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Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Diritto urbanistico - edilizia, VIA VAS AIA Numero: 429 | Data di udienza: 22 Maggio 2019

DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Autorità titolare del potere di co-pianificazione – L.r. Marche  n. 34/1992 – Valutazione di conformità della Provincia – Ambito e limiti – VIA, VAS E AIA – Parere adottato dalla Provincia nell’ambito della VAS – Parere di conformità del PRG  con la normativa vigente, ai sensi dell’art. 26 l.r. Marche n. 34/1992 – Finalità differente.


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 1^
Regione: Marche
Città: Ancona
Data di pubblicazione: 25 Giugno 2019
Numero: 429
Data di udienza: 22 Maggio 2019
Presidente: Morri
Estensore: Capitanio


Premassima

DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Autorità titolare del potere di co-pianificazione – L.r. Marche  n. 34/1992 – Valutazione di conformità della Provincia – Ambito e limiti – VIA, VAS E AIA – Parere adottato dalla Provincia nell’ambito della VAS – Parere di conformità del PRG  con la normativa vigente, ai sensi dell’art. 26 l.r. Marche n. 34/1992 – Finalità differente.



Massima

 

TAR MARCHE, Sez. 1^ – 25 giugno 2019, n. 429


DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Autorità titolare del potere di co-pianificazione – L.r. Marche  n. 34/1992 – Valutazione di conformità della Provincia – Ambito e limiti.

 L’autorità titolare del potere di co-pianificazione (nelle Marche, la Provincia) è competente a verificare la compatibilità del PRG adottato con la legislazione vigente e con la pianificazione sovraordinata. Sul punto è chiarissimo l’art. 26, comma 3, della L.R. Marche n. 34/1992, secondo cui “…. il P.R.G. è trasmesso alla Giunta provinciale, la quale esprime un parere sulla conformità del P.R.G. con la normativa vigente e con le previsioni dei piani territoriali e dei programmi di carattere sovracomunale e, in particolare, con le previsioni e gli indirizzi del PPAR, del PIT e del PTC, ove vigenti….”. La valutazione di conformità di cui all’art. 26, comma 3, non si risolve quasi mai nella meccanica comparazione fra le singole previsioni del PRG e quelle dei piani sovraordinati, ma implica di solito anche valutazioni circa la portata delle previsioni comunali. L’unica cosa preclusa alla Provincia è di sostituire le proprie scelte discrezionali a quelle che la legge affida al Comune:  ciò è confermato a livello empirico dal fatto che laddove non condivida le scelte comunali la Provincia solitamente prescrive lo stralcio di determinate aree (in vista di un riesame futuro) oppure la riattribuzione ad esse della precedente destinazione urbanistica.
 

VIA, VAS E AIA – Parere adottato dalla Provincia nell’ambito della VAS – Parere di conformità del PRG  con la normativa vigente, ai sensi dell’art. 26 l.r. Marche n. 34/1992 – Finalità differente.

 Il parere adottato dalla Provincia ai sensi dell’art. 26 L.R. Marche n. 34/1992 e il parere adottato dalla stessa Provincia nell’ambito della VAS non vanno valutati in termini di contraddittorietà, visto che il secondo ha una finalità diversa e di portata più generale rispetto al parere tipico che caratterizza il procedimento urbanistico (nel quale la Provincia è tenuta invece ad esaminare nel dettaglio le singole previsioni del PRG in itinere, onde verificarne la conformità con la legge e i Piani sovraordinati). Nella procedura di VAS, infatti, non vi sono norme di legge che indirizzano la valutazione dell’autorità competente, essendo la valutazione ambientale strategica finalizzata a garantire un elevato livello di protezione dell’ambiente e contribuire all’integrazione di considerazioni ambientali all’atto dell’elaborazione, dell’adozione e approvazione di detti piani e programmi assicurando che siano coerenti e contribuiscano alle condizioni per uno sviluppo sostenibile (art. 4, comma 4, let. a), del T.U. n. 152/2006).

Pres. f.f. Morri, Est. Capitanio – C. s.r.l. (avv. Galvani) c. Comune di Ascoli Piceno (avv.ti Iacoboni e Tosti) e Provincia di Ascoli Piceno (avv. Cavaliere)


Allegato


Titolo Completo

TAR MARCHE, Sez. 1^ - 25 giugno 2019, n. 429

SENTENZA

 

TAR MARCHE, Sez. 1^ – 25 giugno 2019, n. 429

Pubblicato il 25/06/2019

N. 00429/2019 REG.PROV.COLL.
N. 00233/2016 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per le Marche

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 233 del 2016, proposto da
Societa’ Costruzioni & Restauri S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Andrea Galvani, con domicilio eletto presso lo studio Avv. Andrea Galvani, in Ancona, corso Mazzini, 156;

contro

Comune di Ascoli Piceno, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Lucia Iacoboni, Sabrina Tosti, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Marianna Granato, in Ancona, via Pesaro 9;
Provincia di Ascoli Piceno, in persona del Presidente pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Carla Cavaliere, con la stessa domiciliata presso la Segreteria T.A.R. Marche, in Ancona, via della Loggia, 24;

per l’annullamento

in parte qua in relazione ai motivi di impugnativa

– della deliberazione n. 2 del 26/1/2016 con la quale il Consiglio Comunale di Ascoli Piceno ha approvato definitivamente, ai sensi dell’art. 26 L.R. 34/92 e s.m.i., il Piano Regolatore Generale del Comune di Ascoli Piceno in adeguamento al PPAR;

– del decreto del Presidente della Provincia di Ascoli Piceno n. 214 del 19/10/2015 con il quale la Provincia ha reso il parere di conformità sul PRG di Ascoli Piceno;

– della deliberazione della Giunta comunale n. 340 del 30/12/2015 avente ad oggetto: "parere di conformità relativo al Piano Regolatore Generale del Comune di Ascoli Piceno in adeguamento del PPAR – Indirizzi";

– della deliberazione del Consiglio Comunale di Ascoli Piceno n. 53 del 3/12/2014 avente ad oggetto "Adozione definitiva del Piano Regolatore Generale del Comune di Ascoli Piceno in adeguamento del PPAR";

– della deliberazione del Consiglio Comunale di Ascoli Piceno n. 9 del 2/4/2014 avente ad oggetto: "Adozione del Piano Regolatore Generale del Comune di Ascoli Piceno in adeguamento del PPAR e Adozione del rapporto ambientale per la valutazione ambientale strategica (VAS)";

– della deliberazione della Giunta Comunale n. 274 del 3/12/2013 avente ad oggetto: "Variante al Piano Regolatore Generale del Comune di Ascoli Piceno in adeguamento del PPAR – Presa d’atto elaborati e rapporto preliminare per la valutazione ambientale strategica";

– della deliberazione della Giunta Comunale n. 228 dell’11/11/2014 avente ad oggetto la presa d’atto fascicolo relativo all’analisi della sostenibilità ambientale e relazione dei progettisti sulla VAS,

nonché

di tutti gli atti presupposti, connessi e conseguenti.

