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Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Appalti Numero: 1168 | Data di udienza: 24 Marzo 2016

* APPALTI – Interdittiva antimafia – Provvedimento di revoca dell’aggiudicazione – Rapporti – Annullamento del decreto prefettizio – Caducazione automatica del provvedimento di revoca – Inconfigurabilità – Esercizio del potere di autotutela – Preventiva comunicazione di avvio del procedimento – Urgenza di provvedere – Provvedimenti relativi alle informative prefettizie – Carattere intrinseco di riservatezza e urgenza – Revoca dell’aggiudicazione – Esito di ulteriori misure (straordinaria e temporanea gestione dell’impresa) – Ininfluenza.


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 4^
Regione: Lombardia
Città: Milano
Data di pubblicazione: 10 Giugno 2016
Numero: 1168
Data di udienza: 24 Marzo 2016
Presidente: Quadri
Estensore: Fornataro


Premassima

* APPALTI – Interdittiva antimafia – Provvedimento di revoca dell’aggiudicazione – Rapporti – Annullamento del decreto prefettizio – Caducazione automatica del provvedimento di revoca – Inconfigurabilità – Esercizio del potere di autotutela – Preventiva comunicazione di avvio del procedimento – Urgenza di provvedere – Provvedimenti relativi alle informative prefettizie – Carattere intrinseco di riservatezza e urgenza – Revoca dell’aggiudicazione – Esito di ulteriori misure (straordinaria e temporanea gestione dell’impresa) – Ininfluenza.



Massima

 

TAR LOMBARDIA, Milano, Sez. 4^ – 10 giugno 2016, n. 1168


APPALTI – Interdittiva antimafia – Provvedimento di revoca dell’aggiudicazione – Rapporti – Annullamento del decreto prefettizio – Caducazione automatica del provvedimento di revoca – Inconfigurabilità.

Il provvedimento di interdittiva antimafia integra un presupposto di fatto del provvedimento di revoca, tanto che l’art. 94, c. 2, del d.l.vo 2011 n. 159 prevede che, qualora la sussistenza di una causa di divieto indicata nell’art. 67 o gli elementi relativi a tentativi di infiltrazione mafiosa di cui all’art. 84, c. 4, ed all’art. 91 c. 6, siano accertati successivamente alla stipula del contratto, le amministrazioni aggiudicatrici revocano le autorizzazioni e le concessioni o recedono dai contratti fatto salvo il pagamento del valore delle opere già eseguite e il rimborso delle spese sostenute per l’esecuzione del rimanente, nei limiti delle utilità conseguite. Nondimeno, resta fermo, da un lato, che l’interdittiva antimafia e la determinazione di esclusione sono adottate da differenti autorità amministrative, dall’altro, che lo stesso art. 94 cit. prevede la possibilità per le amministrazioni aggiudicatrici di non escludere l’operatore destinatario dell’interdittiva “nel caso in cui l’opera sia in corso di ultimazione ovvero, in caso di fornitura di beni e servizi ritenuta essenziale per il perseguimento dell’interesse pubblico, qualora il soggetto che la fornisce non sia sostituibile in tempi rapidi”. Ne deriva che, in presenza di un’aggiudicazione già adottata, la stazione appaltante è tenuta ad effettuare delle valutazioni ulteriori rispetto a quelle poste a fondamento dell’interdittiva, verificando la sussistenza delle situazioni e degli interessi in presenza dei quali la norma da ultimo citata consente di evitare la revoca dell’aggiudicazione disposta a favore dell’impresa cui si riferisce la determinazione prefettizia. Tra il decreto prefettizio, che accerta il tentativo di infiltrazione criminale e la successiva determinazione di revoca dell’aggiudicazione, adottata dalla stazione appaltante, non sussiste quindi una relazione di presupposizione necessaria, poiché l’adozione del primo non provoca automaticamente la revoca o comunque la caducazione dell’aggiudicazione già disposta. Non solo, quand’anche il decreto prefettizio fosse annullato ex tunc in sede giurisdizionale, ciò non determinerebbe ex se la caducazione automatica del provvedimento di revoca, poiché la determinazione della stazione appaltante deve essere valutata, secondo il noto principio tempus regit actum, alla luce della situazione di fatto e delle regole giuridiche esistenti al tempo della sua emanazione. In altre parole, tra i due atti non vi è una relazione di stretta e rigida interdipendenza tale da condurre a ritenere che l’ipotetico annullamento dell’interdittiva provochi l’automatica caducazione dell’atto di revoca, il quale è espressione di un autonomo potere amministrativo.


