+39-0941.327734 abbonati@ambientediritto.it
Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Diritto venatorio e della pesca Numero: 271 | Data di udienza: 10 Marzo 2017

* CACCIA – Calendario venatorio – Sottoposizione a VIA, VAS e V.I. – Non è richiesta.


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 1^
Regione: Marche
Città: Ancona
Data di pubblicazione: 5 Aprile 2017
Numero: 271
Data di udienza: 10 Marzo 2017
Presidente: Filippi
Estensore: Capitanio


Premassima

* CACCIA – Calendario venatorio – Sottoposizione a VIA, VAS e V.I. – Non è richiesta.



Massima

 

TAR MARCHE, Sez. 1^ – 5 aprile 2017, n. 271


CACCIA – Calendario venatorio – Sottoposizione a VIA, VAS e V.I. – Non è richiesta.

Il calendario venatorio  non essendo qualificabile come “piano o progetto” nel senso voluto dal T.U. n. 152/2006 (in quanto esso non è espressione del potere pianificatorio, assolvendo solo alla funzione di disciplinare il profilo temporale di un’attività che trova legittimazione nella legge e negli atti pianificatori di settore), non deve essere sottoposto né a VAS/VIA, né a valutazione di incidenza (V.I.) ex DPR n. 357/1997.

Pres. Filippi, Est. Capitanio – L.A.C. – Onlus e altri (avv. Rossi) c. Regione Marche (avv. Costanzi)


Allegato


Titolo Completo

TAR MARCHE, Sez. 1^ - 5 aprile 2017, n. 271

SENTENZA

 

TAR MARCHE, Sez. 1^ – 5 aprile 2017, n. 271

 

Pubblicato il 05/04/2017

N. 00271/2017 REG.PROV.COLL.
N. 00502/2016 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per le Marche

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 502 del 2016, proposto da:
Lega per l’Abolizione della Caccia – L.A.C. – Onlus, WWF Italia ONG Onlus, in persona dei legali rappresentanti p.t., rappresentati e difesi dall’avvocato Tommaso Rossi, con domicilio eletto presso lo studio dello stesso, in Ancona, via Baccarani 4;

contro

Regione Marche, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall’avvocato Paolo Costanzi, con domicilio eletto presso il Servizio Legale della Regione, in Ancona, piazza Cavour, 23;

nei confronti di

Ambito Territoriale Caccia AN2, non costituito in giudizio;

e con l’intervento di

ad opponendum:
Federazione Italiana della Caccia, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall’avvocato Alberto Maria Bruni, con domicilio eletto presso lo studio dell’Avv. Gabriele Galvani, in Ancona, corso Mazzini, 156;

per l’annullamento

previa sospensione

– della deliberazione della Giunta Regionale n. 867 del 1° agosto 2016 “L.R. 7/95, art. 30 Calendario Venatorio Regionale 2016/2017”;

– della deliberazione del Consiglio Regionale n. 5/2010 “Criteri ed Indirizzi per la Pianificazione Faunistico-Venatoria 2010-2015”;

– della deliberazione della Giunta Regionale n. 671 del 27 giugno 2016 “Esercizio delle deroghe previste dalla Direttiva 2009/147/Ce- Autorizzazione al prelievo per l’anno 2016 nei giorni di apertura anticipata della caccia”;

– della deliberazione n. 728 del 12 luglio 2016 “Esercizio delle deroghe previste dalla Direttiva 2009/147/CE. Integrazione della D.G.R. n.671 del 27 giugno 2016”.

– di ogni altro atto comunque connesso, ancorché non conosciuto, ivi compresi i documenti istruttori allegati e tutti i pareri degli organi regionali competenti, nonché la Delibera di Consiglio Regionale n. 5/2010 “Criteri ed Indirizzi per la Pianificazione Faunistico-Venatoria 2010-2015”.

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio della Regione Marche;
Visto l’atto di intervento ad opponendum;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 10 marzo 2017 il dott. Tommaso Capitanio e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

1. Con ricorso notificato in data 18-22 agosto 2016 Lega per l’Abolizione della caccia – L.A.C. – Onlus e WWF Italia Onlus impugnano gli atti in epigrafe indicati.

1.1. Con il primo motivo le ricorrenti lamentano la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1, comma 1-bis, e 18, comma 1-bis, della L. 11 febbraio 1992 n. 157, la violazione della direttiva “Uccelli” 2009/147/CE nel suo complesso e con particolare riferimento all’art. 7.4, la violazione del principio di precauzione, il difetto di motivazione, l’illogicità (per avere la Regione permesso la caccia nel periodo vietato da dette disposizioni ovverosia di nidificazione, durante le varie fasi della riproduzione e della dipendenza con conseguente disturbo soprattutto di specie che si trovano nella fase pre-nuziale ed il rischio di confusione tra specie simili).

1.2. L’ulteriore censura mossa al calendario venatorio regionale 2016/2017 concerne la prevista cacciabilità di specie inserite nella lista “SPEC”, elenco fatto proprio dall’ISPRA nella sua “Guida per la stesura dei calendari venatori ai sensi della legge n. 157/1992, così come modificata dalla legge comunitaria 2009”, lista in cui sono inserite le seguenti specie: Allodola, Canapiglia, Codone, Marzaiola, Mestolone, Starna, Quaglia, Frullino, Beccaccia, Beccaccino, Tortora, Moretta (tutte classificate SPEC 3, specie la cui popolazione globale non è concentrata in Europa ma che in Europa presenta uno stato di conservazione sfavorevole), Moriglione, Coturnice, Pavoncella e Combattente (classificate SPEC 2, specie la cui popolazione globale è concentrata in Europa, dove presenta uno stato di conservazione sfavorevole).

Questo quando la direttiva “Uccelli” 2009/147/CE, recepita con DPR 8 settembre 1997 n. 357, e la relativa Guida interpretativa stabiliscono che la caccia delle specie appartenenti alla lista SPEC può essere autorizzata solo se della specie interessata sia stato previsto un adeguato piano di conservazione e gestione (artt. 2.4.24, 2.4.25 della Guida interpretativa della direttiva “Uccelli”), piano mai elaborato dalla Regione Marche.

