e Di Lecce) c. Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare e altri (Avv. Stato) e altro (n.c.)

 


Allegato


Titolo Completo

TAR LAZIO, Roma, Sez. 2^ bis – 26 settembre 2016, n. 9938

SENTENZA

 

TAR LAZIO, Roma, Sez. 2^ bis – 26 settembre 2016, n. 9938


Pubblicato il 26/09/2016

N. 09938/2016 REG.PROV.COLL.
N. 10306/2015 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Seconda Bis)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 10306 del 2015, proposto da:
Regione Puglia, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dagli avvocati Maria Liberti C.F. LBRMRA55A58A662Y, Sabina Ornella Di Lecce C.F. DLCSNR55H55D643E, con domicilio eletto presso la Delegazione della Regione Puglia in Roma, Via Barberini N. 36;


contro

Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, Ministero Beni e Attivita’ Culturali, Ministero dello Sviluppo Economico, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentati e difesi per legge dall’Avvocatura Dello Stato, domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi, 12;
Societa’ Northern Petroleum (Uk) Ltd non costituita in giudizio;

nei confronti di

Comune di Brindisi, Comune di Ostuni non costituiti in giudizio;
Provincia di Brindisi, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall’avvocato Mario Marino Guadalupi C.F. GDLMMR80L01F152D, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, Via Flaminia 189 C7o Tar Lazio;

per l’annullamento dei seguenti atti :

a). il decreto 0000107 del 12.6.2015, n. 107/2015, notificato alla regione Puglia il 22.6.2015, emanato dal Ministero dell’Ambiente e della tutela del territorio e del mare (MATTM) di concerto con il Ministro per i beni e le attività culturali (MIBAC) recante giudizio positivo di compatibilità ambientale relativamente alla “prima fase”, consistente nella ricerca sismica con tecnica di air-gun con rilevamento sismico 2D, del programma lavori collegato al permesso di ricerca per idrocarburi in mare denominato convenzionalmente “d65FR.NP” ubicato al largo delle coste pugliesi, presentato dalla Società Northern Petroleum (UK) Ltd, con sede legale in Viale Trastevere 249, Roma; subordinatamente al rispetto delle prescrizioni riportate;

b). il sottostante parere favorevole con prescrizioni n. 1266 del 21.6.2013 reso dalla Commissione tecnica di verifica dell’impatto ambientale VIA/VAS (di seguito Commissione) sul progetto presentato dalla Petroceltic Italia SRL;

c). il parere n. 1402 del 20.12.2013, non conosciuto, reso dalla Commissione recante chiarimenti alla richiesta n. 0050421 GAB del 14.11.2013 dell’ufficio di Gabinetto del MATTM in merito ad alcune problematiche ambientali afferenti a tale specifica tipologia di progetto;

d). il parere n. 1571 del 18.7.2014 della Commissione che esprime alcune considerazioni in riscontro alla richiesta avanzata dagli Uffici di Gabinetto con nota DVA 2014 0014504 del 15.5.2014, di approfondire alcuni aspetti comuni a diversi progetti di permessi di ricerca di idrocarburi e in particolare quelli relativi alla trattazione degli impatti cumulativi e alle misure di mitigazione sulla cetofauna;

e). il parere favorevole con prescrizioni espresso dal MIBAC n. DG/PBAAC/34.19.04/24720/2012 del 12.9.2012;

f). il parere n. 1669 del 28.11.2014 con cui la Commissione tecnica di verifica dell’impatto ambientale ha sostituito il precedente quadro prescrittivo a seguito della richiesta dell’ufficio di gabinetto del 20.11.2014 fondata sulla base di considerazioni relative alla possibile incidenza delle attività in progetto sulla fauna marina e in particolare sui cetacei e ha chiesto di valutare l’opportunità di un riesame di carattere metodologico dei quadri prescrittivi dei pareri recentemente espressi sui permessi di ricerca o prospezione con riferimento alle tecniche di indagine.