Pres. f.f. Quadri, Est. Fornataro – V. s.p.a. (avv. Perrone) c. Comune di Carpiano (avv. De Marini) e U.T.G. – Prefettura di Roma (Avv. Stato)

APPALTI – Esercizio del potere di autotutela – Preventiva comunicazione di avvio del procedimento – Urgenza di provvedere – Provvedimenti relativi alle informative prefettizie – Carattere intrinseco di riservatezza e urgenza.

Di regola, l’esercizio del potere di autotutela incidente sul provvedimento di aggiudicazione definitiva deve essere preceduto dalla comunicazione di avvio del procedimento, dovendo darsi modo all’aggiudicatario definitivo, titolare di una posizione giuridica evidentemente qualificata, di poter interloquire con l’Amministrazione, rappresentando fatti e prospettando osservazioni e valutazioni finalizzate alla migliore individuazione dell’interesse pubblico, concreto ed attuale, alla cui unica cura deve essere indirizzato l’esercizio della potestà pubblica. Tuttavia, tale principio non opera, in coerenza con la previsione dello stesso art. 7 della legge 1990 n. 241, laddove la fattispecie esprima una situazione di urgenza di provvedere:  in particolare, non è configurabile alcuna necessità del previo intervento della comunicazione di avvio del procedimento in occasione dell’emissione di provvedimenti relativi alle informative prefettizie, poiché si tratta di procedimenti caratterizzati intrinsecamente da riservatezza ed urgenza (cfr., tra le tante, T.A.R. Campania Napoli, sez. I, 4 febbraio 2013, n. 703; T.A.R. Campania Napoli, Sez. I, 7.3.2012 n. 1153; Consiglio di Stato, Sez. VI, 29.2.2008 n. 756; Consiglio di Stato, Sez. V, 12.6.2007 n. 3126 e 28.2.2006 n. 851).


Pres. f.f. Quadri, Est. Fornataro – V. s.p.a. (avv. Perrone) c. Comune di Carpiano (avv. De Marini) e U.T.G. – Prefettura di Roma (Avv. Stato)


APPALTI – Interdittiva antimafia – Revoca dell’aggiudicazione – Esito di ulteriori misure (straordinaria e temporanea gestione dell’impresa) – Ininfluenza.

In presenza di un’informativa interdittiva la stazione appaltante non è tenuta ad attendere l’esito di ulteriori misure, eventualmente disposte dal Prefetto competente per la straordinaria e temporanea gestione dell’impresa, ai sensi dell’art. 32, comma 10, del d.l. 24 giugno 2014 n. 90. Sia l’art. 32 cit., sia l’art. 92, comma 2 bis, del D. L.vo n. 159/2011 non prevedono che le determinazioni delle stazioni appaltanti, successive all’interdittiva, siano in qualche modo subordinate alle decisioni del Prefetto sulla straordinaria e temporanea gestione dell’impresa.


Pres. f.f. Quadri, Est. Fornataro – V. s.p.a. (avv. Perrone) c. Comune di Carpiano (avv. De Marini) e U.T.G. – Prefettura di Roma (Avv. Stato)


Allegato


Titolo Completo

TAR LOMBARDIA, Milano, Sez. 4^ - 10 giugno 2016, n. 1168

SENTENZA

 

TAR LOMBARDIA, Milano, Sez. 4^ – 10 giugno 2016, n. 1168

N. 01168/2016 REG.PROV.COLL.
N. 02265/2015 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia

(Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2265 del 2015, proposto da:
Vivenda S.p.A., rappresentato e difeso dall’avv. Michele Perrone, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Marco Napoli in Milano, corso Venezia, 10;

contro

Comune di Carpiano, rappresentato e difeso dall’avv. Francesco De Marini, con domicilio eletto presso il suo studio in Milano, Via Emilio Visconti Venosta 7;
U.T.G. – Prefettura di Roma, rappresentato e difeso per legge dall’Avvocatura distrettuale dello Stato, presso i cui uffici domicilia in Milano, Via Freguglia, 1;

nei confronti di

Pellegrini S.p.A.;

per l’annullamento

– della determinazione del Comune di Carpiano n. 68 del 28 luglio 2015 recante la revoca dell’aggiudicazione dell’appalto relativo al servizio di refezione scolastica ed altre utenze;

– della note comunale n. 6702 e 6703 del 28 luglio 2015;

– dell’aggiudicazione provvisoria e definitiva in favore della controinteressata;

– di ogni atto connesso.

