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Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Risarcimento del danno, VIA VAS AIA Numero: 1314 | Data di udienza: 9 Novembre 2022

VIA, VAS E AIA – RISARCIMENTO DEL DANNO – Provvedimento illegittimo – Interesse legittimo pretensivo – Lesione – Presupposti – Colpa dell’amministrazione – Giudizio prognostico formulato ex ante – Spettanza del bene della vita – Perdita definitiva del bene della vita – Chance risarcibile – Perdita di chance – Valutazioni di carattere ambientale – Archiviazione istanza di verifica di assoggettabilità a VIA – Costruzione e gestione di impianto di recupero e trattamento rifiuti non pericolosi – Autorizzazioni ambientali necessarie – VIA. (Massime a cura di Ilaria Genuessi)


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 1^
Regione: Lombardia
Città: Brescia
Data di pubblicazione: 14 Dicembre 2022
Numero: 1314
Data di udienza: 9 Novembre 2022
Presidente: Gabbricci
Estensore: Limongelli


Premassima

VIA, VAS E AIA – RISARCIMENTO DEL DANNO – Provvedimento illegittimo – Interesse legittimo pretensivo – Lesione – Presupposti – Colpa dell’amministrazione – Giudizio prognostico formulato ex ante – Spettanza del bene della vita – Perdita definitiva del bene della vita – Chance risarcibile – Perdita di chance – Valutazioni di carattere ambientale – Archiviazione istanza di verifica di assoggettabilità a VIA – Costruzione e gestione di impianto di recupero e trattamento rifiuti non pericolosi – Autorizzazioni ambientali necessarie – VIA. (Massime a cura di Ilaria Genuessi)



Massima

TAR LOMBARDIA, Brescia, Sez. 1^ – 14 dicembre 2022, n. 1314

 

 

RISARCIMENTO DEL DANNO – Provvedimento illegittimo – Interesse legittimo pretensivo – Lesione – Presupposti – Colpa dell’amministrazione – Giudizio prognostico formulato ex ante.

Il risarcimento del danno derivante dalla lesione di un interesse legittimo pretensivo è subordinato, in presenza di tutti i requisiti propri dell’illecito aquiliano (condotta, colpa, nesso di causalità, evento dannoso) alla dimostrazione, sulla base di un giudizio prognostico formulato ex ante, che l’aspirazione al provvedimento fosse destinata ad un esito favorevole, dunque alla dimostrazione, sebbene fondata su presunzioni, circa la spettanza definitiva del bene sostanziale della vita collegato a un tale interesse; infatti, il sistema di tutela degli interessi pretensivi consente il passaggio al risarcimento per equivalente solo quando l’interesse pretensivo, incapace di trovare realizzazione con l’atto, in congiunzione con l’interesse pubblico, assuma a suo oggetto la tutela di interessi sostanziali e, perciò, la mancata emanazione o il ritardo nella emanazione di un provvedimento vantaggioso per l’interessato sia suscettibile di appagare un bene della vita.

 

RISARCIMENTO DEL DANNO – Spettanza del bene della vita – Perdita definitiva del bene della vita – Chance risarcibile – Perdita di chance.

Laddove non risulti possibile fornire una prova certa circa la spettanza del bene della vita, al fine del risarcimento dell’interesse pretensivo, occorre quanto meno la prova del possesso di una chance di conseguirlo, intesa non quale “semplice possibilità di conseguire il risultato sperato”, ma come “sussistenza di una rilevante probabilità del risultato utile, che sia stata vanificata dall’agire illegittimo dell’amministrazione”. Così, al fine di ottenere il risarcimento del danno anche per perdita di una “chance” è, comunque, necessario che il danneggiato dimostri, seppur sulla base di presunzioni, ma pur sempre in presenza di circostanze di fatto certe e puntualmente allegate, la sussistenza di un valido nesso causale tra la condotta lesiva e la ragionevole probabilità del conseguimento del vantaggio alternativo perduto e provi, conseguentemente, la sussistenza, in concreto, dei presupposti e delle condizioni del raggiungimento del risultato sperato ed impedito dalla condotta illecita, della quale il danno risarcibile deve configurarsi come conseguenza immediata e diretta”; ciò, comunque, alla luce della peculiarità delle situazioni giuridiche soggettive di vantaggio, proprie del diritto amministrativo, la cui probabilità di transitare dalla fase in potentia a quella in actu va verificata alla stregua della consistenza dei poteri attribuiti dall’ordinamento all’Amministrazione, anche tenendo conto della fase della procedura in cui è stato adottato l’atto illegittimo e della successiva evoluzione.

 

VIA, VAS E AIA – Valutazioni di carattere ambientale – Archiviazione istanza di verifica di assoggettabilità a VIA – Costruzione e gestione di impianto di recupero e trattamento rifiuti non pericolosi – Autorizzazioni ambientali necessarie – VIA.

Sussiste un’impossibilità di formulare un giudizio ex ante circa la sicura spettanza del bene della vita ai fini del risarcimento del danno subito dal ricorrente, o quanto meno circa la seria probabilità di conseguire il risultato sperato, laddove il giudice amministrativo non possa sostituirsi all’amministrazione nel valutare, nel merito, la bontà e la compatibilità ambientale del progetto di parte ricorrente (nel caso di specie di costruzione di un impianto di recupero e trattamento di rifiuti non pericolosi) esercitando poteri amministrativi o sindacando aspetti sui quali l’amministrazione non ha ancora esercitato i propri poteri, in violazione dell’espresso divieto di cui all’art. 34 comma 2 c.p.a.; e ciò a maggior ragione in considerazione dell’ampia discrezionalità di cui gode la P.A. in materia di valutazioni di carattere ambientale. Del pari, deve escludersi che le medesime valutazioni possano essere demandate ad un consulente tecnico d’ufficio o ad un verificatore, perché anche in tal caso si demanderebbe ad un tecnico estraneo all’amministrazione l’esercizio di poteri amministrativi espressamente riservati dalla legge a quest’ultima e, nel caso di specie, allo stato, non ancora esercitati.

