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Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Diritto venatorio e della pesca Numero: 1393 | Data di udienza: 19 Aprile 2012

* DIRITTO VENATORIO – Pratica in deroga ex art. 9 Dir. 2009/147/CE – Parametri – Praticabilità di altre soluzioni soddisfacenti – Cattura di richiami vivi – Soluzione alternativa – Utilizzo di richiami provenienti da allevamenti – Allevamento finalizzato alla produzione di richiami – Garanzia di integrità e benessere – Art. 8 e all. IV Dir. 2009/147/CE – Censimento dei richiami vivi posseduti dai cacciatori – Scopo – Esaustività – Coinvolgimento di tutti i cacciatori – Art. 8 Dir. 2009/147/CE – Caccia condotta con metodi di cattura o di uccisione non selettivi – Reti – Metodo non selettivo – Utilizzo delle reti per la cattura di richiami vivi – Possibilità – Ragioni – Deliberazione della Provincia di Brescia n. 384/2011 – Illegittimità.


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 2^
Regione: Lombardia
Città: Brescia
Data di pubblicazione: 17 Luglio 2012
Numero: 1393
Data di udienza: 19 Aprile 2012
Presidente: Calderoni
Estensore: Pedron


Premassima

* DIRITTO VENATORIO – Pratica in deroga ex art. 9 Dir. 2009/147/CE – Parametri – Praticabilità di altre soluzioni soddisfacenti – Cattura di richiami vivi – Soluzione alternativa – Utilizzo di richiami provenienti da allevamenti – Allevamento finalizzato alla produzione di richiami – Garanzia di integrità e benessere – Art. 8 e all. IV Dir. 2009/147/CE – Censimento dei richiami vivi posseduti dai cacciatori – Scopo – Esaustività – Coinvolgimento di tutti i cacciatori – Art. 8 Dir. 2009/147/CE – Caccia condotta con metodi di cattura o di uccisione non selettivi – Reti – Metodo non selettivo – Utilizzo delle reti per la cattura di richiami vivi – Possibilità – Ragioni – Deliberazione della Provincia di Brescia n. 384/2011 – Illegittimità.



Massima

 

TAR LOMBARDIA, Brescia, Sez. 2^ – 17 luglio 2012, n. 1393


DIRITTO VENATORIO – Pratica in deroga ex art. 9 Dir. 2009/147/CE – Parametri – Praticabilità di altre soluzioni soddisfacenti – Cattura di richiami vivi – Soluzione alternativa – Utilizzo di richiami provenienti da allevamenti.

 Tra i parametri previsti dalla Dir. 2009/147/CE, quello che impone di valutare preventivamente la praticabilità di altre soluzioni soddisfacenti – di cui all’art. 9, par. 1 –  ha una particolare capacità espansiva, in quanto si collega all’evoluzione nel tempo delle tecniche disponibili. Attualmente una soluzione alternativa concretamente applicabile consiste nell’utilizzo di richiami provenienti da allevamenti. La cattura di volatili che vivono naturalmente allo stato selvatico è quindi legittima solo in via transitoria, finché l’iniziativa economica degli allevatori non riuscirà a soddisfare le esigenze dei cacciatori. L’attesa che l’offerta pareggi la domanda non può comunque protrarsi indefinitamente: la giurisprudenza comunitaria ha chiarito che la cattura di richiami vivi non può essere giustificata dall’inefficienza degli allevamenti e neppure deve operare come un freno o un disincentivo all’allevamento su larga scala (v. C.Giust. Sez. III 12 dicembre 1996 C-10/96, Ligue royale belge pour la protection des oiseaux, punti 21-22).


Pres. Calderoni, Est. Pedron  – L.a.c. Onlus (avv. Linzola) c. Provincia di Brescia (avv.ti Poli, Donati e Rizzardi)

DIRITTO VENATORIO – Allevamento finalizzato alla produzione di richiami – Garanzia di integrità e benessere – Art. 8 e all. IV Dir. 2009/147/CE.

Attualmente non vi sono disposizioni che vietino l’allevamento finalizzato alla produzione di richiami. L’art. 8 e l’allegato IV della Dir. 2009/147/CE vietano l’utilizzazione di uccelli vivi accecati o mutilati impiegati come richiamo, implicitamente riconoscendo la possibilità di effettuare l’attività venatoria con richiami vivi dei quali siano garantiti l’integrità e il benessere. Le medesime regole valgono evidentemente nel caso dei richiami da allevamento.


Pres. Calderoni, Est. Pedron  – L.a.c. Onlus (avv. Linzola) c. Provincia di Brescia (avv.ti Poli, Donati e Rizzardi)

 


DIRITTO VENATORIO – Censimento dei richiami vivi posseduti dai cacciatori – Scopo – Esaustività – Coinvolgimento di tutti i cacciatori.

Il censimento dei richiami vivi (da cattura o da allevamento) posseduti dai cacciatori non è finalizzato a individuare il numero di capi catturabili che soddisfi l’intero fabbisogno (tantomeno il fabbisogno ipotetico). Lo scopo del censimento è piuttosto quello di fornire un quadro completo della situazione per decidere poi una maggiore o minore percentuale di riduzione dei capi catturabili.  Anche in questi limiti il censimento deve essere comunque esaustivo e coinvolgere tutti i cacciatori interessati.


