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Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Aree protette, Cave e miniere, Diritto venatorio e della pesca Numero: 1673 | Data di udienza: 17 Novembre 2011

AREE PROTETTE – DIRITTO VENATORIO – Piano del parco – Mancata previsione di specifiche limitazioni all’esercizio della caccia nelle aree contigue – Illegititmità – Esclusione – Caccia controllata – Limiti normativamente predeterminati – Artt. 14 e 18 L. n. 157/1992 – Artt. 17 e 34 l.r. Liguria n. 29/1994 – CAVE E MINIERE – Art. 11 L. n. 394/1991 – Divieto di apertura ed esercizio di cave – Deroghe – Attività tradizionali.


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 1^
Regione: Liguria
Città: Genova
Data di pubblicazione: 2 Dicembre 2011
Numero: 1673
Data di udienza: 17 Novembre 2011
Presidente: Balba
Estensore: Vitali


Premassima

AREE PROTETTE – DIRITTO VENATORIO – Piano del parco – Mancata previsione di specifiche limitazioni all’esercizio della caccia nelle aree contigue – Illegititmità – Esclusione – Caccia controllata – Limiti normativamente predeterminati – Artt. 14 e 18 L. n. 157/1992 – Artt. 17 e 34 l.r. Liguria n. 29/1994 – CAVE E MINIERE – Art. 11 L. n. 394/1991 – Divieto di apertura ed esercizio di cave – Deroghe – Attività tradizionali.



Massima

TAR LIGURIA,  Sez. 1^ – 2 dicembre 2011, n. 1673


AREE PROTETTE – DIRITTO VENATORIO – Piano del parco – Mancata previsione di specifiche limitazioni all’esercizio della caccia nelle aree contigue – Illegititmità – Esclusione – Caccia controllata – Limiti normativamente predeterminati – Artt. 14 e 18 L. n. 157/1992 – Artt. 17 e 34 l.r. Liguria n. 29/1994.

Il piano del parco che non contenga limitazioni di tempo , luogo e di capi da abbattere all’attività venatoria da svolgersi all’interno dell’area contigua non può per questo essere reputato illegittimo.  L’art. 32 comma 3 della legge quadro n. 394/1991 prevede infatti  che “all’interno delle aree contigue le regioni possono disciplinare l’esercizio della caccia, in deroga al terzo comma dell’articolo 15 della legge 27 dicembre 1977, n. 968, soltanto nella forma della caccia controllata, riservata ai soli residenti dei comuni dell’area naturale protetta e dell’area contigua, gestita in base al secondo comma dello stesso articolo 15 della medesima legge”. La definizione di “caccia controllata” era contenuta nell’ art. 10 L. 968/1977, ora abrogata; le successive leggi statali (n. 157/1992, artt. 14 e 18) e regionali (L.R. Liguria n. 29/1994, art. 17 e 34) hanno comunque assoggettato l’esercizio dell’attività venatoria a limiti di tempo, di luogo e di capi da abbattere, sicché essa è comunque svolta in forma controllata.

 


Pres. Balba, Est. Vitali – V. onlus (avv. Granara) c. Regione Liguria (avv.ti Castagnoli e Sommariva) e altri (n.c.)


AREE PROTETTE – CAVE E MINIERE – Art. 11 L. n. 394/1991 – Divieto di apertura ed esercizio di cave – Deroghe – Attività tradizionali.

Ai sensi dell’art. 22 comma 1 lett. d) della L. 6.12.1991, n. 394, i principi cui debbono attenersi le leggi ed i regolamenti regionali in materia di aree naturali protette sono quelli dettati dal precedente art. 11 in tema di aree naturali protette nazionali, il quale, se da un lato, al comma 3, pone una serie di divieti (tra i quali, alla lettera lett. b, l’apertura e l’esercizio di cave), dall’altro prevede espressamente la possibilità di deroghe (comma 4), specie se volte ad autorizzare l’esercizio di attività tradizionali (comma 2-bis), fatte salve solamente le norme in materia di divieto dell’attività venatoria (fattispecie relativa alla deroga al divieto di attività estrattive motivata con riferimento alla realtà storico culturale, scoio-economica e paesaggistica dell’area protetta).

