DIRITTO DELL’ENERGIA – PROCEDIMENTO AMMINISTRATIVO – Impianti fotovoltaici – Incentivi – Tipicità dei provvedimenti amministrativi – Potere di sospensione cautelare da parte del GSE – Sussiste – Impianti fotovoltaici – Incentivi – Provvedimento del GSE di sospensione cautelare degli incentivi – Art. 13-bis, co. 2, d.l. n. 101/2019 – Processo penale – Pendenza – Art. 13-bis, co. 2, d.l. n. 101/2019 – Processo penale – Preclusione di tipo oggettivo. (Massime a cura di Antonio Persico)
Provvedimento: Sentenza
Sezione: 3^ ter
Regione: Lazio
Città: Roma
Data di pubblicazione: 13 Aprile 2022
Numero: 4529
Data di udienza: 30 Marzo 2022
Presidente: Stanizzi
Estensore: Patatini
Premassima
DIRITTO DELL’ENERGIA – PROCEDIMENTO AMMINISTRATIVO – Impianti fotovoltaici – Incentivi – Tipicità dei provvedimenti amministrativi – Potere di sospensione cautelare da parte del GSE – Sussiste – Impianti fotovoltaici – Incentivi – Provvedimento del GSE di sospensione cautelare degli incentivi – Art. 13-bis, co. 2, d.l. n. 101/2019 – Processo penale – Pendenza – Art. 13-bis, co. 2, d.l. n. 101/2019 – Processo penale – Preclusione di tipo oggettivo. (Massime a cura di Antonio Persico)
Massima
TAR LAZIO, Roma, Sez. 3^ Ter – 13 aprile 2022, n. 4529
DIRITTO DELL’ENERGIA – PROCEDIMENTO AMMINISTRATIVO – Impianti fotovoltaici – Incentivi – Tipicità dei provvedimenti amministrativi – Potere di sospensione cautelare da parte del GSE – Sussiste.
Non può condividersi la tesi dell’assenza in capo al GSE del potere di sospensione del riconoscimento degli incentivi, in quanto il potere cautelare di sospensione dell’efficacia dei provvedimenti amministrativi costituisce un istituto tipico a valenza generalizzata, il cui esercizio non richiede l’espresso conferimento di tale potere in relazione a ciascun settore di attività amministrativa. Tanto lo si ricava dalle previsioni contenute nella legge generale sul procedimento amministrativo, agli artt. 7 e 21-quater della legge n. 241 del 1990, dalle quali si evince il riconoscimento alla pubblica amministrazione del potere generale di sospensione cautelare dell’efficacia dei propri atti, quale espressione di un più generale potere di autotutela decisoria di natura cautelare, sostanzialmente finalizzato a garantire il buon andamento dell’attività amministrativa, ponendo tali atti in uno stato di quiescenza temporanea, quale manifestazione del carattere di reversibilità degli stessi.
DIRITTO DELL’ENERGIA – Impianti fotovoltaici – Incentivi – Provvedimento del GSE di sospensione cautelare degli incentivi – Art. 13-bis, co. 2, d.l. n. 101/2019 – Processo penale – Pendenza.
Il GSE può legittimamente disporre, in caso di annullamento della pronuncia di assoluzione degli amministratori della società ammessa agli incentivi, la sospensione del beneficio della tariffa incentivante sino alla data di conclusione del giudizio penale da celebrarsi in sede di rinvio disposto dalla Corte di Cassazione, essendo il successivo annullamento di tale assoluzione idoneo ad integrare l’applicazione del regime preclusivo all’accesso agli incentivi in ragione della pendenza del processo penale, ai sensi dell’art. 13-bis, comma 2, del D.L. n. 101 del 2019. Venuta, difatti, meno la sentenza assolutoria in base alla quale il GSE aveva accordato la tariffa incentivante, la rinnovata pendenza del processo penale costituisce limite applicativo normativamente previsto alla sanatoria, idoneo a fondare l’esercizio del potere di sospensione del beneficio per una durata inevitabilmente e necessariamente corrispondente a quella di sussistenza di tale preclusione, non essendo predeterminabile a monte una specifica data.
DIRITTO DELL’ENERGIA – Impianti fotovoltaici – Incentivi – Provvedimento del GSE di sospensione cautelare degli incentivi – Art. 13-bis, co. 2, d.l. n. 101/2019 – Processo penale – Preclusione di tipo oggettivo.
