* INQUINAMENTO DEL SUOLO – Affitto del bene a terzi – Proprietario – Responsabilità – Presupposti – Imputabilità dell’inquinamento – Condotte attive e omissive – Prova diretta e indiretta – Nesso di causalità tra la condotta del responsabile e la contaminazione riscontrata – Regola probatoria del “più probabile che non”.
Provvedimento: Sentenza
Sezione: 1^
Regione: Marche
Città: Ancona
Data di pubblicazione: 6 Marzo 2015
Numero: 190
Data di udienza: 20 Novembre 2014
Presidente: Morri
Estensore: Ruiu
Premassima
* INQUINAMENTO DEL SUOLO – Affitto del bene a terzi – Proprietario – Responsabilità – Presupposti – Imputabilità dell’inquinamento – Condotte attive e omissive – Prova diretta e indiretta – Nesso di causalità tra la condotta del responsabile e la contaminazione riscontrata – Regola probatoria del “più probabile che non”.
Massima
TAR MARCHE, Sez. 1^ – 6 marzo 2015, n. 190
INQUINAMENTO – Affitto del bene a terzi – Proprietario – Responsabilità – Presupposti.
Nel caso di affitto del bene a terzi, anche il proprietario resta responsabile allorché sia a conoscenza della pericolosità dell’attività svolta e dello stato di inquinamento del sito, essendo ciò sufficiente a far sorgere un obbligo di attivarsi al fine di eliminare, nel più breve tempo possibile ed anche in assenza di intervento dell’autore dell’inquinamento, lo stato di contaminazione (Tar Veneto 1.3.2011 n.. 336).
Pres. f.f. Morri, Est. Ruiu – Comune di Pesaro (avv.ti Graziosi e Bressanelli) c. Provincia di Pesaro e Urbino (avv. Caturani)
INQUINAMENTO – Imputabilità dell’inquinamento – Condotte attive e omissive – Prova diretta e indiretta.
Ferma la doverosità degli accertamenti indirizzati ad individuare con specifici elementi i responsabili dei fatti di contaminazione, l’imputabilità dell’inquinamento può avvenire per condotte attive, ma anche per condotte omissive, e la prova può essere data in via diretta od indiretta, ossia, in quest’ultimo caso, l’amministrazione pubblica preposta alla tutela ambientale si può avvalere anche di presunzioni semplici di cui all’art. 2727 cod. civ. (le presunzioni sono le conseguenze che la legge o il giudice trae da un fatto noto per risalire a un fatto ignorato), prendendo in considerazione elementi di fatto dai quali possano trarsi indizi gravi precisi e concordanti, che inducano a ritenere verosimile, secondo l'”id quod plerumque accidit” che si sia verificato un inquinamento e che questo sia attribuibile a determinati autori”. Ai fini della responsabilità in questione è perciò necessario che sussista e sia provato, attraverso l’esperimento di un’adeguata istruttoria o quantomeno attraverso elementi indiziari, il rapporto di causalità tra l’azione o l’omissione del destinatario del provvedimento e il superamento – o pericolo concreto ed attuale di superamento dei limiti di contaminazione, senza che possa venire in rilievo una sorta di responsabilità oggettiva facente capo al terzo subentrato nella titolarità di gestione dell’impianto, meramente in ragione di tale qualità (Cass. Civ. SS.UU., 25.2.2009, n. 4472).
Pres. f.f. Morri, Est. Ruiu – Comune di Pesaro (avv.ti Graziosi e Bressanelli) c. Provincia di Pesaro e Urbino (avv. Caturani)
INQUINAMENTO – Nesso di causalità tra la condotta del responsabile e la contaminazione riscontrata – Regola probatoria del “più probabile che non”.
Il nesso di causalità tra la condotta del responsabile e la contaminazione riscontrata deve essere accertato applicando la regola probatoria del “più probabile che non”: pertanto, il suo positivo riscontro può basarsi anche su elementi indiziari (Tar Abruzzo, Pescara 13.5.2011, n. 318; Tar Piemonte 24.3.2010, n. 1575, Tar Lazio Roma 3.7.2012 n. 6033 e, più in generale, sul principio, Cass. Civ., sez. un., 11.1.2008, n. 581).
Pres. f.f. Morri, Est. Ruiu – Comune di Pesaro (avv.ti Graziosi e Bressanelli) c. Provincia di Pesaro e Urbino (avv. Caturani)
