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Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Appalti Numero: 214 | Data di udienza: 27 Febbraio 2019

* APPALTI – Procedure di aggiudicazione di contratti di concessione di servizi – Offerte anormalmente basse – Art. 97 d.lgs. n. 50/2016  – Applicabilità – Art. 164, c. 2 d.lgs. n. 50/2016.


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 1^
Regione: Lombardia
Città: Brescia
Data di pubblicazione: 4 Marzo 2019
Numero: 214
Data di udienza: 27 Febbraio 2019
Presidente: Politi
Estensore: Garbari


Premassima

* APPALTI – Procedure di aggiudicazione di contratti di concessione di servizi – Offerte anormalmente basse – Art. 97 d.lgs. n. 50/2016  – Applicabilità – Art. 164, c. 2 d.lgs. n. 50/2016.



Massima

 

TAR LOMBARDIA, Brescia, Sez. 1^ – 4 marzo 2019, n. 214


APPALTI – Procedure di aggiudicazione di contratti di concessione di servizi – Offerte anormalmente basse – Art. 97 d.lgs. n. 50/2016  – Applicabilità – Art. 164, c. 2 d.lgs. n. 50/2016.

Anche in assenza di espresso richiamo nel bando l’articolo 97 del codice dei contratti è applicabile alle concessioni in virtù del rinvio operato dall’articolo 164, comma 2, del medesimo d.lgs. n. 50 del 2016. L’articolo 164, infatti, va interpretato come rinvio in toto, fatto salvo il limite normativo della compatibilità, alle disposizioni concernenti, tra l’altro i criteri di aggiudicazione, contenute nella parte II del codice; il titolo IV (Aggiudicazione per i settori ordinari) nel quale si colloca l’art. 97 (offerte anormalmente basse) fissa i criteri di aggiudicazione in via generale, sicchè le relative previsioni sono del tutto compatibili con le procedure di aggiudicazione di contratti di concessione di servizi (C.d.S., sez. V, 17 settembre 2018, n. 5419). D’altro canto non sono ravvisabili ragioni di incompatibilità della norma de qua con la fattispecie della concessione: invero, mentre la valutazione tecnica dell’offerta non si differenzia da quella propria delle procedure di aggiudicazione degli appalti, quella di ordine economico sottende la medesima esigenza di verifica di congruità, alla luce degli indici di inaffidabilità tipizzati dal legislatore, anche la previsione del “canone”, dovuto dal concessionario all’Amministrazione concedente quale contropartita della disponibilità dei beni pubblici presso i quali svolgere il servizio, potendo manifestare profili di incongruità (in eccesso) e, quindi, alimentare ragionevoli dubbi in ordine alla corretta esecuzione del servizio. (C.d.S., sez. III, 17 aprile 2018, n. 2317).


Pres. Politi, Est. Garbari – L. (avv.ti Taddeolini Marangoni e  Bozzetti) c. Ministero dell’Interno e  altro (Avv. Stato)


Allegato


Titolo Completo

TAR LOMBARDIA, Brescia, Sez. 1^ - 4 marzo 2019, n. 214

SENTENZA

 

 

TAR LOMBARDIA, Brescia, Sez. 1^ – 4 marzo 2019, n. 214


Pubblicato il 04/03/2019

N. 00214/2019 REG.PROV.COLL.
N. 00101/2019 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia

sezione staccata di Brescia (Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

ex art. 60 cod. proc. amm.;
sul ricorso numero di registro generale 101 del 2019, proposto dalla ditta individuale “La Pizzarella” di Essa Salim, in persona del titolare, rappresentata e difesa dagli Avvocati Emanuele Taddeolini Marangoni e Mario Bozzetti ed elettivamente domiciliata presso lo studio di quest’ultimo, sito in Brescia via Romanino nr. 1/A;

contro

Ministero dell’Interno e Questura di Brescia, in persona dei legali rappresentanti pro tempore, e Commissione di Aggiudicazione, in persona del suo presidente, rappresentati e difesi ex lege dall’Avvocatura distrettuale dello Stato, presso la cui sede sono domiciliati in Brescia, via Santa Caterina n. 6;

nei confronti

La Dolce Vita di Pamela Zaffo, non costituita in giudizio;

per l’annullamento

del provvedimento Prot. n. 521/2018/UTLP/2° Sez. di data 2 gennaio 2019, comunicato a mezzo pec in pari data, di esclusione della ditta individuale “La Pizzarella” di Essa Salim dalla procedura negoziata per l’affidamento del servizio Bar presso la Questura di Brescia, nonché di ogni altro atto preparatorio, presupposto, connesso e comunque collegato.