L’art. 13-bis, comma 2, d.l. 101/2019, nel riferirsi alla «condotta dell’operatore che ha determinato il provvedimento di decadenza del GSE» non opera un rinvio ad un giudizio di responsabilità penale, ma valorizza piuttosto la condotta in termini oggettivi, come riferita all’operatore che ha determinato l’incentivazione dell’impianto in sé considerato pur in assenza dei relativi presupposti, attraverso comportamenti che hanno formato oggetto di processo penale. Quello che rileva, quindi, in termini ostativi al beneficio, è che sia stata posta in essere una condotta, per effetto della quale l’impianto è stato ammesso agli incentivi, che abbia poi determinato la decadenza dal beneficio in ragione della carenza dei presupposti per il perfezionamento della fattispecie incentivante, formando oggetto di processo penale. Con la conseguenza che l’eventuale assoluzione della società che originariamente ha fruito dei benefici è del tutto irrilevante ai fini della permanenza dei presupposti per la sanatoria, laddove la condotta che ha consentito l’originaria fruizione degli incentivi sia ancora sottoposta ad accertamenti penali.
Pres. Stanizzi Est. Patatini – P.E. S.r.l. (avv. Starace) c. GSE – Gestore dei Servizi Energetici S.p.A. (avv.ti Campagnano, Pugliese e Garella)
Allegato
Titolo Completo
TAR LAZIO, Roma, Sez. 3^ Ter – 13 aprile 2022, n. 4529SENTENZA
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Terza Ter)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
ex art. 60 c.p.a.;
sul ricorso numero di registro generale 2115 del 2022, proposto da
Primalux Energy S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Sergio Starace, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Paisiello, 40;
contro
GSE – Gestore dei Servizi Energetici S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Enrico Campagnano, Antonio Pugliese e Fabio Garella, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso quest’ultimo in Roma, via Sardegna, 14;
per l’annullamento
previa sospensione cautelare
– del provvedimento del 29 dicembre 2021, prot. GSE/P20210036347, avente ad oggetto “Comunicazione di sospensione del provvedimento del 5/08/2021 (prot. n. GSE/P20210021162) di riconoscimento delle tariffe incentivanti decurtate ai sensi dell’art. 42, comma 4-bis, del D.lgs. 28/2011”, con il quale è stata comunicata alla Società Ricorrente, in relazione all’impianto fotovoltaico n. 600376, denominato “Enfo 71”, di potenza pari a 989,46 kW, ubicato in c.da Serra San Pietro nel Comune di Ferrandina (MT), “la sospensione dell’efficacia del provvedimento del 5/08/2021 (prot. n. GSE/P20210021162) per quanto attiene al riconoscimento e versamento della tariffa incentivante in esso riconosciuta” sino alla conclusione del “nuovo giudizio ad altra sezione della Corte di Appello di Milano”;
– di ogni altro atto o provvedimento connesso e/o consequenziale.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del GSE – Gestore dei Servizi Energetici S.p.A.;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 30 marzo 2022 la dott.ssa Paola Patatini e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Sentite le stesse parti ai sensi dell’art. 60 c.p.a.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1 – Con il ricorso in esame è proposta azione impugnatoria avverso il provvedimento – meglio indicato in epigrafe nei suoi estremi – con il quale il GSE ha disposto la sospensione dell’efficacia del provvedimento datato 5 agosto 2021, recante il riconoscimento per l’impianto ora nella titolarità della società ricorrente delle tariffe incentivanti ai sensi dell’articolo 42, comma 4-bis, del d.lgs. 3 marzo 2011, n. 28.
1.1 – Tale provvedimento di sospensione si innesta su di un articolato procedimento amministrativo, inerente il riconoscimento degli incentivi in relazione all’impianto fotovoltaico in origine di titolarità della Energia Fotovoltaica 71 Società Agricola a r.l., che ha conosciuto diverse vicende e sviluppi, parallelamente allo svolgimento di un processo penale che ha colpito gli amministratori di tale società, rendendosi quindi opportuna, ai fini di una migliore comprensione della vicenda contenziosa, una preliminare ricostruzione del contesto in cui essa è maturata.
