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Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Appalti Numero: 1310 | Data di udienza: 25 Ottobre 2017

* APPALTI – Appalti pubblici di lavori riguardanti i beni culturali – Lavori affidati in subappalto – Utilizzo ai fini della qualificazione e della dimostrazione dell’esperienza pregressa – Preclusione – Artt. 24, c. 3 d.P.R. n. 207/2010 e 11, c. 4, DM 154/2017.


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 2^
Regione: Lombardia
Città: Brescia
Data di pubblicazione: 6 Novembre 2017
Numero: 1310
Data di udienza: 25 Ottobre 2017
Presidente: Farina
Estensore: Bertagnolli


Premassima

* APPALTI – Appalti pubblici di lavori riguardanti i beni culturali – Lavori affidati in subappalto – Utilizzo ai fini della qualificazione e della dimostrazione dell’esperienza pregressa – Preclusione – Artt. 24, c. 3 d.P.R. n. 207/2010 e 11, c. 4, DM 154/2017.



Massima

 

TAR LOMBARDIA, Brescia, Sez. 2^ – 6 novembre 2017, n. 1310


APPALTI – Appalti pubblici di lavori riguardanti i beni culturali – Lavori affidati in subappalto – Utilizzo ai fini della qualificazione e della dimostrazione dell’esperienza pregressa – Preclusione – Artt. 24, c. 3 d.P.R. n. 207/2010 e 11, c. 4, DM 154/2017.

L’art. 248, comma 3 del DPR 207/2010 prevede, con riferimento ai lavori relativi alle categorie OG2, OS2A, OS2B e OS25, forme di verifica semplificata del possesso dei requisiti, ma stabilendo che essi “sono utilizzati ai fini della qualificazione soltanto dall’impresa che li ha effettivamente eseguiti, sia essa affidataria o subappaltatrice”. Analoga disposizione è contenuta nel manuale ANAC per lo SOA ed è stata riproposta dall’art. 11, comma 4 del DM 154/2017 (Regolamento concernente gli appalti pubblici di lavori riguardanti i beni culturali tutelati ai sensi del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, pubblicato il 27 ottobre 2017 e che entrerà in vigore l’11 novembre 2017), il quale sancisce espressamente che “I lavori possono essere utilizzati ai fini di cui all’articolo 7 solo se effettivamente eseguiti dall’impresa, anche se eseguiti in qualità di impresa subappaltatrice. L’impresa appaltatrice non può utilizzare ai fini della qualificazione i lavori affidati in subappalto.”. Se, dunque, può ritenersi principio generale quello secondo cui, ai fini di ottenere la qualificazione SOA per l’esecuzione di appalti nelle categorie proprie dei lavori relativi a beni culturali, non possono essere utilizzati i lavori non eseguiti direttamente dall’impresa, ma la cui esecuzione è stata subappaltata a terzi, appare del tutto logico, razionale e coerente escludere la rilevanza, come dimostrazione dell’esperienza pregressa, di lavori che non siano stati eseguiti direttamente dalla società dichiarante il possesso del requisito, ma da un terzo subappaltatore.


Pres. Farina, Est. Bertagnolli – R.T.I. Cooperativa Edile A. e altri (avv.ti Michiara e Ballerini) c. Diocesi di Mantova (avv. Gianolio)

 


Allegato


Titolo Completo

TAR LOMBARDIA, Brescia, Sez. 2^ - 6 novembre 2017, n. 1310

SENTENZA

 

TAR LOMBARDIA, Brescia, Sez. 2^ – 6 novembre 2017, n. 1310

Pubblicato il 06/11/2017

N. 01310/2017 REG.PROV.COLL.
N. 00755/2017 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia

sezione staccata di Brescia (Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente


SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 755 del 2017, proposto da:
R.T.I. tra le ditte Cooperativa Edile Artigiana Società Cooperativa, Cingoli Nicola & Figlio Srl, Arche’ Restauri Snc di Simeti Silvia & C., in persona dei legali rappresentanti p.t., tutte rappresentate e difese dagli avvocati Paolo Michiara e Mauro Ballerini, con domicilio eletto in Brescia, presso lo studio di quest’ultimo, viale della Stazione, n. 37;

contro

Diocesi di Mantova, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall’avvocato Alberto Arrigo Gianolio, domiciliata in Brescia, ex art. 25 cpa, presso la Segreteria del T.A.R., via Carlo Zima, 3;

nei confronti di

R.T.I. tra le ditte Bottoli Costruzioni Srl, Resin Proget Srl, Alchimia Laboratorio di Restauri di Gilioli Claudio e C.- S.n.c. in persona dei legali rappresentanti p.t., rappresentato e difeso dall’avvocato Claudio De Portu, con domicilio eletto in Brescia, presso lo studio dell’avv. Andrea Riccadonna viale della Stazione 59;

per l’annullamento

per quanto riguarda il ricorso introduttivo:

– dell’aggiudicazione, della proposta di aggiudicazione e dell’aggiudicazione definitiva della gara di Appalto relativa all’intervento di ristrutturazione e recupero funzionale della Chiesa Parrocchiale “San Giovanni Battista” in Moglia (MN) bandita dalla Diocesi di Mantova;

– del decreto vescovile/provvedimento prot. n. 1084/17, datato 24.6.2017, di approvazione dei verbali di gara relativi all’appalto citato e aggiudicazione definitiva dell’appalto e, per quanto occorrer possa, della relativa comunicazione di aggiudicazione prot. n. 1088/2017 del 26 giugno 2017;

– della mancata esclusione del costituendo raggruppamento controinteressato dalla procedura di gara per cui è causa;

– nei limiti di interesse delle ricorrenti, dei verbali di gara delle sedute pubbliche del 13 e 24 febbraio 2017 e del 21 marzo 2017, nonché di quelli delle sedute riservate del 1 e 2 marzo 2017 e del 23 giugno 2017;