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Comune di Carpiano e di U.T.G. – Prefettura di Roma;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 24 marzo 2016 il dott. Fabrizio Fornataro e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Vivenda s.p.a. impugna le determinazioni indicate in epigrafe, deducendone l’illegittimità per violazione di legge ed eccesso di potere sotto diversi profili e ne chiede l’annullamento.

Si costituiscono in giudizio il Comune di Carpiano e U.T.G. – Prefettura di Roma, eccependo l’infondatezza delle impugnazioni proposte, di cui chiedono il rigetto.

Le parti producono memorie e documenti.

All’udienza del 24 marzo 2016 la causa viene trattenuta in decisione.

DIRITTO

1) Dalla documentazione prodotta in giudizio e dalle allegazioni delle parti risulta che: a) con determinazione n. 74 del 22.7.2014 il Comune di Carpiano indiceva una gara per l’affidamento del servizio di refezione scolastica ed altre utenze; b) all’esito delle operazioni di gara, l’appalto veniva aggiudicato a Vivenda spa con provvedimento n. 110 del 25.10.2014 e la società iniziava la gestione del servizio dal mese di ottobre 2014; c) con provvedimento prot. n. 175305/Area I Bis/O.S.P. del 22 giugno 2015, comunicato al Comune di Carpiano in data 25 giugno 2015, la Prefettura di Roma adottava un’informativa interdittiva, ai sensi dell’art. 91 del D. L.vo 6 settembre 2011, n. 159, nei confronti della società Vivenda S.p.A. e di altre società del Gruppo cui essa appartiene, dando atto della “presenza di situazioni relative a tentativi di infiltrazione mafiosa previste dal D. L.vo 6 settembre 2011, n. 159 e successive modifiche ed integrazioni”; d) con decreto del 2 luglio 2015, la Prefettura di Roma disponeva la straordinaria e temporanea gestione, ai sensi dell’art. 32, comma 10, del d.l. 24 giugno 2014 n. 90 nei confronti di società del Gruppo La Cascina compresa Vivenda spa, nominando due amministratori; e) con decreto del 6 luglio 2015, il Prefetto di Roma disponeva affinché gli amministratori nominati procedessero alla ricognizione dei contratti di appalto in corso di esecuzione, “escludendo, ovviamente, tutti i contratti ovvero tutte le concessioni nel frattempo revocati”, con successiva selezione dei “contratti la cui esecuzione o prosecuzione sia ritenuta urgente e necessaria in considerazione del considerevole numero di lavoratori del gruppo impiegati…”; f) con determinazione n. 68 del 28.7.2015, comunicata a Vivenda s.p.a. in pari data, il Comune di Carpiano, sulla scorta della suddetta informativa disponeva, ai sensi dell’art. 94, comma 2, d.lgs. 159/2011, la revoca dell’aggiudicazione in favore di Vivenda s.p.a. e, contestualmente, aggiudicava servizio a Pellegrini S.p.A.; g) con decreto del 30 luglio 2015 il Tribunale di Roma Sezione misure di prevenzione estendeva alla società Vivenda spa l’amministrazione giudiziaria già disposta, ex art. 34, comma 2, del d.l.vo n. 159/2011, con decreto del 27 luglio 2015, nei confronti di altre società del gruppo La Cascina; h) con provvedimento del 30 luglio 2015 il Prefetto di Roma, preso atto dell’applicazione della misura dell’amministrazione giudiziaria da parte del Tribunale di Roma, disponeva la “sospensione” della misura della straordinaria e temporanea gestione già applicata alla società Vivenda s.p.a.; i) con decreto del 16 settembre 2015, il Giudice Delegato per l’applicazione delle misure di prevenzione, presso il Tribunale di Roma, richiedeva al Prefetto di Roma di valutare la possibilità di procedere alla revoca dei provvedimenti interdittivi adottati verso società del Gruppo La Cascina, compresa Vivenda s.p.a.; l) con provvedimento del 22 settembre 2015, il Prefetto di Roma, da un lato, attestava che per una serie di società, compresa Vivenda spa, “in amministrazione giudiziaria, alla data odierna, non sussistono le cause di decadenza, di sospensione o di divieto di cui all’art. 67 del d.lgs. 06/09/2011, n. 159”, dall’altro, stabiliva che “la misura della straordinaria e temporanea gestione ai sensi dell’art. 32, comma 10, della legge 11/08/2014, n. 114 cessa dalla data del presente provvedimento”.