1.2 – Ammesso l’impianto – con provvedimento del 17 luglio 2012 – agli incentivi di cui al D.M. 5 maggio 2011 (“quarto conto energia”) con la maggiorazione del 10% per l’utilizzo di componenti prodotti nell’Unione Europea e nei Paesi dello Spazio Economico Europeo, con successivo provvedimento del 17 ottobre 2016 veniva dichiarata la decadenza dagli incentivi per riscontrate irregolarità nei pannelli fotovoltaici impiegati nell’impianto quanto a provenienza e possesso delle prescritte certificazioni di conformità, anche alla luce delle risultanze emerse nell’ambito di un processo penale avviato in merito.
1.3 – Con istanza del 26 ottobre 2017, l’originaria titolare dell’impianto richiedeva l’ammissione agli incentivi ai sensi dell’art. 42, comma 4-bis, del d.lgs. n. 28 del 2011, ai sensi del quale è riconosciuta la tariffa incentivante decurtata del 20% (poi stabilita nel 10% con la legge n. 128 del 2019) della tariffa base agli impianti nei quali siano risultati installati moduli non certificati o con certificazioni non rispondenti alla normativa di riferimento, a condizione che il beneficiario abbia intrapreso le azioni necessarie nei confronti dei soggetti responsabili della non conformità dei moduli.
1.4 – Veniva poi presentata, in data 20 luglio 2018, richiesta di trasferimento della titolarità della convenzione relativa all’impianto in oggetto, dalla Energia Fotovoltaica 71 Società Agricola a r.l. alla società odierna ricorrente (istanza accettata dal GSE), la quale trasmetteva – in data 5 giugno 2020 – modulo integrativo alla precedente istanza volta ad ottenere i benefici di cui all’art. 42, comma 4-bis citato, chiedendo l’applicazione della decurtazione del 10% alla luce delle modifiche introdotte dall’art. 13 bis della legge n. 128 del 2019.
1.5 – Nelle more, è intervenuta la sentenza del Tribunale di Milano n. 5511/2019, di condanna degli imputati per le condotte volte all’ottenimento degli incentivi di cui al DM 5 maggio 2011, per l’impianto di cui è causa, ivi incluso il premio di maggiorazione previsto per l’utilizzo di componenti prodotti nell’Unione Europea e nei Paesi dello Spazio Economico Europeo.
Con successiva sentenza della Corte di Appello di Milano n. 406/2021, depositata in data 20 aprile 2021, gli imputati sono stati assolti.
1.6 – Sulla base di tale sentenza assolutoria, il GSE accordava quindi le tariffe incentivanti decurtate ai sensi del richiamato comma 4-bis, in accoglimento delle istanze presentate in data 26 ottobre 2017 e 5 giugno 2020 dai due Soggetti Responsabili che si sono succeduti nel tempo, con provvedimento del 5 agosto 2021.
1.7 – Intervenuta la sentenza della Corte di Cassazione, che con dispositivo pronunciato in data 6 ottobre 2021, ha annullato con rinvio la sentenza della Corte di Appello sopra detta, il GSE ha quindi adottato il gravato provvedimento di sospensione dell’efficacia del riconoscimento delle tariffe decurtate fino alla conclusione del nuovo giudizio davanti ad una nuova sezione della Corte di Appello di Milano e alla conseguente emissione del provvedimento conclusivo del procedimento.
Tale sospensione viene dal GSE giustificata sulla base della ritenuta preclusione all’applicazione delle previsioni di cui all’art. 42, comma 4-bis, derivante dall’annullamento della sentenza di assoluzione ed in ragione della presenza delle statuizioni di condanna recate dalla sentenza di primo grado.
2 – Avverso tale provvedimento parte ricorrente deduce i seguenti motivi di censura:
«I. Violazione e falsa applicazione dell’art. 21-quater della L. n. 241/1990; eccesso di potere; difetto di istruttoria e di motivazione».
Nell’asserito presupposto della tipicità del potere di sospensione dell’efficacia degli atti amministrativi, non costituendo tale potere un istituto di carattere generale, sostiene parte ricorrente la carenza di potere in capo al GSE di disporre la sospensione cautelare degli incentivi già riconosciuti.
Per l’ipotesi in cui dovesse ritenersi, invece, la titolarità di siffatto potere di sospensione cautelare, il suo concreto esercizio sarebbe avvenuto in assenza dei relativi presupposti quanto a gravi ragioni e termine finale.