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare e di Ministero Per i Beni e Le Attivita’ Culturali e di Ministero dello Sviluppo Economico e di Provincia di Brindisi;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 25 maggio 2016 la dott.ssa Maria Ada Russo e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

Con il ricorso in epigrafe sono stati impugnati i seguenti atti :

a). il decreto 0000107 del 12.6.2015, n. 107/2015, notificato alla regione Puglia il 22.6.2015, emanato dal Ministero dell’Ambiente e della tutela del territorio e del mare (MATTM) di concerto con il Ministro per i beni e le attività culturali (MIBAC) recante giudizio positivo di compatibilità ambientale relativamente alla “prima fase”, consistente nella ricerca sismica con tecnica di air-gun con rilevamento sismico 2D, del programma lavori collegato al permesso di ricerca per idrocarburi in mare denominato convenzionalmente “d65FR.NP” ubicato al largo delle coste pugliesi, presentato dalla Società Northern Petroleum (UK) Ltd, con sede legale in Viale Trastevere 249, Roma; subordinatamente al rispetto delle prescrizioni riportate;

b). il sottostante parere favorevole con prescrizioni n. 1266 del 21.6.2013 reso dalla Commissione tecnica di verifica dell’impatto ambientale VIA/VAS (di seguito Commissione) sul progetto presentato dalla Petroceltic Italia SRL;

c). il parere n. 1402 del 20.12.2013, non conosciuto, reso dalla Commissione recante chiarimenti alla richiesta n. 0050421 GAB del 14.11.2013 dell’ufficio di Gabinetto del MATTM in merito ad alcune problematiche ambientali afferenti a tale specifica tipologia di progetto;

d). il parere n. 1571 del 18.7.2014 della Commissione che esprime alcune considerazioni in riscontro alla richiesta avanzata dagli Uffici di Gabinetto con nota DVA 2014 0014504 del 15.5.2014, di approfondire alcuni aspetti comuni a diversi progetti di permessi di ricerca di idrocarburi e in particolare quelli relativi alla trattazione degli impatti cumulativi e alle misure di mitigazione sulla cetofauna;

e). il parere favorevole con prescrizioni espresso dal MIBAC n. DG/PBAAC/34.19.04/24720/2012 del 12.9.2012;

f). il parere n. 1669 del 28.11.2014 con cui la Commissione tecnica di verifica dell’impatto ambientale ha sostituito il precedente quadro prescrittivo a seguito della richiesta dell’ufficio di gabinetto del 20.11.2014 fondata sulla base di considerazioni relative alla possibile incidenza delle attività in progetto sulla fauna marina e in particolare sui cetacei e ha chiesto di valutare l’opportunità di un riesame di carattere metodologico dei quadri prescrittivi dei pareri recentemente espressi sui permessi di ricerca o prospezione con riferimento alle tecniche di indagine.

Il ricorso è stato affidato ai seguenti motivi di diritto :

1). Difetto di istruttoria, omesso richiamo di un parere rilevante nel procedimento;

2). Eccesso di potere, contraddittorietà, difetto di istruttoria, travisamento, abnormità procedimentale;

3). Violazione art. 5 D. Lgs. 152/2006; violazione del principio impositivo della valutazione di impatto ambientale cumulativa;

4). Omessa valutazione dell’impatto ambientale transfrontaliero;

5). Violazione del principio di precauzione di cui all’art. 3 ter D. Lgs. 152/2006;

6). Violazione della direttiva 2008/56/CE recepita con D. Lgs. 190/2010 (strategia del mare);

7). Violazione della direttiva 2013/30/UE sulla sicurezza delle operazioni in mare nel settore degli idrocarburi;

8). Carenza di istruttoria del Ministero per i beni e le attività culturali; difetto o insufficiente motivazione del parere n. 24720 del 12.9.2012 e delle prescrizioni ivi contenute;

9). Impugnativa dell’art. 38, comma 1bis, L. 133/2014 e decreto MISE del 25.3.2015.

In data 30.10.2015 si è costituita la provincia di Brindisi.

In data 5.11.2015 si è costituito il Ministero Ambiente.

In data 4.4.2016 ha depositato memoria la Regione Puglia.

Successivamente le parti hanno depositato ulteriori memorie difensive.

