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Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Acqua - Inquinamento idrico, Inquinamento del suolo Numero: 1144 | Data di udienza: 13 Luglio 2016

* INQUINAMENTO DEL SUOLO – CSC e CSR – Differenza – ACQUA E INQUINAMENTO IDRICO – Obiettivi di cui all’art. 78 d.lgs. n. 152/2006 – Ambito di applicazione – Conferenza di servizi – Provvedimento di approvazione delle determinazioni conclusive – Motivazione per relationem – Sufficienza – Art. 252 d.lgs. n. 152/2006.


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 1^
Regione: Lombardia
Città: Brescia
Data di pubblicazione: 25 Agosto 2016
Numero: 1144
Data di udienza: 13 Luglio 2016
Presidente: Calderoni
Estensore: Bertagnolli


Premassima

* INQUINAMENTO DEL SUOLO – CSC e CSR – Differenza – ACQUA E INQUINAMENTO IDRICO – Obiettivi di cui all’art. 78 d.lgs. n. 152/2006 – Ambito di applicazione – Conferenza di servizi – Provvedimento di approvazione delle determinazioni conclusive – Motivazione per relationem – Sufficienza – Art. 252 d.lgs. n. 152/2006.



Massima

TAR LOMBARDIA, Brescia, Sez. 1^ – 25 agosto 2016, n. 1144


INQUINAMENTO DEL SUOLO – CSC e CSR – Differenza.

Le CSC rappresentano i limiti di inquinamento che debbono essere presi a riferimento nella prima fase del procedimento di bonifica: il superamento delle CSC può essere sintomatico di inquinamento e porta alla classificazione del sito come “potenzialmente contaminato”, rendendo necessaria la caratterizzazione dello stesso per l’individuazione delle CSR, cioè degli specifici limiti di concentrazione ritenuti compatibili con le specifiche caratteristiche del luogo. Laddove le autorità preposte non dovessero condividere i risultati dalla caratterizzazione e dell’analisi di rischio, potrebbe essere richiesta un’integrazione (così come risulta in concreto essere avvenuto negli anni), al fine della corretta determinazione degli specifici parametri di riferimento per la specifica area;  risulta invece illogica la richiesta di rimodulare i documenti dell’analisi di rischio al rispetto delle CSC di zona, anzichè ai valori di CSR emersi.
 

ACQUA E INQUINAMENTO IDRICO – Obiettivi di cui all’art. 78 d.lgs. n. 152/2006 – Ambito di applicazione.

L’art. 78 del d.lgs. n. 152 del 2006, così come modificato dal d.lgs. n. 219/2010, precisa espressamente che “Le disposizioni del presente articolo concorrono a conseguire l’obiettivo dell’eliminazione delle sostanze pericolose prioritarie indicate come PP alla tabella 1/A del paragrafo A.2.6 dell’allegato 1 alla parte terza, negli scarichi, nei rilasci da fonte diffusa e nelle perdite, nonché alla graduale riduzione negli stessi delle sostanze prioritarie individuate come P alla medesima tabella. Tali obiettivi devono essere conseguiti entro venti anni dall’inserimento della sostanza nell’elenco delle sostanze prioritarie da parte del Parlamento europeo e del Consiglio. Per le sostanze indicate come E l’obiettivo è di eliminare l’inquinamento delle acque causato da scarichi, rilasci da fonte diffusa e perdite entro il 2021”. La disposizione indica specifiche attività di monitoraggio che le Regioni e le Province autonome debbono porre in essere per garantire “standard di qualità ambientale per le acque superficiali”: essa disciplina, dunque, gli approfondimenti tecnici che debbono essere effettuati dalle Regioni e dalle Province Autonome, avvalendosi delle Agenzie regionali per l’Ambiente, al fine di adottare il provvedimento di identificazione dello stato chimico dei corpi idrici superficiali.
 

INQUINAMENTO DEL SUOLO – Conferenza di servizi – Provvedimento di approvazione delle determinazioni conclusive – Motivazione per relationem – Sufficienza – Art. 252 d.lgs. n. 152/2006.

Il provvedimento che approva le determinazioni della conferenza di servizi, aderendo ad esse,  non necessita di alcuna particolare esplicitazione delle ragioni della sua adozione, essendo sufficientemente motivato per relationem al verbale della conferenza stessa (in senso conforme, cfr. TAR Toscana, 1367/2011) e, trattandosi di un mero atto di gestione, rientra nelle competenze proprie del dirigente. Così deve essere inteso, alla luce dei principi generali del riparto delle competenze, il richiamo espressamente operato dall’art. 252 del d.lgs. n. 152/2006, con riferimento agli atti di bonifica, alle competenze del Ministero, il quale può essere analogicamente applicato anche alle prodromiche misure di messa in sicurezza.

Pres. Calderoni, est. Bertagnolli – V. s.p.a. (avv.ti Onofri e Grassi) c. Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare e altro (Avv. Stato)


Allegato


Titolo Completo

TAR LOMBARDIA, Brescia, Sez. 1^ - 25 agosto 2016, n. 1144

SENTENZA

TAR LOMBARDIA, Brescia, Sez. 1^ – 25 agosto 2016, n. 1144


Pubblicato il 25/08/2016

N. 01144/2016 REG.PROV.COLL.
N. 01164/2013 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia

sezione staccata di Brescia (Sezione Prima)

ha pronunciato la presente


SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1164 del 2013, proposto da:
Versalis S.p.a., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dagli avvocati Giuseppe Onofri e Stefano Grassi, con domicilio eletto in Brescia presso lo studio del primo, via Ferramola, 14;

contro

Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare – Direzione Generale per la tutela del territorio e delle risorse idriche, rappresentati e difesi per legge dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato e domiciliati in Brescia, via S. Caterina, 6;