– nei limiti di interesse delle ricorrenti, del decreto vescovile / provvedimento prot. n. 1041/17 datato 19.6. 2017, con il quale è stata annullata in autotutela la proposta di aggiudicazione dell’appalto in favore del costituendo raggruppamento controinteressato ed è stata disposta la riconvocazione della commissione giudicatrice al fine di rivalutare l’offerta tecnica del controinteressato, anziché escluderla;

– in subordine, per quanto occorrer possa, di tutti gli atti e provvedimenti relativi alla gara in questione e quindi, oltre a quelli sopra citati, del bando, del disciplinare e di tutti i documenti di gara;

– di ogni provvedimento presupposto, successivo, connesso e collegato.

per quanto riguarda il ricorso incidentale

– degli atti della gara avente ad oggetto l’intervento di ristrutturazione e recupero funzionale della Chiesa Parrocchiale di San Giovanni Battista in Moglia (MN), bandita dalla Diocesi di Mantova (CUP J21E16000360002 – CIG 6874193B82), nella parte in cui la Stazione appaltante non ha provveduto all’esclusione del costituendo RTI tra le imprese (ricorrenti) Cooperativa Edile Artigiana Società Cooperativa, Cingoli Nicola e figlio Srl, Archè Restauri Snc di Simetti Silvia & C. o comunque all’attribuzione di un punteggio inferiore in riferimento alla offerta tecnica presentata in gara dallo stesso RTI e quindi in particolare:

a. della graduatoria di gara, di cui al verbale di seduta pubblica n. 3 del 21.3.2017;

b. degli atti e dei verbali di gara presupposti, conseguenti o comunque connessi, ivi compresi:

– il verbale di seduta riservata n. 1 del 1.3.2017;

– il decreto Vescovile di aggiudicazione del 26.6.2017 n. 1084, nella parte cui si dispone la approvazione dei predetti atti di gara, per quanto di interesse.

Visti il ricorso principale, il ricorso incidentale e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio della Diocesi di Mantova e dell’RTI tra Bottoli Costruzioni Srl, Resin Proget Srl e Alchimia Laboratorio di Restauri di Gilioli Claudio e C.- S.n.c.;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 25 ottobre 2017 la dott.ssa Mara Bertagnolli e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

Con il ricorso principale in esame, il raggruppamento ricorrente ha chiesto l’esclusione dalla gara per l’affidamento dell’intervento di ristrutturazione e recupero funzionale della Chiesa Parrocchiale “San Giovanni Battista” in Moglia del costituendo RTI Bottoli, l’aggiudicazione dell’appalto a sé medesimo, la dichiarazione di nullità dell’eventuale contratto medio tempore stipulato, l’accertamento dell’obbligo di contrarre con il ricorrente, il risarcimento dei danni derivanti dalla mancata esclusione del raggruppamento controinteressato o, in subordine, l’annullamento della procedura di gara e la condanna dell’Amministrazione resistente a risarcire alle ricorrenti i danni da perdita di possibilità, da liquidarsi in via equitativa.

L’importo complessivo dei lavori, posto a base di gara, è pari a Euro 2.665.215,65 e la loro realizzazione sarà integralmente finanziata con fondi pubblici: per questa ragione la gara è stata ritenuta assoggettata, come da disciplinare, alla giurisdizione del giudice amministrativo, nonostante la stazione appaltante sia la Diocesi di Mantova.

La prima proposta di aggiudicazione a favore dell’R.T.I. controinteressato, scaturita in esito alla gara, è stata annullata in via amministrativa, in quanto è emerso che le ditte partecipanti avevano reso dichiarazioni non conformi al vero e comunque fuorvianti, in particolare in relazione alle esperienze pregresse. Più precisamente, sono stati dichiarati ultimati e collaudati lavori che, successivamente, è emerso non erano tali.

Anziché disporre l’esclusione dell’RTI, però, la stazione appaltante, ravvisato un semplice equivoco, si è limitata ad annullare la proposta di aggiudicazione e a rimettere alla Commissione di gara la rivalutazione dei lavori eseguiti, decurtando quelli oggetto di dichiarazione non veritiera.

Il punteggio, nonostante ciò, è stato confermato, grazie, secondo quanto sostenuto in ricorso, all’applicazione di un nuovo criterio di valutazione e l’aggiudicazione è nuovamente intervenuta a favore dell’RTI controinteressato con uno scarto di 0,84 punti.

Avverso tale esito del procedimento sono stati dedotti i seguenti motivi di illegittimità:

1. Violazione e/o falsa applicazione della lex specialis (artt. 5 e 15.2 del disciplinare di gara), nonchè dell’art. 80 D.Lgs. 50/2016. I concorrenti dovevano elencare “secondo lo schema riportato all’Allegato 4), alcuni interventi (max n. 5) realizzati (FINITI E COLLAUDATI) attestanti le esperienze acquisite su interventi di consolidamento e restauro su beni culturali ecclesiastici (chiese, santuari, campanili) …”. La Alchimia ha dichiarato, tra i lavori eseguiti, il restauro della Basilica Cattedrale di S. Maria Assunta (1.157.251,54 euro), ma, alla data di scadenza della presentazione delle offerte (7 febbraio 2017), una parte dei lavori (eseguiti in subappalto nel 2016) per un importo di 582.641 euro, non erano stati, secondo parte ricorrente, né terminati, né tantomeno collaudati e comunque nell’importo sarebbero stati compresi lavori relativi a più interventi separati e non uno solo. Rispetto all’ultimo di tali interventi, eseguito in subappalto dalla mandante Alchimia, l’RTI Bottoli avrebbe prodotto un certificato di regolare esecuzione con data successiva alla scadenza del termine per la presentazione delle domande di partecipazione e il certificato del 30 novembre 2016 (a firma CMB di Carpi) non presenterebbe le forme di legge e il suo contenuto sarebbe stato per ben due volte modificato dal direttore lavori successivamente, fino a dichiarare che non vi era stata conclusione dei lavori sul piano amministrativo. Inoltre, anche i lavori presso la Parrocchia S. Andrea Apostolo di Mantova sarebbero costituiti da una pluralità di interventi assegnati nell’arco di un periodo di quattordici anni.