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Ascoli Piceno e della Provincia di Ascoli Piceno;
Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 22 maggio 2019 il dott. Tommaso Capitanio e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

1. La società ricorrente, nella spiegata qualità di proprietaria di un’area ubicata in località San Salvatore, Via F.lli Volponi, nel quartiere “Luciani” di Ascoli Piceno (distinta al Foglio n. 101 particelle nn. 145, 743, 744 e 745 del Catasto Fabbricati e Terreni, già ricompresa nel PPE delle “Zone di Completamento del Quartiere “Luciani” e acquistata dalla società nell’anno 2002), impugna i provvedimenti indicati in epigrafe, nella parte in cui l’area in parola è stata stralciata dalla zona “Area Progetto n. 20” (di seguito anche AP20) – prevista in sede di iniziale adozione del PRG in adeguamento al Piano Paesistico Ambientale Regionale (di seguito PPAR) – con indice massimo di edificabilità territoriale pari a 1,50 mc/mq e destinazione residenziale, verde e parcheggi, ed è stata riportata alla preesistente destinazione che non prevede l’edificabilità.

2. A premessa dei motivi di ricorso Costruzioni & Restauri espone quanto segue.

2.1. Con deliberazione n. 274 del 3 dicembre 2013 la Giunta Comunale di Ascoli Piceno ha preso atto degli elaborati relativi al nuovo piano regolatore e del rapporto preliminare per la valutazione ambientale strategica.

Quindi, con deliberazione n. 9 del 2 aprile 2014 il Consiglio Comunale ha adottato il PRG del Comune in adeguamento al PPAR ed il rapporto ambientale per la VAS. In sede di adozione del PRG, l’area di proprietà della ricorrente è stata inserita in zona “Area Progetto n. 20” (“AP 20”) con indice massimo di edificabilità territoriale pari a 1,50 mc/mq e destinazione residenziale, verde e parcheggi. Detta previsione urbanistica è stata confermata in sede di adozione definitiva del PRG, avvenuta con deliberazione del Consiglio Comunale n. 53 del 3 dicembre 2014.

2.2. Sennonché, in sede di parere di conformità ex art. 26 L.R. n. 34/1992 e s.m.i., la Provincia di Ascoli Piceno, con decreto presidenziale n. 214 del 19 ottobre 2015, ha provveduto a stralciare la previsione urbanistica di edificabilità sopra riportata, decidendo di “…confermare sull’area interessata l’ambito di tutela del centro storico del capoluogo nonché il vincolo di inedificabilità di mt. 50 dal perimetro dell’edificio censito al n. 357” (rilievi nn. 5 e 10). Nel parere si dice quindi che l’area avrebbe dovuto mantenere la destinazione agricola “…con i livelli di tutela conseguenti agli ambiti presenti….”.

Il Piano è quindi tornato all’attenzione del Comune di Ascoli Piceno con la suddetta prescrizione.

2.3. La ricorrente, per mezzo del proprio legale, con lettera raccomandata del 23 dicembre 2015 ha contestato il parere provinciale, chiedendo al Comune di non procedere all’approvazione del Piano in adeguamento ai rilievi provinciali, ma di controdedurre sul punto con deliberazione motivata ex art. 26, comma 6, let. b), L.R. n. 34/1992, e ciò al fine di ripristinare/confermare la destinazione di edificabilità di cui all’AP20. Nel contempo la ricorrente ha chiesto che l’Amministrazione Provinciale intervenisse in via di autotutela, eliminando le prescrizioni contestate. La nota è rimasta senza riscontro.

2.4. La Giunta Comunale di Ascoli Piceno, con deliberazione n. 340 del 30 dicembre 2015, ha espresso il proprio generale indirizzo amministrativo finalizzato all’accoglimento del parere di conformità della Provincia.

Quindi, con deliberazione n. 2 del 26 gennaio 2016, pubblicata sul B.U.R.M. n. 17 dell’11 febbraio 2016, il Consiglio Comunale di Ascoli Piceno ha approvato definitivamente il PRG in adeguamento al PPAR “….recependo i rilievi di cui al parere di conformità favorevole con prescrizioni della Provincia di Ascoli Piceno espresso con decreto del Presidente della Provincia n. 214 del 19/10/2015….”.

L’area della società ricorrente ha pertanto acquisito, quale definitiva destinazione urbanistica, la medesima precedentemente assunta, con il mantenimento, quindi, della previsione a verde privato, inedificabile.

3. Questi i motivi di ricorso:

a) illegittimità per violazione di legge ed eccesso di potere. Violazione e falsa applicazione della L.R. 34/1992 e s.m.i., del PPAR della Regione Marche e delle relative NTA, in particolare artt. 3, 27, 27-bis, 39 e 60, del DM n. 1444/1968. Eccesso di potere per travisamento dei fatti ed erroneità dei presupposti. Sviamento. Difetto di istruttoria e di motivazione. Illogicità ed ingiustizia manifeste. Irrazionalità. Contraddittorietà. Violazione art. 97 Cost.