Allegato
Titolo Completo
TAR MARCHE, Sez. 1^ - 6 marzo 2015, n. 190SENTENZA
TAR MARCHE, Sez. 1^ – 6 marzo 2015, n. 190
N. 00190/2015 REG.PROV.COLL.
N. 00119/2011 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per le Marche
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 119 del 2011, integrato da motivi aggiunti, proposto da:
Comune di Pesaro, rappresentato e difeso dagli avv. Giacomo Graziosi, Mariangela Bressanelli, con domicilio eletto presso Avv. Domenico D’Alessio in Ancona, Via Giannelli, 36;
contro
Provincia di Pesaro e Urbino, rappresentata e difesa dall’avv. Cesare Caturani, con domicilio eletto presso Avv. Marco Manfredi in Ancona, Via Giannelli, 22;
nei confronti di
Arco Vallato S.r.l., Immobiliare Ciemme di Campanelli e C. S.n.c., Adriatica Costruzioni S.r.l., Edilgruppo S.r.l., rappresentate e difese dagli avv. Alberta Milone, Franco Giampietro, con domicilio eletto presso Avv. Massimo Spinozzi in Ancona, Via San Martino, 43;
Carnia S.r.l., rappresentata e difesa dall’avv. Lorenzo Ruggeri, con domicilio eletto presso Avv. Renato Cola in Ancona, Via De Bosis, 3;
Aspes Azienda Servizi Pesaresi Spa, rappresentata e difesa dall’avv. Maurizio Mancinelli, con domicilio eletto presso Avv. Valeria Mancinelli in Ancona, piazza Cavour, 2;
Società Carloni e Alessandroni S.r.l., Arpam Agenzia Regionale Protezione Ambiente delle Marche, non costituiti in giudizio;
per l’annullamento
– della determinazione dirigenziale della Provincia di Pesaro e Urbino n.2972 del 9.11.2010 ricevuta dal Comune in data 15/16.11.2010 pro.77038 che ha individuato i responsabili della contaminazione del Cantiere Ex-Amga in via Morosini a Pesaro;
– dell’allegato istruttorio alla predetta determinazione dirigenziale;
Con ricorso per motivi aggiunti depositato il :20.7.2011;
– dell’ordinanza provinciale n. 2–AMB/201 1 dei 2.5.2011 notificata al Comune di Pesaro il 2-6.5.2011 nella parte in cui ordina al Comune di Pesaro di eseguire le attività di bonifica del sito di via Morosini “in veste di soggetto corresponsabile dell’inquinamento”e nella parte in cui limita “intra víres” l’obbligo di bonifica delle ditte-proprietarie;
Con motivi aggiunti depositati il 10.10.2011 e il 28.6.2012
– della determinazione dirigenziale della Provincia di Pesaro e Urbino n.2972 del 9.11.2010 ricevuta dal Comune in data 15/16.11.2010 pro.77038 che ha individuato i responsabili della contaminazione del Cantiere Ex-Amga in via Morosini a Pesaro;
dell’allegato istruttorio alla predetta determinazione dirigenziale;
– dell’ordinanza provinciale n. 2–AMB/201 1 dei 2.5.2011 notificata al Comune di Pesaro il 2-6.5.2011 nella parte in cui ordina al Comune di Pesaro di eseguire le attività di bonifica del sito di via Morosini “in veste di soggetto corresponsabile dell’inquinamento”e nella parte in cui limita “intra víres” l’obbligo di bonifica delle ditte-proprietarie;
Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Provincia di Pesaro e Urbino e di Arco Vallato S.r.l. e di Adriatica Costruzioni S.r.l. e di Immobiliare Ciemme di Campanelli e C. S.n.c. e di Carnia S.r.l. e di Edilgruppo S.r.l. e di Aspes Azienda Servizi Pesaresi Spa;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 3 luglio 2014 il dott. Giovanni Ruiu e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Il Comune di Pesaro ha alienato alla Società Carnia S.r.l. e alle ditte Arcovallato S.r.l., Adriatica Costruzioni S.r.l., Immobiliare Gemme S.n.c. ed Edilgruppo S.r.l una zona dell’area ricompresa nel comparto edificatorio P.N. 5.6 — Centro Direzionale Benelli” sito in Pesaro, Via Mario del Monaco, Via Morosini, Via del Lazzaretto.
In data 8.4 2010, l’area veniva sottoposta a sequestro penale per la presenza di inquinamento da idrocarburi, mentre erano in corso dei lavori ad opera della Ditta Carloni & Alessandroni, incaricata dalle comproprietarie.
In data 9.11.2010, la Provincia di Pesaro e Urbino emanava la Determinazione n. 2972, nella quale identificava le società comproprietarie sopracitate quali responsabili principali dell’inquinamento, unitamente alla ditta Carloni & Alessandroni, appaltatrice incaricata dei lavoratori di escavazione e sbancamento quale soggetto compartecipe della dinamica degli avvenimenti, oggetto delle indagini svolte e il Comune di Pesaro, in veste di Ente precedentemente proprietario ed utilizzatore del sito storicamente oggetto di precedenti operazioni di permuta e quindi, di ente responsabile in solido (seppur con carattere affievolito rispetto alla successiva dinamica che ha connotato l’evento di contaminazione), in quanto figura allora parzialmente inadempiente nei confronti degli acquirenti il sito, asseverata la mancata completezza di quell’informazione e/o adeguata pubblicizzazione riguardante la sorgente potenziale di inquinamento, ivi sepolta.
L’atto di individuazione dei responsabili era impugnato dal Comune di Pesaro con l’odierno ricorso introduttivo.e dalla Società Carnia Srl con ricorso 84/2011, mentre le altre comproprietarie lo impugnavano con ricorso 198/2011.
Con ordinanza n. 91 del 10.2.2011, l’istanza cautelare presentata dal comune ricorrente era respinta da questo Tribunale, con la motivazione che la Provincia non aveva provveduto all’adozione delle ordinanze di cui all’art. 244 comma 2 del d.lgs 152/2006, per cui vi era mancanza di pregiudizio per la ricorrente, fissando comunque la discussione nel merito della controversia.
In data 5.5.2011, la Provincia di Pesaro e Urbino emanava la Ordinanza n. 02-AMB/2011 del 2.5.2011prot. 2481/11.
Nell’ordinanza, a firma del Dirigente del Servizio 4.3, Dott.ssa Elisabetta Cecchini, era ordinato alle ditte corresponsabili dell’inquinamento proprietarie dell’area, alla ditta corresponsabile dell’inquinamento ed appaltatrice dei lavori di escavazione, e al Comune di Pesaro in veste di soggetto corresponsabile dell’inquinamento nonché, in caso di’inerzia dei soggetti di cui ai punti A) e B) quale P.A. comunque competente e legittimata passiva ex artt. 250 e 253 d,lgs. 152/2006 ed in via residuale, in caso di inattività “dei soggetti corresponsabili” ovvero tenuti comunque, ad intervenire in via sussidiaria, la Regione Marche, quale P.A. competente ed ultima legittimata passiva ex artt. 250 e 253 d.lgs. 152/2006 affinché provvedessero sia all’adempimento integrale di quanto prescritto dagli artt. 242, 244, 250 e 253 Decreto Legislativo 3.4.2006, n. 152 e ss.mm.ii., sia alla prosecuzione di tutte quelle attività ed iniziative già azionate e poste in essere in ossequio alla richiamata disciplina.
Detta ordinanza è stata impugnata con i primi motivi aggiunti, depositati in data 20.7.2011 L’ordinanza era impugnata aanche dalla Carnia Srl con ricorso 728/2011, dalle altre comproprietarie con motivi aggiunti al ricorso 198/2011 e dalla ditta appaltatrice Carloni & Alessandroni con ricorso 705/2011.
Con successivi motivi aggiunti, depositati il 10.10.2011, il Comune di Pesaro impugnava la medesima ordinanza, sostenendo il carattere storico dell’inquinamento.
In data 28.6.2012 il Comune depositava nuovi motivi aggiunti a seguito della trasmissione, da parte della Procura di Pesaro, della scrittura privata del 3.6.2008, dove le comproprietarie riconoscevano la possibilità di inquinamento nel sottosuolo, ripartendosi gli oneri di bonifica.
L’udienza di merito era differita più volte, per poi venire definitivamente fissata, su nuova istanza cautelare per il ricorso 192/2011, per 20.2.2014. Dopo un ulteriore differimento il ricorso è stato discusso in data 3.7.2014. Alla fine della discussione orale sono stati trattenuti in decisione.