nei confronti di

Ministero dello Sviluppo Economico, Ministero della Salute, Ministero per i Beni e le Attivita’ Culturali e del Turismo, Soprintendenza per i Beni Archeologici per la Lombardia, ISPRA – Istituto Superiore della Protezione e la Ricerca Ambientale, Enea – Ente per le Nuove Tecnologie, l’Energia e l’Ambiente, Istituto Superiore di Sanità, ciascuno in persona del legale rappresentante p.t. e tutti rappresentati e difesi per legge dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato e, conseguentemente, domiciliati in Brescia, via S. Caterina, 6;
Regione Lombardia, Regione Lombardia – Direzione Generale Ambiente Energia e Reti, Provincia di Mantova, Provincia di Mantova – Servizio Inquinamento Piano Rifiuti ed Energia, Comune di Mantova, Asl 307 – A.S.L. della Provincia di Mantova, Asl 307 – A.S.L. della Provincia di Mantova – Dipartimento di Prevenzione Medica, Parco del Mincio, Agenzia Regionale Protezione Ambiente (Arpa) – Lombardia, Agenzia Regionale Protezione Ambiente (Arpa) – Lombardia – Dipartimento di Mantova, Ies – Italiana Energia e Servizi Spa, Industria Colori Freddi S. Giorgio Srl, Autorità di Bacino del Fiume Po, Agenzia Interregionale per il Fiume Po, Consorzio Parco del Mincio, Itas Spa, Belleli Energy Critical Process Equipment Srl, Belleli Energy Srl, Sogesid Spa, Syndial Spa, non costituiti in giudizio;
INAIL – Istituto Nazionale per l’Assicurazione contro gli Infortuni sul Lavoro, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso per legge dall’avv. Francesco Cappa e domiciliato in Brescia, presso lo studio dello stesso, via Cefalonia, 50;
Edison Spa, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dagli avvocati Andreina Degli Esposti, Wladimiro Troise Mangoni, Riccardo Villata e Mauro Ballerini, con domicilio eletto in Brescia presso lo studio di quest’ultimo, v.le Stazione, 37;

per l’annullamento

– del decreto prot. n. 4510/TRI/DI/B, adottato, in data 2 ottobre 2013, dal Direttore Generale della Direzione Generale per la tutela del territorio e delle risorse idriche, con cui si è disposto di “approvare e considerare come definitive tutte le prescrizioni stabilite nel verbale della Conferenza di servizi decisoria del 25 luglio 2013”, relativa al sito di bonifica di interesse nazionale di ‘Laghi di Mantova e Polo Chimico’;

– della nota prot. n. 50132/TRI/DIV VII, a firma del Dirigente della Divisione VII del Ministero dell’Ambiente e della tutela del territorio e del mare — Direzione Generale per la tutela del territorio e delle risorse idriche, datata 2 ottobre 2013 e pervenuta in data successiva con cui è stato trasmesso il decreto di approvazione della Conferenza di servizi del 25 luglio 2013 e il relativo verbale con gli allegati;

– del verbale e delle determinazioni assunte dalla Conferenza di servizi decisoria tenutasi presso il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare in data 25 luglio 2013 e di tutti i relativi allegati citati nei motivi di ricorso, ivi inclusi, in particolare: nota Ispra prot. 0007294 del 14 febbraio 2013, acquisita dal Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare al prot. n. 0013281 del 15,02.2013 (v. allegato F, all’allegato 1 della Conferenza decisoria); nota ISS prot. 21840 del 5 giugno 2013 acquisita dal Ministero dell’Ambiente al prot. n. 39024/TRI del 10 giugno 2013 (v. allegato G, all’allegato 1 della Conferenza decisoria); nota ISS prot. 28718 del 23 luglio 2013 acquisita dal Ministero dell’Ambiente e della tutela del territorio e del mare al prot. 44134/TRI del 24 luglio 2013 (v. allegato 4 del verbale della conferenza di servizi); nota Arpa Lombardia prot. n. 101850 del 24 luglio 2013 (v. allegato 6 del verbale della conferenza di servizi); parere Arpa Lombardia prot. n. 71461 del 24 maggio 2013 trasmesso con nota Arpa Lombardia prot. n. 71462 del 24 maggio 2013 e acquisita dal Ministero dell’Ambiente e della tutela del territorio e del mare al prot. n. 37492 del 27 maggio 2013, avente ad oggetto le valutazioni Arpa sul documento di Analisi di rischio sito specifica dello Stabilimento Polimeri Europa di Mantova presentato da Polimeri Europa con nota prot. Dir. m 49/2013 del 20 gennaio 2012 (v. allegato H, all’Allegato 1 della Conferenza decisoria);

– di tutti gli atti, comportamenti, provvedimenti presupposti, connessi e consequenziali, anche se non conosciuti dalla ricorrente.

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, anche per la Direzione Generale, congiuntamente con il Ministero dello Sviluppo Economico, il Ministero della Salute, il Ministero per i Beni e le Attivita’ Culturali e del Turismo, la Soprintendenza per i Beni Archeologici per la Lombardia, Ispra – Istituto Superiore della Protezione e La Ricerca Ambientale, Enea – Ente Per Le Nuove Tecnologie, L’Energia e L’Ambiente e l’Istituto Superiore di Sanità, nonchè dell’Inail – Istituto Nazionale per l’Assicurazione contro gli Infortuni sul Lavoro e della Edison Spa;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 13 luglio 2016 la dott.ssa Mara Bertagnolli e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

Il decreto Ministeriale oggetto principale del ricorso e tutti gli atti connessi ad esso, ugualmente censurati, attengono al complesso procedimento di messa in sicurezza di emergenza e bonifica delle aree inquinate facenti parte del sito di interesse nazionale “laghi di Mantova e Polo Chimico”.

Su tali aree, la società Montedison s.p.a., oggi Edison s.p.a., aveva attivato, nel 1956, una produzione di soda caustica, cloro etilene, propilene, butene, etibenzolo, stirolo, ferrolo, acetone ed altri prodotti intermedi della lavorazione, che comportava l’utilizzazione, nel processo produttivo, di celle di mercurio. L’attività veniva definitivamente abbandonata nel dicembre 1991.

Polimeri Europa s.p.a. (oggi, Versalis S.p.A.) acquistava, nel gennaio 2002, il ramo d’azienda “attività chimiche e strategiche”, in cui è ricompreso lo stabilimento di Mantova. Polimeri Europa non ha mai svolto (e non svolge) attività produttive che comportano l’uso del mercurio, occupandosi della produzione e commercializzazione di prodotti petrolchimici (chimica di base, stirenici, elastomeri, polietilene).

