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Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: VIA VAS AIA Numero: 625 | Data di udienza: 6 Giugno 2018

VIA, VAS E AIA – Separazione formale tra autorità competente e procedente per la VAS – Collocazione all’interno del medesimo ente – Art. 4, c. 3 ter l.r. Lombardia n. 12/2005 – Qualificazione tecnico – professionale – AMBIENTE IN GENERE – Principio di precauzione – Tutela anticipata rispetto al principio di prevenzione.


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 1^
Regione: Lombardia
Città: Brescia
Data di pubblicazione: 27 Giugno 2018
Numero: 625
Data di udienza: 6 Giugno 2018
Presidente: Politi
Estensore: Tenca


Premassima

VIA, VAS E AIA – Separazione formale tra autorità competente e procedente per la VAS – Collocazione all’interno del medesimo ente – Art. 4, c. 3 ter l.r. Lombardia n. 12/2005 – Qualificazione tecnico – professionale – AMBIENTE IN GENERE – Principio di precauzione – Tutela anticipata rispetto al principio di prevenzione.



Massima

 

TAR LOMBARDIA, Brescia, Sez. 1^ – 27 giugno 2018, n. 625


VIA, VAS E AIA – Separazione formale tra autorità competente e procedente per la VAS – Collocazione all’interno del medesimo ente – Art. 4, c. 3 ter l.r. Lombardia n. 12/2005 – Qualificazione tecnico – professionale.

In tema di separazione formale tra autorità competente e autorità procedente per la VAS (v. art. 5 e 12 del Dlgs. 152/2006), si ritiene normale la collocazione delle stesse all’interno del medesimo ente (v. CS Sez. IV 12 gennaio 2011 n. 133; TAR Brescia Sez. II 2 maggio 2013 n. 400). Le funzioni delle due autorità non sono in rapporto di contrapposizione o di controllo. La distinzione ha invece la finalità di assicurare che, attraverso la collaborazione e lo scambio di informazioni, entrino nella valutazione ambientale tutti gli apporti tecnici necessari. … Questa impostazione è codificata nell’art. 4 comma 3-ter della LR Lombardia 12/2005, che prevede in via prioritaria la concentrazione delle due autorità nello stesso ente. Non affiorano, in proposito, profili di contrasto con la normativa nazionale e con le direttive comunitarie: la separazione che garantisce l’autonomia dell’autorità competente è quella funzionale, la quale a sua volta deriva dal possesso di una particolare qualificazione tecnico-professionale, che sia esercitabile secondo le regole tecniche della pianificazione, senza interferenze di altra natura.
 

AMBIENTE IN GENERE – Principio di precauzione – Tutela anticipata rispetto al principio di prevenzione.

Il principio di precauzione, al quale deve ispirarsi l’amministrazione, permea il diritto europeo e nazionale in materia di protezione ambientale e fa obbligo alle autorità competenti di adottare provvedimenti appropriati al fine di prevenire i rischi potenziali per la sanità pubblica, per la sicurezza e per l’ambiente, ponendo una tutela anticipata rispetto alla fase dell’applicazione delle migliori tecniche proprie del principio di prevenzione (Consiglio di Stato, sez. IV – 28/6/2016 n. 2921 che richiama sez. V – 18/5/2015 n. 2495).

Pres. Politi, Est. Tenca – Omissis (avv.ti Mariuzzo e Carmignani) c. Comune di Gargnano(avv.ti Ferrari e Fontana), Regione Lombardia (avv.ti Schiena e Fidani) e altro (n.c.)


Allegato


Titolo Completo

TAR LOMBARDIA, Brescia, Sez. 1^ - 27 giugno 2018, n. 625

SENTENZA

 

TAR LOMBARDIA, Brescia, Sez. 1^ – 27 giugno 2018, n. 625

Pubblicato il 27/06/2018

N. 00625/2018 REG.PROV.COLL.
N. 01585/2010 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia

sezione staccata di Brescia (Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1585 del 2010, integrato da motivi aggiunti, proposto da
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dagli avv.ti Tommaso Mariuzzo e Cesare Carmignani, con domicilio “digitale” corrispondente alla PEC indicata negli scritti difensivi, e domicilio “fisico” presso lo studio del secondo in Brescia, Via Gramsci n. 14;


contro

Comune di Gargnano, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avv.ti Italo Ferrari e Francesco Fontana, con domicilio “digitale” corrispondente alla PEC indicata negli scritti difensivi, e domicilio “fisico” presso il loro studio in Brescia, Via Diaz n. 28;
Comune di Gargnano – -OMISSIS– Responsabile di Area, non costituitisi in giudizio;
Regione Lombardia, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Raffaela Antonietta Maria Schiena, Viviana Fidani, con domicilio “digitale” corrispondente alla PCE indicata negli scritti difensivi, e domicilio “fisico” presso lo studio dell’avv.to Donatella Mento in Brescia, Via Cipro n. 30;

nei confronti

Colosio Silvana in Lievi, non costituitasi in giudizio;

per l’annullamento

Ricorso introduttivo:

– DELLA DELIBERAZIONE GIUNTALE 30/11/2009 N. 107, RECANTE L’INDIVIDUAZIONE DELL’AUTORITA’ COMPETENTE PER LA VALUTAZIONE AMBIENTALE STRATEGICA (VAS) NELLA PERSONA DEL SINDACO (RESPONSABILE DELL’UFFICIO EDILIZIA PRIVATA E URBANISTICA, RUP DEL PROCEDIMENTO DI REDAZIONE DEL PGT NONCHE’ AUTORITA’ PROCEDENTE), E DI TUTTI I DOCUMENTI DELLA PROCEDURA DI VAS DEL DOCUMENTO DI PIANO, ELENCATI NELLA DELIBERAZIONE CONSILIARE 27/7/2010 N. 36 DI ADOZIONE DEL PGT (di cui si chiede l’annullamento in via derivata);

– DELLO STUDIO GEOLOGICO DEL PGT ADOTTATO, E IN PARTICOLARE DELLA “RELAZIONE GEOLOGICA GENERALE” E DELLE TAVOLE 5-EST, 6.5, 8.A.5, NELLE QUALI LA "ZONA AD ALTO RISCHIO IDROGEOLOGICO" E LA ZONA DI FATTIBILITÀ "4C" COMPRENDONO IL LOTTO DI PROPRIETÀ DEL RICORRENTE E NON, INVECE, I LOTTI INTERESSATI DALLA CADUTA E DELL’ARRESTO DI UN GRANDE MASSO IN DATA 18/3/2004;

– (IN VIA DERIVATA) DELLA NOTA REGIONALE 27/7/2010, RECANTE IL GIUDIZIO POSITIVO DI COMPATIBILITA’ DELLO STUDIO GEOLOGICO AI SENSI DELL’ART. 18 DEL P.A.I.;

– DELLA DELIBERAZIONE CONSILIARE 27/7/2010 N. 36 DI ADOZIONE DEL PGT, PREVIA CADUCAZIONE DELLA DISCIPLINA URBANISTICA DELL’AREA DI PROPRIETA’ DEL RICORRENTE, DELL’ART. 18 DEL PIANO DELLE REGOLE E DELLE TAVOLE CHE RAPPRESENTANO IL LOTTO DI SUA APPARTENENZA;

– Di OGNI ATTO PRESUPPOSTO, PRESUPPONENTE E CONSEGUENZIALE;

e per l’accertamento

– DELL’OBBLIGO DEL COMUNE DI ESIBIRE I CERTIFICATI DI COLLAUDO STATICO DELLE OPERE DI DIFESA E DI MITIGAZIONE DEL RISCHIO REALIZZATE FINO AL 27/7/2010 E I DOCUMENTI AFFERENTI A TUTTE LE OPERE PREVISTE E/O PROGETTATE PER TALE FINALITA’, E DI VALUTARE L’EVENTUALE DECRESCITA DEL LIVELLO DI RISCHIO PER L’AREA IN CUI E’ COLLOCATO IL LOTTO APPARTENENTE AL RICORRENTE;

e per la condanna

– AL RISARCIMENTO DEL DANNO PROVOCATO DAL RITARDO E DALL’ILLEGITTIMO ESERCIZIO DELL’ATTIVITA’ AMMINISTRATIVA, QUANTIFICABILE IN MISURA NON INFERIORE A 500.000 €, OLTRE A RIVALUTAZIONE E INTERESSI;

e per l’esperimento

– DI UNA CTU O DI UNA VERIFICAZIONE CHE ACCERTI L’EFFETTIVO RISCHIO IDROGEOLOGICO DI TUTTI I LOTTI ENUCLEATI NELL’ISTANZA ISTRUTTORIA (DOPO LA REALIZZAZIONE DELLE OPERE DI DIFESA), ANCHE PER RISCONTRARE L’ILLEGITTIMITA’ DELLO STUDIO GEOLOGICO E DELLA NOTA REGIONALE 27/7/2010.

