+39-0941.327734 abbonati@ambientediritto.it
Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Beni culturali ed ambientali Numero: 1363 | Data di udienza: 26 Novembre 2014

* BENI CULTURALI E AMBIENTALI – Vincolo diretto e indiretto – Differenza – Vincoli alla disponibilità di un bene di proprietà privata – Stretta interpretazione.


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 1^
Regione: Lombardia
Città: Brescia
Data di pubblicazione: 10 Dicembre 2014
Numero: 1363
Data di udienza: 26 Novembre 2014
Presidente: De Zotti
Estensore: Gambato Spisani


Premassima

* BENI CULTURALI E AMBIENTALI – Vincolo diretto e indiretto – Differenza – Vincoli alla disponibilità di un bene di proprietà privata – Stretta interpretazione.



Massima

 

TAR LOMBARDIA , Brescia, Sez. 1^ – 10 dicembre 2014, n. 1363


BENI CULTURALI E AMBIENTALI – Vincolo diretto e indiretto – Differenza.

Il nostro ordinamento conosce due distinte forme di tutela, comunemente nota come “vincolo”, dei beni immobili di interesse culturale: il vincolo diretto e il vincolo indiretto. Il primo grava per legge sugli immobili di tal tipo che appartengano “allo Stato, alle regioni, agli altri enti pubblici territoriali, nonché ad ogni altro ente ed istituto pubblico e a persone giuridiche private senza fine di lucro”, sì che il relativo decreto ha natura ricognitiva, e assume lo scopo pratico di consentire una trascrizione con efficacia pubblicitaria nei registri immobiliari, mentre va costituito con un apposito provvedimento, di carattere stavolta costitutivo, se il bene immobile appartiene a soggetti diversi da quelli elencati ( art. 10 del d. lgs. 22 gennaio 2004 n°42). Il secondo ( cd. vincolo indiretto), in base al quale “Il Ministero ha facoltà di prescrivere le distanze, le misure e le altre norme dirette ad evitare che sia messa in pericolo l’integrità dei beni culturali immobili, ne sia danneggiata la prospettiva o la luce o ne siano alterate le condizioni di ambiente e di decoro”, così come previsto dall’art. 45 comma 1 del d. lgs. 42/2004, è volto a proteggere la cd. “quinta”, ovvero il contesto in cui il bene culturale si inserisce: si fa l’esempio di un palazzo storico concepito come sito al centro di un’area libera, che perderebbe la propria identità se venisse circondato da costruzioni moderne su quell’area realizzate.

Pres. De Zotti, Est. Gambato  Spisani – T. srl (avv.  Luppi) c. Ministero per i Beni e le Attivita’ Culturali e del Turismo e altri (Avv. Stato)


BENI CULTURALI E AMBIENTALI – Vincoli alla disponibilità di un bene di proprietà privata – Stretta interpretazione.

Un qualsiasi vincolo alla disponibilità, intesa in senso ampio, di un bene di proprietà privata -garantita in quanto tale dall’art. 42 Cost.- non può che essere di stretta interpretazione (C.d.S. sez. VI 12 luglio 2011 n°4198). Nel dubbio, quindi, si dovrà concludere per l’inesistenza, o la minore estensione, del vincolo.


Pres. De Zotti, Est. Gambato  Spisani – T. srl (avv.  Luppi) c. Ministero per i Beni e le Attivita’ Culturali e del Turismo e altri (Avv. Stato)


Allegato


Titolo Completo

TAR LOMBARDIA , Brescia, Sez. 1^ - 10 dicembre 2014, n. 1363

SENTENZA

 

TAR LOMBARDIA , Brescia, Sez. 1^ – 10 dicembre 2014, n. 1363


N. 01363/2014 REG.PROV.COLL.
N. 01056/2013 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia

sezione staccata di Brescia (Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1056 del 2013, proposto da:
Tekos Srl, rappresentato e difeso dall’avv. Alberto Luppi, con domicilio eletto presso Alberto Luppi in Brescia, Via Solferino, 10;

contro

Ministero per i Beni e le Attivita’ Culturali e del Turismo, Soprintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggistici. Province di Bs,Cr, Mn, rappresentati e difesi per legge dall’Avvocatura Distrettuale Stato, domiciliata in Brescia, Via S. Caterina, 6; Comune di Lonato del Garda;

per l’annullamento, previa sospensiva,

del provvedimento 9 agosto 2013 prot. n°13267, conosciuto il 20 agosto 2013, con il quale il Soprintendente per i beni architettonici e paesaggistici per le Province di Brescia, Cremona e Mantova ha negato alla Tekos s.r.l. l’autorizzazione a realizzare una lottizzazione convenzionata in Lonato del Garda (Bs) via del Santuario, su terreno facente parte del complesso “cascina San Martino ed annessi” assoggettato alle disposizioni di tutela delle cose di interesse culturale;

della nota 14 giugno 2013 prot. n°9835, di comunicazione dei motivi ostativi alla richiesta;

di ogni atto presupposto, consequenziale e connesso;