Pres. Gabbricci, Est. Limongelli – B. s.p.a. (avv.ti Tanzarella, Tanzarella e Zorat) c. Provincia di Bergamo (avv.ti Vavassori e Nava)


Allegato


Titolo Completo

TAR LOMBARDIA, Brescia, Sez. 1^ - 14 dicembre 2022, n. 1314

SENTENZA

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia

sezione staccata di Brescia (Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 552 del 2020, proposto da
Biofactory Spa, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Giancarlo Tanzarella, Carlo Maria Tanzarella e Carlo Zorat, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio fisico eletto presso lo studio dell’avv. Carlo Zorat in Brescia, via Battaglie 50;

contro

Provincia di Bergamo, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Giorgio Vavassori e Katia Nava, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio fisico eletto presso lo studio dell’Giorgio Vavassori in Bergamo, via T. Tasso, n. 8;

per l’accertamento

previa in quanto occorra ammissione di CTU,

della responsabilità della Provincia di Bergamo per i danni asseritamente subiti dalla ricorrente a causa dei suoi provvedimenti, di data 22 febbraio 2013, n. 396, confermata dalla deliberazione di data 28 gennaio 2014, prot. n. 0010593, comportanti archiviazione del procedimento di verifica di assoggettabilità a VIA del progetto di costruzione e gestione di un impianto di recupero di rifiuti non pericolosi da realizzarsi nel territorio del Comune di Telgate;

e per la condanna dell’intimata Amministrazione

al risarcimento dei danni, nell’importo accertato in corso di giudizio o ritenuto di giustizia,

ovvero, in subordine, ove non fosse ritenuto positivamente soddisfatto il giudizio prognostico di spettanza del bene della vita, condannare la Provincia di Bergamo al risarcimento dei danni da perdita di chance pura, nella misura ritenuta di giustizia.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio della Provincia di Bergamo;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 9 novembre 2022 il dott. Ariberto Sabino Limongelli e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

1. La società Biofactory s.p.a. (già Berco s.r.l.), titolare di un impianto di trattamento di rifiuti urbani non pericolosi nel Comune di Calcinate (Bg) su un terreno di sua proprietà di mq 66.117, in forza di autorizzazione rilasciata dalla Regione Lombardia con provvedimento 7 luglio 1997 n. 2807, nel febbraio del 2011 otteneva dalla Provincia di Bergamo il rinnovo della predetta autorizzazione, previa assunzione dell’impegno a presentare un progetto di aggiornamento dell’impianto alle migliori tecnologie disponibili entro 6 mesi dalla data di notifica del provvedimento.

2. In considerazione della complessità e della onerosità della realizzazione di un intervento di aggiornamento dell’impianto alle migliori tecnologie disponibili, la società riteneva preferibile la realizzazione un nuovo impianto per il recupero di rifiuti non pericolosi su nuove aree dotate di una migliore localizzazione geografica e una maggiore estensione di quelle di Calcinate, con conseguente e contemporanea cessazione dell’impianto attualmente autorizzato.

3. In tale prospettiva, essa presentava in data 30 dicembre 2011 alla Provincia di Bergamo una richiesta di verifica di assoggettabilità a valutazione di impatto ambientale per un nuovo impianto da realizzarsi nel Comune di Telgate, su aree di mq 189.173, di cui essa aveva acquistato la proprietà nel 2009 al prezzo di € 3.500.000,00. Il procedimento si concludeva, però, con l’adozione da parte della Provincia della determinazione dirigenziale n. 1530 del 21 giugno 2012 con cui l’istanza era “archiviata” essendo stata accertata l’esistenza di vincoli escludenti correlati all’esistenza di un reticolo idrico e della relativa fascia di rispetto e di un elettrodotto.

4. Tale provvedimento era impugnato dall’interessata con ricorso straordinario al Presidente della Repubblica del 18 ottobre 2012, successivamente trasposto, a seguito di opposizione della Provincia, dinanzi a questo TAR (R.G. 104/2013), che lo definiva con sentenza di questa Sezione n. 540 del 2013 dichiarando l’improcedibilità del gravame per sopravvenuta carenza di interesse: ciò in quanto, nelle more del giudizio, la società ricorrente aveva presentato in data 14 agosto 2012 alla Provincia di Bergamo una nuova richiesta di assoggettabilità a VIA in relazione ad un nuovo progetto, nel quale l’impianto era diversamente allocato proprio allo scopo di superare gli impedimenti in precedenza rilevati. L’interessata proponeva appello dinanzi al Consiglio di Stato con ricorso R.G. 7367/2013.

5. Nelle more del giudizio la Provincia, dopo aver richiesto all’interessata chiarimenti e documentazioni, archiviava anche la nuova istanza di verifica di assoggettabilità a VIA con determinazione dirigenziale n. 396 del 22 febbraio 2013. L’archiviazione era motivata sul rilievo che la nuova allocazione dell’impianto avrebbe violato la fascia di rispetto prevista dalla normativa di settore a tutela dell’”agrinido” – una struttura di assistenza per la prima infanzia ritenuta riconducibile alla tipologia “Micro Nido”, a sua volta qualificabile come “Asilo Nido” – presente all’interno dell’Azienda agricola agrituristica “I Laghetti” e tutelata quale “sito sensibile” dalla delibera di Giunta regionale 21 ottobre 2009, VIII/10360 che, dettando “criteri per la localizzazione degli impianti di gestione dei rifiuti urbani e speciali”, imponeva (al punto 8.5.6) una distanza di 1.000 metri per la localizzazione degli impianti di trattamento dei rifiuti. Nel medesimo provvedimento la Provincia respingeva l’eccezione della società richiedente di “prevenzione temporale” del suo progetto rispetto all’insediamento dell’”agrinido”, osservando che la s.c.i.a. per la realizzazione della struttura per l’infanzia risultava trasmessa al Comune di Telgate in data 11 luglio 2012, e, dunque prima della presentazione della seconda richiesta di verifica di assoggettabilità a VIA, del 16 agosto 2012.