Pres. Calderoni, Est. Pedron  – L.a.c. Onlus (avv. Linzola) c. Provincia di Brescia (avv.ti Poli, Donati e Rizzardi)

 


DIRITTO VENATORIO – Art. 8 Dir. 2009/147/CE – Caccia condotta con metodi di cattura o di uccisione non selettivi – Reti – Metodo non selettivo – Utilizzo delle reti per la cattura di richiami vivi – Possibilità – Ragioni.

L’art. 8 par. 1 della Dir. 2009/147/CE vieta la caccia condotta con metodi di cattura o di uccisione in massa o non selettivi, tra cui quelli elencati all’allegato IV. Quest’ultima norma fa riferimento anche alle reti, qualificando implicitamente tale metodo come non selettivo. L’art. 9 par. 1-c della medesima direttiva consente di derogare alle disposizioni dell’art. 8 per piccole quantità di uccelli selvatici ma richiede che la cattura avvenga “in condizioni rigidamente controllate e in modo selettivo”. Il coordinamento tra l’art. 8 e l’art. 9 della direttiva pone il problema se le reti, considerate un metodo non selettivo ai fini della caccia, possano essere qualificate come un modo di cattura selettivo quando gli uccelli selvatici siano prelevati per impieghi particolari (cfr., in proposito,  C.Giust. Sez II 9 dicembre 2004 C-79/03, la quale afferma il principio secondo cui  un metodo non selettivo deve essere giudicato per le sue caratteristiche intrinseche e non per l’uso che ne viene fatto). L’utilizzo di reti per la cattura di richiami vivi presenta dei caratteri che consentono, da un lato, di ritenere esclusi  rischi indicati nell’art. 8 par. 1 della Dir. 2009/147/CE (uccisione in massa di uccelli selvatici o estinzione di una specie a livello locale) e, dall’altro, di raggiungere il requisito imposto dall’art. 9 par. 1-c della Dir. 2009/147/CE (cattura in condizioni rigidamente controllate). Ciò perchè (a) le pratiche autorizzate dalla Provincia non costituiscono atti di caccia ma operazioni di cattura di richiami vivi; (b) l’interesse di chi gestisce gli impianti di cattura è la sopravvivenza degli uccelli catturati, il che rappresenta una garanzia anche per gli esemplari che devono essere liberati in quanto appartenenti a specie non catturabili; (c) il numero di capi di cui è ammessa la cattura è destinato a ridursi progressivamente, a conferma che queste pratiche hanno carattere eccezionale, ossia costituiscono deroghe in senso proprio; (d) gli impianti di cattura sono esattamente individuati sul territorio e dunque sono facilmente controllabili dalle autorità competenti (v. art. 3 della LR 3/2007); (e) la gestione degli impianti di cattura è sottoposta al controllo dell’ISPRA ed è regolata da puntuali norme tecniche (v. allegato D della LR 26/1993).  Con queste garanzie risulta ridimensionato, e può essere tollerato, il carattere intrinsecamente non selettivo delle reti.  Naturalmente l’amministrazione ha l’obbligo di ridurre quanto più possibile i rischi per gli esemplari catturati esigendo l’applicazione delle norme tecniche più recenti su cui si sia formato il consenso della comunità scientifica.

Pres. Calderoni, Est. Pedron  – L.a.c. Onlus (avv. Linzola) c. Provincia di Brescia (avv.ti Poli, Donati e Rizzardi)

DIRITTO VENATORIO – Deliberazione della Provincia di Brescia n. 384/2011 – Illegittimità – Fondamento.

La deliberazione n. 384/2011 della Provincia di Brescia rispetta sia il requisito della mancanza di altre soluzioni soddisfacenti sia quello di selettività, ma non supera la valutazione di legittimità sotto altri due profili.  In primo luogo la Provincia non ha operato alcuna riduzione del numero dei capi catturabili rispetto al quantitativo massimo stabilito dalla LR 16/2011, il quale a sua volta è di poco inferiore al numero di catture consentito per la precedente stagione venatoria in base alla LR 16/2010. Si assiste quindi a una sostanziale stabilizzazione del fenomeno della cattura dei richiami vivi, che si pone in contrasto con la prospettiva del progressivo abbandono di questa pratica.

Pres. Calderoni, Est. Pedron  – L.a.c. Onlus (avv. Linzola) c. Provincia di Brescia (avv.ti Poli, Donati e Rizzardi)


Allegato


Titolo Completo

TAR LOMBARDIA, Brescia, Sez. 2^ – 17 luglio 2012, n. 1393

SENTENZA

 

TAR LOMBARDIA, Brescia, Sez. 2^ – 17 luglio 2012, n. 1393

N. 01393/2012 REG.PROV.COLL.
N. 01336/2011 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia

sezione staccata di Brescia (Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1336 del 2011, integrato da motivi aggiunti, proposto da:
ASSOCIAZIONE LEGA PER L’ABOLIZIONE DELLA CACCIA (LAC) ONLUS, rappresentata e difesa dall’avv. Claudio Linzola, con domicilio eletto presso la segreteria del TAR in Brescia, via Zima 3;

contro

PROVINCIA DI BRESCIA, rappresentata e difesa dagli avv. Magda Poli, Gisella Donati e, Raffaella Rizzardi, con domicilio eletto presso i medesimi legali in Brescia, corso Zanardelli 38;

nei confronti di

ANUU CACCIATORI MIGRATORISTI ITALIANI – SEZIONE DI BRESCIA, rappresentata e difesa dagli avv. Innocenzo Gorlani e Mario Gorlani, con domicilio eletto presso i medesimi legali in Brescia, via Romanino 16;

per l’annullamento

(a) nel ricorso introduttivo:

– della deliberazione della giunta provinciale n. 384 del 30 settembre 2011, con la quale è stata autorizzata l’apertura degli impianti per la cattura di richiami vivi secondo le disposizioni e i quantitativi di cui alla LR 26 settembre 2011 n. 16;

(b) nei motivi aggiunti:

– della determinazione dirigenziale n. 1331 del 30 settembre 2011, con la quale la Provincia ha in concreto autorizzato l’attivazione di 18 impianti;

– della deliberazione della giunta provinciale n. 457 del 22 novembre 2011, con la quale, dopo la pronuncia cautelare del TAR, è stata decisa la riattivazione fino al 31 dicembre 2011 di tutti i 18 impianti già autorizzati in precedenza, al fine di consentire la cattura di 2.000 esemplari di cesena;

Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio della Provincia di Brescia e di Anuu Cacciatori Migratoristi Italiani – Sezione di Brescia;
Viste le memorie difensive;
Visti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 19 aprile 2012 il dott. Mauro Pedron;

Uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Considerato quanto segue:

FATTO e DIRITTO

1. La Provincia di Brescia con deliberazione della giunta provinciale n. 384 del 30 settembre 2011 ha autorizzato l’apertura degli impianti per la cattura di richiami vivi (detti anche “presicci”) da distribuire gratuitamente ai cacciatori. L’autorizzazione è stata decisa secondo le disposizioni e i quantitativi di cui alla LR 26 settembre 2011 n. 16 (Approvazione del piano di cattura dei richiami vivi per la stagione venatoria 2011/2012). La suddetta legge regionale è stata poi abrogata dalla LR 28 dicembre 2011 n. 24. L’abrogazione è peraltro irrilevante ai fini del presente giudizio, in quanto sopravvenuta quando i provvedimenti attuativi provinciali oggetto di impugnazione avevano ormai prodotto i loro effetti.

2. Relativamente alla Provincia di Brescia la LR 16/2011 consente l’apertura di 25 impianti di cattura e stabilisce un numero di capi catturabili pari a 19.612, così suddivisi tra le varie specie: allodola (783), cesena (4.305), merlo (1.498), tordo bottaccio (9.804), tordo sassello (3.222). Con la deliberazione n. 384/2011 la Provincia ha autorizzato la cattura dell’intero quantitativo stabilito dalla legge regionale.

3. Peraltro con determinazione dirigenziale n. 1331 del 30 settembre 2011 la Provincia ha poi consentito l’attivazione soltanto di 18 dei 25 impianti teoricamente autorizzabili (17 a reti verticali e uno a reti orizzontali).

4. Contro la deliberazione n. 384/2011 la Lega per l’Abolizione della Caccia (LAC) ha presentato impugnazione con atto notificato il 25 ottobre 2011 e depositato il 26 ottobre 2011. Le censure possono essere sintetizzate come segue: (i) difetto di motivazione e di istruttoria, in quanto la Provincia non avrebbe correttamente valutato le esigenze di richiami vivi dichiarate dai cacciatori; (ii) violazione dell’art. 9 par. 1 della Dir. 30 novembre 2009 n. 2009/147/CE (Direttiva concernente la conservazione degli uccelli selvatici), che autorizza la cattura solo in presenza di determinati presupposti; (iii) violazione dell’art. 19-bis comma 3 della legge 11 febbraio 1992 n. 157 (Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma), in quanto non è stato acquisito il parere dell’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA); (iv) illegittimità costituzionale della LR 16/2011 e della LR 5 febbraio 2007 n. 3 (Legge quadro sulla cattura di richiami vivi) per abuso dello strumento legislativo, mancanza del parere dell’ISPRA, e violazione della disciplina comunitaria.

5. La Provincia e l’Associazione Migratoristi Italiani (ANUU) Sezione di Brescia si sono costituite in giudizio chiedendo la reiezione del ricorso.

6. Questo TAR con ordinanza cautelare n. 861 del 17 novembre 2011 ha sospeso il provvedimento impugnato individuando i seguenti punti problematici: (a) la scelta di mantenere costante nel tempo il numero delle catture senza perseguire la transizione verso forme alternative di approvvigionamento dei richiami, pur essendovi ormai un mercato di richiami da allevamento; (b) l’inaffidabilità del censimento dei richiami vivi posseduti dai cacciatori.

7. In seguito la Provincia con deliberazione giuntale n. 457 del 22 novembre 2011 ha disposto la riapertura fino al 31 dicembre 2011 di tutti i 18 impianti già autorizzati in precedenza, unicamente al fine di consentire la cattura di 2.000 esemplari di cesena.

