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Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Diritto urbanistico - edilizia, Rifiuti, VIA VAS AIA Numero: 1323 | Data di udienza: 13 Luglio 2016

* VIA, VAS E AIA – RIFIUTI  – DIRITTO URBANISTICO – Rinnovo dell’AIA – Effetto di variante urbanistica – Modifiche sostanziali degli impianti realizzate abusivamente – Sanatoria – Regola della doppia conformità – Superamento – Art. 29-quattuordecies comma 5 del Dlgs. 152/2006 – Autorizzazione in sanatoria.


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 1^
Regione: Lombardia
Città: Brescia
Data di pubblicazione: 12 Ottobre 2016
Numero: 1323
Data di udienza: 13 Luglio 2016
Presidente: Calderoni
Estensore: Pedron


Premassima

* VIA, VAS E AIA – RIFIUTI  – DIRITTO URBANISTICO – Rinnovo dell’AIA – Effetto di variante urbanistica – Modifiche sostanziali degli impianti realizzate abusivamente – Sanatoria – Regola della doppia conformità – Superamento – Art. 29-quattuordecies comma 5 del Dlgs. 152/2006 – Autorizzazione in sanatoria.



Massima

 

TAR LOMBARDIA, Brescia, Sez. 1^  – 12 ottobre 2016, n. 1323


VIA, VAS E AIA – RIFIUTI  – DIRITTO URBANISTICO – Rinnovo dell’AIA – Effetto di variante urbanistica – Modifiche sostanziali degli impianti realizzate abusivamente – Sanatoria – Regola della doppia conformità – Superamento – Art. 29-quattuordecies comma 5 del Dlgs. 152/2006 – Autorizzazione in sanatoria.

Il rinnovo dell’AIA può costituire il presupposto dell’effetto di variante urbanistica ai sensi dell’art. 208 comma 6 e dell’art. 213 del Dlgs. 152/2006. Queste norme, infatti,  estendono all’AIA l’effetto di variante collegato all’autorizzazione unica per i nuovi impianti di smaltimento e recupero rifiuti (nella specie, la ricorrente aveva inizialmente esercitato le attività di recupero e smaltimento in procedura semplificata, che avrebbe escluso l’effetto di variante ai sensi dell’art. 213, c. 1-b del d.lgs. n. 152/2006, tuttavia, l’AIA rilasciata dalla regione, e il successivo rinnovo, prendendo in  considerazione e disciplinando in dettaglio tutte le attività svolte – eliminazione e recupero di carcasse e residui animali, recupero di rifiuti organici, recupero inerti, trasporto rifiuti, produzione di biogas ed energia elettrica –  le aveva sostanzialmente ricondotte nella procedura ordinaria, con conseguente effetto di variante urbanistica).  Con riferimento a modifiche sostanziali degli impianti, sotto il profilo urbanistico, l’effetto di variante prodotta dall’AIA consente di superare la regola della doppia conformità prevista per il rilascio del permesso di costruire in sanatoria dall’art. 36 del DPR 6 giugno 2001 n. 380. La doppia conformità rappresenta un limite che impedisce un utilizzo strumentale della pianificazione, e specificamente l’introduzione di fattispecie di condono in via amministrativa, ma non può evidentemente svolgere questo ruolo quando è lo stesso legislatore che subordina la funzione pianificatoria alla sintesi di interessi pubblici e privati contenuta nell’AIA.  È vero che l’AIA deve precedere la modifica sostanziale degli impianti (v. art. 29-quattuordecies comma 5 del Dlgs. 152/2006), ma sul piano amministrativo, una volta accertato che non vi è stata lesione di interessi pubblici e che la modifica abusiva è necessaria per il migliore svolgimento dell’attività produttiva, non vi sono ostacoli a un’autorizzazione in sanatoria, fermo restando il potere dell’amministrazione di imporre interventi correttivi o di formulare prescrizioni di tipo gestionale.


