* DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Difformità totale del manufatto o variazioni essenziali – Difformità parziale – Differenza e trattamento sanzionatorio.
Provvedimento: Sentenza
Sezione: 2^
Regione: Lombardia
Città: Milano
Data di pubblicazione: 8 Luglio 2019
Numero: 1572
Data di udienza: 10 Aprile 2019
Presidente: Caso
Estensore: De Vita
Premassima
* DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Difformità totale del manufatto o variazioni essenziali – Difformità parziale – Differenza e trattamento sanzionatorio.
Massima
TAR LOMBARDIA, Milano, Sez. 2^ – 8 luglio 2019, n. 1572
DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Difformità totale del manufatto o variazioni essenziali – Difformità parziale – Differenza e trattamento sanzionatorio.
Mentre si è in presenza di difformità totale del manufatto o di variazioni essenziali, sanzionabili con la demolizione, quando i lavori riguardino un’opera diversa da quella prevista dall’atto di concessione per conformazione, strutturazione, destinazione, ubicazione, si configura la difformità parziale quando le modificazioni incidano su elementi particolari e non essenziali della costruzione e si concretizzino in divergenze qualitative e quantitative non incidenti sulle strutture essenziali dell’opera. Ai fini sanzionatori, per gli interventi eseguiti in assenza di permesso di costruire, in totale difformità o con variazioni essenziali, va senz’altro disposta la demolizione delle opere abusive; per gli interventi eseguiti in parziale difformità dal permesso di costruire, la legge prevede la demolizione, a meno che, non potendo essa avvenire senza pregiudizio della parte eseguita in conformità, debba essere applicata una sanzione pecuniaria (Consiglio di Stato, VI, 30 marzo 2017, n. 1484; T.A.R. Lombardia, Milano, II, 11 giugno 2019, n. 1320).
Pres. Caso, Est. De Vita – C.P. (avv. Boschi) c. Comune di Sesto San Giovanni (avv.ti Lo Campo e Festucci)
Allegato
Titolo Completo
TAR LOMBARDIA, Milano, Sez. 2^ - 8 luglio 2019, n. 1572SENTENZA
TAR LOMBARDIA, Milano, Sez. 2^ – 8 luglio 2019, n. 1572
Pubblicato il 08/07/2019
N. 01572/2019 REG.PROV.COLL.
N. 00389/2018 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 389 del 2018, proposto da
– Colangelo Paolo, in proprio e quale rappresentante legale della società il Ragno S.r.l., rappresentato e difeso dall’Avv. Davide Boschi ed elettivamente domiciliato presso lo studio dello stesso in Milano, Via Muratori n. 26;
contro
– il Comune di Sesto San Giovanni, in persona del Sindaco pro-tempore, rappresentato e difeso dagli Avv.ti Lucilla Lo Campo e Stefania Festucci e domiciliato ai sensi dell’art. 25 del cod. proc. amm.;
per l’annullamento
– dell’ordinanza dirigenziale n. 117/2017 del 28 novembre 2017 emessa dal Comune di Sesto San Giovanni, avente ad oggetto la demolizione di opere abusive situate nell’area privata di Via dei Partigiani n. 140;
– nonché di ogni altro atto ad esso preordinato.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Sesto San Giovanni;
Vista l’ordinanza n. 314/2018 con cui è stata accolta la domanda di sospensione dell’esecuzione del provvedimento impugnato e fissata l’udienza pubblica per la trattazione del merito della controversia;
Visti tutti gli atti della causa;
Designato relatore il consigliere Antonio De Vita;
Uditi, all’udienza pubblica del 10 aprile 2019, i difensori delle parti, come specificato nel verbale;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.
FATTO
Con ricorso notificato in data 26 gennaio 2018 e depositato il 14 febbraio successivo, la parte ricorrente ha impugnato l’ordinanza dirigenziale n. 117/2017 del 28 novembre 2017, emessa dal Comune di Sesto San Giovanni ed avente ad oggetto la demolizione di opere abusive situate nell’area privata di Via dei Partigiani n. 140.