Con questo primo gruppo di censure la società ricorrente espone che:

– il parere espresso dalla Provincia di Ascoli Piceno, a cui il Comune ha ritenuto di adeguarsi in fase di approvazione definitiva del PRG, si occupa dell’area per cui è causa nei rilievi n. 5 (“…necessità di confermare come definitivo e senza alcuna riduzione l’ambito provvisorio di tutela integrale ed orientata sui lati sud e sud-ovest del centro storico del capoluogo…”) e n. 10 (“…è necessario: AP 20 stralciare la previsione urbanistica e confermare sull’area interessata l’ambito di tutela del centro storico del capoluogo nonché il vincolo di in edificabilità di metri 50 dal perimetro dell’edificio censito al n. 357. L’area manterrà la vigente destinazione agricola con i livelli di tutela conseguenti agli ambiti presenti”), nonché, a livello più generale, nei paragrafi dedicati ai “Centri e nuclei storici” (pag. 44 e ss.);

– il PPAR detta una serie di prescrizioni di base, transitorie e permanenti, per gli ambiti provvisori di tutela di determinate categorie di paesaggio. Le prescrizioni di base, ai sensi dell’art. 3, comma 1, let. c), delle NTA del PPAR, sono immediatamente vincolanti sino all’adeguamento e quelle permanenti debbono essere assunte come soglia minima anche in sede di adeguamento del PRG al piano paesistico-ambientale;

– le NTA del PPAR, dopo aver imposto, con le prescrizioni di base, i vincoli da osservare per le varie categorie costitutive del paesaggio, all’art. 60 elencano una serie di esenzione dalla loro applicazione per varie aree, beni ed interventi (numeri da 1 a 11). L’art. 39 delle NTA del PPAR, relativo ai centri e nuclei storici, specifica che sono tali “quelli individuati nelle tav. 8 e 15 ed elenco allegato 2 nonché tutti quelli che gli strumenti urbanistici comunali perimetrano come zona "A" di cui al D.M. 2 aprile 1968, n. 1444” (primo comma), disponendo poi che “…per alcuni dei centri e nuclei indicati nella tav. 15 e elenco allegato 2 il Piano stabilisce perimetri provvisori degli ambiti di tutela cartograficamente delimitati” (secondo comma). Lo stesso art. 39 stabilisce inoltre che “….per gli altri centri e nuclei storici, salvo che per quelli di fondovalle non più in diretta contiguità col paesaggio circostante, a partire dal limite della zona "A" perimetrata ai sensi del D.M. 1444/68 o, in mancanza, dal perimetro del tessuto urbanizzato risultante dalla carta IGM 1892-1895, è stabilito un ambito provvisorio di tutela definito, in rapporto alla collocazione geografica, come indicato nella tav. 15 e alla superficie territoriale….”, la cui estensione deve essere calcolata in base alle formule matematiche da esso riportate. Il medesimo ambito provvisorio di tutela è previsto dall’art. 39 intorno ai “…centri e nuclei storici, delimitati come zona "A", ma non riportati nella tav. 15 e nell’elenco allegato 2…”, facendo sempre eccezione “…per quelli di fondovalle non più in diretta contiguità col paesaggio circostante…” (quarto comma);

– gli ambiti provvisori di tutela dei centri e nuclei storici sono soggetti, sempre in generale, in parte a tutela integrale ed in parte a tutela orientata, ai sensi degli artt. 26 e 27 delle N.T.A. (vedasi l’art. 39, quinto e sesto comma). All’interno del perimetro di tutela del centro storico si applicano i vincoli di cui all’art. 39 sino all’adeguamento al PPAR dello strumento urbanistico comunale;

– in sede di adeguamento del PRG al PPAR, e nell’ambito della verifica di cui all’art. 27-bis delle NTA del PPAR, è quindi invocabile ed applicabile, in particolare, la distinzione tra le parti del centro storico in contiguità con il paesaggio circostante e quelle che invece non lo sono. Inoltre, è sempre possibile per il Comune valutare se l’area oggetto della pianificazione rientra o meno fra quelle alle quali non si applicano le prescrizioni di base del Piano, in relazione a quanto stabilito dall’art. 60 delle NTA. Come previsto dalla direttiva regionale n. 14/1997, se tale riscontro dà esito positivo, la modifica urbanistica, in sede di adeguamento del PRG, è pienamente ammissibile;

– ciò premesso, con specifico riguardo al caso di specie la società ricorrente ritiene che occorre in primo luogo evidenziare (e sul punto non vi è contestazione) che il centro storico di Ascoli Piceno è considerato di “fondovalle”, con conseguente possibilità di applicazione delle previsioni contenute nell’art. 39 delle NTA. L’amministrazione comunale, nell’individuare, in sede di adeguamento al PPAR, i nuclei storici meritevoli di tutela negli specifici elaborati grafici nonché nelle schede documentarie analitiche e nel delimitarne cartograficamente i relativi ambiti definitivi di tutela, ha motivatamente ritenuto che il centro storico (di “fondovalle”), nella sua globalità d’insieme, dovesse essere considerato non più in diretta contiguità col paesaggio circostante, con conseguente inapplicabilità ed inoperatività dello stesso ambito di tutela di cui al citato art. 39. Ciò è stato precisato nella relazione sul sottosistema storico-culturale e relative schede analitiche, che ha accompagnato l’adozione del nuovo PRG, laddove, nel condividere i beni da salvaguardare secondo le indicazioni del PPAR e dopo averne riportato, in sede di trasposizione passiva, i contenuti inerenti le specifiche categorie di riferimento, il Comune è passato alla fase successiva di approfondimento e verifica confluita nella redazione degli elaborati grafici e nelle schedature allegate. In tale sede, si sono aggiunti, quanto alle “categorie” in questione (centri e nuclei storici), rispetto alle previsioni originarie del PPAR alcuni nuclei storici, i cui ambiti di tutela sono stati calcolati secondo le formule dettate dall’art. 39. Ma si è anche espressamente precisato che “….in riferimento al Centro storico della città di Ascoli, non è stato calcolato un ambito di tutela né in sede "passiva" né in sede di adeguamento, trattandosi di “centro storico di fondovalle non più in diretta contiguità col paesaggio circostante”, come precisato nello stesso art. 39 sopracitato….”;

