APPALTI – Appalto o concessione – Conflitto di interesse – Procedura di aggiudicazione – Stazione appaltante – Interesse personale – Imparzialità – Obbligo di astensione – Gara pubblica – Servizi analoghi – Servizi identici – Similitudine tra prestazioni – Logicità – Proporzionalità – Concorrenza (Massime a cura di Ilaria Genuessi)
Provvedimento: Sentenza
Sezione: 1^
Regione: Lombardia
Città: Brescia
Data di pubblicazione: 19 Dicembre 2022
Numero: 1342
Data di udienza: 6 Dicembre 2022
Presidente: Gabbricci
Estensore: Limongelli
Premassima
APPALTI – Appalto o concessione – Conflitto di interesse – Procedura di aggiudicazione – Stazione appaltante – Interesse personale – Imparzialità – Obbligo di astensione – Gara pubblica – Servizi analoghi – Servizi identici – Similitudine tra prestazioni – Logicità – Proporzionalità – Concorrenza (Massime a cura di Ilaria Genuessi)
Massima
TAR LOMBARDIA, Brescia, Sez. 1^ – 19 dicembre 2022, n. 1342
APPALTI – Appalto o concessione – Conflitto di interesse – Procedura di aggiudicazione – Stazione appaltante – Interesse personale – Imparzialità – Obbligo di astensione.
L’ambito soggettivo di applicazione della disciplina in tema di conflitto di interesse nell’ambito dello svolgimento di una gara pubblica, ai sensi del combinato disposto di cui agli artt. 42, comma 2, d. lgs. n. 50/2016 e 7 D.P.R. n. 62/2013, è limitato a coloro che partecipano in qualche modo alla procedura di evidenza pubblica, o effettuando il confronto competitivo tra le offerte, o compiendo atti presupposti, connessi o consequenziali.
APPALTI – Gara pubblica – Servizi analoghi – Servizi identici – Similitudine tra prestazioni – Logicità – Proporzionalità – Concorrenza.
Nell’ambito delle gare pubbliche per servizi analoghi non debbono intendersi i servizi identici, implicanti l’accertamento per la stazione appaltante dell’identità delle attività svolte, bensì occorre ricercare elementi di similitudine mediante il confronto tra le prestazioni oggetto dell’appalto da affidare e le prestazioni oggetto dei servizi indicati dai concorrenti con l’intento di dimostrare il possesso dei requisiti richiesti dalla lex specialis; il suddetto confronto si ritiene debba essere condotto secondo criteri di logicità e di proporzionalità, allo scopo di evitare eccessive restrizioni della concorrenza fra le imprese partecipanti garantendo l’apertura del mercato attraverso l’ammissione alle gare di tutti i concorrenti per i quali si possa raggiungere un giudizio complessivo di affidabilità.
Pres. Gabbricci, Est. Limongelli – C. A.S.D. (avv.ti Di Cintio e Ferrari) c. Comune di Treviglio (avv. Bugatti)
Allegato
Titolo Completo
TAR LOMBARDIA, Brescia, Sez. 1^ - 19 dicembre 2022, n. 1342SENTENZA
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Settima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 3050 del 2022, proposto da Bar Stabilimento Marino e Termale San Montano S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Francesco Montemurro, Aristide Police, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Aristide Police in Roma, viale Liegi, 32
contro
Comune di Forio, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Aniello Mele, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
Torre San Montano S.r.l., non costituito in giudizio
per la riforma della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania (Sezione Sesta) n. 503/2022
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Comune di Forio;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 18 ottobre 2022 il Cons. Sergio Zeuli e udito l’avvocato Aristide Police per la parte appellante.
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
A sostegno del gravame la società appellante deduce le seguenti circostanze di fatto:
è titolare di due concessioni demaniali (22 settembre 2008 n. 7/DE e 29 ottobre 2009 n. 10/DE) nel Comune di Forio (“Comune”) aventi ad oggetto l’uso dell’arenile della Baia di San Montano dell’isola d’Ischia (“Area Demaniale”).