1 Va premesso che, come già accennato, la determinazione dirigenziale 2972/2010 ha carattere essenzialmente prodromico rispetto alla successiva ordinanza, riportando l’indagine relativa all’individuazione dei soggetti responsabili per l’inquinamento, propedeutica all’adozione dell’ordinanza dirigenziale 2.5.2011, la quale ha ordinato ai soggetti ritenuti responsabili l’esecuzione della bonifica. Di conseguenza, le censure contro i due provvedimenti sono sostanzialmente simili, pur con alcune differenziazioni riguardo il titolo della responsabilità.
1.1 Ritiene il Collegio di riportare, in sintesi, la ricostruzione, effettuata negli impugnati provvedimenti Provinciali che individua la responsabilità del Comune ricorrente, per poi analizzare le censure contro detti provvedimenti e le relative argomentazioni.
2. La ricostruzione effettuata dalla Provincia di Pesaro è basata sui seguenti punti:
– in data 7 aprile, a seguito della segnalazione di residenti in zona, componenti del Comando Carabinieri per la Tutela dell’Ambiente procedevano al sequestro dell’area di proprietà delle ricorrenti e del relativo cantiere. Interveniva altresì personale dell’ARPAM, accertando livelli di contaminazione superiore ai valori soglia. In data 16.4.2010 le successive indagini ARPAM rivelavano forti livelli di inquinamento da idrocarburi;
– era quindi avviata, da parte della provincia di Pesaro Urbino, la ricerca dei responsabili della contaminazione a norma dell’articolo 245 del d.lgs 152/2006. L’indagine si concludeva con l’adozione dell’impugnata determinazione 2972/2010, che individuava come responsabili in via principale le ricorrenti comproprietari dell’area, la ditta appaltatrice e, con responsabilità attenuata, al Comune di Pesaro;
– la comproprietarie avviavano le procedure per la messa in sicurezza dell’area ai sensi dell’articolo 145 d.lgs 152/2006, affidando l’incarico alla ditta Petroltecnica S.p.A.;
– dopo corrispondenza tra la provincia e le comproprietarie, dove quest’ultime, pur ribadendo di voler collaborare alla caratterizzazione, negavano la propria responsabilità e annunciavano di rivalersi contro “l’inquinatore storico”, era adottata l’impugnata ordinanza n. 2 del 29.4.2011;
– la motivazione dell’attribuzione della responsabilità dell’inquinamento alle comproprietarie, all’impresa appaltatrice e al Comune è contenuta, principalmente, nel corposo documento istruttorio allegato alla determinazione 2972/2010. La genesi dell’inquinamento è individuata nei lavori di sbancamento affidati dalle comproprietarie per la realizzazione previsto comparto edilizio alla ditta Carloni & Alessandroni Srl.- seguivano ispezioni condotte dalla Provincia e dell’ARPAM ove, oltre a un diffuso inquinamento del terreno da idrocarburi, erano altresì individuate vasche e pozzi pieni di liquami di derivazione industriale;
– la Provincia assume, visto anche il presentarsi improvviso delle emissioni odorigene, che i lavori di sbancamento abbiano provocato la rottura delle vasche dove era stato raccolto il materiale inquinante. Inoltre, inizialmente, prima dell’intervento dei carabinieri, la situazione sarebbe stata aggravata dall’illecito smaltimento degli inquinanti rinvenuti dalla ditta appaltatrice.
– alla luce di ciò, le comproprietarie sono state ritenute responsabili, sia per lo svolgimento di attività pericolosa senza le dovute cautele, relativamente alla scelta dell’impresa appaltatrice
2.1 Con specifico riguardo al Comune di Pesaro:
– la Provincia fa riferimento, per la storia del sito, al volume “La storia dell’AMGA di Pesaro” stampato nel 1989 e alla relazione finale conoscitiva sul caso ex AMGA dell’undicesima Commissione “Controllo e Garanzia sull’attività amministrativa dell’11.6.2010;
– la prima società per la produzione del gas è stata costituita nel 1882, prima privata poi, a partire dal 1913, municipalizzata e aggregata all’Azienda Comunale dell’Acquedotto (AMGA), dal 1969 e poi Azienda Speciale Pesarese (ASPES) a partire dal 1 gennaio 1995, (quest’ultima controinteressata nell’odierno ricorso). Sull’area si sarebbe svolta produzione di gas fino agli anni 70;
2.2 Si afferma inoltre che che
– il Comune è sempre stato proprietario dell’area dal 1881;
– la permuta dei manufatti è avvenuta nel 1999 senza che fosse fatto alcun riferimento alla natura industriale del sito e al relativo pericolo di inquinamento;
– l’azienda municipalizzata prima e l’AMGA poi sarebbero stati a conoscenza delle criticità ambientali provocate dalle precedenti attività;
– il possibile inquinamento del sito, per la prima volta, senza indicazioni specifiche e in base alle notizie storiche, era segnalato dal comune di Pesaro in data 17.9.2002, successivamente alle permute, in assenza di segnalazioni degli enti (municipalizzata, poi AMGA e ASPES) che avevano avuto la disponibilità del sito;
– il capitolato della demolizione della vecchia ciminiera del gasometro, affidato dall’azienda municipalizzata nel 1974, afferma che non è da escludere la presenza di sacche o depositi di catrame dalla distillazione del carbon fossile;
– quindi il Comune è responsabile, ex artt. 2043, 2050 e 2051 c.c. in quanto ente precedentemente proprietario ed utilizzatore del sito storicamente oggetto di precedenti operazioni di permuta e, quindi, di ente responsabile in solido (seppur con carattere affievolito rispetto alla successiva dinamica che ha connotato l’evento di contaminazione) in quanto figura parzialmente inadempiente nei confronti degli acquirenti il sito, asseverata la mancata completezza d’informazione e adeguata pubblicizzazione riguardante la sorgente potenziale di inquinamento ivi sepolta.
2.3 Con l’ordinanza 02/AMB 2011 del 2.5.2011, viene ulteriormente specificato il titolo della responsabilità comunale riscontrandolo nell’articolo 2050 del codice civile, nella violazione dei doveri di diligenza e del principio costituzionale di buon andamento dell’attività amministrativa di cui all’articolo 97 Cost e nella responsabilità da contatto sociale qualificato, affermando è che la pubblica amministrazione a dover dimostrare di aver agito senza colpa. Si argomenta comunque che l’Amministrazione sarebbe in colpa per il mancato rispetto dell’affidamento e delle regole di condotta.
3 La ricostruzione effettuata dalla Provincia è contestata,sotto vari profili, che si sintetizzano di seguito:
3.1 Con il ricorso introduttivo si deduce la violazione dell’art. 2 della legge 103/1903, dell’articolo 2 della legge 2578/1925 e dell’art. 23 legge 142/1990 in relazione al principio di “chi inquina paga” e quindi alla direttiva 2004/35/CE e degli artt. 239, 242, 244 e 245 del d.lgs 152/2006, nonché eccesso di potere per falso presupposto di diritto, difetto di istruttoria e motivazione (primi due motivi).