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio delle Amministrazioni intimate;
Visti tutti gli atti della causa;
Visto l’articolo 120 c.p.a.;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 27 febbraio 2019 la dott.ssa Elena Garbari e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Sentite le stesse parti ai sensi dell’art. 60 cod. proc. amm.

La ditta individuale “La Pizzarella” di Essa Salim denuncia l’illegittimità della sua esclusione dalla procedura negoziata per l’affidamento del servizio di Bar interno alla Questura di Brescia, disposta con il provvedimento indicato in epigrafe.

L’atto avversato si fonda su due autonome argomentazioni, atteso che l’intimata amministrazione ha contestato all’esponente sia l’incongruità del prezzo offerto, sia la ricorrenza di uno dei motivi di esclusione previsti dall’articolo 80, commi 4 e 5 del d.lgs. 50/2016.

Espone la ricorrente che, all’esito della seduta pubblica di apertura delle offerte ammesse, risultava aggiudicataria provvisoria per aver offerto il prezzo più alto; peraltro, avendo presentato un rialzo del 50,50% rispetto al prezzo a base di gara (pari a euro 25.404), con nota di data 11 novembre 2018 veniva chiamata dal RUP a produrre le necessarie giustificazioni; valutata la documentazione prodotta, l’offerta veniva ritenuta non congrua.

Ulteriormente, dal controllo disposto da agenti di polizia in data 12 dicembre 2018 presso il punto vendita di Rezzato, emergevano: l’impiego – da parte della ditta ricorrente- di un lavoratore irregolare, l’omessa effettuazione della valutazione dei rischi e la mancanza dei presidi antincendio, infrazioni per le quali venivano successivamente disposte -dai competenti uffici- specifiche sanzioni amministrative, tempestivamente pagate.

L’esponente assume l’illegittimità del provvedimento gravato per:

– Carenza di motivazione e di istruttoria; l’amministrazione avrebbe erroneamente applicato il motivo di esclusione disciplinato dall’articolo 80, commi 4 e 5 del codice appalti, pur avendo la ricorrente un DURC regolare e in presenza di infrazioni di lieve entità, inidonee a porne in dubbio l’integrità o l’affidabilità;

– erronea applicazione dell’articolo 97 d.lgs. 50/2016 in materia di offerte anomale; detta disposizione non sarebbe riferibile alle concessioni di servizi pubblici, nelle quali il concessionario si accolla il rischio economico della gestione del servizio, che può quindi anche essere in pareggio o in perdita, nonché errore di fatto sulla valutazione di anomalia dell’offerta, atteso che la previsione di un utile di esercizio mensile di 1.753,70 euro sarebbe giustificato anche alla luce dell’imminente passaggio della Questura di Brescia dalla fascia B alla fascia A, con conseguente incremento di 134 unità dell’organico in servizio;

– mancata comunicazione del preavviso di rigetto.

Si sono costituite in giudizio le amministrazioni intimate, chiedendo la reiezione del gravame perché infondato.

Nella Camera di Consiglio del 27 febbraio 2019, all’esito della discussione e dato avviso alle parti costituite, la causa è stata trattenuta in decisione.

Il ricorso è destituito di fondamento e va rigettato, per le motivazioni di seguito illustrate.