2) Deve essere respinta la richiesta di sospensione del giudizio formulata dalla ricorrente ai sensi dell’art. 79 c.p.a. e dell’art. 295 c.p.c., in ragione della pendenza dell’impugnazione, dinanzi al Tar Lazio, del provvedimento del Prefetto di Roma, che ha disposto l’interdittiva antimafia a carico di Vivenda s.p.a..

Ora, al di là del fatto che parte ricorrente non ha neppure fornito chiare indicazioni sulla fissazione o meno della data di trattazione del ricorso pendente al Tar Lazio, va osservato che non sussiste, tra l’impugnazione in esame e quella proposta presso il Tar Lazio, una relazione riconducibile alle ipotesi cui si riferisce l’art. 295 c.p.c..

Sicuramente il provvedimento del Prefetto integra un presupposto di fatto del provvedimento di revoca, tanto che l’art. 94, comma 2, del d.l.vo 2011 n. 159 prevede che, qualora la sussistenza di una causa di divieto indicata nell’articolo 67 o gli elementi relativi a tentativi di infiltrazione mafiosa di cui all’articolo 84, comma 4, ed all’articolo 91 comma 6, siano accertati successivamente alla stipula del contratto, le amministrazioni aggiudicatrici revocano le autorizzazioni e le concessioni o recedono dai contratti fatto salvo il pagamento del valore delle opere già eseguite e il rimborso delle spese sostenute per l’esecuzione del rimanente, nei limiti delle utilità conseguite.

Nondimeno, resta fermo, da un lato, che l’interdittiva antimafia e la determinazione di esclusione sono adottate da differenti autorità amministrative, dall’altro, che lo stesso art. 94 cit. prevede la possibilità per le amministrazioni aggiudicatrici di non escludere l’operatore destinatario dell’interdittiva “nel caso in cui l’opera sia in corso di ultimazione ovvero, in caso di fornitura di beni e servizi ritenuta essenziale per il perseguimento dell’interesse pubblico, qualora il soggetto che la fornisce non sia sostituibile in tempi rapidi”.

Ne deriva che, in presenza di un’aggiudicazione già adottata, la stazione appaltante è tenuta ad effettuare delle valutazioni ulteriori rispetto a quelle poste a fondamento dell’interdittiva, verificando la sussistenza delle situazioni e degli interessi in presenza dei quali la norma da ultimo citata consente di evitare la revoca dell’aggiudicazione disposta a favore dell’impresa cui si riferisce la determinazione prefettizia.

Ciò vale ad evidenziare che tra il decreto prefettizio, che accerta il tentativo di infiltrazione criminale e la successiva determinazione di revoca dell’aggiudicazione, adottata dalla stazione appaltante, non sussiste una relazione di presupposizione necessaria, poiché l’adozione del primo non provoca automaticamente la revoca o comunque la caducazione dell’aggiudicazione già disposta.

Non solo, quand’anche il decreto prefettizio fosse annullato ex tunc in sede giurisdizionale, ciò non determinerebbe ex se la caducazione automatica del provvedimento di revoca, poiché la determinazione della stazione appaltante deve essere valutata, secondo il noto principio tempus regit actum, alla luce della situazione di fatto e delle regole giuridiche esistenti al tempo della sua emanazione.

In altre parole, tra i due atti non vi è una relazione di stretta e rigida interdipendenza tale da condurre a ritenere che l’ipotetico annullamento dell’interdittiva provochi l’automatica caducazione dell’atto di revoca, il quale, anche nelle ipotesi in esame, è espressione di un autonomo potere amministrativo.