Secondo parte ricorrente, la documentazione prodotta dall’RTI controinteressato non corrispondente a quanto richiesto avrebbe integrato una violazione anche dell’art. 80 del d. lgs. 50/2016, che alla lettera c) del comma 5, sanziona, con l’esclusione, il tentativo “di influenzare indebitamente il processo decisionale della stazione appaltante o di ottenere informazioni riservate ai fini di proprio vantaggio” e/o l’aver fornito “anche per negligenza, informazioni false o fuorvianti suscettibili di influenzare le decisioni sull’esclusione, la selezione o l’aggiudicazione ovvero l’omettere le informazioni dovute ai fini del corretto svolgimento della procedura di selezione”.

Inoltre, anche il successivo comma 5 f-bis del medesimo art. 80 (riprendendo l’ex art. 38 del D.Lgs.163/2006), ancora più esplicitamente sanziona con l’esclusione coloro che presentino “nella procedura di gara in corso … documentazione o dichiarazioni non veritiere”;

2. Sviamento ed eccesso di potere per manifesta illogicità e violazione e/o falsa applicazione della lex specialis (artt. 5 e 15.2 del disciplinare di gara). Pur rilevando le (gravi) incongruenze nelle risposte e dichiarazioni altrui, la stazione appaltante ha ritenuto di “escludere il carattere mendace della dichiarazione … dovendosi, piuttosto, ritenere che la società medesima abbia equivocato sulla portata e sulla efficacia del “certificato di esecuzione lavori” 30.11.2016 della impresa appaltatrice CMB di Carpi”. Equivoco che, secondo parte ricorrente, non sarebbe comunque configurabile, sia per la chiarezza della disciplina, che per la pluralità delle vaghe dichiarazioni, tra di loro diverse e in parte contrastanti, susseguitesi in ragione delle richieste di chiarimenti;

3. Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 86 D.Lgs. 50/2016 e della lex specialis (art. 15.2 del disciplinare di gara), in quanto almeno i lavori relativi alla Basilica di Carpi e a S. Andrea Apostolo non sarebbero stati documentati nelle forme di legge;

4. Violazione e/o falsa applicazione della lex specialis (artt. 4 e 15.2 e allegato 4 del disciplinare di gara) e degli artt. 45, 48 e 80 D.Lgs. 50/2016: ciò a causa della mancata sottoscrizione di parte dell’offerta tecnica da parte di tutti i componenti del costituendo raggruppamento. Il disciplinare prevedeva che l’offerta tecnica dovesse essere firmata da tutti i componenti del raggruppamento non ancora costituito, a pena di esclusione. In particolare, il modello delle schede relative agli interventi in questione, “nonché tutti gli altri elaborati costituenti l’Offerta Tecnica” avrebbero dovuto essere firmati – a pena di esclusione – dai legali rappresentanti di tutte le imprese raggruppande in caso di R.T.I. non costituito all’epoca della presentazione delle offerte. Cosa che non sarebbe accaduta;

5. Eccesso di potere per falso supposto di fatto e violazione e/o falsa applicazione della lex specialis (in particolare art. 18). L’art. 18 del disciplinare di gara (pagg. 40 e 41) prevedeva, in relazione all’esperienza relativa a interventi di consolidamento e restauro, l’attribuzione di un punteggio massimo di 20 punti. Le ricorrenti ed il R.T.I. controinteressato hanno ottenuto il medesimo giudizio (ottimo) e quindi il medesimo coefficiente (0,9, pari a 18 punti, poi riparametrati in 20 punti) pur avendo, la costituenda A.T.I. delle odierne ricorrenti, soddisfatto tutti gli elementi. Essa ha speso cinque interventi, tutti di importo superiore a quello di gara, con entrambe le categorie prevalenti, di tipologia analoga a quella di gara, di grande complessità, per un importo complessivo di 28 milioni di euro. Il raggruppamento controinteressato, invece, non avrebbe dimostrato alcun precedente lavoro di importo superiore a quello di gara, avrebbe comprovato solo tre dei cinque interventi dichiarati, in quanto due dei cinque non riguarderebbero tipologie analoghe e l’importo complessivo sarebbe di meno di 7 milioni di euro.

I punteggi sarebbero stati erroneamente assegnati anche per quanto riguarda la proposta di miglioramento del piano di sicurezza e coordinamento, del cronoprogramma dei lavori e del programma di coordinamento: la proposta di parte ricorrente sarebbe stata inopportunamente sottovalutata, pur essendo migliore di quella dell’aggiudicatario;

6. Eccesso di potere per falso supposto di fatto e violazione e/o falsa applicazione della lex specialis (in particolare art. 18), laddove la commissione, pur decurtando i lavori oggetti di dichiarazioni non veritiere, ha confermato il punteggio dell’RTI controinteressato, introducendo un nuovo criterio di valutazione, dal momento che ha ritenuto che “l’importo dei lavori eseguiti dall’impresa Alchimia al Duomo di Carpi, anche ridotto della quota rilevata non ammissibile, risulta di € 574.610,31, e quindi comunque dello stesso ordine di grandezza delle opere di tipologia OS2A previste dal progetto a base di gara, pari a € 556.670,17, così che il lavoro mantiene la sua significatività qualitativa ai fini della dimostrazione dell’esperienza dell’impresa offerente”;

7. in subordine, eccesso di potere per falso supposto di fatto, violazione e/o falsa applicazione della lex specialis, sviamento e manifesta illogicità, attesa l’irragionevolezza dell’operato della Commissione.

La cooperativa ricorrente e le altre mandanti hanno, dunque, richiesto, oltre all’annullamento dell’aggiudicazione e all’accertamento della pretesa all’esecuzione del contratto, il risarcimento del danno, sotto il profilo del mancato utile, del danno emergente, del danno curriculare nonché del danno da perdita di chance. In particolare, con riferimento alla prima voce di danno (lucro cessante), ne ha richiesto la quantificazione conformemente a quanto rilevato dalla giurisprudenza in materia, nella misura minima del 10% dell’importo dell’appalto.