8. Contro la deliberazione n. 457/2011 e contro la determinazione dirigenziale n. 1331/2011 la LAC ha proposto motivi aggiunti con atto notificato il 23 novembre 2011 e depositato il 25 novembre 2011. Le censure riprendono quelle del ricorso introduttivo ed evidenziano inoltre, da un lato, la violazione dell’ordinanza cautelare del TAR e, dall’altro, la sproporzione tra l’elevato numero di impianti riaperti e l’esiguo numero di esemplari da catturare, circostanza che dovrebbe far dubitare delle reali finalità del provvedimento.

9. Questo TAR con ordinanza cautelare n. 932 del 16 dicembre 2011 ha sospeso parzialmente la deliberazione n. 457/2011 stabilendo le seguenti limitazioni: (i) rimane ferma la decisione di autorizzare la cattura di 2.000 esemplari di cesena; (ii) l’attività di cattura non può proseguire oltre il 31 dicembre 2011; (iii) non possono essere attivati più di 5 impianti di cattura; (iv) l’attività di cattura è consentita solo se associata a forme di controllo continuative e non occasionali da parte dei soggetti competenti a vigilare sull’attività venatoria; (v) la distribuzione degli esemplari catturati può riguardare solo i cacciatori che abbiano risposto al censimento sui richiami vivi posseduti.

10. Così sintetizzato il quadro fattuale, sulle questioni proposte nel ricorso si possono formulare le seguenti considerazioni.

(a) Relativamente alla questione di legittimità costituzionale della legge regionale.

11. La cattura di richiami vivi ricade tra le pratiche in deroga disciplinate dall’art. 9 par. 1 della Dir. 2009/147/CE (e in termini analoghi dall’art. 9 par. 1 della previgente Dir. 2 aprile 1979 n. 79/409/CEE). In particolare qui interessa la deroga rispetto al precedente art. 8 par. 1 (di entrambe le direttive), che vieta la cattura o l’uccisione di uccelli con “qualsiasi mezzo, impianto o metodo di cattura o di uccisione in massa o non selettiva o che possa portare localmente all’estinzione di una specie”. Si osserva che la stessa giurisprudenza comunitaria fa rientrare nella suddetta deroga la cattura di uccelli selvatici anche fuori dai periodi di apertura della caccia a scopo di detenzione per l’utilizzazione come richiami vivi (v. C.Giust. Sez VI 16 ottobre 2003 C-182/02, Ligue pour la protection des oiseaux, punto 11).

12. La deroga è sottoposta a numerose limitazioni, perché la cattura deve comunque avvenire “in condizioni rigidamente controllate e in modo selettivo”, limitatamente a “piccole quantità”, e “sempre che non vi siano altre soluzioni soddisfacenti”. Il fatto che i volatili catturati appartengano a specie cacciabili, come nel caso in esame, non cancella queste garanzie minime, che sono poste a tutela della conservazione “di tutte le specie di uccelli viventi naturalmente allo stato selvatico” (v. art. 1 par. 1 della Dir. 2009/147/CE; art. 1 par. 1 della Dir. 79/409/CEE).

13. Anche la Corte Costituzionale (v. sentenza 15 giugno 2011 n. 190) utilizza le limitazioni stabilite dall’art. 9 par. 1 e 2 della Dir. 2009/147/CE come parametri comunitari per stabilire la legittimità della disciplina legislativa in materia di richiami vivi (in quel caso particolare con riferimento alla LR 21 settembre 2010 n. 16, relativa al piano di cattura dei richiami vivi in Lombardia per la stagione venatoria 2010/2011).

14. Come evidenziato nel ricorso, l’illegittimità costituzionale della normativa regionale può derivare anche dal contrasto con principi dell’ordinamento interno, e in particolare dalla violazione delle norme interposte contenute nella legislazione nazionale, che garantiscono un livello minimo e uniforme di tutela della fauna ex art. 117 comma 2-s Cost. su tutto il territorio nazionale. Nello specifico il fatto che la Regione Lombardia abbia disciplinato con un provvedimento di rango legislativo il piano di cattura dei richiami vivi per la stagione venatoria 2011/2012 impedisce al Presidente del Consiglio dei Ministri di annullare in via amministrativa ai sensi dell’art. 19-bis comma 4 della legge n. 157/1992 i provvedimenti regionali in materia di prelievo venatorio ritenuti viziati, indebolendo così la tutela nazionale e mettendo a rischio gli obiettivi comunitari.

15. Peraltro i sospetti di incostituzionalità della LR 16/2011 (e della LR 3/2007 che ne costituisce il presupposto) per il mancato rispetto delle competenze legislative interne e per l’alterazione del riparto di attribuzioni non devono distrarre il presente giudizio dal suo oggetto primario, che consiste nella valutazione della compatibilità sostanziale tra la disciplina amministrativa provinciale e la normativa comunitaria.

16. All’interno di questa valutazione potrebbe essere necessario accertare la difformità della normativa regionale rispetto a quella comunitaria, ma questa operazione interpretativa non sfocia inevitabilmente nella proposizione di una questione di legittimità costituzionale. Dal punto di vista dell’ordinamento comunitario tutti gli strumenti normativi nazionali operano infatti congiuntamente sullo stesso piano, indipendentemente dal fatto che siano qualificati come leggi o come atti amministrativi: quello che deve essere preservato è l’effetto utile delle direttive (v. con riguardo alla tutela degli uccelli selvatici C.Giust. Sez. II 8 giugno 2006 C-60/05, WWF Italia, punti 28-29 e 40-41; C.Giust. Sez. III 15 luglio 2010 C-573/08, Commissione/Italia, punti 66-67; C.Cost. 15 giugno 2011 n. 190, punto 3.1).