Essa si è dichiarata, pertanto, estranea a qualsiasi responsabilità per l’utilizzo del mercurio, tanto che il Ministero dell’ambiente ha promosso azione di risarcimento del danno ambientale davanti al giudice ordinario nei confronti delle società che si sono succedute nella gestione dell’attività inquinante, ma non anche nei confronti di Polimeri Europa s.p.a..

Il Ministero ha, però, individuato tale società come destinataria di plurime e reiterate prescrizioni connesse alla messa in sicurezza e alla bonifica del sito, della cui legittimità, si è, almeno in parte, già più volte occupato sia questo Tribunale (sentenze nn. 1278/2007; 1736/2009; 4880/2010), che il Consiglio di Stato (VI Sezione, sentenza n. 6456 del 26 maggio 2009).

Ciononostante, la conferenza decisoria del 25 luglio 2013, le cui decisioni sono state rese esecutive con decreto direttoriale del 2 ottobre 2013, ha imposto alla ricorrente, ancora una volta, una pluralità di prescrizioni, tra le quali quelle di seguito indicate, di cui risulta contestata la legittimità nella parte in cui impongono:

A) di “rielaborare l’analisi di rischio generale tenendo conto delle prescrizioni dell’Istituto Superiore di Sanità (di seguito ISS) (nota prot. n. 21840 del 05.06.2013), acquisita dal Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare al prot n. 39024 del 10.06.2013), dell’Ispra (nota prot. 0007294 del 14.02.2013, acquisita dal Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare al prot. a 0013281 del 15.02.2013), e di Arpa Lombardia (nota prot a 71461 del 24.05.2013 acquisita dal Ministero dell’Ambiente e della tutela del territorio e del mare al prot n. 37492 del 27.05.2013) (v. punto 1, sottopunto 3, della lett. F dell’o.d.g., prescrizione a1, dispositivo a pag. 12 del verbale della Conferenza di servizi).

In particolare, la Società ha inteso, con il ricorso in esame, contestare il parere dell’ISS che avrebbe indotto la Conferenza di Servizi alle avversate conclusioni;

B) di “Adottare, nella rielaborazione dell’analisi di rischio, come obiettivo per la bonifica per il Hg nei terreni la Concentrazione Soglia di Contaminazione (CSC) per la specifica destinazione d’uso (Commerciale e Industriale)” (v. punto 1, sottopunto 3, della lett. F prescrizione n. 2 dell’o.d.g., dispositivo a pag. 12 del verbale della Conferenza di servizi);

C) di prevedere, in analogia a quanto richiesto per l’analisi di rischio generale che, in relazione a specifiche aree dello Stabilimento, “gli obiettivi di bonifica per il mercurio nei terreni devono essere i valori di CSC per la specifica destinazione d’uso” e ciò con specifico riferimento:

— all’Area L, v. punto 1, sottopunto 4 della lett. F, documento b), prescrizione n. 2, dell’o.d.g., dispositivo a pag. 14 del verbale della Conferenza di servizi;

— all’Area B+I, v. punto 1, sottopunto 4 della lett. F documento d), prescrizione n. 2 dell’o.d.g., dispositivo a pag. 23 del verbale della Conferenza di servizi;

— all’Area R2, v. punto 1, lett. G, prescrizione n. 2, dell’o.d.g., dispositivo a pag. 29 del verbale della Conferenza di servizi;

D) di “ottemperare alle prescrizioni per l’Area Valletta, di cui al parere ARPA prot. n 71461 del 24.05.2013, acquisito dal Ministero dell’Ambiente e della tutela del territorio e del mare al prot n 37492 del 27.05.2013”, e in particolare di “avviare idonee misure di prevenzione, di cui all’art. 242 del d.lgs. 77. 152/2006” (v. punto 1, sottopunto 3, della lett. F dell’o.d.g., prescrizione n. 4, dispositivo a pagg. 12/13 del verbale della Conferenza di servizi);

E) di “rimuovere, come misura di prevenzione, il mercurio nel sondaggio SP24” (v. punto 1, sottopunto 3, della lett. F dell’o.d.g., prescrizione n. 5, dispositivo alle pagg. 12-13 del verbale della Conferenza di servizi).

F) con riferimento al Canale SISMA di “trasmettere, con riferimento ai sedimenti del Canale Sisma, la descrizione delle misure di prevenzione adottate ai sensi dell’art. 242 del Titolo V — Parte quarta del D. Lgs 152/06” (v. punto 1, lett. a) dell’o.d.g., prescrizione n. 4, del dispositivo a pag. 5 del verbale);

G) con riferimento all’area B + I l’obbligo per la ricorrente “nel caso venisse accertata, attraverso la caratterizzazione in situ, che lo strato limo-torboso alla base dei rifiuti non ha protetto, in modo adeguato, l’acquifero principale sottostante e che alcune sostanze inquinanti hanno percolato verso il basso, in analogia a quanto previsto per l’area Collina, di realizzare un confinamento fisico mediante infissione di palancole fino alla base dell’acquifero principale, dimensionate e progettate al fine di garantire una perfetta tenuta idraulica” (v. punto 1, sottopunto 4 della lett. F, documento d), dell’o.d.g., dispositivo a pag. 24 del verbale della Conferenza di servizi).

La Società, inoltre, non intende contestare l’approvazione del progetto di intervento sui terreni in area B+1″, ma sottolineare l’opportunità di un chiarimento da parte dell’Amministrazione sulla applicabilità della nuova definizione della nozione di materiale di riporto introdotta dall’art. 41, comma 3, del d.l. n. 69/2013 (convertito, con modificazioni, dalla legge m 98/2013): chiarimento necessario ai fini della concreta definizione degli interventi da eseguire (v. punto 1, sottopunto 4 della lett. F documento d), dell’o.d.g., dispositivo a pag. 22 del verbale della Conferenza di servizi);

H) Con riferimento all’intervento sui terreni e sulle acque di falda con tecnologia MPE, la Conferenza decisoria ha ritenuto approvabile il progetto presentato dalla Società ricorrente limitatamente alla fase di rimozione del surnatante con tecnologia MPE, dettando altresì le seguenti condizioni:

b) “poiché i pozzi MPE sono finalizzati non solo al recupero del surnatante, ma anche alla bonifica delle acque sotterranee, devono essere realizzati ulteriori pozzi anche in corrispondenza delle zone con elevata contaminazione in fase disciolta […]” (v. punto 1, sottopunto 4 della lett. F, documento e), dell’o.d.g. prescrizione m 7, dispositivo a pag. 26 del verbale della Conferenza di servizi);

c) “deve essere inviato agli Enti di controllo un cronoprogramma delle attività intervento di rimozione dei terreni [,..]” (v, punto 1, sottopunto 4 della lett. F, documento e), dell’o.d.g., prescrizione n. 13, dispositivo a pag. 26 del verbale della Conferenza di servizi);

