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Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: VIA VAS AIA Numero: 896 | Data di udienza: 9 Marzo 2021

VIA, VAS E AIA – Art. 6, c. 3 d.lgs. n. 152/2006 – Ipotesi sottratte alla VAS – Incidenza del piano su “piccole aree a livello locale” o “modifiche minori” del piano – Interpretazione.


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 3^
Regione: Lombardia
Città: Milano
Data di pubblicazione: 7 Aprile 2021
Numero: 896
Data di udienza: 9 Marzo 2021
Presidente: Di Benedetto
Estensore: Plantamura


Premassima

VIA, VAS E AIA – Art. 6, c. 3 d.lgs. n. 152/2006 – Ipotesi sottratte alla VAS – Incidenza del piano su “piccole aree a livello locale” o “modifiche minori” del piano – Interpretazione.



Massima

TAR LOMBARDIA, Milano, Sez. 3^ – 7 aprile 2021, n. 896

VIA, VAS E AIA – Art. 6, c. 3 d.lgs. n. 152/2006 – Ipotesi sottratte alla VAS – Incidenza del piano su “piccole aree a livello locale” o “modifiche minori” del piano – Interpretazione.

Nell’art 6, comma 3, del D.Lgs. 03/04/2006, n. 152, s’individuano le ipotesi sottratte alla VAS, dando alternativamente rilievo all’incidenza del piano su «piccole aree a livello locale», ovvero, alla circostanza che si tratti «modifiche minori» del piano medesimo. Trattandosi di condizioni da leggersi come alternative fra loro e non come cumulative, se ne ricava che, così come l’incidenza su un’area geograficamente ristretta non esclude la VAS, qualora il piano è valutato come idoneo a produrre impatti significativi sull’ambiente, per converso, anche una modifica di piano che abbracci un ambito esteso può non essere assoggettata a VAS, ove da essa non conseguano impatti significativi sull’ambiente. L’aggettivo «minori», riferito alle modifiche di piano, per assumere un significato utile e non essere relegato al rango di inutile doppione dell’altra previsione, concernente i piani che interessano piccole aree, quindi, non può che riferirsi a qualcosa di diverso dall’ambito geografico o territoriale di riferimento. Ne consegue che, “le modifiche minori” non sono tali perché riferite ad una porzione limitata di territorio, ma in quanto, lungi dal porsi come un rifacimento del piano, ne modificano soltanto alcuni aspetti, senza produrre sulle componenti ambientali conseguenze eccedenti quelle già investigate nella procedura di VAS svolta per il Piano originario.

Pres. Di Benedetto, Est. Plantamura – C. s.r.l. (avv.ti Cresta e Massone) c. Regione Lombardia (avv. Pujatti)


Allegato


Titolo Completo

TAR LOMBARDIA, Milano, Sez. 3^ - 7 aprile 2021, n. 896

SENTENZA

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia

(Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1295 del 2020, proposto da
C.R.E. – Centro Ricerche Ecologiche S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Stefano Cresta e Anteo Massone, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Stefano Cresta in Milano, via Olmetto, 3;

contro

Regione Lombardia, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Piera Pujatti, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso gli uffici dell’avvocatura regionale in Milano, piazza Città di Lombardia, 1;

per l’annullamento

– della Deliberazione di Giunta Regionale 2 marzo 2020, n. XI/2893, pubblicata sul Bollettino ufficiale della Regione Lombardia in data 7 marzo 2020, di “Approvazione del Programma d’Azione regionale per la protezione delle acque dall’inquinamento provocato dai nitrati provenienti da fonti agricole nelle zone vulnerabili ai sensi della direttiva nitrati 91/676/CE – 2020-2023”;

– del Decreto n. 18767, del 19 dicembre 2019, con cui il Direttore Generale del Territorio e della Protezione civile ha escluso il Programma d’Azione regionale per la protezione delle acque dall’inquinamento dall’esperimento della procedura di valutazione ambientale strategica (di seguito, anche solo VAS).

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio della Regione Lombardia;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore la dott.ssa Concetta Plantamura nell’udienza del giorno 9 marzo 2021, tenutasi senza discussione orale e mediante collegamento da remoto in videoconferenza, come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1) La ricorrente – operante nel settore del recupero dei fanghi da depurazione e con una linea di produzione dedicata ai gessi di defecazione da fanghi – ha impugnato la DGR XI/2893, del 2 marzo 2020, chiedendone l’annullamento sulla base di nove motivi.

1.1) Con il primo ha dedotto il difetto di attribuzione, la nullità, l’incompetenza, la violazione dell’articolo 117 della Costituzione, la violazione della Direttiva n. 676/1991, la violazione degli articoli 92, 112 e 127 del d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, la violazione del Regolamento Comunitario 1009/2019, la violazione del d.lgs. n. 75/2010, la violazione del DM 5046/2016, la violazione dell’articolo 26 della legge 221/2015, la violazione del DM 19 aprile 1999.