Primi motivi aggiunti:

per l’annullamento

– DELLA DELIBERAZIONE GIUNTALE 28/1/2011 N. 5, RECANTE L’INDIVIDUAZIONE DI UN TEAM INTERDISICPLINARE CUI AFFIDARE LA CONVALIDA DELL’ATTIVITA’ SVOLTA NEL PROCEDIMENTO DI VAS;

– DI TUTTI I DOCUMENTI DELLA PROCEDURA DI VAS DEL DOCUMENTO DI PIANO, DEFINITIVAMENTE APPROVATI CON LA DELIBERAZIONE CONSILIARE 4/2/2011 N. 3;

– DEL PARERE MOTIVATO FINALE IN DATA 28/1/2011 E DELLA DICHIARAZIONE DI SINTESI CONCLUSIVA DEL 31/1/2011;

– DELLO STUDIO GEOLOGICO, E IN PARTICOLARE DELLA "RELAZIONE GEOLOGICA GENERALE» E DELLE TAVOLE DELLO STUDIO GEOLOGICO E DELLE LORO INTEGRAZIONI DEL SETTEMBRE 2010 E DEL 4/1/2011, NELLA PARTE IN CUI NON HANNO PRESO IN CONSIDERAZIONE LE OPERE DI DIFESA REALIZZATE E HANNO MANTENUTO IL LOTTO DI PROPRIETA’ IN "ZONA AD ALTO RISCHIO IDROGEOLOGICO" E IN ZONA DI FATTIBILITÀ "4C", E HANNO VICEVERSA ESCLUSO DA DETTA PERIMETRAZIONE I LOTTI INTERESSATI DALLE CADUTE MASSI DEL 18/3/2004 E DEL 28/12/2010;

– DELLA NOTA REGIONALE 27/7/2010;

– (in via derivata) DELLA DELIBERAZIONE DI APPROVAZIONE FINALE DEL PGT;

Secondi motivi aggiunti:

per l’annullamento

– DEGLI ATTI GIA’ IN PRECEDENZA IMPUGNATI, PER I VIZI GIA’ ILLUSTRATI, ALLA LUCE DEI FATTI NUOVI DELL’OTTOBRE 2010.

Visti il ricorso, i primi e i secondi motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Comune di Gargnano e di Regione Lombardia;
Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 6 giugno 2018 il dott. Stefano Tenca e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

A. Riferisce il ricorrente di essere proprietario di un lotto in località S. Giacomo nel Comune di Gargnano (mappali 8041, 8042 e 8044), esteso per 1974 m². Il compendio si colloca a valle della SS 45-bis “Gardesana Occidentale”, a circa 200 metri dal Lago di Garda, e appartiene a un comparto residenziale (realizzato secondo un Piano di Lottizzazione risalente agli anni ’60, denominato “-OMISSIS-”) già completamente edificato con l’unica eccezione della porzione del Sig. -OMISSIS-. All’interno del tessuto urbano consolidato, il Consorzio si compone di 59 unità abitative di pregio, ed è dotato delle urbanizzazioni primarie (realizzate a spese di tutti consorziati, compreso il ricorrente).

B. L’appezzamento di cui il ricorrente è titolare è assistito da edificabilità per 1.459 mq., con indice di 0,3 mc./mq., ma la pianificazione urbanistica ha dovuto tener conto della disciplina idrogeologica. Lo studio geologico predisposto per la variante al PRG approvata con le deliberazioni consiliari n. 17/2003 e 19/2003 lo classificava in zona 4 di fattibilità geologica: in attuazione della L. 267/1998, la Regione Lombardia aveva perimetrato 129 siti a rischio di dissesto, e l’8/8/2001 era entrato in vigore il Piano Stralcio per l’Assetto Idrogeologico (PAI), che aveva inserito il lotto cui si discorre (ed altri 4 localizzati al di sotto della SS 45-bis – doc. 74) in “zona 2 a rischio idrogeologico molto elevato”, dove non era ammessa alcuna nuova edificazione. Le Norme di Attuazione del PAI inibiscono, per i compendi ubicati in zona 2, la possibilità di realizzare nuove costruzioni, con obbligo per i Comuni di conformare gli strumenti urbanistici alle sue previsioni e salva la possibilità di estendere o ridurre le perimetrazione nel caso di incremento o di diminuzione (grazie alle opere di difesa e di mitigazione) del rischio idrogeologico.

C. Il ricorrente rappresenta l’avvenuta presentazione – tra il 24 maggio e il 4 giugno del 2004 – dell’istanza di rilascio di tre titoli abilitativi per l’edificazione, sul mappale 8041, di un nuovo edificio ad uso abitazione, dell’annessa piscina e di una barriera paramassi in terra rinforzata. In precedenza, il Sig. -OMISSIS- aveva depositato una relazione geologica e geotecnica.

Dopo gli episodi del distacco di un masso dal versante sud-est del monte Comero in data 18/3/2004 (precipitato a valle, a 300 metri in linea d’aria dal lotto del ricorrente) e dell’evento alluvionale del luglio 2004 lungo il Rio Gaz, e dopo il riscontro del rischio di frana per ulteriori blocchi di ampie dimensioni, si è attivata una interlocuzione – sollecitata dal ricorrente – tra il Comune e la Regione Lombardia sulla possibile modifica della perimetrazione delle aree a rischio idrogeologico molto elevato. Nella nota 6/9/2004, l’autorità regionale si esprimeva sfavorevolmente alla luce della caduta del masso del 18/3/2004 e rappresentava che, per un’area ad elevato pericolo di crolli, era necessario riesaminare la perimetrazione nel suo complesso dopo aver realizzato le opere di mitigazione (senza procedere a rettifiche puntuali per singoli lotti e mappali, anche se protetti da manufatti a difesa costruiti dai privati). Nel frattempo, il Comune avviava i lavori urgenti per la messa in sicurezza del fronte roccioso del Monte Comero (sulla base dello studio geologico -OMISSIS- – doc. 14).

D. Il Sig. -OMISSIS- dà conto altresì dell’avvenuto deposito, in data 21/4/2005, di una relazione tecnica integrativa elaborata dal geologo dott. -OMISSIS-(doc. 16), affinché il Comune desse impulso alla ri-perimetrazione presso la Regione, competente a decidere sulla proposta: gli approfondimenti compiuti evidenziavano un minor pericolo per l’area a sud della SS 45-bis, e le opere a difesa giustificavano un declassamento di classe urbanistica (da 4 a 3) e di perimetrazione del PAI (da 2 a inferiore). E’ seguito un’ulteriore confronto tra il Comune e la Regione, che ha avuto un esito infruttuoso: al termine, l’istanza comunale del 6/2/2009, orientata a ridefinire i confini della zona 2 del PAI, escludendo il lotto del ricorrente alla luce delle opere di mitigazione del rischio eseguite nel frattempo, è stata riscontrata dalla Regione il 18/3/2009, con l’invito ad elaborare (e a sottoporre) uno studio di dettaglio sulla totalità dell’area perimetrata, tenuto conto degli interventi di messa in sicurezza effettuati e ancora da effettuare.

E. Il Comune avviava l’iter per l’approvazione del PGT, conferendo gli incarichi all’uopo necessari, compreso lo studio per il risanamento idrogeologico. Gli ulteriori contatti con la Regione sulla vicenda non si rivelavano proficui. Con l’impugnata deliberazione 27/7/2010 n. 36 il Comune adottava il PGT, classificando l’area appartenente al Sig. -OMISSIS- in zona V – verde privato (come l’intero Consorzio “Gaz de la Oliva” e una vasta area comunale anche a monte della S.S. 45-bis), ove sono vietate le nuove costruzioni e risulta ammesso un aumento una tantum della superficie lorda di pavimento (Slp) per le unità residenziali, fino a 50 mq. e comunque non oltre il 35% della Slp esistente, previo convenzionamento e annotazione in uno specifico registro comunale.