I) Con riferimento alla richiesta di presentare una proposta di interventi integrativi di bonifica, la Conferenza decisoria ha deliberato di richiedere interventi integrativi di bonifica in relazione:

a) all’area denominata “Altra area di intervento”, “ossia alla zona del parco serbatoi in continuità con la Fascia 3 e l’Area Collina; tale proposta deve essere accordata con gli interventi previsti nella Fascia 3 e in Area Collina. In questa zona dovrà essere, inoltre, verificata l’eventuale presenza di fase DNAPL correlata alla presenza di composti pesanti”;

b) alle “zone interessate dalla contaminazione da sostanze non volatili, come ad esempio metalli, idrocarburi C>12 e IPA”;

c) ai “terreni delle zone esterne alle aree di influenza dei pozzi MPE”;

(v. punto 1, sottopunto 4 della lett. F, documento e), dell’o.d.g. dispositivo a pag. 27 del verbale della Conferenza di servizi);

L) Con riferimento all’area R2, la Conferenza di servizi decisoria:

L1) ha approvato il progetto di bonifica dell’area R2 con la prescrizione che “durante lo scavo dei rifiuti/terreni contaminati, per evitare la diffusione dei contaminanti dovrà essere installata [..] una copertura del fronte di scavo <mediante area confinata mobile e idoneo sistema di aspirazione/trattamento delle emissioni>, che dovrà essere eventualmente autorizzato” (v. punto 1, lett. G, dell’o.d.g., prescrizione n. 2, dispositivo a pag. 29 del verbale della Conferenza di servizi);

L2) ha inoltre richiesto alla ricorrente, con riferimento alla contaminazione delle acque di falda di “adottare misure di prevenzione ai sensi dell’art. 245 e secondo la procedura di cui all’art. 242 del Titolo V — Parte quarta del d.lgs. 152/06, nonché di trasmettere una relazione tecnica che descriva le misure medesime e ne dimostri l’efficacia” (v. punto 1, lett. G, dell’o.d.g., prescrizione n. 2, dispositivo a pag. 29 del verbale della Conferenza di servizi);

L3) ha ritenuto approvabile il “Progetto di bonifica dell’Area R2”, limitatamente alla fase di rimozione dei rifiuti e riporti misti a scarti industriali. Anche in questo caso la ricorrente ha ravvisato l’opportunità di un chiarimento da parte dell’Amministrazione sull’applicabilità della nuova definizione della nozione di materiale di riporto introdotta dall’art. 41, comma 3, del d.l. n. 69/2013; chiarimento che si rivela necessario ai fini della concreta determinazione degli interventi da eseguire (v. punto l, lett. G, dell’o.d.g,,, prescrizione n. 2, dispositivo a pag. 29 del verbale della Conferenza di servizi).

Avverso tali prescrizioni della conferenza di servizi sono stati dedotti i seguenti vizi:

1. La richiesta di rielaborazione della analisi di rischio generale, nonché con riferimento a singole aree, l’inserimento quale obiettivo per la bonifica dei terreni, riferita al parametro mercurio, del raggiungimento dei limiti di concentrazione soglia di contaminazione (CSC), anziché dei limiti di concentrazione soglia di rischio (CSR) sarebbe illegittima per difetto di istruttoria e di motivazione, contraddittorietà tra atti e violazione della normativa (artt. 239 e segg. del d.lgs. n. 152 del 3 aprile 2006, in particolare degli artt. 240, 242, 245 e 252 del d.lgs. cit, e degli allegati alla parte Quarta, Titolo V del medesimo decreto) che fissa gli obiettivi di bonifica pari alle CSR calcolate in sede di analisi di rischio sito specifica. In particolare, il quarto comma dell’art. 242 d.lgs. n. 152 del 2006 stabilisce espressamente che “Sulla base delle risultanze della caratterizzazione, al sito è applicata la procedura di analisi del rischio sito specifica per le determinazioni delle concentrazioni soglia di rischio (CSR)”: il diverso obiettivo del raggiungimento delle concentrazioni CSC correlate alla destinazione non troverebbe giustificazione alcuna, sul piano tecnico, con riferimento al fine di una maggiore tutela ambientale e si porrebbe in contraddizione logica con quanto previsto dallo stesso ISS nel parere del 5 giugno 2013;

2. Illegittimità della prescrizione per la parte in cui richiede di rielaborare il documento di analisi di rischio recependo osservazioni tra loro contrastanti, contraddittorie, illogiche nonché non giustificate sul piano tecnico. L’affermazione di ARPA secondo cui “la ditta non considera la presenza di surnatante all’interno dell’analisi di rischio; in pratica i terreni interessati dalla presenza di surnatante vengono considerati non contaminati” non sarebbe corretta, dal momento che il progetto di bonifica già prevede l’implementazione di azioni per la rimozione del surnatante e, inoltre, la scelta della società ricorrente di escludere il surnatante dall’analisi di rischio sarebbe corretta anche alla luce della normativa applicabile, secondo la quale l’analisi di rischio deve essere riferita esclusivamente alle sorgenti secondarie di contaminazione e sviluppata sulla base dei risultati delle indagini di caratterizzazione;

3. Violazione e falsa applicazione dell’art. 97 Cost. Violazione e falsa applicazione dell’art. 14, in particolare, comma 2 bis, comma 3, comma 6 bis e comma 9 della legge 7 agosto 1990, n. 241; degli artt. 239 e segg. del d.lgs. n. 152 del 3 aprile 2006 (come modificato ed integrato dal d.lgs. 16 gennaio 2008, n. 4) ed, in particolare, degli artt. 242 e 252 e degli allegati alla parte IV, titolo V: la Società contesta la mancanza dell’acquisizione dell’intesa del Ministero dello Sviluppo Economico, l’assoluto difetto di motivazione del decreto di approvazione delle prescrizioni delle Conferenze di Servizi e l’incompetenza all’adozione dell’atto del dirigente in luogo del Ministro.