Pres. Calderoni, Est. Pedron – M. s.n.c. (avv. Bezzi) c. Comune di Rodigo (avv. Gianolio)


Allegato


Titolo Completo

TAR LOMBARDIA, Brescia, Sez. 1^ - 12 ottobre 2016, n. 1323

SENTENZA

 

TAR LOMBARDIA, Brescia, Sez. 1^  – 12 ottobre 2016, n. 1323

Pubblicato il 12/10/2016

N. 01323/2016 REG.PROV.COLL.
N. 00465/2014 REG.RIC.
N. 00466/2014 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia

sezione staccata di Brescia (Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 465 del 2014, proposto da:
MANTOVAGRICOLTURA DI BURATO FERNANDO & C. SNC, rappresentata e difesa dall’avv. Domenico Bezzi, con domicilio eletto presso il medesimo legale in Brescia, via Diaz 13/C;

contro

COMUNE DI RODIGO, rappresentato e difeso dall’avv. Alberto Arrigo Gianolio, con domicilio eletto presso la segreteria del TAR in Brescia, via Zima 3;

sul ricorso numero di registro generale 466 del 2014, proposto da:
MANTOVAGRICOLTURA DI BURATTO FERNANDO & C. SNC, rappresentata e difesa dall’avv. Domenico Bezzi, con domicilio eletto presso il medesimo legale in Brescia, via Diaz 13/C;

contro

COMUNE DI RODIGO, rappresentato e difeso dall’avv. Alberto Arrigo Gianolio, con domicilio eletto presso la segreteria del TAR in Brescia, via Zima 3;

per l’annullamento

(a) quanto al ricorso n. 465 del 2014:

– del provvedimento del responsabile del Servizio Tecnico prot. n. 0692 del 10 febbraio 2014, con il quale è stato negato il permesso di costruire in sanatoria relativamente a due silos verticali collegati a un impianto per il trattamento di materiale inerte;

– dell’ordinanza del responsabile del Servizio Tecnico n. 4 del 12 febbraio 2014, con la quale è stata ordinata la demolizione dei due silos;

– della deliberazione consiliare n. 40 del 3 ottobre 2013, contenente l’approvazione definitiva del PGT;

(b) quanto al ricorso n. 466 del 2014:

– del provvedimento del responsabile del Servizio Tecnico prot. n. 0732 del 12 febbraio 2014, con il quale è stato negato il permesso di costruire relativo a un capannone destinato a ospitare, con effetto sanante sotto il profilo urbanistico, cinque silos verticali al servizio di un impianto per il trattamento di rifiuti di origine animale;

– dell’ordinanza del responsabile del Servizio Tecnico n. 5 del 14 febbraio 2014, con la quale è stata ingiunta la demolizione dei cinque silos;

– della deliberazione consiliare n. 40 del 3 ottobre 2013, contenente l’approvazione definitiva del PGT;

Visti i ricorsi e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Comune di Rodigo;
Viste le memorie difensive;
Visti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 13 luglio 2016 il dott. Mauro Pedron;

Uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Considerato quanto segue:


FATTO e DIRITTO

1. La società ricorrente Mantova Agricoltura di Burato Fernando & C. snc gestisce nel Comune di Rodigo, in via Malpensa, uno stabilimento dove viene svolta attività di recupero rifiuti.

2. In particolare, è insediata dal 1993 un’attività di recupero relativa a rifiuti di origine animale per la produzione di fertilizzanti e idrobios. Dal 2005, in un diverso ciclo produttivo, viene svolta anche attività di recupero inerti (vagliatura, frantumazione, miscelazione, omogeneizzazione), per la produzione di materiale destinato all’edilizia.

3. La Regione, con decreto dirigenziale n. 9004 del 6 agosto 2007, ha rilasciato l’AIA per le predette attività ai sensi dell’art. 5 del Dlgs. 18 febbraio 2005 n. 59. Successivamente, la Provincia di Mantova ha rinnovato l’AIA con provvedimento del responsabile del Settore Ambiente n. 21 del 30 gennaio 2013. Con il medesimo atto e con provvedimenti successivi la Provincia ha inoltre autorizzato modifiche non sostanziali degli impianti.