«II. Violazione e falsa applicazione dell’art. 13-bis, Legge n. 128/2019».
Denuncia parte ricorrente l’erroneità del presupposto della disposta sospensione – come riferito all’annullamento con rinvio operato dalla Corte di Cassazione ed alla reviviscenza delle statuizioni di condanna recate dalla sentenza del Tribunale di Milano – essendo stata la Energia Fotovoltaica 46, beneficiaria degli incentivi, definitivamente assolta dall’addebito a suo tempo elevatole ai sensi del Decreto 231, dal Tribunale di Milano con pronuncia confermata dalla Corte d’Appello e conseguente passaggio suo in giudicato in quanto non impugnata sul punto dinnanzi al Giudice di legittimità.
Non residuerebbe, quindi, alcun elemento di collegamento tra l’ente originariamente accusato ed il nuovo giudizio in sede di rinvio, che potrà riguardare solo la responsabilità penale personale di singoli individui.
«III. Violazione dei principi di adeguatezza e proporzionalità. Violazione dell’art. 41 Cost. e del principio di libertà dell’iniziativa economica privata. Violazione del principio di presunzione di non colpevolezza di cui all’art. 27, comma 2 Cost. e all’art. 6, comma 2 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo».
Mancherebbe, secondo parte ricorrente, la motivazione che dia conto di una adeguata istruttoria anche in ordine alla ponderazione delle contrapposte esigenze e all’individuazione di misure comportanti un minor sacrificio per il privato.
3 – Si è costituito in resistenza l’intimato Gestore dei Servizi Energetici sostenendo, con articolate argomentazioni, l’infondatezza del ricorso con richiesta di corrispondente pronuncia.
4 – Alla camera di consiglio del 30 marzo 2022, fissata per l’esame della domanda cautelare proposta contestualmente al ricorso, la causa è stata trattenuta in decisione previo avviso alle parti della possibilità di sua definizione nel merito con sentenza breve ai sensi dell’art. 60 c.p.a. stante l’integrità del contraddittorio e la completezza dell’istruttoria.
5 – Come sopra illustrato il contesto in cui si colloca la controversia in esame e l’oggetto del giudizio, ritiene il Collegio, alla luce delle considerazioni che si andranno ad esporre, di dover delibare l’infondatezza del ricorso.
6 – Parametro normativo di riferimento ai fini del decidere, posto a fondamento del gravato provvedimento, è l’art. 13-bis, comma 2, ultimo periodo, del d.l. n. 101 del 2019, convertito in legge n. 128 del 2019, il quale prevede che «le disposizioni di cui al comma 1 non si applicano qualora la condotta dell’operatore che ha determinato il provvedimento di decadenza del GSE sia oggetto di procedimento e processo penale in corso, ovvero concluso con sentenza di condanna anche non definitiva».
Tale disposizione va coordinata con la disciplina dettata con riferimento agli impianti fotovoltaici in cui siano stati installati moduli non conformi che abbiano beneficiato della tariffa incentivante, con riferimento ai quali è stata introdotta una speciale normativa di sanatoria.
Vengono in rilievo, al riguardo, le disposizioni contenute nel d.lgs. n. 28 del 2011 in materia di incentivi alla produzione di energie rinnovabili, come modificato dapprima con l’art. 57-quater del d.l. n. 50 del 2017, convertito con modifiche nella legge n. 96 del 2017, il quale ha stabilito che «All’articolo 42 del decreto legislativo 3 marzo 2011, n. 28, dopo il comma 4 sono inseriti i seguenti: 4-bis. Al fine di salvaguardare la produzione di energia elettrica derivante da impianti fotovoltaici, agli impianti di potenza superiore a 3 kW nei quali, a seguito di verifiche o controlli, risultano installati moduli non certificati o con certificazioni non rispondenti alla normativa di riferimento e per i quali il soggetto beneficiario della tariffa incentivante abbia intrapreso le azioni consentite dalla legge nei confronti dei soggetti responsabili della non conformità dei moduli, si applica, su istanza del medesimo soggetto beneficiario, una decurtazione del 20 per cento della tariffa incentivante base per l’energia prodotta dalla data di decorrenza della convenzione con il GSE».