Il raggruppamento controinteressato si è costituito in giudizio, deducendo la infondatezza del ricorso. Lo stesso ha dato conto di come l’attribuzione del medesimo punteggio sia stata frutto della specifica valutazione della commissione che ha accertato come “l’importo dei lavori eseguiti dalla impresa Alchimia al Duomo di Carpi, anche ridotto della quota rilevata non ammissibile, risulta di € 574.610,31 e quindi comunque dello stesso ordine di grandezza delle opere di tipologia OS2A previste dal progetto a base di gara, pari a € 556.670,17, così che il lavoro mantiene la sua significatività qualitativa ai fini della dimostrazione dell’esperienza della impresa offerente”.

Peraltro, è lo stesso RTI Bottoli a riconoscere che i lavori del Duomo di Carpi sono stati collaudati in marzo 2017 e al 30 novembre 2016 i lavori risultavano solo “completati, contabilizzati e fatturati” (così la memoria depositata l’1 settembre 2017, a pag. 15).

Ed è sempre il controinteressato a confermare che i lavori del Duomo di Carpi sono stati suddivisi in diversi lotti, di cui tre sono stati affidati in subappalto alla Alchimia, con tre diversi contratti: si tratterebbe, però, di un intervento su di un unico edificio, con un’unica finalità e una unitaria previsione di finanziamento.

L’RTI Bottoli non avrebbe, dunque, fornito alcuna documentazione falsa o fuorviante. Lo stesso, peraltro, ha depositato – alla vigilia della camera di consiglio fissata per il 6 settembre 2016, nel corso della quale la trattazione è stata rinviata al merito – un ricorso incidentale, nel quale ha dedotto che il RTI Coop. Edile Artigiana avrebbe dovuto essere escluso dalla gara per aver reso dichiarazioni mendaci (e, conseguentemente, sarebbero stati violati gli artt. 80 del d. lsg. 50/2016 e 15.2 e 18, punto c) del disciplinare di gara), nonché per il mancato rispetto dei limiti minimi di partecipazione al raggruppamento da parte della mandante Cingoli. In via subordinata, si è dedotto, nel ricorso incidentale, che all’offerta tecnica del raggruppamento capeggiato dalla Cooperativa Edile Artigiana avrebbe dovuto esser riconosciuto un punteggio ben inferiore a quello attribuito (integrando, quello riconosciutogli, una violazione delle stesse norme della lex specialis e cioè degli artt. 15.2 e 18, punto c) del disciplinare di gara).

La Diocesi ha depositato una memoria, nella quale ha ricordato come l’esclusione sulla base del comma 5, lett. c) dell’art. 80 del d. lgs. 50/2016 non sia automatica, ma presupponga il fatto che siano state fornite, anche per negligenza, informazioni false o fuorvianti suscettibili di influenzare le decisioni sull’esclusione, la selezione o l’aggiudicazione ovvero l’omettere le informazioni dovute ai fini del corretto svolgimento della procedura di selezione. L’esclusione, dunque, sarebbe subordinata al fatto che la commissione possa essere stata influenzata negativamente e l’accertamento di ciò escluderebbe ogni automatismo. Lo stesso dicasi per i casi di “gravi illeciti professionali posti in essere nello svolgimento della procedura di gara”. L’erronea dichiarazione resa dalla società Alchimia in ordine all’importo dei lavori eseguiti nel Duomo di Carpi, come posto in evidenza con l’atto di costituzione in giudizio, non avrebbe, invece, avuto alcuna influenza né sulla ammissione alla gara del raggruppamento temporaneo di imprese controinteressato, né sul punteggio ad esso attribuito, come dimostrato dalla conferma del punteggio anche dopo la rimessione della valutazione alla commissione.

In ogni caso, la Diocesi non avrebbe inteso favorire l’RTI aggiudicatario, essendosi limitata a una corretta applicazione della lex specialis e a disapplicare clausole escludenti non conformi alla norma e, dunque, nulle.

Sul punto relativo alla valutazione degli interventi precedenti, la Diocesi ha chiarito che “Gli interventi indicati dal R.T.I. ricorrente, riguardando prevalentemente conventi ed abbazie, sono stati considerati, dalla Commissione giudicatrice, affini a quelli oggetto dell’appalto, mentre quelli del R.T.I. Bottoli, tutti relativi ad interventi su chiese, sono stati ritenuti congruenti.”.

La ricorrente principale, a confutazione di quanto dedotto nel ricorso incidentale, ha chiarito come la Abbazzia di S. spirito al Morrone, pur essendo di proprietà dello Stato, sia un bene, dotato di chiesa, di inestimabile valore storico-architettonico. Poiché la definizione di bene culturale ecclesiastico non può ritenersi fare riferimento alla proprietà del bene, ma alle sue caratteristiche, non vi sarebbe stata alcuna dichiarazione falsa.

Nessuna falsità sarebbe ravvisabile nemmeno con riferimento alla dichiarazione di lavori eseguiti in subappalto e in parte non riconducibili alla categoria prevalente OG2: in nessuna parte la lex specialis precisava tali limiti posti agli interventi da dichiarare come precedenti esperienze.

Per quanto riguarda la possibilità della partecipazione alla gara, la ricorrente incidentale avrebbe indotto confusione tra quote di partecipazione e quote di esecuzione: la Cingoli avrebbe, infatti, ben più del 10 % dei requisiti richiesti per la partecipazione alla gara (SOA OG2 VIII) e la mandataria CEA possiede la qualifica V in OG2, grazie a una lunga serie di esperienze per interventi in OG2. Il possesso dei requisiti sarebbe, dunque, dimostrato, a prescindere dalla minima quota di partecipazione all’esecuzione della Cingoli, irrilevante anche ai fini della spendita della precedente esperienza.

Ciò chiarito, l’RTI ricorrente ha ribadito la fondatezza del ricorso principale.