Prima di affrontare l’esame delle censure dedotte e sopra riportate, il Collegio reputa opportuno precisare, in punto di fatto, seppur sinteticamente, il contenuto del progetto di cui al provvedimento impugnato, e le relative caratteristiche, rilevanti sotto il profilo giuridico.

In punto di fatto, il progetto di cui all’istanza riguarda la sola realizzazione di una indagine sismica, ovvero la Prima Fase del programma lavori collegato al permesso di ricerca per idrocarburi in mare denominato convenzionalmente “d 65 FR NP” in un’area di 729,3 kmq localizzata nel Mare Adriatico.

L’area interessata si colloca al di fuori della fascia di tutela di cui all’art. 6 comma 7 del D.lgs. 152/2006.

Inoltre, l’area interessata ha una distanza minima dalle coste della Regione Puglia oltre le 12 miglia marine e ricade totalmente all’esterno delle aree di divieto di cui all’art. 2 comma 3 lett. h) del D.lgs. 128/2010.

Il progetto in questione non riguarda né la ricerca di idrocarburi né, tanto meno, l’estrazione e coltivazione degli stessi. Il Collegio ritiene di precisare tale dato alla luce della facile tendenza (talvolta riscontrabile nella prospettazione argomentativa della Regione ricorrente) a confondere l’attività di prospezione con quella di ricerca, che sono, in realtà, nettamente distinte sia su un piano fattuale sia sotto un profilo giuridico.

Con la prima infatti si intende la “attività consistente in rilievi geografici, geologici, geochimici e geofisici eseguiti con qualunque metodo e mezzo, escluse le perforazioni meccaniche di ogni specie, intese ad accertare la natura del sottosuolo e del sottofondo marino” (cfr. art. 2 lett. g del DM 4 marzo 2011 e art. 2 lett. b del DM 25 marzo 2015), mentre con la seconda si fa riferimento a “l’insieme delle operazioni volte all’accertamento dell’esistenza di idrocarburi liquidi e gassosi, comprendenti le attività di indagini geologiche, geochimiche e geofisiche, eseguite con qualunque metodo e mezzo, nonché le attività di perforazioni meccaniche, previa acquisizione dell’autorizzazione di cui all’articolo 27 della legge 23 luglio 2009, n. 99″ (cfr. art. 2 lett. h DM 4 marzo 2011 e art. 2 lett. c del DM 25 marzo 2015).

Le attività di prospezione sono soggette ad autorizzazione mediante il titolo non esclusivo, della durata di un anno, ai sensi dell’art. 3 della L. n. 9/1991. Il permesso di ricerca, rilasciato ai sensi dell’art. 6 della L. n. 9/1991, è un titolo esclusivo della durata di sei anni rinnovabile.

In primo luogo, il Collegio ritiene inoltre opportuno precisare che nessun rilievo nella presente controversia ha la questione di legittimità costituzionale sollevata dalla Regione in relazione all’art. 38 del D.L. n. 133/2014, che disciplina il titolo concessorio unico per le attività di coltivazione. Come sopra precisato il progetto di cui al decreto impugnato riguarda invece esclusivamente attività di ricerca sismica.

Tanto precisato, il ricorso proposto non è meritevole di accoglimento.

In proposito, la Sezione si è già pronunciata su questioni analoghe (cfr., sentenza Tar Lazio, Roma, II bis, n. 9073/2016) esprimendo una serie di principi ai quali si ritiene di poter aderire interamente.

Va innanzi tutto rilevato (I motivo di gravame) che l’omesso riferimento, nel decreto impugnato, alla DGR n. 1292 del 9 luglio 2013, non è idoneo a determinare l’illegittimità del provvedimento gravato per le ragioni di seguito illustrate.

La DGR 1292/2013 (non richiamata nel decreto) si limita a ribadire il parere sfavorevole già espresso con riferimento al progetto presentato dalla controinteressata, non apportando nessun nuovo elemento di giudizio.

Va peraltro rilevato che la DGR 1292/2013 indica erroneamente il progetto della controinteressata come “Permesso di Ricerca idrocarburi” anziché come “Permesso di Prospezione” geologica.

