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Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Diritto urbanistico - edilizia Numero: 11923 | Data di udienza: 8 Novembre 2016

DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Piani A.S.I. – Approvazione – Effetti – Obbligo di adeguamento degli strumenti urbanistici – Automatica sostituzione dei piani A.S.I. – Inconfigurabilità – Fattispecie: rigetto dell’istanza di riconoscimento delle tariffe incentivanti di cui al Quinto conto energia.


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 3^ ter
Regione: Lazio
Città: Roma
Data di pubblicazione: 29 Novembre 2016
Numero: 11923
Data di udienza: 8 Novembre 2016
Presidente: Lo Presti
Estensore: Masaracchia


Premassima

DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Piani A.S.I. – Approvazione – Effetti – Obbligo di adeguamento degli strumenti urbanistici – Automatica sostituzione dei piani A.S.I. – Inconfigurabilità – Fattispecie: rigetto dell’istanza di riconoscimento delle tariffe incentivanti di cui al Quinto conto energia.



Massima

 

TAR LAZIO, Roma, Sez. 3^ ter – 29 novembre 2016, n. 11923


DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Piani A.S.I. – Approvazione – Effetti – Obbligo di adeguamento degli strumenti urbanistici – Automatica sostituzione dei piani A.S.I. – Inconfigurabilità – Fattispecie: rigetto dell’istanza di riconoscimento delle tariffe incentivanti di cui al Quinto conto energia.

Ai sensi dell’art. 51, comma 6, del d.P.R. n. 218 del 1978 (recante il testo unico delle leggi sul Mezzogiorno), i Piani A.S.I., una volta approvati, producono gli stessi effetti giuridici del piano territoriale di coordinamento con la conseguenza che essi determinano in capo all’Ente locale un puntuale obbligo di adeguamento dei rispettivi strumenti urbanistici, ma non anche effetti immediati e diretti in ordine all’attività edificatoria dei privati; invero, tale assimilazione comporta che, sino al momento (peraltro doveroso) dell’adeguamento degli strumenti urbanistici comunali alle previsioni dei Piani A.S.I., detti strumenti urbanistici restano l’unica fonte diretta del vincolo urbanistico nel territorio comunale, dovendo escludersi ogni automatica sostituzione delle disposizioni dei piani territoriali di coordinamento (e dei piani regolatori delle aree e dei nuclei di sviluppo industriale) a quelle contrastanti dei piani regolatori generali (nella specie, il G.S.E. aveva rigettato l’istanza di riconoscimento tariffe incentivanti legate al Quinto conto energia perchè l’impianto sorgeva su area agricola ai sensi di quanto previsto dal Piano ASI di Siracusa – P.R.A.S.I.S. –  al quale, però, il PRG della città non si era ancora adeguato)

Pres. Lo Presti, Est. Masaracchia – P. s.r.l. (avv.ti Sticchi Damiani e D’Alessandro) c. GESTORE SERVIZI ENERGETICI- G.S.E. S.P.A. (avv.ti Fadel e Pugliese)


Allegato


Titolo Completo

TAR LAZIO, Roma, Sez. 3^ ter – 29 novembre 2016, n. 11923

SENTENZA

 

TAR LAZIO, Roma, Sez. 3^ ter – 29 novembre 2016, n. 11923


Pubblicato il 29/11/2016

N. 11923/2016 REG.PROV.COLL.
N. 14588/2014 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Terza Ter)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 14588 del 2014, proposto da:
PUNTA CUGNO SOLARE S.R.L., rappresentata e difesa dagli avvocati Andrea Sticchi Damiani C.F. STCNDR80E13I119J, Nicolo’ D’Alessandro C.F. DLSNCL55T06F892O, con domicilio eletto presso Maria Grazia Perulli in Roma, via Federico Rosazza 32;

contro

GESTORE SERVIZI ENERGETICI- G.S.E. S.P.A., rappresentata e difesa dagli avvocati Maria Antonietta Fadel C.F. FDLMNT63S46H501K, Gianluca Maria Esposito C.F. SPSGLC71P20E409F, Antonio Pugliese C.F. PGLNTN74D16F839P, con domicilio eletto presso Gianluca Maria Esposito in Roma, Lungotevere Arnaldo Da Brescia, 11;

per l’annullamento,

previa sospensione cautelare,

del provvedimento prot. n. gse/p20140030185, del 17.09.2014, con cui è stato comunicato il rigetto della richiesta di ammissione alle tariffe incentivanti ai sensi del d.m. 05.07.12 per l’impianto fotovoltaico denominato “Garfin 5” di potenza pari a 500 Kw ubicato in contrada Volpiglione s.n.c. nel comune di Augusta (SR), identificato con il numero 1072257;