1.2) Con il secondo motivo ha dedotto la violazione degli articoli 3-ter, 4, 5, 6, 11 e 12 del d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, l’eccesso di potere per violazione del principio del giusto procedimento, per difetto di istruttoria, per carenza dei presupposti.

1.3) Con il terzo motivo ha dedotto la violazione dell’articolo 7 della legge 7 agosto 1990 n. 241, la violazione dell’articolo 101 del d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, l’eccesso di potere per violazione del principio del giusto procedimento, per difetto di istruttoria e difetto di motivazione.

1.4) Con il quarto motivo ha dedotto l’eccesso di potere per illogicità ed irrazionalità manifesta, il difetto di istruttoria, il difetto di motivazione, la contraddittorietà, la violazione del principio di proporzionalità e la violazione dell’articolo 3 della legge 7 agosto 1990, n. 241.

1.5) Con il quinto motivo ha dedotto l’eccesso di potere per illogicità ed irrazionalità manifesta, il travisamento dei fatti, la carenza dei presupposti, il difetto di istruttoria, il difetto di motivazione, la contraddittorietà, la violazione del principio di proporzionalità, la violazione dell’articolo 3 della legge 7 agosto 1990, n. 241.

1.6) Con il sesto motivo ha dedotto l’eccesso di potere per illogicità ed irrazionalità manifesta, travisamento dei fatti, carenza dei presupposti, difetto di istruttoria, difetto di motivazione, contraddittorietà, disparità di trattamento, violazione del principio di proporzionalità. Violazione dell’articolo 3 della legge 7 agosto 1990, n. 241

1.7) Con il settimo motivo ha dedotto la violazione degli articoli 3-ter, 3-quater, 177, 179 del d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, l’eccesso di potere per travisamento dei fatti, per carenza dei presupposti, per difetto di istruttoria e per difetto di motivazione.

1.8) Con l’ottavo motivo ha dedotto l’eccesso di potere per carenza di istruttoria, per mancata valutazione dei presupposti, per illogicità, per contraddittorietà e per difetto assoluto di motivazione; la violazione dell’articolo 3 della Legge 7 agosto 1990 n. 241, degli articoli 3, 5 e 6 della Direttiva CEE 12 dicembre 1991 n. 676 – 91/676/CEE, in relazione a quanto previsto dall’Allegato 3 alla medesima Direttiva, la violazione dell’articolo 127 del D.Lgs. 3 aprile 2006 n. 152, la violazione del Regolamento UE 1009/2019, la violazione del d.lgs. 75/2010, la violazione del Codice di Buona pratica agricola, la violazione del DM 25 febbraio 2016.

1.9) Con il nono e ultimo motivo ha dedotto la violazione del secondo e sesto considerando, nonché, la violazione dell’articolo 1 della Direttiva 12 giugno 1986, n. 86/278/CEE, la violazione degli articoli 127, 179 e 198 del d.lgs. 3 aprile 2006 n. 152, la violazione dell’articolo 1 del d.lgs. 27 gennaio 1992 n. 99, l’eccesso di potere per errata valutazione dei presupposti, per illogicità manifesta, per contraddittorietà e per difetto di motivazione, la violazione del principio di libertà dell’iniziativa economica privata di cui agli articoli 41 e 44 della Costituzione, la violazione dei principi in materia di proprietà privata, di cui agli artt. 832 ss., e in materia di possesso, di cui agli artt. 1140 ss. del Codice Civile, la violazione del principio di buon andamento e di imparzialità della pubblica amministrazione e l’eccesso di potere per disparità di trattamento.

2) Si è costituita la Regione Lombardia, controdeducendo con separata memoria alle censure avversarie.

3) La ricorrente ha replicato con memoria depositata il 15 febbraio 2021 e, con note d’udienza del 3 marzo 2021, ha chiesto di introitare la causa per la decisione.

4) Analoga richiesta di passaggio in decisione della causa sulla base degli scritti è pervenuta da parte regionale, in data 8 marzo 2021.

5) All’udienza del 9 marzo 2021, tenutasi senza discussione orale e mediante collegamento da remoto in videoconferenza, ai sensi dell’art. 25, comma 2 del decreto-legge 28.10.2020, n. 137, convertito dalla legge 18.12.2020, n. 176, come modificato con l’art. 1, comma 17 del decreto-legge 31.12.2020, n. 183, convertito dalla legge 26.02.2021, n. 21, la causa è stata trattenuta in decisione.

6) Preliminarmente, il Collegio ritiene utile tratteggiare il quadro normativo di riferimento, partendo dalla «Direttiva del Consiglio relativa alla protezione delle acque dall’inquinamento provocato dai nitrati provenienti da fonti agricole», del 12/12/1991, n. 91/676/CEE (cd. Direttiva Nitrati).