Si sono costituite in giudizio le Amministrazioni statali intimate, chiedendo, in vista della pubblica udienza, in primo luogo la dichiarazione di improcedibilità del ricorso, per effetto della successiva adozione di atti che hanno superato quelli impugnati e, comunque, la reiezione dello stesso in quanto infondato.

Anche Edison, notificata come controinteressata, si è costituita in giudizio per sottolineare l’infondatezza del ricorso nella parte in cui tende ad addossare la responsabilità dell’inquinamento alle, ormai risalenti, attività svolte in loco da Montedison, in un periodo storico in cui nessuna disposizione imponeva ai titolari di impianti industriali obblighi di carattere rimediale volti ad assicurare il rispristino ambientale dei siti contaminati: lo stesso decreto Ronchi escluderebbe la propria applicazione retroattiva a comportamenti inquinanti posti in essere prima della sua entrata in vigore nel 1999 e, per lo meno, fino all’entrata in vigore dell’art. 242 del d. lgs. 152/2006. Essa, inoltre, sostiene l’illegittimità dell’ordinanza provinciale PD/609 del 10 marzo 2015, che ha affermato la responsabilità di Edison per l’inquinamento del canale Sisma, ma che è oggetto di autonoma impugnazione.

Infine, si è costituito in giudizio l’INAIL, per eccepire il proprio difetto di legittimazione passiva, dal momento che lo stesso (e prima l’ISPESL) non ha mai partecipato alle conferenze di Servizi decisorie, ma solo a quelle istruttorie e, a seguito della scadenza della convenzione stipulata tra SIAP (Sviluppo Italia Aree Produttive s.p.a. e ISPESL), dal 31 dicembre 2007 non ha più avuto alcun ruolo nella predisposizione degli atti impugnati.

Alla pubblica udienza del 13 luglio 2016, la causa, su conforme richiesta dei procuratori delle parti, è stata trattenuta in decisione.


DIRITTO

Deve essere preliminarmente accolta l’eccezione introdotta da INAIL e tesa ad escludere la legittimazione passiva di tale ente, atteso che risulta incontestato che, dall’1 gennaio 2008, l’ISPESL (nelle cui funzioni è subentrato l’INAIL) non ha più avuto alcun ruolo, nemmeno consultivo, nell’adozione degli atti relativi alla messa in sicurezza e bonifica del Sito di interesse nazionale “Laghi di Mantova e Polo Chimico”.

Ciò precisato, va dato conto che, con il ricorso in esame, sono censurate le prescrizioni dettate dall’Amministrazione nella Conferenza di servizi decisoria del 25 luglio 2013, approvata con il decreto direttoriale 2 ottobre 2013, che segue la precedente Conferenza decisoria del 10 ottobre 2011.

Prima di procedere all’esame delle singole doglianze, peraltro, appare opportuno premettere, in linea generale, che gli interventi e i progetti presentati dalla Società Versalis e ai quali si riferiscono le prescrizioni dettate dalla Conferenza di servizi decisoria del 25 luglio 2013, sono espressione della volontà della Società di porre in essere attività di collaborazione per la tutela dell’ambiente e della salute nell’area di interesse che, come dalla stessa sostenuto, non può, tuttavia, eccedere la misura di una coerente proporzione e compatibilità con gli impegni relativi alla conduzione degli impianti produttivi attualmente gestiti nel sito.

Tutte le prescrizioni contestate con il ricorso in esame comporterebbero, secondo Versalis, costi incompatibili con la volontà della stessa di partecipare alla prevenzione dei rischi provenienti dall’area, ma nei ragionevoli limiti delle attività che possono essere imposte al proprietario, in quanto soggetto diverso da quello responsabile dell’inquinamento.

Dunque, l’esame di legittimità degli atti impugnati con il ricorso in esame non può che essere guidato dalla presa d’atto che, al momento della loro adozione, non risultava ancora individuato il soggetto responsabile dell’inquinamento, con tutti i corollari che ne derivano nei termini che si andranno ad evidenziare nel prosieguo.

A tale proposito si deve, peraltro, precisare come esuli dalla questione dedotta nel presente giudizio l’accertamento della responsabilità dell’inquinamento. A prescindere da quanto si dirà nel prosieguo, allo stato deve ritenersi – fino alla pronuncia sui ricorsi promossi avverso le ordinanze con cui la Provincia di Mantova ha individuato in Edison la responsabile degli inquinamenti oggetto delle misure in discussione – accertata la responsabilità in capo a tale società; ma ai fini che qui rilevano, ciò risulta essere, di fatto, ininfluente, atteso che la dedotta illegittimità delle prescrizioni de quibus non è fatta discendere da un erroneo accertamento della responsabilità stessa, ma, ancora più a monte, dall’imposizione di determinate misure, preordinate alla bonifica, sulla sola scorta del titolo proprietario, a prescindere dall’individuazione del responsabile dell’inquinamento.

In ragione di ciò, la difesa della controinteressata, incentrata proprio sulla non definitività dell’accertamento della responsabilità dell’inquinamento delle aree ora di proprietà di Versalis in capo a Edison e sulla corretta individuazione degli obblighi che ne deriverebbero (anche alla luce dell’accordo transattivo già stipulato da tale società con il Ministero), non risulta incidere sulle sorti del ricorso in esame.

Ciò premesso, il primo motivo di ricorso appare fondato, atteso che l’art. 12 del trattato di Minamata (richiamato dalla difesa erariale come una delle giustificazioni del diverso parere espresso da ISS) definisce una strategia per i siti contaminati da mercurio che è sostanzialmente basata sull’analisi di rischio e su considerazioni costi/benefici. Il suo richiamo a sostegno delle modalità gestionali suggerite nel parere ISS e recepite dalla Conferenza decisoria del 25 luglio 2013 sembra, quindi, almeno in parte, inconferente.

Invero, in assenza di specifica motivazione, l’utilizzo, come parametro di riferimento ed obiettivo di bonifica, delle CSC per la specifica destinazione d’uso imposta dalla censurata conferenza di servizi, appare illogico nella fase in cui si trovava il procedimento di “bonifica”, inteso in senso ampio, del sito in questione già al momento dell’adozione degli atti.