La società Il Ragno S.r.l. svolge attività di demolizione veicoli nel sito di Sesto San Giovanni, Via dei Partigiani n. 140, sulla base di un’autorizzazione provinciale (attualmente della Città Metropolitana); il P.T.G. identifica l’area dove è svolta l’attività come ambito in trasformazione e non come area industriale/artigianale. La società ricorrente ha realizzato, all’interno dell’area di proprietà privata, un manufatto in muratura monopiano con angolo cottura e servizi igienici, destinato agli addetti al sito produttivo al fine di consentire loro il consumo dei pasti e di effettuare le pause di lavoro al coperto e in un ambiente confortevole. In data 3 marzo 2017, all’esito di un sopralluogo effettuato congiuntamente dalla Polizia Locale e dal Responsabile del Settore Ambiente Città Metropolitana, è stato comunicato alla società ricorrente l’avvio del procedimento per un abuso riguardante la “realizzazione di corpi di fabbrica monopiano in muratura con destinazioni d’uso varie, oltre alla creazione di diverse tettoie metalliche aperte solo sulla parte centrale”. A ciò ha fatto seguito la presentazione di un’istanza di sanatoria, che il Comune non avrebbe riscontrato. Con l’ordinanza del 28 novembre 2017 è stata disposta la demolizione dell’opera abusiva.
Assumendo l’illegittimità del predetto provvedimento, la parte ricorrente ne ha eccepito, in primo luogo, la nullità per violazione dell’art. 21 septies della legge n. 241 del 1990.
Poi sono stati eccepiti la violazione dell’art. 31 del D.P.R. n. 380 del 2001 per mancata indicazione della proprietà dell’area e l’eccesso di potere per difetto di presupposto, di istruttoria e di motivazione.
Successivamente sono stati dedotti l’eccesso di potere e/o violazione di legge, la nullità del provvedimento per violazione dell’art. 38 della legge n. 47 del 1985 e dell’art. 36 del D.P.R. n. 380 del 2001, l’eccesso di potere per omessa istruttoria e la violazione del principio di buon andamento di cui all’art. 97 della Costituzione.
Infine, sono stati dedotti l’eccesso di potere e/o la violazione di legge, la nullità del provvedimento per illegittimità per difetto di istruttoria e per violazione dell’art. 31 del D.P.R. n. 380 del 2001.
Si è costituito in giudizio il Comune di Sesto San Giovanni, che ha chiesto il rigetto del ricorso.
Con l’ordinanza n. 314/2018 è stata accolta la domanda di sospensione dell’esecuzione del provvedimento impugnato ed è stata fissata l’udienza pubblica per la trattazione del merito della controversia.
In prossimità dell’udienza di merito, i difensori delle parti hanno depositato memorie e documentazione a sostegno delle rispettive posizioni.
Alla pubblica udienza del 10 aprile 2019, su conforme richiesta dei difensori delle parti, la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
1. Il ricorso non è meritevole di accoglimento.
2. Con la prima e la seconda censura, da trattare congiuntamente in quanto strettamente connesse, si assume la nullità del provvedimento impugnato per inesatta indicazione del soggetto proprietario dell’area su cui è stato realizzato l’abuso, individuato erroneamente nella società Il Ragno S.r.l., e per la mancanza di adeguata istruttoria nella identificazione degli elementi essenziali della fattispecie, ossia i corretti dati catastali dell’area interessata dagli abusi e il soggetto proprietario della stessa.