Seguendo l’ordine dei motivi articolati dal ricorrente, viene censurato in primo luogo il giudizio di inaffidabilità formulato dalla Questura di Brescia in ragione del riscontrato impiego di un lavoratore in assenza della comunicazione di instaurazione del rapporto di lavoro ai sensi dell’art. 3, comma 3, D.L. 12/2002, convertito nella Legge n. 73/2002, oltre che per mancato rispetto della normativa in materia di sicurezza sul lavoro. Dette violazioni, secondo il ricorrente, non sarebbero riconducibili alle ipotesi di esclusione previste dall’articolo 80, commi 4 e 5 del d.lgs. 50/2016.

La censura è priva di pregio. Il comma 5 del richiamato articolo 80 prevede che “le stazioni appaltanti escludono dalla procedura d’appalto un operatore economico in una delle seguenti situazioni (…) qualora: a) la stazione appaltante possa dimostrare con qualunque mezzo adeguato la presenza di gravi infrazioni debitamente accertate alle norme in materia di salute e sicurezza sul lavoro, nonché agli altri obblighi di cui all’articolo 30, comma 3 del presente codice (…)” (trattasi degli obblighi in materia ambientale, sociale e del lavoro stabiliti dalla normativa europea e nazionale, dai contratti collettivi o dalle disposizioni internazionali).

Le previsioni recate da tale disposizione mirano a consentire l’esclusione dalle procedure d’appalto dei concorrenti che non presentino i necessari requisiti di affidabilità. Nel caso di specie, come evidenziato dall’amministrazione resistente, la gravità dell’infrazione rilevata va commisurata alla particolare attenzione e cautela richiesta nella selezione dell’operatore che diverrà concessionario del servizio bar all’interno della Questura di Brescia, in ragione del carattere “sensibile” di tale sede.

La valutazione effettuata dalla Questura, peraltro di carattere discrezionale, non si appalesa inficiata da vizi di irragionevolezza o sproporzione, considerata anche la natura delle normative violate dal ricorrente.

Trattandosi di provvedimento plurimotivato è sufficiente la fondatezza di una delle doglianze proposte a condurre all’annullamento del provvedimento gravato. (ex multis T.A.R. Friuli V. Giulia, Sez. I, 12 marzo 2018, n. 62).

Peraltro priva di pregio si rivela anche la seconda doglianza, che censura l’ulteriore autonoma motivazione dell’esclusione, fondata sul giudizio di anomalia dell’offerta. La ricorrente sostiene che la relativa disciplina, recata dall’articolo 97 del codice appalti, non troverebbe applicazione alle concessioni di servizi.

L’assunto non può essere condiviso.

In primo luogo va evidenziato -infatti- che tale disposizione è espressamente richiamata dall’articolo 15 del disciplinare di gara, che costituisce la lex specialis della procedura.

Peraltro, secondo un indirizzo giurisprudenziale consolidato, anche in assenza di espresso richiamo nel bando l’articolo 97 del codice dei contratti è applicabile alle concessioni in virtù del rinvio operato dall’articolo 164, comma 2, del medesimo d.lgs. n. 50 del 2016, a norma del quale “Alle procedure di aggiudicazione di contratti di concessione di lavori pubblici o servizi si applicano, per quanto compatibili, le disposizioni contenute nella parte I e nella parte II, del presente codice, relativamente ai principi generali, alle esclusioni, alle modalità e alle procedure di affidamento, alle modalità di pubblicazione dei bandi e degli avvisi, ai requisiti generali e speciali e ai motivi di esclusione, ai criteri di aggiudicazione, alle modalità di comunicazione ai candidati e agli offerenti, ai requisiti di qualificazione degli operatori economici, ai termini di ricezione delle domande di partecipazione alla concessione e delle offerte, alle modalità di esecuzione.”.