4. L’area dove si trovano gli impianti era classificata come produttiva nel PRG del 1993 e nelle successive varianti, ed è stata riclassificata come agricola nel PGT approvato con deliberazione consiliare n. 40 del 3 ottobre 2013. Il PGT fa comunque salva la destinazione produttiva già insediata all’interno del perimetro individuato nella scheda M delle NTA. Nell’area aziendale storica sono però consentiti solo interventi di manutenzione e ristrutturazione. Per quanto riguarda le modalità di intervento, la predetta scheda rinvia ad accordi con l’amministrazione.

5. Nel 2012 la ricorrente ha installato abusivamente, al di fuori del perimetro storico dell’azienda, due silos verticali, destinati allo stoccaggio di calce e cemento, e funzionali all’attività di recupero inerti. La pertinenzialità di tali opere rispetto all’impianto è stata riconosciuta dalla Provincia con il citato provvedimento del 30 gennaio 2013. In particolare, il punto B.4.3.2 dell’allegato tecnico descrive il nuovo miscelatore mobile per materie prime, con le relative tramogge. Al miscelatore sono collegati i silos in questione, i quali forniscono, tramite due coclee, la calce e il cemento da aggiungere alle materie prime per ottenere il prodotto richiesto (conglomerato cementizio, terre stabilizzate, conglomerati bituminosi a freddo, misti cementati, calcestruzzo non strutturale o magrone).

6. Il Comune, con provvedimento del responsabile del Servizio Tecnico del 10 febbraio 2014, ha negato alla ricorrente il permesso di costruire in sanatoria, in quanto (i) non è rispettata la distanza minima di 20 metri da una strada di tipo F; (ii) manca la conformità urbanistica sia rispetto al PRG del 1993 sia rispetto al PGT del 2013, essendo il terreno in questione (mappale n. 63) classificato in zona agricola. Con ordinanza n. 4 del 12 febbraio 2014 (rettificata il 21 febbraio 2014 quanto all’identificazione del mappale) il medesimo dirigente ha poi ingiunto la rimessione in pristino.

7. Contro i suddetti provvedimenti, e contro la disciplina del PGT per l’area in questione, la ricorrente ha presentato impugnazione con atto notificato il 14 aprile 2014 e depositato il 5 maggio 2014 (ricorso n. 465/2014). Le censure possono essere sintetizzate come segue: (i) violazione degli art. 208 e 213 del Dlgs. 3 aprile 2006 n. 152, in quanto l’AIA comporterebbe variante allo strumento urbanistico; (ii) difetto di motivazione per quanto riguarda la qualificazione dell’abuso edilizio; (iii) conflitto tra PGT e AIA, nella parte in cui il primo qualifica ancora l’area occupata dai silos abusivi come agricola.

8. Il Comune si è costituito in giudizio, chiedendo la reiezione del ricorso.

9. Sempre nel 2012, la ricorrente ha installato abusivamente anche cinque silos funzionali all’attività di recupero dei rifiuti di origine animale. Si tratta di cinque autoclavi a forma di silos verticali che si aggiungono alle due autoclavi già presenti nell’impianto. Lo schema di funzionamento prevede che gli scarti di macellazione e i rifiuti organici vengano trasferiti al trituratore, e poi a una vasca di accumulo, da dove passano nelle due autoclavi esistenti per la sterilizzazione mediante calore e alte pressioni. Alla fine del trattamento, i gas prodotti dalle autoclavi sono convogliati in una torre di condensazione, per essere successivamente trattati in altre torri e poi fatti transitare per i biofiltri. Con l’aggiunta delle cinque autoclavi abusive viene creata una batteria di serbatoi in serie, con la conseguenza che i gas di ciascuna autoclave, anziché essere inviati al trattamento, sono convogliati nelle autoclavi successive, provocando un effetto di preriscaldamento che consente un recupero energetico.

10. Questa innovazione dell’impianto non è espressamente autorizzata dall’AIA di cui al provvedimento della Provincia del 30 gennaio 2013. La ricorrente ritiene però che si possa individuare un’autorizzazione implicita nel punto D.1 dell’allegato tecnico, che impone la sostituzione dei combustibili liquidi con il gas ai fini dell’alimentazione degli impianti di generazione del calore. Nello specifico, con il recupero dei gas delle autoclavi risulta possibile ridurre in modo significativo il GPL utilizzato per riscaldare i rifiuti triturati. Vi sono inoltre minori emissioni in atmosfera e un impatto olfattivo ridotto.