Con successivo d.l. n. 101/2019, convertito in legge n. 128 del 2019, la misura del 20% è stata modificata in quella del 10%, prevedendo altresì che «La decurtazione del 10 per cento si applica anche agli impianti ai quali è stata precedentemente applicata la decurtazione del 20 per cento, prevista dalle disposizioni previgenti».
L’ambito applicativo di tale disciplina di salvaguardia è espressamente delimitato, in senso escludente, dal citato art. 13-bis, comma 2, per l’ipotesi in cui «la condotta dell’operatore che ha determinato il provvedimento di decadenza del GSE sia oggetto di procedimento e processo penale in corso, ovvero concluso con sentenza di condanna anche non definitiva».
7 – Così ricostruito il quadro normativo di riferimento, deve evidenziarsi come il potere di sospensione esercitato dal GSE nel caso in esame sia direttamente riconducibile, quanto a presupposti normativi e motivazioni, alla disposizione sopra richiamata, limitativa della possibilità di beneficiare del regime di salvaguardia per gli impianti in cui siano installati moduli non conformi.
8 – Tanto premesso, e seguendo nell’ordine di trattazione delle censure quello contenuto nel ricorso, va rilevato, con riguardo all’affermata assenza in capo al GSE del potere di sospensione del riconoscimento degli incentivi, che, contrariamente a quanto affermato da parte ricorrente, il potere cautelare di sospensione dell’efficacia dei provvedimenti amministrativi costituisce un istituto tipico a valenza generalizzata, il cui esercizio non richiede l’espresso conferimento di tale potere in relazione a ciascun settore di attività amministrativa.
Tanto lo si ricava dalle previsioni contenute nella legge generale sul procedimento amministrativo, agli artt. 7 e 21-quater della legge n. 241 del 1990, dalle quali si evince il riconoscimento alla pubblica amministrazione del potere generale di sospensione cautelare dell’efficacia dei propri atti, quale espressione di un più generale potere di autotutela decisoria di natura cautelare, sostanzialmente finalizzato a garantire il buon andamento dell’attività amministrativa, ponendo tali atti in uno stato di quiescenza temporanea, quale manifestazione del carattere di reversibilità degli stessi.
In particolare, l’art. 21-quater introduce la disciplina generale dell’istituto della sospensione dell’efficacia o dell’esecuzione del provvedimento, da parte della stessa amministrazione che lo ha adottato, prevedendone la possibilità di esercizio in presenza di gravi ragioni e per il tempo strettamente necessario.
Tale potere di sospensione, nell’ambito che qui interessa, è stato peraltro già riconosciuto dalla giurisprudenza, laddove si è affermato che «il Gestore è titolare del potere di sospensione di cui all’art. 21-quater l. n. 241/90 e tale potere deve essere riferito anche al provvedimento di ammissione agli incentivi» (ex multis, Questa Sezione, sentenza n. 7777/2020; Cons. di Stato, Sezione Quarta, sentenza n. 1542/2019).
È stato altresì riconosciuto che «nel caso di erogazione di finanziamenti pubblici la finalità preventiva e cautelare del potere [di sospensione, n.d.r.] ne giustifica l’esercizio anche in presenza di una situazione di pericolo presunto (rappresentata nella specie dall’esistenza di indagini penali su scala nazionale nel settore in cui ha operato l’impresa sottoposta a controllo) onde evitare che il successivo accertamento degli inadempimenti o delle violazioni che giustificano la decadenza giunga quando ormai il finanziamento è stato erogato e possa non essere più recuperabile, rendendo irreparabile il pregiudizio per l’interesse finanziario dello Stato o dell’ente pubblico che ha erogato le somme» (Cons. di Stato, n. 1542 cit.).
Affermata, quindi, la titolarità in capo al GSE del potere di sospensione cautelare dei provvedimenti ampliativi, l’esercizio di tale potere non risulta nel caso in esame affetto dai denunciati vizi quanto a carenza dei relativi presupposti, costituiti dalla presenza di gravi ragioni e della predeterminazione di un termine finale.
8.1 – Quanto al termine di durata della sospensione del beneficio della tariffa incentivante, il gravato provvedimento fa espresso riferimento alla conclusione del giudizio penale da celebrarsi in sede di rinvio disposto dalla Corte di Cassazione.