Del resto, il provvedimento di revoca dell’aggiudicazione presuppone l’esistenza dell’interdittiva, ma non muove dalla verifica, ad opera della stazione appaltante, dei fatti di infiltrazione criminale valorizzati dal Prefetto, sicché – si ribadisce – l’interdittiva stessa è solo un elemento della fattispecie cui la legge correla l’attribuzione al Comune del potere di revocare il provvedimento di aggiudicazione.

Va, pertanto, ribadita l’insussistenza delle condizioni per disporre la sospensione del giudizio.

3) La ricorrente lamenta, con più censure da trattare congiuntamente perché strettamente connesse sul piano logico e giuridico, che: a) il provvedimento di revoca non è stato preceduto dalla comunicazione di avvio del procedimento; b) il Comune ha emanato il provvedimento di revoca sapendo che entro breve termine sarebbero state adottate le misure di cui all’art. 32, del D.L. n. 90/2014, convertito in legge con L. n. 114/2014, e dell’art. 92, comma 2 bis, del D. Lgs. n. 159/2011, misure la cui adozione avrebbe imposto di mantenere l’aggiudicazione in favore di Vivenda spa con conseguente divieto di revocarla; c) il provvedimento di revoca non è adeguatamente motivato; d) il Comune ha illegittimamente omesso di rimuovere in autotutela il provvedimento di revoca, nonostante con decreto del Tribunale di Roma sia stata disposta nei confronti delle imprese del Gruppo La Cascina la misura di prevenzione dell’amministrazione giudiziaria ex art. 34, D. Lgs. n. 159/2011, tanto che il Prefetto di Roma ha conseguentemente revocato il provvedimento assunto ex art. 32, comma 10, D.L. n. 90/2014; e) il provvedimento di revoca è viziato in via derivata in dipendenza dell’illegittimità dell’informazione interdittiva antimafia emessa dal Prefetto di Roma, che, a sua volta, è stata adottata in assenza dei presupposti per la sua emanazione; f) l’illegittimità della revoca vizia, in via derivata, i provvedimenti di aggiudicazione provvisoria e definitiva adottati in favore della controinteressata.

Le censure non possono essere condivise.

E’ evidentemente inammissibile la doglianza di illegittimità derivata del provvedimento di revoca in dipendenza degli asseriti vizi del provvedimento prefettizio recante l’informativa antimafia interdittiva, poiché tale provvedimento non è impugnato nel presente giudizio, né è possibile una sua cognizione in via incidentale.

Viceversa, è priva di fondamento la doglianza diretta a contestare la violazione delle regole partecipative, per omessa comunicazione di avvio del procedimento concluso con l’atto di esclusione ora impugnato.

E’ noto che, di regola, l’esercizio del potere di autotutela incidente sul provvedimento di aggiudicazione definitiva deve essere preceduto dalla comunicazione di avvio del procedimento, dovendo darsi modo all’aggiudicatario definitivo, titolare di una posizione giuridica evidentemente qualificata, di poter interloquire con l’Amministrazione, rappresentando fatti e prospettando osservazioni e valutazioni finalizzate alla migliore individuazione dell’interesse pubblico, concreto ed attuale, alla cui unica cura deve essere indirizzato l’esercizio della potestà pubblica.

Tuttavia, tale principio non opera, in coerenza con la previsione dello stesso art. 7 della legge 1990 n. 241, laddove la fattispecie esprima una situazione di urgenza di provvedere.

In proposito e con specifico riferimento alle ragioni poste a base della revoca in contestazione, la prevalente giurisprudenza, dalla quale non si ravvisano ragioni per discostarsi, evidenzia che non è configurabile alcuna necessità del previo intervento della comunicazione di avvio del procedimento in occasione dell’emissione di provvedimenti relativi alle informative prefettizie, poiché nella specie si tratta di procedimenti in materia di tutela antimafia, come tali caratterizzati intrinsecamente da riservatezza ed urgenza (cfr., tra le tante, T.A.R. Campania Napoli, sez. I, 4 febbraio 2013, n. 703; T.A.R. Campania Napoli, Sez. I, 7.3.2012 n. 1153; Consiglio di Stato, Sez. VI, 29.2.2008 n. 756; Consiglio di Stato, Sez. V, 12.6.2007 n. 3126 e 28.2.2006 n. 851).

In ogni caso se anche si considera, come già evidenziato, che la revoca dell’aggiudicazione sottende di regola valutazioni ulteriori rispetto alla mera presa d’atto dell’esistenza dell’interdittiva antimafia, nondimeno ciò non basta per ritenere che l’omessa comunicazione di avvio del procedimento vizi necessariamente l’atto di autotutela adottato dal Comune.