11. Sotto il profilo urbanistico, le cinque autoclavi abusive e la struttura di contenimento delle stesse ricadono all’interno del perimetro della zona produttiva storicamente insediata (v. doc. 5 del Comune, nel ricorso n. 466/2014).

12. Il Comune, con provvedimento del responsabile del Servizio Tecnico del 12 febbraio 2014, ha negato il permesso di costruire in sanatoria, in quanto non sono rispettate le distanze minime dagli altri fabbricati dello stabilimento. Con ordinanza n. 5 del 14 febbraio 2014 il medesimo dirigente ha ingiunto la rimessione in pristino.

13. Contro i suddetti provvedimenti, e nuovamente contro la disciplina del PGT per l’area in questione, la ricorrente ha presentato impugnazione con atto notificato il 14 aprile 2014 e depositato il 5 maggio 2014 (ricorso n. 466/2014). Le censure possono essere sintetizzate come segue: (i) travisamento, in quanto la nuova struttura non fronteggia pareti finestrate e si colloca tra due porzioni del medesimo stabilimento, appartenenti al medesimo proprietario; (ii) difetto di motivazione, in quanto il posizionamento delle autoclavi costituirebbe applicazione di una precisa indicazione dell’AIA a proposito del controllo delle emissioni gassose; (iii) irragionevolezza della scelta del PGT di non consentire l’espansione dell’attività produttiva.

14. Anche in questo caso il Comune si è costituito in giudizio, chiedendo la reiezione del ricorso.

15. In data 20 maggio 2014 la ricorrente ha chiesto alla Provincia la modifica sostanziale dell’AIA per l’ampliamento dell’impianto di recupero dei rifiuti di origine animale per la produzione di fertilizzanti. La domanda è stata comunicata al Comune in data 3 luglio 2014. Il progetto, comprendente le cinque autoclavi in questione e il capannone che le contiene, è stato poi rielaborato e sottoposto alla procedura di VIA. La Provincia, con decreto dirigenziale del n. 987 del 30 maggio 2016, ha dichiarato la compatibilità ambientale, formulando alcune prescrizioni.

16. Non risulta ancora conclusa, invece, la procedura di modifica sostanziale dell’AIA.

17. La coincidenza dei soggetti processuali, il carattere unitario dello stabilimento, e la connessione di alcune delle questioni proposte giustificano la riunione dei ricorsi, per una trattazione congiunta.

18. Sulle questioni rilevanti ai fini della decisione si possono svolgere le seguenti considerazioni, riprendendo e integrando quanto anticipato in sede cautelare (v. ordinanze n. 529 e 530 del 21 luglio 2014).

Sull’effetto di variante urbanistica

19. I due silos abusivi dell’impianto di recupero inerti si collocano al di fuori del perimetro aziendale storico, tutelato dalla scheda M delle NTA, e dunque sono privi di conformità urbanistica.

20. Tuttavia, si tratta di elementi del processo produttivo che sono stati espressamente considerati dal provvedimento di data 30 gennaio 2013, con il quale la Provincia ha rinnovato l’AIA rilasciata dalla Regione il 6 agosto 2007. Benché il provvedimento provinciale non qualifichi l’inserimento nel processo produttivo di questi silos come modifica sostanziale, si è ormai consolidato un pronunciamento che può costituire il presupposto dell’effetto di variante urbanistica ai sensi dell’art. 208 comma 6 e dell’art. 213 del Dlgs. 152/2006.

21. Queste norme estendono all’AIA l’effetto di variante collegato all’autorizzazione unica per i nuovi impianti di smaltimento e recupero rifiuti. È vero che l’art. 213 comma 1-b del Dlgs. 152/2006 esclude l’equiparazione, e dunque anche l’effetto di variante, per le attività di smaltimento e recupero svolte in procedura semplificata, e in effetti la ricorrente, come documentato dal Comune, ha inizialmente esercitato queste attività con procedura semplificata ex art. 33 commi 1 e 5 del Dlgs. 5 febbraio 1997 n. 22 (v. comunicazioni del 29 novembre 1999 e del 12 novembre 2004).