La circostanza che il termine sia ricondotto e ricollegato al verificarsi di un evento e non sia invece individuato in termini espliciti e precisi riconnessi ad una data specifica, non consente di ritenere, per come affermato da parte ricorrente, che venga in rilievo una sospensione sine die, essendo comunque la durata della sospensione concretamente indicata ed ancorata al verificarsi di una determinata circostanza, di certa verificazione, quale la conclusione del giudizio d’appello, idonea ad integrare il termine finale della sospensione e di cessazione dell’effetto sospensivo.
Inoltre, considerato che la disposta sospensione della corresponsione degli incentivi trova il proprio fondamento nell’intervenuto annullamento della sentenza di assoluzione di secondo grado e nel disposto rinvio del giudizio penale, è chiaro che la durata della sospensione sia inevitabilmente connessa a quella del giudizio di rinvio, in quanto incidente, ai sensi dell’art. 13-bis, comma 2, del D.L. n. 101 del 2019, sull’esistenza dei presupposti per beneficiare dello speciale regime di sanatoria (per come si andrà ad illustrare in relazione alla corrispondente censura di parte ricorrente).
Venuta, difatti, meno la sentenza assolutoria in base alla quale il GSE aveva accordato la tariffa incentivante, la rinnovata pendenza del processo penale costituisce limite applicativo normativamente previsto alla sanatoria, idoneo a fondare l’esercizio del potere di sospensione del beneficio per una durata inevitabilmente e necessariamente corrispondente a quella di sussistenza di tale preclusione, non essendo predeterminabile a monte una specifica data.
A diversamente ritenere, verrebbe meno la stessa funzione cautelare del potere di sospensione quale istituto funzionalmente e strumentalmente connesso, nella fattispecie in esame, al temporaneo venir meno dei requisiti per l’ammissione ai benefici della tariffa decurtata, essendo l’arco temporale di durata della sospensione consequenziale alla funzione cautelare che essa svolge in relazione al regime di preclusione del beneficio connesso alla pendenza di un processo penale.
8.2 – Nelle considerazioni che precedono risiedono anche le ragioni dell’infondatezza delle censure con le quali parte ricorrente lamenta l’assenza dell’ulteriore presupposto legittimante l’esercizio del potere di sospensione, costituito dalla ricorrenza di ‘gravi ragioni’.
Per come illustrato, la riammissione agli incentivi è stata disposta, con provvedimento del 5 agosto 2021, a seguito della pronuncia di assoluzione degli imputati disposta dalla Corte di Appello di Milano, peraltro con riserva espressa di eventuali determinazioni di autotutela (e ciò nonostante fosse pendente il giudizio in Cassazione).
Il successivo annullamento di tale assoluzione è idoneo ad integrare l’applicazione del regime preclusivo all’accesso agli incentivi in ragione della pendenza del processo penale, ai sensi del citato art. 13-bis, comma 2, del D.L. n. 101 del 2019, essendo, per espressa previsione normativa, esclusa la riammissione alla tariffa decurtata nel caso in cui la condotta dell’operatore sia oggetto di procedimento e processo penale in corso, ovvero concluso con sentenza di condanna anche non definitiva.
Lo sviluppo del procedimento amministrativo relativo alla riammissione agli incentivi, seppur decurtati, in applicazione dello speciale regime di sanatoria, parallelamente all’iter processuale penale, la cui pendenza e i cui esiti incidono sulla stessa sussistenza dei presupposti del beneficio, ne giustifica la reciproca interdipendenza ed osmosi, integrando pertanto quei gravi motivi che giustificano la sospensione del beneficio in attesa degli esiti del processo penale.
Sul punto, questa Sezione ha già avuto modo di affermare che «secondo la giurisprudenza amministrativa, le “gravi ragioni” devono corrispondere, ed essere motivate con riguardo, a “circostanze tali da rendere quanto meno inopportuno che un provvedimento emanato, non inficiato da vizi macroscopici o facilmente riconoscibili, continui a svolgere i propri effetti per evitare che questi possano definitivamente alterare e compromettere il substrato fattuale sul quale incide (così Cons. Stato sez. IV, sentenza n. 823 del 2017)» (sentenza, n. 4155/2019, che in ipotesi di rinvio a giudizio ha ritenuto legittimo l’esercizio di autotutela sospensiva cautelare degli incentivi da parte del Gestore. In termini anche sentenza n. 4116/2019).