In relazione alla DGR 2079/2011, con cui la Regione Puglia ha espresso il proprio parere negativo, il provvedimento gravato dà conto che le relative motivazioni sono state esaminate nel parere della Commissione Tecnica n. 1266/2013, che, effettivamente, si sofferma analiticamente sui rilievi formulati dalla Regione, in relazione ai quali la Commissione stessa ha motivatamente preso posizione, con diffuse argomentazioni.

In ogni caso, rilevato che il provvedimento impugnato costituisce un atto della fase sub-procedimentale di VIA di competenza statale, disciplinata dagli artt. 10, 25 e 26 del D.lgs. 152/2006, è stato condivisibilmente osservato che il parere regionale è reso ai soli fini istruttori e non è ostativo al rilascio del provvedimento di compatibilità ambientale da parte della competente amministrazione statale, dovendosi escludere la sussistenza di “un potere di codecisione della Regione” (a differenza di quanto, invece, previsto nei cc.dd. procedimenti di autorizzazione unica, in relazione ai quali opera la c.d. “intesa forte” della Regione) (cfr. Cons. Stato sez. VI 5 maggio 2016 n. 1779).

Con il secondo motivo di ricorso la Regione deduce l’illegittimità dei pareri assunti dalla Commissione Tecnica. Le censure dedotte ridondano sui motivi di gravame dal III al VII, articolati in relazione al decreto impugnato. Le doglianze pertanto possono essere esaminate unitariamente, al fine di una più agevole ed economica trattazione.

Deve d’altro canto evidenziarsi che con il parere n.1266/13 assunto a seguito delle richieste di chiarimenti da parte del Ministero, la Commissione Tecnica ha sostituito integralmente il quadro prescrittivo precedentemente indicato.

Il parere si pone quindi quale atto conclusivo dell’istruttoria tecnica. I pareri resi dalla Commissione costituiscono inoltre parte integrante del decreto ministeriale.

Tale dispiegarsi del procedimento consente quindi di scrutinare congiuntamente gli identici motivi di gravame diretti ora verso i pareri della Commissione ora verso il decreto del Ministero.

Va preliminarmente osservato che i pareri della Commissione costituiscono tipica espressione di discrezionalità tecnica. Come tali soggiacciono ad un sindacato giurisdizionale “debole”, nei limiti ab externo rilevabili della palese irragionevolezza, contraddittorietà o superficialità.

Ciò precisato, la Regione ricorrente contesta l’istruttoria tecnica condotta dalla Commissione nonchè il decreto impugnato in relazione:

– alla necessità di considerare il progetto anche tenendo conto delle successive fasi di esplorazione e coltivazione;

– alla mancata valutazione degli impatti cumulativi;

– alla violazione del principio di precauzione;

– alla mancata valutazione dell’impatto sull’ambiente marino;

– alla mancata valutazione dell’impatto trasfrontaliero del progetto;

– alla (non) affidabilità e sicurezza della tecnologia air gun, che determinerebbe potenziali danni o pericolo per la fauna, per i reperti archeologici presenti nei fondali, per l’attività di pesca, nonché sarebbe incompatibile con la possibile presenza di ordigni bellici inesplosi e con le c.d. “navi dei veleni”;

– alla non corretta valutazione del rapporto costi/benefici, posto che il petrolio esistente nell’Adriatico sarebbe di scarsa qualità;

Inoltre la Regione lamenta la mancata attivazione del tavolo tecnico, la cui istituzione era stata ritenuta opportuna dalla Commissione.

A tale ultimo proposito va rilevato che nel parere n. 1571/2014 la Commissione, in considerazione della crescente attività di ricerca di idrocarburi nei mari italiani, ha ritenuto opportuno suggerire l’istituzione di un tavolo tecnico “permanente”, con la partecipazione di MATTM, MISE, società operanti nel settore della ricerca e prospezione di idrocarburi e di enti di ricerca, “per affrontare/approfondire le tematiche relative agli impatti cumulativi del rumore antropogenico sui mammiferi marini”. Nel parere n. 1669 del 28 novembre 2014, conclusivo dell’attività istruttoria, la Commissione ha ritenuto che, fino all’istituzione del predetto tavolo tecnico, fosse possibile, con la corretta analisi dei dati provenienti dal biomonitoraggio, realizzare la fase preliminare di studio e pianificazione nell’ottica del principio di massima precauzione. Inoltre ha valutato che il nuovo quadro prescrittivo, disposto con il medesimo parere, pur in assenza del tavolo tecnico, prevedesse misure idonee per corrispondere al principio di massima precauzione possibile con riguardo sia all’utilizzo dell’air gun sia all’adozione di puntuali procedure di mitigazione.