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Gestore Servizi Energetici- G.S.E. s.p.a.;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 8 novembre 2016 il dott. Antonino Masaracchia e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1. La Punta Cugno Solare s.r.l., titolare dell’impianto fotovoltaico denominato “Garfin 5” di potenza pari a 500 kW e situato nel territorio del Comune di Augusta (SR), contrada Volpiglione, aveva avanzato istanza di iscrizione nel Registro degli impianti fotovoltaici e di riconoscimento della tariffa incentivante di cui al d.m. 5 luglio 2012 (recante “Attuazione dell’art. 25 del decreto legislativo 3 marzo 2011, n. 28, recante incentivazione della produzione di energia elettrica da impianti solari fotovoltaici (c.d. Quinto Conto Energia)”).

Con provvedimento prot. n. 30185, del 17 settembre 2014, tuttavia, il Gestore dei Servizi Energetici– GSE s.p.a. ha respinto l’istanza rilevando, in motivazione, che per l’impianto de quo, “realizzato a terra in aree agricole ed entrato in esercizio in data 30/12/2013”, troverebbero applicazione “le preclusioni di cui all’art. 65 comma 1 e 2 del D.L. 1/2012”. In sostanza, secondo il GSE, l’impianto non potrebbe accedere alle tariffe incentivanti in quanto, per un verso, è entrato in esercizio oltre il termine del 21 settembre 2012 (data ultima indicata dall’art. 65, comma 2, del decreto-legge n. 1 del 2012, convertito in legge n. 27 del 2012, oltre la quale gli impianti fotovoltaici della tipologia de qua non possono più accedere agli incentivi di cui al d.lgs. n. 28 del 2011) e, per altro verso, si trova ad essere installato su di un’area a destinazione agricola (e non industriale, come invece richiesto dal medesimo art. 65, comma 2, cit.), in base a quanto risulterebbe dai certificati di destinazione urbanistica rilasciati dal Comune di Augusta.

La società richiedente ha quindi impugnato detto diniego dinnanzi a questo TAR, domandandone l’annullamento, previa sospensione cautelare, e sostenendo in diritto che il GSE, nel valutare la destinazione urbanistica dell’area, sarebbe incorso in un errore di fatto: si tratterebbe, invero, di area che – pur ormai stralciata dalla destinazione industriale, in base a quanto previsto dal nuovo Piano Regolatore dell’Area di Sviluppo Industriale di Siracusa (P.R.A.S.I.S.), quale aggiornato nel 2014 – rimarrebbe cionondimeno ancora esclusa dalla formale destinazione agricola in quanto il vigente Piano Regolatore Generale (P.R.G.) di Augusta non si sarebbe ancora adeguato alle previsioni del nuovo PRASIS.

2. Si è costituito in giudizio il Gestore dei Servizi Energetici– GSE s.p.a., in persona del proprio Presidente ed Amministratore delegato pro tempore, depositando documenti e concludendo per il rigetto del gravame, non senza averne preliminarmente eccepito l’inammissibilità per “Omessa impugnativa di un motivo del provvedimento di rigetto” (ciò, in quanto la ricorrente non avrebbe articolato censure in ordine alla circostanza, pur addotta nella motivazione del provvedimento di diniego, per cui l’impianto è entrato in esercizio successivamente al termine ultimo del 21 settembre 2012).

In vista della discussione cautelare, entrambe le parti hanno depositato memorie, ciascuna ribadendo le proprie argomentazioni difensive.

Con ordinanza n. 324 del 2015 questo TAR ha respinto la domanda cautelare, ritenendo, ad un primo sommario esame tipico della suddetta fase, che la destinazione urbanistica dell’area, quale risultante dai certificati di destinazione urbanistica agli atti, effettivamente non fosse agricola.

3. Con ordinanza n. 1320 del 2015 il Consiglio di Stato, sez. IV, ha accolto l’appello proposto avverso l’ordinanza cautelare di questo TAR (pur unicamente limitandosi, in motivazione, ad affermare che “… l’interesse della Società appellante può esser meglio tutelata mercé la sollecita fissazione della causa nel merito”) e, per l’effetto, ha accolto l’istanza cautelare in primo grado.

In accoglimento del successivo ricorso in ottemperanza, presentato dall’odierna ricorrente, la medesima sez. IV del Consiglio di Stato, con ordinanza n. 2788 del 2015, ha precisato che, pur nelle more della celebrazione del giudizio di merito in primo grado, la società appellante dovesse comunque essere ammessa, sia pure interinalmente, ma pur sempre in modo pieno ed effettivo, al godimento delle tariffe incentivanti di cui al d.m. 5 luglio 2012.