6. L’interessata impugnava anche quest’ultimo provvedimento con nuovo ricorso a questo TAR (R.G. 402/2013), contestando, tra l’altro, l’applicabilità alla fattispecie in esame della delibera della Giunta regionale n. 8 del 2009, non potendo – a suo dire – un “agrinido” essere assimilato ad un “asilo” e, in quanto tale, qualificato come “sito sensibile” ai fini dell’applicabilità della richiamata disciplina sulle distanze.

7. Nelle more del giudizio, la società ricorrente presentava in data 8 novembre 2013 un’istanza di riesame, che la Provincia respingeva con determinazione dirigenziale 28 gennaio 2014 prot. 10593 ribadendo le ragioni della precedente archiviazione.

8. Tale provvedimento era impugnato dall’interessata con motivi aggiunti nel giudizio R.G. 402/2013, in particolare lamentando che la Provincia non avesse adeguatamente considerato che, all’interno dell’azienda agricola, l’attività di agrinido sarebbe meramente complementare a quella agrituristica, con conseguente erronea equiparazione della stessa ad uno dei “siti sensibili” indicati dalla delibera della Giunta regionale.

9. Il giudizio era definito con sentenza n. 1446 del 23 dicembre 2014, con cui questa Sezione dichiarava improcedibile il ricorso introduttivo, respingeva i motivi aggiunti quanto alla domanda di annullamento del provvedimento di reiezione dell’istanza di riesame, e li dichiarava inammissibili quanto alla domanda di annullamento degli altri provvedimenti abilitativi dell’attività dell’azienda “I Laghetti”; in particolare, la Sezione:

– dichiarava improcedibile il ricorso introduttivo per essere stato il primo provvedimento di diniego, oggetto dell’impugnazione principale, sostituito dal nuovo diniego adottato dopo approfondita istruttoria avviata dall’istanza di autotutela presentata dalla società, con conseguente trasferimento ad esso dell’interesse all’annullamento;

– quanto ai motivi aggiunti, la Sezione riteneva corretta la decisione della Provincia di Bergamo di respingere l’istanza di verifica di assoggettabilità a V.I.A. del secondo progetto presentato dalla società perché, al tempo della decisione, esisteva una struttura per l’infanzia collocata nell’Azienda agricola “I Laghetti” e il costruendo impianto di smaltimento rifiuti si sarebbe trovato a distanza inferiore dalla fascia di rispetto imposta dalla delibera di Giunta regionale 21 ottobre 2009 n. 8/10360;

– al riguardo, la Sezione rilevava che la struttura era stata autorizzata come “micronido” – struttura di supporto alle famiglie operativa per 45 settimane e 225 giornate all’anno per un monte ore di 1800 ore con ospitalità massima di dieci bambini – poiché così qualificata nella S.c.i.a. presentata dall’Azienda agricola per l’avvio dell’attività il 20 settembre 2013, senza che alcuna contestazione sulla sua qualificazione fosse stata avanzata dal Comune, il quale, anzi, aveva anche respinto la diffida della Berco ad esercitare il potere di controllo repressivo in autotutela; il “micronido” era equiparato ad un asilo nido e, dunque, ricompreso tra i luoghi sensibili a tutela dei quali erano fissate le fasce di rispetto della delibera giuntale, dovendosi intendere in senso estensivo il riferimento ivi contenuto agli “asili” in consonanza con l’art. 31, comma 2, della Costituzione e dell’art. 42 della Carta di Nizza, così come recepita dal Trattato di Lisbona.

10. Berco s.r.l. (divenuta nel frattempo Biofactory s.p.a.) proponeva appello anche avverso questa seconda sentenza, con ricorso R.G. 5810/2015. Con sentenza n. 2447 del 17 aprile 2020 il Consiglio di Stato, Sez. V, previa riunione dei due ricorsi, respingeva l’appello avverso la sentenza n. 540 del 2013, confermando la definitiva archiviazione del primo progetto presentato dalla Berco all’amministrazione provinciale; accoglieva, invece, il terzo motivo dell’appello avverso la sentenza n. 1446/2014 (per il resto respinto) e per l’effetto accoglieva i motivi aggiunti proposti dalla ricorrente nel giudizio di primo grado, con conseguente annullamento dei provvedimenti impugnati. In particolare, il giudice di appello, ricostruita la normativa di riferimento applicabile, rilevava che:

– la delibera di Giunta regionale della Regione Lombardia 21 ottobre 2009, n. 8/10360, al Capitolo 8 (“Linee guida per la revisione dei Piani provinciali di gestione dei rifiuti urbani e speciali e per la localizzazione degli impianti”) al punto 8.5.6. (“Distanza minima dai centri abitati, dai siti sensibili e dalle case sparse”) fissa in 1000 metri la distanza dai “siti sensibili” quali “strutture scolastiche, asili, strutture sanitarie con degenza, case di riposo”;