1.3. Con il secondo motivo le ONLUS ricorrenti lamentano la violazione e falsa applicazione dell’art. 10 L. n. 157/1992 e degli artt. 3 e 4 L.R. n. 7/1995 per la mancata adozione nella Regione Marche di un Piano Faunistico-Venatorio Regionale (PFVR), stante la sola predisposizione di un atto d’indirizzo (per gli anni 2010-2015), mai sottoposto all’obbligatoria valutazione d’incidenza ed alla V.A.S., deliberazione peraltro scaduta nel 2015 essendo fissato (art. 3 L.R. n. 7/1995) in cinque anni il periodo di vigenza della pianificazione faunistico-venatoria sia regionale che provinciale.

1.4. Le ricorrenti lamentano, in connessione con la censura sopra formulata, la violazione dell’art. 6, comma 3, della direttiva 92/43/CEE, la violazione dell’art. 5, comma 1, e 6, comma 2, del DPR n. 357/1997, la mancata effettuazione della valutazione d’incidenza sul piano faunistico venatorio regionale, la violazione del D.Lgs. n. 152/2006, l’illogicità della motivazione, lo sviamento di potere per non avere la Regione Marche analizzato la pianificazione territoriale regionale relativa alla caccia nelle zone di Rete Natura 2000, consentendola in dette aree anche se in modo differenziato.

1.5. Con il terzo motivo le ricorrenti lamentano la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 7, 10 e 18, comma 2, L. n. 157/1992, il difetto di motivazione e la carenza di istruttoria laddove la Regione si discosta immotivatamente dal parere ISPRA, lo sviamento di potere, la violazione e/o falsa applicazione della direttiva 2009/147/CE e dell’art. 117, comma 2, Cost.

1.6. In particolare, le ricorrenti evidenziano i seguenti profili di contrasto fra il calendario venatorio e il parere ISPRA:

a) il calendario venatorio approvato dalla Regione Marche per il 2016/2017 prevede la preapertura della caccia per le specie Tortora, Alzavola, Germano Reale, Marzaiola, Colombaccio, Quaglia, Merlo, Starna, Fagiano, Tordo Bottaccio, Tordo Sassello, Cesena, Gallinella d’acqua, Folaga, Codone, Fischione, Mestolone, Moriglione, Canapiglia, Porciglione, Frullino, Pavoncella e Beccaccino, a fronte di un’apertura per tali specie ritenuta consona dall’ISPRA se fissata in data 1 ottobre (in modo da favorire lo sviluppo dei nati ed evitare confusioni tra specie cacciabili), parere ISPRA da cui la Regione Marche si discosta senza motivazione. Le ricorrenti chiedono quindi l’annullamento del calendario venatorio regionale 2016/2017 nella parte in cui permette la preapertura della caccia alle specie sopra elencate;

b) il calendario venatorio regionale, prevedendo la caccia alla Tortora nel mese di settembre in 20 giornate e quella al Merlo in 5 giornate e non motivando nel merito i rilievi svolti sul punto dall’ISPRA, risulta viziato nella parte in cui per le suddette specie viene permesso un numero di giornate di caccia superiore alle 3 complessive ritenute ammissibili nel parere ISPRA;

c) la Regione ha autorizzato la caccia alle specie Moretta e Combattente senza motivare in merito al discostamento dal parere ISPRA che, evidenziando il cattivo stato di conservazione, chiedeva l’imposizione del divieto assoluto di caccia di entrambe le specie;

d) la Regione Marche, discostandosi immotivatamente dal parere ISPRA (che, avuto riguardo alla flessione di dette specie a livello europeo, aveva raccomandato di non concedere giornate aggiuntive di caccia senza che fosse previamente adottato un sistema di controllo), ha introdotto con il calendario venatorio 2016/2017 due giornate aggiuntive di caccia da appostamento per la fauna migratoria;

e) il calendario venatorio è Illegittimo anche nella parte in cui consente la caccia in forma vagante per tutto il mese di gennaio 2017 nonostante l’ISPRA avesse motivato la limitazione al solo mese di dicembre con l’eccessivo disturbo che tale forma di uccellagione può causare alle specie oggetto di caccia e non;

f) ugualmente da annullare è la parte in cui il calendario prevede per le specie Tordo Bottaccio, Tordo Sassello e Cesena la cacciabilità fino al 30 gennaio 2017, a fronte di una data di inizio della migrazione prenunziale collocata nella seconda decade di gennaio; ragion per cui lo stato italiano è stato sottoposto alla procedura EU PILOT n. 6955/14/ENVI- Calendari venatori avanti alla Commissione Europea per violazione degli artt. 2, 5, 7 della Direttiva 2009/147/CE;

g) il calendario è inoltre illegittimo nella parte in cui consente la caccia della Quaglia sino al 29 dicembre 2016 a fronte del termine del 31 ottobre 2016 indicato nel parere ISPRA;

h) il calendario viene inoltre impugnato nella parte in cui prevede per le specie Ghiandaia, Cornacchia Grigia, Gazza e Colombaccio la possibilità di esercitare, in violazione dell’art. 18 comma 2 L. n. 157/1992 e della citata “Guida per la stesura dei calendari venatori…..”, la caccia a dette specie anche dal 1° al 9 febbraio 2017, prevedendo quindi, contrariamente a quanto statuito anche dalla Corte Costituzionale, tra le altre nella sentenza n. 315/2010, standard di tutela della fauna inferiori rispetto a quelli previsti dalla legislazione nazionale;

i) il calendario venatorio è illegittimo nella parte in cui non motiva scientificamente la scelta di procrastinare la caccia di Germano Reale, Gallinella d’acqua, Folaga, Alzavola, Codone, Fischione, Mestolone, Moriglione, Marzaiola, Canapiglia, Porciglione, Frullino, Pavoncella e Beccaccino sino al 30 gennaio 2017 anziché al 20 gennaio 2017 come statuito dal parere ISPRA, visto che la stagione prenunziale inizia nella terza decade di gennaio;

