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Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Diritto urbanistico - edilizia Numero: 59 | Data di udienza: 14 Dicembre 2011

DIRITTO URBANISTICO – Abusi – Potere repressivo – Esercizio a distanza di tempo – Psecifica motivazione sulla sussistenza dell’interesse pubblico – Necessità – Esclusione.


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 1^
Regione: Lombardia
Città: Brescia
Data di pubblicazione: 16 Gennaio 2012
Numero: 59
Data di udienza: 14 Dicembre 2011
Presidente: Petruzzelli
Estensore: Gambato Spisani


Premassima

DIRITTO URBANISTICO – Abusi – Potere repressivo – Esercizio a distanza di tempo – Psecifica motivazione sulla sussistenza dell’interesse pubblico – Necessità – Esclusione.



Massima

 

TAR LOMBARDIA, Brescia, Sez. 1^ – 16 gennaio 2012, n. 59


DIRITTO URBANISTICO – Abusi – Potere repressivo – Esercizio a distanza di tempo – Psecifica motivazione sulla sussistenza dell’interesse pubblico – Necessità – Esclusione.

Il potere di applicare misure repressive in materia urbanistica ed edilizia può essere esercitato in ogni tempo, senza necessità, per i relativi provvedimenti, di alcuna specifica motivazione in ordine alla sussistenza dell’interesse pubblico a disporre una demolizione.

Pres. Petruzzelli, Est. Gambato Spisani – L.B. (avv. Giannotti) c. Comune di Rovato (n.c.)
 


Allegato


Titolo Completo

TAR LOMBARDIA, Brescia, Sez. 1^ - 16 gennaio 2012, n. 59

SENTENZA

 

TAR LOMBARDIA, Brescia, Sez. 1^ – 16 gennaio 2012, n. 59

N. 00059/2012 REG.PROV.COLL.
N. 01346/2010 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia

sezione staccata di Brescia (Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1346 del 2010, proposto da:
Lidia Ballini, rappresentato e difeso dall’avv. Maurizio Giannotti, con domicilio eletto presso Maurizio Giannotti in Brescia, Solferino,20/C(c/o Bettini-Gallo);

contro
 

Comune di Rovato;

per l’annullamento, previa sospensione

dell’ordinanza 31 agosto 2010 n°198, con il quale il Responsabile del settore edilizia privata e urbanistica del Comune di Rovato ha ingiunto a Lidia Ballini di demolire in quanto abusivo il ripostiglio garage costituente pertinenza dell’immobile sito al n°13 della locale via Caduti;

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 14 dicembre 2011 il dott. Francesco Gambato Spisani e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

Lidia Ballini, odierna ricorrente, è proprietaria in Rovato di un immobile di civile abitazione sito alla locale via Rovato e con il provvedimento impugnato, meglio indicato in epigrafe, si è vista ingiungere la demolizione di un ripostiglio garage realizzato quale pertinenza dell’appartamento in questione e ritenuto abusivo (doc. 1 ricorrente, copia provvedimento impugnato); avverso tale provvedimento, propone nella presente sede impugnazione con ricorso articolato in ordine logico nei seguenti tre motivi:

– con il primo di essi, deduce violazione di legge, propriamente dell’art. 31 del T.U. 6 giugno 2001 n°380, per essere stato a suo avviso l’immobile abusivo realizzato prima del 1965, come risulterebbe da alcune dichiarazioni di scienza formate per iscritto da asseriti vicinanti e peraltro valorizzate dal provvedimento impugnato in senso opposto al voluto, ovvero di ritenere l’immobile realizzato in data posteriore, e quindi soggetto al rilascio di titolo abilitativo;

– con il secondo motivo deduce ulteriore violazione di legge, propriamente anche qui dell’art. 31 del T.U. 380/ 2001. Premesso quanto sopra, ovvero che il manufatto abusivo sarebbe anteriore al 1965, a suo dire, anche se esso risalisse a data posteriore, si tratterebbe comunque di una costruzione edificata in epoca remota, e quindi non potrebbe ordinarsene la demolizione senza motivare in modo particolarmente penetrante sull’interesse pubblico a procedere in tal senso, il che nella specie non sarebbe comunque stato fatto;

– con il terzo motivo, deduce eccesso di potere per contraddittorietà, dato che il Comune, a fronte di controdeduzioni presentate tramite il proprio legale, aveva deciso di archiviare la pratica, salvo poi inopinatamente riaprirla ed emettere il provvedimento impugnato (doc. 6 ricorrente, copia lettera Comune in merito).

Il Comune intimato non si è costituito.

La Sezione ha accolto l’istanza cautelare con ordinanza 17 dicembre 2010 n°908, ritenendo necessario un approfondimento nel merito e alla udienza del 14 dicembre 2011, fissata con la predetta istanza cautelare, ha trattenuto il ricorso in decisione.

