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Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Cave e miniere, Legittimazione processuale, VIA VAS AIA Numero: 1927 | Data di udienza: 7 Novembre 2012

* LEGITTIMAZIONE PROCESSUALE – Associazioni ambientaliste – Tutela ambientale in senso lato – Atti aventi finalità urbanistico-edilizia – VIA, VAS E AIA – Atti di pianificazione avviati anteriormente al 21/7/2004, ma approvati in data successiva al 21/7/2006 – Sottoposizione a VAS – Necessità – CAVE E MINIERE – Piano cave – Approvazione regionale – Variazioni sostanziali introdotte in assenza del coinvolgimento dell’autorità provinciale – Illegittimità.


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 2^
Regione: Lombardia
Città: Brescia
Data di pubblicazione: 10 Dicembre 2012
Numero: 1927
Data di udienza: 7 Novembre 2012
Presidente: Calderoni
Estensore: Tenca


Premassima

* LEGITTIMAZIONE PROCESSUALE – Associazioni ambientaliste – Tutela ambientale in senso lato – Atti aventi finalità urbanistico-edilizia – VIA, VAS E AIA – Atti di pianificazione avviati anteriormente al 21/7/2004, ma approvati in data successiva al 21/7/2006 – Sottoposizione a VAS – Necessità – CAVE E MINIERE – Piano cave – Approvazione regionale – Variazioni sostanziali introdotte in assenza del coinvolgimento dell’autorità provinciale – Illegittimità.



Massima

 

TAR LOMBARDIA, Brescia, Sez. 2^ – 10 dicembre 2012, n. 1927


LEGITTIMAZIONE PROCESSUALE – Associazioni ambientaliste – Tutela ambientale in senso lato – Atti aventi finalità urbanistico-edilizia.

La legittimazione ad agire delle associazioni e/o comitati ambientalisti spetta non solo con riferimento alla tutela degli interessi ambientali in senso stretto, ma anche con riferimento alla tutela ambientale in senso lato, che implica in quanto tale la possibilità di impugnare atti aventi finalità urbanistica-edilizia (cfr. T.A.R. Sardegna, sez. II – 6/10/2008 n. 1816; nonché  Consiglio di Stato, sez. IV – 11/11/2011 n. 5986, secondo cui : “la materia ambientale per le peculiari caratteristiche del bene protetto, si atteggia in modo particolare: la tutela dell’ambiente, infatti, lungi dal costituire un autonomo settore d’intervento dei pubblici poteri, assume il ruolo unificante e finalizzante di distinte tutele giuridiche predisposte a favore dei diversi beni della vita che nell’ambiente si collocano, assumendo un carattere per così dire trasversale rispetto alle ordinarie materie e competenze amministrative, che connotano anche le distinzioni fra ministeri”).

Pres. Calderoni, Est. Tenca – W.W.F. Italia Ong e altro (avv. Brambilla) c. Regione Lombardia (avv. Cederle)

VIA, VAS E AIA – Atti di pianificazione avviati anteriormente al 21/7/2004, ma approvati in data successiva al 21/7/2006 – Sottoposizione a VAS – Necessità.

Gli artt. 4 e 13 della direttiva 2001/42/CE impongono agli Stati membri, e quindi anche all’Italia, di sottoporre a VAS non solo gli atti di pianificazione predisposti con un primo atto posteriore al 21/7/2004, ma anche gli atti pianificatori avviati prima di tale data, ma approvati (come nella specie avvenuto) dopo il 21/7/2006.

Pres. Calderoni, Est. Tenca – W.W.F. Italia Ong e altro (avv. Brambilla) c. Regione Lombardia (avv. Cederle)


CAVE E MINIERE – Piano cave – Approvazione regionale – Variazioni sostanziali introdotte in assenza del coinvolgimento dell’autorità provinciale – Illegittimità.

Sono illegittime le variazioni sostanziali del Piano cave, apportate in sede di approvazione regionale, in assenza del coinvolgimento dell’autorità provinciale che ha predisposto il piano.

Pres. Calderoni, Est. Tenca – W.W.F. Italia Ong e altro (avv. Brambilla) c. Regione Lombardia (avv. Cederle)


Allegato


Titolo Completo

TAR LOMBARDIA, Brescia, Sez. 2^ – 10 dicembre 2012, n. 1927

SENTENZA

 

TAR LOMBARDIA, Brescia, Sez. 2^ – 10 dicembre 2012, n. 1927

N. 01927/2012 REG.PROV.COLL.
N. 01040/2008 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia

sezione staccata di Brescia (Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1040 del 2008, proposto da:
WWF Italia Ong – Onlus, Italia Nostra Onlus, Legambiente Onlus, rappresentati e difesi dall’avv.to Paola Brambilla, con domicilio eletto presso la Segreteria della Sezione in Brescia, Via Carlo Zima n. 3

contro

Regione Lombardia, rappresentata e difesa dall’avv. Marco Cederle, rappresentata e difesa dall’avv.to Marco Cederle, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv.to Donatella Mento in Brescia, Via Cipro n. 30;

nei confronti di

Isc Sas di Sonzogni Fabio e C., non costituitasi in giudizio;