Con essa il Consiglio europeo, al dichiarato fine di «ridurre l’inquinamento delle acque causato direttamente o indirettamente dai nitrati di origine agricola» e di «prevenire qualsiasi ulteriore inquinamento di questo tipo» (art. 1) ha ritenuto indispensabile da parte degli Stati membri:

(i) individuare le “zone vulnerabili” [ovvero, tutte le zone note che scaricano le loro acque in acque soggette ad inquinamento provocato da composti azotati (cfr. l’art. 3 della Direttiva)]; (ii) fissare «programmi di azione» per le zone vulnerabili, contenenti «le misure vincolanti» di cui all’art. 5 comma 4. Tale comma rinvia all’Allegato III ove si legge che «Le misure in questione comprendono norme concernenti:

1) i periodi in cui è proibita l’applicazione al terreno di determinati tipi di fertilizzanti;

2) la capacità dei depositi per effluenti di allevamento; tale capacità deve superare quella necessaria per l’immagazzinamento nel periodo più lungo, durante cui è proibita l’applicazione al terreno di effluenti nella zona vulnerabile, salvo i casi in cui sia dimostrato all’autorità competente che qualsiasi quantitativo di effluenti superiore all’effettiva capacità d’immagazzinamento sarà smaltito in un modo che non causerà danno all’ambiente;

3) la limitazione dell’applicazione al terreno di fertilizzanti conformemente alla buona pratica agricola e in funzione delle caratteristiche della zona vulnerabile interessata, in particolare:

a) delle condizioni del suolo, del tipo e della pendenza del suolo;

b) delle condizioni climatiche, delle precipitazioni e dell’irrigazione;

c) dell’uso del terreno e delle prassi agricole, inclusi i sistemi di rotazione delle colture;

e basata sull’equilibrio tra:

I) il fabbisogno prevedibile di azoto delle colture, e

II) l’apporto alle colture di azoto proveniente dal terreno e dalla fertilizzazione, corrispondente:

– alle quantità di azoto presente nel terreno nel momento in cui la coltura comincia ad assorbirlo in misura significativa (quantità rimanenti alla fine dell’inverno);

– all’apporto di composti di azoto tramite la mineralizzazione netta delle riserve di azoto organico nel terreno;

– all’aggiunta di composti di azoto proveniente da effluenti di allevamento;

– all’aggiunta di composti di azoto proveniente da fertilizzanti chimici e da altri fertilizzanti.

2. Tali misure garantiranno che, per ciascuna azienda o allevamento, il quantitativo di effluente di allevamento sparso sul terreno ogni anno, compreso quello distribuito dagli animali stessi, non superi un determinato quantitativo per ettaro.

Il suddetto quantitativo per ettaro corrisponde al quantitativo di effluente contenente 170 kg di azoto.

Tuttavia:

a) per i primi quattro anni del programma di azione, gli Stati membri possono accordare un quantitativo di effluente contenente fino a 210 kg di azoto;

b) durante e dopo i primi quattro anni del programma di azione, gli Stati membri possono stabilire quantitativi diversi da quelli indicati in precedenza. Questi quantitativi devono essere fissati in maniera tale da non compromettere il raggiungimento degli obiettivi di cui all’articolo 1 e devono essere giustificati in base a criteri obiettivi, ad esempio: …».

In attuazione della Direttiva 91/676/CEE è stato emanato il D.Lgs. 11/05/1999, n. 152, che, all’art. 19, ha disciplinato (nei commi da 1 a 4) le aree vulnerabili, rinviando all’Allegato 7/A-I per i criteri d’individuazione e all’Allegato 7/A-III per il relativo elenco, mentre, nei commi successivi, ha previsto tempi e contenuti dei «programmi d’azione».

Il D.Lgs. 03/04/2006, n. 152, ha abrogato il D.Lgs. 11/05/1999, n. 152, riproducendo le norme qui d’interesse nel Titolo III “Tutela dei corpi idrici e disciplina degli scarichi”, Capo I, “Aree richiedenti specifiche misure di prevenzione dall’inquinamento e di risanamento”. L’art. 19 è stato riprodotto nell’art. 92 del D.Lgs. n. 152/2006.

A completamento del quadro va richiamato il D.Lgs. 29/04/2010, n. 75, in materia di fertilizzanti,

che ha rimesso ad apposito decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali l’«inserimento di nuovi concimi nazionali, ammendanti, correttivi, substrati di coltura, matrici organiche, prodotti ad azione specifica, rispettivamente negli allegati 1, 2, 3, 4,5 e 6», la «definizione di nuovi tipi di fertilizzanti» e le «altre modifiche degli allegati 7, 8, 9, 10, 11, 12, 13 e 14» (cfr. art. 10). Il Decreto ha fornito (all’art. 2) la definizione dei «prodotti» e «materiali» sussumibili fra i fertilizzanti, ricomprendendo fra di essi, fra gli altri, i «correttivi», ovvero, «i materiali da aggiungere al suolo in situ principalmente per modificare e migliorare proprietà chimiche anomale del suolo dipendenti da reazione, salinità, tenore in sodio, i cui tipi e caratteristiche sono riportati nell’allegato 3».