Secondo quanto previsto dal legislatore, infatti, le CSC rappresentano i limiti di inquinamento che debbono essere presi a riferimento nella prima fase del procedimento di bonifica: il superamento delle CSC può essere sintomatico di inquinamento e porta alla classificazione del sito come “potenzialmente contaminato”, rendendo necessaria la caratterizzazione dello stesso per l’individuazione delle CSR, cioè degli specifici limiti di concentrazione ritenuti compatibili con le specifiche caratteristiche del luogo.

Si tratta, pertanto, di un’analisi più specifica e mirata, basata sulle condizioni concrete del luogo e, dunque, appare privo di significato l’invito ad assumere come obiettivo della bonifica livelli che sono generici e disancorati dalla situazione reale. Invero, laddove le autorità preposte non dovessero condividere i risultati dalla caratterizzazione e dell’analisi di rischio, potrebbe essere richiesta un’integrazione (così come risulta in concreto essere avvenuto negli anni), al fine della corretta determinazione degli specifici parametri di riferimento per la specifica area, ma non appare comprensibile la richiesta dell’applicazione di quelli generici di CSC dopo lo svolgimento delle indagini appositamente preordinate a stabilire le CSR specifiche.

In effetti, nel parere dell’ISS del 23 luglio 2013 che ha indotto la Conferenza di Servizi a mutare il proprio parere, si legge che: “ritiene opportuno che la concentrazione di mercurio nel terreno sia minimizzata e pertanto propone che vengano individuati come obiettivi di bonifica i limiti di legge definiti, cioè le concentrazioni soglia di contaminazione (CSC) per la specifica destinazione d’uso (commerciale e industriale).”. Ciò in contrasto con quanto affermato dallo stesso Istituto solo un mese prima, nel parere del 5 giugno 2013, che affermava la “necessità di verificare in modalità diretta concentrazioni così elevate e, se queste dovessero portare ad una non accettabilità di rischio, si renderà necessario considerare come CSR le Csat” (e cioè le concentrazioni della soglia di saturazione) e anche con il successivo parere del 26 novembre 2013, nel quale lo stesso Istituto si è limitato a ricordare che la convenzione di Minamata ha ribadito i gravi danni che può causare il mercurio per la salute umana e per l’ambiente, a causa della sua capacità di persistenza nelle matrici ambientali, di bioaccumulo e di tossicità (documentata da un’imponente letteratura). Perciò, ha invitato i firmatari ad intraprendere azioni e strategie per ridurre il rischio causato dalla permanenza del mercurio nei siti contaminati.

Ciò premesso, e considerato che il sito in questione si trova in un’area sensibile, dove il mercurio risulta essere percolato col tempo negli strati successivi a quello più superficiale (confermando che la sostanza non è stabile), l’Istituto ha ritenuto (nel parere successivo a quello posto a base del provvedimento impugnato) che l’identificazione di un obiettivo di bonifica di 5 mg/kg di mercurio rappresenti una scelta equilibrata, sostenibile dal punto di vista ambientale ed in linea con le politiche nazionali ed internazionali tendenti all’eliminazione del mercurio da tutte le fonti potenzialmente inquinanti (così, di fatto, superando nuovamente il riferimento alle CSC).

Il contrasto tra i primi due pareri risulta essere motivato semplicemente con la seguente proposizione: “il valore della Csat è generato assumendo condizioni costanti nel tempo, le quali in realtà non possono essere garantite, tenuto conto di eventi meteo climatici, ad oggi imprevedibili, che possono modificare dette condizioni”.

Precisato che la verifica in modalità diretta effettuata, come richiesto, utilizzando come dato di input la concentrazione di saturazione, ha restituito valori di rischio accettabili in tutte le sorgenti di contaminazione (così la nota tecnica sulla Conferenza di servizi decisoria relativa all’analisi di sito specifica, redatta dal prof. Baciocchi e allegata al nr. 11 dei documenti prodotti nell’ambito del ricorso 1164/2013, pure chiamato in discussione all’odierna udienza pubblica), tale giustificazione appare insufficiente a legittimare la richiesta censurata. Appare condivisibile la conclusione di pag. 5 della suddetta relazione, laddove si legge che: “non risulta completamente comprensibile cosa si intenda nel parere per <<eventi meteoclimatici imprevedibili>>. Se si intendessero precipitazioni piovose eccezionali o al contrario periodi prolungati di siccità, si rileva che nessuno dei termini contenuti nel secondo membro della suddetta equazione” (e cioè dell’equazione utilizzata per il calcolo della concentrazione di saturazione per il mercurio ritenuta corretta anche dall’ISS: n.d.r.), dipende dal contenuto di acqua del suolo, e che quindi il valore di Csat non potrebbe in alcun modo cambiare”. Nello stesso elaborato tecnico si sottolinea, inoltre, che, “indipendentemente dall’occorrenza di eventuali eventi meteoclimatici imprevedibili, i criteri riconosciuti per l’applicazione dell’analisi di rischio prevedono che la stima del rischio venga fatta su di un orizzonte temporale talmente lungo (25 anni), tale per cui sia corretto assumere valori rappresentativi delle condizioni sito-specifiche medie nell’arco del tempo di esposizione, così come fatto nel documento di analisi di rischio”.

Tale conclusione non risulta essere nemmeno contestata nel merito dall’Amministrazione, né nel corso del procedimento, né in sede giudiziale, con la conseguenza che la scelta della Conferenza di Servizi deve ritenersi priva di un adeguato supporto motivazionale.

La necessità di determinare il valore di concentrazione per il mercurio attraverso un’analisi di rischio che tenga conto della particolare situazione dei luoghi sarebbe, peraltro, confermata anche da un recentissimo parere dello stesso ISS allegato alla conferenza istruttoria del 19 maggio 2016.

Basti, a tal proposito, ricordare che la motivazione della richiesta di fissare come obiettivo di bonifica le concentrazioni di CSC, individuata nella necessità di prevenire gli effetti meteo-climatici imprevedibili e riportata nella memoria di difesa del Ministero era desumibile già dal parere presupposto dell’atto impugnato ed è stata confutata dal tecnico di parte nel corso del procedimento.

Ciononostante, né nel verbale della Conferenza di servizi, né negli atti successivi e nemmeno nelle difese in giudizio si rinviene una qualsiasi argomento atto a revocare in dubbio e superare le contestazioni del tecnico di Versalis.