F. Con gravame ritualmente notificato e tempestivamente depositato presso la Segreteria della Sezione, il ricorrente censura gli atti in epigrafe, deducendo i seguenti motivi in diritto:

a) VIZI DELLA VAS, DEL DOCUMENTO DI PIANO E DELLA DELIBERAZIONE GIUNTALE N. 107/2009, di tipo procedimentale (violazione della direttiva 2001/42/CE, degli artt. 4, 5, 6, 11 e 12 del D. Lgs. 152/2006, dell’art. 4 commi 1, 2 e 3 della L.r. 12/2005, della deliberazione del Consiglio regionale 13/3/2007 n. VIII/351, del punto 3.2 allegati “1” e “1a” della D.G.R. 30/12/2009 n. 8/10971) e sostanziale (violazione dell’art. 97 della Costituzione, degli artt. 1, 3, 6 comma 1 e 17 della L. 241/90, lesione dei principi di trasparenza, di pubblicità, di efficienza e di imparzialità dell’azione amministrativa, difetto di istruttoria e di motivazione, omesso accertamento e valutazione dei presupposti, inosservanza dell’art. 10-bis della L. 241/90), in quanto:

• dall’analisi dell’ampia normativa evocata, si evince che la VAS deve svolgersi in modo sereno ed imparziale, e che l’autorità procedente (pubblica amministrazione che recepisce, adotta o approva il piano) e autorità competente (pubblica amministrazione cui compete l’adozione del provvedimento di verifica di assoggettabilità e l’elaborazione del parere motivato) devono essere due soggetti diversi e separati;

• detto principio è stato affermato dalla recente giurisprudenza (T.A.R. Lombardia Milano, sez. II – 17/5/2010 n. 1526);

• malgrado il richiamo alla normativa che impone di rispettare il suddetto principio di separazione, presso il Comune di Gargnano il Sindaco Sig. -OMISSIS– è al contempo il responsabile dell’area Edilizia Privata ed Urbanistica dell’Ufficio Tecnico, il responsabile unico del procedimento di redazione del PGT, l’autorità procedente per la VAS (nominato con DGC 20/11/2009 n. 107) e altresì l’autorità competente (doc. 31 e 32);

• la dichiarazione di sintesi è sottoscritta in calce dal Sig. -OMISSIS– come “Autorità competente per la VAS – Sindaco – Responsabile del Servizio” e come “Autorità procedente per la VAS – Sindaco”, mentre il parere motivato finale è firmato dal suddetto come Autorità competente per la VAS;

• il Sindaco è privo delle competenze adeguate (richieste dalla DGR 30/12/2009) in materia di tutela, protezione e valorizzazione ambientale e sviluppo sostenibile;

• in aggiunta, il rapporto ambientale della VAS menziona gli 8 Ambiti di trasformazione previsti dal documento di piano, di cui 2 a destinazione residenziale a completamento del tessuto urbano consolidato (AT03 per una superficie di 2380 m² e la previsione di 238 m² di Slp e AT07 per un’estensione di 2500 m² e la realizzazione di 1250 m² di Slp);

• l’Ambito nel quale si colloca l’area di parte ricorrente ha stesse caratteristiche dei due Ambiti residenziali citati, che la VAS ha esaminato e valutato come realizzabili;

• per questi ultimi l’edificazione era prevista nel PRG previgente (si trattava di aree residenziali di completamento all’interno del tessuto urbano consolidato), esattamente come per il lotto del ricorrente, oggi indebitamente privato della possibilità di edificare;

b) ILLEGITTIMITA’ DELLA DELIBERAZIONE CONSILIARE 27/7/2010 N. 36 DI ADOZIONE DEL PGT, per invalidità derivata dai vizi che affliggono la VAS;

c) VIZI DELLO STUDIO GEOLOGICO (RELAZIONE GENERALE E TAVOLE) E DELLA NOTA REGIONALE 27/7/2010, consistenti nella violazione dell’art. 97 della Costituzione, degli artt. 1 comma 1, 3, 6 comma 1, 10-bis, 17 della L. 241/90, della DGR 11/12/2001 n. 7365 punto 6, della parte seconda della DGR 22/12/2005 n. 8/1566, dei paragrafi 5.1.2 e 5.1.2.2 della DGR 28/5/2008 n. 8/7374, nell’inosservanza dell’art. 18 commi 2, 3, 5, 6 delle NdA del PAI, e nell’eccesso di potere per travisamento dei fatti, errore sui presupposti, lesione dei canoni di correttezza e buona fede, contraddittorietà con precedenti determinazioni, inosservanza del principio dell’affidamento, dal momento che:

• negli atti che formano il PGT viene messa in luce l’area principale soggetta al rischio di caduta massi, comprendente la cima del Monte Comero (area sorgente di crollo) e tutta la pendice a valle, fino alla fascia di transito e di arresto;

• sono ipotizzabili ulteriori distacchi di massi, e la conformazione delle pareti rocciose e il versante regolare non favoriscono il rapido arresto dei blocchi, così da costituire un elemento di criticità per il territorio a nord di Gargnano e per la località S. Giacomo;

• dopo l’episodio del marzo 2004 sono state realizzate importanti opere di mitigazione del rischio (barriera paramassi, vallo e rilevato paramassi), con fondi regionali e statali;

• la relazione geologica generale elenca l’ampia documentazione acquisita, ma non affronta in alcun modo l’istanza di perimetrazione avanzata dal ricorrente e sostenuta per 6 anni dal Comune (e supportata da diversi studi geologici);

• il redattore dello studio era ben a conoscenza del fatto che, dal 2004 al 2010, erano state realizzate importanti opere di mitigazione del rischio idrogeologico, ma ha deciso di non modificare il contorno della zona ad alto rischio con l’avallo del Comune e della Regione;

• malgrado un iter durato 6 anni, il lotto di parte ricorrente è rimasto classificato in classe 4c- “perimetrazione aree a rischio idrogeologico molto elevato L. 267/98”;

• viceversa, le aree interessate dalla caduta del masso del 2004 non sono state inserite in detta zona, per cui risulta possibile edificare incondizionatamente proprio laddove i massi cadono e si arrestano;

• in almeno un caso (lotto Van Chraushaar, a monte di quello del ricorrente) l’istanza di ri-perimetrazione è stata favorevolmente apprezzata;

d) ILLEGITTIMITA’ DELLA DELIBERAZIONE CONSILIARE 27/7/2010 N. 36, per violazione degli artt. 3, 42 commi 2 e 3 e 97 della Costituzione, degli artt. 17, 21 e 41 della Carta europea dei diritti fondamentali, degli artt. 1 comma 1, 3, 7 e 10 della L. 241/90, degli artt. 1175, 1337, 1366 del c.c., eccesso di potere per contraddittorietà con precedenti determinazioni, parzialità, perplessità e sviamento, omessa considerazione della realtà, lesione dei principi di perequazione e incentivazione urbanistica, visto che:

• è vero che il termine decennale di efficacia del piano di lottizzazione è da tempo scaduto, e che il Comune non è tenuto a prendere in considerazione la pregressa edificabilità dell’area;

• tuttavia, nella fattispecie l’amministrazione ha mantenuto la previsione di edificabilità per oltre trent’anni e ha “accompagnato e sostenuto” per 6 anni l’istanza di ri-perimetrazione del ricorrente, valutata come rispondente all’interesse pubblico (cfr. lettera del Sindaco del 8/2/2010 – doc. 33);

• nel 2004 il Sig. -OMISSIS- è stato coinvolto nell’operazione di ammodernamento delle urbanizzazioni esistenti;

• con il PGT adottato il Comune ha mantenuto una zona di completamento dove sono ammesse nuove costruzioni, e ha approvato due Ambiti territoriali residenziali – della stessa dimensione del lotto del ricorrente – già previsti dal PRG pre-vigente;

• l’Ente locale ha generato e confermato un preciso affidamento in capo all’esponente, e ciononostante non ha in alcun modo motivato il sacrificio imposto né ha illustrato le ragioni della cancellazione dell’edificabilità;

• la concessione una tantum di volumetria a tutti i fabbricati esistenti mostra il proposito dell’amministrazione di potenziare l’edificabilità del comparto “Gaz de la Oliva”, in contraddizione con la volontà di togliere potenzialità edificatoria all’unico lotto vergine;

• sono violati i principi di perequazione e di incentivazione urbanistica (non considerando il lotto intercluso nel tessuto urbano consolidato, e non concedendo volume su terreni contermini come sarebbe possibile);

• chi non ha edificato non edificherà mai più, mentre coloro che hanno costruito negli anni passati potranno costruire nuovamente;

• la zona a verde privato corre per diverse centinaia di metri a monte del lotto del ricorrente e della SS 45-bis, nel pieno della zona ad alto rischio idrogeologico con modifica della preesistente destinazione agricola, e pertanto il Comune avrebbe dovuto individuare le aree da assoggettare a demolizione e non certo concedere aumenti di volumetria “una tantum” a tutti gli edifici esistenti;

• è irrazionale (e confligge con il principio di proporzionalità) che, nella nuova zona BE “residenziale di completamento” il Comune abbia addirittura aumentato gli indici edificatori rispetto alla vecchia zona BV “di completamento”;

• il Comune ha violato i principi di parità di trattamento e di precauzione, in quanto negli anni 2006-2008 ha autorizzato l’esecuzione di almeno 2 opere di edilizia privata (a 70 metri a sud dal lotto del ricorrente e a 100 metri a nord, più vicino alla pista di discesa del masso del 2004).