L’RTI Bottoli ha, quindi, depositato una memoria nella quale si è soffermato soprattutto sulla non veridicità dell’affermazione della ricorrente principale secondo cui l’offerta dell’RTI Bottoli sarebbe stata modificata a posteriori, laddove, nella propria memoria, ha affermato di aver “speso in gara solo i lavori per la minor somma di euro 582.641,23, quando invece nell’allegato 4 si trova espressamente scritto euro 1.157.251,54”.

Lo stesso RTI ha, quindi, insistito sulla violazione dell’art. 92 del DPR 207/2010, in cui sarebbe incorsa la stazione appaltante e sull’erronea valutazione degli interventi aventi a oggetto la ristrutturazione di conventi.

Nella propria replica, la cooperativa ricorrente principale ha evidenziato come le controparti si siano difese solamente su quanto è stato (illegittimamente) oggetto di sanatoria da parte della Commissione (vale a dire la parte dell’intervento presso il Duomo di Carpi denominata Subappalto Alchimia Lotto 3). Non vi sarebbe, invece, nella sostanza, valida difesa (si tratta del resto di fatti) circa tutte le altre deduzioni effettuate nelle pagine da 6 a 12 del ricorso. L’offerta, dunque, avrebbe dovuto essere esclusa perché l’ R.T.I. controinteressato avrebbe dichiarato interventi collaudati che tali non sono, avrebbe indebitamente sommato tra loro interventi vari non dichiarandolo in sede di gara, seppur ciò fosse escluso dalla lex specialis, avrebbe fornito informazioni non veritiere circa durata, importi ed altro , non confermate in fase di verifica (quindi non veritiere), fuorvianti, se si considera che il criterio dell’esperienza pregressa era il più importante tra quelli previsti dalla lex specialis. Né potrebbe avere rilievo la distinzione tra informazioni fuorvianti e false.

Nessuna prova dell’assenza di influenza negativa sarebbe desumibile dalla conferma del punteggio, atteso che essa è conseguita dall’introduzione di un criterio postumo, diverso da quelli originari e palesemente illogico. In ogni caso la stazione appaltante avrebbe indifferentemente utilizzato i concetti di attinenza, congruenza, pertinenza, coerenza, analogia, rilevanza e affinità nella valutazione dei requisiti.

Infine, ha replicato anche la Diocesi di Mantova, ribadendo la correttezza del proprio operato.

Alla pubblica udienza, su conforme richiesta dei procuratori delle parti, la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

Deve essere preliminarmente esaminato il ricorso incidentale, avente natura escludente, in quanto teso, in prima battuta, a far valere l’illegittima, mancata, esclusione della ricorrente principale dalla gara, sia in ragione delle false dichiarazioni rese in ordine ai precedenti interventi eseguiti dalla cooperativa, sia a causa del difetto dei requisiti minimi, essendo tutti i precedenti interventi dichiarati riconducibili alla sola mandante Cingoli Nicola e Figli s.r.l., titolare di una percentuale minima di partecipazione al raggruppamento.

Per quanto attiene al primo profilo, secondo l’RTI Bottoli l’offerta del raggruppamento concorrente (mandataria la Cooperativa Edile Artigiana) avrebbe dovuto essere esclusa, in ragione del fatto che essa conteneva diverse dichiarazioni false. La prima riguarda uno dei cinque interventi di restauro precedentemente eseguiti dalla mandataria Cingoli: tra di essi è elencato l’intervento sull’abbazia di Santo Spirito al Morrone (AQ), che, contrariamente a quanto previsto dal disciplinare di gara, non sarebbe, secondo la ricorrente incidentale, annoverabile nella categoria dei “beni culturali ecclesiastici”, in quanto appartenente al Demanio statale dal 1987.

Sul punto il ricorso incidentale non merita positivo apprezzamento. Non può ritenersi, infatti, che la definizione di bene culturale ecclesiastico faccia riferimento alla proprietà del bene: essa attiene solo alle sue caratteristiche (tant’è che la categoria OG2 è genericamente definita “restauro di beni culturali”), che anche nel caso di specie risultano essere riconducibili a quelle proprie dei beni elencati ad esempio, per chiarire il riferimento (chiese, santuari, campanili). Per questo profilo non si ravvisa, dunque, alcuna dichiarazione falsa, potendosi convenire, anche in ragione della ratio della disposizione, che la stazione appaltante intendesse accertare l’avvenuta maturazione di precedenti esperienze nel consolidamento e nel restauro di beni aventi le caratteristiche proprie di quelli tradizionalmente ecclesiastici (chiese, campanili, santuari, ecc.), a prescindere dalla loro proprietà. La precedente esperienza rileva, infatti, in relazione alle particolari competenze tecniche richieste per l’intervento su beni aventi le caratteristiche oggettive di quelli della categoria in questione e non certo con riferimento alla natura della committenza, di cui non è stata esplicitata quale sarebbe la particolare influenza sulla prestazione eseguita.

La medesima dichiarazione relativa ai precedenti interventi eseguiti sarebbe falsa, sempre secondo il ricorso incidentale, anche nella parte in cui ha indicato come lavori ricadenti nella categoria OG2 pure gli importi relativi ad altre lavorazioni, riportando l’importo dell’intero contratto ovvero quelli relativi a lavori eseguiti in subappalto da soggetti terzi (in particolare per un importo pari a circa la metà dei 6.598.515,11 euro dell’intervento n. 3 e per circa 1.500.000 euro di differenza nell’intervento n. 4).

Per questo aspetto, la difesa della ricorrente principale non può essere condivisa. È pur vero che in alcuna parte la lex specialis specificava che la dichiarazione avrebbe dovuto riguardare solo lavori eseguiti direttamente dalla stessa impresa dichiarante e non affidati in subappalto.

Ciononostante, si può convenire con la ricorrente incidentale sull’oggettiva irrilevanza dei lavori in concreto eseguiti da terzi, al fine di dimostrare l’esperienza maturata in relazione alle specifiche lavorazioni.