e con l’intervento di

ad opponendum:
Coprem Srl, rappresentata e difesa dagli avv.ti Giancarlo Tanzarella, Sara Vidale e Carlo Zorat, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo in Brescia, Via delle Battaglie n. 50; Cretti Industria Marmi Graniti Srl, rappresentata e difesa dall’avv. Giacomo Bonomi, con domicilio eletto presso il suo studio in Brescia, via Vittorio Emanuele II, 60; Toninelli Pietro & C. Snc, rappresentata e difesa dall’avv. Simonetta Sorti, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv.to Enrico Codignola in Brescia, via Romanino, 16; Impresa F.lli Rota Nodari Spa, rappresentata e difesa dagli avv.ti Claudio Zanetti ed Enrico Codignola, con domicilio eletto presso lo studio del secondo in Brescia, via Romanino,16; “Enzo Pesenti Srl”, rappresentata e difesa dagli avv. Carlo Braga, Matteo Salvi, Massimiliano Manganiello, con domicilio eletto presso lo studio del primo in Brescia, via Tosio, 11; Cossali Rocco S.n.c., rappresentata e difesa dall’avv. Aldo Coppetti, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv.to Claudia Brioni in Brescia, via Vittorio Emanuele II n. 60 (Fax=030/2939054); Italcementi Spa, rappresentata e difesa dall’avv.to Ignazio Bonomi, con domicilio eletto presso T.A.R. Segreteria in Brescia, Via Carlo Zima, 3;

per l’annullamento

– DELLA DELIBERAZIONE DEL CONSIGLIO REGIONALE IN DATA 14/5/2008 N. VIII/0619, DI APPROVAZIONE DEL NUOVO PIANO CAVE DELLA PROVINCIA DI BERGAMO;

– DELLE DELIBERAZIONI 14/5/2008 N. VIII/616, 617 E 618, CON LE QUALI IL CONSIGLIO REGIONALE DELLA LOMBARDIA HA RICOLLOCATO QUANTITATIVI DI ATE STRALCIATI ALL’INTERNO DEL PREDETTO PIANO;

– DI TUTTI GLI ATTI PRESUPPOSTI, CONSEGUENTI E CONSEQUENZIALI, IN PARTICOLARE:

• DELLA DELIBERAZIONE 16/3/2004 N. 16, CON LA QUALE IL CONSIGLIO PROVINCIALE DI BERGAMO HA ADOTTATO LA PROPOSTA DI NUOVO PIANO CAVE REGIONALE;

• DELLA DELIBERAZIONE 22/12/2005 N. 8/1547, CON LA QUALE LA GIUNTA REGIONALE HA SOTTOPOSTO AL CONSIGLIO LA PREDETTA PROPOSTA DI PIANO;

• DEL PARERE 8/11/2005 N. 1823 DEL COMITATO TECNICO REGIONALE;

• DEL DECRETO 2/2/2004 N. 1330 DEL DIRIGENTE DELLA STRUTTURA REGIONALE AZIONI PER LA GESTIONE DELLE AREE PROTETTE E DIFESA DELLA BIODIVERSITÀ.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio della Regione Lombardia;

Viste le memorie difensive e tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 7 novembre 2012 il dott. Stefano Tenca e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

Con ricorso promosso innanzi a questo Tribunale le ricorrenti hanno impugnato gli atti in epigrafe, deducendo i seguenti motivi di diritto:

a) Violazione degli artt. 4 e 13 della direttiva 2001/42/CE, dell’art. 15 del D. Lgs. 152/2006 e dell’art. 4 della L.r. 12/2005, per esser stato il Piano in questione approvato in difetto di valutazione ambientale strategica (“VAS”), tenuto conto che la normativa europea citata imporrebbe agli Stati membri, e quindi anche all’Italia, di sottoporre a VAS non solo gli atti di pianificazione predisposti con un primo atto posteriore al 21/7/2004, ma anche gli atti pianificatori avviati prima di tale data, ma approvati, come nella specie avvenuto, dopo il 21/7/2006;

b) Violazione degli artt. 6-8 della L.r. 14/1998, della L. 108/2001, della direttiva 2003/35/CE, eccesso di potere per difetto di istruttoria, per avere l’Autorità regionale inserito di propria esclusiva iniziativa nel Piano in questione alcuni ambiti territoriali estrattivi, denominati per la precisione ATE o24, ATE g42, ATE 020, non previsti in alcun modo nella proposta provinciale;

c) Ulteriore violazione degli artt. 6-8 della L.r. 14/1998, in quanto in ogni caso i nuovi siti estrattivi previsti sarebbero stati inseriti nel Piano senza che riguardo ad essi fossero stati (nuovamente) acquisiti i prescritti pareri endoprocedimentali (sotto il profilo naturalistico, paesaggistico ed idrogeologico), tenuto conto del fatto che la proposta originaria è stata significativamente alterata nei passaggi presso la Giunta regionale e in Commissione VI, con l’approvazione di un Piano Cave molto diverso da quello adottato;

d) Eccesso di potere per illogicità, in quanto il Piano approvato, con riferimento ai siti estrattivi in origine previsti, non avrebbe tenuto conto né dei pareri non positivi espressi in istruttoria per taluni di essi, né delle osservazioni delle associazioni ambientaliste, né dell’incidenza sui siti naturalistici di interesse comunitario (art. 5 del D.P.R. 357/97), nel senso che avrebbe a priori considerato comunque compatibili con essi le attività estrattive;

e) Ulteriore eccesso di potere, per imprecisione degli elaborati di Piano, in particolare delle cartografie, che non consentirebbero di stabilire cosa in effetti sia stato approvato.