Pres. Balba, Est. Vitali – V. onlus (avv. Granara) c. Regione Liguria (avv.ti Castagnoli e Sommariva) e altri (n.c.)
 


Allegato


Titolo Completo

TAR LIGURIA, Sez. 1^ - 2 dicembre 2011, n. 1673

SENTENZA

 

TAR LIGURIA,  Sez. 1^ – 2 dicembre 2011, n. 1673

N. 01673/2011 REG.PROV.COLL.
N. 00054/2008 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria
(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 54 del 2008, proposto da:
Onlus Associazione Verdi Ambiente e Societa’ – V.A.S., rappresentata e difesa dall’avv. Daniele Granara, con domicilio eletto presso il suo studio in Genova, via Bartolomeo Bosco 31/4;


contro

– Regione Liguria, in persona del Presidente della giunta regionale in carica, rappresentata e difesa dagli avv.ti Leonardo Castagnoli e Michela Sommariva, con domicilio eletto presso gli uffici dell’Avvocatura regionale in Genova, via Fieschi 15;
– Ente Parco di Portovenere, non costituito in giudizio;
– Comune di Portovenere, non costituito in giudizio;

per l’annullamento

della deliberazione del consiglio regionale della Liguria n. 38 dell’11 ottobre 2007, di approvazione del piano del parco di Porto Venere.

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio della Regione Liguria;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 17 novembre 2011 l’avv. Angelo Vitali e uditi per le parti i difensori, come specificato nel verbale di udienza;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

Con ricorso notificato in data 22.12.2007 la Onlus Associazione Verdi Ambiente e Societa’ – V.A.S., associazione di protezione ambientale a carattere nazionale individuata dal Ministero dell’ambiente e legittimata a ricorrere in sede di giurisdizione amministrativa ex art. 18 L. n. 349/1986, ha impugnato la deliberazione del consiglio regionale della Liguria 11.10.2007, n. 38, di approvazione del piano del parco di Porto Venere.

L’associazione ricorrente censura due specifiche disposizioni del piano del parco, segnatamente: 1) l’art. 15.2, vuoi (pp. 6-7) nella parte in cui attribuisce la facoltà di svolgere attività venatoria nell’area contigua (AC) a tutti i soggetti abilitati all’esercizio della caccia nel territorio sul quale essa insiste in base alla normativa nazionale e regionale vigente, anziché ai soli residenti dei comuni dell’area naturale protetta e dell’area contigua, in violazione dell’art. 32 comma 3 della L. 6.12.1991, n. 394 (legge quadro sule aree protette), vuoi (pp. 7-10) nella parte in cui non contiene limitazioni (di tempo, di luogo e di capi da abbattere) all’attività venatoria all’interno dell’area contigua, invece che disciplinare l’esercizio della caccia soltanto nella forma della “caccia controllata”; 2) nella parte relativa all’area CPS (centro produttivo speciale) n. 1 “Cavetta”, laddove consente, pur con le cautele previste dagli artt. 14.4 lett. c) e 20.6, lo svolgimento di attività estrattiva all’interno del parco, in violazione dell’art. 11 comma 3 lettera b) della L. 394/1991, senza fornire alcuna motivazione della disposta deroga.

A sostegno del gravame deduce tre motivi di ricorso, rubricati come segue.

1. Violazione e falsa applicazione dell’art. 32 della L. 6.12.1991, n. 394. Eccesso di potere per difetto del presupposto, per contraddittorietà, illogicità ed irrazionalità manifeste.

