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Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Rifiuti Numero: 6857 | Data di udienza: 9 Maggio 2013

RIFIUTI – Regolamento per la disciplina dell’albo nazionale delle imprese che effettuano la gestione dei rifiuti – D.M. n. 406/1998 – Requisiti per l’iscrizione – Diniego di iscrizione e cancellazione – Condanna passata in giudicato alla reclusione per un tempo non inferiore ad un anno per i reati indicati dall’art. 10, c. 2, lett. f), n. 2) – Illegittimità per irragionevolezza.


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 2^ bis
Regione: Lazio
Città: Roma
Data di pubblicazione: 10 Luglio 2013
Numero: 6857
Data di udienza: 9 Maggio 2013
Presidente: Pugliese
Estensore: Vinciguerra


Premassima

RIFIUTI – Regolamento per la disciplina dell’albo nazionale delle imprese che effettuano la gestione dei rifiuti – D.M. n. 406/1998 – Requisiti per l’iscrizione – Diniego di iscrizione e cancellazione – Condanna passata in giudicato alla reclusione per un tempo non inferiore ad un anno per i reati indicati dall’art. 10, c. 2, lett. f), n. 2) – Illegittimità per irragionevolezza.



Massima

 

TAR LAZIO, Roma, Sez. 2^ bis – 10 luglio 2013, n. 6857


RIFIUTI – Regolamento per la disciplina dell’albo nazionale delle imprese che effettuano la gestione dei rifiuti – D.M. n. 406/1998 – Requisiti per l’iscrizione – Diniego di iscrizione e cancellazione – Condanna passata in giudicato alla reclusione per un tempo non inferiore ad un anno per i reati indicati dall’art. 10, c. 2, lett. f), n. 2) – Illegittimità per irragionevolezza.

Sono illegittime, per irragionevolezza, le norme di cui all’art. 10, c. 2, lett. f), n. 2, nonché artt. 17 e 19 (laddove dispongono il diniego di iscrizione e la cancellazione dall’albo nazionale gestori ambientali quali attività vincolate conseguenti all’accertamento delle ipotesi preclusive di cui all’art. 10) del regolamento per la disciplina dell’albo nazionale delle imprese che effettuano la gestione dei rifiuti, approvato con decreto 28.4.1998 n. 406 del Ministero dell’Ambiente. Detto regolamento indica all’art. 10, c. 2, i requisiti per l’iscrizione all’albo, e alla lettera f) esclude coloro che: 1) abbiano riportato condanna passata in giudicato a pena detentiva per reati previsti dalle norme a tutela dell’ambiente; 2) abbiano riportato condanna passata in giudicato alla reclusione per un tempo non inferiore a un anno per un delitto contro la pubblica amministrazione, contro la fede pubblica, contro il patrimonio, contro l’ordine pubblico, contro l’economia pubblica, ovvero per un delitto in materia tributaria. Mentre la logica della prima fattispecie astratta è di immediata evidenza, volendosi escludere dall’attività – anche in funzione preventiva – i soggetti riconosciuti colpevoli di illeciti penali contro l’ambiente, le ragioni a presidio delle ipotesi di condanna di cui al n. 2 non appaiono chiare. La predetta ipotesi regolamentare di preclusione appare, infatti , contraria non soltanto alle esigenze di ragionevolezza dell’organizzazione amministrativa, ma altresì al principio di uguaglianza sostanziale laddove, definendo i casi di esclusione dall’albo per ragioni di moralità, equipara a coloro che hanno commesso reati contro l’ambiente i soggetti che sono stati dichiarati colpevoli di illeciti penali per fatti che nulla hanno a che vedere con la tutela ambientale e, al tempo stesso, consente l’iscrizione a soggetti che abbiano commesso delitti in fattispecie di maggiore gravità e di maggior rilievo per l’opinione pubblica (quali, ad es. i delitti contro la persona). Ma ancora più irragionevoli sono le previste ipotesi di non applicabilità della norma preclusiva, indicate esclusivamente nella sospensione della pena e nella riabilitazione. Se la logica delle suddette fattispecie impedienti degli effetti preclusivi delle condanne penali ai fini dell’iscrizione all’albo risiede nell’intervenuta giuridica estinzione della condanna accessoria, nel caso della riabilitazione, o del reato, nel caso della sospensione (ovvero nell’attesa dell’estinzione del reato, se la sospensione condizionale è in corso), appare del tutto irragionevole non considerare altre fattispecie che producano gli stessi effetti ovvero in misura più ampia, come l’indulto, che estingue la pena principale (art. 174 cod. pen.).