L’Allegato 3 del D.lgs. n. 75/2010 occupandosi, appunto, dei «correttivi», ha incluso fra i «correttivi calcici e magnesiaci» al n. 21 il «Gesso di defecazione» e, dopo le modifiche introdotte con il D.M. 28/06/2016, al n. 23 il «Gesso di defecazione da fanghi».

7) Tanto premesso, si può passare a scrutinare il primo motivo, con cui la ricorrente ha dedotto l’illegittimità dei provvedimenti gravati per violazione dell’assetto di competenze delineato nella «Direttiva Nitrati», come attuata nel Codice dell’Ambiente (D.lgs. 152/2006) e nel DM 25 febbraio 2016, n. 5046.

Ciò, poiché non sussisterebbe alcuna attribuzione o competenza della Regione in materia di disciplina dei gessi di defecazione da fango, che non costituirebbero un rifiuto bensì un prodotto, trattandosi in particolare di un fertilizzante appartenente alla categoria dei correttivi.

La DGR risulterebbe, quindi, nulla per difetto di attribuzioni, ovvero annullabile per incompetenza.

7.1) Il motivo è infondato.

Il Collegio ritiene utile prendere le mosse dalla definizione dei fertilizzanti, contenuta nell’art. 2 del D.lgs. n. 152/1999, che, in linea con la definizione prevista dal legislatore comunitario (all’art. 2 della Direttiva n. 91/676), fa riferimento a «qualsiasi sostanza contenente, uno o più composti azotati, sparsa sul terreno per stimolare la crescita della vegetazione; sono compresi gli effluenti di allevamento, i residui degli allevamenti ittici e i fanghi di cui alla lettera v» (questi ultimi definiti, a seguire, nello stesso articolo, come «i fanghi residui, trattati o non trattati, provenienti dagli impianti di trattamento delle acque reflue urbane»).

Ebbene, i Programmi d’azione imposti agli Stati membri dalla Direttiva n. 91/676, per la tutela delle acque dall’inquinamento, riguardano tutti i fertilizzanti e non soltanto gli apporti azotati di cui all’art. 38 del D.lgs. n. 152/1999 (ora articolo 112 del D.Lgs. 152/2006), come erroneamente ritenuto da parte ricorrente.

E tra i fertilizzanti, come già accennato, vanno ricondotti anche i gessi di defecazioni che, poi, ai sensi della relativa disciplina, di cui al D.lgs. n. 75/2010, sono qualificati in particolare come «correttivi».

L’Ente a cui il D.lgs. n. 152/1999 prima e il D.lgs. n. 152/2006 poi hanno rimesso sia l’individuazione delle zone vulnerabili che la definizione e l’attuazione dei Programmi d’azione sono proprio le regioni, come chiaramente ricavabile dall’art. 19 del primo Decreto, a tenore del quale:

«1. Le zone vulnerabili sono individuale secondo i criteri di cui all’allegato 7/A-I.

2. Ai fini della prima individuazione sono designate zone vulnerabili le aree elencate nell’allegato 7/A-III.

3. Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto, sulla base dei dati disponibili, e per quanto possibile sulla base delle indicazioni stabilite nell’allegato 7/A-I, le regioni, sentita l’Autorità di bacino, possono individuare ulteriori zone vulnerabili ovvero, all’interno delle zone indicate nell’allegato 7/A-III, le parti che non costituiscono zone vulnerabili.

4. Almeno ogni quattro anni le regioni, sentita l’Autorità di bacino, rivedono o completano le designazioni delle zone vulnerabili per tener conto dei cambiamenti e fattori imprevisti al momento della precedente designazione. A tal fine le regioni predispongono e attuano, ogni quattro anni, un programma di controllo per verificare le concentrazioni dei nitrati nelle acque dolci per il periodo di un anno, secondo le prescrizioni di cui all’allegato 7/A-I, nonché riesaminano lo stato eutrofico causato da azoto nelle acque dolci superficiali, delle acque di transizione e delle acque marine costiere.

5. Nelle zone individuate ai sensi dei commi 2, 3 e 4 devono essere attuati i programmi di azione di cui al comma 6, nonché le prescrizioni contenute nel codice di buona pratica agricola di cui al decreto 19 aprile 1999 del Ministro per le politiche agricole, pubblicato nel S.O. alla G.U. n. 102 del 4 maggio 1999.

6. Entro un anno dall’entrata in vigore del presente decreto per le zone designate ai sensi dei commi 2 e 3 ed entro un anno dalla data di designazione per le ulteriori zone di cui al comma 4, le regioni, sulla base delle indicazioni e delle misure di cui all’allegato 7/A-IV, definiscono ovvero rivedono, se già posti in essere, programmi d’azione obbligatori per la tutela e il risanamento delle acque dall’inquinamento causato da nitrati di origine agricola, e provvedono alla loro attuazione nell’anno successivo per le zone vulnerabili di cui ai commi 2 e 3 e nei successivi quattro anni per le zone di cui al comma 4.