– nell’ambito dei “siti sensibili” indicati dalla delibera di Giunta regionale n. 8/10360 del 2009 non può essere compresa l’azienda agricola che svolga, nell’ambito delle attività agrituristiche, anche quella di “agrinido” (o anche “micronido”); ciò in quanto la Regione – con l’elenco delle “strutture scolastiche, asili, strutture sanitarie con degenza, case di riposo” – ha inteso riferirsi a strutture, pubbliche o private, che accolgono, in maniera continuativa nel corso dell’anno, persone fragili, minori, malati o anziani, la cui salute occorre salvaguardare dalle eventuali immissioni nocive provenienti dall’impianto di smaltimento dei rifiuti; ricomprendervi anche un’azienda agricola per il sol fatto che essa, in connessione con l’attività agrituristica principale, accolga anche bambini, offrendo, in questo modo, agli avventori un ulteriore servizio che possa indirizzarli verso la struttura, va oltre il significato letterale dei termini usati e, comunque, risulta in contrasto con la ratio della prescrizione; tanto più che trattandosi di una norma di divieto, è di per sé eccezionale, e, dunque, non suscettibile di applicazione analogica (cfr. Cons. Stato, sez. V, 2 maggio 2017, n. 1973)”;

– secondo il giudice di appello, l’attività di “agrinido” e quella di “asilo” non sono assimilabili ai fini dell’applicazione della normativa in materia di “siti sensibili”, trattandosi di “due attività imprenditoriali (…) completamente diverse: l’una rientra nell’ambito dell’attività agricola, l’altra costituisce servizio sociale”; in particolare, “L’Azienda agricola agrituristica Tenuta I Laghetti è un’azienda agricola che, tra le attività agrituristiche, svolge anche quella di “agrinido” (o, “micronido”); situazione ben diversa, dunque, da quella di una struttura organizzata, nel personale impiegato e nei mezzi adoperati, per l’offerta di servizi per l’infanzia”;

– peraltro, nel compensare tra tutte le parti costituite le spese del doppio grado di giudizio, il giudice di appello evidenziava “le incertezze interpretative che hanno caratterizzato la controversia”.

11. Ciò posto, con il ricorso qui in esame, notificato il 30 settembre 2020 e ritualmente depositato, la società Biofactory s.p.a. ha adito questo TAR per ottenere la condanna della Provincia di Bergamo al risarcimento dei danni asseritamente sofferti in conseguenza dei provvedimenti illegittimi annullati dal Consiglio di Stato con la citata sentenza n. 2447 del 17 aprile 2020, danni quantificati complessivamente in un importo superiore a 27 milioni di euro, ovvero nella diversa misura eventualmente accertata in giudizio. In subordine, ove non fosse ritenuto positivamente soddisfatto il giudizio prognostico di spettanza del bene della vita, la ricorrente ha chiesto di condannare la Provincia di Bergamo al risarcimento dei danni “da perdita di chance c.d. pura”, nella misura ritenuta di giustizia; il tutto con rivalutazione monetaria e interessi legali dalla data della domanda fino al saldo. In via istruttoria, ha prodotto relazione tecnica di parte sub doc. 60 in ordine alla quantificazione dei danni sofferti e chiesto l’ammissione di CTU per la verifica della correttezza, logicità e condivisibilità delle voci di danno richieste e della corrispondente quantificazione.

11.1. A fondamento della propria domanda, la ricorrente ha esposto:

– che nelle more del contenzioso intercorso con la Provincia di Bergamo in relazione al nuovo progetto di impianto di Telgate, la ricorrente, viste le due sentenze di primo grado a sé sfavorevoli e il pericolo che la Provincia intimasse il fermo dell’impianto di Calcinate in considerazione della mancata ottemperanza della ricorrente all’impegno assunto in sede di rinnovo nel 2011 del titolo autorizzatorio, ha dato comunque corso sin dal maggio 2013 alla stesura del progetto di adeguamento dell’impianto di Calcinate, cercando peraltro di limitare gli interventi all’ordinaria manutenzione nella speranza che il contenzioso si definisse favorevolmente in tempo utile a permettere di attuare il piano industriale su Telgate;

– che tuttavia nel 2018 la ricorrente ha dovuto abbandonare il progetto su Telgate e dare il via ai lavori di “revamping” dell’impianto di Calcinate, a causa del tempo ormai trascorso e delle pressioni economiche derivanti dall’immobilizzo dei rilevanti investimenti effettuati per l’iniziativa su Telgate (circa € 4.500.000,00), combinate alle diffide per l’aggiornamento tecnologico dell’impianto di Calcinate imposto dalla Provincia quale prescrizione immediatamente cogente;

– che, pertanto, giunto in decisione l’appello allorchè l’interesse alla nuova iniziativa era ormai venuto meno, la ricorrente ha chiesto al giudice di appello l’accertamento dell’illegittimità del provvedimento impugnato a soli fini risarcitori, a norma dell’art. 34, terzo comma c.p.a., anticipando la propria intenzione di proporre separata azione ai sensi del quinto comma del medesimo art. 34 c.p.a. in caso di accoglimento del gravame.

11.2. Ciò premesso, la ricorrente ha dedotto la sussistenza dei presupposti di cui all’art. 2043 c.c. per la condanna della Provincia di Bergamo al risarcimento dei danni.

11.2.1. In particolare, in ordine all’”an” della pretesa risarcitoria:

– sussisterebbe un fatto illecito imputabile all’amministrazione convenuta, costituito dai due provvedimenti provinciali annullati dal Consiglio di Stato, vale a dire il provvedimento di archiviazione dell’istanza di verifica di assoggettabilità a VIA, assunto con d.d. n. 396/2013 e il successivo provvedimento di rigetto dell’istanza di riesame e conferma dell’archiviazione, assunto con d.d. 28 gennaio 2014;