l) censurata è anche la previsione che consente la caccia alla Lepre dal 18 settembre 2016, anziché dal 1° ottobre 2016 (come indicato dall’ISPRA), in quanto l’anticipazione non consente il pieno sviluppo dei nuovi nati ed il completamento della fase riproduttiva;

m) il calendario venatorio 2016/2017 deve essere annullato anche nella parte in cui prevede la cacciabilità, aumentandone il rischio di rilascio in natura, della Pernice rossa, specie alloctona, per la quale l’ISPRA, in ottemperanza dell’art. 12 del DPR n. 357/1997, aveva proposto un piano di controllo ed eradicazione;

n) è infine illegittima anche la fissazione del periodo di addestramento dei cani (il quale, come rilevato dall’ISPRA, viene a sovrapporsi con il periodo di sviluppo dei nuovi nati e ne disturba quindi l’armonica crescita).

1.7. Con il quarto motivo le ONLUS ricorrenti lamentano la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 21, comma 3, L. n. 157/1992 per la mancata individuazione dei valichi montani interessati alle rotte migratorie (aree in cui vige il divieto di caccia) e per la conseguente mancata apposizione dei relativi divieti.

1.8. Con il quinto motivo le ricorrenti lamentano la violazione/falsa applicazione della L. n. 66/2006, l’eccesso di potere per difetto di motivazione e carenza d’istruttoria laddove si consente l’utilizzo di munizioni al piombo per la caccia agli ungulati e in tutte le zone umide in contrasto con le direttive ISPRA contenute nell’art. 42 della citata Guida per la stesura dei calendari venatori e con l’ Accordo AEWA sulla conservazione degli uccelli selvatici migratori dell’Africa – Eurasia ratificato dall’Italia con L. n. 66/2006, ove gli stati aderenti hanno previsto l’uso di cartucce atossiche nelle zone umide (a fronte delle munizioni in piombo altamente inquinanti), per le quali è previsto assoluto divieto soltanto nelle zone appartenenti alla rete Natura 2000.

La Regione Marche con DGR n. 543 del 12 maggio 2014 ha solo raccomandato l’uso di munizioni diverse.

1.9. Con il sesto motivo – volto ad impugnare la deliberazione relativa al prelievo in deroga dello Storno e della Tortora dal collare – le ricorrenti lamentano la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 19-bis L. n. 157/1992, dell’art. 9 della direttiva 79/409/CEE, dell’art. 2 L.R. 16 luglio 2007 n. 8, l’irragionevolezza, il difetto di motivazione e di istruttoria, nella parte in cui la Regione non ha rispettato il dettato degli artt. 9 e 7 della citata direttiva che prevede l’autorizzazione del prelievo in deroga solo ed esclusivamente nel caso in cui non vi siano soluzioni soddisfacenti nell’interesse della salute e della sicurezza pubblica, della sicurezza aerea, per la prevenzioni di danni alle colture o per la protezione della flora e della fauna, con l’indicazione nelle deroghe: a) delle specie che ne formano oggetto, b) dei mezzi, degli impianti, dei metodi di cattura o di uccisione autorizzata, c) delle condizioni di rischio e delle circostanze di tempo e di luogo in cui tali deroghe possono essere autorizzate, d) l’autorità abilitata a dichiarare che le condizioni stabilite sono realizzate e a decidere quali mezzi, impianti e metodi possano essere utilizzati, entro quali limiti e da quali persone, e) i controlli effettuati. Tali deroghe, secondo le ricorrenti, possono essere disposte solo in assenza di soluzioni alternative soddisfacenti e mai per specie la cui consistenza numerica sia in diminuzione.

Nella Regione Marche le condizioni per il prelievo in deroga sono sancite dall’art. 2 L.R. n. 8/2007.

Le ricorrenti lamentano la violazione del quadro normativo sopra delineato ad opera delle delibere n. 671 del 27 giugno 2016 e 728 del 12 luglio 2016 emanate dalla Giunta Regionale Marche, che debbono essere annullate per non aver ottemperato alle prescrizioni di legge quanto a:

– caccia in deroga dello Storno per cui, contrariamente a quanto indicato nel parere ISPRA (in cui si ritiene accettabile un prelievo massimo di 20.000 capi in totale per la Regione Marche), la deliberazione ha autorizzato un limite massimo per cacciatore di 15 capi giornalieri e 100 annuali, numeri che se moltiplicati per i cacciatori marchigiani porterebbero ad un ingiustificato abbattimento di storni. Vengono inoltre contestati il fatto che sia ammesso l’uso di richiami meccanici e l’assenza di meccanismi di monitoraggio oltre che di dati sui danni causati dalla specie alle colture specializzate;

– caccia in deroga alla Tortora dal collare, stante la mancata motivazione in merito al parere ISPRA che ritiene irrilevanti i danni arrecati alle colture da detta specie (quantificati in Euro 2.000 a livello regionale nell’anno 2015) al fine di giustificare un prelievo in deroga nella misura di 5 capi giornalieri e 50 capi a stagione per ogni cacciatore che ne faccia richiesta.

A ciò si aggiunge il fatto che la deliberazione n. 671 è stata adottata in assenza dell’obbligatorio parere ISPRA, pervenuto solo in data 28 giugno 2016, in seguito ad una richiesta formulata fuori termine in data 14 giugno 2016.