La tesi del Comune è che gli sia stata attribuita una responsabilità di carattere oggettivo, come precedente proprietario del sito, mascherata da effettiva responsabilità per una condotta attiva od omissiva, mentre, al contrario, lo stesso Comune non era minimamente a conoscenza del pericolo di contaminazioni. Il Comune non avrebbe mai avuto la disponibilità del terreno, utilizzato dall’azienda del gas, prima privata, poi municipalizzata (1913-1969), poi AMGA 1968/1995 e infine ASPES dal 1995 al 2002). Di conseguenza a rispondere dovevano essere chiamate casomai le aziende citate (oggi ASPES) e non il Comune. Erroneamente la Provincia avrebbe assimilato il Comune agli enti con disponibilità dell’area, in particolare la municipalizzata e AMGA, dotate di soggettività giuridica autonoma anche prima dell’art. 23 della legge 142/1990, in forza della legge 103/1903. La Provincia avrebbe dovuto analizzare e graduare le responsabilità dei soggetti che hanno avuto la disponibilità dell’area.
3.2 Con il III e il IV motivo, il Comune contesta nel merito le argomentazioni della deteminazione provinciale ove accomuna la responsabilità del proprietario a quella degli autori dell’inquinamento, deducendo la violazione dei principi in materia di responsabilità contrattuale ed extracontrattuale per vizi del bene in proprietà con conseguente violazione del principio di “chi inquina paga” ex direttiva 2004/35/CE e degli artt. 239, 242, 244 e 245 d.lgs 152/2006. In particolare, viene contestata l’imputazione della responsabilità per mancata informazione e pubblicizzazione delle criticità del sito, sempre per la mancata disponibilità del terreno da parte del Comune, che non si vede come potrebbe avere avuto conoscenza di serbatoi sotterranei invisibili in superficie. Le prove individuate dalla Provincia (il capitolato d’appalto AMGA del 1974 per la demolizione degli impianti, il volume “La storia dell’Amga”) sarebbero inconsistenti, e inoltre le stesse indagini preliminari effettuate dalle società proprietarie non avrebbero evidenziato niente, e tanto meno avrebbe potuto farlo il Comune, che esplicitamente negli atti di permuta aveva affermato di non avere la disponibilità dell’area. Di conseguenza, la Provincia avrebbe fatto cattiva applicazione sia della responsabilità del proprietario per difetti della cosa venduta, sia della responsabilità del detentore ex art. 2051 c.c. (non essendolo, appunto, il Comune).
Con il V e VI motivo, il Comune contesta gli inadempimenti riscontrati dalla Provincia riguardo la mancata e incompleta iscrizione del sito nell’anagrafe dei siti inquinati, sostenendo che, al contrario, il Comune avrebbe fatto piena e completa applicazione di quanto previsto dal DM 471/99 e dall’allegato A al DM 185/1989.
3.3 Con il VII e VIII motivo si afferma, essenzialmente, l’assenza del nesso di causalità tra l’omissione informativa imputata al Comune e il danno, in quanto, in ogni caso, essendo la storia del sito nota e diffusa, la mancanza di cautela delle ditte nell’eseguire di lavori escluderebbe ogni nesso di causalità tra l’inquinamento e il comportamento del Comune.
3.4 Con l’ultimo motivo il Comune lamenta di non essere mai stato chiamato a partecipare dalla Provincia al procedimento di individuazione del responsabile, ma di avere partecipato allo stesso solo quale autorità pubblica ai sensi degli artt. 244 e 245 del d.lgs 163/2006.
4 Con i primi motivi aggiunti, il Comune impugna l’ordinanza n. 02-AMB/2011 del 2.5.2011 prot. 2481/11, nella parte in cui il medesimo è individuato come corresponsabile dell’inquinamento e incaricato della bonifica in via principale, oltre che in via sussidiaria in caso di inerzia dei responsabili (quest’ultimo obbligo, previsto ex lege non è ovviamente contestato dal Comune), deducendone, con il primo motivo, l’illegittimità derivata.
4.1 Con il secondo motivo si contestano le nuove argomentazioni giuridiche presenti nell’ordinanza, in particolare l’attribuzione al Comune di una “responsabilità da contatto qualificato” in assenza di provvedimenti amministrativi e in dedotta violazione del principio “chi inquina paga” e degli artt. 239, 242, 244 e 245 del d.lgs 152/2006. Nel provvedimento provinciale si teorizzerebbe una responsabilità presunta dell’amministrazione con inversione dell’onere della prova, in maniera del tutto infondata.
4.2 Con il terzo motivo si afferma la responsabilità individuata dalla Provincia sarebbe contraddetta da numerosa documentazione, con conseguente eccesso di potere e difetto di istruttoria. In particolare, la presenza di inquinanti doveva essere individuata dai detentori dell’area, e non dal Comune. Inoltre, ASPES avrebbe promesso al comune di riconsegnare l’area libera. Ancora, il Comune medesimo non avrebbe nascosto agli acquirenti la situazione dell’area e, come già accennato, i lavori eseguiti in precedenza dalle comproprietarie non avrebbero individuato alcun inquinante. Infine, il Comune ribadisce di essersi comportato in maniera conforme alla legge al momento della segnalazione del sito inquinato, il quale poi non sarebbe stato inserito da ARPAM nell’apposita lista.
4.3 Con il quarto motivo si contesta che la provincia avrebbe individuato un obbligo di bonifica del Comune ex articolo 253 d.lgs 152/2006 quale “precedente proprietario incolpevole”, in totale violazione del principio “chi inquina paga” e del codice dell’ambiente, con conseguente violazione degli artt. 242, 244, 245, 250 e 253 dell d.lgs 152/2006.
4.4 Con il quinto motivo si afferma che sarebbero stati posti, nel provvedimento impugnato, dei limiti ai costi della bonifica a carico dei proprietari, individuandoli erroneamente nel valore dell’area di proprietà su cui graverebbe l’onere reale, confondendo quindi gli obblighi del colpevole d’inquinamento e quella del proprietario incolpevole.