G. Il ricorrente propone istanza di risarcimento del danno, quantificato in 500.000 €, per l’inosservanza del termine di conclusione del procedimento e per l’illegittimo esercizio della potestà pianificatoria (sotto il profilo della violazione dell’affidamento generato e della lesione del principio di buona fede, oltre che per il deprezzamento del valore dell’immobile). L’ammontare comprende la differenza tra il valore dell’area edificabile e quello dell’area classificata a verde privato, nonché i costi sostenuti negli anni per l’ICI, per l’adeguamento delle opere di urbanizzazione, per la pratica di ri-perimetrazione, per la consulenza e l’assistenza legale. La colpa dell’amministrazione sarebbe in re ipsa nella condotta dell’Ente locale, che ha tradito l’affidamento suscitato presso il Sig. -OMISSIS-.

H. Il ricorrente formula istanza di acquisizione documenti e di nomina di un CTU o di un verificatore, che accerti l’effettivo grado di rischio idrogeologico della zona, e in particolare del lotto di sua proprietà.

I. Si è costituita in giudizio l’amministrazione, chiedendo il rigetto del gravame.

L. Rappresenta il ricorrente che, dopo la proposizione del ricorso introduttivo, in data 28/12/2010 altri due massi (di 11 e di 5 mc. circa) si sono staccati dalle pendici del Monte Comero, e sono stati intercettati dalle opere di difesa realizzate. Il parere della Regione sul PGT, espresso il 26/1/2011, racchiudeva l’invito a contenere l’uso del suolo e gli Ambiti di trasformazione interni ed esterni al Centro abitato, la prescrizione di evitare la dispersione e l’ulteriore espansione urbana, il rilievo delle criticità in merito alla localizzazione di alcuni Ambiti. Puntualizza l’esponente che lo studio geologico non è stato aggiornato ai nuovi rischi conseguenti alla caduta degli ultimi massi sull’abitato e che, con l’impugnata deliberazione giuntale 28/1/2011 n. 5, è stato costituito un team interdisciplinare di 3 persone (-OMISSIS-) per convalidare l’attività svolta nell’ambito del procedimento di VAS dal solo Sindaco. L’attività di sanatoria si è svolta in poche ore lo stesso giorno 28/1/2011, e per approfondire detto aspetto parte ricorrente formula istanza istruttoria anche testimoniale.

M. Dopo la formulazione del parere provinciale di compatibilità, con la deliberazione consiliare 4/2/2011 n. 3 è stato definitivamente approvato il PGT. All’osservazione rassegnata dal ricorrente il Comune ha controdedotto confermando la collocazione del lotto in zona “a fattibilità 4” – che non consente nuove costruzioni né ampliamenti – e sottolineando che gli episodi recenti di caduta massi del peso di svariate tonnellate (del marzo 2004 e del dicembre 2010) attestano l’elevata pericolosità della zona, nonostante l’attuazione degli interventi di messa in sicurezza; il Comune non ha escluso che, quando sarà garantita una sicurezza del versante adeguata e completa, si potrà modificare la classe di fattibilità e rendere edificabile la proprietà.

N. Con motivi aggiunti depositati il 10/5/2011 parte ricorrente – dopo aver premesso che i fronti rocciosi del Monte Comero incombono sull’abitato per 1.900 metri sui 7.000 di estensione del territorio comunale – impugna i provvedimenti indicati in epigrafe, sollevando i seguenti motivi di censura:

e) Illegittimità derivata dai vizi che affliggono i provvedimenti presupposti già impugnati;

f) VIZI DELLA VAS, DEL DOCUMENTO DI PIANO E DELLE DELIBERAZIONI GIUNTALI N. 107/2009 E N. 5/2011, di tipo procedimentale e sostanziale, dato che (limitatamente ai nuovi rilievi sviluppati):

• la riprova dell’incompetenza tecnica del Sig. -OMISSIS- si rinviene nel tentativo del Comune di convalidare la procedura di VAS, con la nomina (in data 28/1/2011) di una nuova autorità competente (e l’affiancamento al Sindaco di due ulteriori soggetti, l’arch. -OMISSIS- e il geom. -OMISSIS-) cinque giorni prima dell’approvazione definitiva del PGT (il parere è stato poi reso in poche ore);

• la convalida è inquadrabile tra gli atti di convalescenza e richiede il rispetto dei requisiti di cui all’art. 21-nonies comma 2 della L. 241/90, per cui non può essere esercitata con riferimento a violazioni relative ai presupposti o ai contenuti della potestà amministrativa o allo sviamento di potere (nel caso, l’omessa considerazione di tutti i lotti aventi le stesse caratteristiche edilizie e urbanistiche, la mancanza dei requisiti di competenza tecnica, la lesione dei canoni di separazione e di autonomia in capo all’autorità incaricata della VAS);

• è mancata la preventiva comunicazione di avvio del procedimento di convalida;

g) ILLEGITTIMITA’ DERIVATA, DALLE DENUNCIATE ILLEGITTIMITA’, DELLA DELIBERAZIONE DI APPROVAZIONE DEFINITIVA DEL PGT;

h) VIZI DELLO STUDIO GEOLOGICO (RELAZIONE GENERALE E TAVOLE) E DELLA NOTA REGIONALE 27/7/2010, consistenti nella violazione dell’art. 97 della Costituzione, degli artt. 1 comma 1, 3, 6 comma 1, 10-bis, 17 della L. 241/90, della DGR 11/12/2001 n. 7365 punto 6, della parte seconda della DGR 22/12/2005 n. 8/1566, dei paragrafi 5.1.2 e 5.1.2.2 della DGR 28/5/2008 n. 8/7374, nella violazione dell’art. 18 commi 2, 3, 5, 6 delle NTA del PAI per omessa verifica della compatibilità idraulica e idrogeologica delle previsioni del PGT rispetto alle reali condizioni di dissesto, non essendo stata analizzata nel dettaglio la situazione di rischio conseguente al distacco dei massi del 28/12/2010 (omissione imputabile anche alla Regione), e nell’eccesso di potere per travisamento dei fatti, errore sui presupposti, lesione dei canoni di correttezza e buona fede, contraddittorietà con precedenti determinazioni, inosservanza del principio dell’affidamento, dal momento che:

• non è stata in alcun modo affrontata la questione afferente alla ri-perimetrazione, quando il procedimento era stato avviato fin dal 2004 per le aree appartenenti al ricorrente;

• dal 2004 al 2010 sono state realizzate importanti opere di contenimento del rischio idrogeologico, e comunque le aree limitrofe ai punti di arresto dei massi e rientranti nel raggio in cui sono precipitati il 28/12/2010 non sono state oggetto di salvaguardia, per cui non possono essere considerati in pericolo il lotto del ricorrente e gli altri quattro che (unici) si trovano a valle della SS 45-bis, mentre la zona dove la minaccia è più intensa si trova a monte della suddetta arteria stradale;

• l’effetto della mitigazione dell’esposizione non può valere soltanto per alcune aree, con esclusione delle altre limitrofe;

i) VIZI DELLA DELIBERAZIONE DI APPROVAZIONE DEFINITIVA DEL PGT (ATTO CONSILIARE 4/2/2011 N. 3), ossia violazione degli artt. 3, 42 commi 2 e 3, 97 della Costituzione, degli artt. 17, 21 e 41 della Carta europea dei diritti fondamentali, degli artt. 1 comma 1 comma 1 e 3 della L. 241/90, degli artt. 7 e 10 della L. 1150/42, degli artt. 1175, 1337, 1366 del c.c., eccesso di potere per contraddittorietà con precedenti determinazioni, parzialità, perplessità e sviamento, omessa considerazione della realtà, lesione dei principi di perequazione incentivazione urbanistica, per i profili già sviluppati al paragrafo F.d) del ricorso introduttivo.

Parte ricorrente insiste per l’accoglimento dell’istanza risarcitoria, per la domanda istruttoria e per la nomina di un CTU.