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Ministero Per i Beni e Le Attivita’ Culturali e del Turismo e di Soprintendenza Per Beni Architettonici e Paes. Province di Bs,Cr, Mn;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 26 novembre 2014 il dott. Francesco Gambato Spisani e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

La Tekos S.r.l., odierna ricorrente, è proprietaria in Comune di Lonato, alla via del Santuario e all’interno del nucleo di antica formazione di quel centro, di un terreno distinto al relativo catasto al foglio 18 mappale 848, confinante un compendio denominato “Cascina San Martino ed annessi”, sottoposto a vincolo storico artistico giusta decreto dell’allora Ministero per i beni culturali ed ambientali 10 ottobre 1998, motivato con la presenza di una “configurazione a corte chiusa” come “esito ottocentesco di secolari processi di trasformazione subiti dall’immobile che ha tra l’altro inglobato nella sua struttura anche l’antica chiesa romanica intitolata a San Martino”, di cui è ancora riconoscibile la struttura, e comprende anche una “torre passerera” – ovvero una torre con il culmine a colombaia per il ricovero e la cattura di piccioni e passeri- del XVII secolo (v. ricorso p. 2 prime righe del fatto, sul punto specifico della proprietà pacifico in causa; v. doc. 3 ricorrente, copia decreto con allegata relazione storico artistica, da cui le citazioni).

Intenzionata ad edificare il suddetto proprio terreno, la Tekos presentava il 9 febbraio 2007 al competente Comune di Lonato la domanda per veder approvato un conforme piano di lottizzazione –PdL, trasmesso con lettera 11 novembre 2009 dal Comune stesso alla Soprintendenza per la necessaria autorizzazione paesaggistica (doc. 12 ricorrente, copia atto), autorizzazione peraltro negata con il provvedimento 9 agosto 2013 di cui meglio in epigrafe, motivato nei termini seguenti: “La cascina storica è ancora perfettamente leggibile tipologicamente all’interno del lotto, nonostante le recinzioni e i precedenti interventi autorizzati, quali tettoie e parcheggi, proprio in virtù della relazione esistente fra edificato ed area libera che questo ufficio vuole tutelare perché fondamento essenziale del decreto di vincolo emesso e motivato chiaramente nella relazione storico artistica; la quasi totale edificazione dell’intero comparto sottolinea ancora più la rilevanza che il ‘vuoto’ ha nella distinzione e definizione della cascina storica in oggetto, che, diversamente, sarebbe difficilmente leggibile…” ritenendo necessaria la inedificabilità del terreno della ricorrente (doc. 1 ricorrente, copia provvedimento impugnato).

Avverso il suddetto diniego, la Tekos ha proposto impugnazione, con ricorso affidato a tre censure, riconducibili in ordine logico ai seguenti due motivi:

– con il primo di essi, corrispondente alla terza censura a p. 17 dell’atto, deduce nominalmente violazione degli artt. 1 e 3 della l. 1 giugno 1939 n°1089 e del d. lgs. 22 gennaio 2004 n°42, ma più propriamente eccesso di potere per falso presupposto, in quanto a suo dire il fondo di proprietà per il quale è causa non sarebbe in realtà tutelato dal decreto di vincolo, relativo soltanto agli edifici della cascina storica;

– con il secondo motivo, corrispondente alle prime due censure alle pp. 6 e 12 dell’atto, deduce eccesso di potere per contraddittorietà, evidenziando come la Soprintendenza, in data 28 dicembre 2009, avesse già rilasciato un “parere di massima favorevole alle trasformazioni urbanistiche previste” (doc. 13 ricorrente, copia di esso, da cui la citazione).

Con memoria 24 ottobre 2014, la ricorrente ha ribadito le proprie asserite ragioni.

Resiste l’amministrazione statale intimata, con atto 9 dicembre 2013, relazione in pari data e memoria 14 dicembre 2013, e chiede che il ricorso sia respinto, deducendo:

– in ordine al primo motivo, che il vincolo deve intendersi come esteso al fondo rustico, che per ragioni storiche è parte integrante del complesso della cascina;

– in ordine al secondo motivo, che un parere di massima è evidentemente diverso dall’autorizzazione, e non impegna a concederla senz’altro.

Alla camera di consiglio del 18 dicembre 2013, la ricorrente rinunciava alla domanda cautelare in favore di una sollecita definizione del merito.

La Sezione, all’udienza del giorno 26 novembre 2014, fissata così come sopra, tratteneva infine il ricorso in decisione.