17. Occorre quindi accertare se nel loro complesso la legge regionale e gli atti amministrativi provinciali nel consentire la cattura di richiami vivi soddisfino uno standard di protezione degli uccelli selvatici corrispondente a quello richiesto dall’art. 9 par. 1 della Dir. 2009/147/CE. In questa prospettiva non rileva se la legge regionale non approfondisce tutti gli aspetti istruttori indicati dalle direttive, purché tale approfondimento sia contenuto negli atti amministrativi delle Province, alle quali spetta la competenza gestionale. Reciprocamente, non può essere imposto alle Province di duplicare indagini istruttorie di competenza della Regione, come quelle riportate nella scheda tecnica allegata alla LR 16/2011, e come nel caso del parere dell’ISPRA (chiesto ai sensi dell’art. 4 comma 3 della legge 157/1992 con nota del dirigente regionale del Settore Agricoltura di data 25 luglio 2011, e formulato con nota dell’ISPRA del 17 novembre 2011). Qualora il risultato complessivo della disciplina regionale e provinciale sia insoddisfacente rispetto ai parametri comunitari il giudice nazionale può intervenire con strumenti appropriati (disapplicazione della legge regionale e annullamento dei provvedimenti amministrativi provinciali).

18. In definitiva, poiché una pronuncia della Corte Costituzionale sulla violazione del potere di annullamento governativo ex art. 19-bis comma 4 della legge 157/1992 nulla direbbe sulla compatibilità tra la disciplina applicata in concreto e le direttive comunitarie, e poiché d’altra parte la suddetta compatibilità può essere meglio osservata attraverso l’esame combinato delle disposizioni legislative e degli atti amministrativi, non può essere accolta la richiesta della LAC di sollevare una questione di legittimità costituzionale sulle disposizioni legislative regionali.

(b) Sul requisito della mancanza di altre soluzioni soddisfacenti prescritto dall’art. 9 par. 1 della Dir. 2009/147/CE.

19. Tra i parametri comunitari quello che impone di valutare preventivamente la praticabilità di altre soluzioni soddisfacenti ha una particolare capacità espansiva, in quanto si collega all’evoluzione nel tempo delle tecniche disponibili. Attualmente una soluzione alternativa concretamente applicabile consiste nell’utilizzo di richiami provenienti da allevamenti. In effetti, come attestato nella deliberazione n. 384/2011, la maggior parte dei richiami vivi posseduti dai cacciatori residenti in Provincia di Brescia proviene da allevamenti.

20. Questa circostanza non è un mero dato statistico, ma il punto di partenza per sostenere che entro un arco temporale ragionevolmente breve tutti i nuovi richiami vivi dovranno provenire da allevamenti. La cattura di volatili che vivono naturalmente allo stato selvatico è quindi legittima solo in via transitoria, finché l’iniziativa economica degli allevatori non riuscirà a soddisfare le esigenze dei cacciatori. L’attesa che l’offerta pareggi la domanda non può comunque protrarsi indefinitamente. La giurisprudenza comunitaria ha chiarito che la cattura di richiami vivi non può essere giustificata dall’inefficienza degli allevamenti e neppure deve operare come un freno o un disincentivo all’allevamento su larga scala (v. C.Giust. Sez. III 12 dicembre 1996 C-10/96, Ligue royale belge pour la protection des oiseaux, punti 21-22).

21. Per quanto riguarda dunque la transizione verso i richiami da allevamento si possono formulare le seguenti osservazioni: (a) è vero che la produzione di richiami vivi negli allevamenti locali è ancora insufficiente (v. scheda tecnica allegata alla LR 16/2011), ma la possibilità della cattura degli uccelli selvatici non deve operare come un elemento distorsivo del mercato né limitare la convenienza della produzione su più ampia scala negli allevamenti; (b) il monitoraggio della disponibilità di richiami provenienti da allevamenti non deve comunque essere limitato al solo ambito regionale; (c) il costo dei richiami vivi provenienti da allevamento è ancora impegnativo (e oltretutto si confronta con la distribuzione gratuita degli esemplari catturati operata dalle Province) ma possono essere introdotti dei correttivi per evitare che l’esercizio di questo tipo di caccia sia precluso ai meno abbienti (ad esempio nella distribuzione dei richiami vivi catturati potrebbe essere data la precedenza ai soggetti con minor reddito).

22. L’individuazione dei richiami da allevamento come alternativa alla cattura di uccelli selvatici è subordinata al rispetto delle norme comunitarie per la protezione e il benessere degli animali. Attualmente non vi sono disposizioni che vietino l’allevamento finalizzato alla produzione di richiami. L’art. 8 e l’allegato IV della Dir. 2009/147/CE vietano l’utilizzazione di uccelli vivi accecati o mutilati impiegati come richiamo, implicitamente riconoscendo la possibilità di effettuare l’attività venatoria con richiami vivi dei quali siano garantiti l’integrità e il benessere. Le medesime regole valgono evidentemente nel caso dei richiami da allevamento. Peraltro l’evoluzione normativa potrebbe in futuro individuare nell’allevamento in sé o in determinate tecniche di allevamento dei trattamenti intollerabili per le specie selvatiche. Il subentro dei richiami vivi da allevamento ai richiami vivi catturati deve quindi avvenire nel rispetto delle migliori tecniche disponibili in questo settore.