Quest’ultimo ha anche affermato che “il mero superamento della CSC non implicherebbe necessariamente un rilascio di Mercurio. Pertanto, la richiesta di bonificare a CSC non pare comunque giustificata da un punto di vista tecnico, come d’altra parte da quello normativo, che ovviamente fissa gli obiettivi di bonifica pari alla CSR. Pertanto, lo strumento corretto per valutare un potenziale rilascio dal suolo resta l’Analisi di Rischio, eventualmente combinata con altre linee di evidenza, ottenibili mediante misure della cessione del mercurio dal suolo, stato di contaminazione lungo la colonna del suolo, effettivo stato di contaminazione della falda”.

L’opportunità di stabilire, in concreto, gli obiettivi di bonifica in relazione alle risultanze dell’analisi specifica del suolo, così come sostenuto da Versalis contestando le diverse conclusioni della Conferenza di servizi risulta, del resto, confermata anche dal recentissimo parere dello stesso ISS, fatto proprio dalla Conferenza di servizi del 19 maggio 2016.

La prescrizione, dunque, appare del tutto priva di supporto logico-tecnico e giuridico.

Il progetto di bonifica presentato da Versalis, peraltro, già prevede l’implementazione delle azioni per la rimozione del surnatante e, inoltre, la scelta della società ricorrente di escludere il surnatante dall’analisi di rischio risulta confermata, nella sua correttezza, anche alla luce della normativa applicabile, secondo la quale l’analisi di rischio deve essere riferita esclusivamente alle sorgenti secondarie di contaminazione e sviluppata sulla base dei risultati delle indagini di caratterizzazione.

La difesa dell’Amministrazione non ha fornito alcun elemento utile a superare tali affermazioni tecniche, e, più in generale, la censura di parte ricorrente secondo cui i due pareri (ARPA e ISS) sarebbero tra di loro contraddittori.

Inconferente risulta, infine, il richiamo dell’ISS al decreto legislativo n. 219 (e non 209, come erroneamente riportato in ricorso) del 2010, che ha modificato l’art. 78 del d.lgs. n. 152 del 2006.

L’art. 78 cit., così come modificato, precisa espressamente che “Le disposizioni del presente articolo concorrono a conseguire l’obiettivo dell’eliminazione delle sostanze pericolose prioritarie indicate come PP alla tabella 1/A del paragrafo A.2.6 dell’allegato 1 alla parte terza, negli scarichi, nei rilasci da fonte diffusa e nelle perdite, nonché alla graduale riduzione negli stessi delle sostanze prioritarie individuate come P alla medesima tabella. Tali obiettivi devono essere conseguiti entro venti anni dall’inserimento della sostanza nell’elenco delle sostanze prioritarie da parte del Parlamento europeo e del Consiglio. Per le sostanze indicate come E l’obiettivo è di eliminare l’inquinamento delle acque causato da scarichi, rilasci da fonte diffusa e perdite entro il 2021”.

La disposizione indica specifiche attività di monitoraggio che le Regioni e le Province autonome debbono porre in essere per garantire “standard di qualità ambientale per le acque superficiali”: essa disciplina, dunque, gli approfondimenti tecnici che debbono essere effettuati dalle Regioni e dalle Province Autonome, avvalendosi delle Agenzie regionali per l’Ambiente, al fine di adottare il provvedimento di identificazione dello stato chimico dei corpi idrici superficiali.

Ciò premesso e considerato che parte ricorrente contesta, in primo luogo, il fatto che una sorgente di contaminazione nel suolo possa essere fatta rientrare nella definizione di scarico, anche in questo caso non si può che constatare, come già in passato, rispetto all’imposizione di analoghi oneri (cfr. la sentenza TAR Brescia, n. 4880/2010), la mancata esplicitazione, da parte del Ministero, delle ragioni per cui dovrebbe trovare applicazione, nel caso di specie, la normativa in parola.

Si ravvisano, dunque, i presupposti per l’accoglimento del ricorso, nella parte in cui contesta la legittimità della generica previsione della rielaborazione dei documenti dell’analisi di rischio, imponendo di rimodularli al rispetto delle CSC di zona, anzichè ai valori di CSR emersi dall’analisi di rischio.

Rispetto a buona parte delle singole ulteriori prescrizioni censurate, la stessa parte ricorrente ha, nel corso dell’udienza pubblica, aderito all’eccezione di improcedibilità introdotta dalla difesa erariale, collegata al fatto che i plurimi atti sopravvenuti intervenuti a ribadire, modificare ed eliminare le prescrizioni stesse hanno fatto venire meno l’interesse attuale e concreto alla decisione.

Ciò vale, in particolare, per:

1. l’area L, che ha formato oggetto del decreto direttoriale prot. 4995 del 13 maggio 2014, il quale ha disciplinato la rimozione delle vasche interrate Montedison;

2. l’area B + I, che ha formato oggetto del progetto di bonifica dei terreni (per la rimozione di rifiuti e riporti misti) approvato con decreto direttoriale 5256 del 23 settembre 2014, nel quale si è ribadito che “in analogia a quanto richiesto per l’analisi di rischio generale, gli obiettivi di bonifica per il mercurio nei terreni devono essere i valori di CSC per la specifica destinazione d’uso”;

3. l’area R2, che ha formato oggetto del progetto operativo di bonifica approvato con decreto direttoriale n. 97 dell’8 marzo 2016;

4. gli interventi sui terreni e sulle acque di falda con tecnologie MPE, che hanno formato oggetto del decreto direttoriale 4994 del 13 maggio 2014, il quale contiene disposizioni atte a superare anche la richiesta di descrizione delle misure di prevenzione adottate per il canale Sisma (lettera C delle prescrizioni censurate).

La prescrizione che impone di “rimuovere, come misura di prevenzione, il mercurio nel sondaggio SP24” (v. punto 1, sottopunto 3, della lett. F dell’o.d.g., prescrizione n. 5, dispositivo a pagg. 12-13 del verbale della Conferenza di servizi) e che, secondo la tesi di parte ricorrente, sarebbe un’operazione di bonifica e non di messa in sicurezza – che, peraltro non troverebbe giustificazione nei risultati delle analisi chimiche effettuate che evidenzierebbero, secondo Versalis, una concentrazione, presso la sorgente SP24, inferiore ai limiti di rilevabilità, irrilevante rispetto alla volatilizzazione e in assenza di fase separata di mercurio metallico a contatto con la fase gas del terreno in prossimità della sonda di soil gas – è stata riproposta a seguito della Conferenza di Servizi decisoria del 14 luglio 2015, oggetto di impugnazione con autonomo ricorso.