O. Espone il Sig. -OMISSIS- che, il 12/10/2011, altri 10 massi si sono staccati dal Monte Comero. Il Comune ha avviato rapidi accertamenti appurando che un blocco di roccia di circa 1.500 mc. – che aveva iniziato a oscillare durante le scosse di terremoto del 29 e del 31/10/2011 – incombe sull’estremità orientale proprio verso la località S. Giacomo, e minaccia una ventina di case del -OMISSIS-; il lotto del ricorrente non è considerato a rischio immediato, non essendo stato egli coinvolto dall’iniziativa del Comune di avvertire alcuni abitanti affinché si tengano pronti ad evacuare le abitazioni. Il Comune ha affidato incarichi per la messa in sicurezza e ha reperito i finanziamenti all’uopo necessari. Sostiene il ricorrente che, nel doc. 20 da lui prodotto il 3/12/2011, si vedono la traiettoria del masso precipitato nel marzo 2004 (in colore rosso, la medesima che percorrerebbe l’enorme blocco di roccia a rischio distacco), la casa cantoniera e l’abitazione del dott. -OMISSIS-, mentre l’abitazione del ricorrente è indicata con il pallino giallo. Ad avviso dell’esponente, il suo lotto si trova del perimetro oggetto di maggiore salvaguardia, mentre le aree realmente minacciate sono esterne alla zona “a fattibilità 4”.

P. Con motivi aggiunti depositati il 3/12/2011 parte ricorrente impugna gli atti già gravati alla luce dei nuovi fatti appena descritti, e propone le medesime doglianze illustrate in precedenza.

Con sentenza di questo T.A.R. 17/12/2012 n. 1953 è stata dichiarata improcedibile la domanda di accesso agli atti, poi seguita dall’ordinanza collegiale 1/3/2013 n. 205 recante la correzione di alcuni errori materiali.

Q. Nella memoria depositata il 4/5/2018, il Comune rileva in punto di fatto che:

– il 18/3/2004 un macigno alto circa 6 metri, largo 5 e profondo 3, con un peso di 200 quintali (dato contestato dal ricorrente nella memoria di replica, ove sostiene un valore tra 1.000 e 1.350 q.li), si staccava dalle falde del monte Comero e, dopo oltre 400 metri di caduta, concludeva la propria corsa a poco più di un metro da una villetta residenziale (resoconto stampa locale, doc. 21 – immagine fotografica, doc. 5);

– l’evento ha condizionato l’iter amministrativo delle 3 pratiche edilizie depositate dal ricorrente nel maggio del 2004, di cui il medesimo ha dato conto nella propria narrazione in fatto;

– nel documento n. 3 in atti, in blu è individuata la proprietà del ricorrente (presso la quale si troverebbe un macigno di grandi dimensioni), in rosso il punto di arresto dei massi caduti dal monte sino ad oggi e in giallo i fabbricati oggetto di ordinanze di sgombero;

– l’immagine attesta che l’area di proprietà del ricorrente ricade pienamente nel raggio di possibile caduta dei massi, e giustifica la classificazione all’interno della zona ad alto rischio idrogeologico;

– le opere di mitigazione sono state eseguite – beneficiando di fondi statali e regionali – a partire dal 2007, lungo un periodo nel quale i fenomeni di distacco erano ripetuti;

– la ri-perimetrazione più volte reclamata dal ricorrente non poteva essere eseguita in quanto soltanto l’ultimazione e la complessiva valutazione di tutte le opere di mitigazione avrebbe potuto condurre a riflessioni differenti sui contorni del PAI; di conseguenza, sino alla conclusione delle stesse e al successivo monitoraggio della situazione di rischio, ragioni di prudenza e cautela sconsigliavano di intraprendere un percorso di ridimensionamento della zona “a fattibilità 4”, sulla scorta di una relazione predisposta ad hoc per le proprie aree;

– siccome la situazione di pericolo si protraeva nel tempo, come certificato dai rapporti geologici redatti a più riprese dallo Studio -OMISSIS- (doc. 9 e 12), e in attesa di terminare le opere di mitigazione, con il PGT gravato in questa sede l’amministrazione confermava la perimetrazione del PAI, e classificava l’area del ricorrente e quelle limitrofe in zona “V – Verde Privato”;

– il Comune ha impedito la localizzazione di nuovi nuclei familiari, limitandosi a consentire a quelli già stanziati limitati adeguamenti (incremento una tantum della Slp);

– il certificato di cui al doc. 66 dimostra che, dall’entrata in vigore del PAI nel 2001, l’amministrazione non ha più rilasciato permessi di costruire per la realizzazione di nuovi fabbricati in zone a rischio idrogeologico molto alto, e/o comunque fabbricati che potessero comportare un peso insediativo (carico urbanistico) maggiore rispetto a quello già in essere;

– a seguito dell’approvazione dello strumento urbanistico generale (nel 2011), l’amministrazione comunale e la Regione Lombardia hanno realizzato ulteriori e imponenti opere di mitigazione, al fine di impedire che ulteriori crolli potessero interessare nuovamente il centro abitato, per un ammontare complessivo di circa 5 milioni e mezzo di euro (doc. 20); gli ultimi interventi sono stati conclusi alla fine del 2015 (cfr. certificato di regolare esecuzione del 10/11/2015);

– dal 2004 ad oggi gli Enti pubblici hanno realizzato 9 barriere paramassi – con una lunghezza variabile fra i 40 e i 140 metri – e tre ampi valli paramassi (con un lunghezza oscillante fra i 30 e gli 80 metri), ciascuno regolarmente collaudato o assistito da un certificato di regolare esecuzione, oltre che da un rapporto geologico;

– dalla conclusione delle opere suddette non si sono verificati episodi significativi, ma l’attività di monitoraggio è proseguita sino al 30/4/2018 e si attendono gli ultimi dati; soltanto ora è possibile aggiornare definitivamente le zone a rischio per l’utile e definitiva realizzazione delle opere a difesa (non solo “eseguite” ma anche “sperimentate”);

– non era possibile revisionare la perimetrazione del PAI sulla base di ogni singolo intervento di mitigazione e neppure dopo i lavori eseguiti nel 2010, i quali rientravano in un programma di sistemazione complessiva del fronte roccioso del monte, terminata soltanto alla fine del 2015.

R. Alla pubblica udienza del 6/6/2018 il gravame introduttivo e i motivi aggiunti sono stati chiamati per la discussione e trattenuti in decisione.

DIRITTO

Il ricorrente censura le previsioni del PGT del Comune di Gargnano, adottato con deliberazione consiliare 27/7/2010 n. 36 e approvato con atto consiliare 4/2/2011 n. 3, nella parte in cui hanno fin dal 2001 inibito (in recepimento della normativa del PAI) l’edificazione sul lotto di proprietà.

0. Il Collegio ritiene che il giudizio possa essere definito a prescindere dal richiesto approfondimento istruttorio sull’effettivo rischio idrogeologico del lotto del ricorrente e di quelli indicati negli atti difensivi, dopo la realizzazione delle opere di difesa. La lite, infatti, può essere risolta con gli elementi (anche documentali) messi a disposizione dalle parti in conflitto.

1. LA VAS (vizi procedimentali)

1.1 Come sottolineato nella sentenza della sez. I di questo TA.R. – 20/2/2017 n. 247 <<In primo luogo, occorre sottolineare come la L.r. 12/2005, all’art. 4 comma 3-ter (“L’autorità competente per la Valutazione Ambientale Strategica VAS, individuata prioritariamente all’interno dell’ente di cui al comma 3-bis, deve possedere i seguenti requisiti: a) separazione rispetto all’autorità procedente; b) adeguato grado di autonomia; c) competenza in materia di tutela, protezione e valorizzazione ambientale e di sviluppo sostenibile”), preveda che l’autorità competente per la VAS debba essere scelta prioritariamente all’interno dell’ente competente all’adozione del Piano oggetto della stessa VAS. Condizione perché tale scelta non violi i canoni comunitari è unicamente che tra le due autorità, anche se appartenenti alla stessa amministrazione, sussista un adeguato grado di autonomia (Consiglio di Stato, sez. IV – 1/9/2015 n. 4081, e la giurisprudenza comunitaria richiamata)>>. Questa Sezione (cfr. sentenza 9/2/2016 n. 226) aveva in precedenza sostenuto che <<Relativamente al problema della separazione formale tra autorità competente e autorità procedente per la VAS (v. art. 5 e 12 del Dlgs. 152/2006), si rinvia all’interpretazione giurisprudenziale che considera normale la collocazione delle stesse all’interno del medesimo ente (v. CS Sez. IV 12 gennaio 2011 n. 133; TAR Brescia Sez. II 2 maggio 2013 n. 400). Le funzioni delle due autorità non sono in rapporto di contrapposizione o di controllo. La distinzione ha invece la finalità di assicurare che, attraverso la collaborazione e lo scambio di informazioni, entrino nella valutazione ambientale tutti gli apporti tecnici necessari. … Questa impostazione è ora codificata nell’art. 4 comma 3-ter della LR 12/2005, che prevede in via prioritaria la concentrazione delle due autorità nello stesso ente>>. Non affiorano, in proposito, profili di contrasto con la normativa nazionale e con le direttive comunitarie: la separazione che garantisce l’autonomia dell’autorità competente è quella funzionale, la quale a sua volta deriva dal possesso di una particolare qualificazione tecnico-professionale, che sia esercitabile secondo le regole tecniche della pianificazione, senza interferenze di altra natura (sentenza Sezione 17/6/2015 n. 853, che richiama il precedente 15/10/2014 n. 1059 e precisa che “Pertanto, le valutazioni dell’autorità competente possono essere censurate se non corrispondono alle suddette regole tecniche, o se si contraddicono, o quando siano incomplete, ma non per il solo fatto che vengano formulate da soggetti incardinati presso gli uffici dell’ente definito autorità procedente …)”.