Con sentenza 4/5/2009 n. 893 della Sezione prima, le indicate quattro deliberazioni regionali e la sottostante deliberazione 16 marzo 2004 n. 16 del Consiglio provinciale di Bergamo sono state annullate in accoglimento parziale del ricorso. In particolare, respinte le censure di omessa sottoposizione del piano a V.A.S. in violazione della direttiva comunitaria 42/01/CE e di mancata considerazione di pareri non positivi espressi in sede istruttoria, nonché delle osservazioni delle associazioni ambientaliste e dell’incidenza di taluni ambiti estrattivi su siti naturalistici di interesse comunitario, questo T.A.R. ha ritenuto fondate le doglianze di violazione degli artt. 6-8 della legge regionale della Lombardia 8 agosto 1998, n. 14, per aver l’Autorità regionale inserito nel piano alcuni ambiti territoriali estrattivi (gli ATE o24, ATE g42, ATE o20) non previsti dalla proposta provinciale e sforniti di pareri dei rispettivi Comuni, degli organi tecnici e degli altri soggetti deputati ad esprimersi al riguardo, trattandosi di modifiche non già di mero dettaglio, bensì sostanziali e tali da stravolgere l’unitarietà del disegno generale del piano stesso e, perciò, bisognevoli della ripetizione della procedura che ha dato luogo alla detta proposta provinciale. E’ stata infine ritenuta fondata l’ulteriore censura intesa a far valere la non chiarezza degli elaborati tecnici.

Con i sette separati appelli hanno impugnato la pronuncia in parola la Toninelli Piero & C. s.a.s., titolare della concessione di coltivazione della cava nel pregresso ATE g10, ora cava di recupero Rg 20; la Santo Stefano s.r.l., proprietaria di un compendio immobiliare già AC 12 pc stralciato dalla proposta provinciale di piano, ma reinserito dalla Regione come ATE o20; la Cretti Industria Marmi Granito s.r.l., proprietaria ed esercente la cava di “ceppo di Brecciola” di cui ha chiesto l’inserimento nel piano ed in questo individuata come ATE o24; la Regione Lombardia; la Enzo Pesenti s.r.l., operante nel settore degli inerti e richiedente l’inserimento nel piano dell’area ivi individuata come ATE g40; la COPREM s.r.l., operante nel settore estrattivo e richiedente l’inserimento nel piano dell’area di proprietà ivi individuata come ATE g42; e, infine, l’Impresa F.lli Rota Nodari S.p.A., operante nelle aree individuate nel piano come ATE g36.

Il Consiglio di Stato, con pronuncia 2/3/2010 n. 1184 ha statuito in via preliminare che “Se, difatti, la prospettazione di radicale inammissibilità (fatta, in via principale rispetto al rinvio per integrazione del contraddittorio, in particolare dalla Santo Stefano) non può essere condivisa, avendo i ricorrenti in primo grado notificato l’atto introduttivo del giudizio nei confronti della ISC s.a.s. di Sonzogni Fabio & C. – di cui non si contesta l’effettiva posizione di controinteressata, derivante dall’operare nell’ATE o11 -, ossia nei confronti di almeno un controinteressato, non v’è dubbio che anche gli operatori di tutti gli altri ATE individuati dal piano abbiano veste di controinteressati in senso formale e sostanziale, in quanto titolari dell’interesse qualificato, di pari intensità e di segno contrario a quelli dei medesimi ricorrenti, al mantenimento in vita del piano di cui era chiesto l’annullamento integrale, nonché in quanto diretti destinatari delle previsioni del piano stesso e facilmente identificabili attraverso i relativi atti istruttori. Tanto è di palese evidenza con riferimento ai suddetti ATE ed all’ambito Rg 20, specificamente menzionati nel ricorso e nella pronunzia appellata, oggetto di espresse richieste degli operatori o di osservazioni delle associazioni ambientaliste, nominativamente indicati nei verbali della VI commissione consiliare alle cui sedute i medesimi operatori hanno talora partecipato (si confronti, ad esempio, il verbale della seduta del 1° febbraio 2007, alla quale hanno tra l’altro partecipato il legale rappresentante della Toninelli Pietro & C., un rappresentante della Cretti Industria Marmi Graniti ed un consulente della Coprem)”. Ha aggiunto il Consiglio di Stato che “In altri termini, è funzione tipica del piano cave l’identificazione di specifiche e delimitate aree, oltre che la loro disciplina. Ne discende che, diversamente dal proprietario di aree incluse in uno strumento urbanistico generale, il proprietario o l’operatore di un determinato ambito estrattivo individuato dal piano cave deve ritenersi favorevolmente inciso dal piano stesso poiché è sicuramente avvantaggiato da tale individuazione, che gli consente di iniziare o continuare lo sfruttamento del giacimento. Con l’ovvia conseguenza della qualificazione di detti soggetti come controinteressati a fronte del ricorso diretto all’annullamento del piano anche parziale, con riferimento, come nel caso in esame, a precisati ambiti”. Ha concluso affermando che “Per le ragioni sin qui esposte, gli stessi soggetti dovevano essere posti in grado di apprestare le proprie difese già in primo grado, sicché il TAR avrebbe dovuto disporre l’integrazione del contraddittorio nei loro confronti da parte dei ricorrenti. Pertanto, la sentenza appellata non può che essere annullata con rinvio della causa al primo giudice, non potendosi privare i controinteressati di un grado di giudizio”.

Alla pubblica udienza ri-fissata per il 23/11/2011 presso la sez. I di questo Tribunale è stato disposto un rinvio per la formazione di altro Collegio presso la sez. II.

Sono intervenute in giudizio nel frattempo le imprese Cretti Industria Marmi Graniti S.r.l., Coprem Srl, Toninelli Pietro & C. snc., F.lli Rota Nodari S.p.a., Enzo Pesenti Srl, Cossali Rocco snc di Cossali Aurelio ed Emilio, Italcementi Spa.

Dopo l’integrazione del contraddittorio disposta con ordinanza 3/5/2012 n. 742 (e l’autorizzazione a svolgerla per pubblici proclami con ordinanza presidenziale 24/5/2012 n. 571), alla pubblica udienza del 7/11/2012 il ricorso introduttivo è stato chiamato per la discussione e trattenuto in decisione.