2. Si è costituita in giudizio la Regione Marche, contestando tutti i motivi di ricorso, in base ai seguenti principali argomenti:

– i piani di gestione e di conservazione delle specie protette vanno elaborati e monitorati a livello sovranazionale (visto che le rotte migratorie non rispettano i confini degli Stati). Le Regioni hanno solo il potere di adottare i calendari venatori finalizzati a rendere la caccia compatibile con le esigenze di tutela delle specie;

– la classificazione SPEC non è in grado, da sola, di indicare il cattivo stato di conservazione delle specie prese in considerazione (e questo è confermato dal fatto che la Commissione UE non ha mai utilizzato la classificazione SPEC quale unico parametro per stabilire il reale stato di conservazione di una specie);

– la Regione Marche, con DACR n. 5/2010 si è dotata dello strumento previsto dalla L.R. 7/1995, strumento di coordinamento dei piani faunistico-venatori provinciali, tutt’ora vigenti. La D.G.R. n. 867/2016 ha recepito tutte le misure di conservazione del D.M. 17 ottobre 2007, mentre la regolamentazione venatoria nelle aree SIC e ZPS marchigiane è stata attuata con le D.G.R. n. 1471 del 27 ottobre 2008 e n. 1036 del 22 giugno 2009;

– ai sensi dell’art. 7, comma 1, della L. n. 157/1992 l’ISPRA, in quanto organo scientifico-tecnico di consulenza, non può sostituirsi all’amministrazione regionale nelle scelte in materia di caccia. La Regione ha pertanto l’onere, nel discostarsi dalle valutazioni ISPRA, di esprimere le ragioni che l’hanno condotta a non osservare il parere (e nella specie gli atti impugnati sono congruamente motivati). Per il resto, il calendario venatorio non viola le prescrizioni dell’art. 18 della L. n. 157/1992 relative ai periodi in cui la caccia è autorizzabile;

– la segnalazione delle rotte migratorie sulla cui base sono delimitati i valichi montani non è mai stata compiuta dall’ISPRA (a cui competeva per legge). Ad ogni buon conto, anche in assenza di tale delimitazione, il relativo divieto di caccia opera ex lege e dunque sarebbe stato superfluo che il calendario lo avesse ribadito;

– non esiste un divieto assoluto di utilizzo di munizioni al piombo (per cui in parte qua si ritiene sufficiente la raccomandazione impartita con la deliberazione di G.R. n. 453/2014) e, quanto al divieto di munizioni atossiche nelle zone umide, si ritengono adeguate le misure minime di conservazione per i siti di Rete Natura 2000 recepite dalla D.G.R. 867/2016;

– la nota con cui è stato richiesto all’ISPRA il parere sul prelievo in deroga era identica per contenuto a quelle degli anni precedenti, per cui il ritardo è addebitabile solo alla richiesta di documentazione integrativa formulata dall’Istituto. Ad ogni buon conto, ed evidenziato che il parere è stato comunque favorevole, con la successiva D.G.R. n. 728/2016 il vizio è stato sanato.

3. Si è costituita in giudizio anche la Federazione Italiana della Caccia (di seguito Federcaccia) eccependo:

– quanto al primo motivo, la sostenibilità della caccia nelle Marche degli uccelli migratori quanto meno sino al 31 gennaio, in base alle recenti acquisizioni scientifiche in ordine all’inizio della migrazione prenunziale in Italia in conformità con l’art. 7.4. Dir. 2009/147/CE ed all’art. 2.7.10 della relativa Guida interpretativa nel rispetto delle previsioni di cui all’art. 18 L. 157/1992, nonché del migliorato stati di conservazione delle specie in oggetto;

– quanto al secondo motivo, i medesimi argomenti esposti dalla difesa della Regione;

– con riguardo al terzo motivo, il carattere obbligatorio ma non vincolante del parere ISPRA e l’assenza di qualsivoglia carattere sanzionatorio della procedura EU-Pilot 6955/14/ENVI (viene inoltre richiamata l’ordinanza cautelare del TAR Marche n. 378/2014 sulla caccia itinerante nel mese di gennaio);

– quanto al quarto motivo, l’inammissibilità del ricorso per il fatto che le associazioni ricorrenti perseguono un interesse già tutelato per legge (art. 39, lett. gg) L.R. n. 7/1995);

– riguardo al quinto motivo, quanto alla caccia nelle zone umide la Regione Marche ha introdotto il divieto di caccia con munizioni a piombo esclusivamente nelle zone umide ricadenti nei siti di Rete Natura 2000, uso di munizioni peraltro non vietato per la caccia agli ungulati;

– in relazione al sesto motivo, la non vincolatività del parere ISPRA e il controllo Regionale sul numero di autorizzazioni per gli abbattimenti in deroga compatibile con il numero massimo degli stessi.

4. Con ordinanza n. 303/2016 il Tribunale ha accolto la domanda cautelare, nei seguenti limiti:

– per quanto concerne il calendario venatorio, con riguardo alla specie Moretta (ritenendo contradditoria la motivazione addotta dalla Regione per consentire il prelievo della specie);

– per quanto concerne il prelievo in deroga dello Storno, in toto (per mancata previsione di un limite annuale complessivo di capi cacciabili e quindi per violazione della L.R. n. 8/2007).

5. Con successiva D.G.R. n. 1138 del 27 settembre 2016, la Regione Marche, in dichiarata esecuzione della citata ordinanza cautelare, ha confermato il prelievo venatorio della specie Moretta ed ha posto il limite massimo per cacciatore di 15 capi giornalieri e 100 capi annuali cacciabili quanto alla specie Storno.

Le ricorrenti con successiva memoria del 7 febbraio 2017 contestano la DGR n. 1138/2016 ritenendola non sufficiente a superare le censure mosse nel ricorso in quanto l’art. 2, comma 2, lett. d) L.R. n. 8/2007, imporrebbe esclusivamente un limite complessivo di capi cacciabili e non un limite massimo annuale per cacciatore e le motivazioni addotte per la caccia alla Moretta sarebbero comunque insufficienti a superare le censure espresse. Insistono infine sulla persistenza dell’interesse ad una pronuncia nel merito del ricorso a tutela dell’interesse risarcitorio di dette Organizzazioni per i danni gravi ed irreparabili che l’illegittimo esercizio della caccia avrebbe arrecato, permanendo diversamente l’interesse solo per la censura afferente l’addestramento dei cani.