5 Con i secondi motivi aggiunti, il Comune sposa la tesi, contenuta nei ricorsi delle comproprietarie e della ditta, appaltatrice, dell’inquinamento storico, che sarebbe stato ben presente al momento dello svolgimento dell’attività di cantiere, come da documentazione presentata dalle comproprietarie (le relazioni di Petroltecnica SpA, incaricata dalle comproprietarie della messa in sicurezza, perizia dell’ing. Boitani del giugno 2010 e successiva analisi del Prof. Franzetti dell’Università Bicocca del 22.7.2011), commissionata da altri enti (Tecne Srl effettuata un data 27.11.2010 per conto del Ministero dei Beni Culturali e relativa ai processi penali scaturenti dall’evento inquinante (perizia del 21.6.2011 del perito del Pubblico Ministero Dott. Beretta). La tesi delle comproprietarie, condivisa dal Comune e supportata dalla documentazione sopra citata afferma che l’inquinamento sarebbe stato causato in epoca decisamente risalente, in particolare, nel 1944. All’epoca volgeva da tempo la propria attività sull’area l’azienda municipale del gas,la quale avrebbe stoccato i rifiuti in vasche che sarebbero state danneggiate durante la ritirata dell’esercito tedesco, che avrebbe minato e fatto saltare in aria gli impianti, danneggiando le vasche. A detta del Comune, oltre che dalla documentazione di parte, il carattere storico dell’inquinamento emergerebbe anche da la stessa relazione del funzionario provinciale Paci redatta il 7.5.2010. Conseguentemente, il Comune deduce sotto differenti profili ancora la violazione degli articoli 239, 240, 242 e 244 del d.lgs 152/2006, dell’articolo 2051 del codice civile sotto profili differenti da quelli già dedotti e il difetto d’istruttoria.
6 Con i terzi motivi aggiunti il Comune, a seguito della scoperta di una scrittura privata del 3.6.2008 (fornita al Comune dalla Procura che ha svolto l’indagine penale sull’inquinamento), ove le comproprietarie ripartiscono i costi dell’eventuale bonifica del propri terreni, esclude la propria responsabilità e afferma, nel caso, quella delle comproprietarie, deducendo la violazione del principio di “chi inquina paga” ex direttiva 2004/35/CE e degli artt. 239,242,244, 245 e 257 d.lgs 152/2006, sotto il profilo dell’art. 41 c.p. e del nesso causale tra azione ed evento. La tesi è che le eventuali omissioni del dovere di informazione da parte del Comune sarebbero del tutto ininfluenti nella causalità dell’evento, dato che le ditte sarebbero state perfettamente conoscenza delle criticità dell’area.
7 In rito, va premesso come non possano essere condivise le eccezioni dedotte dalla Provincia di Pesaro e Urbino riguardo al difetto di notifica dei primi motivi aggiunti Difatti, la notifica dei motivi aggiunti può legittimamente essere effettuata anche nella sede dell’amministrazione e non necessariamente presso i difensori costituiti, specie quando la notificazione abbia raggiunto il suo scopo (Tar Marche 18.10.2012 n. 648).
8 Nel merito, il Collegio ritiene che il ricorso e i motivi aggiunti siano infondati, essendo condivisibile la ricostruzione effettuata dalla provincia di Pesaro e Urbino dell’evento inquinante e la relativa attribuzione delle responsabilità alle comproprietarie e, secondariamente, al ricorrente comune di Pesaro.
9 Preliminarmente, il Collegio ritiene di trattare l’ultima censura del ricorso introduttivo, che afferma l’insufficiente coinvolgimento del Comune nell’adozione della determinazione 2972/2010. Il Comune, pur avendo partecipato quale ente pubblico a tutte le riunioni relative alla gestione della messa in sicurezza e della caratterizzazione, non avrebbe mai avuto contezza, fino alla notifica del provvedimento impugnato con il ricorso introduttivo, della possibilità di essere individuato come corresponsabile (seppure in forma attenuata) dell’inquinamento. La censura è infondata. Il presente il procedimento in esame si è svolto in due fasi, ove l’individuazione dei responsabili ha preceduto la diffida ad eseguire gli interventi di bonifica, ai sensi degli art. 244 e 245 del d.lgs 152/2006. Gli obblighi di partecipazione previsti, ad esempio, dall’art.192 del d.lgs 152/2006 si riferiscono a procedimenti preordinati all’adozione di ordinanze di rimozione rifiuti mentre, nel caso in esame, la Provincia si è attivata per l’individuazione dei responsabili, e il Comune ha partecipato alla conferenza di servizi (sia pure come amministrazione). Di conseguenza qualora, come nel caso in esame, si sia di fronte ad un mero atto di individuazione dei responsabili, è indubbio che sia necessario il coinvolgimento dei soggetti interessati, tenendo però conto che, trattandosi di un’indagine tesa solo ad accertare i responsabili dell’inquinamento, i soggetti interessati hanno comunque la possibilità di contestare i presupposti dell’accertamento della responsabilità nella fase tra l’accertamento e l’adozione delle ordinanze di cui all’art. 244 c.2. Appare quindi sufficiente, in tale fase, il coinvolgimento del Comune che ha regolarmente partecipato alle conferenze di servizi relative al Piano di Caratterizzazione. Tale partecipazione appare più che sufficiente dato che, in seguito, il Comune ha ricevuto la comunicazione di avvio del procedimento relativa alla fase successiva.
10 Passando ai primi quattro motivi del ricorso introduttivo, che possono essere accorpati riguardando il titolo di responsabilità del Comune, le prove addotte dalla Provincia riguardo tale responsabilità e la sua qualifica di proprietario non detentore.
10.1 Per quanto concerne l’imputabilità al Comune di eventi relativi a quando lo stesso non aveva la disponibilità dell’area (primi due motivi del ricorso introduttivo), va ricordato che la responsabilità del Comune è stata individuata nella violazione degli obblighi di informazione e non in un’attività materiale. Non può essere posto nel dubbio che il Comune, difatti, esercitasse di un obbligo di vigilanza sull’azienda municipalizzata e sugli enti succedutosi. Ad esempio, in tema di obblighi di custodia è stato sostenuto condivisibilmente in giurisprudenza che l’ente proprietario, nel caso in cui non vi sia stato il totale trasferimento a terzi del potere di fatto sull’opera, debba continuare ad esercitare la opportuna vigilanza ed i necessari controlli, non venendo meno il dovere di custodia e, quindi, nemmeno la correlativa responsabilità ex art. 2051 c.c., da cui si può liberare solo dando la prova del fortuito (Cass. Civ. 6.7.2006, n. 15383).