E’ ormai acquisito a livello giurisprudenziale il valore necessariamente sostanziale delle garanzie partecipative, che non sono violate per il solo fatto dell’omissione di una comunicazione stabilita dalla legge, o in ragione dell’incompletezza del suo contenuto, ma solo quando si verifica l’effettiva frustrazione della possibilità per l’interessato di sottoporre all’amministrazione dati di fatto o di diritto idonei ad incidere sulla determinazione finale (cfr. in ordine alla valenza necessariamente sostanziale delle garanzie partecipative, si considerino tra le tante: T.A.R. Lazio Roma, sez. I, 03 luglio 2009, n. 6451; Consiglio di Stato, sez. V, 02 febbraio 2010, n. 431; Consiglio di Stato, sez. VI, 29 luglio 2008, n. 3786; Tar Lombardia Milano, sez. IV, 2 luglio 2015, n. 1528).

Nel caso di specie la ricorrente contesta in modo meramente formale la violazione dell’art. 7 della legge 1990, n. 241, senza allegare elementi di fatto diversi da quelli posti dall’amministrazione a fondamento della determinazione gravata, sicché la violazione lamentata non può condurre all’annullamento dell’atto.

In altre parole, in applicazione dell’art. 21 octies della legge 1990 n. 241, deve essere rilevato che non sono stati evidenziati, neppure in sede processuale, profili di fatto o ragioni giuridiche che, se tempestivamente sottoposti all’amministrazione, avrebbero potuto incidere sul contenuto del provvedimento gravato.

Va, pertanto, ribadita l’infondatezza della censura in esame.

Parimenti, è infondata la doglianza secondo cui il provvedimento di revoca non recherebbe un’adeguata motivazione.

Il provvedimento impugnato richiama espressamente sia l’interdittiva antimafia adottata dalla Prefettura di Roma nei confronti della ricorrente, sia la disciplina dell’art. 94 del d.l.vo 2011 n. 159 nella parte in cui prevede che, laddove l’informativa prefettizia evidenzi la sussistenza di elementi relativi a tentativi di infiltrazione mafiosa, le stazioni appaltanti revocano le autorizzazioni e le concessioni o recedono dai contratti già stipulati.

Inoltre, il provvedimento di revoca attesta l’insussistenza in concreto delle eccezionali condizioni, previste dall’art. 32, comma 10, della Legge n. 114/2014, necessarie per la prosecuzione dei rapporti contrattuali in corso di esecuzione nonostante l’adozione di un’interdittiva antimafia, in quanto “1) l’affidamento del servizio ha avuto inizio dal mese di novembre 2014 e attualmente risulta sospeso in ossequio a quanto stabilito dal calendario scolastico regionale. Le lezioni riprenderanno, per l’anno scolastico 2015/2016 dal 14 settembre 2015; 2) infine per quanto riguarda “l’urgente necessità per la salvaguardia dei livelli occupazionali o dell’integrità dei bilanci pubblici” si fa presente che non si rileva l’esistenza anche di questi ultimi presupposti”.

Insomma, contrariamente a quanto dedotto dalla ricorrente, il provvedimento di revoca non si limita a richiamare l’esistenza dell’interdittiva antimafia a carico dell’aggiudicataria, ma dà atto del quadro normativo di riferimento e del carattere tendenzialmente doveroso della revoca dell’aggiudicazione, evidenziando, infine, anche l’assenza delle particolari ragioni che, in via eccezionale, consentono la prosecuzione del rapporto con l’impresa cui si riferisce l’interdittiva.

In relazione a quest’ultimo profilo, è del tutto ragionevole la valutazione effettuata dall’amministrazione, in quanto la revoca è stata adottata durante il periodo di sospensione delle attività scolastiche, sicché non erano oggettivamente configurabili l’urgenza e la necessità di proseguire nell’esecuzione del contratto.

In definitiva, il provvedimento impugnato presenta un corredo motivazionale esaustivo, sia in relazione all’individuazione del paradigma normativo di riferimento, sia in ordine alla situazione di fatto concretamente esistente e sviluppa considerazioni del tutto ragionevoli quanto all’assenza dei presupposti per proseguire nell’esecuzione del contratto, con conseguente infondatezza della censura in esame.