6. Federcaccia, facendo riferimento alla nota ISPRA del 17 gennaio 2017 (depositata in giudizio), ribadisce l’inattendibilità dei pareri concernenti la calendarizzazione dell’attività venatoria e i “Key Concepts”, oltre che il venir meno dell’interesse dell’impugnazione del calendario venatorio 2016/2017, potendo la pronuncia esclusivamente svolgere l’attività d’indirizzo per la redazione del calendario venatorio 2017/2018 a fronte della necessaria adozione di una prospettiva internazionale con l’elaborazione di un Atlante Europeo della Migrazione, essendo inadeguate per tali finalità analisi limitate alla prospettiva nazionale.

7. Alla pubblica udienza del 10 marzo 2017 la causa è passata in decisione.

DIRITTO

8. Il ricorso va in parte dichiarato improcedibile e in parte respinto.

9. L’improcedibilità riguarda le parti del calendario venatorio e del provvedimento di autorizzazione al prelievo in deroga sospese dal Tribunale in sede cautelare.

Come si è detto nell’esposizione in fatto, a seguito dell’adozione dell’ordinanza n. 303/2016 la Regione si è rideterminata in parte qua, confermando i provvedimenti impugnati con diversa e più approfondita motivazione; la mancata impugnazione di tale provvedimento (non meramente confermativo) determina la parziale improcedibilità del ricorso.

A tal proposito va solo precisato che l’assunto di parte ricorrente esposto nella memoria difensiva del 7 febbraio 2017 – secondo cui la deliberazione di G.R. n. 1138/2016 dovrebbe intendersi impugnata con il ricorso introduttivo, essendo ricompresa fra gli atti “presupposti, connessi e consequenziali” – è chiaramente inaccoglibile, sia perché l’atto in questione è sopravvenuto, sia perché, soprattutto, si tratta di atto non consequenziale rispetto a quelli impugnati con il ricorso (l’atto consequenziale è infatti quello che viene adottato in applicazione/esecuzione/attuazione di un atto precedente, mentre la deliberazione n. 1138/2016 non era un atto necessitato – anche perché il Tribunale non aveva disposto il riesame – ed è stata dunque adottata dalla G.R. in piena autonomia).

10. Sono invece infondati i motivi di ricorso che sopravvivono alla declaratoria di improcedibilità.

11. Quanto al primo motivo di ricorso, va premesso che per costante orientamento della Corte Costituzionale la disciplina statale che delimita i periodi in cui le Regioni possono autorizzare il prelievo venatorio rappresenta il nucleo minimo di salvaguardia della fauna selvatica ritenuto vincolante per le stesse Regioni e Province autonome. Nella specie, il calendario venatorio marchigiano per la stagione 2016/2017 rispetta in linea generale i limiti previsti dalla L. n. 157/1992.

Più nello specifico, va osservato che:

– la classificazione SPEC delle specie cacciabili non assume valenza condizionante rispetto al prelievo venatorio, e questo né in assoluto, né con riguardo alla stessa valenza della suddetta classificazione. Si deve infatti condividere l’argomento della Regione e di Federcaccia secondo cui esistono studi più aggiornati in materia, che costituiscono fra l’altro la base scientifica su cui le Istituzioni comunitarie fondano la propria azione negli ultimi anni. Il riferimento va al “Rapporto sullo stato di conservazione delle specie”, adottato nel 2014 ai sensi dell’art. 12 della direttiva “Uccelli” e alla “Red List of European Birds” del 2015. Ciò comporta che l’assenza di un generale divieto di cacciabilità delle specie ricomprese nella lista SPEC di fatto ne ammette l’inserimento nel calendario venatorio regionale (per quanto concerne le singole specie si vedano le considerazioni di cui al successivo paragrafo 13 e relativi sottoparagrafi). D’altra parte, si deve sottolineare il fatto che i paragrafi 2.4.24. e 2.4.25. della Guida interpretativa della direttiva “Uccelli” riportati a pagina 10 del ricorso non contengono alcun espresso richiamo alla classificazione SPEC, alla quale non può dunque essere attribuito il carattere di parametro vincolante che pretendono di assegnarle le ricorrenti. Da ultimo va segnalato che lo stesso ISPRA, come dimostra la nota datata 17 gennaio 2017 (versata in atti da Federcaccia in data 27/1/2017), condivide uno degli argomenti principali su cui negli ultimi anni si è fondata la Regione Marche nella predisposizione degli atti di regolamentazione del settore, ossia che uno studio serio ed aggiornato dello stato di conservazione delle specie deve essere implementato a livello sovranazionale o, quantomeno, a livello delle diverse macro-zone omogenee in cui è suddiviso il territorio dell’Unione Europea. Questo perché i fenomeni migratori non sono racchiudibili rigidamente entro i confini nazionali dei singoli Stati e dunque anche la disciplina generale di riferimento (ossia le direttive comunitarie) deve essere elaborata alla luce di un quadro organico;

– quanto alla censura afferente il rapporto tra apertura e chiusura della caccia e fase vitale-riproduttiva delle specie cacciabili, va detto che nell’impugnato calendario la Regione ha svolto approfondite considerazioni di merito con riguardo a ciascuna delle specie prese in considerazione. Tali considerazioni attengono soprattutto al rilievo – in sé non revocabile in dubbio – secondo cui la fase vitale-riproduttiva di ciascuna specie non può essere determinata con precisione assoluta nei diversi contesti geografici europei. La Regione, inoltre, non ha taciuto i casi in cui si possono verificare teoriche sovrapposizione fra attività venatoria e fase vitale-riproduttiva di alcune specie, indicando nel contempo le ragioni per le quali tale sovrapposizione è da ritenere per l’appunto solo teorica o quantomeno accettabile.

Il primo motivo va dunque nel suo complesso ritenuto infondato.

12. Quanto alle censure inerenti l’asserita attuale mancanza degli strumenti pianificatori regionali di settore, si possono operare le seguenti precisazioni.

In primo luogo, la normativa regionale vigente ratione temporis (art. 2 e art. 4, comma 1, L.R. n. 7/1995 e s.m.i.) prevedeva che “1. La Regione esercita le funzioni di indirizzo, di coordinamento e controllo previste dalla presente legge.