Ciò in linea e, dunque, coerentemente, con quanto previsto dall’art. 248, comma 3 del DPR 207/2010, che prevede, con riferimento ai lavori relativi alle categorie OG2, OS2A, OS2B e OS25, forme di verifica semplificata del possesso dei requisiti, ma stabilendo che essi “sono utilizzati ai fini della qualificazione soltanto dall’impresa che li ha effettivamente eseguiti, sia essa affidataria o subappaltatrice”. Analoga disposizione è contenuta nel manuale ANAC per lo SOA ed è stata riproposta dall’art. 11, comma 4 del DM 154/2017 (Regolamento concernente gli appalti pubblici di lavori riguardanti i beni culturali tutelati ai sensi del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, pubblicato il 27 ottobre 2017 e che entrerà in vigore l’11 novembre 2017), il quale sancisce espressamente che “I lavori possono essere utilizzati ai fini di cui all’articolo 7 solo se effettivamente eseguiti dall’impresa, anche se eseguiti in qualità di impresa subappaltatrice. L’impresa appaltatrice non può utilizzare ai fini della qualificazione i lavori affidati in subappalto.”.

Se, dunque, può ritenersi principio generale quello secondo cui, ai fini di ottenere la qualificazione SOA per l’esecuzione di appalti nelle categorie proprie dei lavori relativi a beni culturali, non possono essere utilizzati i lavori non eseguiti direttamente dall’impresa, ma la cui esecuzione è stata subappaltata a terzi, appare del tutto logico, razionale e coerente escludere la rilevanza, come dimostrazione dell’esperienza pregressa, di lavori che non siano stati eseguiti direttamente dalla società dichiarante il possesso del requisito, ma da un terzo subappaltatore.

Si può, altresì, convenire che nell’importo dichiarato come ammontare del precedente intervento realizzato non avrebbero dovuto essere compresi anche i lavori non riconducibili alla categoria prevalente OG2 o a quella specialistica OS2A, debitamente distinte. La scheda da compilare, infatti, richiedeva in modo inequivocabile di specificare puntualmente gli importi di interventi già eseguiti per il consolidamento strutturale OG2 e per lavori di restauro 0S2A.

L’RTI capeggiato dalla Cooperativa edile artigiana è, dunque, incorso in una dichiarazione non veritiera, attestante degli importi non realmente corrispondenti alla specifica lavorazione richiesta e altri non utili per dimostrare l’esperienza, in quanto eseguiti da altri soggetti.

Tutto ciò, però, non può determinarne l’esclusione dalla gara, potendo condurre solo all’attribuzione di un diverso punteggio, rispetto a quello già riconosciuto al raggruppamento odierno ricorrente principale.

Considerata l’assoluta sovrabbondanza dei requisiti spesi, infatti, deve escludersi che la non corretta dichiarazione integri una dolosa attestazione del falso o possa aver avuto un effetto realmente distorsivo o fuorviante sulla Commissione, che ben avrebbe potuto apprezzare le irregolarità in questione sulla scorta della documentazione depositata (e cioè le schede relative agli interventi e, soprattutto, i CEL prodotti, i quali evidenziavano le diverse lavorazioni comprese nell’importo totale e la quota parte dei lavori eseguita da altri soggetti in subappalto).

Il ricorso incidentale non appare, infine, fondato nella parte in cui deduce l’inammissibilità dell’offerta presentata dalla Cooperativa ricorrente principale discendente dal fatto che tutti i precedenti interventi dichiarati al fine di dimostrare il possesso del requisito della professionalità richiesta risultano essere stati eseguiti da una sola delle mandanti del raggruppamento, e cioè la Cingoli Nicola e Figli s.r.l.. la quale, però, non sarebbe in possesso della quota minima di partecipazione prescritta dalla legge. Essa infatti, risulta partecipare all’appalto con una quota di 0,145% in OG2 (categoria prevalente) e di 0,442% in OS2A (categoria scorporabile).

Secondo il ricorso incidentale, tale partecipazione sarebbe largamente inferiore a quella minima prevista dall’art. 92 DPR 207/2010 (tutt’ora e senz’altro all’epoca della gara vigente, ex art. 216, comma 14, D.Lgs. 50/2016), il quale prevede che "i requisiti di qualificazione economico-finanziari e tecnico-organizzativi richiesti nel bando di gara per l’impresa singola devono essere posseduti dalla mandataria o da un’impresa consorziata nella misura minima del 40 per cento e la restante percentuale cumulativamente dalle mandanti o dalle altre imprese consorziate ciascuna nella misura minima del 10 per cento".

La disposizione, invero, recita: “Per i raggruppamenti temporanei di cui all’articolo 34, comma 1, lettera d), del codice, i consorzi di cui all’articolo 34, comma 1, lettera e), del codice ed i soggetti di cui all’articolo 34, comma 1, lettera f), del codice, di tipo orizzontale, i requisiti di qualificazione economico-finanziari e tecnico-organizzativi richiesti nel bando di gara per l’impresa singola devono essere posseduti dalla mandataria o da un’impresa consorziata nella misura minima del 40 per cento e la restante percentuale cumulativamente dalle mandanti o dalle altre imprese consorziate ciascuna nella misura minima del 10 per cento. Le quote di partecipazione al raggruppamento o consorzio, indicate in sede di offerta, possono essere liberamente stabilite entro i limiti consentiti dai requisiti di qualificazione posseduti dall’associato o dal consorziato. Nell’ambito dei propri requisiti posseduti, la mandataria in ogni caso assume, in sede di offerta, i requisiti in misura percentuale superiore rispetto a ciascuna delle mandanti con riferimento alla specifica gara. I lavori sono eseguiti dai concorrenti riuniti secondo le quote indicate in sede di offerta, fatta salva la facoltà’ di modifica delle stesse, previa autorizzazione della stazione appaltante che ne verifica la compatibilità’ con i requisiti di qualificazione posseduti dalle imprese interessate.”.

Tale disciplina è espressamente riportata nel disciplinare della gara in parola, ove si legge che gli unici requisiti di partecipazione di idoneità professionale richiesti sono l’iscrizione (di ciascuna delle imprese partecipanti a raggruppamenti temporanei e consorzi ordinari) alla CCIAA, nell’apposito Albo e il possesso delle attestazioni di qualificazione rilasciate da una SOA per le categorie e le classifiche adeguate alle categorie e agli importi dei lavori da realizzare.