– sussisterebbe il nesso di causalità tra la condotta illecita dell’amministrazione provinciale e i danni lamentati, dal momento che se l’Amministrazione non avesse illegittimamente archiviato il procedimento di screening ambientale, l’odierna ricorrente avrebbe avuto “concrete possibilità di conseguire il bene della vita finale”, ossia realizzare il proprio programma industriale e insediare la propria attività nel nuovo impianto di Telgate, sia nel caso in cui il progetto fosse stato escluso dall’assoggettamento a VIA, sia nel caso contrario (c.d. perdita di chance “eziologica”, perdita del bene della vita): ciò in quanto l’amministrazione provinciale, prima di adottare i provvedimenti impugnati, aveva già svolto un’ampia e articolata attività istruttoria sui contenuti del progetto preliminare, domandando plurimi chiarimenti e integrazioni, a cui l’interessata aveva dato puntuale riscontro superando tutti i profili di potenziale criticità (benchè gli Uffici non si siano mai pronunciati sugli stessi); tali chiarimenti, connotati dal tratto di oggettiva verificabilità, potrebbero essere oggetto di approfondimento istruttorio da parte di questo Tribunale; anche il successivo procedimento finalizzato al rilascio dell’autorizzazione ex art. 208, benchè mai avviato dalla ricorrente per essersi il procedimento arrestato prima, si sarebbe con ogni probabilità concluso in senso favorevole all’interessata, essendo preordinato a valutare profili sostanzialmente già valutati in sede di VIA o di verifica di assoggettabilità a VIA; in subordine, la condotta illecita dell’amministrazione provinciale avrebbe comunque privato la ricorrente dell’occasione di realizzare il proprio progetto industriale, intesa quale autonomo bene della vita (c.d. perdita di chance “ontologica”);

– sussisterebbe la colpa della P.A., essendo quest’ultima implicita nell’adozione dei provvedimenti illegittimi annullati dal giudice di appello, e non sussistendo, per contro, un errore scusabile idoneo a giustificare il comportamento dell’amministrazione, la quale avrebbe avuto il dovere di conoscere la differenza tra strutture istituzionalmente deputate all’assistenza della prima infanzia e servizi didattico-educativi complementari all’attività agricola-agrituristica; inoltre, la Provincia non avrebbe esaminato autonomamente la fattispecie, ma si sarebbe limitata a recepire acriticamente i pareri del Comune di Telgate e del legale dell’Azienda Agricola Tenuta I Laghetti.

11.2.2. In ordine al “quantum” risarcitorio, la ricorrente ha dedotto le seguenti voci di danno, richiamando i contenuti della perizia di parte prodotta sub doc. 60:

– i maggiori costi sostenuti per la realizzazione del “revamping” dell’impianto di Calcinate rispetto a quelli che sarebbero stati sostenuti per la realizzazione del nuovo impianto di Telgate, pari ad oltre 15 milioni di euro;

– i costi conseguenti all’aumento dei tempi di realizzazione del progetto su Telgate con i conseguenti mancati guadagni (pari a circa € 12.120.000,00);

– i danni da diminuzione delle potenzialità di sviluppo, atteso che la realizzazione dell’impianto di Telgate avrebbe consentito alla ricorrente di gestire già dal primo anno, e quindi dal 2015, 120.000 ton/anno, incrementabile fino a circa 300.000 ton/anno nell’arco di 4 anni e quindi entro il 2019; l’impianto di Calcinate, invece, alla data del 2020 è riuscito invece ad incrementare la propria capacità soltanto fino a 105.000 ton/anno.

12. La Provincia di Bergamo si è costituita in giudizio con atto di stile, successivamente integrato dal deposito di documentazione e di articolata memoria difensiva, contestando la fondatezza del ricorso e chiedendone il rigetto con diffuse argomentazioni.

13. Le parti hanno integrato la propria documentazione (anche tecnica) in prossimità dell’udienza di merito e depositato memorie conclusive e di replica nei termini di rito.

14. All’udienza pubblica del 9 novembre 2022, dopo la discussione dei difensori delle parti, la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

1. La società ricorrente agisce in giudizio, ai sensi dell’art. 2043 c.c., al fine di ottenere la condanna della Provincia di Bergamo al risarcimento dei danni asseritamente sofferti a causa dei provvedimenti illegittimi – annullati dal Consiglio di Stato con sentenza n. 2447 del 17 aprile 2020 – con cui la Provincia ha “archiviato”, nel febbraio 2013 e nel gennaio 2014, le due istanze presentate dalla ricorrente di verifica di assoggettabilità a VIA di un progetto di realizzazione di un impianto di trattamento e recupero di rifiuti non pericolosi nel Comune di Telgate, da sostituire a quello gestito dalla medesima richiedente nel Comune di Calcinate.

La ricorrente lamenta, in particolare, il danno rappresentato dalla perdita definitiva del bene della vita, costituito dalla realizzazione del nuovo impianto di Telgate, foriero di maggiori guadagni sia perché più grande di quello di Calcinate e quindi in grado di gestire maggiori quantitativi di rifiuti, sia perché suscettibile in prospettiva di maggiori sviluppi produttivi; in subordine, lamenta la perdita della possibilità (chance) di realizzare il predetto impianto; lamenta, inoltre, i danni rappresentati dai costi sostenuti per dover aggiornare l’impianto di Calcinate dopo l’abbandono del progetto su Telgate, asseritamente maggiori di quelli che avrebbe sostenuto per realizzare quest’ultimo.

Il danno complessivamente sofferto dalla ricorrente sarebbe ricollegabile causalmente ai due provvedimenti sfavorevoli annullati dal giudice di appello, dal momento che, in assenza di medesimi, l’ulteriore corso del procedimento avrebbe avuto certamente esito positivo, vista anche l’articolata attività istruttoria già condotta dall’amministrazione provinciale, in contraddittorio con l’interessata, nel periodo antecedente all’adozione degli atti stessi.

La ricorrente evidenzia la colpa inescusabile in cui sarebbe incorsa l’Amministrazione resistente nell’adottare i predetti atti illegittimi, stante la gravità dell’errore interpretativo commesso, consistente nell’attribuire natura di sito sensibile, ai fini dell’applicazione della fascia di rispetto prevista dalla normativa di settore, ad un “agrinido”, in tal modo equiparando irragionevolmente una struttura destinata ad accudire solo occasionalmente i bambini dei genitori ospitati all’interno della azienda agrituristica ad un “asilo-nido” deputato istituzionalmente all’assistenza della prima infanzia, costituendo la prima un’attività complementare all’azienda agrituristica e la seconda un servizio sociale; parimenti inescusabile sarebbe l’aver adottato i due provvedimenti in questione limitandosi a recepire in motivazione i pareri resi in seno al procedimento dal Comune di Telgate e dal legale dell’Azienda agrituristica in ordine alla natura dell’”agrinido”, senza svolgere autonome valutazioni.