– il parere provinciale va a sindacare tale valutazione con argomentazioni illogiche, del tutto contraddittorie, travisate e sviate, non istruite e prive di adeguata motivazione. Infatti la Provincia richiama sul punto la relazione comunale al PRG, rilevando che la valutazione circa la mancata contiguità del centro storico con il paesaggio circostante sia corretta “…per buona parte del perimetro del centro storico ad eccezione della porzione a sud e sud-ovest [ossia quella che interessa la società ricorrente] del tutto libera da edificazioni recenti ed in continuità diretta con aree di pregio paesaggistico, sulle quali non può ritenersi motivata l’eliminazione dell’ambito di tutela…”. La Provincia ha altresì ritenuto inidonei ulteriori e specifici apporti comunali, relativi anche a proposte alternative di ambiti definitivi e di applicazione del primo terzo di tutela, le quali dimostravano l’ininfluenza, su aspetti ed ambiti di tutela, dell’esenzione prevista per l’AP20. Per il terreno di proprietà della ricorrente, la Provincia ha parlato di una incidenza dal punto di vista visuale con il centro storico senza minimamente tenere nella dovuta considerazione l’effettiva situazione dell’area, contigua al centro urbanizzato ed infrastrutturato, e senza considerare che nello stesso parere si dice che l’area de qua è “….posizionata marginalmente rispetto all’ambito e limitrofa ai tessuti urbanizzati esistenti…”;

– né vi è prova di alcun approfondimento istruttorio effettuato dalla Provincia su tali assunti, dal quale possa risultare che in effetti di interferenza si possa parlare e che la visuale con il centro storico risulti in qualche modo incisa dalla previsione. Ma, in realtà, nessuna istruttoria la Provincia doveva svolgere, perché le verifiche in questione competono solo ai Comuni. Nello specifico, in sede di adozione del PRG l’area in argomento è stata considerata esente dalle prescrizioni di base del PPAR al pari delle zone di completamento, delle aree urbanizzate e delle ulteriori aree, anche se altrimenti denominate negli strumenti urbanistici, in quanto rispondente agli specifici requisiti di cui all’art. 2, let. b), del D.M. n. 1444/1968 così come richiamati dall’art. 27 e dall’art. 60, comma 1, let. 1.a), delle NTA del PPAR. Il terreno è stato infatti così riportato negli elaborati grafici “Perimetrazione delle aree esenti su base cartografica” di cui alle tavole AN – CAR – 02 e AN – CAR – 03, e “Perimetrazione delle aree esenti nello strumento urbanistico vigente” di cui alla tavola AN URB – 02;

– l’assunto della Provincia, secondo cui nella specie non operavano le predette esenzioni in quanto l’area non aveva destinazione urbanistica a zona di completamento, non coglie nel segno, posto che le disposizioni dianzi richiamate annettono esclusivo rilievo alla presenza dei requisiti di cui all’art. 2 let. b), del D.M. n. 1444/1968, indipendentemente dalla formale destinazione impressa dallo strumento urbanistico. La verifica dell’applicabilità delle esenzioni è stata compiuta dal Comune in sede di esame e bilancio complessivo, come previsto in generale dall’art. 27-bis delle NTA, giungendo all’esclusione dell’operatività della previsione di base provvisoria e relativi ambiti di tutela;

– la previsione di cui al PRG adottato, peraltro, comporta una minima densità, essendo stati previsti parametri urbanistico-edilizi compatibili con il contesto storico e che non implicano alterazione di profili altimetrici e visuali. Lo stesso cerchio geometrico di doppia tutela è stato superato, in corretta applicazione delle previsioni relative al centro storico di fondovalle ed in aderenza ad una serie di valutazioni inerenti il rapporto tra la forma urbana consolidata e il territorio circostante, giungendo quindi ad una oggettiva inoperatività del vincolo in ragione della realtà indicata;

– la Provincia, rispetto alla cospicua documentazione allegata dal Comune, si è limitata a poche righe di generica espressione di stile, senza tener conto dell’effettiva configurazione fisica della città, alla data di redazione del PRG, comprensiva del tessuto storico e di quello di più recente realizzazione. Occorreva invece prendere atto che il centro storico di Ascoli Piceno, peraltro in svariate direttrici (tra cui quella relativa all’area di proprietà della parte ricorrente), non è più in diretto contatto con l’ambiente naturale circostante. Inoltre, la Provincia ha erroneamente considerato il centro storico del capoluogo non attraverso una disamina unitaria, ma attraverso una verifica del tutto peculiare, zona per zona e, all’interno della stessa zona, area per area, finendo per coinvolgere, con ambito di tutela, una sola area rispetto ad un insieme. L’eliminazione dell’ambito di tutela è stata infatti ritenuta non ammissibile solo per una determinata porzione, dopo averla considerata corretta per l’intero perimetro del centro storico, quando l’art. 39 e l’art. 27 delle NTA del PPAR richiedono una valutazione del centro storico, delle visuali e relative situazioni di contiguità o meno, nel suo insieme e nella globalità. Ciò determina peraltro anche una evidente disparità di trattamento;

– il parere qui impugnato si pone altresì in netto contrasto con il parere che la stessa Provincia aveva espresso in sede di VAS (determinazione dirigenziale n. 3226 del 27 novembre 2014), in cui, analizzando le nuove previsioni insediative e le nuove proposte urbanistiche, si è ritenuto che queste ultime risultano localizzate in zone nelle quali è stata esclusa la presenza di ogni tipo di vincolo sovraordinato che possa costituire interferenza con le stesse, compresi quelli derivanti dalle prescrizioni del PPAR a salvaguardia delle peculiarità delle aree e a sostegno della effettiva possibilità di renderle trasformabili;

– ulteriore profilo di contraddittorietà risiede nel fatto che più volte nel corso del tempo la stessa Provincia si è espressa affermando una sostanziale inapplicabilità dell’ambito di tutela di cui all’art. 39 delle NTA al centro storico di Ascoli Piceno (vengono citate le vicende del Comparto “Indipendenza-Firenze” e dell’accordo di programma relativo alla località Pennile di Sotto). Anche in questi casi venivano in rilievo aree localizzate ai margini del centro storico, ma nei relativi pareri l’amministrazione provinciale aveva ritenuto applicabili le esenzioni di cui all’art. 60 per assenza del presupposto della continuità col paesaggio (centro storico di fondovalle);