L’articolo 164, infatti, “va interpretato come rinvio in toto, fatto salvo il limite normativo della compatibilità, alle disposizioni concernenti, tra l’altro i criteri di aggiudicazione, contenute nella parte II del codice; il titolo IV (Aggiudicazione per i settori ordinari) nel quale si colloca l’art. 97 (offerte anormalmente basse) fissa i criteri di aggiudicazione in via generale, sicchè le relative previsioni sono del tutto compatibili con le procedure di aggiudicazione di contratti di concessione di servizi” (C.d.S., sez. V, 17 settembre 2018, n. 5419). D’altro canto non sono ravvisabili “ragioni di incompatibilità della norma de qua con la fattispecie della concessione: invero, mentre la valutazione tecnica dell’offerta non si differenzia da quella propria delle procedure di aggiudicazione degli appalti, quella di ordine economico sottende la medesima esigenza di verifica di congruità, alla luce degli indici di inaffidabilità tipizzati dal legislatore, anche la previsione del “canone”, dovuto dal concessionario all’Amministrazione concedente quale contropartita della disponibilità dei beni pubblici presso i quali svolgere il servizio, potendo manifestare profili di incongruità (in eccesso) e, quindi, alimentare ragionevoli dubbi in ordine alla corretta esecuzione del servizio.”. (C.d.S., sez. III, 17 aprile 2018, n. 2317).

Nel caso di specie, trattandosi di contratto “attivo”, gli operatori concorrenti dovevano offrire un prezzo da corrispondere alla Questura per la gestione del bar interno. La ricorrente ha proposto un rialzo di più del 50% del prezzo a base di gara. Dalla documentazione prodotta a giustificazione di tale importo è emerso che l’impresa prevede entrate mensili per 9.780 euro, a fronte di costi pari a 8.026,30 euro, con un profitto di circa 1.700 euro al mese. Detta previsione non risulta attendibile, atteso che l’impresa uscente, che ha gestito il bar dal 2012 al 2018, ha dichiarato ricavi mensili per circa 3.000 euro.

L’esponente assume di triplicare le entrate rispetto alla precedente gestione, ipotizzando tra l’altro un numero di utenti potenziali che la Questura smentisce. L’amministrazione resistente contesta -infatti- la notizia stampa in merito ad un prossimo incremento di organico di 134 unità ed evidenzia come la stima del numero di utenti effettuata dal ricorrente non sia verosimile, considerato tra l’altro che all’interno della sede sono presenti una mensa e 6 distributori automatici di cibo e bevande, oltre ai tre bar ubicati nel raggio di 50 metri dalla struttura.

Alla luce delle esposte circostanze il giudizio di anomalia dell’offerta, fondato su una valutazione di complessiva insostenibilità economica del servizio, non si rivela inficiato da macroscopica erroneità o irragionevolezza, che costituiscono i profili sindacabili per gli atti espressione di discrezionalità tecnica (T.A.R. Campania, Napoli, sez. IV, 31 luglio 2018, n. 5131; C.d.S, sez. III, 13 settembre 2017, n. 4336).

I primi due motivi sono pertanto infondati.

La terza censura denuncia l’omesso invio del preavviso previsto dall’articolo 10 bis della legge 241 del 1990, che avrebbe precluso alla ricorrente di partecipare al procedimento e di evidenziare in tale sede il possesso del DURC regolare ed il carattere meramente formale delle infrazioni contestate.

La doglianza è priva di pregio.

Le argomentazioni articolate dall’esponente nel corso del giudizio sono -infatti- relative a circostanze ben note all’amministrazione procedente e del tutto inidonee a mutare il contenuto del provvedimento qui gravato.

In base al principio affermato dall’articolo 21 octies della stessa legge 241 del 1990 l’omissione del preavviso di rigetto produce l’invalidità del provvedimento finale solo allorquando abbia determinato un vizio nel contenuto sostanziale del provvedimento, circostanza che – per le considerazioni premesse- non ricorre nel caso di specie.

In conclusione, per gli esposti motivi, il ricorso non può trovare accoglimento.

Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia sezione staccata di Brescia (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Condanna il ricorrente al pagamento delle spese di giudizio in favore dell’amministrazione resistente, in ragione di euro 2.000 (duemila//00), oltre agli accessori come per legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Brescia nella camera di consiglio del giorno 27 febbraio 2019 con l’intervento dei magistrati:

Roberto Politi, Presidente
Mauro Pedron, Consigliere
Elena Garbari, Referendario, Estensore

L’ESTENSORE
Elena Garbari
        
IL PRESIDENTE
Roberto Politi
        
        
IL SEGRETARIO
 

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