(c) Sul requisito delle piccole quantità prescritto dall’art. 9 par. 1-c della Dir. 2009/147/CE.

23. A proposito della transizione verso l’utilizzo di richiami da allevamento si può affermare che nel momento in cui tale soluzione è concretamente praticabile (tenendo conto della diffusione dell’attività di allevamento e delle tecniche a garanzia del benessere animale) diventa anche necessaria. Poiché è verosimile che la disponibilità di richiami da allevamento cresca nel tempo, le piccole quantità di uccelli selvatici catturabili devono di conseguenza diventare sempre più piccole. In questa impostazione il parametro delle piccole quantità conduce a soglie di cattura ammissibili progressivamente meno elevate.

24. La riduzione anno per anno del numero di volatili catturabili non riflette soltanto la maggiore disponibilità effettiva di richiami da allevamento, ma deve essere utilizzata anche per favorire il progressivo abbandono della cattura di uccelli selvatici. Un mercato dei richiami da allevamento può infatti svilupparsi adeguatamente solo se vi è la certezza che gli esemplari catturati e distribuiti tra i cacciatori saranno sempre più scarsi.

25. Sul piano amministrativo queste considerazioni permettono di individuare nella progressiva riduzione del numero degli esemplari catturabili una condizione di legittimità dei provvedimenti provinciali che approvano i piani di cattura dei richiami vivi.

26. Il principio della riduzione progressiva e programmata della cattura di richiami vivi è stato fatto proprio anche dalla Regione nella richiesta di parere indirizzata all’ISPRA il 25 luglio 2011. In tale nota la Regione “si impegna, oltre che ad aumentare il contingente di richiami vivi provenienti da allevamento, a ridurre progressivamente le catture” secondo il seguente schema: per il 2012 l’80% del valore medio annuo dei capi catturabili nel triennio 2009-2011; per il 2013 il 70% del valore medio annuo dei capi catturabili nel triennio 2010-2012; per il 2014 il 60% del valore medio annuo dei capi catturabili nel triennio 2011-2013; per il 2015 il 50% del valore medio annuo dei capi catturabili nel triennio 2012-2014. L’impostazione appare corretta ma occorre sottolineare che non vi sono ragioni per rinviare di un anno l’avvio della decurtazione dei quantitativi.

27. Per fare un confronto, la LR 16/2011 ha riconosciuto alla Provincia di Brescia la cattura di 19.612 per la stagione venatoria 2011/2012, mentre la LR 16/2010 per la stagione venatoria 2010/2011 aveva permesso la cattura di 20.005 esemplari. La riduzione disposta dalla Regione è modesta (1,96%) e su tale quantitativo la Provincia non ha operato tagli ulteriori.

(d) Sul censimento dei richiami vivi posseduti dai cacciatori.

28. Un problema pratico che si collega tanto al parametro della mancanza di altre soluzioni soddisfacenti quanto al parametro delle piccole quantità è quello del censimento dei richiami vivi (da cattura o da allevamento) posseduti dai cacciatori.

29. Per le ragioni esposte sopra il censimento non è finalizzato a individuare il numero di capi catturabili che soddisfi l’intero fabbisogno (tantomeno il fabbisogno ipotetico: è evidentemente fuori scala il numero massimo astrattamente consentito dall’art. 26 comma 3 della LR 16 agosto 1993 n. 26, ossia 40 esemplari a testa per la caccia da appostamento fisso e 10 esemplari a testa per la caccia da appostamento temporaneo). Lo scopo del censimento è piuttosto quello di fornire un quadro completo della situazione per decidere poi una maggiore o minore percentuale di riduzione dei capi catturabili.

30. Anche in questi limiti il censimento deve essere comunque esaustivo e coinvolgere tutti i cacciatori interessati. Senza queste garanzie è uno strumento inutile, in particolare se si considera che esiste un incentivo a non rispondere al questionario, in quanto il minor numero di esemplari dichiarati fa aumentare automaticamente la stima del fabbisogno di nuove catture.

(e) Relativamente requisito della selettività prescritto dall’art. 9 par. 1-c della Dir. 2009/147/CE.

31. L’art. 8 par. 1 della Dir. 2009/147/CE vieta la caccia condotta con metodi di cattura o di uccisione in massa o non selettivi, tra cui quelli elencati all’allegato IV. Quest’ultima norma fa riferimento anche alle reti, qualificando implicitamente tale metodo (che è appunto quello utilizzato nel caso in esame) come non selettivo. L’art. 9 par. 1-c della medesima direttiva consente di derogare alle disposizioni dell’art. 8 per piccole quantità di uccelli selvatici ma richiede che la cattura avvenga “in condizioni rigidamente controllate e in modo selettivo”. Il coordinamento tra l’art. 8 e l’art. 9 della direttiva pone il problema se le reti, considerate un metodo non selettivo ai fini della caccia, possano essere qualificate come un modo di cattura selettivo quando gli uccelli selvatici siano prelevati per impieghi particolari.