2. La domanda, osserva il Collegio, è infondata e va respinta.

2.1. La ricorrente invoca i danni asseritamente derivanti dalla lesione di un interesse legittimo “pretensivo”, avente ad oggetto il conseguimento delle autorizzazioni ambientali necessarie per la realizzazione del nuovo impianto di trattamento di rifiuti non pericolosi nel Comune di Telgate.

2.2. Al riguardo va rammentato che, secondo consolidati principi giurisprudenziali, “il risarcimento del danno conseguente a lesione di interesse legittimo pretensivo è subordinato, pur in presenza di tutti i requisiti dell’illecito (condotta, colpa, nesso di causalità, evento dannoso), alla dimostrazione, secondo un giudizio di prognosi formulato ex ante, che l’aspirazione al provvedimento fosse destinata ad esito favorevole, quindi alla dimostrazione, ancorché fondata su presunzioni, della spettanza definitiva del bene sostanziale della vita collegato a un tale interesse; infatti, il sistema di tutela degli interessi pretensivi consente il passaggio a riparazioni per equivalente solo quando l’interesse pretensivo, incapace di trovare realizzazione con l’atto, in congiunzione con l’interesse pubblico, assuma a suo oggetto la tutela di interessi sostanziali e, perciò, la mancata emanazione o il ritardo nella emanazione di un provvedimento vantaggioso per l’interessato sia suscettibile di appagare un bene della vita” (Consiglio di Stato, sez. V, 27/12/2013, n. 6260).

Se non nella prova certa della spettanza del bene della vita, il risarcimento dell’interesse pretensivo è subordinato quanto meno alla prova del possesso di una chance di conseguirlo, intesa, peraltro, non come “semplice possibilità di conseguire il risultato sperato”, ma come “sussistenza di una rilevante probabilità del risultato utile, che sia stata vanificata dall’agire illegittimo dell’amministrazione” (Consiglio di Stato, sez. IV, 23/09/2019, n. 6319).

E’ stato affermato, al riguardo, che “la risarcibilità della “chance” di aggiudicazione è ammissibile solo allorché il danno sia collegato alla dimostrazione di una seria probabilità di conseguire il vantaggio sperato, dovendosi, per converso, escludere la risarcibilità allorché la “chance” di ottenere l’utilità perduta resti nel novero della mera possibilità (ex multis Cons. Stato, Sez. IV, 23 giugno 15 n. 3147); pertanto, “per ottenere il risarcimento del danno anche per perdita di una “chance” è, comunque, necessario che il danneggiato dimostri, seppur presuntivamente ma pur sempre sulla base di circostanze di fatto certe e puntualmente allegate, la sussistenza di un valido nesso causale tra la condotta lesiva e la ragionevole probabilità del conseguimento del vantaggio alternativo perduto e provi, conseguentemente, la sussistenza, in concreto, dei presupposti e delle condizioni del raggiungimento del risultato sperato ed impedito dalla condotta illecita, della quale il danno risarcibile deve configurarsi come conseguenza immediata e diretta” (Consiglio di Stato, sez. V, 11/04/2022, n. 2709 ); ciò, peraltro, deve essere necessariamente esaminato alla luce della peculiarità delle situazioni giuridiche soggettive di vantaggio, proprie del diritto amministrativo, la cui probabilità di transitare dalla fase in potentia a quella in actu , requisito indispensabile per la configurabilità di una chance risarcibile, va verificata alla stregua della consistenza dei poteri attribuiti dall’ordinamento alla Pubblica amministrazione e “tenendo conto della fase della procedura in cui è stato adottato l’atto illegittimo e di come si sarebbe evoluta nel proseguo” (Consiglio di Stato, sez. V, 27/03/2013, n. 1772).

3. Nel caso di specie, la ricorrente muove dall’assunto che, in mancanza dei provvedimenti annullati dal giudice di appello, il procedimento amministrativo (di verifica di assoggettabilità a VIA del progetto di nuovo impianto su Telgate) si sarebbe certamente concluso positivamente per l’istante, dal momento che l’istruttoria condotta fino a quel punto dall’Amministrazione aveva consentito di superare, grazie alle integrazioni documentali dell’interessata, i vari profili di criticità emersi.

La tesi non può essere condivisa.

3.1. Dagli atti di causa si evince che l’istruttoria procedimentale è stata sospesa dall’amministrazione provinciale nel momento in cui è emerso l’elemento ostativo costituito dall’esistenza della fascia di rispetto a tutela dell’agrinido; il carattere di per sé ostativo di tale circostanza ha fatto sì che i chiarimenti e le integrazioni documentali forniti dalla richiedente, su richiesta degli enti interessati, su altri aspetti del proprio progetto, non siano stati neppure esaminati dall’amministrazione provinciale né riportati in conferenza dei servizi; così, ad esempio, nel corso del procedimento erano stati rilevati, grazie anche al contributo partecipativo del Comune di Telgate e di altri Comuni contermini, problemi relativi alla viabilità che avrebbero potuto legittimamente condurre l’amministrazione procedente ad optare per l’assoggettamento a V.I.A. del progetto, anche alla luce di quanto previsto dalla D.G.R. 113710/2010 secondo cui “la valutazione degli effetti indotti dal progetto sul traffico, di cui al cap. 3.1, è elemento determinante ai fini dell’assoggettamento a V.I.A.; l’autorità competente valuta, sulla base di tale relazione e anche a fronte di un esito positivo della procedura analitica (inteso come non assoggettabilità), la necessità di sottoporre il progetto a V.I.A..” (p.to 3 Modalità applicative).