DIRITTO

1. Il ricorso è fondato e va accolto, poiché è fondato ed assorbente il primo motivo di ricorso, incentrato sull’asserita minore portata del vincolo, che, contrariamente a quanto preteso dall’amministrazione, riguarderebbe sicuramente la cascina in tutti i suoi edifici, ma non il fondo vicino per cui è causa. Ciò per le ragioni di seguito precisate.

2. E’ il caso di premettere, per migliore comprensione, che il nostro ordinamento conosce due distinte forme di tutela, comunemente nota come “vincolo”, dei beni immobili di interesse culturale. In primo luogo, v’è il cd. vincolo diretto, che riguarda “le cose immobili… che presentano interesse artistico, storico, archeologico o etnoantropologico”: esso grava per legge sugli immobili di tal tipo che appartengano “allo Stato, alle regioni, agli altri enti pubblici territoriali, nonché ad ogni altro ente ed istituto pubblico e a persone giuridiche private senza fine di lucro”, sì che il relativo decreto ha natura ricognitiva, e assume lo scopo pratico di consentire una trascrizione con efficacia pubblicitaria nei registri immobiliari, mentre va costituito con un apposito provvedimento, di carattere stavolta costitutivo, se il bene immobile appartiene a soggetti diversi da quelli elencati. Così il vigente art. 10 del d. lgs. 22 gennaio 2004 n°42, in sostanza riproduttivo delle abrogate norme degli artt. 1 e 3 della l. 1 giugno 1939 n°1089.

3. Esiste poi il cd. vincolo indiretto, in base al quale “Il Ministero ha facoltà di prescrivere le distanze, le misure e le altre norme dirette ad evitare che sia messa in pericolo l’integrità dei beni culturali immobili, ne sia danneggiata la prospettiva o la luce o ne siano alterate le condizioni di ambiente e di decoro”, così come previsto ora dall’art. 45 comma 1 del citato d. lgs. 42/2004 e in precedenza dall’art. 21 della l. 1089/1939. E’ il vincolo volto a proteggere la cd. “quinta”, ovvero il contesto in cui il bene culturale si inserisce: si fa l’esempio di un palazzo storico concepito come sito al centro di un’area libera, che perderebbe la propria identità se venisse circondato da costruzioni moderne su quell’area realizzate.

4. Nel caso di specie, così come risulta a lettura del relativo decreto 10 ottobre 1998 (doc. 3 ricorrente, copia di esso), si è di fronte ad un vincolo diretto, adottato all’epoca ai sensi degli artt. 1 e 3 della l. 1089/1939, e ad un decreto semplicemente dichiarativo: nelle premesse si legge chiaramente che esso è adottato “ritenuto che l’immobile… è da considerarsi assoggettato ipso iure… alle disposizioni di tutela… in quanto di proprietà di ente morale”, nella specie, come localmente notorio, di una parrocchia.

5. Ciò chiarito, è controverso in causa, e su ciò come detto si incentra il primo motivo, quale sia la portata effettiva del vincolo stesso, ovvero se esso gravi soltanto sugli edifici propriamente detti, così come sostiene la ricorrente, ovvero se esso interessi anche il fondo per cui è causa.

6. Ritiene il Collegio che tesi corretta sia quella della ricorrente. In proposito va premesso che un qualsiasi vincolo alla disponibilità, intesa in senso ampio, di un bene di proprietà privata -garantita in quanto tale dall’art. 42 Cost.- non può che essere di stretta interpretazione: in tal senso, da ultimo, C.d.S. sez. VI 12 luglio 2011 n°4198. Nel dubbio, quindi, si dovrà concludere per l’inesistenza, o la minore estensione, del vincolo.

7. Ciò posto, a favore della tesi estensiva della Soprintendenza possono deporre due argomenti, l’uno letterale, l’altro logico. Sul primo punto, la lettera del decreto prevede che il vincolo riguardi “l’immobile denominato Cascina San Martino ed annessi, segnato in catasto al foglio 18 NCTR particelle 45 e 301”, e quindi un’area comprensiva -si ripete, alla lettera- anche del fondo della ricorrente. Ciò si ricava dall’esame comparativo della planimetria catastale allegata al decreto di vincolo (doc. 3 ricorrente, cit.) e di quella presente nella tavola 1 del piano di lottizzazione (doc. 12 ricorrente, elaborati di esso).

8. In secondo luogo, è ben noto in termini storici che la cascina lombarda era un antico edificio rurale, costituito dalle abitazioni di più famiglie e da immobili annessi, come depositi, una chiesa, una o più torri e simili, sovente raggruppati a formare una corte chiusa, caratterizzato dal suo sorgere isolato in mezzo ai campi coltivati dalle famiglie residenti. Si potrebbe allora pensare che il decreto avesse inteso conservare tutto questo complesso in quanto ancora possibile, ovvero mantenendo libero l’unico campo rimasto tale nelle adiacenze della cascina.