1.2 Nel caso di specie, la verifica della sussistenza di un “adeguato grado di autonomia” tra autorità ex articolo 4, comma 3-ter della L.r. 12/2005 (richiamato dal Consiglio di Stato, sez. I – 23/11/2016 n. 2455) deve tenere conto del segmento procedimentale azionato ex post, per cui il Comune ha istituito un team interdisciplinare incaricato di assumere il ruolo di autorità competente e di convalidare l’attività compiuta dall’unico soggetto dapprima coinvolto (il Sindaco).

1.3 Il Collegio è dell’avviso che la sanatoria sia ammissibile sul piano formale, in quanto l’obiettivo indicato dall’indirizzo prevalente e preferibile (del quale si è dato ampiamente conto) intende assicurare la formulazione di un giudizio tecnico di spessore sul piano ambientale, attraverso la cooperazione tra le professionalità coinvolte. Da questo punto di vista, l’Ente locale ha sopperito alla mancanza del requisito dell’adeguata competenza in capo all’unica persona preventivamente individuata (il Sig. -OMISSIS–), nel rispetto del principio di separazione. Il provvedimento di secondo grado arricchisce l’autorità competente di soggetti dotati della necessaria preparazione e garantisce la continuità delle operazioni normativamente previste: in quanto validamente assunto, va a sostituirsi al provvedimento oggetto di convalida, con conseguente improcedibilità della censura originaria – illustrata nel gravame introduttivo – per sopravvenuta carenza di interesse, stante l’autonoma ed esclusiva lesività del provvedimento di secondo grado (cfr. T.A.R. Trentino Alto Adige Bolzano – 29/5/2018 n. 178).

1.4 La deliberazione 28/1/2011 n. 5 è dunque inquadrabile tra gli atti di convalescenza, attraverso i quali l’amministrazione pone rimedio a proprie precedenti illegittimità, sanando retroattivamente i vizi di atti già adottati, attraverso un potere di autotutela in funzione di conservazione di questi (Consiglio di Stato, sez. V – 7/7/2015 n. 3340). Il Collegio è dell’avviso che sia stata rispettata la regola generale posta all’art. 21-nonies comma 2 della L. 241/1990, secondo cui “è fatta salva la possibilità di convalida del provvedimento annullabile, sussistendone le ragioni di interesse pubblico ed entro un termine ragionevole”. L’interesse generale alla valutazione dei profili ambientali da parte di un organo qualificato è enucleabile, seppur implicitamente, dall’atto giuntale n. 5/2011, nell’ambito di un procedimento giunto ad uno stadio avanzato e caratterizzato dall’acquisizione degli studi e dei documenti rilevanti. Il termine medio tempore decorso è accettabile, non essendo ancora stata completata la procedura prodromica all’approvazione definitiva del PGT.

1.5 Premesso che non era dovuta, a favore del ricorrente, la preventiva comunicazione di avvio del procedimento di convalida – avente per oggetto un atto di natura generale (art. 13 comma 1 della L. 241/90) – appare raggiunto l’obiettivo sostanziale della sottoposizione delle questioni ambientali rilevanti a soggetti in possesso della necessaria preparazione: sul punto, non si rinvengono contestazioni specifiche sulla competenza professionale dei due soggetti aggiunti al Sindaco. Né può insinuare dubbi sulla serietà e attendibilità del giudizio il ridotto lasso temporale trascorso tra l’adozione dell’atto di nomina e la formalizzazione della convalida, posto che la porzione temporale dedicata (alcune ore) non appare ex se incompatibile con un esame ponderato della documentazione già disponibile.

Il profilo dedotto si rivela, in definitiva, infondato.

2. LA VAS (vizi sostanziali)

2.1 Parte ricorrente lamenta la disparità di trattamento del lotto di proprietà (escluso dalla possibilità di edificare) rispetto a due Ambiti di trasformazione residenziale che completano il tessuto urbano consolidato (AT03, per una superficie di 2380 m² e la previsione di 238 m² di Slp; AT07, per un’estensione di 2500 m² e la realizzazione di 1250 m² di Slp). A suo avviso, la porzione di proprietà ha caratteristiche analoghe a quelle dei due Ambiti residenziali citati, che la VAS ha esaminato e valutato come realizzabili (erano edificabili anche nella programmazione del previgente PRG, come il lotto del ricorrente).

Le doglianze sollevate non sono passibili di positivo scrutinio, in disparte l’eccezione di difetto di interesse.

2.2 E’ noto che, per giurisprudenza consolidata, il presupposto necessario per valutare la sussistenza del vizio dedotto è l’assoluta identità di situazioni sulle quali l’amministrazione avrebbe inciso in modo irragionevolmente differente: in buona sostanza, la censura di eccesso di potere per disparità di trattamento a fronte di scelte discrezionali dell’amministrazione è riscontrabile soltanto nel caso di assoluta identità di situazioni di fatto e di conseguente assoluta irragionevole diversità del trattamento riservato, la cui prova rigorosa deve essere fornita dall’interessato (cfr. T.A.R. Veneto, sez. III – 9/4/2018 n. 367; T.A.R. Lombardia Milano, sez. I – 7/2/2018 n. 350; T.A.R. Sardegna, sez. II – 9/3/2018 n. 194; Consiglio di Stato, sez. V – 10/8/2017 n. 3981; Consiglio di Stato, sez. I – 6/11/2017 n. 2318). Peraltro, come ha evidenziato il Consiglio di Stato, sez. VI – 30/5/2018 n. 3249, “per orientamento costante (cfr. ex multis Con. St. sez. VI, 10 maggio 2013, n. 2548, 8 luglio 2011, n. 4124 e 30 ottobre 2017 n. 5016), in caso di presunta contradditoria valutazione di situazioni limitrofe e conseguente disparità di trattamento, il destinatario di un provvedimento legittimo non può invocare, come sintomo di eccesso di potere, il provvedimento più favorevole illegittimamente adottato nei confronti di un terzo che si trovi in analoga situazione, in quanto il relativo vizio di eccesso di potere è configurabile solo in caso di assoluta identità di situazioni di fatto e di conseguente assoluta irragionevole diversità del trattamento riservato alle stesse, né tale vizio può essere dedotto quando viene rivendicata l’eventuale applicazione in proprio favore di posizioni giuridiche riconosciute ad altri soggetti in modo illegittimo”.