2. Le funzioni amministrative di cui alla presente legge sono attribuite alle Province. In particolare la Provincia provvede:

a) alla protezione della fauna del proprio territorio;

b) alla pianificazione e gestione territoriale e faunistica…” e che “1. I criteri e gli indirizzi regionali per la stesura dei piani provinciali di cui all’articolo 5 sono adottati dal Consiglio regionale, su proposta della Giunta regionale. Gli indirizzi regionali hanno valenza quinquennale e devono essere trasmessi al Consiglio regionale entro novanta giorni precedenti la data della loro scadenza”.

La normativa regionale dunque, ripartiva in maniera parzialmente differente le competenze fra Regione e Province rispetto alla norma nazionale, ma questo, oltre a non essere oggetto di contestazione nel presente giudizio, rientrava nelle facoltà della Regione.

A seguito dell’entrata in vigore della L. n. 56/2014, la L.R. n. 13/2015 ha attribuito la competenza in materia di caccia interamente alla Regione, il che ha determinato ipso facto il venir meno della necessità di modificare gli indirizzi di cui alla deliberazione consiliare n. 5/2010 (dovendo nel prossimo futuro la Regione adottare il Piano Faunistico-Venatorio Regionale, che sarà presumibilmente l’unico strumento pianificatorio di settore). Peraltro, poiché un determinato settore non può mai rimanere privo di disciplina pianificatoria, nelle more restano comunque in vigore, ai sensi dell’art. 3, comma 11, L.R. n. 7/1995, i piani faunistici provinciali approvati sulla base degli indirizzi regionali (piani che in sé non sono oggetto di contestazione).

Mentre la deliberazione di C.R. n. 5/2010 – recando unicamente disposizioni di indirizzo – non doveva essere sottoposta a VAS, i piani provinciali sono stati invece sottoposti alla valutazione ambientale strategica, come prevede il D.Lgs. n. 152/2006.

Va poi evidenziato che l’art. 18, comma 2, della L. n. 157/1992 si riferisce genericamente a “piani faunistico-venatori”, per cui l’autorizzazione regionale alla preapertura della caccia è legittima anche in presenza dei soli piani faunistici provinciali.

Il calendario venatorio, invece, non essendo qualificabile come “piano o progetto” nel senso voluto dal T.U. n. 152/2006 (in quanto esso non è espressione del potere pianificatorio, assolvendo solo alla funzione di disciplinare il profilo temporale di un’attività che trova legittimazione nella legge e negli atti pianificatori di settore), non doveva essere sottoposto né a VAS/VIA, né a valutazione di incidenza (V.I.) ex DPR n. 357/1997. Peraltro, in relazione a quanto esposto a pagina 13 del ricorso, si deve evidenziare che l’ISPRA ha solo espresso una valutazione sull’opportunità di sottoporre a V.I. anche il calendario venatorio, ma questo è per l’appunto un mero auspicio e non un obbligo di legge.

Va peraltro rilevato che nella deliberazione n. 867 la Regione ha ribadito l’applicazione delle misure di conservazione minime delle aree SIC e ZPS adottate con le precedenti deliberazioni nn. 1471/2008 e 1036/2009.

13. Quanto al terzo motivo, la sua trattazione necessita di un’analisi più dettagliata di ciascuna delle singole censure riassunte al precedente paragrafo 1.6., fermo restando il principio generale per cui l’amministrazione regionale può disattendere il parere ISPRA, a condizione che assolva all’onere di esplicitare dettagliatamente le valutazioni che sottendono le diverse scelte effettuate. Dalla semplice lettura della deliberazione n. 867/2016 emerge che la Giunta ha esposto per ciascuna delle specie cacciabili le motivazioni (più o meno sintetiche) che l’hanno indotta a disattendere il parere ISPRA.

13.1. Preapertura della caccia per le specie Tortora, Alzavola, Germano Reale, Marzaiola, Colombaccio, Quaglia, Merlo, Starna, Fagiano, Tordo Bottaccio, Tordo Sassello, Cesena, Gallinella d’acqua, Folaga, Codone, Fischione, Mestolone, Moriglione, Canapiglia, Porciglione, Frullino, Pavoncella e Beccaccino.

La Regione ha adeguatamente motivato le ragioni che hanno determinato una deroga dei periodi di apertura della caccia (ad eccezione di quanto statuito per la specie Moretta in cui, come rilevato in sede cautelare, emergeva una certa contraddittorietà nel non ritenere opportuna la sospensione del prelievo venatorio nelle more dell’esclusione di tale specie da quelle cacciabili. Il problema, come detto, sopra, è stato peraltro superato dalla deliberazione n. 1138/2016) facendo preciso riferimento alle fonti che hanno portato l’amministrazione a disattendere il parere ISPRA.

13.2. Quanto alla Tortora innanzitutto va evidenziato che le giornate di preapertura (6 in tutto) sono sottoposte a stringenti limiti orari, che di fatto ne riducono l’incidenza. In ogni caso la divergenza con le giornate raccomandate dall’ISPRA è stata adeguatamente motivata dall’amministrazione con un aumento demografico della specie in questione (+ 0,8% negli anni 2000-2013).

13.3. Adeguata motivazione è stata data nell’atto impugnato in merito al Combattente, che fa registrare una sostanziale stabilità nella popolazione (della Moretta si è già detto).

13.4. Del pari adeguatamente motivata appare la decisione di prevedere due giornate di caccia aggiuntive con la sola pratica dell’appostamento (pag. 24 della deliberazione n. 867).