10.2 Nel caso in esame, all’epoca in cui il Comune ha riacquisito la disponibilità dell’area, per poi rendere esecutiva la permuta nei confronti delle comproprietarie, da tempo nel sito non si svolgeva alcuna attività industriale. La tesi del Comune è di non avere avuto alcuna conoscenza del pericolo di inquinamento che avrebbe dovuto essere semmai segnalato da chi aveva la detenzione del sito. In realtà, il Comune era investito contemporaneamente della natura di proprietario (ininterrotto) dell’area e di titolare di obblighi di vigilanza sull’attività ivi svolta, dalla municipalizzata (si ripete, da tempo cessata). In linea generale si è condivisibilmente affermato nel caso di affitto del bene a terzi, anche il proprietario resta responsabile allorché sia a conoscenza della pericolosità dell’attività svolta e dello stato di inquinamento del sito, essendo ciò sufficiente a far sorgere un obbligo di attivarsi al fine di eliminare, nel più breve tempo possibile ed anche in assenza di intervento dell’autore dell’inquinamento, lo stato di contaminazione (Tar Veneto 1.3.2011 n.. 336).
10.3 Nel caso in esame, non è possibile affermare che il Comune fosse all’oscuro del pericolo di inquinamento del sito, del quale è stato ininterrottamente proprietario e dove si è svolta l’attività, fino agli anni 70, di un’azienda municipalizzata sottoposta alla sua vigilanza. E non convince la tesi comunale secondo la quale mancherebbe qualsiasi documentazione relativa alla presenza di vasche interrate, dato che nel presente caso non vi è una mancanza dell’individuazione precisa della fonte del pericolo di inquinamento, ma una sua totale obliterazione, non essendo stata svolta alcuna indagine dal Comune, e non essendovi alcuna menzione sugli atti di permuta e sul verbale di consegna.
10.4 I primi quattro motivi del ricorso sono quindi infondati. Difatti, si rimprovera al Comune, nei provvedimenti impugnati, l’assenza di informazioni sul pericolo di inquinamento fornito alle controinteressate acquirenti. Al di là del titolo di responsabilità (la Provincia cita la responsabilità del custode, la responsabilità.), essenzialmente è contestata al Comune la violazione di obblighi di informazione relativamente a notizie rilevanti di cui era conoscenza, nonché l’assenza di approfondimento che ci aspetterebbe da un ente pubblico proprietario di un’area potenzialmente inquinata che viene ceduta ai privati, riguardo informazioni e cautele che avrebbero potuto evitare l’evento inquinante.
10.5 Il percorso motivazionale della Provincia, nell’attribuire al Comune una responsabilità di tipo omissivo risulta quindi convincente, essendo sicuramente presente l’omissione di informazioni rilevanti nei confronti delle ditte che hanno acquisito i terreni (la possibilità di inquinamento non viene menzionata negli atti di permuta, né nel verbale di consegna). Come risulta dalla sentenza nei confronti del ricorso delle comproprietarie e della ditta appaltatrice, resa in questa stessa udienza, se è indubbio come le ditte acquirenti abbiano omesso le cautele necessarie nella manutenzione del sito, allo stesso modo non può essere azzerata la responsabilità della pubblica amministrazione che è proprietaria (mentre i detentori erano aziende o enti sottoposti alla vigilanza del Comune, e non hanno avuto alcun collegamento diretto con gli acquirenti che hanno causato l’evento inquietante) ininterrotta del terreno. Le conoscenze dell’amministrazione comunale sul potenziale inquinamento del sito sarebbero, nella tesi di parte, limitate alla circostanza che sullo stesso si sia volta attività industriale (circostanza universalmente nota) e il Comune non ha ritienuto di fare alcuna indagine o di avere obblighi informativi nei confronti degli acquirenti. Il Comune ha quindi parzialmente abdicato ai suoi obblighi informativi, anche in relazione alla tutela della salute pubblica, alienando un terreno potenzialmente inquinato senza alcuna clausola contrattuale sul punto (come riportato anche dall’Indagine su ex AMGA effettuata dall’XI Commissione Consiliare in data 9.6.2010).
10.6 Non appare sufficiente la segnalazione dell’area tra i siti potenzialmente inquinati, effettuata dal Comune di Pesaro, senza indicazioni specifiche, con la segnalazione ad ARPAM in data 23.7.2002. Infatti, “i dati in possesso dell’ente e le notizie storiche” in base alle quali il Comune ha richiesto l’inserimento del sito nell’anagrafe dei siti potenzialmente contaminati (notizia non specifica) non sono mai state approfonditi dal Comune e non sono mai state oggetto di menzione nelle attività successive, in particolare, come già citato, nel verbale di consegna della aree alle comproprietarie del 7.11.2005, ben successivo alla segnalazione. Del resto il Comune si era più volte occupato delle aree ai fini della pianificazione urbanistica (a partire dal 1978), e la mancata detenzione non lo esimeva dalla vigilanza sulle stesse. In particolare, seppure l’area sia stata per lungo tempo sede di uffici AMGA e ASPES, la cessazione della produzione del gas è avvenuta per lo meno dagli anni 70 e da tempo nel sito non si svolge alcuna attività industriale, tanto che nella tesi delle attuali comproprietarie del sito l’inquinamento viene fatto risalire addirittura alla seconda guerra mondiale. Nel capitolato dell’appalto conferito nel 1974 da AMGA alla ditta Pirani e Bonzagni per provvedere alla demolizione della vecchia ciminiera e del vecchio gasometro si prevedeva espressamente che “l’impresa appaltatrice dovrà dichiarare di essere a conoscenza che gli impianti da demolire erano adibiti alla produzione e/o trattamento di gas combustibile derivato da distillazione di carbon fossile e che non è di conseguenza da escludere la presenza di sacche o depositi di catrame dalla distillazione del citato carbon fossile”. Appare quindi indubbiamente presente la violazione degli obblighi di diligenza da parte del Comune, che al momento della cessione alle comproprietarie non le informava sul possibile inquinamento del terreno, già segnalato in precedenza per l’iscrizione dell’anagrafe dei siti inquinati, ma in assenza di qualunque altra informazione.