DIRITTO

La ricorrente censura la deliberazione del Consiglio regionale in data 14/5/2008 n. VIII/0619, di approvazione del nuovo Piano Cave della Provincia di Bergamo, oltre agli atti presupposti.

1. Devono preliminarmente essere esaminate le eccezioni in rito sollevate dalle intervenienti/controinteressate. Esse hanno in particolare dedotto l’inammissibilità del gravame per carenza di legittimazione ed interesse in capo alle ricorrenti, dato che i profili accolti nella sentenza poi annullata (in particolare esposti con la seconda e la terza censura) non afferivano ad aspetti naturalistici, idrogeologici ed ambientali ma solo alla regolarità del procedimento amministrativo. La legittimazione delle Associazioni ambientaliste avrebbe carattere eccezionale, sarebbe unicamente finalizzata a far valere interessi strettamente ambientali senza interferire con l’attività di pianificazione e programmazione del territorio preordinata alla cura dell’interesse (autonomo e distinto) all’estrazione di un bene economico, ossia le sostanze minerali di cava. Per tali considerazioni viene poi messa in luce la carenza di legittimazione all’annullamento integrale del Piano, ove fondata appunto su motivi non strettamente attinenti con l’ambiente.

1.1 L’eccezione va disattesa, ed in proposito il Collegio si richiama alle argomentazioni racchiuse nella sentenza della sez. I di questo Tribunale in data 27/2/2012 n. 274. In via generale, è stato rilevato che la più recente ed avanzata posizione giurisprudenziale (cfr. T.A.R. Sardegna, sez. II – 6/10/2008 n. 1816; Consiglio di Stato, sez. IV – 11/11/2011 n. 5986) ha posto in luce che la legittimazione ad agire delle associazioni e/o comitati ambientalisti spetta non solo con riferimento alla tutela degli interessi ambientali in senso stretto, ma anche con riferimento alla tutela ambientale in senso lato, che implica in quanto tale la possibilità di impugnare atti aventi finalità urbanistica-edilizia, specificando che “la materia ambientale per le peculiari caratteristiche del bene protetto, si atteggia in modo particolare: la tutela dell’ambiente, infatti, lungi dal costituire un autonomo settore d’intervento dei pubblici poteri, assume il ruolo unificante e finalizzante di distinte tutele giuridiche predisposte a favore dei diversi beni della vita che nell’ambiente si collocano, assumendo un carattere per così dire trasversale rispetto alle ordinarie materie e competenze amministrative, che connotano anche le distinzioni fra ministeri” (cfr. Consiglio di Stato, sez. IV – 11/11/2011 n. 5986).

1.2 La stretta relazione che sempre più spesso corre tra l’urbanistica e l’ambiente è ben rappresentata dalla stretta interconnessione sviluppatasi in questi anni fra i contenuti della pianificazione urbanistica e quelli della tutela ambientale, derivante dalla circostanza che il territorio, inteso in tutte le sue accezioni, è un bene fondamentale avente carattere costitutivo dello stesso bene “ambiente” (cfr. Corte costituzionale 21/11/2011 n. 309). L’attività di programmazione intrapresa con il procedimento contestato incide su un ampio territorio coincidente con l’intera Provincia di Bergamo, e interferisce o comunque lambisce aree di pregio ambientale e naturalistico (sono 16 i siti di importanza comunitaria contemplati nella valutazione d’incidenza della Direzione generale qualità dell’ambiente del 2/2/2005). Va ricordato, al riguardo, quanto affermato dalla Sezione con la recente sentenza 1/7/2010 n. 2411, per cui nell’attuale sviluppo dell’ordinamento giuridico l’ambito di applicazione della tutela paesaggistica non riguarda ormai soltanto le aree oggetto di vincolo di tutela, in quanto detto vincolo ex artt. 146 e ss. d.lgs. 42/04 è soltanto uno degli strumenti attraverso cui l’ordinamento persegue l’obiettivo della tutela del paesaggio. Ebbene nel procedimento in questione sono espressamente previsti pareri di autorità preposte alla salvaguardia degli interessi pubblici ad un misurato impatto sull’habitat naturale, alla conservazione dei terreni agricoli (doc. 4), alla protezione del paesaggio (doc. 5). Si segnala altresì come il Consiglio di Stato (sez. VI – 25/3/2011 n. 1843) – nell’esaminare un ricorso di Italia Nostra contro uno strumento urbanistico che avrebbe dato vita al raddoppio del bacino di cava con un impatto particolarmente negativo sull’ambiente e sul paesaggio – ha ravvisato che “nel presente giudizio tale legittimazione debba essere comunque riconosciuta, perché il provvedimento impugnato ha una diretta e immediata rilevanza ambientale”.

2. Prima di passare all’esame del merito occorre dare conto della richiesta formulata dall’impresa Ezio Pesenti con memoria del 23/2/2012, nella quale chiede la sospensione del giudizio in attesa della decisione di questo Tribunale sul ricorso rubricato al 1168/2011 r.g. e del Consiglio di Stato sui gravami r.g. 3789/11 e 181/12.