2.1. Le doglianze sono infondate.
A prescindere dalla circostanza, incontestata tra le parti e documentata in giudizio (cfr., ex multis, all. 4, 18 e 19 al ricorso), che la società Il Ragno ha preso parte al procedimento sanzionatorio avviato dal Comune, seguito poi da istanze di sanatoria formulate dalla predetta società e culminato con la sanzione demolitoria impugnata, va evidenziato che la notifica del provvedimento sanzionatorio deve essere rivolta anche all’autore dell’abuso, oltre che al proprietario del bene. Nella specie è pacifico che la società Il Ragno sia l’autrice dell’abuso (cfr. all. 4 al ricorso) e quindi sia la legittima destinataria del provvedimento sanzionatorio (sulla legittimità della notifica dell’ordinanza di demolizione soltanto all’autore dell’abuso, Consiglio di Stato, IV, 26 febbraio 2013, n. 1179; rafforza implicitamente tale conclusione anche Consiglio di Stato, VI, 31 dicembre 2018, n. 7305). La mancata individuazione, poi, del proprietario del sedime su cui insite l’abuso può rilevare esclusivamente verso quest’ultimo, visto che nei suoi confronti non potranno essere applicate le sanzioni legate all’inottemperanza all’ordine ripristinatorio.
Quanto all’inesattezza dei dati catastali dell’immobile, risulta inevitabile che a fronte di un immobile abusivo non sia, di regola, possibile avere riferimenti specifici relativi allo stesso, trattandosi appunto di un immobile realizzato senza permesso e in maniera occulta. In ogni caso, nell’atto impugnato sono indicati in maniera esatta gli estremi catastali della particella in cui l’opera abusiva è stata realizzata, come confermato dalla stessa parte ricorrente in sede procedimentale (cfr. all. 4 al ricorso).
2.2. Ciò determina il rigetto delle suesposte doglianze.
3. Con la terza censura si assume l’illegittimità dell’adozione dell’ordinanza di demolizione, giacché ciò sarebbe avvenuto prima della definizione del procedimento scaturente dall’istanza di sanatoria, presentata dalla parte ricorrente in data 21 luglio 2017.
3.1. La doglianza è infondata.
Come evidenziato dalla difesa comunale, l’istanza di sanatoria presentata dalla parte ricorrente in data 21 luglio 2017 non si riferisce affatto al manufatto realizzato abusivamente e destinato ai propri addetti, ma riguarda “Opere di manutenzione straordinaria – Sanatoria per lavori eseguiti finalizzati alla realizzazione e ampliamento di tettoie ad uso deposito e diversa distribuzione interna locali uffici” (all. 7 del Comune); ciò risulta dimostrato anche dalla Tavola 02 allegata alla richiesta che si riferisce alle “Pianta di raffronto – Opere costruite – Opere demolite da sanare” e nella quale non è assolutamente indicato il manufatto oggetto del presente contenzioso (cfr. all. 6 e 8 del Comune, dove emerge la differenza tra la parte abusiva, oggetto dell’ordinanza impugnata, e la parte da condonare). Quanto sostenuto dalla difesa della parte ricorrente e ribadito, a più riprese, nelle memorie finali, ovvero che la pratica di sanatoria fosse pendente anche presso la Città metropolitana, non trova riscontro oggettivo, visto che dalla documentazione prodotta in giudizio risulta non esservi, alla data di emanazione dell’ordinanza, alcuna sanatoria pendente, o quantomeno ciò non risulta oggetto di una incontrovertibile dimostrazione (dagli all. 14 A, 14 B e 14 C al ricorso non emerge con certezza la richiesta di sanatoria, in assenza del deposito della relazione descrittiva delle opere da sanare). Del resto, nella Tavola 4 del Progetto preliminare di ampliamento e ridistribuzione Aree di stoccaggio presentato alla Città metropolitana, il manufatto oggetto di controversia rientra tra le “Opere da autorizzare ai sensi dell’art. 208 del D. Lgs. 152/2006 nell’ambito del procedimento in corso di variante sostanziale” (all. 28 del Comune). Va poi specificato che l’eventuale sanatoria edilizia è di esclusiva competenza del Comune, che è l’unico soggetto che potrà eventualmente rilasciare una sanatoria, spettando alla Città metropolitana soltanto la competenza in ordine al rilascio dell’autorizzazione allo svolgimento dell’attività produttiva.