Ciò rilevato, il Collegio osserva che – fin dal proposito iniziale – il suggerimento dell’istituzione di un tavolo tecnico non è stato posto quale ulteriore e necessario apporto istruttorio della procedura in discussione; indicativo in tal senso che si tratti di un tavolo “permanente” la cui attività di studio non è quindi legata al progetto di cui si discute. In ogni caso le prescrizioni dettate nel parere n. 1669 e recepite nel decreto VIA prevedono attività di monitoraggio ante operam, in corso d’opera e post operam i cui esiti devono essere comunicati alle autorità competenti.

Non si ritiene pertanto di poter dedurre, dalla mancata istituzione del più volte richiamato “tavolo”, una carenza nell’istruttoria sotto il profilo tecnico.

In relazione all’asserita incompletezza dell’istruttoria sotto i profili indicati al precedente punto deve rilevarsi che l’esame dei pareri, resi all’esito di un procedimento particolarmente articolato, caratterizzato da numerose richieste di chiarimenti da parte del Ministero competente, smentisce che vi siano stati profili non compiutamente esaminati e adeguatamente valutati sotto il profilo tecnico.

In particolare:

– quanto all’omessa valutazione unitaria dell’attività di ricerca e delle fasi successive, il rilievo della Regione appare apodittico e generico, muovendo da una sorta di assioma di principio che postula la necessaria unitarietà delle diverse fasi. In realtà tali diverse fasi corrispondono ad attività di natura profondamente differente anche quanto all’impatto sull’ambiente, a loro volta disciplinate in modo diverso a livello normativo, in relazione alla procedura volta al rilascio dei rispettivi titoli autorizzatori. Correttamente quindi la Commissione ha rilevato non pertinenti le osservazioni della Regione, in quanto afferenti alla successiva ed eventuale fase di coltivazione degli idrocarburi e non attinente quindi con il progetto presentato, riguardante la sola acquisizione di dati geofisici.

– quanto alla carente valutazione in ordine agli impatti cumulativi e alla violazione dell’art. 5 del D.lgs. 152/2006, va osservato che nei pareri rilasciati (si veda in particolare il parere conclusivo n. 1669/2014) la Commissione dedica un apposito capitolo di approfondimento al tema, arrivando a concludere che i medesimi debbano essere esclusi “in quanto, come previsto nel quadro prescrittivo, l’indagine sismica sarà unica per aree omogenee. A tal riguardo nel quadro prescrittivo del parere viene vietata la contemporaneità con ulteriori indagini sismiche in ambiti geografici dove la distanza fra le imbarcazioni sismiche sia inferiore, nel punto più vicino atteso, a 55 miglia nautiche (100 km), in modo da garantire un’adeguata via di fuga ai mammiferi marini (così come già ribadito anche nel rapporto ISPRA 2012)”. Inoltre sempre al fine di prevenire impatti cumulativi nell’area di indagine, “il quadro prescrittivo ha previsto il divieto di contemporanea esecuzione di indagini sismiche 2D e 3D se non siano trascorsi almeno 12 mesi dalla prima campagna”. E’ stato altresì precisato che, “limitatamente ai permessi di ricerca 2D, se in futuro dovesse risultare necessario effettuare una ulteriore campagna di approfondimento geofisico del tipo 3D dovrà essere attivata una nuova procedura di valutazione ambientale”. E ancora “per minimizzare qualsiasi interferenza o impatto cumulativo dovuto alla simultaneità delle operazioni all’interno di due aree adiacenti assegnate allo stesso Proponente, è stata prevista l’esecuzione del rilevamento impiegando un’unica nave di acquisizione e quindi un’unica sorgente acustica, eliminando in tal modo ogni possibilità di sovrapposizione di effetti legati alla generazione di più segnali acustici contemporaneamente presenti in una medesima area”.