Va inoltre rilevato, al riguardo, che l’ammissione della ricorrente alle tariffe decurtate, di cui al provvedimento del 5 agosto 2021, disposta ai sensi dell’art. 42, comma 4-bis, cit., è intervenuta a seguito della sentenza di assoluzione della Corte di Appello di Milano, che aveva fatto venir meno il profilo ostativo alla possibilità di beneficiare della speciale sanatoria (costituito dalla sentenza di condanna di primo grado).
L’annullamento della sentenza di assoluzione, per effetto della pronuncia della Corte di Cassazione, ha quindi comportato la caducazione del presupposto in base al quale era stata disposta l’ammissione agli incentivi, determinando al contempo il (ri)verificarsi dell’ulteriore causa ostativa costituita dalla pendenza di un procedimento penale inerente la “condotta dell’operatore che ha determinato il provvedimento di decadenza”.
La modifica del quadro fattuale di riferimento, in quanto incidente sugli stessi presupposti normativamente previsti per l’ammissione agli incentivi, è quindi idonea ad integrare le gravi ragioni che giustificano il potere cautelare di sospensione degli effetti del relativo provvedimento, mettendolo in uno stato di ‘quiescenza’, per la durata corrispondente alla pendenza del processo penale.
9 – Al fine di negare la sussistenza di gravi motivi per disporre la sospensione dell’erogazione degli incentivi, parte ricorrente oppone il giudicato di assoluzione formatosi nei confronti della società originariamente richiedente gli incentivi rispetto agli addebiti formulati ai sensi del d.lgs. n. 231 del 2001.
La tesi dell’impermeabilità ed insensibilità della posizione della ricorrente e dell’originario soggetto beneficiario rispetto ai possibili esiti del processo penale, non può essere condivisa.
Il presupposto teorico da cui muove l’assunto ricorrente è la concezione di tipo soggettivo dell’elemento ostativo alla possibilità di beneficiare della sanatoria, da riferirsi esclusivamente alla responsabilità penale dei soggetti coinvolti nell’ammissione illecita al beneficio.
Dal che ne conseguirebbe che l’accertamento penale della non responsabilità della società la renderebbe indifferente – quanto a possesso dei requisiti per beneficiare degli incentivi – rispetto ad ogni possibile esito penale che dovesse colpire le persone fisiche tuttora imputate.
Trattasi di tesi che contrasta con il tenore letterale di cui all’art. 13-bis, comma 2, cit., il quale, nel riferirsi alla «condotta dell’operatore che ha determinato il provvedimento di decadenza del GSE» non opera un rinvio ad un giudizio di responsabilità penale, ma valorizza piuttosto la condotta in termini oggettivi, come riferita all’operatore che ha determinato l’incentivazione dell’impianto in sé considerato pur in assenza dei relativi presupposti, attraverso comportamenti che hanno formato oggetto di processo penale.
Quello che rileva, quindi, in termini ostativi al beneficio, è che sia stata posta in essere una condotta, per effetto della quale l’impianto è stato ammesso agli incentivi, che abbia poi determinato la decadenza dal beneficio in ragione della carenza dei presupposti per il perfezionamento della fattispecie incentivante, formando oggetto di processo penale.
Con la conseguenza che l’eventuale assoluzione della società che originariamente ha fruito dei benefici è del tutto irrilevante ai fini della permanenza dei presupposti per la sanatoria, laddove la condotta che ha consentito l’originaria fruizione degli incentivi sia ancora sottoposta ad accertamenti penali.
La ratio della disciplina, malgrado la sua non perfetta formulazione, frutto dei frammentari, episodici e reiterati interventi modificativi dell’art. 42 del d.lgs. n. 28 del 2011 (modificato sette volte in tre anni e colpito anche in parte da declaratoria di illegittimità costituzionale), non può che essere interpretata nel senso che la pendenza di un processo penale a carico di chi ha causato il provvedimento di decadenza dagli incentivi, come nel caso di specie, osta all’applicazione della sanatoria legislativamente prevista in relazione all’applicazione di pannelli non correttamente certificati e della connessa erogazione degli incentivi decurtati.