2. Violazione e falsa applicazione dell’art. 32 della L. 6.12.1991, n. 394. Eccesso di potere per difetto del presupposto, per contraddittorietà intrinseca ed illogicità manifeste sotto altro profilo. Sviamento. Violazione del principio di ragionevolezza e del principio di proporzionalità degli atti amministrativi. Violazione del principio di buon andamento e imparzialità dell’amministrazione di cui all’art. 97 Cost.

3. Violazione e falsa applicazione dell’art. 11 della L. 6.12.1991, n. 394. Eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione e per contraddittorietà intrinseca ed illogicità manifeste.

Si è costituita in giudizio la Regione Liguria, controdeducendo nel merito ed instando per la reiezione del ricorso.

In particolare, rispetto al primo motivo di ricorso, la Regione ha obiettato che la norma di piano censurata (art. 15.2) non avrebbe portata innovativa, limitandosi a rinviare sul punto alla disciplina regionale esistente: difatti, la titolarità dell’esercizio della caccia nelle aree contigue è puntualmente disciplinata dall’art. 25 comma 18 della L.R. Liguria 1.7.1994, n. 29 (recante norme regionali per la protezione della fauna omeoterma e per il prelievo venatorio), a mente del quale “l’esercizio venatorio nelle aree contigue dei parchi individuate dalla Regione ai sensi dell’articolo 3 comma 2 della legge 6 dicembre 1991 n. 394, si svolge nella forma di caccia controllata riservata ai cacciatori aventi diritto all’accesso negli Ambiti territoriali di caccia e dei Comprensori alpini su cui insiste l’area contigua naturale protetta”.

Con ordinanza 9.12.2009, n. 204 la Sezione ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 25 comma 18 della legge regionale della Liguria 1.7.1994, n. 29 per contrasto con l’art. 117 comma 2 lettera s) Cost..

Con sentenza 3.11.2010, n. 315 la Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 25 comma 18 della legge regionale della Liguria 1.7.1994, n. 29 per contrasto con l’art. 117 comma 2 lettera s) Cost., nella parte in cui consente la caccia nelle aree contigue ai parchi anche ai soggetti non residenti nelle aree medesime.

Riassunto tempestivamente il giudizio a seguito della risoluzione dell’incidente di costituzionalità, alla pubblica udienza del 17 novembre 2011 il ricorso è stato trattenuto dal collegio per la decisione.

DIRITTO

 

Giova preliminarmente osservare come, in virtù del rinvio mobile (o non recettizio) operato dalla norma di piano alla legislazione regionale vigente in tema di diritto dei cacciatori all’accesso negli ambiti territoriali di caccia sui cui insiste l’area contigua, con l’eliminazione dal mondo giuridico dell’art. 25 comma 18 della legge regionale della Liguria 1.7.1994, n. 29 ad opera della sentenza della Corte costituzionale 3.11.2010, n. 315 il ricorso sia divenuto – sul punto – improcedibile per sopravvenuto difetto d’ interesse.

E ciò, in quanto la dichiarazione di illegittimità costituzionale di una norma ha – come è noto – efficacia retroattiva, sicché il rinvio alla legislazione regionale non opera rispetto all’art. 25 comma 18 L.R. n. 29/1994.

Ciò posto, con riguardo alle altre due questioni sollevate, il ricorso è invece infondato.

La prima questione residua concerne sempre l’art. 15.2 del piano del parco, che è censurato nella parte in cui non contiene limitazioni di tempo, di luogo e di capi da abbattere all’attività venatoria da svolgersi all’interno dell’area contigua, laddove invece esso avrebbe dovuto disciplinare l’esercizio della caccia soltanto nella forma della “caccia controllata”, mediante limitazioni modellate sulle specifiche esigenze delle specie che abitano il parco.

La censura è infondata.

L’art. 32 comma 3 della legge quadro n. 394/1991 prevede che “all’interno delle aree contigue le regioni possono disciplinare l’esercizio della caccia, in deroga al terzo comma dell’articolo 15 della legge 27 dicembre 1977, n. 968, soltanto nella forma della caccia controllata, riservata ai soli residenti dei comuni dell’area naturale protetta e dell’area contigua, gestita in base al secondo comma dello stesso articolo 15 della medesima legge”.