– l’art. 60, comma 1, let. 1.b), delle NTA del PPAR dispone che le prescrizioni di base del Piano non si applicano per “…le aree regolamentate dagli strumenti urbanistici attuativi di iniziativa pubblica adottati o approvati prima dell’entrata in vigore del presente Piano…”. Se quindi una determinata area, alla data di entrata in vigore del PPAR, era regolamentata da un PPE, cioè da un piano attuativo di iniziativa pubblica già adottato o approvato, essa è da ritenersi esente dalle prescrizioni di base del Piano regionale e, come tale, può essere oggetto di una variante al vigente PRG così come previsto dall’art. III della direttiva regionale n. 14/1997. L’esenzione dall’applicazione delle prescrizioni di base, una volta verificatasi, permane nel tempo anche se successivamente il piano attuativo che l’ha determinata è scaduto. Nel caso di specie opera indubbiamente la suesposta esenzione, posto che l’area della ricorrente è inserita nell’ambito del PPE “Zone di completamento del Quartiere Luciani”, approvato con DPGR n. 23670 del 1° ottobre 1985, ossia in epoca precedente all’entrata in vigore del PPAR;

b) illegittimità per violazione di legge ed eccesso di potere. Violazione e falsa applicazione della L.R. n. 34/1992 e della L.R. n. 13/1990, del PTC e del PPAR e relative NTA. Eccesso di potere per travisamento, sviamento, erroneità dei presupposti. Illogicità ingiustizia ed irrazionalità, contraddittorietà, difetto di istruttoria e di motivazione. Violazione art. 97 Cost.

Con questo secondo gruppo di censure Costruzioni & Restauri deduce che:

– dall’impugnato parere provinciale si evince che la previsione dell’area progetto AP20 è stata eliminata anche perché l’area stessa ricadrebbe nel vincolo di inedificabilità derivante dal fabbricato schedato in sede di censimento dei fabbricati rurali extraurbani al n. 537. Al riguardo la Provincia evidenzia “…la presenza nella posizione centrale dell’area in questione di un edificio classificato come B nel censimento dei fabbricati ritrarli (scheda n. 537) per il quale si applica, anche ai sensi dell’art. 15 della L.R. 13/90 un ambito di tutela immodificabile di m. 50….”, concludendo nel senso che la previsione comunale sarebbe in ogni caso inattuabile;

– tali conclusioni sono illegittime, in quanto l’applicazione delle esenzioni dalle prescrizioni di base del PPAR proposta dal Comune di Ascoli in sede di adozione iniziale e poi definitiva del PRG in adeguamento al PPAR e così graficizzata nelle relative tavole, comporta il necessario superamento e comunque la rivisitazione dei rilievi e delle conseguenti schedature di cui all’attività di censimento dei fabbricati rurali. Quest’ultima attività è stata posta in essere tempo addietro dal Comune in attuazione dell’art. 15 della L.R. n. 13/1990, attraverso cioè una valutazione che non poteva dirsi collegata alle esigenze pianificatorie complessive e relative risultanze emerse in sede di successivi approfondimenti e poi, in particolare, in occasione della redazione del nuovo strumento urbanistico generale, in adeguamento al PPAR. La rilevanza, quindi, attribuita a tale attività risulta ultronea rispetto agli stessi presupposti che l’hanno a suo tempo connotata;

– ciò, del resto, trova conferma in una consolidata prassi amministrativa seguita dal Comune di Ascoli Piceno, il quale, ogni qual volta un intervento edilizio riguarda o interessa fabbricati classificati ai sensi del citato art. 15, richiede ai tecnici progettisti di verificare se il singolo edificio possa o meno essere classificato in una determinata categoria e, prima ancora, se esso possa o meno essere considerato effettivamente come rurale extraurbano. La stessa Provincia, con il rilievo n. 11, si è avveduta del problema, auspicando proprio l’adozione di una specifica variante finalizzata a rivedere l’attività svolta e le decisioni assunte, al fine di fornire quindi una metodologia coerente da applicare alle diverse situazioni;

– di fatto il fabbricato in questione è situato nelle immediate adiacenze di una zona B di completamento, interamente urbanizzata e completa di infrastrutture, per cui esso non può dirsi ubicato fuori città e quindi non può essere definito extraurbano ed in zona agricola, e ciò anche in ragione del fatto che la normativa sui fabbricati rurali riguarda esclusivamente le zone agricole o le parti del territorio destinate all’agricoltura;

– va poi considerato che l’insussistenza di una possibile valorizzazione in negativo deriva dalla considerazione che il PRG previgente, approvato con D.M. n. 1855 del 30 marzo 1972, ha previsto per l’intera area in oggetto la redazione di un piano particolareggiato denominato "Zone di completamento Quartiere Luciani". In tale ambito non possono dirsi applicabili né la previsione di cui all’art. 15 L.R. n. 13/1990 né gli artt. 16 e 17 dal PTCP, tenuto conto che l’insieme della normativa sui fabbricati rurali riguarda esclusivamente le zone agricole o le parti del territorio destinate all’agricoltura.

4. Si sono costituiti in giudizio il Comune e la Provincia di Ascoli Piceno, chiedendo il rigetto del ricorso.

La causa è passata in decisione alla pubblica udienza del 22 maggio 2019.

DIRITTO

5. Prima di passare all’esame delle censure svolte in ricorso, il Collegio ritiene di dover rimarcare il singolare “palleggio” di responsabilità fra Comune e Provincia che è scaturito dai rispettivi scritti difensivi, laddove la Provincia ha più volte rimarcato la contraddittorietà dell’operato del Comune nella parte in cui, in sede di adozione del PRG, ha ritenuto non applicabile all’area per cui è causa l’ambito di tutela del centro storico, quando, in occasione dell’esame di varianti da inserire in un PRUSST, lo stesso Comune aveva invece ritenuto esistente la presenza del vincolo PPAR “Centri e nuclei storici” (doc. allegato n. 10 alla produzione della Provincia del 10 aprile 2019). La difesa comunale ha replicato difendendo le proprie scelte pianificatorie, ma insistendo per il rigetto del ricorso.

Ora, tali reciproche rimostranze non hanno alcun rilievo ai fini della presente decisione, visto che costituisce evenienza del tutto fisiologica la circostanza per cui, in sede di formazione del PRG o di sue varianti, emergano contrasti anche radicali fra le amministrazioni titolari del potere di co-pianificazione, soprattutto in merito all’incremento delle aree edificabili che, solitamente, il Comune propone in sede di iniziale adozione. Tali contrasti vanno però composti alla luce delle pertinenti disposizioni della legge urbanistica regionale (nel caso delle Marche, art. 26 della L.R. n. 34/1992) oppure, quale extrema ratio, in sede giudiziaria.

Nella specie, però, il discorso è meramente accademico, visto che il Comune di Ascoli Piceno ha inteso, in parte qua, adeguarsi al parere provinciale, per cui davvero non si comprende la ragione di tale atteggiamento processuale.