a seguito di sopralluogo del 23 luglio 2020, con nota del 24 settembre 2020 il Comune comunicava ex art. 7 della l. n. 241/1990 l’avvio del procedimento volto all’adozione di provvedimenti sanzionatori, rilevando, per quanto concerne le strutture stagionali a servizio dello stabilimento: [A] con riferimento alla pedana in calcestruzzo (pedana cls), realizzata in corrispondenza delle strutture stagionali, questa risulta autorizzata e prevista nella concessione demaniale n. 7/DE del 22/09/2008, trovando corrispondenza anche in termini di superfici con quanto asserito nei grafici presentati dalla parte. Tuttavia, per la stessa, non risultano agli atti d’ufficio titoli abilitativi da un punto di vista edilizio e paesaggistico”;
per quanto riguarda le strutture stagionali amovibili a servizio della spiaggia pubblica [B] “Per tali strutture, che si presentano allo stato attuale come nelle foto che seguono, si rilevano le seguenti misure: Blocco wc: 6,20 x1,60 mt, distanziata dal muro di circa1,00 mt; Struttura adibita a deposito e wc per disabili: 2,90 x 2,50, distanziata dal muro di circa 1,20 mt; Pedana in legno 11,10 x 4,00 con passerella di accesso, sempre in legno: ·- 3,10 X 1,20 mt. In merito risultano agli atti d’ufficio i seguenti abilitativi: Concessione Demaniale n. 10/DE del 29/10/2009; DIA prot. n. 31001 del17/12/2009. Dai rilievi effettuati si riscontra la corrispondenza tra quanto asserito nei grafici presentati dalla parte, e autorizzato, e quanto effettivamente realizzato, sia in termini di superfici e volumetrie sia in riferimento alle destinazioni d’uso. Per quanto riguarda la pedana in legno, trovo anch’essa corrispondenza tra quanto autorizzato e realizzato. Tuttavia, non risultano agli atti d’ufficio titoli abilitativi per quanto riguarda gli aspetti paesaggistici”;
per quanto riguarda: [C] “passerella amovibile in blocchetti di cls (…) si è rilevata la presenza di diverse passerelle in lastre di calcestruzzo, destinate alla gestione dei percorsi in ottemperanza alle disposizioni connesse all’emergenza COVID-19. Tra queste si rileva quella adiacente alla piazzola in calcestruzzo, lunga circa 60 ml e con una larghezza variabile da 1 mt a 1,70 mt, di collegamento tra lo stabilimento balneare e la spiaggia libera, che costeggia e mette tra loro in collegamento le diverse strutture destinate ai servizi e previste dalle Concessioni demaniali n. 07/DE/2008 e n. 10/DE/2009. Tali lastre, come rilevabile dalla foto n. 12, risultano appoggiate sull’arenile, non fissate in maniera permanente, caratterizzandosi quindi come passerelle completamente amovibili. Seppur non si trova alcun riscontro nelle concessioni e nei titoli autorizzativi rilasciati da questo Ente comunale, le suddette passerelle sono da considerarsi comunque assentibili così come definito al punto 6 delle linee guida di cui alla Circolare n. 120 del Ministero dei Trasporti e della Navigazione”.
La società presentava osservazioni rappresentando la legittimità della pedana in calcestruzzo anche dal punto di vista urbanistico amministrativo
Nonostante le articolate osservazioni della Società, corredate da ampio supporto documentale (inclusa perizia asseverata dal tecnico), con provvedimento del 23 dicembre 2020, n. 176, il Comune ingiungeva alla Società la demolizione ed il ripristino dello stato delle opere di cui alla relazione tecnica del 23 luglio 2020 entro e non oltre il termine di 30 gg decorrente dalla notifica. Tuttavia detta ordinanza non indicava precisamente quali fossero le opere da ridurre in pristino rinviando alla relazione del 23 luglio 2020, i cui contenuti non erano stati resi noti alla ricorrente, se non il 22 gennaio 2021, ossia successivamente alla presentazione del ricorso introduttivo del giudizio di primo grado.
Avverso l’Ordinanza la Società presentava ricorso dinanzi al TAR Campania prospettando molteplici motivi di doglianza.
Nelle more del giudizio di primo grado, il Comune trasmetteva alla Società la relazione successiva al sopralluogo del 23 luglio 2020 nella quale si accertava la legittimità degli interventi pur con alcune precisazioni, dunque i profili di contestazione restavano circoscritti a:
[Sub-A] all’assenza “agli atti d’ufficio titoli abilitativi da un punto di vista edilizio e paesaggistico”; e [Sub-B] all’assenza di “titoli abilitativi per quanto riguarda gli aspetti paesaggistici”.
La sentenza impugnata in parte rigettava il ricorso, in parte lo dichiarava improcedibile per essere intervenuta la rimozione delle strutture Sub-B e Sub-C.