7. Le regioni provvedono, inoltre, a:

a) integrare, se del caso, in relazione alle esigenze locali, il codice di buona pratica agricola, stabilendone le modalità di applicazione;

b) predisporre ed attuare interventi di formazione e di informazione degli agricoltori sul programma di azione e sul codice di buona pratica agricola;

c) elaborare ed applicare entro quattro anni a decorrere dalla definizione o revisione dei programmi di cui al comma 6, i necessari strumenti di controllo e verifica dell’efficacia dei programmi stessi sulla base dei risultati ottenuti; ove necessario, modificare o integrare tali programmi individuando, tra le ulteriori misure possibili, quelle maggiormente efficaci, tenuto conto dei costi di attuazione delle misure stesse.

8. Le variazioni apportate alle designazioni, i programmi di azione, i risultati delle verifiche dell’efficacia degli stessi e le revisioni effettuate devono essere comunicati al Ministero dell’ambiente, secondo le modalità indicate nel decreto di cui all’articolo 3, comma 7. Al Ministero per le politiche agricole è data tempestiva notizia delle integrazioni apportate al codice di buona pratica agricola di cui al comma 7, lettera a) nonché degli interventi di formazione e informazione.

9. Al fine di garantire un generale livello di protezione delle acque il codice di buona pratica agricola è di raccomandata applicazione al di fuori delle zone vulnerabili».

Come già detto, il Decreto n. 152/1999 è stato abrogato dal D.lgs. n. 152/2006 che, nella Parte Terza, relativa alla prevenzione degli inquinamenti delle acque superficiali e sotterranee, ha riprodotto, fra gli altri, la norma su riportata (all’art. 92), con il relativo Allegato (ora Allegato 7/A).

Ne consegue che, la DGR impugnata, recante l’«approvazione del programma d’azione regionale per la protezione delle acque dall’inquinamento provocato dai nitrati provenienti da fonti agricole nelle zone vulnerabili» si radica nella previsione dell’art. 92 del D.lgs. n. 152/2006 e risulta, quindi, riconducibile fra le attribuzioni della Regione Lombardia, senza evidenziare – sotto tale profilo – i vizi dedotti con il motivo in esame.

Risulta, pertanto, non pertinente il riferimento di parte ricorrente al DM 25/02/2016, emanato in attuazione dell’art. 38 del D.lgs. n. 152/1999, il quale – tuttavia – fa espressamente salvo «quanto previsto dall’articolo 19 per le zone vulnerabili».

Anche il richiamo ai limiti di cui alla D.lgs. n. 75/2010 non è pertinente, attenendo gli stessi al fertilizzante inteso come prodotto e non al suo uso in agricoltura.

Infine, non è ostativo alla disciplina de qua l’art. 42 del Regolamento del Parlamento Europeo 05/06/2019, n. 2019/1009/UE, il quale fa espressamente salva, fra le altre, la direttiva 91/676/CEE (cfr. art. 1 del Reg.).

8) Si può passare, così, allo scrutinio del secondo motivo, con cui si lamenta la mancata attivazione del procedimento di valutazione ambientale strategica (VAS) nonostante si tratti, qui, di un piano che persegue una precipua funzione di tutela ambientale su tutto il territorio regionale e nonostante che la Regione, con deliberazione n. XI/2535, del 26 novembre 2019, ha approvato la nuova designazione delle zone vulnerabili da nitrati, con un nuovo e maggior numero di Comuni interessati (ben 135).

8.1) Controdeduce sul punto la difesa della Regione, spiegando che:

– con DGR 31 luglio 2019, n. XI/2038, pubblicata sul BURL, Serie Ordinaria, n. 32 del 7 agosto 2019, è stato avviato il procedimento per l’aggiornamento del Programma d’azione Nitrati 2020-2023 ed il contestuale procedimento di verifica di assoggettabilità (cd. screening) alla valutazione ambientale (VAS);

– la verifica è stata richiesta perché le modifiche che si intendono introdurre con il Programma d’azione 2020-2023, che ricalca nell’impostazione il Programma d’azione vigente e valido per il quadriennio 2016-2019, sottoposto a procedura di VAS nel 2015 con esito positivo, sono da considerarsi “minori”;

– come si evince dalla relazione tecnica allegata al decreto che esclude la procedura di VAS, si è ritenuto di attivare la procedura di verifica di assoggettabilità a VAS, in quanto restano confermati gli ambiti di intervento e gli obiettivi individuati nel piano in precedenza approvato e l’aggiornamento del piano ricalca l’impostazione del Programma di azione vigente, valido per il 2016-2019.

8.2) Il motivo è infondato.

Nell’art 6, comma 3, del D.Lgs. 03/04/2006, n. 152, s’individuano le ipotesi sottratte alla VAS, dando alternativamente rilievo all’incidenza del piano su «piccole aree a livello locale», ovvero, alla circostanza che si tratti «modifiche minori» del piano medesimo.