6. Ciò detto, il Collegio rimarca che il parere provinciale qui contestato, e dunque anche il PRG definitivamente approvato dal Comune, sono pervenuti a negare l’edificabilità all’area di proprietà della ricorrente per due autonomi profili, ciascuno dei quali è dunque idoneo, da solo, a sorreggere l’impugnata previsione urbanistica (con riguardo alla presenza del fabbricato rurale va precisato che non risponde al vero quanto sostenuto dalla ricorrente nella memoria conclusionale di replica – ossia che tale profilo non era mai emerso in sede procedimentale – visto che nell’impugnato parere del presidente della Provincia n. 214/2015 si menziona espressamente la presenza del fabbricato e l’esistenza della fascia di rispetto di 50 metri).

Il Tribunale ritiene peraltro di esaminarli entrambi.

7. Iniziando dalla questione relativa all’ambito di tutela del centro storico, si osserva quanto segue.

7.1. A livello generale, va ribadito che l’autorità titolare del potere di co-pianificazione (nelle Marche, la Provincia) è competente a verificare la compatibilità del PRG adottato con la legislazione vigente e con la pianificazione sovraordinata. Sul punto è chiarissimo l’art. 26, comma 3, della L.R. n. 34/1992, secondo cui “…. il P.R.G. è trasmesso alla Giunta provinciale, la quale esprime un parere sulla conformità del P.R.G. con la normativa vigente e con le previsioni dei piani territoriali e dei programmi di carattere sovracomunale e, in particolare, con le previsioni e gli indirizzi del PPAR, del PIT e del PTC, ove vigenti….”.

Per cui, sotto questo profilo, nel caso di specie la Provincia di Ascoli Piceno non ha esorbitato dalle sue attribuzioni, e ciò va affermato anche considerando che, come è facile comprendere, la valutazione di conformità di cui all’art. 26, comma 3, non si risolve quasi mai nella meccanica comparazione fra le singole previsioni del PRG e quelle dei piani sovraordinati, ma implica di solito anche valutazioni circa la portata delle previsioni comunali. L’unica cosa preclusa alla Provincia è di sostituire le proprie scelte discrezionali a quelle che la legge affida al Comune, e ciò è confermato a livello empirico dal fatto che laddove non condivida le scelte comunali la Provincia solitamente prescrive lo stralcio di determinate aree (in vista di un riesame futuro) oppure la riattribuzione ad esse della precedente destinazione urbanistica.

7.2. Sempre a livello generale, si deve poi evidenziare che le tesi di parte ricorrente, se portate alle estreme conseguenze, implicano che, ad eccezione dei casi in cui esistano specifici vincoli architettonici o paesistico-ambientali, un ambito di tutela quale è quello che viene in rilievo nel presente giudizio sarebbe sempre eliminabile solo perché l’area in argomento è adiacente ad una zona urbanizzata e dovrebbe quindi “assorbire” la vocazione edificatoria che connota le aree contermini. Ma così non può essere, in quanto vi è pur sempre la possibilità per il Comune di prevedere zone “cuscinetto” (classificabili come agricole, o anche come verde pubblico, etc.) destinate a rimanere inedificate al fine di alleggerire il carico urbanistico e migliorare il bilancio ambientale.

Il discorso vale anche per gli ambiti di tutela relativi al sottosistema storico-culturale, ed in particolare ai “Centri e nuclei storici”, sia perché tale sottosistema molto spesso si integra e quasi coincide con gli ambiti di tutela più strettamente paesaggistici e ambientali, sia perché, a livello di indirizzo, l’art. 19 delle NTA del PPAR prevede espressamente che alcune delle misure da adottare per preservare i centri e nuclei storici consistono “…nel salvaguardare le aree libere adiacenti ai perimetri storici anche mediante l’uso appropriato della vegetazione e delle colture…”, nonché nel “…concentrare le eventuali comprovate esigenze di nuovi insediamenti in corrispondenza dei suoli già compromessi dalla edilizia recente promuovendone la riqualificazione urbana ed architettonica…”.

7.3. Altra fondamentale notazione preliminare riguarda la circostanza per cui, in subiecta materia, è arduo parlare di disparità di trattamento, visto che:

– in generale, la disparità di trattamento presuppone l’identità, materiale e giuridica, delle situazioni che vengono poste a raffronto. Quando si parla di pianificazione urbanistica è però ben difficile che esistano due o più lotti che siano identici per estensione, pendenza, distanza o intervisibilità rispetto ad aree vincolate, etc.;

– ma, in ogni caso, poiché il Comune non ha la possibilità di determinare il dimensionamento del PRG (soprattutto in incremento) a proprio esclusivo piacimento, quand’anche vi fossero due o più lotti aventi esattamente le medesime caratteristiche, il piano regolatore potrebbe legittimamente attribuire l’edificabilità solo ad alcuni di tali lotti, laddove vi sia un problema di dimensionamento complessivo, senza che i proprietari dei lotti esclusi dall’edificazione possano per ciò solo lamentare la disparità di trattamento.

Queste considerazioni, come è facile comprendere, si riferiscono alle censure con cui parte ricorrente richiama le vicende del Comparto “Indipendenza-Firenze” e dell’accordo di programma relativo alla località Pennile di Sotto, ma senza provare la eadem ratio rispetto alla propria posizione.

Peraltro, con specifico riguardo all’accordo di programma, a pag. 12 della relazione generale (doc. allegato n. 7 alla produzione della Provincia del 10 aprile 2019) si precisava che:

– l’esenzione di cui all’art. 39 delle NTA del PPAR era riferita solo all’area oggetto di trasformazione edilizia (la quale era circondata anche da insediamenti industriali, non presenti nei dintorni dell’area AP20);

– per le aree adiacenti non interessate dall’edificazione, si rimandava invece al PRG allora in itinere il compito di ridefinire gli ambiti di tutela ai sensi dell’art. 27-bis delle NTA del PPAR e di “…stabilire prescrizioni per aree esterne, adiacenti al margine del Centro storico che siano in relazione significativa con il paesaggio circostante…”.