3.2. Nell’ambito dell’eventuale procedimento di VIA avrebbero dovuto essere considerate anche eventuali opzioni alternative, inclusa l’opzione zero, rappresentata nel caso di specie dall’esistenza dell’impianto operativo di Calcinate e dall’opportunità di mantenere in vita quest’ultimo con gli opportuni aggiornamenti tecnologici, anziché consentire la sua sostituzione con quello più ampio di Telgate.

3.3. In definitiva, nel momento in cui l’attività istruttoria è stata sospesa dall’amministrazione provinciale non vi era né la certezza né la ragionevole probabilità di un esito positivo del procedimento, tenuto conto sia della possibilità che lo screening ambientale si concludesse con l’assoggettamento a V.I.A. del progetto, dall’esito obiettivamente incerto, sia del fatto che successivamente l’interessata avrebbe dovuto presentare istanza per conseguire, sul progetto definitivo, l’autorizzazione unica di cui all’art. 208 del Codice Ambiente, istanza che a sua volta sarebbe stata esaminata in conferenza dei servizi nell’ambito di un procedimento dall’esito tutt’altro che scontato, considerato che anche un’eventuale V.I.A. positiva “non è idonea ad imporre un indirizzo ineluttabile alle conclusioni del procedimento e all’adozione del provvedimento conclusivo” (Cons. Stato, Sez. V, n. 5294/2012; Cons. Stato, Sez. VI, n. 6831/2006).

3.4. Né questo giudice potrebbe sostituirsi all’amministrazione provinciale nel valutare, nel merito, la bontà e la compatibilità ambientale del progetto di parte ricorrente, esercitando poteri amministrativi o sindacando aspetti sui quali l’amministrazione non ha ancora esercitato i propri poteri, in violazione dell’espresso divieto di cui all’art. 34 comma 2 c.p.a.; e ciò a maggior ragione in considerazione dell’ampia discrezionalità di cui gode la P.A. in materia di valutazioni di carattere ambientale (T.A.R. Brescia, Sez. I, 20.11.2018, n. 1098; Cons. Stato, sez. IV, 28.02.2018, n. 1240); il che, peraltro, esclude che le medesime valutazioni possano essere demandate ad un consulente tecnico d’ufficio o ad un verificatore, come richiesto dalla parte ricorrente, perchè anche in tal caso si demanderebbe ad un tecnico estraneo all’amministrazione l’esercizio di poteri amministrativi espressamente riservati dalla legge a quest’ultima e, allo stato, non ancora esercitati.

4. L’impossibilità di formulare, allo stato degli atti, un giudizio ex ante circa la sicura spettanza del bene della vita perseguito dalla ricorrente, o quanto meno circa la seria probabilità di conseguire il risultato sperato, sarebbe già di per sé sufficiente a vanificare il fondamento della domanda risarcitoria proposta in questa sede dalla parte ricorrente, alla stregua dei principi giurisprudenziali sopra richiamati. Peraltro, ritiene il Collegio che nel caso di specie difetti anche l’ulteriore presupposto costituito dalla colpa della pubblica amministrazione evocata in giudizio, e ciò alla luce della scusabilità della condotta posta in essere dalla Provincia di Bergamo.

4.1. Al riguardo, giova rammentare che, ai fini del riconoscimento del diritto al risarcimento dei danni, l’illegittimità del provvedimento amministrativo costituisce solo uno degli indici presuntivi della colpevolezza, da considerare unitamente ad altri, quali il grado di chiarezza della normativa applicabile, la semplicità degli elementi di fatto, il carattere vincolato della statuizione amministrativa, l’ambito più o meno ampio della discrezionalità dell’amministrazione, sicchè la responsabilità deve essere negata quando l’indagine conduce al riconoscimento dell’errore scusabile per la sussistenza di contrasti giudiziari, per l’incertezza del quadro normativo di riferimento o per la complessità della situazione di fatto (T.A.R. Napoli, sez. VIII, 10/03/2020, n. 1087; T.A.R. Lazio-Roma, sez. III, 04/03/2021, n. 2695; Consiglio di Stato, sez. IV, 07/03/2013, n. 1406).

4.2. Nel caso di specie, il giudice di appello ha ritenuto che l’”agrinido” non possa essere assimilato ad un “asilo” ai fini della individuazione dei siti sensibili di cui alla normativa regionale di settore, venendo in considerazione nel primo caso un’attività accessoria ad una impresa agrituristica, destinata ad ospitare in via meramente occasionale e temporanea i bambini delle famiglie ospitate nella struttura, e nel secondo caso, invece, un servizio sociale destinato ad offrire istituzionalmente e in via continuativa servizi per l’infanzia con personale appositamente addestrato. Tale statuizione non è più contestabile perché coperta da giudicato; tuttavia, ai soli fini della valutazione della colpa della P.A., non può non rilevarsi come l’interpretazione della normativa regionale fornita dalla Provincia di Bergamo nei provvedimenti annullati dal giudice di appello, benchè erronea, non fosse affatto peregrina né manifestamente insostenibile (tanto da essere stata condivisa da questo stesso TAR).