2.3 Come ha illustrato la difesa dell’amministrazione (e come ha esplicitato lo stesso ricorrente nel suo ampio resoconto in fatto), il lotto del Sig. -OMISSIS- ricade nella zona a rischio idrogeologico molto elevato secondo il PAI risalente al 2001, mentre i suddetti Ambiti si trovano al di fuori di tale perimetro, cosicché la divergenza nel suddetto inquadramento di per sé giustifica il differente trattamento nella classificazione urbanistica. Peraltro, se si volesse aderire alla prospettazione per la quale è irragionevole il mancato inserimento di determinate aree nella fascia di inedificabilità assoluta (in quanto esposte a un pericolo di frana uguale o maggiore rispetto al lotto di parte ricorrente), la pretesa vantata sarebbe illogica e inammissibile, poiché orientata ad estendere la portata un’opzione illegittima. Come sottolineato da Consiglio di Stato, sez. IV – 1/6/2018 n. 3333 (che ha richiamato la pronuncia della sez. IV – 1/6/2016 n. 2318), “un provvedimento legittimo non può divenire viziato (e viceversa) perché in passato fu seguito un difforme modus operandi, non potendosi giudicare della legittimità di un atto alla luce della circostanza che in passato furono emessi provvedimenti di analogo tenore e contenuto; aggiungasi che l’errore, eventualmente commesso in alcuni casi, non può costringere l’amministrazione a perseverare nel medesimo errore e che, allo stesso modo, l’eccesso di potere per disparità di trattamento non può fondarsi su precedenti provvedimenti illegittimi, in quanto questi non possono essere invocati per pretendere ulteriori provvedimenti che violino anch’essi la legge”. In altri termini, il confronto con la classificazione delle aree limitrofe (ove l’edificabilità è stata perpetuata) è inidoneo a supportare la rivendicazione della decrescita del livello di pericolo presso le proprie aree, quando al contrario dagli eventi accaduti tra il 2004 e il 2011 traspare la persistenza del rischio idrogeologico.

2.5 La reiezione dei motivi sollevati avverso la VAS si ripercuote sulla dedotta illegittimità della deliberazione consiliare 27/7/2010 N. 36 – di adozione del PGT – per invalidità derivata. Il vizio è dunque insussistente.

3. LO STUDIO GEOLOGICO E LA NOTA REGIONALE 27/7/2010

Parte ricorrente si duole del fatto che:

• la relazione geologica generale non affronta in alcun modo l’istanza di ri-perimetrazione avanzata dal ricorrente e sostenuta per 6 anni dal Comune (e supportata da diversi studi geologici), pur essendo ben noto al suo redattore che – dal 2004 al 2010 – sono state realizzate importanti opere di mitigazione del rischio idrogeologico;

• le aree interessate dalla caduta del masso del 2004, viceversa, non sono state inserite in detta zona, per cui risulta possibile edificare incondizionatamente proprio laddove i massi precipitano e si arrestano, e in almeno un caso un’istanza in tal senso è stata favorevolmente apprezzata.

Detto ordine di idee non merita apprezzamento.

3.1 Osserva anzitutto il Collegio che la relazione geologica (doc. 53 ricorrente) illustra in modo articolato il contesto territoriale in cui è inserita la frazione di San Giacomo, dove insiste il lotto appartenente al Sig. -OMISSIS-. Dopo aver affermato (pag. 47) che “L’assetto geostrutturale della compagine rocciosa del rilievo del Filone del Monte Comero, causa l’isolamento di elementi rocciosi di dimensioni variabili …. e di porzioni di ammasso che sotto l’azione della gravità possono mobilitarsi sotto forma di fenomeno di dissesto differenziabili in crolli puntuali che evolvono in fenomeni di sconcendimento massi e frane di crollo”, puntualizza che “In generale il rilievo si presenta come un versante roccioso con pareti per lo più ad elevata pendenza rotte da cenge e creste secondarie”. Più specificamente, “Le altezze dei fronti rocciosi sono molto eterogenee a seconda del settore di fronte considerato. Sono comunque possibili prolungate cadute libere di eventuali massi che si distacchino dalle pareti con impatti primari che si consumano o sulle cenge intermedie o nel sottostante pendio al piede delle pareti”. Inoltre (pag. 49), “Le pareti rocciose così conformate incombenti direttamente o indirettamente sul territorio con al piede un versante regolare tale da sfavorire il rapido arresto dei blocchi rocciosi che lo percorrono, rappresentano un importante elemento di criticità nei confronti del rischio da caduta massi per l’intera porzione di territorio a nord di Gargnano e in loc. S. Giacomo. Il grado di pericolosità è stato confermato quando nel mese di marzo dell’anno 2004 un masso del volume di circa 40 mc scese dalle pendici del M.te Comero da una quota di circa 580-600 m s.l.m. arrestandosi, fortunatamente senza conseguenze, fra le case in loc. S.Giacomo ad una quota circa 80 m s.l.m.”. La relazione rammenta che è stato redatto uno studio geomeccanico di dettaglio del bacino di provenienza del masso scosceso, che ha portato alla realizzazione di opere di difesa attiva e passiva ai fini della mitigazione del rischio in quel tratto (ossia consolidamenti puntuali in parete, due barriere paramassi a monte della strada comunale per Muslone e un vallo paramassi di 80 metri). Inoltre, “Negli anni successivi a seguito di numerosi eventi di crollo sia di massi puntuali che di porzioni di ammasso roccioso (vere e proprie frane di crollo), sono state posizionate una serie di barriere paramassi a partire dalla loc. Sisengla a NE alla loc. Amburana a SW”. Infine, “Per quanto concerne il fenomeno di scoscendimento massi, i rilievi geomorfologici di dettaglio condotti in corrispondenza della parete hanno evidenziato: …. zone di transito ed arresto rappresentate o da porzioni distali caratterizzate da basse inclinazioni (<30°) terrazzate antropicamente, tenute a prato, ad oliveto od urbanizzate (villaggio S. Giacomo). Seppure parte di questa fascia risulti esclusa dalla perimetrazione PAI, si ritiene sulla base delle evidenze geomorfologiche acquisite nel corso degli studi condotti sul territorio, che sia caratterizzata da un rischio affatto trascurabile”.

3.2 Lo studio geologico rappresenta, in modo dettagliato, la fragilità idrogeologica del territorio che si affaccia verso il Monte Comero, e la forte esposizione della frazione di San Giacomo ai possibili eventi franosi.

3.3 Il ricorrente ha obiettato, nella memoria di replica, che il filone del Comero non è un’unica cima da cui sono crollati massi, ma un fronte esteso, disomogeneo e caratterizzato da distinte zone sorgente e da diverse piste di caduta, delle quali non è possibile fare un tutt’uno. Puntualizza altresì che, dal 2007 al 2009, sono state eseguite numerose opere di mitigazione, e che alla data di approvazione del PGT erano realizzati oltre 580 metri di barriere e valli paramassi, pari al 69,88% di tutte quelle concluse al 2015, per oltre 830 metri: ciò dimostrerebbe che, all’epoca degli atti impugnati, era già doveroso per il Comune verificare la diminuzione del rischio per la limitatissima porzione di aree ad alto rischio idrogeologico poste sotto la SS 45-bis e per le altre aree di S. Giacomo non incluse in tale perimetrazione e considerate sicure, pur essendo state interessate dal crollo del 2004 e (indirettamente) da quelli del 2010 e del 2011.

3.4 Il Collegio ritiene che la scelta urbanistica dell’Ente locale – ispirata a prudenza e cautela – sia immune da irragionevolezza, anche alla luce degli episodi che hanno accompagnato l’adozione e l’approvazione definitiva del PGT (i due massi staccatisi il 28/12/2010 e i dieci precipitati il 10/12/2011). A seguito del sisma del 2012 è continuata l’allerta per altre porzioni di pareti rocciose, tra le quali un pilastro di enormi dimensioni che è stato a lungo monitorato.

Lo stesso ricorrente sottolinea (cfr. pagina 9 dei primi motivi aggiunti) che i fronti rocciosi del Monte Comero incombono sull’abitato per un’ampia estensione, pari a 1.900 metri sui 7.000 metri di estensione lineare del territorio comunale. In tale contesto, il Comune osserva che la linea di caduta della massa rocciosa si rivela particolarmente vasta e non consente di escludere anche una sola delle direttrici di caduta sottostanti, compresa quella che coinvolge il compendio del ricorrente.

Il doc. 3 dell’amministrazione già evocato – dove la proprietà del ricorrente è raffigurata in colore blu – dà conto (cfr. riquadri rossi) del punto di fermata dei blocchi rocciosi precipitati sino ad oggi, e almeno 4 di essi si trovano al di sotto della SS 45-bis. Anche omettendo di valorizzare il quinto masso (posizionato sul lotto del ricorrente, ma la sua origine è controversa), appare evidente che – all’epoca dell’adozione e dell’approvazione del PGT – l’area del Sig. -OMISSIS- rientrava tra le possibili traiettorie nel caso di distacco di blocchi rocciosi dalla montagna. Sul punto, non può essere condivisa l’obiezione secondo la quale l’origine di detti massi storici dal Monte Comero non sarebbe assistita da prova, dal momento che non pare plausibile (né è stata fornita dalla parte attrice) una spiegazione alternativa della loro insistenza in loco. In buona sostanza, dal riscontro di numerosi massi nella Frazione S. Giacomo si può inferire, con ragionevole certezza e in assenza di una diversa (e convincente) ragione giustificatrice, che si siano originati per distacco dal Monte Comero.