Avverso la stessa sono dedotti i seguenti motivi di appello: I. Error in iudicando. – Erroneità della motivazione della Sentenza nella parte in cui ha disatteso le doglianze del quarto (iv) motivo di ricorso “Eccesso di potere – Difetto di istruttoria – Erronea presupposizione dei fatti – Contraddittorietà tra atti della stessa amministrazione – Sviamento – Illogicità manifesta” in relazione all’accertamento del (preteso) abuso sulle strutture stagionali al servizio dello stabilimento [Sub-A]. – Violazione art. 39 c.p.a. e 112 c.p.c. per travisamento dei fatti e omessa pronuncia. II. Error in iudicando – Erroneità della motivazione nella parte in cui ha disatteso le doglianze del (V) motivo di ricorso per “Violazione e falsa applicazione dell’art. 35 T.U. 380/01 ss.mm.ii. in relazione all’art. 28 stesso codice – Eccesso di potere – carenza di istruttoria – illogicità”. III. Errores in iudicando – Erroneità della motivazione nella parte in cui ha disatteso le doglianze del secondo (II) e dell’ottavo (VIII) motivo di ricorso. – Violazione art. 112 c.p.c. per ultra-petizione, state la diversa qualificazione attribuita dal Giudice agli interventi al servizio della spiaggia pubblica (sub-B) rispetto alla valutazione del Comune sulla natura amovibile degli interventi e sulla conseguente deroga all’autorizzazione paesaggistica. IV. Error in iudicando – Erroneità della motivazione nella parte in cui ha disatteso il primo (I) motivo di ricorso per violazione e falsa applicazione degli artt. 3 e 10 L. 7 agosto 1990, n. 241 s.m.i. V. Error in iudicando – Erroneità della motivazione nella parte in cui ha disatteso le doglianze del (VII) settimo motivo di ricorso per “Violazione dei principi generali in tema di demolizione ricavabili dal T.U. 380/2001 – Eccesso di potere – Illogicità – Sviamento – Contraddittorietà (ulteriore profilo)” – Violazione art. 39 c.p.a. e 112 c.p.c. per omessa pronuncia.
Si è costituito in giudizio il comune di Forio contestando l’avverso dedotto e chiedendo il rigetto del gravame.
DIRITTO
Come già riportato in fatto, tra gli interventi originariamente contestati di cui l’ente locale ha disposto la demolizione, l’unico che ancora rimane controverso quanto alla sua legittimità, è quello della pedana in calcestruzzo perché le strutture contemplate dalle lett. b) e c) dell’ordinanza sono state rimosse, tant’è che la sentenza di primo grado ha dichiarato, in parte qua, l’improcedibilità del ricorso.
La sentenza di primo grado ha ritenuto quell’opera abusiva perché edificata sine titulo, e, in ogni caso, perché mancante della necessaria autorizzazione paesaggistica insistendo in zona vincolata. Sul punto la parte interpone appello.
Contrariamente a quanto ritenuto dal giudice di prime cure, va subito osservato che non è dimostrata l’illegittimità di questo manufatto perché, in ragione dell’accertata risalenza della sua realizzazione, è dubbio che la sua edificazione necessitasse dei titoli edilizi che si assumono mancanti.
Prima di tutto va ricordato che nel sopralluogo disposto dal Comune il 23 luglio 2020 si dava atto che la pedana in argomento risulta autorizzata e prevista nella concessione demaniale n. 7/DE del 22/09/2008, trovando corrispondenza anche in termini di superfici con quanto asserito nei grafici presentati dalla parte.
Va di poi aggiunto che vi sono plurimi elementi documentali, già acquisiti al fascicolo di primo grado, dai quali emergono significativi indizi che fanno pensare che l’opera è stata edificata molti anni orsono e che portano a condividere le deduzioni articolate in proposito dalla parte appellante. E più l’opera si retrodata, meno giustificate appaiono le ragioni poste a fondamento dell’ordine contenente la sua demolizione che è fondato sulla asserita necessità di titoli edilizi che in passato non erano necessari.
Tra gli elementi che vanno in tal proposito evidenziati, va innanzitutto ricordato che lo stabilimento balneare gestito dall’odierno appellate è presente sull’area demaniale dal 1953; già all’epoca – come dimostrano i reperti fotografici in atti – il complesso era dotato di alcune cabine-spogliatoio in legno che poggiavano su di una pedana in cemento che potrebbe verosimilmente identificarsi in quella oggetto della controversia.