Infine, nel caso in cui uno o più titoli minerari vengano rilasciati con una tempistica tale che renda possibile effettuare i lavori nello stesso periodo in cui si svolgerà l’attività di prospezione geofisica proposta, il quadro prescrittivo del citato parere impegna il Proponente a prendere contatti con il possibile altro operatore per redigere un cronoprogramma delle operazioni che ne escluda la simultaneità ed inoltre il medesimo quadro prescrittivo impone al Proponente di effettuare la verifica dei titoli minerari rilasciati nei dintorni al fine di redigere un cronoprogramma delle attività che ne escluda la simultaneità, con la conseguente esclusione della possibilità di effettuazione simultanea di indagini sismiche in aree adiacenti, che sarebbero inopportune sia dal punto di vista ambientale che dal punto di vista tecnico, in quanto le diverse energizzazioni creerebbero problemi alla propagazione del segnale acustico, generando delle interferenze tra i segnali (effetti di risonanza, amplificazione del rumore, etc.) rendendo così di fatto il rilievo poco attendibile.

Ora, a fronte di tali diffuse argomentazioni in ordine a valutazioni e a misure imposte per escludere il rischio di impatti cumulativi, le censure sollevate dalla Regione Puglia in punto di carenza di istruttoria non appaiono suscettibili di favorevole apprezzamento.

– quanto alla mancata valutazione dell’impatto transfrontaliero, così come dedotta la censura appare generica e come tale inammissibile, tenuto conto di quanto già rilevato in relazione al tema della valutazione degli impatti cumulativi;

– quanto alla violazione del principio di precauzione in relazione alla tecnica air gun prevista dal progetto, il Collegio innanzi tutto rileva che le censure così come dedotte si presentano generiche e non forniscono, al di là di una chiara contrarietà aprioristica all’utilizzo di detta tecnologia, elementi utili a sostenere le argomentazioni esposte. Al riguardo va di contro rilevato, considerato che si è al cospetto dell’esercizio di discrezionalità tecnica, che l’analisi del decreto e degli atti ad esso presupposti conduce a riscontrare un’accurata valutazione da parte della CTVA dei potenziali rischi riconnessi all’intervento, consistente, peraltro, in una mera attività di ricerca geofisica (con esclusione, quindi, di qualsiasi attività di “perforazione del fondale marino” o di realizzazione di opere permanenti), e tale rilievo trova, del resto, conferma anche nell’imposizione – nel corpo dello stesso decreto – di copiose misure precipuamente volte non solo a minimizzare l’impatto ambientale ma anche a stabilire un continuo monitoraggio (ante operam, in corso d’opera e post operam) e un costante controllo delle eventuali ricadute dell’utilizzo della tecnica air gun sulla fauna marina e, più in generale, sull’habitat “specifico dell’areale di crociera proposto”, da effettuare, tra l’altro, in collaborazione con il Ministero vigilante e l’ISPRA.

A fronte delle motivate valutazioni di cui ai pareri e alle numerose prescrizioni di dettaglio imposte dai pareri stessi e dal provvedimento del Ministero la Regione non ha addotto elementi concreti per sostanziare l’asserita violazione del principio di precauzione, assumendo di fatto una posizione che, lungi dall’individuare soluzioni alternative (a dimostrazione di una carente istruttoria), condurrebbe nella sostanza al divieto tout court delle attività di cui al progetto in questione.

Quanto poi alle affermazioni circa l’incompatibilità dell’utilizzo della tecnica air gun con la presenza delle c.d. navi dei veleni, di reperti archeologici, e con gli ordigni bellici inesplosi nonché circa i possibili danni alla pesca, il Collegio rileva che le relative doglianze sono espresse in termini ipotetici e probabilistici, come tali non idonee a superare il vaglio giurisdizionale.

Infine con riferimento all’ulteriore motivo di ricorso con cui si deduce la violazione della Direttiva 2013/30/UE, come riconosciuto dalla stessa Regione la Direttiva riguarda le attività estrattive. La raccomandazione in ordine alla valutazione degli impatti fin dalle fasi di ricerca è stata correttamente attuata dalla Commissione, secondo quanto sopra già esposto.