10.7 A parere del Collegio non è quindi condivisibile la tesi di parte ricorrente che afferma come il Comune sarebbe stato ritenuto come responsabile dell’inquinamento in luogo di ASPES, AMGA e dell’Azienda municipalizzata, dato che la Provincia ha individuato una responsabilità del Comune nella disattenta gestione delle notizie a disposizione sul sito. L’affermata assenza di informazione da parte di ASPES non esclude la responsabilità del Comune, che ha consegnato, in data 7.11.2005 alla comproprietarie, un’area, ceduta con atti notarili stipulati nel 1999 con le varie comproprietarie, senza alcuna clausola e/o segnalazione sulla natura dell’area. Né esclude la responsabilità del Comune, ad avviso del Collegio, la circostanza che la presenza delle vasche non fosse stata mai segnalata, dato che in ogni caso, il capitolato per la demolizione della ciminiera e del gasometro del 1974 contiene un chiaro riferimento alla possibilità di inquinamento sotterraneo, possibilità che viene obliterata totalmente nei passaggi successivi, fatta eccezione per la generica segnalazione ex DM Ministero Ambiente 471/99 e 185/89. Correttamente la Provincia, ad avviso del Collegio, nell’individuare la non corretta informazione dei comproprietari ha fatto riferimento all’ente che ha effettuato la cessione dei terreni. Per questo non convincono le tesi comunali sulla propria assenza di colpa e di violazione degli obblighi di diligenza. Il Comune appare dipingersi, nelle proprie difese, come un proprietario “qualsiasi” che abbia ceduto in godimento i propri terreni ad altri, mentre è ben nota la natura strumentale (fino all’approvazione della legge 142/1990) dell’Azienda municipalizzata. ASPES non ha avuto, come già accennato alcun rapporto con le controinteressate, per cui nel caso in esame va accertato se, al di là eventuali omissioni del detentore, il Comune sia responsabile colposamente di incompleta e inesatta informazione nei confronti della comproprietarie alla luce, e alla luce di quanto sopra, la risposta deve esser affermativa.
10.8 Non muta la responsabilità omunale la segnalazione dei siti inquinati effettuata nel censimento ambientale del 2001/2002. Il Comune tratta tale segnalazione nel quinto e nel sesto motivo del ricorso introduttivo, effettuando un’articolata e sostanzialmente condivisibile ricostruzione della normativa di cui ai DM Ministero dell’Ambiente 471/99 e 185/1989, distinguendo tra la segnalazione all’anagrafe dei siti inquinati (che avrebbe richiesto il necessario dettaglio) e quella dei siti potenzialmente contaminati che, al contrario, potrebbe essere basata su notizie storiche e generiche quali quelle oggetto della segnalazione Comunale. Come già accennato, in data 29.3.2002 il Comune di Pesaro segnalava ad ARPAM — Dipartimento provinciale di Ancona l’area in questione tra i siti potenzialmente inquinati, non su indicazioni specifiche da parte dell’Azienda ma dai dati in possesso dell’ente e da notizie storiche. All’atto della permuta con le attuali proprietarie e della successiva consegna, il Comune non ha fornito alcuna informazione alle acquirenti, quindi, a parere del Collegio, appare corretta la tesi provinciale che ha individuato una violazione degli obblighi di diligenza da parte del Comune. Il fatto che il DM 471/1999, prima del d.lgs 152/2006, prevedesse la segnalazione dei siti “potenzialmente inquinati” a prescindere dal superamento dei limiti di concentrazione di legge non comporta che il Comune, al momento della segnalazione, potesse limitarsi a citare generiche notizie sul sito abdicando al suo ruolo di proprietario ininterrotto del sito e titolare di obblighi di vigilanza sull’azienda speciale che aveva svolto l’attività sul sito e sugli enti succedutosi.
10.9 I motivi VII e VIII del ricorso introduttivo, che affermano, sostanzialmente, l’assenza del nesso di causalità tra le eventuali incomplete e inesatte informazioni e l’evento inquinante, sono stati approfonditi ulteriormente nei terzi motivi aggiunti (notificati a seguito della scoperta che in una scrittura privata del 3.6.2008 le parti si erano ripartite gli obblighi di bonifica), e per ragioni di economia espositiva verranno trattati in tale sede.
11 Passando ai primi motivi aggiunti, l’infondatezza del ricorso introduttivo porta all’infondatezza del primo motivo, ove si deduce l’illegittimità derivata dalla precedente ordinanza.
11.1 Con riguardo agli altri motivi, anche se l’articolata argomentazione dell’ordinanza contiene ulteriori considerazioni sugli obblighi del Comune e delle comproprietarie, a parere del Collegio, come del resto affermato dalla Provincia nelle proprie difese, la stessa va letta unitamente alla determina 2972 e la lettura dei due provvedimenti non vede alcuna contraddittorietà insanabile. Difatti, non è riscontrabile un aggravamento della responsabilità comunale (tesi presente anche nei ricorsi delle comproprietarie) e le ulteriori considerazioni sulla responsabilità del Comune hanno carattere rafforzativo (si vedano le considerazioni sulla responsabilità da contatto sociale), in un contesto dove comunque la Provincia contesta una precisa colpa dell’amministrazione comunale, o si riferiscono al ruolo del Comune quale pubblica amministrazione e non quale responsabile dell’inquinamento (il riferimento all’art. 250 d.lgs 152/2006). Ciò al netto di incisi quali il riferimento all’impossibilità dei proprietari attuali e passati di dirsi “assolutamente estranei” all’inquinamento, dato che, al di là di argomentazioni rafforzative e prolissità, l’impianto dei provvedimenti provinciali tende a delineare una responsabilità colpevole in linea con il principio “chi inquina paga” e non un ruolo di proprietario incolpevole, ai sensi degli artt. 250 e 253 del d.lgs 152/2006.
11.2 Non vi è contrasto con la documentazione a disposizione della Provincia, in quanto la medesima ha indicato con precisione i profili di responsabilità del Comune, che non sono esclusi dalle eventuali negligenze di AMGA e ASPES.
11.3 Per le considerazioni di cui sopra, sono quindi infondati il secondo, il terzo, il quarto e il quinto motivo dei motivi aggiunti.
11.4 Con riguardo al sesto motivo, la Provin cia si riferisce in tutta evidenza all’ipotesi subordinata nella quale le comproprietarie siano da ritenersi proprietarie incolpevoli, specificando che comunque sarebbero sottoposte all’obbligo di bonifica secondo quanto previsto dall’art. 253 d.lgs 152/2006, ripetendo i limiti previsti da quest’ultima norma per la responsabilità del proprietario incolpevole. Si tratta di una mera ipotesi subordinata che non riguarda la tesi principale, la quale vede le comproprietarie come responsabili dell’inquinamento ed ha trovato conferma nella sentenza che respinge i ricorsi delle comproprietarie e dell’appaltatrice, resa in questa stessa udienza.