22. L’AIA rilasciata dalla Regione ha però cambiato la condizione giuridica delle attività gestite dalla ricorrente, riconducendole nella procedura ordinaria. Più precisamente, l’AIA era necessaria solo per una delle attività svolte, ossia per l’eliminazione o il recupero di carcasse e di residui animali con capacità di trattamento di oltre 10 tonnellate al giorno (v. punto 6.5 dell’allegato 1 al Dlgs. 59/2005), ma la Regione ha preso in considerazione e regolato in dettaglio anche le restanti attività (recupero rifiuti organici, recupero inerti, trasporto rifiuti, trasporto scarti di origine animale, produzione di biogas e di energia elettrica per 0,955 MWh). In altri termini, tutte le conseguenze impattanti per l’ambiente state ricondotte all’interno dell’AIA, rendendo superflua l’autorizzazione unica. La medesima impostazione è stata seguita nel provvedimento di rinnovo della Provincia.

23. Si può quindi ritenere che al momento del rinnovo dell’AIA da parte della Provincia vi sia stato un effetto di variante urbanistica, attraverso il quale il perimetro dell’area produttiva è stato esteso fino a ricomprendere i due silos al servizio del nuovo miscelatore mobile.

24. Di conseguenza, è ora possibile la sanatoria dei predetti silos. In proposito, si osserva che la variante urbanistica prodotta dall’AIA consente di superare la regola della doppia conformità prevista per il rilascio del permesso di costruire in sanatoria dall’art. 36 del DPR 6 giugno 2001 n. 380. La doppia conformità rappresenta un limite che impedisce un utilizzo strumentale della pianificazione, e specificamente l’introduzione di fattispecie di condono in via amministrativa, ma non può evidentemente svolgere questo ruolo quando è lo stesso legislatore che subordina la funzione pianificatoria alla sintesi di interessi pubblici e privati contenuta nell’AIA.

25. È vero che l’AIA deve precedere la modifica sostanziale degli impianti (v. art. 29-quattuordecies comma 5 del Dlgs. 152/2006), ma sul piano amministrativo, una volta accertato che non vi è stata lesione di interessi pubblici e che la modifica abusiva è necessaria per il migliore svolgimento dell’attività produttiva, non vi sono ostacoli a un’autorizzazione in sanatoria, fermo restando il potere dell’amministrazione di imporre interventi correttivi o di formulare prescrizioni di tipo gestionale.

26. L’effetto di variante collegato al rinnovo dell’AIA da parte della Provincia consente pertanto alla ricorrente di chiedere al Comune il rilascio di un permesso di costruire in sanatoria, previo versamento della relativa oblazione. Per il calcolo si tiene conto dell’intera struttura abusiva, e quindi anche del nuovo miscelatore mobile, in quanto l’infrastruttura costituisce nel suo complesso una trasformazione permanente (anche se non irreversibile) del suolo inedificato.

27. La variante urbanistica prodotta dal rinnovo dell’AIA consente anche di superare il problema della fascia di rispetto stradale, nel senso che la deroga alla distanza minima risulta giustificata dalle stesse valutazioni che hanno condotto all’approvazione della modifica dell’impianto.

Sulla procedura di AIA in itinere

28. L’altro abuso edilizio, quello relativo alle cinque autoclavi utilizzate nel processo di sterilizzazione dei rifiuti triturati, non risulta giustificato dall’AIA della Provincia, la quale (riprendendo una prescrizione identica contenuta nell’AIA della Regione) prescrive semplicemente l’utilizzo preferenziale del gas in luogo dei combustibili liquidi. Non sembra possibile dedurre da questa prescrizione un’autorizzazione in bianco per qualsiasi modifica dell’impianto che possa conseguire un migliore controllo delle emissioni gassose.

29. L’apposita domanda di integrazione dell’AIA formulata dalla ricorrente appare dunque necessaria. La procedura non si è però ancora conclusa, anche se è stato superato l’ostacolo preliminare della VIA.