9. Gli argomenti suddetti sono però tutti controvertibili. Sul secondo punto, va notato che la relazione storico artistica allegata al decreto (v. sempre doc. 3 ricorrente, cit.) menziona il fondo rustico solo per dire che l’immobile è un esempio di cascina rurale ad esso “strettamente correlata”; si diffonde poi a descrivere alcuni degli edifici annessi, una chiesa romanica e una “torre passerera”, idonea cioè ad ospitare il nido di vari uccelli, a scopo di allevamento, ma nulla dice di specifico sul fondo per cui è causa, che oltretutto, secondo logica, è solo un ricordo dei terreni un tempo circostanti la cascina, oggi occupati dall’abitato lonatese, e quindi non si può dire rappresenti l’aspetto originario dei luoghi.

10. Quanto alle indicazioni catastali, si deve poi ricordare che gli edifici della cascina, in quanto edifici rurali, non sono, come è noto, autonomamente distinti al catasto come “subalterni”, come accade per gli immobili urbani. Una volta individuato il terreno in cui sorgono, quindi, l’unico modo di individuare gli oggetti su cui il vincolo esattamente grava è descriverli, come fa la relazione storica, nei termini appena spiegati.

11. Vi è poi un aspetto ulteriore, che non risulta approfondito dalle parti in causa. Dal menzionato confronto fra la planimetria catastale del decreto di vincolo (doc. 3 ricorrente, cit.) e quella della tavola 1 (doc. 12 ricorrente, elaborati di esso), si nota che il fondo per cui è causa, originariamente parte fisica del mappale 301, è ora distinto in catasto in modo autonomo, come mappale 848, mentre il 301 non è più indicato come tale. Vi sono quindi due possibilità, che conducono entrambe a negare il vincolo.

12. In primo luogo, potrebbe darsi che la Tekos fosse già proprietaria del fondo per cui è causa, fisicamente individuato, all’epoca del decreto di vincolo, e abbia provveduto in seguito a farlo accatastare in modo distinto: in tal caso, il decreto stesso, dichiaratamente relativo a soli beni di proprietà di un “ente morale”e configurato come dichiarativo, non potrebbe certo riguardare beni di un privato, per cui è richiesto il decreto costitutivo, o al più un vincolo di tutela indiretta, che non consta.

13. Come seconda possibilità, la Tekos potrebbe avere ottenuto l’accatastamento autonomo all’atto di un proprio acquisto, successivo al decreto di vincolo. In tal caso, però, secondo logica, se il terreno fosse stato in effetti vincolato, l’acquisto del privato Tekos dall’ente morale originario proprietario avrebbe dovuto essere stato autorizzato ai sensi dell’art. 56 comma 1 lettera b) d. lgs. 42/2004, ma ciò non consta in causa, né la Soprintendenza interessata lo ha rilevato.

14. In conclusione, quindi, e applicando il criterio restrittivo di cui s’è detto, si deve negare che – allo stato, e ovviamente salvi futuri ed eventuali provvedimenti dell’amministrazione- il vincolo esista, e il provvedimento impugnato, che lo presuppone, va annullato. Va solo precisato che l’annullamento, come evidente, si riferisce al solo diniego, che è provvedimento propriamente detto, e non all’atto endoprocedimentale citato in epigrafe, che come tale è privo di autonoma attitudine lesiva

15. Le ragioni della decisione, fondata, come s’è visto, sull’interpretazione dei contenuti dell’atto di vincolo, suscettibile di vario giudizio, sono giusto motivo per compensare le spese.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia sezione staccata di Brescia (Sezione Prima) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie, e per l’effetto annulla il provvedimento 9 agosto 2013 prot. n°13267 del Soprintendente per i beni architettonici e paesaggistici per le Province di Brescia, Cremona e Mantova.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Brescia nella camera di consiglio del giorno 26 novembre 2014 con l’intervento dei magistrati:

Angelo De Zotti, Presidente
Mauro Pedron, Consigliere
Francesco Gambato Spisani, Consigliere, Estensore

L’ESTENSORE

IL PRESIDENTE
 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 10/12/2014
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
 

Iscriviti alla Newsletter GRATUITA

Ricevi gratuitamente la News Letter con le novità di AmbienteDiritto.it e QuotidianoLegale.

N.B.: se non ricevi la News Letter occorre una nuova iscrizione, il sistema elimina l'e-mail non attive o non funzionanti.

ISCRIVITI SUBITO


Iscirizione/cancellazione

Grazie, per esserti iscritto alla newsletter!