12 I secondi motivi aggiunti, sostanzialmente, aderiscono alla tesi dell’inquinamento storico proposta dalle altre comproprietarie e della ditta appaltatrice. Tale tesi non appare resistere a numerose circostanze che non possono essere ritenute controverse, elencate diffusamente nella sentenza che ha respinto i ricorsi riuniti 84/2011, 198/2011, 728/2011 e 705/2011, resa in questa stessa udienza, presentati dalle comproprietarie e dalla ditta appaltatrice
12.1 Sintetizzando quanto affermato in tale sentenza, non sembra che la pur copiosa documentazione delle varie parti sia in grado di smentire la successione temporale degli avvenimenti, che vede l’improvvisa apparizione, durante i lavori di sbancamento di forti emissioni odorigene che portano all’intervento del nucleo ecologico dei carabinieri, con la successiva rilevazione da parte dell’ARPAM di inquinamento d’idrocarburi e contestazione dello smaltimento di materiali ferrosi contaminati appartenenti al sito all’interno del Comune di Fano.
12.2 Il punto debole della documentazione di parte, ad avviso del Collegio, è che risulta sostanzialmente ignorata e contestata la dinamica iniziale dell’evento, che configura un’altamente probabile rottura di vasche contenenti materiali inquinanti e un sicuro smaltimento illegale dei rifiuti da parte della ditta appaltatrice. La presenza esclusiva di inquinamento storico, con la conseguente assenza di responsabilità delle ricorrenti, costituisce una ricostruzione di parte a posteriori, indubbiamente argomentata e articolata con riguardo alla storia del sito che però a parere del Collegio, non spiega in maniera soddisfacente come tale inquinamento sia improvvisamente venuto alla luce ed attribuito (sommarie informazioni del titolare di Carloni Alessandroni in data 7.4.2010 e notifica delle operazioni di messa in sicurezza da parte di Petroltecnica) alla rottura di vasche sotterranee, cui è seguito lo smaltimento illegale di materiale inquinante da parte dell’appaltatrice in territorio del Comune di Fano.
13 Con riguardo ai terzi motivi aggiunti, non si vede come la prova che le parti fossero a conoscenza della possibilità di inquinamento nel sito possa escludere la responsabilità del Comune che, pacificamente non ha comunicato alle acquirenti le notizie in suo possesso, fosse anche la generica segnalazione inviata ad ARPAM nel 2002.
13.1 Infatti, la scrittura privata del 3.8.2006, pur rilevante per confermare la tesi provinciale relativa alla consapevolezza, da parte delle comproprietarie, di un pericolo di inquinamento sull’area, non esclude in alcun modo la responsabilità del comune di Pesaro, né si può accedere alla tesi comunale della mancanza del nesso di causalità dell’omissione di informazione. Va ripetuto che un terreno sede di un sito industriale e di attività potenzialmente inquinante per anni è stato ceduto dal Comune senza la minima informazione alle acquirenti, e senza condividere le stesse notizie storiche sui terreni sul Comune medesimo. Come già detto, si tratta di una responsabilità colposa per omessa informazione, apparendo verosimile (secondo la formula, del “più probabile che no”, come specificata in seguito) che una più approfondita analisi delle problematiche del sito avrebbe potuto spingere le proprietarie ad una maggiore cautela (ad esempio tramite l’inserimento di clausole relative alla modalità di svolgimento dei lavori che prevedessero la due diligence ambientale, effettuata spontaneamente da GERBE Srl).
13.2 Come già accennato, la presenza di un nesso di casualità tra l’omissione di obblighi di informazione da parte del Comune va valutata come una responsabilità per omissione dato che, ferma la doverosità degli accertamenti indirizzati ad individuare con specifici elementi i responsabili dei fatti di contaminazione, l’imputabilità dell’inquinamento può avvenire per condotte attive, ma anche per condotte omissive, e che la prova può essere data in via diretta od indiretta, ossia, in quest’ultimo caso, l’amministrazione pubblica preposta alla tutela ambientale si può avvalere anche di presunzioni semplici di cui all’art. 2727 cod. civ. (le presunzioni sono le conseguenze che la legge o il giudice trae da un fatto noto per risalire a un fatto ignorato), prendendo in considerazione elementi di fatto dai quali possano trarsi indizi gravi precisi e concordanti, che inducano a ritenere verosimile, secondo l'”id quod plerumque accidit” che si sia verificato un inquinamento e che questo sia attribuibile a determinati autori”.
13.3 Ai fini della responsabilità in questione è perciò necessario che sussista e sia provato, attraverso l’esperimento di un’adeguata istruttoria o quantomeno attraverso elementi indiziari, il rapporto di causalità tra l’azione o l’omissione del destinatario del provvedimento e il superamento – o pericolo concreto ed attuale di superamento dei limiti di contaminazione, senza che possa venire in rilievo una sorta di responsabilità oggettiva facente capo al terzo subentrato nella titolarità di gestione dell’impianto, meramente in ragione di tale qualità (Cass. Civ. SS.UU., 25.2.2009, n. 4472).
13.4 A tale riguardo, la giurisprudenza amministrativa ha chiarito che il nesso di causalità tra la condotta del responsabile e la contaminazione riscontrata deve essere accertato applicando la regola probatoria del “più probabile che non”: pertanto, il suo positivo riscontro può basarsi anche su elementi indiziari (Tar Abruzzo, Pescara 13.5.2011, n. 318; Tar Piemonte 24.3.2010, n. 1575, Tar Lazio Roma 3.7.2012 n. 6033 e, più in generale, sul principio, Cass. Civ., sez. un., 11.1.2008, n. 581).
13.5 Correttamente la Provincia ha quindi individuato una responsabilità attenuata del comune di Pesaro nella causazione dell’evento inquinante, per le incomplete informazioni fornite sul sito.
14 La ricostruzione effettuata dalla Provincia regge, in sintesi, alle deduzioni di parte ricorrente con riguardo a tutte le censure contenute nel ricorso introduttivo e nei tre ricorsi per motivi aggiunti, rimanendo attendibile la ricostruzione della Provincia di Pesaro e Urbino sulla genesi dell’inquinamento e sulla responsabilità, sia pure attenuata, del Comune di Pesaro.
15 Alla luce delle considerazioni fin qui svolte il ricorso introduttivo e i tre ricorsi per motivi aggiunti devono essere respinti.
15.1 Considerando la complessità della controversia e le oscillazioni giurisprudenziali sul punto, le spese possono essere compensate.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per le Marche (Sezione Prima) definitivamente pronunciando sul ricorso e sui motivi aggiunti, come in epigrafe proposti, li respinge.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Ancona nelle camere di consiglio dei giorni 3 luglio 2014, 20 novembre 2014, con l’intervento dei magistrati:
Gianluca Morri, Presidente FF
Tommaso Capitanio, Consigliere
Giovanni Ruiu, Consigliere, Estensore
L’ESTENSORE
IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 06/03/2015
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)