Come si può vedere, dunque, non è affatto vero che il Comune di Ascoli Piceno già in passato aveva considerato non più operante a livello generale, relativamente al centro storico del capoluogo, il vincolo PPAR “Centri e nuclei storici”, avendo al contrario ritenuto che esso fosse ancora operante per quelle aree non compromesse dall’edificazione o da insediamenti produttivi.

7.4. Passando quindi ad esaminare il merito delle censure di cui al primo motivo, l’assunto di parte ricorrente circa la necessità di considerare il centro storico come un unicum si fonda su una lettura unilaterale (e ovviamente di parte) delle pertinenti disposizioni del PPAR.

Infatti, seppure è vero che nel corso del tempo i centri storici delle città di origine più antica sono stati progressivamente inglobati dall’edificazione più recente – la quale si è sviluppata, almeno inizialmente, proprio nelle aree immediatamente a ridosso dei nuclei abitativi originari – fino a perdere la diretta contiguità con il paesaggio circostante, è altrettanto vero che:

– per un verso, tale processo non deve essere subito con una sorta di fatalistica rassegnazione;

– per altro verso, ciò non esclude che tale diretta contiguità con il paesaggio perduri ancora riguardo a quelle zone esterne al centro storico che non sono state ancora compromesse dall’edificazione (e questo è del resto ammesso a pag. 6 del ricorso dalla stessa Costruzioni & Restauri, la quale ritiene però che tale valutazione competesse solo al Comune).

Il lotto di proprietà della società ricorrente, come si evince dalle planimetrie versate in atti, si trova proprio in diretta contiguità con il centro storico di Ascoli Piceno, visto che essa fa parte di una più vasta area ancora verde la quale dista in linea d’aria poche decine di metri dal centro storico.

Sotto questo profilo, come già detto, non rileva il fatto che l’area in argomento è “….posizionata marginalmente rispetto all’ambito e limitrofa ai tessuti urbanizzati esistenti….”.

7.5. Con riguardo, invece, alle esenzioni di cui all’art. 60 delle NTA del PPAR, si devono condividere le argomentazioni difensive della Provincia, la quale, sulla base della documentazione versata in atti il 10 aprile 2019 (documenti nn. 8, 12 e 13) e della stessa direttiva regionale n. 14/1997, ha evidenziato che:

– come risulta dall’elaborato AN-CAR-03 n. 12, in sede di adozione del PRG l’area in questione non era stata ricompresa tra le aree esenti dalle prescrizioni di base del PPAR. Solo in sede di invio della documentazione integrativa l’area è stata considerata esente dalle prescrizioni di base del PPAR, in quanto ricompresa all’interno del perimetro delle zone di completamento per le quali vanno verificati i requisiti di cui all’art. 2, let. b), del DM n.1444/1968;

– gli uffici provinciali preposti alla verifica di conformità del PRG non hanno condiviso l’esenzione invocata dal Comune, ritenendo la stessa non applicabile quando le aree, come nel caso di specie, non assumono nel PRG la destinazione di zone di completamento. Tale conclusione trova del resto piena conferma proprio della direttiva regionale n. 14/1997 (“Varianti parziali agli strumenti urbanistici in pendenza della procedura di adeguamento al PPAR. – L.R. n. 34/1992”), la quale, nell’art. II “Aree urbanizzate”, let. b), chiarisce che la locuzione “altrimenti denominate” è riferita agli strumenti urbanistici generali vigenti che utilizzano una terminologia diversa da quella prevista dall’art. 2 del D.M. n. 1444/1968, mentre le aree che gli strumenti urbanistici generali qualificano espressamente come zone C ai sensi del citato D.M. n. 1444/1968 non possono essere considerate aree urbanizzate ai sensi dell’art. 27, comma 5, delle NTA del PPAR, anche se di fatto possedessero i requisiti per poter essere incluse tra le zone di completamento;

– come risulta dalla Tavola PR-URB-03 n. 7 (“Zone omogenee di cui al D.M. n. 1444/68 scala 1/5.000”), l’area de qua è classificata come zona di espansione, il che risulta corrispondente anche allo stato di fatto. Si tratta in effetti di un’area completamente priva di edificazioni (ad eccezione della casa colonica esistente) e di urbanizzazioni, tanto che per l’attuazione delle previsioni urbanistiche il PRG aveva ritenuto necessaria la preventiva approvazione di un piano di lottizzazione;

– se invece si volesse considerare l’area esente dalle prescrizioni di base del PPAR in quanto area urbanizzata a seguito dell’individuazione dell’area come zona C di espansione soggetta a piano attuativo, in questo caso verrebbero meno le ragioni che determinavano l’esenzione. In questo senso si è infatti espresso il Servizio Governo del Territorio, Mobilità e Infrastrutture della Regione Marche nel parere prot. n. 0027436 del 12 febbraio 2007, rilasciato a seguito di richiesta della stessa Provincia su una fattispecie analoga a quella di cui si controverte. A questo proposito, nella memoria di replica la società ricorrente richiama il successivo parere regionale 7 gennaio 2008, prot. n. 0002547, che avrebbe invece ritenuto applicabile l’esenzione ex art. 60 con riguardo ad aree incluse in piani attuativi approvati prima dell’entrata in vigore del PPAR. Questo profilo riguarda però una diversa questione che sarà esaminata nel successivo par. 7.6.

7.6. Passando dunque a trattare proprio della questione relativa al fatto che l’area de qua sarebbe stata a suo tempo inclusa nel PPE “Zone di Completamento del Quartiere Luciani” – approvato prima dell’entrata in vigore del PPAR – va detto che:

– nemmeno il Comune di Ascoli Piceno ha ritenuto operante tale esenzione, avendo riferito la stessa solo alle aree che in tali piani erano state effettivamente oggetto di pianificazione attuativa in quanto destinate ad essere urbanizzate e/o destinate all’edificazione. Come risulta dal certificato di destinazione urbanistica allegato all’atto di compravendita del 30 ottobre 2002, l’area de qua aveva destinazione a “verde vincolato B” e dunque non era vocata all’edificazione;

– questa conclusione è del resto in linea con la ratio dell’art. 60 delle NTA del PPAR, il quale ha inteso salvaguardare diritti edificatori quesiti prima dell’entrata in vigore del Piano Paesistico. Nella specie, e in disparte il fatto che parte ricorrente non ha dato conto delle ragioni per le quali il PPE è stato a suo tempo attuato senza coinvolgere l’area in argomento, non esisteva alcun diritto quesito, visto che l’area era destinata a rimanere non edificata anche nell’ambito del PPE;

– laddove invece volesse ritenersi che l’esenzione discenda dalle previsioni del PRG adottato nel 2014, allora si ricadrebbe nella fattispecie di cui si è detto al precedente paragrafo 7.5.