13.5. Quanto alla caccia vagante nel mese di gennaio, il parere ISPRA si fonda in realtà su considerazioni che riguardano la caccia in sé (in quanto è evidente che la presenza dei cacciatori reca sempre un disturbo alla fauna, a prescindere da quanto lunghi siano i periodi in cui l’attività venatoria è autorizzata, e che il fenomeno del bracconaggio è in re ipsa un’attività fuorilegge, che può quindi verificarsi a prescindere dal calendario venatorio) e che dunque non appaiono decisive. Il mese di gennaio è comunque ricompreso nell’arco temporale massimo previsto dall’art. 18, comma 2, della L. n. 157/1992, per cui non si è in presenza di un divieto normativo. Da ultimo, si deve evidenziare che molto probabilmente la Regione in parte qua si è basata anche su un precedente cautelare specifico e favorevole di questo Tribunale (vedasi l’ordinanza n. 378/2014).

13.6. Circa la legittimità del limite fissato al 30 gennaio 2017 concernente la cacciabilità del Tordo Bottaccio, del Tordo Sassello e della Cesena, il calendario impugnato motiva nel dettaglio le ragioni per le quali non si è ritenuto di adeguarsi al parere ISPRA, mentre le ricorrenti si limitano per l’appunto a richiamare il citato parere, nonché l’apertura della procedura EU Pilot 6855/14/ENVI da parte della Commissione UE. A questo secondo riguardo va detto che la procedura de qua non ha natura sanzionatoria (in effetti, il sistema EU Pilot, lanciato nel 2008 dalla Comunicazione della Commissione “Un’Europa dei risultati – Applicazione del diritto comunitario” (COM (2007)502), è un meccanismo istituito tra Commissione europea e Stati membri per lo scambio di informazioni e la risoluzione di problemi in tema di applicazione del diritto dell’Unione europea o di conformità della legislazione nazionale alla normativa UE, concepito per la fase antecedente all’apertura formale della procedura di infrazione) e che, ad ogni buon conto, non risulta che lo Stato italiano sia stato deferito davanti alla Corte di Giustizia per mancata o incompleta attuazione della direttiva 2009/147/CE.

13.7. Quanto al prelievo della Quaglia, va in primo luogo evidenziato che esso è consentito fino al 4 dicembre (e non fino al 29 dicembre, come asserito dalle ricorrenti), in secondo luogo anche in questo caso la Regione ha motivato nel dettaglio le ragioni della propria scelta (ragioni che attengono sia al fatto che vi è una sola decade di sovrapposizione del prelievo con il periodo riproduttivo, sia allo stato di conservazione della popolazione, sia alla discrepanza fra il parere ISPRA e precedenti pubblicazioni dello stesso Istituto).

13.8. Con riguardo al fatto che per le specie Ghiandaia, Cornacchia Grigia, Gazza e Colombaccio il prelievo viene autorizzato anche per cinque giornate del mese di febbraio 2017, si osserva che l’IPSRA non ha effettuato alcun rilievo sul punto e che anche altre Regioni hanno adottato misure analoghe. Nel merito, comunque, la decisione è congruamente motivata e prevede anche una serie di limitazioni che rendono la misura sostenibile.

13.9. In relazione, invece, al fatto che il prelievo delle specie Germano Reale, Gallinella d’acqua, Folaga, Alzavola, Codone, Fischione, Mestolone, Moriglione, Marzaiola, Canapiglia, Porciglione, Frullino, Pavoncella e Beccaccino è consentito fino al 30 gennaio, anziché fino al 20 (come auspicato dall’ISPRA) va anzitutto rilevato che la data di chiusura non è per tutte le specie suddette fissata al 30 gennaio (ad esempio per il Germano Reale, la Marzaiola, l’Alzavola la data di chiusura è il 23 gennaio). In generale, comunque, il calendario motiva nel dettaglio le ragioni di tale lieve scostamento di date, escludendo in particolare il periodo di sovrapposizione del prelievo con la migrazione prenuziale.

13.10. Per ciò che attiene la caccia alla Lepre, non risponde al vero che la Regione Marche non ha confutato il parere ISPRA, il che risulta dall’ampia motivazione riportata alle pagine 22-23 dell’impugnata deliberazione n. 867 (in cui si evidenziano, in particolare, la scarsa efficacia quantitativa che avrebbe la posticipazione dell’apertura, i limiti di prelievo per cacciatore e il fatto che a livello regionale la specie può conservarsi e riprodursi in maniera soddisfacente tenuto conto della superficie destinata a zone di ripopolamento e cattura e a centri di riproduzione della selvaggina).

13.11. Con riguardo al prelievo della Pernice Rossa, il motivo si basa in buona misura su un evidente (e forse involontario) travisamento della motivazione recata dal calendario venatorio. Il richiamo a fonti ottocentesche era infatti finalizzato a confutare il parere ISPRA e non certo a dimostrare quale sia lo stato di conservazione attuale della specie. Nel merito, comunque, si osserva che il parere ISPRA sul punto reca il semplice auspicio dell’attivazione di un programma di controllo della specie che dovrebbe essere funzionale alla sua eradicazione, il che non è di per sé incompatibile con il prelievo venatorio. Ai sensi dell’art. 2, comma 2, della L. n. 157/1992, infatti, l’attivazione dei programmi di gestione può essere finalizzata all’eradicazione o al controllo della popolazione e tali interventi di controllo o eradicazione sono realizzati come disposto dall’articolo 19. L’art. 19, a sua volta, prevede che i programmi di controllo possono riguardare anche le zone vietate alla caccia e che gli stessi vanno realizzati di preferenza con metodi ecologici, ma, in caso di inefficacia di tali metodi, anche mediante piani di abbattimento. Per cui, fermo restando che la Regione ha motivato circa la natura non alloctona della Pernice Rossa (e tale dato andava confutato dalle ricorrenti con argomentazioni scientifiche proprie e non con il semplice richiamo al parere ISPRA) e che l’attivazione dei programmi di controllo della specie riguarda un diverso procedimento (che richiede tempi diversi dalla stretta attualità che connota il calendario venatorio annuale), l’art. 19 della L. n. 157/1992 conferma che l’attività venatoria è compatibile con i programmi di controllo di cui all’art. 2, comma 2, della L. n. 157.