DIRITTO

Il ricorso è infondato e va respinto, per le ragioni appresso precisate.

1. E’ infondato il primo motivo dedotto, secondo il quale l’immobile per cui è causa, in ragione dell’epoca di costruzione, non necessiterebbe comunque di alcun titolo edilizio. In termini generali, costante giurisprudenza, per tutte C.d.S. sez. IV 14 febbraio 2008 n°511, impone come è noto al privato, il quale intenda avvalersi di una sanatoria latamente intesa, l’onere di provare la realizzazione in tempo per essa utile dell’immobile considerato; detta prova, nel caso di specie, non è stata fornita.

2. Agli atti vi è invece prova del contrario, dato che tanto nell’avviso di avvio del procedimento (doc. 7 ricorrente, copia di essa) quanto nel provvedimento finale (doc. 1 ricorrente, cit.) si dà atto che nei rilievi aerofotogrammetrici del territorio comunale eseguiti negli anni ’70 e ’80 del secolo scorso il manufatto in questione non risultava, dovendosene secondo logica dedurre che esso è stato costruito posteriormente. A fronte di ciò, la ricorrente nulla ha allegato di specifico sul punto; non è in particolare valorizzabile in tal senso l’autocertificazione prodotta in copia come doc. 4 ricorrente, che proviene evidentemente dalla stessa parte interessata, e quindi non ha valenza processuale.

3. Nemmeno sono valorizzabili le dichiarazioni di scienza degli asseriti vicinanti, certi Bellini e Capoferri, cui si è fatto cenno in narrativa. In primo luogo, si tratta di dichiarazioni di contenuto generico, costituite dalla sottoscrizione di un uniforme testo dattiloscritto, nel quale si allude ad un “garage ripostiglio” che i genitori della ricorrente avrebbero realizzato “tra il 1960 e il 1965”, e poi trasformato in “corpo di fabbrica definitivo”, così come raffigurato in una fotografia che sarebbe stata rammostrata ai dichiaranti.

4. E’ evidente intanto che in tali termini non è certo che il manufatto di cui alle dichiarazioni sia il medesimo che il Comune ha inteso sanzionare; se però così fosse, il contenuto delle dichiarazioni stesse non sarebbe neppure tale da giovare alla ricorrente, così come sottolineato nello stesso provvedimento impugnato. Infatti, come rileva la motivazione dello stesso (al quarto capoverso: v. doc. 1 ricorrente, cit.), in tal modo si dà per ammesso che sul posto siano stati realizzati senza titolo lavori per i quali esso era necessario: tali lavori non potrebbero allora che essere posteriori alla presunta antecedente “costruzione precaria”, e quindi ben potrebbero, nell’ambiguità delle dichiarazioni sul punto, risalire all’epoca recente ritenuta dal Comune.

5. E’ parimenti infondato il secondo motivo, secondo il quale se anche l’immobile di che trattasi fosse posteriore al 1967, e quindi abusivo e in astratto suscettibile di demolizione, occorrerebbe in proposito adottare una motivazione particolarmente penetrante, trattandosi di un abuso risalente nel tempo. Ammesso e non concesso che di abuso risalente si tratti, dato che la sua precisa epoca di costruzione non risulta dagli atti, valgono infatti le considerazioni di cui subito.

6. Costante giurisprudenza della Sezione, da ultimo si citano TAR Brescia sez. I 22 febbraio 2010 n°860 e 25 novembre 2011 n°1632, afferma infatti che il potere di applicare misure repressive in materia urbanistica ed edilizia può essere esercitato in ogni tempo, senza necessità, per i relativi provvedimenti, di alcuna specifica motivazione in ordine alla sussistenza dell’interesse pubblico a disporre una demolizione; in senso poi conforme si sono espresse anche numerose decisioni del C.d.S., ad esempio sez. IV, 15 settembre 2009 , n°5509, che si cita per tutte.

7. Il Collegio non ignora l’esistenza di un orientamento difforme, espresso, oltre che dalle decisioni di primo grado citate dalla ricorrente, ad esempio da C.d.S. sez. V 29 maggio 2006 n° 3270, ma anche dalla stessa sez. V nella decisione 4 marzo 2008 n°883, secondo la quale invece “il lungo lasso di tempo trascorso dalla commissione dell’abuso” e “il protrarsi dell’inerzia dell’amministrazione preposta alla vigilanza” potrebbero ingenerare un affidamento del privato, rispetto al quale sussisterebbe un “onere di congrua motivazione” circa il “pubblico interesse, evidentemente diverso da quello al ripristino della legalità, idoneo a giustificare il sacrificio del contrapposto interesse privato”; ritiene però che tale orientamento non vada condiviso.