Neppure è condivisibile la tesi per cui il Comune avrebbe illegittimamente revocato l’aggiudicazione nonostante la conoscenza della prossima adozione delle misure di cui all’art. 32, del D.L. n. 90/2014 e all’art. 92, comma 2 bis, del D.L.vo n. 159/2011, in quanto la pendenza del relativo procedimento avrebbe imposto alla stazione appaltante di attendere la sua definizione prima di disporre la revoca.

Vale ricordare, in adesione ad un costante orientamento giurisprudenziale, che in presenza di un’informativa che, come nel caso di specie, si qualifica come tipica – perché ex se accerta, ai sensi dell’art. 4, comma 4, del d.lgs. n. 490 del 1994, il pericolo di condizionamento dell’impresa da parte della criminalità organizzata – non residua in capo all’organismo committente alcuna possibilità di sindacato nel merito dei presupposti che hanno indotto il Prefetto alla sua adozione.

Si tratta, invero, di un provvedimento volto alla cura degli interessi di rilievo pubblico – attinenti all’ordine e alla sicurezza pubblica nel settore dei trasferimenti e di impiego di risorse economiche dello Stato, degli enti pubblici e degli altri soggetti presi in considerazione dall’art. 1 del d.lgs. n. 490 del 1994 – il cui apprezzamento è riservato in via esclusiva all’Autorità di pubblica sicurezza e non può essere messo in discussione da parte dei soggetti che devono prestare osservanza alla misura di interdittiva.

Ne deriva che “ogni successiva statuizione della stazione appaltante si configura, in conseguenza, dovuta e vincolata a fronte del giudizio di disvalore dell’impresa con la quale è stato stipulato il contratto”, tanto che il provvedimento di esclusione, di revoca o recesso dal contratto non deve essere corredato da alcuna specifica motivazione, salvo la diversa ipotesi, del tutto eccezionale “in cui a fronte dell’esecuzione di gran parte delle prestazioni e del pagamento dei corrispettivi dovuti, venga riconosciuto prevalente l’interesse alla conclusione della commessa con l’originario affidatario” (cfr. Consiglio di Stato, sez. III, 12 marzo 2015, n. 1292).

Tanto basta per evidenziare che in presenza di un’informativa interdittiva la stazione appaltante non è tenuta ad attendere l’esito di ulteriori misure, eventualmente disposte dal Prefetto competente per la straordinaria e temporanea gestione dell’impresa, ai sensi dell’art. 32, comma 10, del d.l. 24 giugno 2014 n. 90.

Del resto, sia l’art. 32 cit., sia l’art. 92, comma 2 bis, del D. L.vo n. 159/2011 – cui si richiama la censura formulata dalla ricorrente – non prevedono che le determinazioni delle stazioni appaltanti, successive all’interdittiva, siano in qualche modo subordinate alle decisioni del Prefetto sulla straordinaria e temporanea gestione dell’impresa.

Vivenda spa lamenta anche che il Comune avrebbe illegittimamente omesso di rimuovere in autotutela il provvedimento di revoca, nonostante con decreto del Tribunale di Roma sia stata disposta nei confronti delle imprese del Gruppo La Cascina la misura di prevenzione dell’amministrazione giudiziaria ex art. 34, D. Lgs. n. 159/2011.

La ricorrente aggiunge che l’irragionevolezza della scelta comunale emergerebbe anche dal fatto che la revoca è stata mantenuto nonostante il Prefetto di Roma, dopo l’applicazione dell’amministrazione giudiziaria, abbia revocato il provvedimento assunto ex art. 32, comma 10, D.L. n. 90/2014.

Sul punto va ribadito nuovamente che, a fronte dell’interdittiva antimafia c.d. tipica, la stazione appaltante è tenuta, in linea generale, a revocare l’aggiudicazione già disposta a favore dell’impresa che ne è destinataria, pertanto la circostanza che il Tribunale competente abbia sottoposto Vivenda spa alla misura dell’amministrazione giudiziaria integra un fatto neutro rispetto alle valutazioni compiute dal Comune al momento della revoca, né gli impone di riesaminare le proprie determinazioni.