4.2.1. La Provincia ha infatti rilevato:

– che nella nozione di “asilo” rientrano pacificamente, in base alla normativa regionale (DGR n. VV/20588 dell11 febbraio 2005), gli asili-nido, costituiti da quattro categorie, Nido, Micro Nido, Centri prima infanzia e Nido famiglia, differenziati tra loro solo dal punto di vista dimensionale della capacità ricettiva, in termini di numero massimo di bambini ospitabili;

– che tali strutture, in quanto asili nido, sono tutelati come “siti sensibili” della D.G.R. n. 8/10360/2009, punto 8.5.6., in relazione alla localizzazione di nuovi impianti di trattamento di rifiuti putrescibili, fissa una fascia di rispetto di 1.000 metri de detti siti;

– che l’agrinido sito all’interno dell’azienda agrituristica I Laghetti, posta a distanza di circa 450 metri dal sito in cui verrebbe realizzato il nuovo impianto, è un asilo-nido a tutti gli effetti; esso, infatti, non è un nido destinato ad ospitare unicamente e occasionalmente gli infanti al seguito delle famiglie ospitate nell’azienda agricola, “ma è destinato ad ospitare permanentemente gli infatti iscritti e residenti nell’Ambito (tutti i giorni dal lunedì al venerdi dalle ore 8,00 alle ore 16,00” e per “255 giornate ”anno” [va osservato, al riguardo, che nel parere del Comune di Telgate acquisto dalla Provincia in sede di riesame, l’amministrazione comunale aveva evidenziato che “Alla data odierna risultano iscritti n. 7 infatti per l’anno scolastico in corso (fino al 31/7/2014) e nr 3 infanti pre-iscritti per il prossimo anno scolastico. Gli orari scolastici sono: 8,00 – 16,00. Gli infanti iscritti appartengono a famiglie residenti o che lavorano nell’Ambito di Grumello del Monte- Ufficio di Piano di cui Telgate fa parte”];

– che l’istituzione di agrinidi e agriasili all’interno di aziende agricole è sollecitata dalla stessa normativa regionale per sopperire alla carenza dell’offerta sociale di asili pubblici e contrastare l’allontanamento delle nuove generazioni dalle campagne e dagli ambienti rurali (Regolamento regionale 19 dicembre 2011 n. 7, art. 3 comma 5 lettera1) punto 6)

– che l’agrinido in questione possiede tutti i requisiti strutturali previsti dalla normativa regionale per le strutture sociali di assistenza all’infanzia;

– che, in definitiva, l’agrinido in questione in nulla differisce da un asilo nido, e, in particolare, da un micronido (asilo dido fino a dieci infanti), ai fini della qualificabilità tra i siti sensibili in materia di localizzazione di nuovi impianti di trattamento rifiuti, trattandosi pur sempre di una struttura destinata ad ospitare infanti in via permanente infanti, analogamente agli asili propriamente detti.

4.2.2. Le considerazioni svolte dalla Provincia nei provvedimenti annullati dal giudice di appello erano state condivise anche da questo TAR nella sentenza n. 1446/2014 (riformata dal giudice di appello), che infatti ha affermato:

– che “a norma poi della D.G.R. 11 febbraio 2005 n° VII/20588, la struttura è appunto un “micronido”, ovvero una struttura di supporto alle famiglie dei genitori, che deve funzionare come tale per 45 settimane e 225 giornate all’anno, per un monte ore di 1800 ore, ospitando un massimo di dieci fanciulli, ed è protetta, come detto, dalle fasce di rispetto”;

– che “ritenere che il punto 8.5.6 della d. G. R. Lombardia citata, menzionando solo gli “asili”, non appresterebbe tutela alcuna agli asili nido va contro una interpretazione orientata dall’art. 31 comma 2 della Costituzione, per cui la Repubblica protegge l’infanzia, e dall’art. 24 della Carta di Nizza, così come recepita dal Trattato di Lisbona e quindi vincolante nel nostro ordinamento. Comporterebbe infatti diminuire la tutela nei confronti di soggetti di età ancora inferiore a quelli che sono accolti negli asili propriamente detti, ovvero nelle scuole per l’infanzia, e quindi sono se mai bisognosi di maggior protezione”.

4.2.3. In sostanza, la Provincia ha certamente errato nell’interpretare la normativa di settore, alla luce di quanto ritenuto dal giudice di appello nella sentenza 2447/2020, passata in giudicato, ma l’errore, secondo il Collegio, può ritenersi scusabile, trattandosi di una interpretazione non implausibile o macroscopicamente insostenibile del contesto normativo e della fattispecie esaminata, alla luce degli atti e dei pareri acquisiti in sede procedimentale, i quali avevano evidenziato che l’agrinido in questione non costituiva un’attività meramente accessoria all’azienda agrituristica, ma una struttura destinata ad ospitare in via permanente e continuativa, durante l’intero anno, bambini di famiglie stabilmente insediate nel territorio, con ciò svolgendo anche una funzione di ausilio alle analoghe strutture pubbliche e private già operanti nel medesimo contesto territoriale.

4.2.4. Del resto, a ben guardare, l’esistenza di un quadro normativo di non agevole interpretazione è stata confermata dallo stesso giudice di appello laddove, proprio in ragione delle “incertezze interpretative che hanno caratterizzato la controversia instaurata”, ha ritenuto equo compensare le spese del doppio grado di giudizio.

5. In conclusione, alla luce delle considerazioni di cui sopra, la domanda risarcitoria proposta dalla parte ricorrente deve essere respinta sia in ragione della mancata dimostrazione dell’effettiva spettanza del bene della vita, sia in ragione dell’assenza dell’elemento soggettivo della colpa dell’Amministrazione intimata, attesa la scusabilità dell’errore interpretativo che ha inficiato i provvedimenti provinciali annullati dal giudice di appello.

6. Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia sezione staccata di Brescia (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Condanna la parte ricorrente a rifondere alla Provincia di Bergamo le spese di lite, che liquida in € 15.000,00 (quindicimila), oltre accessori di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Brescia nella camera di consiglio del giorno 9 novembre 2022 con l’intervento dei magistrati:

Angelo Gabbricci, Presidente

Ariberto Sabino Limongelli, Consigliere, Estensore

Alessandra Tagliasacchi, Consigliere

L’ESTENSORE
Ariberto Sabino Limongelli

IL PRESIDENTE
Angelo Gabbricci

IL SEGRETARIO

 

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