13.12. Quanto al periodo di addestramento dei cani da caccia, si possono fare due osservazioni.

Con riferimento al periodo iniziale (15-31 agosto 2016), lo scostamento di date fra calendario venatorio e parere ISPRA è minimo (circa 15 giorni complessivi, che in realtà si riducono a 10, visto che l’allenamento non è consentito nei giorni di martedì e venerdì di ciascuna settimana). Il parere ISPRA, inoltre, non specifica nemmeno quante e quali sono le specie che potrebbero essere disturbate dalla presenza dei cani durante la fase di riproduzione, il che non consente di verificare la proporzionalità della scelta operata dalla Regione (la quale ovviamente è la risultante di un compromesso fra contrapposti interessi, al pari del resto della diversa soluzione propugnata dall’ISPRA).

Con riguardo invece al periodo di addestramento consentito nei mesi di febbraio e marzo 2017, la censura è infondata, in quanto il calendario rimanda a successivi provvedimenti della Giunta – da adottare di concerto con gli AA.TT.CC. – l’individuazione delle zone destinate a tale addestramento (prevedendo comunque un numero limitato di giornate). Ciò si pone in linea con la disposizione dell’art. 10 della L. n. 157/1992 secondo cui l’addestramento deve svolgersi in aree debitamente individuate e segnalate.

Va da ultimo osservato che la Regione ha comunque evidenziato che negli ultimi anni non vi sono state conferme empiriche da parte degli AA.TT.CC. circa l’esistenza degli impatti potenziali paventati nel parere ISPRA.

14. In relazione al quarto motivo di ricorso, è sufficiente osservare che, anche a prescindere da quanto eccepito dalla Regione e da Federcaccia circa l’omessa individuazione delle rotte migratorie da parte dell’ISPRA, il divieto di caccia di cui all’art. 21, commi 2 e 3, della L. n. 157/1992 ed all’art. 39, let. gg), della L.R. n. 7/1995 opera ex lege ed era dunque superfluo un eventuale richiamo operato nel calendario. Il fatto che il calendario venatorio non abbia indicato i valichi montani in cui vige il divieto, poi, potrebbe al limite penalizzare i cacciatori che fossero sanzionati per aver violato il divieto medesimo (i quali potrebbero difendersi sostenendo che la prescrizione era inapplicabile proprio per la sua indeterminatezza), ma non rende certo illegittimo di per sé il calendario.

15. Quanto al quinto motivo di ricorso, anch’esso si appalesa infondato.

Sono le stesse ricorrenti a riconoscere che in Italia il divieto di utilizzo di munizioni al piombo riguarda solo le aree inserite nella Rete Natura 2000 e, dunque, sotto questo profilo nessun rilievo può essere mosso al calendario venatorio regionale (che ha ribadito i medesimi divieti sanciti dal D.M. 17/10/2007). Per il resto, non avendo il potere di vietare l’utilizzo di munizioni al piombo (checché abbia detto al riguardo l’ISPRA nel proprio parere), la Regione ha richiamato la deliberazione di G.R. n. 453/2014, che consiglia l’utilizza di munizioni atossiche anche in tutte le altre zone in cui è consentita la caccia.

Il principio di precauzione non si esplicita solo attraverso divieti, ma anche attraverso misure di moral suasion (del resto, il diritto comunitario non conosce solo “direttive” e “regolamenti”, ma anche “comunicazioni” e “raccomandazioni”).

16. Con riferimento infine al sesto motivo – con cui si censura la deliberazione n. 671/2016, in seguito integrata dalla deliberazione n. 728/2016 – oltre a quanto già statuito al precedente paragrafo 9., si osserva che:

– dal punto di vista procedurale, con la deliberazione n. 728/2016 la Regione ha comunque sanato l’eventuale vizio dedotto in ricorso e relativo alla mancata acquisizione del parere ISPRA (parere che è pervenuto dopo l’adozione della deliberazione n. 671/2016 e che è, in generale, “favorevole con prescrizioni”);

– con riguardo alla questione dell’utilizzo dei richiami, la Regione ha evidenziato che i richiami vietati sono solo quelli previsti dall’allegato IV alla direttiva 2009/147/CE (i quali non sono quindi consentiti nemmeno per il prelievo in deroga);

– i dati relativi ai danni che le specie oggetto di prelievo in deroga hanno provocato alle colture agricole sono indicati nel documento istruttorio allegato alla deliberazione n. 671/2016. Naturalmente, la valutazione della rilevanza economica dei danni registrati negli ultimi anni sul territorio in relazione alla decisione di autorizzare il prelievo in deroga compete alla Regione e non certo all’ISPRA, e a questo riguardo a pagina 17 della deliberazione n. 671 la Giunta ha opportunamente evidenziato che non esistono criteri oggettivi di valutazione e che in tempi di conclamata crisi economica anche un danno di poche migliaia di Euro può essere ritenuto grave (visto che i risarcimenti previsti dalla normativa vigente tengono conto solo del valore in pianta dei frutti e non del valore di mercato del prodotto trasformato).

17. Per tutto quanto precede, il ricorso va in parte dichiarato improcedibile e in parte respinto.

Tenuto conto del fatto che in sede cautelare alcune delle censure avevano trovato condivisione, le spese del giudizio si possono integralmente compensare.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per le Marche (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto:

– in parte lo dichiara improcedibile e in parte lo respinge;

– compensa integralmente le spese di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Ancona nella camera di consiglio del giorno 10 marzo 2017 con l’intervento dei magistrati:

Maddalena Filippi, Presidente
Gianluca Morri, Consigliere
Tommaso Capitanio, Consigliere, Estensore

L’ESTENSORE
Tommaso Capitanio
        
IL PRESIDENTE
Maddalena Filippi
        
        
IL SEGRETARIO
 

Iscriviti alla Newsletter GRATUITA

Ricevi gratuitamente la News Letter con le novità di AmbienteDiritto.it e QuotidianoLegale.

N.B.: se non ricevi la News Letter occorre una nuova iscrizione, il sistema elimina l'e-mail non attive o non funzionanti.

ISCRIVITI SUBITO


Iscirizione/cancellazione

Grazie, per esserti iscritto alla newsletter!