Essa, però, riguarda il possesso dei requisiti di partecipazione, e, nel caso di specie, deve ritenersi del tutto rispettata. Tutte le ditte che hanno partecipato alla gara in raggruppamento temporaneo, individuando come mandante la Cooperativa edile artigiana, infatti, possiedono qualifiche superiori a quelle richieste dal bando, con la conseguenza che il rispetto di tale norma non viene nemmeno in discussione.

La maturazione di precedenti esperienze relative a interventi di consolidamento e restauro su beni culturali ecclesiastici, non rientra, invece, nel caso di specie, tra i requisiti di partecipazione, ma rileva solo come elemento dell’offerta tecnica, suscettibile di valutazione da parte della stazione appaltante, per il quale è stata prevista l’attribuzione di un punteggio fino a 20 punti.

Appare, dunque, effettivamente illogico che l’esperienza maturata sia dimostrata facendo riferimento a interventi tutti attribuibili a quella tra le imprese del raggruppamento che effettuerà la minima parte dei lavori posti in gara. Ciononostante, ferma restando l’inapplicabilità in ordine a tale profilo dell’art. 92 richiamato, tale particolarità non può condurre alla necessità dell’esclusione dell’offerta, dal momento che il disciplinare di gara in nessun punto prevedeva, nel vuoto normativo, che le precedenti esperienze dovessero essere vantate, in tutto o nella massima parte dalla mandataria o da una mandante impegnata ad effettuare una certa percentuale dei lavori.

Pertanto, sebbene sia irrilevante l’alto fatturato della cooperativa mandataria (in quanto riferito a una molteplicità di interventi di importo inferiore a quello delle precedenti esperienze dichiarate dalla mandante), l’offerta non può ritenersi viziata al punto da determinarne l’esclusione, per il solo fatto che essa contenga la particolare rappresentazione delle precedenti esperienze come contestata dalla ricorrente incidentale.

Diversamente si integrerebbe una violazione del principio di tipicità e tassatività delle clausole di esclusione che è stato espressamente canonizzato dall’art. 83, comma 8, del D.Lgs. n. 50/2016.

Con il ricorso incidentale, però, si deduce anche il fatto che tutto quanto sin qui evidenziato, se non può determinare l’esclusione, comunque avrebbe comportato un’illegittima attribuzione di punteggio, in quanto quello assegnato non sarebbe stato correttamente parametrato all’attività effettivamente svolta dalla cooperativa.

In tal senso il ricorso incidentale deve essere accolto.

Come già precedentemente chiarito, infatti, la fondatezza di quanto dedotto con riferimento alla valutazione delle precedenti esperienze, se non può comportare l’esclusione dell’RTI Cooperativa edile artigiana, non può, invece, non incidere sulla corretta attribuzione del punteggio ad essi correlato e, dunque, il fatto che sia stato erroneamente indicato un importo dei lavori eseguiti superiore a quello espressamente riferibile alle due categorie di interesse nel caso di specie (OG2 e OS2A), perché comprensivo anche dell’importo relativo a altre lavorazioni e di quello riferito a lavori eseguiti da terzi in subappalto, non può integrare una fattispecie escludente del raggruppamento dalla gara, ma comporta necessariamente l’obbligo di rivalutare il punteggio attribuito, tenendo conto della reale consistenza delle precedenti esperienze riferite alle sole lavorazioni di interesse eseguite in via diretta dal dichiarante.

Conseguentemente, nonostante il parziale accoglimento del ricorso incidentale, che comporta la rinnovazione dell’attività istruttoria della stazione appaltante, si può passare all’esame del ricorso principale, la cui parziale fondatezza non può che condurre al medesimo risultato, in ragione di quanto si dirà nel prosieguo.

In primo luogo, il Collegio ritiene di poter condividere la tesi della ricorrente principale, secondo cui l’intervento sul Duomo di Carpi, indicato come precedente esperienza dal RTI Bottoli, non poteva essere qualificato come unitario, perché frutto di tre contratti diversi, al pari della ristrutturazione della Basilica di Sant’Andrea Apostolo in Mantova, durata quattordici anni e oggetto di plurimi affidamenti.

Invero non era espressamente previsto dal disciplinare che dovessero essere indicati solo interventi unitari: ciò lo si desume, però, dal fatto che se ne potevano indicare solo cinque. In concreto, invece, il punteggio è stato assegnato valutando non cinque interventi di valore paragonabile a quello dei lavori in gara, ma almeno otto o più interventi, che hanno determinato un valore complessivo ritenuto meritevole di una valutazione “ottima” e, quindi, un giudizio che, in realtà, si fonda su di un falso presupposto, dal momento che il ragguardevole valore complessivo è stato raggiunto non con cinque, ma con molti di più affidamenti, così violando anche la ratio della prescrizione.

E che di diversi affidamenti si tratti appare ancora più chiaro se si considera che il restauro della Basilica di Carpi non è stato eseguito da Alchimia in forza di un unico contratto, ma di più impegni contrattuali e, addirittura, in diversa posizione rispetto al committente, in quanto in parte come subappaltatore e in parte come contraente diretto.

È indubbio, altresì, che i lavori dovessero essere collaudati al momento della dichiarazione.

Nel caso di specie, una parte dei lavori relativi al Duomo di Carpi, eseguiti dalla mandante Alchimia in subappalto (e cioè quelli di restauro eseguiti nel 2016), non sono stati affatto collaudati prima di tale data.

A nulla rileva il fatto che essi fossero stati, a tale data, fatturati, in quanto avrebbero dovuto essere corredati da CEL che ne attestava la regolarità. Il dato letterale della lex specialis è inequivocabile sul punto (come già evidenziato nella parte in fatto, cui per sinteticità si rinvia), con la conseguenza che il rispetto del principio di par condicio impone di escluderne la valutabilità.