Con riguardo al primo gravame (la cui udienza pubblica è fissata per il 6/2/2013) questo Tribunale si è in realtà già pronunciato sul provvedimento ivi impugnato (ossia la deliberazione della Giunta regionale in data 1/2/2011 n. 9/1266) recante la ri-approvazione del Piano cave della Provincia di Bergamo. Con sentenza 3/5/2012 n. 739 (pur appellata) questa Sezione ha accolto il ricorso e ha dichiarato l’avvenuta caducazione integrale del Piano cave e la nullità della deliberazione giuntale impugnata. Quanto ai gravami r.g. 3789/11 e 181/12 promossi innanzi al Consiglio di Stato, il primo è l’appello sulla pronuncia resa a favore dell’Impresa Milesi (la data dell’udienza di merito ancora non è fissata) ma occorre considerare in proposito l’intervenuto passaggio in giudicato della sentenza n. 1607/2010 di questa Sezione sul ricorso Nuova Demi, fondato su plurimi profili di ampio spessore. L’appello contro la decisione assunta nel contenzioso instaurato dal Comune di Treviglio è già stato discusso (u.p. del 10/7/2012) e si è in attesa del deposito della sentenza. In questo quadro complessivo è possibile rintracciare sufficienti punti fermi, capaci di orientare il Collegio chiamato a decidere la causa.

3. Con il primo motivo parte ricorrente deduce la violazione degli artt. 4 e 13 della direttiva 2001/42/CE, dell’art. 15 del D. Lgs. 152/2006 e dell’art. 4 della L.r. 12/2005, per esser stato il Piano in questione approvato in difetto di valutazione ambientale strategica (“VAS”), tenuto conto che la normativa europea citata imporrebbe agli Stati membri, e quindi anche all’Italia, di sottoporre a VAS non solo gli atti di pianificazione predisposti con un primo atto posteriore al 21/7/2004, ma anche gli atti pianificatori avviati prima di tale data, ma approvati, come nella specie avvenuto, dopo il 21/7/2006.

La doglianza è fondata.

3.1 Si riportano di seguito le considerazioni sviluppate nella sentenza della Sezione 21/10/2011 n. 1447 (appellata r.g. 181/2012), dalle quali il Collegio non ritiene discostarsi.

<< L’art. 3 paragrafo 2 della direttiva statuisce che “Fatto salvo il paragrafo 3, viene effettuata una valutazione ambientale per tutti i piani e i programmi” i quali (lett. a) “… sono elaborati per i settori agricolo, forestale, della pesca, energetico, industriale, dei trasporti, della gestione dei rifiuti e delle acque, delle telecomunicazioni, turistico, della pianificazione territoriale o della destinazione d ei suoli, e che definiscono il quadro di riferimento per l’autorizzazione dei progetti elencati negli allegati I e II della direttiva 85/337/CEE”. L’allegato I della predetta direttiva 85/337/CE contempla, al punto 19, “Cave e attività minerarie a cielo aperto, con superficie del sito superiore a 25 ettari, oppure torbiere, con superficie del sito superiore a 150 ettari”. L’ATE di cui si discorre rientrerebbe in astratto nel raggio di operatività della norma, poiché la sua estensione supera i 40 ettari. Peraltro parte ricorrente osserva che la VAS avrebbe dovuto essere effettuata per l’intero Piano cave, che interessa aree di ampiezza nettamente superiore. Questo rilievo consente di escludere l’applicazione del paragrafo 3 – nella parte in cui prevede la VAS soltanto previa indagine dello Stato membro sulla possibile incidenza dell’intervento sull’ambiente – che si riferisce a piani e programmi “che determinano l’uso di piccole aree a livello locale”: la vastità di un Piano cave di un’intera Provincia – che contempla (cfr. proposta della Commissione del 30/7/2007 – doc. 18 ricorrente) oltre 40 ambiti per sabbia e ghiaia, 8 per argilla, 22 per calcari e dolomie, 27 per cave ornamentali e pietrisco oltre alle cave di recupero – conduce ex se ad escludere la sua sussunzione tra le aree di esigue dimensioni, raggiungendo un’estensione complessiva consistente (le superfici totali coinvolte superano i 1.000 ettari) ed interferendo con un territorio (la Provincia di Bergamo appunto) di oltre 2.700 Kmq. E’ appena il caso di osservare, poi, che la deliberazione del Consiglio regionale 13/3/2007 – recante gli indirizzi generali sui Piani cave – specifica al punto 4.6 che “Per i Piani e programmi che determinano l’uso di piccole aree di livello locale e le modifiche minori, … si procede alla verifica di esclusione … al fine di stabilire se possono avere effetti significativi sull’ambiente”. Dunque anche per gli interventi territorialmente limitati (e non è come già visto questo il caso) è comunque prevista un’indagine preventiva che statuisca sulla necessità della VAS.

2.3 L’art. 13 della direttiva, recante le norme transitorie, statuisce anzitutto che “Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva prima del 21 luglio 2004” (paragrafo 1). Il paragrafo 3 dispone che l’obbligo di VAS si applica “ai piani e ai programmi il cui primo atto preparatorio formale è successivo alla data di cui al paragrafo 1 (ossia al 21/7/2004)” mentre “I piani e i programmi il cui primo atto preparatorio formale è precedente a tale data e che sono stati approvati o sottoposti all’iter legislativo più di ventiquattro mesi dopo la stessa data sono soggetti all’obbligo di cui all’articolo 4, paragrafo 1, a meno che gli Stati membri decidano caso per caso che ciò non è possibile, informando il pubblico di tale decisione”. E’ pacifico che il Piano cave della Provincia di Bergamo rientra nella seconda ipotesi delineata, in quanto il primo atto di impulso risale al 2003 e tuttavia l’approvazione finale ha avuto luogo ben oltre il termine di 24 mesi calcolati dal 21/7/2004. Con riferimento all’ultimo periodo della norma, non risulta che lo Stato o la Regione siano intervenuti per evitare motivatamente la sua applicazione. In senso opposto si è pronunciato il T.A.R. Veneto, sez. II – 3/12/2010 n. 6324, ma ciò è avvenuto alla luce della Deliberazione n. 2988/04 con la quale la Giunta regionale del Veneto ha adottato i primi indirizzi operativi per la V.A.S. di piani e programmi di competenza regionale stabilendo che, se il primo atto preparatorio formale fosse stato adottato prima del 21 luglio 2004, gli stessi piani e programmi avrebbero dovuto essere sottoposti a VAS “qualora si preveda ragionevolmente che la loro approvazione intervenga dopo il 21 luglio 2006, salva l’ipotesi in cui il procedimento sia ad uno stadio avanzato tale da rendere impossibile l’espletamento della VAS”, proprio come consentito dall’art. 13 paragrafo 3 della direttiva 2001/42/CE. Non risulta viceversa che la Regione Lombardia abbia adottato una norma di tenore identico o similare.