Per “caccia controllata” si intende, ex art. 10 L. 968/1977 (ora abrogato), “l’esercizio venatorio soggetto a limitazioni di tempo, di luogo e di capi da abbattere per ciascuna delle specie indicate all’art. 11” delle medesima legge.

Ora, la legge 968/1977 è stata abrogata, ma le successive leggi statali (n. 157/1992, artt. 14 e 18) e regionali (L.R. n. 29/1994, art. 17 e 34) hanno comunque assoggettato l’esercizio dell’attività venatoria a limiti di tempo, di luogo e di capi da abbattere, sicché essa è comunque svolta in forma controllata.

Per il resto la censura, nella parte in cui lamenta che le limitazioni all’esercizio venatorio nell’area contigua non siano state concretamente modellate sulle specifiche esigenze delle specie che abitano il parco, appare generica ed attinge comunque il merito dell’azione amministrativa.

La seconda questione residua concerne l’area CPS (centro produttivo speciale) n. 1 “Cavetta”, e si appunta sull’illegittimità della previsione di attività estrattiva all’interno del parco, in violazione dell’art. 11 comma 3 lettera b) della L. 394/1991.

Con riguardo all’eccezione sollevata dalla Regione Liguria, la quale lamenta che non è stata evocata in giudizio la società Venere Marmo Portoro s.r.l., titolare dell’autorizzazione allo svolgimento dell’attività estrattiva, occorre innanzitutto dare atto dell’ammissibilità del motivo.

Il provvedimento impugnato fa riferimento ad un’area e ad un’attività, ma non menziona affatto – direttamente e immediatamente – la società titolare dell’autorizzazione all’attività estrattiva, sicché difetta l’elemento formale per poter considerare la stessa controinteressato necessario.

Ciò posto, la censura è infondata.

Ai sensi dell’art. 22 comma 1 lett. d) della L. 6.12.1991, n. 394, i principi cui debbono attenersi le leggi ed i regolamenti regionali in materia di aree naturali protette sono quelli dettati dal precedente art. 11 in tema di aree naturali protette nazionali.

Orbene, se da un lato l’art. 11 comma 3 prevede una serie di divieti (tra i quali, alla lettera lett. b, l’apertura e l’esercizio di cave), dall’altro esso prevede espressamente la possibilità di deroghe (comma 4), specie se volte ad autorizzare l’esercizio di attività tradizionali (comma 2-bis), fatte salve solamente le norme in materia di divieto dell’attività venatoria.

Nel caso di specie, la deroga al divieto di attività estrattiva – peraltro esercitata in loco fin da prima dell’istituzione del parco – è espressamente motivata dall’art. 21.8 del piano del parco, secondo il quale “il Piano del Parco riconosce l’estrazione e la lavorazione del marmo portoro come elementi caratterizzanti della realtà storico-culturale, socio-economica e paesaggistica dell’Area Protetta”.

Donde l’infondatezza della censura.

Le spese seguono come di regola la soccombenza sostanziale, e sono liquidate in dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria (Sezione Prima)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto,

In parte dichiara il ricorso improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse ed in parte lo rigetta.

Condanna la Regione Liguria al pagamento, in favore dell’associazione ricorrente, delle spese di giudizio, che liquida in € 5.000,00 (cinquemila), oltre I.V.A. e C.P.A., oltre al rimborso del contributo unificato.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Genova nella camera di consiglio del giorno 17 novembre 2011 con l’intervento dei magistrati:

Santo Balba, Presidente
Paolo Peruggia, Consigliere
Angelo Vitali, Primo Referendario, Estensore
 
L’ESTENSORE

IL PRESIDENTE
       

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 02/12/2011
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

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