Anche in questo caso, però, non può essere disposta l’esclusione del concorrente dalla gara, in quanto la documentazione, seppur non conforme a quanto richiesto, non può essere equiparata a una falsa, dal momento che l’errore sulla possibilità di dichiarare lavori anche solo eseguiti può essere in parte imputato anche all’atteggiamento fuorviante della stazione appaltante.

Inoltre, si deve considerare che la quota parte dei lavori eseguiti da Alchimia sul Duomo di Carpi nell’ultimo intervento che ha riguardato tale chiesa lo è stata in forza di un subappalto e i lavori si sono conclusi in novembre 2016. È quindi ragionevole ritenere che Alchimia, che ha regolarmente fatturato la propria attività abbia presunto l’intervenuta certificazione della loro regolarità, che è, invece, sopravvenuta solo nel marzo del 2017, ovvero abbia equivocato sulla rilevanza dell’attestazione di regolare esecuzione redatta dalla ditta subappaltante e non dal Direttore dei lavori.

Per tale ragione può ritenersi che la stazione appaltante abbia correttamente ritenuto che, ferma restando l’ammissibilità della partecipazione dell’RTI Bottoli, la sua offerta dovesse, però, formare oggetto di riesame in ordine alla rilevanza delle precedenti esperienze dichiarate.

Non appare, invece, condivisibile la conclusione cui è pervenuta la commissione di gara nel confermare il punteggio già assegnato senza dare alcun rilievo al fatto che l’intervento sul Duomo di Carpi, oltre ad essere avvenuto in più riprese e in forza di diversi contratti (punto su cui già ci si è soffermati) ha avuto a oggetto (per quanto riferito agli importi regolarmente collaudati), attività non propriamente di “restauro”. Oltre all’effettuazione di indagini stratigrafiche, campionature e diagnostica, la Alchimia ha eseguito soprattutto il consolidamento (per quasi 500.000 euro) e, dunque, solo una delle prestazioni richieste nella fattispecie (consolidamento e restauro).

Considerato che l’intervento non può più essere qualificato come di consolidamento e restauro perché l’unica attività di “restauro” svolta è risultata priva, come più sopra evidenziato, di certificato di regolare esecuzione, al momento della presentazione della domanda di partecipazione, l’attribuzione del medesimo punteggio già riconosciuto considerando come eseguita anche quest’ultima appare del tutto illogica, irrazionale e immotivata.

Risulta, dunque, dimostrato come anche il ricorso principale sia fondato, laddove ha inteso dimostrare che l’attribuzione del medesimo punteggio, da parte della commissione di gara in sede di riesame, è avvenuta senza un’adeguata motivazione, in quanto la commissione non ha tenuto conto del fatto che i lavori eseguiti dalla ditta Alchimia presso il Duomo di Carpi avrebbero dovuto essere totalmente esclusi dalla valutazione, considerato che, al pari di quelli relativi alla Basilica di Sant’Andrea di Mantova, sono stati realizzati in forza di plurimi contratti di affidamento e comunque non erano collaudati per quanto attiene alla parte di essi avente a oggetto il restauro vero e proprio.

Se, dunque, il ricorso può trovare accoglimento alla luce di quanto dedotto nei motivi di ricorso da 1 a 3, nonché 5 e 6, non altrettanto può dirsi con riferimento alla lamentata illegittimità fatta discendere dall’asserita irregolarità della sottoscrizione dell’offerta tecnica. A tale proposito si deve preliminarmente chiarire che tutte le partecipanti al raggruppamento hanno sottoscritto l’allegato 4, contenente l’elenco degli interventi di consolidamento e restauro precedentemente eseguiti, mentre le singole schede degli interventi, descrittive di ciascuno di essi e allegate all’allegato 4, sono state sottoscritte dall’unico soggetto che le poteva effettivamente e compiutamente redare e cioè le singole imprese, tra quelle raggruppate, che li hanno eseguiti. La spendita dei precedenti a favore dell’RTI è, dunque, adeguatamente garantita dalla sottoscrizione in comune dell’elenco degli interventi, senza che l’efficacia di ciò possa essere in qualche modo scalfita dal fatto che le schede non siano state controfirmate anche dagli altri partecipanti, in concreto privi di ogni competenza e conoscenza in relazione al contenuto proprio delle schede.

Ciò precisato, appare chiaro come, anche in ragione della fondatezza del ricorso principale, deve essere disposta la rinnovazione del procedimento di valutazione del requisito delle precedenti esperienze in relazione a entrambi i raggruppamenti parti del giudizio, tenendo conto di quanto evidenziato.

Ciò comporta, di fatto, una rimozione, in concreto, degli effetti negativi delle violazioni compiute dalla stazione appaltante, che integra un risarcimento in forma specifica che esclude ogni altra forma di risarcimento, di cui non risulta, allo stato, provata la spettanza.

Infine, accolti sia il ricorso incidentale, che quello principale, ancorché nei limiti di cui sopra, le spese del giudizio possono trovare compensazione tra le parti in causa.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia sezione staccata di Brescia (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sui ricorsi, come in epigrafe indicati:

– accoglie il ricorso incidentale e per l’effetto annulla l’attribuzione del punteggio assegnato al raggruppamento ricorrente principale in relazione alle esperienze pregresse dichiarate;

– accoglie il ricorso principale e per l’effetto annulla l’attribuzione del punteggio assegnato al raggruppamento controinteressato nel ricorso principale in relazione alle esperienze pregresse dichiarate;

– dispone la rinnovazione dell’istruttoria preordinata alla valutazione delle offerte presentate dalla parti del giudizio, nei sensi di cui in motivazione;

– respinge le ulteriori istanze risarcitorie;

– dispone la compensazione delle spese del giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Brescia nella camera di consiglio del giorno 25 ottobre 2017 con l’intervento dei magistrati:

Alessandra Farina, Presidente
Mara Bertagnolli, Consigliere, Estensore
Alessio Falferi, Consigliere

L’ESTENSORE
Mara Bertagnolli
        
IL PRESIDENTE
Alessandra Farina
        
        
IL SEGRETARIO
 

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