2.4 Peraltro anche la prospettata necessità di disposizioni attuative si può ritenere superata. L’atto di approvazione definitiva del Piano è del 14/5/2008, mentre il Consiglio Regionale aveva approvato gli indirizzi generali per la V.A.S. con deliberazione 13/3/2007 n. VIII/351, e con successiva deliberazione giuntale 27/12/2007 n. 8/6420 era stata disciplinata nel dettaglio la procedura. Lo Stato italiano ha dato compiuta attuazione alla direttiva 2001/42/CE con il D. Lgs. 16/1/2008 n. 4 (pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 29/1/2008), in epoca successiva alla regolamentazione regionale appena richiamata (cfr. T.A.R. Lombardia Milano, sez. II – 17/5/2010 n. 1526). Di ciò era evidentemente consapevole il legislatore nazionale il quale, all’art. 35 comma 2-ter del D. Lgs. 4/2008 sanciva che “Le procedure di VAS e di VIA avviate precedentemente all’entrata in vigore del presente decreto sono concluse ai sensi delle norme vigenti al momento dell’avvio del procedimento”. All’art. 11 del D. Lgs. 4/2008 è prevista la modalità di svolgimento della VAS, mentre la deliberazione del Consiglio regionale 13/3/2007 indica all’allegato A i Piani cave provinciali tra i Piani e programmi rilevanti ai fini della valutazione predetta: in particolare ai punti 5, 6 e 7 della deliberazione è regolata la sequenza delle fasi del processo ed il rispettivo contenuto. L’allegato 1/h alla D.G.R. 27/12/2007 contempla infine il modello metodologico procedurale ed operativo di VAS per il Piano cave provinciale. Si può quindi affermare che in Regione Lombardia, al momento dell’approvazione definitiva del Piano cave il procedimento di VAS era già da tempo regolato nel suo svolgimento, senza che l’autorità pubblica si sia avvalsa della facoltà prevista dall’art. 13 paragrafo 3 della direttiva.

2.5 Non può essere invocato l’art. 11 comma 3 del D. Lgs. 152/2006 (nel testo in vigore nel 2008) per escludere la procedura di VAS in ragione dello stato di avanzamento della pianificazione. Oltre al chiaro dato letterale dell’art. 13 paragrafo 3 della direttiva (già illustrato al precedente paragrafo 2.3 dell’esposizione in diritto), la stessa disposizione invocata dalla Regione, nel testo per tempo vigente, statuisce che “La fase di valutazione è effettuata durante la fase preparatoria del piano o del programma ed anteriormente alla sua approvazione o all’avvio della relativa procedura legislativa”. In coerenza con le disposizioni comunitarie la locuzione “fase preparatoria” deve intendersi correlata al complesso delle attività di impulso ed istruttorie, che hanno caratterizzato il Piano cave fino al segmento procedurale anteriore alla sua approvazione, tanto che è stato oggetto di modifiche ed aggiustamenti (anche sensibili) persino nel passaggio tra VI Commissione e Consiglio regionale. >>

3.2 Il Collegio non ignora quanto affermato dal Consiglio di Stato nella pronuncia 6/6/2012 n. 3345 (par. 8), e tuttavia alla luce delle suesposte riflessioni il Collegio ritiene di non aderirvi: in particolare l’elaborazione del legislatore interno (D. Lgs. 152/2006) e la norma transitoria (art. 35 comma 2-ter del medesimo D. Lgs.) non sembrano incidere sull’obbligo di VAS per i piani “approvati o sottoposti all’iter legislativo più di ventiquattro mesi dopo” il 21/7/2004, tenuto conto che al 21/7/2006 l’iter del Piano cave non era giunto ad uno stadio così avanzato da impedire un’analisi di impatto ambientale, essendo ancora in corso l’istruttoria nella VI Commissione. In conclusione la censura è fondata e merita accoglimento, poiché il Piano cave avrebbe dovuto essere sottoposto a VAS prima della sua approvazione definitiva.

4. Passando all’esame del secondo motivo, con lo stesso le ricorrenti sostengono la violazione degli artt. 6-8 della L.r. 14/1998, della L. 108/2001, della direttiva 2003/35/CE, l’eccesso di potere per difetto di istruttoria, per avere l’Autorità regionale inserito di propria esclusiva iniziativa nel Piano in questione alcuni ambiti territoriali estrattivi, denominati per la precisione ATE o24, ATE g42, ATE 020, non previsti in alcun modo nella proposta provinciale; assumono in proposito che siffatta operazione non sarebbe consentita dalla legge, in quanto la Regione ha stravolto il riparto di competenze in materia introducendo modifiche alla pianificazione provinciale esorbitanti e prive di giustificazione, e tale condotta avrebbe precluso a Provincia e Comune di formulare le loro osservazioni sulle novità così introdotte.

La doglianza è priva di pregio giudico.