Pres. Pugliese, Est. Vinciguerra – B.C. (avv.ti Fossati eRomanenghi) c. Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare (Avv. Stato) e altri (n.c.)


Allegato


Titolo Completo

TAR LAZIO, Roma, Sez. 2^ bis – 10 luglio 2013, n. 6857

SENTENZA

TAR LAZIO, Roma, Sez. 2^ bis – 10 luglio 2013, n. 6857

N. 06857/2013 REG.PROV.COLL.
N. 02149/2012 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Seconda Bis)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2149 del 2012, proposto da:
Bevilacqua Cosimo, rappresentato e difeso dagli avv.ti Alberto Fossati e Fabio Romanenghi, con domicilio eletto presso Giovanni Corbyons in Roma, via Maria Cristina, 2;

contro

Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliato in Roma, via dei Portoghesi, 12;
Ministero dell’Economia e delle Finanze, Albo Nazionale Gestori Ambientali – Sezione Regionale Lombardia, in persona dei loro legali rappresentanti pro tempore, non costituiti in giudizio;

per l’annullamento

del provvedimento n. 4319/2012 dell’Albo Nazionale Gestori Ambientali – Sezione Regionale Lombardia, con il quale è stata disposta la cancellazione del ricorrente dall’albo, nonché del provvedimento n. 334/2012, con il quale è stata respinta domanda del ricorrente di iscrizione in cat. 4 classe F; e del decreto del Ministro dell’Ambiente 28.4.1998 n. 406, art. 10, comma 2, lett. f) n. 2 e artt. 17 e 19;

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 9 maggio 2013 il dott. Antonio Vinciguerra e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

Il sig. Cosimo Bevilacqua è titolare di un’impresa individuale per il trasporto e il commercio di materiali ferrosi, per la quale aveva ottenuto l’iscrizione all’albo nazionale dei gestori ambientali nella categoria 2 di cui all’art. 8 del D.M. 28.4.1998 n. 406 e alla classe F di cui all’art. 9, comma 3, abilitato alla raccolta e al trasporto di rifiuti ferrosi non pericolosi avviati al recupero per una quantità annua non inferiore alle tremila tonnellate.

Approssimandosi la scadenza dell’iscrizione, il sig. Bevilacqua ne ha chiesto il rinnovo per la superiore categoria 4 della stessa classe F.

Nel novembre 2011 il Segretario dell’Albo Gestori Ambientali – Sezione Lombardia ha comunicato al sig. Bevilacqua il preavviso di rigetto della domanda di nuova iscrizione e l’avvio del procedimento disciplinare ex art. 18 del D.M. n. 406/1998. Secondo la nota di preavviso il sig. Bevilacqua non poteva essere iscritto all’albo per carenza del requisito di cui all’art. 10, comma 2, lett. f) n. 2 del D.M. n. 406/1998, essendo stata accertata nei suoi confronti la comminatoria di una condanna penale alla reclusione superiore a un anno da pronunce passate in giudicato.

L’interessato presentava osservazioni in merito, rappresentando di essere stato destinatario in data 8.4.2011 di un provvedimento di indulto per la condanna subita. Peraltro con nota del 31.1.2012 gli sono stati comunicati i provvedimenti del Presidente della Sezione Lombardia dell’Albo Nazionale Gestori Ambientali, con i quali è stata disposta la sua cancellazione dall’albo a decorrere dal 14.3.2012 e la reiezione della domanda di iscrizione per la categoria 4 classe F.

I provvedimenti e alcuni articoli del D.M. n. 406/1998 sono impugnati con il presente ricorso, contestandosene l’irragionevolezza sotto il profilo della logicità, quindi nella specie del vizio di eccesso di potere. È altresì dedotta la carenza di istruttoria e l’omessa valutazione delle osservazioni presentate sul preavviso del novembre 2011.

Si è costituito in giudizio il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare e ha presentato controdeduzioni sui motivi di ricorso.

Il ricorrente ha presentato memoria di replica e conclusiva.

La causa è passata in decisione all’udienza del 9.5.2013.

DIRITTO

Il regolamento per la disciplina dell’albo nazionale delle imprese che effettuano la gestione dei rifiuti, approvato con decreto 28.4.1998 n. 406 del Ministero dell’Ambiente, indica all’art. 10, comma 2, i requisiti per l’iscrizione all’albo, e alla lettera f) esclude coloro che: 1) abbiano riportato condanna passata in giudicato a pena detentiva per reati previsti dalle norme a tutela dell’ambiente; 2) abbiano riportato condanna passata in giudicato alla reclusione per un tempo non inferiore a un anno per un delitto contro la pubblica amministrazione, contro la fede pubblica, contro il patrimonio, contro l’ordine pubblico, contro l’economia pubblica, ovvero per un delitto in materia tributaria.