Trattandosi di condizioni da leggersi come alternative fra loro e non come cumulative, se ne ricava che, così come l’incidenza su un’area geograficamente ristretta non esclude la VAS, qualora il piano è valutato come idoneo a produrre impatti significativi sull’ambiente, per converso, anche una modifica di piano che abbracci un ambito esteso può non essere assoggettata a VAS, ove da essa non conseguano impatti significativi sull’ambiente (arg. ex Corte cost., Sent., 22-07-2009, n. 225, ove si accenna all’irrilevanza della sola estensione dell’area ai fini dell’assoggettabilità a VAS e alla portata determinante esplicata sul punto dalla valutazione degli effetti significativi sull’ambiente. Sul tema, cfr., ex multis, T.A.R. Cagliari, sez. II, 18/04/2018, n.349).

L’aggettivo «minori», riferito alle modifiche di piano, per assumere un significato utile e non essere relegato al rango di inutile doppione dell’altra previsione, concernente i piani che interessano piccole aree, quindi, non può che riferirsi a qualcosa di diverso dall’ambito geografico o territoriale di riferimento. Ne consegue che, “le modifiche minori” non sono tali perché riferite ad una porzione limitata di territorio, ma in quanto, lungi dal porsi come un rifacimento del piano, ne modificano soltanto alcuni aspetti, senza produrre sulle componenti ambientali conseguenze eccedenti quelle già investigate nella procedura di VAS svolta per il Piano originario (cfr. TAR Lombardia, Milano, III, 18/07/2019, n. 1661; TAR Sicilia, Palermo, sez. I, 12/06/2015, n.1422).

Più in generale, il Collegio ritiene di aderire all’indirizzo giurisprudenziale che, in un’ottica sostanzialistica, tesa ad evitare interpretazioni normative che si risolvono in meri adempimenti formali, approdando poi ad inutili appesantimenti del procedimento, è incline a ritenere che non debba essere sottoposto alla procedura di valutazione ambientale strategica uno strumento pianificatorio le cui previsioni non si discostano in maniera sostanziale da quelle già fatte oggetto di tale indagine (TAR Friuli-V. Giulia, Trieste, Sez. I, Sent., 10-05-2012, n. 169; TAR Lombardia, Milano, sez. II, 15 dicembre 2011, n. 3170; id., 2 settembre 2011, n. 2134, id., 14 marzo 2011, n. 730; sulla natura dello “screening”, quale attività tipicamente connotata da discrezionalità non solo tecnica, ma anche amministrativa, la quale sfugge al sindacato di legittimità, laddove non vengano in rilievo indici sintomatici di non corretto esercizio del potere, sotto il profilo del difetto di motivazione e d’istruttoria, dell’illogicità manifesta, della erroneità dei presupposti di fatto e della incoerenza della procedura valutativa e dei relativi esiti, cfr., ex multis, TAR Lazio, Roma, 16/06/2019, n. 7774; Cons. Stato, sez. IV 24/04/2019, n. 2651; id., 06/05/2013, n. 2446).

Quanto, poi, al significato da attribuire alla valutazione demandata all’autorità competente e avente ad oggetto l’attitudine o meno del piano o delle sue modifiche a produrre «impatti significativi sull’ambiente, secondo le disposizioni di cui all’articolo 12 e tenuto conto del diverso livello di sensibilità ambientale dell’area oggetto di intervento» (art. 6 comma 3 D.lgs. n. 152/2006), il Collegio ritiene che meriti condivisione l’orientamento giurisprudenziale che delimita detta significatività agli impatti ambientali negativi [cfr., Cons. Stato, Sez. V, Sent., 13-09-2018, n. 5370; id., Sez. IV, Sent., 12-01-2011, n. 133, per cui: «La valutazione ambientale strategica (V.A.S.) è stata introdotta dalla direttiva comunitaria 2001/42/CE, la quale ha imposto agli Stati membri di prevedere, nel proprio ordinamento interno, un più approfondito apprezzamento delle esigenze di tutela dell’ambiente nella fase di pianificazione del territorio, attraverso l’introduzione di una specifica fase di verifica da svolgere all’interno delle procedure di pianificazione in presenza di particolari presupposti (sinteticamente riassumibili nella possibilità di impatti ambientali significativi e negativi per effetto delle scelte in tale sede operate)»; T.A.R. Sicilia, Catania, 11.06.2015, n.1651].

Applicando le suesposte coordinate ermeneutiche alla fattispecie in esame, la DGR risulta immune dalle censure dedotte con il secondo motivo, non essendo allegato e dimostrato che le previsioni derivanti dall’applicazione del Programma d’Azione Nitrati 2020-2023 possono avere sull’ambiente effetti negativi significativi, diversi da quelli già presi in considerazione dalla P.A., in quanto derivanti dal Programma d’Azione 2016-2019 (di cui alla DGR 16 maggio 2016, n. X/5171).