Sostengono i ricorrenti (pag. 8 ricorso) in particolare che:

• per l’ATE o24 viene inserito un nuovo ambito di escavazione dapprima non previsto, in area vincolata per la presenza di boschi e cosi d’acqua e prossimo ad un SIC che è anche riserva naturale regionale e del quale non è neppure fatta menzione;

• l’ATE g42 viene inserito direttamente dal Consiglio ed ha l’ampia estensione di 2.500.000 mc.;

• l’ATE o20, già stralciato dalla Provincia in considerazione dell’elevato pregio ambientale e paesaggistico dell’area, viene reinserito per una volumetria che parrebbe 23.000 mc. (quando la proposta dava conto di soli 500 mc. nel decennio).

Detto ordine di idee non merita apprezzamento, anche in virtù della ricostruzione dei fatti documentata dalle parti resistenti.

4.1 L’impresa Cretti sottolinea che l’ATE o24 di Castro era stato ampiamente discusso in Provincia nella fase istruttoria della proposta, e che la Regione ha accolto la domanda della ricorrente disattendendo la determinazione provinciale (emessa sull’osservazione n. 138). In particolare la Regione ha informato la Provincia dell’intenzione di accogliere la domanda ed ha atteso le osservazioni prodotte con nota del novembre 2006 (cfr. doc. 2.20), ed anche il Comune di Castro è stato coinvolto ed ha formulato parere positivo (cfr. verbale seduta 23/7/2007 che lo richiama – doc. 2.13). Oltre ad essere a 2 Km dal perimetro del SIC (cfr. doc. 2.22), l’ATE è l’unico ove si può estrarre il materiale definitivo “ceppo bracciola”, e l’incidenza sull’escavazione (nel giacimento G010) è nella sostanza marginale perché nell’ATE 08 i quantitativi sono estraibili in misura ridotta in quanto è contemplato un inserimento viario (variante ANAS alla S.S. 42).

4.2 Dette puntualizzazioni ridimensionano la ricostruzione di parte ricorrente, e danno conto di un ampio contraddittorio formatosi sulla proposta di ATE o24 già in sede di adozione e della circostanza dell’inserimento “a compensazione” delle difficoltà rintracciate nell’ATE 08 (per l’innesto viario). Corrisponde altresì al vero l’assenza di un’espressa contestazione all’operazione nella nota provinciale del novembre 2006 (doc. 2.20). Sul punto si può richiamare la pronuncia del Consiglio di Stato, sez. V – 6/6/2012 n. 3345 secondo la quale “da un’interpretazione sistematica degli articoli 7 e 8 della legge regionale 8 agosto 1998, n. 14 si evince che il potere riconosciuto al Consiglio regionale di apportare modifiche alla proposta di piano non può essere esercitato in carenza dell’acquisizione del parere degli enti che intervengono nel procedimento di adozione del piano in ordine alle nuove aree che siano aggiunte ad integrazione dell’originale perimetro indicato nella proposta della provincia”, e la sentenza del Consiglio di Stato, sez. VI – 20/12/2011 n. 6697 nella quale si afferma che “il Comune ha avuto modo di esprimere in modo compiuto e reiterato le proprie osservazioni in merito alle modifiche alla proposta provinciale che sarebbero state recepite dal Consiglio regionale. Ne deriva che, in coerenza con i principi di strumentalità delle forme e del raggiungimento dello scopo, è stata soddisfatta in modo pieno la finalità alla quale è preordinata l’esigenza di garantire la partecipazione degli enti locali alla formazione delle scelte regionali”. Applicando i delineati principi al caso che ci occupa si può concludere che sulla proposta di modifica il contraddittorio è stato rispettato nelle diverse fasi procedimentali. Quanto alla questione del SIC, oltre all’argomento della distanza si deve tener conto della circostanza dell’inserimento di un giacimento in essere (ossia il G010).

4.3 L’impresa Coprem ha dedotto che la proposta di ambito estrattivo è stata formulata direttamente alla Regione Lombardia e tuttavia che l’amministrazione comunale di Torre Pallavicina è intervenuta nell’istruttoria esprimendo parere favorevole sia pure con prescrizioni (cfr. doc. 8, 10 e 11), mentre il giacimento era già stato individuato come coltivabile dalla Provincia. Ad avviso del Collegio anche in questo caso non si rinvengono significative carenze di contraddittorio (tenuto conto che la Provincia comunque ha avuto modo di pronunciarsi, sia pur negativamente, sull’introduzione – cfr. doc. 2.20 depositato da Impresa Cretti), e che più in generale la variazione proposta non appare da sola particolarmente incisiva ed impattante.

4.4 Quanto all’ATE g020 (in disparte la specifica eccezione in rito formulata) appare condivisibile la posizione dell’Impresa interessata Toninelli la quale, nella memoria 13/10/2011 osserva che la riclassificazione in cava di recupero era stata proposta dalle stesse Associazioni ambientaliste. Osserva il Collegio che la volumetria e le prescrizioni dell’ex ATE g10 (ora cava di recupero Rg20) sono le medesime già individuate dalla Provincia, e da questo punto di vista non si ravvisano elementi di distonia nell’atto regionale di approvazione definitiva. In buona sostanza la previsione contestata non integra uno stravolgimento rispetto alla pianificazione provinciale, mentre altro discorso riguarda la legittimità della qualificazione “cava di recupero” con contestuale mantenimento della capacità estrattiva già stabilita in fase di adozione. Ad avviso del Collegio la novella non introduce un vizio rilevante, poiché di fatto viene perpetuato lo sfruttamento della cava – con le potenzialità già fissate – per una destinazione (conclusiva e logicamente successiva) a cava di recupero.