Peraltro sono fatti “salvi gli effetti della riabilitazione e della sospensione della pena”.

La disciplina dell’esclusione dall’albo per ragioni concernenti la moralità personale prevede, dunque, due differenti ipotesi. La prima concerne l’accertamento di reati ambientali concluso da condanna a pena detentiva, la seconda, invece, l’accertamento di delitti in alcuni settori che abbia comportato la condanna alla reclusione non inferiore a un anno.

Mentre la logica della prima fattispecie astratta è di immediata evidenza, volendosi escludere dall’attività – anche in funzione preventiva – i soggetti riconosciuti colpevoli di illeciti penali contro l’ambiente, le ragioni a presidio delle ipotesi di condanna di cui al n. 2 non appaiono chiare.

Non solo, infatti, sono richiamati delitti in materie che non hanno alcuna relazione con la tutela dell’ambiente, ma sono altresì escluse fattispecie penali di maggior gravità e di più rilevante impatto sociale (ad esempio, i delitti contro la persona). La predetta ipotesi regolamentare di preclusione appare, pertanto, contraria non soltanto alle esigenze di ragionevolezza dell’organizzazione amministrativa, ma altresì al principio di uguaglianza sostanziale laddove, definendo i casi di esclusione dall’albo per ragioni di moralità, equipara a coloro che hanno commesso reati contro l’ambiente i soggetti che sono stati dichiarati colpevoli di illeciti penali per fatti che nulla hanno a che vedere con la tutela ambientale e, al tempo stesso, consente l’iscrizione a soggetti che abbiano commesso delitti in fattispecie di maggiore gravità e di maggior rilievo per l’opinione pubblica.

Ma ancora più irragionevoli sono le previste ipotesi di non applicabilità della norma preclusiva, indicate esclusivamente nella sospensione della pena e nella riabilitazione. Quest’ultima, com’è noto, consente l’estinzione delle pene accessorie e la cancellazione degli effetti giuridici della condanna (art. 178 cod. pen.), mentre la sospensione condizionale della pena, decorso il tempo prescritto, comporta l’estinzione del reato (art. 167 cod. pen.). Peraltro nella formulazione normativa del citato art. 10 D.M. n. 406/1998l la sospensione della pena consente l’iscrizione all’albo mentre sono ancora decorrenti i termini per l’estinzione del reato, e quindi con condanna sospesa ma valida agli effetti giuridici.

Se, peraltro, la logica delle suddette fattispecie impedienti degli effetti preclusivi delle condanne penali ai fini dell’iscrizione all’albo risiede nell’intervenuta giuridica estinzione della condanna accessoria, nel caso della riabilitazione, o del reato, nel caso della sospensione (ovvero nell’attesa dell’estinzione del reato, se la sospensione condizionale è in corso), appare del tutto irragionevole non considerare altre fattispecie che producano gli stessi effetti ovvero in misura più ampia, come l’indulto – di cui gode il ricorrente – che estingue la pena principale (art. 174 cod. pen.).

Le censure di irragionevolezza rivolte avverso le contestate norme del regolamento ministeriale – art. 10, comma 2, lett. f) n. 2, nonché artt. 17 e 19 laddove dispongono il diniego di iscrizione e la cancellazione dall’albo nazionale gestori ambientali quali attività vincolate conseguenti all’accertamento delle ipotesi preclusive di cui all’art. 10 – sono perciò fondate e determinano l’accoglimento del ricorso, con annullamento del regolamento ministeriale in parte qua e delle determinazioni applicative con le quali sono stati disposti la cancellazione del sig. Bevilacqua dall’albo e il rigetto della sua domanda di nuova iscrizione per categoria superiore.

Sussistono giusti motivi per compensare, tra le parti, le spese del giudizio.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Seconda Bis) accoglie il ricorso in epigrafe e, per l’effetto, annulla i provvedimenti impugnati.

Compensa le spese.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 9 maggio 2013 con l’intervento dei magistrati:

Eduardo Pugliese, Presidente
Antonio Vinciguerra, Consigliere, Estensore
Solveig Cogliani, Consigliere

L’ESTENSORE

IL PRESIDENTE
        

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 10/07/2013
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
 

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