7.7. Né sussiste contraddittorietà fra il parere adottato dalla Provincia ai sensi dell’art. 26 L.R. n. 34/1992 e il parere adottato dalla stessa Provincia nell’ambito della VAS, visto che quest’ultimo ha una finalità diversa e di portata più generale rispetto al parere tipico che caratterizza il procedimento urbanistico (nel quale la Provincia è tenuta invece ad esaminare nel dettaglio le singole previsioni del PRG in itinere, onde verificarne la conformità con la legge e i Piani sovraordinati). Nella procedura di VAS, infatti, non vi sono norme di legge che indirizzano la valutazione dell’autorità competente, essendo la valutazione ambientale strategica finalizzata a “…garantire un elevato livello di protezione dell’ambiente e contribuire all’integrazione di considerazioni ambientali all’atto dell’elaborazione, dell’adozione e approvazione di detti piani e programmi assicurando che siano coerenti e contribuiscano alle condizioni per uno sviluppo sostenibile…” (art. 4, comma 4, let. a), del T.U. n. 152/2006).

7.8. Per tutte queste ragioni il primo motivo di ricorso va dichiarato nel suo complesso infondato.

8. Passando quindi a trattare del profilo relativo alla presenza, al centro del lotto, di un manufatto agricolo censito ai sensi dell’art. 15 della L.R. n. 13/1990, si deve osservare che in parte qua il ricorso muove da considerazioni del tutto apodittiche e tese sostanzialmente ad abrogare una norma di legge.

Non si può in effetti sostenere fondatamente che il censimento ex L.R. n. 13/1990 sia da intendere superato in ragione della prevalenza delle esenzioni asseritamente applicabili in base alle NTA del PPAR.

Tale ricostruzione dei rapporti fra la legge speciale sulle zone agricole e il PPAR non tiene infatti conto di due aspetti:

– in primo luogo, del fatto che i due corpi normativi sono sostanzialmente coevi (il PPAR fu approvato nel 1989, la L.R. n. 13 nel 1990);

– in secondo luogo, della circostanza per cui l’art. 15 della L.R. n. 13/1990 richiama espressamente gli indirizzi del PPAR.

Ebbene, l’art. 16 delle NTA del PPAR (rubricato “Identificazione”) stabilisce espressamente che “I beni di carattere storico culturale sono individuati dal Piano in base ad apposite cartografie tavv. 8, 9,10,15,16,17 e negli elenchi di cui all’allegato 2.

Detti elenchi dei beni storico-culturali saranno integrati da parte di ogni Comune in sede di adeguamento al Piano degli strumenti urbanistici generali, mediante appositi censimenti, in base alle definizioni e categorie riportate al precedente articolo. Deve essere considerato passibile di tutela ogni bene storico-culturale extraurbano ed urbano di cui al punto 3 dell’articolo 15 che sia riportato nella cartografia IGM riferita all’anno 1892-95, salvo verifica puntuale del bene e delle sue attuali caratteristiche….”.

Come risulta dalla documentazione versata in giudizio dalla Provincia in data 10 aprile 2019 (doc. n. 3) e dalla società ricorrente in data 11 aprile 2019 (doc. n. 20), l’edificio in parola era presente sia nella cartografia IGM riferita all’anno 1892-95, sia addirittura nel Catasto Gregoriano del 1830, e lo stesso è stato censito dal Comune con la scheda n. 537. Da tale scheda emerge che:

– al manufatto si applicano le disposizioni dell’art. 16, comma 1, delle NTA del PTCP;

– sullo stesso sono consentiti solo interventi di manutenzione straordinaria e di restauro e risanamento conservativo;

– è prevista una fascia di rispetto avente un raggio di 50 metri (il che, come correttamente ha ritenuto la Provincia, renderebbe comunque inattuabile l’AP20).

A fronte di tali inconfutabili dati non si comprende attraverso quale percorso argomentativo la Provincia avrebbe potuto ignorare il contrasto del PRG adottato quantomeno con il PTCP, oltre che con la L.R. n. 13/1990.

Fra l’altro la società ricorrente, in maniera alquanto contraddittoria, invoca al riguardo il fatto che per l’area in questione il PRG del 1972 aveva previsto la redazione di un piano particolareggiato denominato "Zone di completamento Quartiere Luciani".

Ora, in disparte il fatto che il PRG del 1972 è stato sostituito da un altro PRG, non si comprende come un piano regolatore previgente possa ostacolare l’applicazione di una norma di legge successiva che imponga determinati adempimenti e che non contenga disposizioni transitorie finalizzate ad escludere dal suo perimetro applicativo determinate situazioni consolidatesi nel corso del tempo.

Del resto, l’art. 16 delle NTA del PPAR reca una disposizione di chiusura che consente di tener conto delle attuali caratteristiche dei fabbricati agricoli storici, ma la società ricorrente non ha dedotto alcunché in merito allo stato di conservazione del fabbricato.

Ma nemmeno il Comune di Ascoli Piceno ha provato di aver svolto valutazioni approfondite tali da superare quanto riportato nella scheda n. 537, avendo al contrario (vedasi la relazione integrativa al PRG – elaborato CH-REL.01, paragrafo “Censimento dei fabbricati rurali extraurbani”) rimandato ad un futuro aggiornamento del censimento, che però non risulta ancora effettuato.

Anche il secondo motivo va quindi dichiarato infondato.

9. Per tutte le suesposte ragioni, il ricorso va respinto (il che esonera il Collegio dall’esame delle eccezioni preliminari).

La complessità delle questioni trattate giustifica la compensazione delle spese del giudizio.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per le Marche (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge e compensa le spese del giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Ancona nella camera di consiglio del giorno 22 maggio 2019 con l’intervento dei magistrati:

Gianluca Morri, Presidente FF
Tommaso Capitanio, Consigliere, Estensore
Simona De Mattia, Consigliere

L’ESTENSORE
Tommaso Capitanio
        
IL PRESIDENTE
Gianluca Morri
        
        
IL SEGRETARIO
 

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