3.2. Ne discende l’infondatezza in fatto, prima che in diritto, della predetta doglianza.
4. Con l’ultima censura si assume che la difformità riscontrata esulerebbe sia dalla nozione di totale difformità sia da quella di variazione essenziale, trattandosi della realizzazione di un manufatto con un contenuto aumento plano-volumetrico rispetto alla consistenza dell’intero complesso immobiliare esistente, da cui discenderebbe l’illegittima applicazione della sanzione demolitoria di cui all’art. 31 del D.P.R. n. 380 del 2001, piuttosto che del successivo art. 34.
4.1. La doglianza è infondata.
L’art. 31, comma 1, del D.P.R. n. 380 del 2001 stabilisce che “sono interventi eseguiti in totale difformità dal permesso di costruire quelli che comportano la realizzazione di un organismo edilizio integralmente diverso per caratteristiche tipologiche, plano-volumetriche o di utilizzazione da quello oggetto del permesso stesso, ovvero l’esecuzione di volumi edilizi oltre i limiti indicati nel progetto e tali da costituire un organismo edilizio o parte di esso con specifica rilevanza ed autonomamente utilizzabile”.
La realizzazione di un manufatto monopiano, avente un superficie di 66 mq e destinato agli addetti al fine di consentire loro il consumo dei pasti e di effettuare le pause di lavoro al coperto e in un ambiente confortevole, sebbene effettuata in stretta contiguità con altre costruzioni debitamente autorizzate, ha certamente dato vita ad un organismo edilizio avente una specifica rilevanza ed autonomamente utilizzabile; quindi è legittima l’applicazione della sanzione ripristinatoria prevista dal Comune di Sesto San Giovanni (cfr. Consiglio di Stato, VI, 18 luglio 2016, n. 3173; T.A.R. Lombardia, Milano, II, 25 maggio 2017, n. 1170; sulla nozione di ristrutturazione edilizia, Consiglio di Stato, IV, 20 aprile 2017, n. 1847). Ad abundantiam, va segnalato che anche l’esecuzione di opere in “variazione essenziale” rispetto ad manufatto regolare, risulta parificata, quanto alle conseguenze, al caso di mancanza di permesso di costruire e di difformità totale, salvo che per gli effetti penali (Consiglio di Stato, VI, 30 marzo 2017, n. 1484).
Ciò appare perfettamente coerente con la consolidata giurisprudenza, secondo la quale, in base all’art. 31 del D.P.R. n. 380 del 2001, “mentre si è in presenza di difformità totale del manufatto o di variazioni essenziali, sanzionabili con la demolizione, quando i lavori riguardino un’opera diversa da quella prevista dall’atto di concessione per conformazione, strutturazione, destinazione, ubicazione, si configura la difformità parziale quando le modificazioni incidano su elementi particolari e non essenziali della costruzione e si concretizzino in divergenze qualitative e quantitative non incidenti sulle strutture essenziali dell’opera. Ai fini sanzionatori, per gli interventi eseguiti in assenza di permesso di costruire, in totale difformità o con variazioni essenziali, va senz’altro disposta la demolizione delle opere abusive; per gli interventi eseguiti in parziale difformità dal permesso di costruire, la legge prevede la demolizione, a meno che, non potendo essa avvenire senza pregiudizio della parte eseguita in conformità, debba essere applicata una sanzione pecuniaria” (Consiglio di Stato, VI, 30 marzo 2017, n. 1484; T.A.R. Lombardia, Milano, II, 11 giugno 2019, n. 1320).
Da ciò deriva la legittimità dell’ordine di rimessione in pristino adottato dal Comune.
4.2. Per quanto evidenziato in precedenza, anche l’ultima censura deve essere respinta.
5. All’infondatezza delle scrutinate censure segue il rigetto del ricorso.
6. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando, respinge il ricorso indicato in epigrafe.
Condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese di giudizio in favore del Comune di Sesto San Giovanni nella misura di € 2.000,00 (duemila/00), oltre spese e oneri generali.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Milano nella camera di consiglio del 10 aprile 2019 con l’intervento dei magistrati:
Italo Caso, Presidente
Antonio De Vita, Consigliere, Estensore
Lorenzo Cordi’, Referendario
L’ESTENSORE
Antonio De Vita
IL PRESIDENTE
Italo Caso
IL SEGRETARIO