5. Le considerazioni suesposte consentono di respingere anche l’ulteriore censura, afferente alla necessità di acquisire nuovamente i prescritti pareri endoprocedimentali sui nuovi siti estrattivi previsti. Già infatti si è detto che gli stessi erano già stati esaminati dalla Provincia (cfr. ATE o24 e o20) ovvero che non risultano da soli significativamente impattanti (ATE g42).

6. Diverso discorso riguarda la contestazione più generale, con la quale si lamenta la circostanza che la proposta originaria è stata significativamente alterata nei passaggi presso la Giunta regionale e in Commissione VI, con l’approvazione di un Piano Cave radicalmente diverso da quello adottato. A questo proposito si richiama il proprio precedente 22/4/2010 n. 1607, non impugnato, nel quale al punto 1.5 veniva specificato che “L’iter procedimentale che ha investito l’ATE g37 e più in generale l’intera pianificazione contrasta con i canoni enunciati, tenuto conto che le innovazioni apportate alla proposta della Provincia e della Giunta regionale non possono essere considerate di mero dettaglio. ….….. Più in generale si osserva che la Regione ha inciso su 39 ambiti dei 78 complessivi, all’interno dei quali alcuni ATE sono stati eliminati ed altri sono stati introdotti ex novo, riducendo talune zone per 3.800.000 mc. ed aumentando il volume presso altri siti per 5.280.000 mc.. In questo contesto ritiene il Collegio che – in assenza del coinvolgimento dell’autorità provinciale che ha predisposto il piano – dette variazioni sostanziali sono illegittime”. Dette riflessioni ben possono essere riprodotte nella fattispecie in esame nella quale si lamenta che i pareri endo-procedimentali delle autorità competenti (Autorità di bacino del Po, Direzione generale agricoltura, Direzione tutela e valorizzazione del territorio, Direzione generale qualità dell’ambiente) sono stati espressi su un Piano che ha subìto sensibili ed incisivi mutamenti dopo l’intervento della VI Commissione e con l’approvazione finale. L’attività consultiva è stata nella sostanza posta nel nulla dalla successiva programmazione, senza che il nuovo assetto sia stato sottoposto alle predette autorità per l’emissione di un parere “aggiornato”. La necessità di salvaguardare gli importanti valori tutelati (sia pur sotto la forma del parere) imponeva quanto meno un nuovo passaggio presso gli uffici preordinati alla loro cura, per una rilettura e l’esplicitazione di suggerimenti e riflessioni adeguate alle nuove scelte intraprese a livello regionale.

7. Alla luce dell’accoglimento della censura sull’omesso compimento della VAS e della mancata sottoposizione delle modifiche sostanziali agli organi consultivi, può essere assorbita la censura di eccesso di potere per illogicità, in quanto il Piano approvato, con riferimento ai siti estrattivi in origine previsti, non avrebbe tenuto conto né dei pareri non positivi espressi in istruttoria per taluni di essi, né delle osservazioni delle associazioni ambientaliste, né dell’incidenza di alcuni siti sui siti naturalistici di interesse comunitario (art. 5 del D.P.R. 357/97). Allo stesso modo si può concludere per la difettosa rappresentazione nella cartografia.

In conclusione il gravame è fondato e deve essere accolto per le motivazioni esposte, con conseguente caducazione degli atti adottati dal Consiglio regionale.

8. Quanto alla richiesta di una pronuncia a soli effetti conformativi (invocata dall’impresa Enzo Pesenti rifacendosi alla sentenza del Consiglio di Stato n. 2755/2011), questo Collegio si richiama al proprio precedente 3/5/2012 n. 739 (pur appellato): “….E’ indubbio che in applicazione del principio di conservazione degli atti (“utile per inutile non vitiatur”) e alla luce delle statuizioni racchiuse nella pronuncia passata in giudicato, non è indispensabile la riattivazione dell’iter procedimentale fin dall’inizio ma, ferme restando le determinazioni assunte in via definitiva dagli organi regionali (Giunta e Consiglio), sulle stesse dovranno essere coinvolti gli Enti locali ed in particolare la Provincia che ha proposto il Piano (cfr. par. 1.5 sentenza n. 1607/2010). Anche la sopravvenuta sentenza 21/10/2011 n. 1447 (salvi gli esiti dell’appello) ha statuito che il Piano avrebbe dovuto essere sottoposto a Valutazione Ambientale Strategica prima della sua approvazione definitiva”. Può dunque affermarsi che la Regione dovrà riaprire il procedimento amministrativo di approvazione del Piano Cave con le corrette modalità che contemplano il coinvolgimento degli organi consultivi sulla proposta finale.

9. La complessità della vicenda e la parziale soccombenza reciproca giustificano la compensazione integrale delle spese di giudizio tra le parti in causa.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia sezione staccata di Brescia (Sezione Seconda) definitivamente pronunciando, accoglie il ricorso in epigrafe nei sensi di cui in motivazione e, per l’effetto, annulla le deliberazioni consiliari impugnate.

Spese compensate.

Dispone che l’amministrazione regionale rifonda alle Associazioni ricorrenti le spese del contributo unificato, ai sensi dell’art. 13 comma 6-bis del D.P.R. 30/5/2002 n. 115.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

La presente sentenza è depositata presso la Segreteria della Sezione che provvederà a darne comunicazione alle parti.

Così deciso in Brescia nella camera di consiglio del giorno 7 novembre 2012 con l’intervento dei magistrati:

Giorgio Calderoni, Presidente
Mauro Pedron, Consigliere
Stefano Tenca, Consigliere, Estensore

L’ESTENSORE

IL PRESIDENTE
   

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 10/12/2012
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
 

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