32. La giurisprudenza comunitaria ha affrontato il problema della caccia praticata in alcune regioni spagnole con il metodo parany, che richiede l’utilizzo di bastoni impregnati di vischio. Il caso non è sovrapponibile a quello in esame, ma può offrire alcune indicazioni utili (le norme richiamate dalla Corte sono gli art. 8 e 9 e l’allegato IV della Dir. 79/409/CEE, che corrispondono alle norme con la medesima collocazione della Dir. 2009/147/CE). Secondo la Corte (v. C.Giust. Sez II 9 dicembre 2004 C-79/03, Commissione/Spagna, punti 20 e 40) il metodo parany contrasta con l’art. 8 par. 1 della Dir. 79/409/CEE in quanto non selettivo (il vischio rientra nell’elenco dei mezzi proibiti di cui all’allegato IV), e tale illegittimità non può essere sanata dall’obbligo imposto per legge ai cacciatori di ripulire e liberare gli uccelli appartenenti a specie diverse da quelle catturabili. La Corte affronta poi la questione della deroga in relazione all’art. 9 par. 1-a-c della Dir. 79/409/CEE (prevenzione di gravi danni alle colture, piccole quantità), e parimenti afferma l’illegittimità del metodo, da un lato perché non è l’unica forma possibile di protezione delle colture e dall’altro perché in base alle statistiche acquisite il numero degli uccelli catturati eccede la soglia massima delle piccole quantità (tale soglia è indicata in meno dell’1% della mortalità annua totale della popolazione interessata per le specie che non possono essere cacciate e nell’1% per le specie che possono essere oggetto di azioni di caccia).

33. Questa sentenza è rigorosa nell’affermare che un metodo non selettivo deve essere giudicato per le sue caratteristiche intrinseche e non per l’uso che ne viene fatto, ma offre anche un ordine di grandezza per valutare la distanza tra le operazioni di cattura e i parametri comunitari.

34. Se dunque le reti sono un metodo intrinsecamente non selettivo (in questo senso v. anche C.Cost. 16 marzo 1990 n. 124, e C.Cost. 29 maggio 2009 n. 165) non possono tuttavia essere considerati privi di rilievo alcuni elementi che caratterizzano la fattispecie in esame e che sembrano mancare nel caso della caccia con il metodo parany. Più precisamente: (a) le pratiche autorizzate dalla Provincia non costituiscono atti di caccia ma operazioni di cattura di richiami vivi; (b) l’interesse di chi gestisce gli impianti di cattura è la sopravvivenza degli uccelli catturati, il che rappresenta una garanzia anche per gli esemplari che devono essere liberati in quanto appartenenti a specie non catturabili; (c) il numero di capi di cui è ammessa la cattura è destinato a ridursi progressivamente, a conferma che queste pratiche hanno carattere eccezionale, ossia costituiscono deroghe in senso proprio; (d) gli impianti di cattura sono esattamente individuati sul territorio e dunque sono facilmente controllabili dalle autorità competenti (v. art. 3 della LR 3/2007); (e) la gestione degli impianti di cattura è sottoposta al controllo dell’ISPRA ed è regolata da puntuali norme tecniche (v. allegato D della LR 26/1993).

35. Questi elementi consentono di ritenere che l’utilizzo di reti da un lato non comporti i rischi indicati nell’art. 8 par. 1 della Dir. 2009/147/CE (uccisione in massa di uccelli selvatici o estinzione di una specie a livello locale) e dall’altro raggiunga invece il requisito imposto dall’art. 9 par. 1-c della Dir. 2009/147/CE (cattura in condizioni rigidamente controllate). Con queste garanzie risulta ridimensionato, e può essere tollerato, il carattere intrinsecamente non selettivo delle reti. A favore di questa soluzione può essere letto un precedente della giurisprudenza comunitaria che ha considerato apprezzabili le condizioni restrittive poste dalle norme nazionali francesi relativamente alle catture operate con l’uso di paniuzze e di reti orizzontali (v. C.Giust. 27 aprile 1988 C-252/85, Commissione/Francia, punti 26-29-32).

36. Naturalmente l’amministrazione ha l’obbligo di ridurre quanto più possibile i rischi per gli esemplari catturati esigendo l’applicazione delle norme tecniche più recenti su cui si sia formato il consenso della comunità scientifica. Le linee-guida richiamate nella scheda allegata alla LR 16/2011 sono ormai risalenti nel tempo (circolare dell’ISPRA n. 4598/T-A62 del 13 agosto 1992; circolare del MIRAAF ora MIPAF n. 31502 del 22 novembre 1996; documento tecnico dell’ISPRA del 15 aprile 1998) e si pone quindi il problema del loro aggiornamento. Peraltro la validità scientifica attuale delle linee-guida è un profilo che esula dal presente giudizio.

(f) Sull’applicazione in concreto dei parametri comunitari da parte della Provincia di Brescia attraverso la deliberazione n. 384/2011.

37. Tenendo conto delle valutazioni sopra esposte si ritiene che la deliberazione n. 384/2011 rispetti sia il requisito della mancanza di altre soluzioni soddisfacenti sia quello di selettività, ma non superi la valutazione di legittimità sotto altri due profili.