Inoltre, il riferimento esplicito alla “condotta dell’operatore”, quale elemento oggettivo del reato, non può che riferirsi alle persone fisiche coinvolte nell’originaria richiesta ed erogazione degli incentivi, solo alle quali può avere ragionevole senso riferire il termine “condotta”.
A nulla rilevando la responsabilità amministrativa da reato prevista dal d.lgs. n. 231 del 2001 delle persone giuridiche variamente coinvolte nella gestione e nelle vicende circolatorie del ramo di azienda contenente l’impianto oggetto di incentivazione.
Rilevante ai fini dell’applicazione dell’art. 13 comma 2, sopra citato, deve infatti ritenersi non tanto l’accertamento dell’eventuale responsabilità amministrativa da reato della persona giuridica, quanto quello della responsabilità penale delle persone fisiche coinvolte nella richiesta degli originari incentivi.
Dovendosi al riguardo rilevare come non possa ritenersi che la responsabilità degli enti societari sia una responsabilità tout court penale, essendo piuttosto definita dall’art. 1 del d.lgs. n. 231 cit. quale «responsabilità degli enti per gli illeciti amministrativi dipendenti da reato», laddove invece la norma qui rilevante è manifestamente riferita a un processo penale in corso, o conclusosi con sentenza di condanna. Poiché ubi lex voluit dixit, se il legislatore avesse inteso ricomprendere anche tale tipo di responsabilità, avrebbe utilizzato la medesima terminologia usata nell’art. 1 del d.lgs. n. 231, cosa che non ha fatto.
Inoltre, tale ultima responsabilità amministrativa ha presupposti (fatti di reato normativamente previsti e commessi da soggetti qualificati nell’interesse o a vantaggio della società) e “scriminanti” (corretta implementazione e controllo di sistemi organizzativi di prevenzione dalla commissione di determinati reati) peculiari e tali per cui la società ben potrebbe andare esente da responsabilità amministrativa da reato pur in presenza di “condotta dell’operatore che ha determinato il provvedimento del GSE di decadenza” eventualmente accertata come costituente reato.
Essendo la ratio della disciplina della sanatoria in esame quella di escludere comunque, dal relativo ambito applicativo, i casi in cui l’incentivazione sia stata ottenuta mediante illeciti penali, non può darsi rilievo né ad assoluzioni delle società veicolo disposte ai sensi del d.lgs. n. 231 del 2001, laddove le condotte originarie dei soggetti a vario titolo coinvolti nell’ottenimento degli incentivi siano tuttora oggetto di processo penale, né ad eventuali cessioni dell’impianto e cambi nella relativa titolarità, altrimenti determinandosi una facile elusione della norma che mira invece ad impedire l’incentivazione di quegli impianti che ne hanno goduto in precedenza in virtù della commissione di illeciti penali, integranti condotte che hanno determinato la decadenza degli incentivi.
10 – Venendo in rilievo, inoltre, la mera sospensione temporanea dell’erogazione degli incentivi in attesa della definizione del giudizio penale in sede di rinvio, nessuna violazione del principio di proporzionalità sembra ravvisabile, trattandosi di un potere di natura cautelare che mira a preservare l’interesse pubblico alla corretta erogazione degli incentivi, attinti da risorse pubbliche, con possibilità di piena riespansione della posizione di parte ricorrente una volta venuto meno il profilo ostativo al godimento della sanatoria, dalla quale vanno esclusi gli impianti interessati da condotte costituenti reato in corso di accertamento, il che rende privo di rilievo il richiamo al diritto di iniziativa economica o al principio di presunzione di innocenza, non pertinenti rispetto ad una fattispecie in cui si discute di assenza – temporanea – dei presupposti per beneficiare di incentivi.
11 – In conclusione, alla luce delle considerazioni sopra illustrate, il ricorso in esame va rigettato stante la rilevata infondatezza delle censure con lo stesso proposte.
12 – Le spese di lite possono essere compensate in ragione della complessità e novità della vicenda contenziosa.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Terza Ter), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 30 marzo 2022 con l’intervento dei magistrati:
Elena Stanizzi, Presidente
Paola Patatini, Consigliere, Estensore
Angelo Maria Testini, Referendario
L’ESTENSORE
Paola Patatini
IL PRESIDENTE
Elena Stanizzi
IL SEGRETARIO