L’impatto, a cui fa genericamente riferimento la ricorrente, deriva, a ben vedere, o da congetture non direttamente riconducibili al programma (come quelle sviluppate a partire dalla modifica del parametro di efficienza dell’azoto contenuto nei “fertilizzanti”), ovvero, da circostanze suscettibili di produrre effetti significativi positivi sull’ambiente.

Così, quanto all’incremento del numero delle zone vulnerabili (su cui cfr. pagina 5 della Relazione istruttoria, Allegato 1 al Decreto della Direzione generale territorio e protezione civile, n. 18767, del 19/12/2019, recante «Esclusione dell’aggiornamento del programma d’azione regionale per la tutela e risanamento delle acque dall’inquinamento causato da nitrati di origine agricola per le aziende localizzate in zona vulnerabile 2020-2023 dalla valutazione ambientale strategica – vas»), che risponde ad un preciso obbligo degli Stati membri nei confronti del legislatore comunitario (cfr. art. 3 della “Direttiva Nitrati”), volto ad aumentare il livello generale di protezione dall’inquinamento per tutti i tipi di acque. Alle nuove zone vulnerabili risulta, poi, essere stata estesa la procedura di screening, così come previsto nelle prescrizioni del Decreto n.18767 cit. (§ 5.2.1) e confermato nell’Allegato B della DGR n. XI/2893.

9) Passando all’esame del terzo motivo, con esso l’esponente lamenta la violazione delle garanzie partecipative, di cui alla legge n. 241/1990.

9.1) La Regione controdeduce al riguardo, richiamando l’13 della legge n. 241/1990, che esclude l’applicazione degli artt. 7 e ss. della medesima legge all’attività dell’Amministrazione diretta all’emanazione di atti normativi, amministrativi generali, di pianificazione e di programmazione, fra cui andrebbe ricondotta la DGR impugnata.

9.2) Il motivo è infondato.

La DGR XI/2893, quale atto rivolto ad una generalità ex ante indeterminata di destinatari e a contenuto non scindibile, va inquadrata come atto amministrativo generale di programmazione e non, invece, come opina l’esponente, come atto plurimo (sulle differenze fra i quali cfr., ex multis, Cons. Stato, Sez. VI, 18 aprile 2013, n. 2152).

10) Il Collegio ritiene a questo punto di esaminare congiuntamente i motivi da quattro a sette, in quanto imperniati su un profilo di illegittimità che il Collegio reputa, nei sensi di seguito esposti, fondato.

10.1) Il profilo in questione attiene al difetto d’istruttoria che affliggerebbe la previsione contenuta nella DGR impugnata, a proposito del coefficiente di efficienza relativo all’apporto dei fertilizzanti, che «si considera uguale a 1» (così, a pagina 81 di 86 dell’Allegato 10 alla DGR).

Si tratta, in particolare, del coefficiente da utilizzare per la redazione del «Piano di Utilizzazione Economica», secondo la procedura prescritta dal Programma d’azione, che richiede «la determinazione di alcuni parametri idonei alla formulazione di un bilancio dell’azoto relativo al sistema suolo-pianta che contempli: 1) il fabbisogno prevedibile di azoto delle colture; 2) l’apporto alle colture di azoto proveniente dal suolo e dalla fertilizzazione».

Detto bilancio, viene in particolare definito con la seguente equazione:

«(Kc x FC) + (Ko x FO) = MAS», dove:

«FC è la quantità di N apportata con “fertilizzanti” disciplinati dal presente PdA; … KC è il coefficiente di efficienza relativo agli apporti di “fertilizzanti” disciplinati dal presente PdA», che «si considera uguale a 1»;

«FO è la quantità di N apportata con matrici organiche diverse dai “fertilizzanti” disciplinati dal presente PdA (effluenti zootecnici, digestato disciplinato dal presente PdA, fanghi di depurazione, acque reflue recuperate di cui al DM 185/2003, ecc.);

• KO è il coefficiente di efficienza relativo agli apporti di fertilizzante organico (FO). Esso varia in funzione del tipo di fertilizzante organico.

• MAS è il quantitativo massimo di azoto apportabile per anno alle singole colture. Vedi Allegato 2».

La ricorrente contesta l’equiparazione dei gessi di defecazione agli altri fertilizzanti e la previsione di un criterio di efficienza dell’azoto pari ad «1» uguale per tutti i fertilizzanti, in assenza di una specifica istruttoria di carattere tecnico-scientifico che giustifichi siffatta scelta.

L’irragionevolezza e contraddittorietà dell’equiparazione dei gessi di defecazione agli altri fertilizzanti verrebbe confermata dalle controdeduzioni approvate dalla Regione rispetto alle motivate osservazioni di enti pubblici svolte sul profilo in esame.

10.2) Le suesposte censure sono, nei sensi di seguito esposti, fondate.

Già la «Direttiva Nitrati», all’art. 5, comma 3, ha previsto che:

«I programmi d’azione tengono conto:

a) dei dati scientifici e tecnici disponibili, con riferimento principalmente agli apporti azotati rispettivamente di origine agricola o di altra origine; …».