Di fatto, per tutti questi aspetti, gli atti impugnati debbono ritenersi superati e, dunque, nella sostanza, caducati, in ragione della rinnovazione dell’istruttoria, sulla scorta della documentazione integrativa di volta in volta acquisita (dalle osservazioni di Versalis, ai pareri espressi dagli organi competenti sugli elaborati via via prodotti dalla stessa per adempiere alle prescrizioni e per contrastare le imposizioni), che risulta essere alla base delle nuove determinazioni adottate dalle Conferenze di servizi e dai successivi decreti direttoriali, con conseguente traslazione dell’interesse della ricorrente alla decisione sull’ultimo provvedimento lesivo.

Deve, invece, essere rigettato il ricorso nella parte in cui tende all’annullamento del verbale della conferenza di servizi decisoria laddove impone di “ottemperare alle prescrizioni per l’Area Valletta, di cui al parere ARPA prot. n 71461 del 24.05.2013, acquisito dal Ministero dell’Ambiente e della tutela del territorio e del mare al prot n 37492 del 27.05.2013”, e in particolare di “avviare idonee misure di prevenzione, di cui all’art. 242 del d.lgs. 77. 152/2006” (v. punto 1, sottopunto 3, della lett. F dell’o.d.g., prescrizione n. 4, dispositivo a pagg. 12/13 del verbale della Conferenza di servizi del 25 luglio 2013). Sul punto, la difesa erariale ha evidenziato come si tratti di un’area che è stata valutata separatamente dal resto del sito perché è stata creata realizzando, mediante l’apporto di materiali contaminati da mercurio e, dunque, ad una quota rialzata, un parcheggio, mentre la parte a valle della scarpata risulta essere costantemente sommersa da una lama di acqua. La necessità di intervenire sarebbe scaturita, dunque, dalla rilevazione di mercurio anche nel cavo San Giorgio, che scorre immediatamente a valle della zona. A fronte di ciò, Versalis si è limitata a dedurre che la prescrizione sarebbe stata adottata in assenza dei presupposti della minaccia imminente per la salute e l’ambiente che giustifichino l’esercizio di tale potere.

La deduzione è, quindi, del tutto generica ed insufficiente a giustificare, in un’ottica di bilanciamento degli interessi, l’eliminazione della prescrizione, che ha un evidente intento di prevenzione che deve essere perseguito anche in caso di situazione di pericolo esistente da tempo, ma che presenti il rischio del suo aggravamento. Aggravamento che, nel caso di specie, potrebbe essere originato dal dilavamento dei materiali usati per il riempimento e il deflusso del refluo verso valle. Peraltro, se – come sostenuto dalla ricorrente – a evitare il pericolo fosse sufficiente il barrieramento già in essere, ciò avrebbe potuto essere rappresentato proprio in ottemperanza alla prescrizione che impone, in primo luogo, di descrivere le misure adottate.

Decisiva appare, ai fini del rigetto della doglianza, l’assenza di una specifica difesa da parte di Versalis, atta a confutare quella erariale, che ha messo in evidenza come la prescrizione sia scaturita da un tavolo tecnico istituzionale, cui ha attivamente e costruttivamente partecipato anche la stessa società, congiuntamente con la Regione e gli enti locali.

L’ultimo motivo di ricorso introduce censure che attengono a vizi propri del decreto direttoriale con cui sono state approvate le determinazioni della conferenza di Servizi.

Il provvedimento che approva le determinazioni della conferenza di servizi, aderendo ad esse, come nel caso di specie, però, contrariamente a quanto asserito in ricorso, non necessita di alcuna particolare esplicitazione delle ragioni della sua adozione, essendo sufficientemente motivato per relationem al verbale della conferenza stessa (in senso conforme, cfr. TAR Toscana, 1367/2011) e, trattandosi di un mero atto di gestione, rientra nelle competenze proprie del dirigente. Così deve essere inteso, alla luce dei principi generali del riparto delle competenze, il richiamo espressamente operato dall’art. 252, con riferimento agli atti di bonifica, alle competenze del Ministero, il quale può essere analogicamente applicato anche alle prodromiche misure di messa in sicurezza.

Conclusivamente, dunque, il ricorso in esame deve essere accolto, nella parte in cui non è divenuto improcedibile e, conseguentemente, debbono essere caducate le prescrizioni individuate con le lettere A, B e C, in ragione dei vizi dedotti con i motivi di ricorso n. 1 e 2, mentre deve essere respinto con riferimento alla prescrizione di cui al punto 1, sottopunto 3, della lett. F del’o.d.g., prescrizione n. 4.

In ragione del parziale accoglimento del ricorso, le spese del giudizio sono poste altrettanto parzialmente a carico dell’Amministrazione resistente, nella misura indicata in dispositivo.


P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia sezione staccata di Brescia (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto:

– dispone l’estromissione dal giudizio dell’INAIL;

– lo accoglie parzialmente e, per l’effetto, annulla le prescrizioni dell’atto impugnato meglio precisate in motivazione, fatti salvi gli ulteriori provvedimenti che l’Amministrazione intenderà adottare;

– lo respinge nella parte in cui censura la prescrizione di cui al punto 1, sottopunto 3, della lett. F del’o.d.g., prescrizione n. 4;

– lo dichiara improcedibile nella parte restante;

– condanna l’Amministrazione al pagamento, a favore della ricorrente, della somma liquidata in euro 2.000,00 (duemila/00), oltre ad accessori di legge, a titolo di parziale rifusione delle spese del giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Brescia nella camera di consiglio del giorno 13 luglio 2016 con l’intervento dei magistrati:

Giorgio Calderoni, Presidente
Roberto Valenti, Consigliere
Mara Bertagnolli, Consigliere, Estensore

L’ESTENSORE
Mara Bertagnolli

 IL PRESIDENTE

Giorgio Calderoni
                 
        

IL SEGRETARIO

 

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