3.5 Il Sig. -OMISSIS- insiste nell’affermare che i lavori di mitigazione intrapresi dal Comune fra il 2004 ed il 2011 avrebbero dovuto condurre il medesimo Ente a rideterminare la fascia del rischio idrogeologico sulle proprie aree.

La prospettazione non convince. Premesso che la Regione ha fin dall’inizio precisato che la perimetrazione avrebbe potuto essere riesaminata dopo l’integrale esecuzione delle opere di contenimento (senza procedere a rettifiche selettive ovvero una tantum per singoli lotti e mappali, anche se protetti da barriere erette dagli stessi privati), gli interventi posti in essere fra il 2004 ed il 2011 hanno rappresentato una quota parziale di quelli programmati per ridurre la soglia di rischio nei limiti dell’accettabilità. Prendendo a riferimento i dati enunciati dall’esponente, alla data di approvazione del PGT erano stati realizzati più di 580 metri di barriere e valli paramassi, corrispondenti al 69,88% di tutte quelle concluse al 2015 (di oltre 830 metri), ed è lo stesso Sig. -OMISSIS- (oltre 1 pagina e mezza nella memoria difensiva datata 4/5/2018) che dà conto dei plurimi manufatti a difesa messi in opera dal 2012 al 2016, e dunque in data posteriore agli atti impugnati. La condotta intrapresa dal Comune resistente si rivela corretta, avendo optato per il rispetto della previsione del rischio corrispondente alle prescrizioni del PAI del 2001, e per il rinvio della ridefinizione della perimetrazione al completamento delle opere, che è avvenuto solo di recente (è ancora in corso una fase di monitoraggio).

4. LA LESIONE DELL’AFFIDAMENTO E DEI PRINCIPI DI PROPORZIONALITA’ E PEREQUAZIONE

4.1 Non è ravvisabile la dedotta violazione dell’affidamento, che determinerebbe un onere motivazionale rinforzato sulle ragioni della privazione dell’edificabilità. Sul punto, il dato storico/cronologico di partenza è l’approvazione del PAI del 2001, che ha inserito il compendio del Sig. -OMISSIS- nella fascia di rischio molto elevato e, fin da allora, ha azzerato ogni capacità edificatoria. Il PGT, nella sua duplice fase di adozione e approvazione, ha confermato la suddetta preclusione, stabilendo una destinazione urbanistica omogenea alla pianificazione idrogeologica. E’ vero che l’esponente ha sollecitato a più riprese l’amministrazione locale – con ampio supporto documentale – a dare impulso alla revisione dei confini della zona off limits – e tuttavia:

– da un lato la Regione ha immediatamente chiarito che ogni modifica doveva essere preceduta dall’esecuzione di un sistema di difesa per il territorio comunale “completo”, capace di scongiurare i rischi nella misura massima possibile;

– dall’altro, i ripetuti fenomeni di distacco hanno indotto l’autorità locale a mantenere un atteggiamento di massima prudenza e cautela.

In buona sostanza, non è individuabile un segmento temporale nel quale il Sig. -OMISSIS- potesse vantare un’aspettativa qualificata ad ottenere (con elevato grado di probabilità) l’edificabilità della sua area.

4.2 Il Comune di Gargnano non ha neppure leso i principi di proporzionalità e di perequazione, dal momento che le numerose pratiche edilizie enumerate dal ricorrente nella memoria finale corrispondono essenzialmente a interventi di ristrutturazione di fabbricati residenziali già esistenti, ovvero ad opere minori (piscine, autorimesse, vani accessori). In proposito, può essere anzitutto valorizzata l’attestazione di cui al doc. 66 dell’amministrazione – facente fede fino a querela di falso – per cui dall’entrata in vigore del PAI nel 2001 il Comune di Gargnano non ha rilasciato titoli abilitativi per nuove costruzioni in aree identificate in zone a rischio idrogeologico molto alto e/o comunque edifici idonei ad accrescere il carico urbanistico. In secondo luogo, ferma l’impossibilità di creare nuovi insediamenti abitativi nelle aree maggiormente a rischio, appare del tutto logica la previsione di permettere ai nuclei già presenti in loco modesti adeguamenti, attraverso un limitato incremento della superficie lorda di pavimento. Rispetto ai mancati interventi restrittivi del Comune sulle zone che il ricorrente riferisce essere a maggiore rischio (in particolare, quella a monte dell’arteria stradale principale), si è già sottolineato che le eventuali colpevoli omissioni imputabili all’amministrazione non possono fondare una pretesa di sfruttamento edificatorio.

4.3 Lo stato di fragilità del territorio è, in definitiva, acclarato nella relazione geologica e altresì avvalorato dai fenomeni di distacco di massi di roccia, frequenti all’epoca di emanazione degli atti impugnati. Ben si adatta al caso di specie, dunque, il principio di precauzione e prevenzione del rischio, al quale deve ispirarsi l’amministrazione. Come evidenziato nelle sentenze della sez. I di questo T.A.R. 16/4/2018 n. 419, 2/2/2017 n. 153 e 13/10/2017 n. 1225 (queste ultime appellate) detto principio permea di per se il diritto europeo e nazionale in materia di protezione ambientale e fa obbligo alle autorità competenti di adottare provvedimenti appropriati al fine di prevenire i rischi potenziali per la sanità pubblica, per la sicurezza e per l’ambiente, ponendo una tutela anticipata rispetto alla fase dell’applicazione delle migliori tecniche proprie del principio di prevenzione (Consiglio di Stato, sez. IV – 28/6/2016 n. 2921 che richiama sez. V – 18/5/2015 n. 2495). Il Comune ha rappresentato che, con le operazioni di messa in sicurezza, intende ricondurre a zero il pericolo che si verifichino nuovi fenomeni franosi. Nel quadro fattuale descritto, in cui la frazione di S. Giacomo è esposta a un livello di pericolo elevato, l’opzione è meritevole di positivo apprezzamento, in quanto eventuali opere di mitigazione o di contenimento limitato avrebbero permesso di ridurre le conseguenze di nuovi distacchi, quando l’obiettivo è quello di scongiurarle in toto.

5. In conclusione, il ricorso introduttivo e i motivi aggiunti (primi e secondi) sono infondati e devono essere respinti (ed è parzialmente improcedibile la prima censura avanzata con il gravame principale).

6. LA PRETESA RISARCITORIA

6.1 Non può essere, a questo punto, accolta la domanda di riparazione del pregiudizio che l’esponente assume patito. Si ribadisce, in proposito, che la perdita della possibilità di sfruttamento edificatorio dell’area di proprietà del ricorrente risale all’agosto 2001 (entrata in vigore del PAI), quando erano decorsi oltre 3 anni dall’istanza di rilascio di tre titoli abilitativi (per l’edificazione, sul mappale 8041, di un nuovo edificio ad uso abitazione, dell’annessa piscina e di una barriera paramassi in terra rinforzata). Come già anticipato nell’esame della domanda caducatoria, non era configurabile un affidamento suscettibile di protezione in capo al ricorrente, il quale conosceva la portata preclusiva della programmazione idrogeologica. Al più, poteva vantare un’aspirazione a migliorare le potenzialità del lotto di appartenenza, ma dal 2006 la Regione ha statuito che la ri-perimetrazione non poteva avvenire con varianti puntuali ma soltanto al termine delle opere di riduzione (azzeramento) del rischio.

6.2 In conclusione, anche la domanda di risarcimento del danno deve essere respinta.

L’articolazione della vicenda e le sopravvenienze in fatto giustificano la compensazione integrale delle spese di lite tra le parti in causa.


P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia sezione staccata di Brescia (Sezione Prima), definitivamente pronunciando dichiara parzialmente improcedibile la prima censura avanzata con il gravame principale, e per il resto respinge il ricorso introduttivo e i motivi aggiunti.

Respinge la domanda di risarcimento del danno.

Spese compensate.

La presente sentenza è depositata presso la Segreteria della Sezione, che provvederà a darne comunicazione alle parti.

Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all’art. 52, comma 1 D. Lgs. 30 giugno 2003 n. 196, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all’oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare la parte ricorrente e ogni altro soggetto menzionato nella presente pronuncia.

Così deciso in Brescia nella camera di consiglio del giorno 6 giugno 2018 con l’intervento dei magistrati:

Roberto Politi, Presidente
Mauro Pedron, Consigliere
Stefano Tenca, Consigliere, Estensore

L’ESTENSORE
Stefano Tenca
        
IL PRESIDENTE
Roberto Politi
        
        
IL SEGRETARIO

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
 

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