In ogni caso, e si tratta di un reperto probatorio di notevole importanza, vi è in atti un verbale della Capitaneria di Porto di Napoli del 10 novembre del 1972, con allegata planimetria – redatto dalla Commissione di cui all’articolo 58 del Regolamento per la Navigazione marittima riunitasi presso l’Ufficio Circondariale Marittimo di Ischia – che si occupa appunto di delimitare i confini tra la proprietà demaniale e quella privata dello stabilimento. In esso, in particolare, si dà atto della pre-esistenza della pedana in cls rappresentata anche sulla mappa. Ebbene, in quell’occasione, i verbalizzanti constatano che, proprio a causa della pedana in muratura posta a sostegno delle cabine, si era avuto uno sconfinamento della proprietà privata su quella demaniale, sicché la Commissione all’unanimità– confermandone la risalenza – afferma che “tutto lascia supporre dall’epoca delle costruzioni e dalla loro situazione morfologica, che le stesse [le opere sottostanti le cabine, dunque inequivocabilmente la pedana de qua NdR], realizzate da parecchi anni e per gli usi del mare, appartenessero al demanio marittimo”.
A seguito di detto accertamento, peraltro, con l’assenso anche dei soggetti privati convenuti che nulla opposero, i confini vennero ri-delimitati con restringimento della proprietà privata a favore di quella pubblica, alla quale venne assegnata anche l’area sulla quale insiste l’opus di cui si discute.
Il predetto verbale riveste notevole interesse probatorio perché dimostra che: 1. la pedana in calcestruzzo è stata edificata in epoca precedente (e non di poco, attesa la difficoltà di ricostruire morfologia originaria del luogo) al 1972; 2. la stessa, da quella data, anche formalmente, è ritornata in proprietà pubblica.
Il dato del trasferimento alla proprietà statale trova un’ulteriore conferma nella concessione rilasciata alla parte, il 6 maggio 1974, dalla Capitaneria di Porto di Napoli che, nel titolo, riporta “tutte le opere di non facile rimozione costruite dal concessionario senza preventiva autorizzazione dell’Autorità Marittima concedente restano acquisite allo Stato senza alcun rimborso, salva la facoltà di ordinare la demolizione”. Concessione che, peraltro, richiama espressamente tra l’altro le autorizzazioni rilasciate negli anni 1972 e 1973.
Vi sono peraltro in atti ulteriori, numerosi documenti dai quali risulta il detto stato dei luoghi e la conferma della pre-esistenza e conformazione della pedana, tra gli altri:
-atto dell’8 dicembre 1973 di trasformazione della ditta individuale in s.n.c. (Notaio Dott. Angelo Tirone repertorio n. 5895 raccolta n. 2238);
– relazione per il nuovo assetto delle concessioni e delle spiagge libere, prog. Arch. Capasso dell’anno 1976, contenente la descrizione in planimetria della pedana demaniale in calcestruzzo
– concessione del Ministero della Marina Mercantile del 1984, I 171 in cui è richiamata espressamente la planimetria allegata alla concessione;
– concessione del Ministero dei Trasporti e della Navigazione, capitaneria di Porto di Napoli, del 1995 n. 44 in cui sono allegati i grafici per rinnovo di concessione demaniale;
– rinnovo licenza n. 14 del 9 dicembre 2002 con allegato grafico;
– autorizzazione ex art. 19 D.L.vo 374/90 prot. 11957/2008.
Alla luce dei dati evidenziati, va a questo punto verificato se, in ragione della presunta data di edificazione, sussistano provate ragioni per ritenere il manufatto illegittimo da un punto di vista urbanistico e paesaggistico. Può tuttavia sin d’ora anticiparsi che, non solo dette giustificazioni non paiono sussistere, ma, che al contrario, ve ne sono di contrarie che supportano la tesi esattamente opposta e che, in un certo senso, possono essere enumerate in senso inverso e progressivo di importanza.
In primo luogo, qualora si dovesse ritenere provata l’edificazione della pedana sin dal momento dell’avvio dell’attività dello stabilimento balneare, ossia dal 1953 – come pure i reperti fotografici parrebbero attestare – la sua risalenza ad un’epoca in cui non era prevista né la licenza edilizia (al di fuori dei centri urbani), né l’autorizzazione paesaggistica ex lege n.1497 del 1939 ( il Piano di tutela paesaggistica per l’isola di Ischia venne approvato solo con il D.M. 12 gennaio del 1958), l’ordinanza di demolizione e ripristino impugnata risulterebbe in re ipsa illegittima per travisamento dei presupposti e difetto di istruttoria. Tale evenienza viene suffragata dalle emergenze fotografiche in atti.
In ogni caso, anche a voler trascurare quanto precede, a conclusioni pressoché analoghe – salvo la precisazione per la quale vedi infra in materia di tutela paesaggistica – dovrebbe pervenirsi laddove si riconoscesse efficacia dimostrativa all’aerofotogrammetria estratta il 16 ottobre 1966 dall’Istituto Geografico Militare.