4. In vista della pubblica udienza di discussione, entrambe le parti hanno svolto difese.

Alla pubblica udienza dell’8 novembre 2016, dopo ampia discussione orale, la causa è stata trattenuta in decisione.

5. Preliminarmente, deve essere disattesa, in quanto non fondata, l’eccezione di inammissibilità sollevata dalla resistente GSE s.p.a.

Ed invero, le censure sollevate dalla ricorrente, pur non riferendosi espressamente alla circostanza temporale dell’entrata in esercizio dell’impianto de quo (pacificamente realizzatasi il 30 dicembre 2013), sono tuttavia tali da far cadere, se ed in quanto fondate, la complessiva motivazione addotta dal GSE ai fini del diniego. Non può infatti sfuggire che il limite del 21 settembre 2012, imposto dall’art. 65, comma 2, del decreto-legge n. 1 del 2012, convertito in legge n. 27 del 2012, si riferisce pur sempre ai soli impianti realizzati in area agricola (circostanza, nella fattispecie, contestata dalla ricorrente), con l’ovvia conseguenza che, se l’area ove è collocato l’impianto si svelasse non ricadere in tale destinazione urbanistica, il limite medesimo non sarebbe più operativo.

6. Nel merito, il ricorso è fondato.

La presente disamina deve prendere le mosse dal contenuto dei certificati che, di volta in volta, e su richiesta della società ricorrente, il Comune di Augusta ha rilasciato ai fini di asseverare l’effettiva destinazione urbanistica dell’area dove sorge l’impianto fotovoltaico della ricorrente. Si tratta, in particolare, di tre certificati, rilasciati tra il gennaio ed il settembre del 2014:

– il primo certificato, datato 21 gennaio 2014, afferma che l’area, in base al PRG comunale, “ricade in ZONA TERRITORIALE OMOGENEA ‘D’ – SOTTOZONA D/2 – INDUSTRIE DEL PIANO A.S.I.”, con richiamo all’art. 22 delle norme tecniche di attuazione (n.t.a.), secondo cui per tali sottozone D/2 valgono le prescrizioni del Piano Regolatore dell’Area Industriale del Siracusano (PRASIS), a norma delle quali “le part.lle ricadono in zona agricola esterne agli agglomerati previsti dal vigente P.R.A.S.I.S.”. In sostanza, qui si riconosce che, secondo il vigente Piano Regolatore comunale, l’area è industriale; e che, allo stesso tempo, secondo il PRASIS, l’area è comunque ormai esterna agli agglomerati individuati ai fini dello sviluppo industriale. Ai fini di individuare correttamente la reale destinazione urbanistica, tale apparente antinomia introduce il quesito di diritto se, in punto di pianificazione urbanistica, sia prevalente la destinazione indicata dal PRG ovvero quella indicata dal PRASIS;

– il secondo certificato, rilasciato il 3 luglio 2014, nel ribadire che l’area “ricade nell’ambito della zona territoriale omogenea ‘D’ sottozona D/2 del vigente P.R.G. […], disciplinate dall’art. 22 che recita: ‘le sottozone individuate nelle tavole di piano con il simbolo D/2 sono aree già individuate e vincolate dal piano di sviluppo industriale…”, aggiunge poi più perentoriamente, con richiamo all’art. 2 del d.m. n. 1444 del 1968, che “le aree ricadenti nell’ambito della zona territoriale omogenea ‘D’ devono essere ‘destinate a nuovi insediamenti per impianti industriali o ad essi assimilati’ e pertanto, secondo il vigente P.R.G. ‘Calandra’ non sono da considerarsi zone omogenee a destinazione agricola”. Pertanto, in questo caso, senza più citare la zonizzazione del PRASIS, il certificato indica la destinazione industriale ed esclude, espressamente, quella agricola;

– il terzo certificato, rilasciato il 30 settembre 2014, in realtà ricalca il contenuto del primo, riproponendo quindi l’antinomia tra la destinazione industriale impressa dal PRG e l’avvenuta esclusione dell’area dall’operatività del PRASIS: nuovamente, pertanto, si ripropone in diritto il quesito sulla prevalenza dell’uno o dell’altro strumento urbanistico, ai fini di correttamente qualificare l’area sulla quale sorge l’impianto della ricorrente.

Alla pubblica udienza di discussione, peraltro, la ricorrente – in ciò incontrando il consenso della controparte – ha depositato un ulteriore certificato di destinazione urbanistica (datato 4 novembre 2016) il quale riporta, ancora una volta, un contenuto del tutto sovrapponibile a quello del primo e del terzo certificato or ora esaminati.