30. L’approvazione della suddetta modifica sostanziale attraverso un nuovo provvedimento di AIA costituisce uno dei presupposti della sanatoria del secondo abuso edilizio, non essendo possibile conservare un impianto ritenuto non sufficientemente affidabile sotto il profilo ambientale. Per questa parte, quindi, la decisione del Comune su una nuova istanza di permesso di costruire in sanatoria rimane sospesa in attesa della conclusione della procedura di AIA.

Sulla disciplina del PGT

31. L’altro presupposto della sanatoria del secondo abuso edilizio dipende invece dall’esito dell’impugnazione del PGT. L’eventuale AIA favorevole alla ricorrente, infatti, potrebbe produrre un effetto di variante urbanistica, come si è visto sopra, ma in questo caso sarebbe un effetto inutile, in quanto le autoclavi si trovano già all’interno del perimetro aziendale storico, e dunque sussiste la conformità urbanistica. Per la sanatoria delle opere abusive è invece necessario rimuovere la disciplina restrittiva del PGT, che non consente ampliamenti e ammette solo interventi di manutenzione e di ristrutturazione.

32. Su questo punto la tesi della ricorrente appare condivisibile. L’insediamento delle attività di recupero rifiuti nel sito attuale trova protezione nella disciplina urbanistica in vigore anteriormente al PGT. A fronte di questa situazione occorre applicare la regola generale per cui gli strumenti urbanistici sopravvenuti non possono avere effetti espulsivi, né diretti (blocco dell’attività) né indiretti (limitazioni alla normale evoluzione dell’organizzazione produttiva).

33. Appare quindi irragionevole la scelta del Comune di non consentire alcuna evoluzione dello stabilimento della ricorrente, a maggior ragione se si considera che la compatibilità dell’attività produttiva con il contesto ambientale e antropizzato è assicurata dall’AIA sulla base di una valutazione in concreto. La pianificazione può certamente imporre dei limiti all’espansione delle zone produttive per tutelare le aree agricole pregiate, ma deve anche lasciare un margine di ampliamento alle realtà produttive storicamente insediate. Quando poi si tratti di ampliamenti interni alla zona produttiva individuata dagli stessi strumenti urbanistici, il divieto di nuova edificazione, impedendo una razionale utilizzazione degli spazi aziendali, appare sprovvisto di qualsiasi giustificazione.

34. Nello specifico, infine, non possono essere utilizzate quali impedimenti alla sanatoria le norme sulle distanze tra edifici, trattandosi di una struttura che non fronteggia pareti finestrate, e posta all’interno di uno stabilimento appartenente a una sola proprietà.

Conclusioni

35. Il ricorso deve quindi essere parzialmente accolto, con l’annullamento degli atti impugnati, per i profili sopra evidenziati, e il contestuale accertamento delle condizioni a cui è subordinata la sanatoria degli abusi edilizi. Rimane fermo il potere del Comune di approvare una nuova disciplina urbanistica in sostituzione di quella contenuta nella scheda M delle NTA, senza però comprimere i diritti edificatori della ricorrente in contrasto con le indicazioni della presente sentenza.

36. Il carattere parziale dell’accoglimento consente la compensazione delle spese di giudizio in entrambi i ricorsi.

37. Il contributo unificato di entrambi i ricorsi è a carico dell’amministrazione ai sensi dell’art. 13 comma 6-bis.1 del DPR 30 maggio 2002 n. 115.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia sezione staccata di Brescia (Sezione Prima)

definitivamente pronunciando:

(a) riunisce i ricorsi;

(b) accoglie parzialmente i ricorsi riuniti, come precisato in motivazione;

(c) compensa integralmente le spese di giudizio in entrambi i ricorsi;

(d) pone, per entrambi i ricorsi, il contributo unificato a carico del Comune.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Brescia nella camera di consiglio del giorno 13 luglio 2016 con l’intervento dei magistrati:

Giorgio Calderoni, Presidente
Mauro Pedron, Consigliere, Estensore
Alessio Falferi, Primo Referendario

L’ESTENSORE
Mauro Pedron

 

IL PRESIDENTE
 Giorgio Calderoni

IL SEGRETARIO
 

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