D’altro canto il significato probatorio dei due dati appena ricordati – fotografia del 1953 e aerofotogrammetria del 1966 – trova un indiretto conforto nel ricordato verbale del 1972 che – pur procedendo ad una minuziosa ricostruzione dello stato dei luoghi – non indica i titoli edificatori della struttura, sebbene, è da ritenere, abbia tentato di reperirli. Questa mancanza, se da un lato conferma che il manufatto era (di molto) anteriore a quella data, come riconosciuto peraltro nello stesso verbale, potrebbe persino far ritenere che gli stessi, in ragione della risalenza dell’intervento, non fossero neppure necessari.
A sua volta il dato logico da ultimo evidenziato, è coerente con la deduzione indiziaria secondo la quale si tratta di intervento anteriore, se non al decreto di tutela paesaggistica dell’isola d’Ischia del 1958, quanto meno all’entrata in vigore della cd. “legge- Ponte”.
A tutto voler concedere, dunque, si deve ritenere che la pedana venne realizzata in epoca successiva al 1958, ma anteriore al 1967. Di conseguenza ci si deve domandare se illo tempore, ci fosse bisogno di un’autorizzazione e/o comunque se quell’opera fosse o meno conforme al piano di tutela paesaggistica approntato in sede ministeriale, in vigore dal gennaio del 1958.
In tema converrà notare che, pur contemplando l’intero territorio del Comune di Forio quale oggetto di tutela, il Decreto Ministeriale del 1958 non impose un divieto assoluto di edificabilità, limitandosi ad imporre l’obbligo di presentare alla competente Soprintendenza, per la preventiva approvazione, qualsiasi progetto di “costruzione” da erigere nella zona. E non può non notarsi che la nozione di costruzione alla quale l’atto generale di tutela si riferiva era quella, in quel momento restrittivamente interpretata dalla giurisprudenza, contenuta nell’allora vigente comma 1 dell’art.31 della legge n.1150 del 1942; dunque era quanto meno dubbio che la realizzazione di una pedana in muratura, a supporto delle cabine, potesse rientrarvi, il che indurrebbe a ritenere che la normativa allora vigente non obbligava a sottoporre il relativo progetto all’approvazione della Soprintendenza. Si trattava invero, di un’opera strumentale, posta a servizio di una struttura amovibile, destinata ad un utilizzo stagionale, di modesta entità che verosimilmente non si ritenne rientrare nel concetto di costruzione adoperato dal ridetto decreto.
Quanto alla licenza edilizia, è certo che per realizzare la struttura – condivisane la data di realizzazione ante 1967 – essa non fosse necessaria, posto che è divenuta obbligatoria per tutto il territorio comunale solo successivamente, ossia con l’entrata in vigore della legge n.765 del 1967.
Questi elementi inducono a ritenere non sufficientemente provato che per la realizzazione della pedana in calcestruzzo, in ragione del periodo di realizzazione, fosse necessario munirsi di titoli edilizi e paesaggistici.
Di conseguenza l’opera non può ritenersi illegittima.
In ogni caso, è comunque condivisibile l’ulteriore deduzione dell’appellante che lamenta la mancata attivazione da parte dell’amministrazione demaniale, del potere di cui al comma 14 dell’art.15 della legge n.10 del 1977. A tenore di quest’ultima disposizione, essendo la stessa proprietaria, quanto meno dal 1972 (o comunque dal 6 maggio 1974, quando la Capitaneria di Porto dispose, come ricordato, l’acquisizione delle opere allo Stato), dell’area di sedime su cui insisteva detta pedana, entro sessanta giorni dall’entrata in vigore della c.d. legge Bucalossi se l’avesse ritenuta contrastante con rilevanti interessi urbanistici ed ambientali, avrebbe potuto disporne la demolizione, cosa che invece non ha fatto, neanche in epoca successiva.
Questi motivi inducono all’accoglimento dell’appello.
Le ragioni della controversia ed il concreto contesto nel quale essa si è disputata rappresentano giustificato motivo per compensare integralmente le spese del doppio grado di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Settima), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l’effetto, in riforma della sentenza appellata, annulla gli atti impugnati in primo grado.
Spese del doppio grado compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 18 ottobre 2022 con l’intervento dei magistrati:
Claudio Contessa, Presidente
Daniela Di Carlo, Consigliere
Sergio Zeuli, Consigliere, Estensore
Maurizio Antonio Pasquale Francola, Consigliere
Rosaria Maria Castorina, Consigliere
L’ESTENSORE
Sergio Zeuli
IL PRESIDENTE
Claudio Contessa
IL SEGRETARIO