6.1. Dovendo comunque delimitare la rilevanza dei certificati soltanto a quelli che erano stati rilasciati in pendenza del procedimento amministrativo (ciò, in base al principio del tempus regit actum, nel senso che la legittimità del provvedimento di diniego del GSE non può che essere valutata sulla base degli elementi istruttori che, prima dell’adozione dell’atto finale, erano stati portati a conoscenza dell’autorità procedente), emerge che il contenuto del primo e del secondo certificato di destinazione urbanistica non poteva che essere inteso nel senso della prevalenza della destinazione indicata dal PRG (ossia, quella industriale), con conseguente esclusione della natura agricola dell’area.

A ciò conduce non solo, e non tanto, il tenore esplicito del secondo certificato (quello datato 3 luglio 2014, che individuava la destinazione industriale, ai sensi del PRG, ed espressamente escludeva quella agricola, senza tuttavia riferirsi a quanto prevede il PRASIS), quanto, più in particolare, la corretta esegesi del primo certificato (quello del 21 gennaio 2014) in cui si faceva riferimento sia alla destinazione impressa dal PRG sia alla situazione che si delineava in base al vigente PRASIS. La descritta antinomia tra i due strumenti urbanistici – come correttamente ricostruito dalla ricorrente – andava in effetti risolta in favore della destinazione industriale tuttora impressa dal PRG, nonostante che quest’ultimo strumento urbanistico sia stato varato in epoca anteriore (1975) a quella in cui si è avuto l’aggiornamento del PRASIS (2014).

Vale, sul punto, l’insegnamento della giurisprudenza amministrativa secondo cui, ai sensi dell’art. 51, comma 6, del d.P.R. n. 218 del 1978 (recante il testo unico delle leggi sul Mezzogiorno), i Piani A.S.I., una volta approvati, producono gli stessi effetti giuridici del piano territoriale di coordinamento di cui all’art. 6, comma 2, della legge n. 1150 del 1942, con la conseguenza che essi determinano in capo all’Ente locale un puntuale obbligo di adeguamento dei rispettivi strumenti urbanistici, ma non anche effetti immediati e diretti in ordine all’attività edificatoria dei privati; invero, tale assimilazione comporta che, sino al momento (peraltro doveroso) dell’adeguamento degli strumenti urbanistici comunali alle previsioni dei Piani A.S.I., detti strumenti urbanistici restano l’unica fonte diretta del vincolo urbanistico nel territorio comunale, dovendo escludersi ogni automatica sostituzione delle disposizioni dei piani territoriali di coordinamento (e dei piani regolatori delle aree e dei nuclei di sviluppo industriale) a quelle contrastanti dei piani regolatori generali (così, tra le tante, TAR Campania, Napoli, sez. II, sent. n. 26452 del 2010; TAR Puglia, Lecce, sez. I, sent. n. 360 del 2008; TAR Sicilia, Catania, sez. I, sent. n. 348 del 2006; e si vd. anche Cassaz., sez. I civ., sent. n. 4200 del 2001).

Deve pertanto concludersi che, anche sulla base dei certificati di destinazione urbanistica rilasciati dal Comune di Augusta ed acquisiti al procedimento amministrativo, il GSE avrebbe dovuto escludere l’attuale destinazione agricola dell’area de qua e, con essa, l’operatività delle preclusioni di cui all’art. 65, comma 2, del decreto-legge n. 1 del 2012, convertito in legge n. 27 del 2012.

Ne segue l’accoglimento del ricorso ed il conseguente obbligo conformativo dell’amministrazione di ammettere la ricorrente agli incentivi richiesti, sussistendone tutti gli altri requisiti di legge.

7. Le spese del giudizio seguono la soccombenza e sono da liquidarsi in euro 3.000,00 (tremila/00).

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, sede di Roma, Sezione terza-ter, definitivamente pronunciando,

Accoglie il ricorso in epigrafe e, per l’effetto, annulla il provvedimento prot. n. 30185, del 17 settembre 2014, del Gestore dei Servizi Energetici– GSE s.p.a., nei sensi di cui in motivazione.

Condanna il Gestore dei Servizi Energetici– GSE s.p.a. alla refusione delle spese di lite, liquidate in euro 3.000,00 (tremila/00), oltre accessori di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 8 novembre 2016 con l’intervento dei magistrati:

Giampiero Lo Presti, Presidente
Maria Grazia Vivarelli, Consigliere
Antonino Masaracchia, Primo Referendario, Estensore

        
L’ESTENSORE
Antonino Masaracchia
 

IL PRESIDENTE
Giampiero Lo Presti
        
        
IL SEGRETARIO
 

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