38. In primo luogo la Provincia non ha operato alcuna riduzione del numero dei capi catturabili rispetto al quantitativo massimo stabilito dalla LR 16/2011, il quale a sua volta è di poco inferiore al numero di catture consentito per la precedente stagione venatoria in base alla LR 16/2010. Si assiste quindi a una sostanziale stabilizzazione del fenomeno della cattura dei richiami vivi, che si pone in contrasto con la prospettiva del progressivo abbandono di questa pratica.

39. Vi sono poi dubbi sull’esatta quantificazione dei richiami vivi attualmente posseduti dai cacciatori, in quanto hanno risposto al questionario solo in 7.890 su 10.106 invitati (e comunque su una platea complessiva di circa 15.263 soggetti che praticano l’appostamento fisso o temporaneo). Il censimento così effettuato non è quindi uno strumento utile per individuare e graduare la percentuale di riduzione dei capi catturabili, e a maggior ragione non può essere utilizzato per confermare un quantitativo quasi pari a quello del 2010/2011.

(g) Sull’applicazione in concreto dei parametri comunitari da parte della Provincia di Brescia attraverso la deliberazione n. 457/2011.

40. Con la deliberazione n. 457/2011 la Provincia ha deciso la riapertura fino al 31 dicembre 2011 di tutti i 18 impianti già autorizzati in precedenza con la determinazione dirigenziale n. 1331/2011, al fine di consentire la cattura di 2.000 esemplari di cesena.

41. La riduzione sostanziale e significativa del numero di esemplari di cesena catturabili (da 4.305 a 2.000) soddisfa il requisito delle piccole quantità, inteso anche come progressiva riduzione delle quantità catturabili.

42. Rimane però non soddisfatta l’altra condizione, che richiede un preventivo censimento dei richiami vivi posseduti dai cacciatori. Un censimento affidabile dovrebbe prevedere (a) il coinvolgimento di tutti i cacciatori, (b) forme di controllo, ad esempio un passaggio procedurale che colleghi la restituzione della scheda compilata agli adempimenti necessari per lo svolgimento dell’attività venatoria, (c) disincentivi nei confronti dei soggetti che non forniscono i dati richiesti.

43. La Provincia, intervenendo a posteriori quando ormai non vi era più il tempo di ripetere il censimento, ha cercato di superare il problema precisando che la consegna dei richiami vivi catturati è riservata ai soli cacciatori da appostamento fisso, i quali verosimilmente costituiscono la grande maggioranza dei 7.890 cacciatori che hanno risposto al censimento.

44. Questa soluzione non sarebbe sufficiente per sé a superare le lacune del censimento. Tuttavia, considerando che i cacciatori da appostamento fisso (dotati di apposito tesserino) sono complessivamente 8.763 e che la Provincia stima prudenzialmente in 6.500 i cacciatori da appostamento temporaneo, risulta che su 15.263 soggetti potenzialmente interessati il censimento ha toccato circa il 51,69% della platea di riferimento. Confrontando questo dato con la riduzione del 53,54% del numero di esemplari di cesena catturabili si può ritenere che l’incertezza del censimento abbia trovato un ragionevole, seppure imperfetto, bilanciamento.

45. Un profilo di illegittimità è però ravvisabile nel fatto che non sono stati espressamente esclusi dalla distribuzione dei richiami vivi i soggetti che hanno determinato la situazione di incertezza, ossia i cacciatori che pur invitati non hanno risposto al questionario. Senza un deterrente contro la mancata collaborazione non è possibile fare affidamento sui risultati del censimento.

46. Un ulteriore profilo di illegittimità è collegato al numero di impianti di cui è stata autorizzata la riapertura. Avendo nuovamente autorizzato tutti i 18 impianti originari la Provincia ha attivato un meccanismo palesemente sproporzionato rispetto al quantitativo di esemplari catturabili. La presenza di un numero elevato di impianti con un limite di cattura complessivo molto basso disperde e complica l’attività di controllo, e quindi non garantisce sufficientemente che la cattura rimanga concentrata su una sola specie e limitata alla quantità ammessa. Se si considera che le cesene costituivano il 21,95% dei volatili catturabili inizialmente, e che ora il numero è stato abbassato di oltre la metà, gli impianti da riattivare dovevano essere proporzionati al nuovo quantitativo.

(h) Conclusioni.

47. Il ricorso deve quindi essere accolto nei termini che seguono: (a) viene integralmente annullata la deliberazione n. 384/2011 (e come atto consequenziale anche la determinazione dirigenziale n. 1331/2011), in quanto i vizi riscontrati non consentono di scorporare alcune parti del provvedimento; (b) la deliberazione n. 457/2011 viene invece annullata solo parzialmente, per i profili indicati sopra ai punti 45 e 46.

48. La complessità di alcune questioni consente l’integrale compensazione delle spese di giudizio. Il contributo unificato è a carico della Provincia ai sensi dell’art. 13 comma 6-bis.1 del DPR 30 maggio 2002 n. 115.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia sezione staccata di Brescia (Sezione Seconda)

definitivamente pronunciando, accoglie il ricorso nei limiti precisati in motivazione. Spese compensate. Contributo unificato a carico della Provincia.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Brescia nella camera di consiglio del giorno 19 aprile 2012 con l’intervento dei magistrati:

Giorgio Calderoni, Presidente
Mauro Pedron, Consigliere, Estensore
Stefano Tenca, Consigliere
 
L’ESTENSORE

IL PRESIDENTE
        
  
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 19/07/2012
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
 

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