8. In proposito, si impone anzitutto il rilievo fatto proprio dalla citata decisione C.d.S. 5509/2009, ovvero che di affidamento si può parlare solo ove il privato, il quale abbia correttamente e in modo compiuto reso nota la propria posizione alla p.a., venga indotto da un provvedimento della stessa a ritenere la legittimità del proprio operato, non già nel caso che rileva, in cui si commette un abuso a tutta insaputa della p.a. medesima. Inoltre, come osservato da questa Sezione nella pure citata sentenza 860/2010, l’abuso edilizio integra un illecito permanente, rappresentato dalla violazione dell’obbligo, perdurante nel tempo, di ripristinare in conformità a diritto lo stato dei luoghi; ditalché ogni provvedimento repressivo dell’amministrazione non è emanato a distanza di tempo da un illecito ormai esaurito, ma interviene su una situazione antigiuridica che perdura sino a quel momento.

9. Non è poi privo di rilievo anche quanto osserva la già citata TAR Napoli 17441/2010. Infatti, la disciplina del potere di sanzionare gli abusi edilizi del quale la p.a. è titolare deve essere ricostruita anche tenendo conto di un dato storico, quello che in proposito ha visto, negli ultimi trent’anni, un costante ripetersi di misure straordinarie di sanatoria, a partire dalla nota l. 28 febbraio 1985 n°47. Ammettere quindi l’estinzione di un abuso per il mero decorso del tempo significherebbe allora, in primo luogo, costruire una sorta di sanatoria di fatto che opererebbe anche quando l’interessato non abbia ritenuto di avvalersi del corrispondente istituto previsto dalla citata normativa premiale, e quindi senza nemmeno la necessità di versare le oblazioni da essa previste. Per altro verso, poi, è comunque escluso che si possa parlare di affidamento tutelabile nel momento in cui di detta normativa l’interessato non abbia ritenuto di avvalersi.

10. Infine, si impone un rilievo ulteriore: consentire, così come fa l’interpretazione qui criticata, una sanatoria degli abusi edilizi per effetto del mero decorso di un periodo di tempo “lungo”, come affermano C.d.S. 883/2008 e 3270/2006, ovvero “notevole”, come afferma ad esempio TAR Campania Napoli sez. VII 2 ottobre 2009 n°5138, ma comunque non determinato con precisione, significa inserire nel sistema un pericoloso elemento di indeterminatezza, perché la repressione di un dato abuso nel caso concreto sarebbe rimessa all’apprezzamento del singolo funzionario, oltretutto pressoché impossibile da sindacare nella presente sede giurisdizionale, con intuibile possibilità di strumentalizzazioni.

11. E’ parimenti infondato il terzo motivo, incentrato su una presunta contraddittorietà fra il provvedimento impugnato e la precedente lettera 5 febbraio 2010 con la quale l’amministrazione aveva come si è detto comunicato una volontà di archiviare la pratica (doc. 6 ricorrente, cit.). In linea generale, è certo vero quanto afferma anche la più recente giurisprudenza, per tutte C.d.S. sez. VI 16 febbraio 2011 n°986, ovvero che il provvedimento con il quale si dispone appunto l’archiviazione di un procedimento sanzionatorio in materia edilizia ha la valenza di un vero provvedimento negativo impugnabile, e quindi, secondo logica, che per sanzionare il medesimo abuso occorre una successiva riapertura del medesimo procedimento, con tutti i requisiti dell’autotutela.

12. E’ però altrettanto vero che nel caso di specie i requisiti in parola devono ritenersi rispettati: l’amministrazione, come si è detto, ha provveduto, con avviso del 12 maggio 2010 (doc. 7 ricorrente, cit.), e quindi di pochissimo posteriore alla archiviazione, a riaprire il procedimento, rispettando con ciò tutte le garanzie del contraddittorio, e a concluderlo in tempi parimenti assai brevi con il provvedimento impugnato, che quindi vale implicita revoca della precedente archiviazione.

13. E’ noto poi che per costante giurisprudenza, per tutte già C.d.S. sez. VI 13 febbraio 1987 n°43, per esercitare l’autotutela non occorre alcuna particolare motivazione sull’interesse pubblico sotteso, ove si vada ad incidere su situazioni non consolidate dal decorso del tempo, così come avvenuto nella specie, in cui in buona sostanza il Comune ha subito posto rimedio ad un errato apprezzamento della fattispecie.

14. Nulla per spese, dato che il Comune non si è costituito.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia sezione staccata di Brescia (Sezione Prima)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge. Nulla per spese.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Brescia nella camera di consiglio del giorno 14 dicembre 2011 con l’intervento dei magistrati:

Giuseppe Petruzzelli, Presidente
Sergio Conti, Consigliere
Francesco Gambato Spisani, Primo Referendario, Estensore

L’ESTENSORE

IL PRESIDENTE
       
       

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 16/01/2012
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
 

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