Il punto centrale della questione è dato dal fatto che, al tempo dell’emanazione dell’atto di revoca, l’interdittiva antimafia era pienamente efficace e tale dato non è modificato dalle vicende successive, sicché in applicazione del noto criterio tempus regit actum, la revoca risulta adottata in una situazione idonea ad integrare il presupposto per la sua emanazione, secondo la previsione dell’art. 94 del d.l.vo 2011 n. 159.

Parte ricorrente adombra un intervento in autotutela del Prefetto sull’interdittiva adottata e sulle misure di amministrazione societaria disposte, desumendo da ciò l’illegittimità della decisione del Comune di tenere ferma la revoca e di non ripristinare l’aggiudicazione in favore di Vivenda spa.

Nondimeno, la documentazione prodotta in giudizio esclude che il Prefetto abbia rimosso ex tunc le proprie determinazioni.

Invero, il Prefetto di Roma, dopo avere disposto la straordinaria e temporanea gestione di Vivenda spa, si è limitato a prendere atto della decisione con la quale, mediante decreto del 30 luglio 2015, il Tribunale di Roma ha esteso alla società Vivenda spa l’amministrazione giudiziaria già disposta, ex art. 34, comma 2, del d.l.vo n. 159/2011, nei confronti di altre società del gruppo La Cascina.

A seguito di tale determinazione giurisdizionale, il Prefetto, con provvedimento del 30 luglio 2015, ha disposto la mera “sospensione” della misura della straordinaria e temporanea gestione già applicata alla società Vivenda s.p.a..

Né la revoca dell’interdittiva o della misura straordinaria gestione è stata disposta dal Prefetto a seguito del decreto del 16 settembre 2015, con il quale il Giudice Delegato per l’applicazione delle misure di prevenzione presso il Tribunale di Roma ha chiesto al Prefetto di Roma di valutare la possibilità di procedere alla revoca dei provvedimenti interdittivi adottati verso società del Gruppo La Cascina, compresa Vivenda s.p.a..

Invero, il Prefetto di Roma, con provvedimento del 22 settembre 2015, si è limitato, in primo luogo, ad attestare che per una serie di società, compresa Vivenda spa, “in amministrazione giudiziaria, alla data odierna, non sussistono le cause di decadenza, di sospensione o di divieto di cui all’art. 67 del d.lgs. 06/09/2011, n. 159”, dall’altro, a stabilire che “la misura della straordinaria e temporanea gestione ai sensi dell’art. 32, comma 10, della legge 11/08/2014, n. 114 cessa dalla data del presente provvedimento”.

Il provvedimento da ultimo citato non esprime l’esercizio di un potere di autotutela in senso stretto, perché il Prefetto non ha riesaminato i fatti posti ab origine a base dell’interdittiva e della misura della straordinaria gestione, ma ha semplicemente dato atto della situazione attuale, disponendo solo ex nunc la cessazione della misura da ultimo indicata.

Ne deriva che è destituita di fondamento anche la tesi secondo la quale il Comune avrebbe agito con eccesso di potere omettendo di prendere atto degli interventi in autotutela dello stesso Prefetto di Roma, atteso che le determinazioni prefettizie successive all’interdittiva non hanno riesaminato la fattispecie con riferimento al tempo di emanazione del provvedimento di revoca impugnato.

Sotto altro profilo, va evidenziato che l’insussistenza dei profili di illegittimità denunciati con il ricorso principale esclude anche la configurabilità del vizio di illegittimità derivata formulato in relazione ai provvedimenti di aggiudicazione provvisoria e definitiva in favore della controinteressata.

4) In definitiva, il ricorso principale è infondato e deve essere respinto.

Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate in dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Quarta)

definitivamente pronunciando, respinge il ricorso.

Condanna Vivenda s.p.a. al pagamento delle spese di lite in favore delle altre parti costituite, liquidandole in euro 3.000,00 (tremila), oltre accessori di legge, da dividere in euro 2.000,00 (duemila) oltre accessori in favore del Comune di Carpiano e in euro 1000,00 (mille) oltre accessori in favore di U.T.G. – Prefettura di Roma.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Milano nella camera di consiglio del giorno 24 marzo 2016 con l’intervento dei magistrati:

Elena Quadri, Presidente FF
Mauro Gatti, Consigliere
Fabrizio Fornataro, Consigliere, Estensore

L’ESTENSORE

IL PRESIDENTE
 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 10/06/2016
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

 

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