Analoga previsione è contenuta nel D.lgs. n. 152/99, poi trasfuso nel D.lgs. n. 152/2006.

In particolare, l’Allegato 7/A-IV del primo Decreto, richiamato dall’art. 19 (oggi, art. 92 del TUA), ha chiaramente affermato che: «I programmi d’azione sono obbligatori per le zone vulnerabili e tengono conto dei dati scientifici e tecnici disponibili, con riferimento principalmente agli apporti azotati rispettivamente di origine agricola o di altra origine, nonché delle condizioni ambientale locali».

Consegue da tali norme che, l’individuazione regionale del coefficiente di efficienza relativo all’apporto dei fertilizzanti non può prescindere dai dati scientifici e tecnici disponibili, idonei a giustificare la scelta effettuata.

Nella specie, invece, come confermato dalla stessa Regione in sede di controdeduzioni alle «osservazioni dei soggetti competenti in materia ambientale» (cfr. Tabella 2 dell’Allegato B alla DGR), la contestata scelta del parametro «1» è stata effettuata andando addirittura contro i dati tecnico-scientifici. Si legge, in dettaglio, nelle citate controdeduzioni che: «Si è portato ad 1 il valore di efficienza “nominale” di tutti i fertilizzanti, uguale a quello attualmente attribuito ai soli fertilizzanti minerali, consapevoli che si tratta di un valore agronomicamente non reale, ma appunto teorico o nominale. In un’ottica di economia circolare, infatti, si incentiva il ricorso anche ai fertilizzanti organici, e non solo a quelli chimici, per soddisfare il fabbisogno nutritivo delle piante una volta raggiunto il massimo quantitativo di azoto da effluenti di allevamento utilizzabile, spingendo, nello stesso tempo, verso un’utilizzazione più efficiente delle risorse nel rispetto e tutela dell’ambiente. Si fa presente che l’efficienza dei fanghi di depurazione è rimasta uguale a quella della programmazione attuale, ossia di 0.5».

Resta, quindi, confermato come la scelta del predetto coefficiente sia stata effettuata da parte regionale sulla base di una valutazione che, non solo, prescinde dai dati scientifici e tecnici disponibili, ma si pone addirittura in contrasto con il valore agronomicamente reale dei fertilizzanti, disciplinati nel medesimo Programma d’azione.

In tale contesto, è evidente lo sconfinamento del potere discrezionale riconosciuto all’Amministrazione (cfr., tra le altre, Cons. Stato, II, 07/09/2020, n. 5380; id., IV, 27/03/2017, n. 1392, id., III, 2/11/2016, n. 1225) e, dunque, la fondatezza delle censure di eccesso di potere dedotte nei suesposti motivi, con particolare riguardo alla irragionevolezza e al difetto d’istruttoria, il cui apprezzamento è possibile senza eccedere dai limiti del sindacato estrinseco, qual è quello rimesso al giudice amministrativo, al cospetto di attività connotata da ampia discrezionalità, sia tecnica che amministrativa (cfr., da ultimo, TAR, Sicilia, Palermo, sez. I , 03/02/2021, n. 389).

Sussiste, dunque, l’illegittimità della DGR 2 marzo 2020, n. XI/2893, nella parte recante l’assegnazione del valore «1» al coefficiente di efficienza relativo all’apporto dei fertilizzanti disciplinati dal Programma di azione 2020-2023, trattandosi di scelta che, contrariamente a quanto richiesto dal legislatore, nazionale e comunitario, risulta effettuata senza adeguata istruttoria, ovvero, senza tenere conto dei dati scientifici e tecnici disponibili con riguardo agli apporti dei fertilizzanti disciplinati nel Programma medesimo, oltreché in modo irragionevole.

11) La radicalità dei vizi sin qui riscontrati consente di assorbire le restanti censure.

12) Per quanto sin qui esposto, quindi, il ricorso come in epigrafe specificato va accolto e, per l’effetto, va annullata la DGR n. XI/2893, del 2 marzo 2020, nella parte relativa all’assegnazione del valore «1» al coefficiente di efficienza relativo all’apporto dei fertilizzanti disciplinati nel Programma d’Azione approvato con la Deliberazione medesima (di cui all’Allegato 10, pagine 81 di 86, 82 di 86, e alla Tabella 1 di pagina 82 di 86).

13) Le spese di lite possono essere compensate tra le parti, in considerazione della novità e complessità delle questioni esaminate.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie, nei sensi, nei limiti e per gli effetti di cui in motivazione.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Milano nella camera di consiglio del giorno 9 marzo 2021 con l’intervento dei magistrati:

Ugo Di Benedetto, Presidente

Concetta Plantamura, Consigliere, Estensore

Roberto Lombardi, Consigliere

L’ESTENSORE
Concetta Plantamura

IL PRESIDENTE
Ugo Di Benedetto

IL SEGRETARIO

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