Quanto alla mancata valutazione dell’impatto sull’ambiente marino e alla violazione della Direttiva 2008/56/CE il Collegio osserva che anche tale profilo è stato oggetto specifico di approfondimento da parte della Commissione e proprio considerando anche tale tema sono state previste specifiche misure prescrittive. In particolare viene introdotto l’obbligo di esecuzione del biomonitoraggio e di un piano di monitoraggio bioacustico preventivo e successivo alla crociera sismica, con la previsione che il piano preventivo debba consentire di definire le strategie di mitigazione da adottare nel corso delle operazioni di air gun; è stata definita una zona di esclusione/area di sicurezza, attorno alla sorgente di rumore per l’individuazione del rischio potenziale per i mammiferi marini suddivisa in due aree di cui una per il danno fisico e una più esterna per il disturbo potenziale; sono stati indicati precisi parametri di misurazione acustica per suddividere l’area di sicurezza.

Il contenuto del quadro prescrittivo appare quindi adeguatamente costruito al fine di prevenire impatti sull’ambiente marino.

– quanto all’asserito rapporto negativo tra costi e benefici dell’attività in relazione alla scarsa qualità del petrolio nell’Adriatico, la censura non appare pertinente posto che, come più volte ricordato, non si tratta di un progetto di estrazione e coltivazione di idrocarburi, ma di ricerca sismica;

– quanto, infine, alla censura secondo cui le misure di mitigazione previste nel decreto sarebbero di difficile realizzazione e non troverebbero sostegno in un controllo pieno ed efficace (motivo II.d), la censura così come articolata appare generica, e pertanto inammissibile, considerato che la Regione ricorrente si limita a far riferimento a quanto contenuto nell’ACCOBAMS (Agreement on the Conservation of Cetaceans of the Black Sea, Mediterranean Sea and contiguos Atlantic Sea”) senza tuttavia dedurre specifici argomenti idonei a sostenere la doglianza con riferimento alle concrete prescrizioni dettate, in relazione alle quali, è bene comunque evidenziare, il decreto impone dettagliate verifiche di ottemperanza in capo alle Autorità competenti (Ministero dell’Ambiente, Ministero dei beni e delle Attività Culturali, ISPRA).

In sintesi quindi i motivi di gravame dal II al VII non meritano accoglimento.

In relazione all’ultimo motivo di diritto con cui si deduce la carenza di istruttoria del Ministero per i Beni e le Attività Culturali e l’insufficiente motivazione del parere prot. 24720/2012 in quanto si esprimerebbe favorevolmente in relazione alla prima fase del programma, ma sottovaluterebbe di considerare l’esistenza di reperti archeologici, il Collegio osserva che il parere favorevole è condizionato a prescrizioni che impongono di comunicare alle Soprintendenze Archeologiche competenti l’eventuale rinvenimento di materiale di interesse archeologico. Tali prescrizioni, ad avviso del Tribunale, non possono ritenersi indice di una carenza istruttoria, ma piuttosto di un punto di equilibrio tra la tutela dei eventuali beni archeologici e l’esercizio dell’attività oggetto del progetto in questione, posto che non potrebbe che essere sproporzionata e diseconomica la richiesta di una preventiva verifica o mappatura della presenza di reperti sui fondali, che, nella realtà, potrebbero non avere alcuna interferenza né subire alcun pregiudizio dall’esecuzione degli interventi previsti. Per le ragioni illustrate il ricorso va respinto.

Tenuto conto delle peculiarità che connotano la vicenda in esame, si ravvisano giustificati motivi per disporre la compensazione delle spese di giudizio tra le parti.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Seconda Bis) definitivamente pronunciando :

Respinge il ricorso, come in epigrafe proposto.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 25 maggio 2016 con l’intervento dei magistrati:

Elena Stanizzi, Presidente
Antonella Mangia, Consigliere
Maria Ada Russo, Consigliere, Estensore

L’ESTENSORE
Maria Ada Russo
 

IL PRESIDENTE
Elena Stanizzi
    

IL SEGRETARIO

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