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Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Acqua - Inquinamento idrico Numero: 394 | Data di udienza: 28 Settembre 2016

* ACQUA E INQUINAMENTO IDRICO – Sfruttamento delle acque sorgive – Controversie – Giurisdizione del TSAP – Esclusione – Materia delle miniere – Uso collettivo dell’acqua pubblica – Prevalenza sull’uso industriale o commerciale – Art. 97 d.lgs. n. 152/2006.


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 1^
Regione: Molise
Città: Campobasso
Data di pubblicazione: 10 Ottobre 2016
Numero: 394
Data di udienza: 28 Settembre 2016
Presidente: Silvestri
Estensore: De Falco


Premassima

* ACQUA E INQUINAMENTO IDRICO – Sfruttamento delle acque sorgive – Controversie – Giurisdizione del TSAP – Esclusione – Materia delle miniere – Uso collettivo dell’acqua pubblica – Prevalenza sull’uso industriale o commerciale – Art. 97 d.lgs. n. 152/2006.



Massima

 

TAR MOLISE, Sez. 1^ – 10 ottobre 2016, n.  394


ACQUA E INQUINAMENTO IDRICO – Sfruttamento delle acque sorgive – Controversie – Giurisdizione del TSAP – Esclusione – Materia delle miniere.

Nella cognizione del TSAP non rientra la materia delle acque minerali, tra cui quella relativa allo sfruttamento delle acque sorgive, in quanto essa è estranea alla materia delle “acque pubbliche”, rientrando, invece, in quella delle miniere (cfr.: TAR Molise 6 giugno 2016 n. 223; v. anche Cons. Stato, IV sez., 14 maggio 2004 n. 3050).

 

ACQUA E INQUINAMENTO IDRICO – Uso collettivo dell’acqua pubblica – Prevalenza sull’uso industriale o commerciale – Art. 97 d.lgs. n. 152/2006.

La risorsa idrica è prioritariamente un “bene comune”, anche se di esso può essere ammesso un utilizzo economico (cfr.: Corte cost.1 aprile 2014 n. 64; idem 19.7.1996 n. 259; Cons. Stato, sez. III, 16 dicembre 2013 n. 1837; art. 97 d.lgs. n. 152/2006, secondo cui “le acque superficiali e sotterranee, ancorché non estratte dal sottosuolo, sono pubbliche e costituiscono una risorsa che è salvaguardata ed utilizzata secondo il criterio di solidarietà” ). Dal che si evince che l’uso collettivo dell’acqua pubblica, quando concorre con l’uso privato industriale o commerciale, gode in via di principio di un’indiscussa prerogativa di priorità o prevalenza (così TAR Molise 6 giugno 2016, n. 222):  va quindi escluso che l’interesse alla conservazione della produzione possa considerarsi prevalente.

Pres. Silvestri, Est. De Falco – Comune di Castelpizzuto (avv. Di Pardo) c. Regione Molise (Avv. Stato)


Allegato


Titolo Completo

TAR MOLISE, Sez. 1^ - 10 ottobre 2016, n. 394

SENTENZA

 

TAR MOLISE, Sez. 1^ – 10 ottobre 2016, n.  394

Pubblicato il 10/10/2016

N. 00394/2016 REG.PROV.COLL.
N. 00188/2015 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Molise

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 188 del 2015, proposto da:
Comune di Castelpizzuto in persona del Sindaco p.t rappresentato e difeso dall’avvocato Salvatore Di Pardo C.F. DPRSVT63R20F839Y, con domicilio eletto presso il suo studio in Campobasso, Via Crispi, n. 70/a;

contro

Regione Molise in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato, domiciliata in Campobasso, Via Garibaldi, n. 124;

nei confronti di

Castellina S.r.l. in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dagli avvocati Vincenzo Colalillo C.F. CLLVCN46M03A930U, Vincenzo Iacovino C.F. CVNVCN61R07F391R e Massimo Di Nezza C.F. DNZMSM63L13E335G, con domicilio eletto presso l’avvocato Vincenzo Colalillo, Via Umberto I, n. 43;

per l’annullamento,

previa idonea cautela disposta anche inaudita altera parte ex art. 56 c.p.a.,

della nota della società Castellina s.r.l. del 22 maggio 2015 avente ad oggetto “Autotutela esecutiva ai sensi dell’art. 823 c.c.” nonché di ogni altro atto presupposto, connesso, coevo o consequenziale, ancorché non conosciuto compreso il provvedimento di diffida n. prot. 23969/2015 del 2 marzo 2015 della Regione Molise Direzione Generale della Giunta Area Prima Servizio competitività dei sistemi produttivi sviluppo delle attività industriali ed estrattive internazionalizzazione delle imprese politiche della concorrenza e del marketing territoriale e della nota prot. 34428 del 26 marzo 2015 della Regione Molise Direzione Generale della Giunta Area prima Servizio competitività dei sistemi produttivi sviluppo delle attività industriali ed estrattive internazionalizzazione delle imprese politiche della concorrenza e del marketing territoriale.

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio della Regione Molise e della Castellina S.r.l.;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 18 maggio 2016 il dott. Domenico De Falco e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

Con sentenza 23 luglio 2013, n. 506 questo Tribunale ha dichiarato la nullità del decreto del Presidente della Giunta Regionale n.1562 del 26 novembre 1993 di concessione mineraria per lo sfruttamento delle sorgenti di acqua minerale site in località in località Folgara sul territorio del Comune di Castelpizzuto, in favore della Castellina s.r.l., per indeterminatezza dell’oggetto. La pronuncia ha in particolare rilevato che “dall’esame degli atti della sequenza procedimentale è risultato infatti assolutamente incerto, in presenza di risultanze palesemente contraddittorie, se, alla predetta società, sia stato concesso lo sfruttamento di una o più delle tre sorgenti presenti in località -OMISSIS- (S1, S2, ed S3), ivi compresa quella a servizio dell’acquedotto comunale”.

A seguito della declaratoria di nullità appena menzionata, la Regione, con Determinazione dirigenziale dell’11 agosto 2014, n. 568, rilasciava una nuova concessione sempre in favore della Castellina per dieci anni sulle sorgenti S1 ed S2 (3,3 l/s dalla S1 e 20,7 dalla S2), riservando un quantitativo di acqua per uso potabile pari a 0,51 l/s sulla S2 “a beneficio di futura richiesta da parte dell’Amministrazione di Castelpizzuto”, sul presupposto che la sorgente S2 fosse in grado di soddisfare da sola le esigenze sia della società concessionaria che della comunità locale.

Nel medesimo atto concessorio la Regione precisava che su tale sorgente sarebbe stato instaurato un regime di couso tra la comunità locale e la società.

Con nota del 2 marzo 2015 (prot. n. 23969), la Regione Molise premetteva che il Comune di Castelpizzuto non aveva trasmesso la documentazione necessaria per l’ottenimento dell’autorizzazione allo sfruttamento della sorgente e che allo stato la Castellina doveva ritenersi “l’unico soggetto avente titolo sulla sorgente S2”; la Regione rilevava, poi, citando un parere dell’Avvocatura dello Stato, che “lo stesso concessionario potrà attivarsi autonomamente, per conseguire la piena disponibilità del diritto oggetto del provvedimento concessorio, con i mezzi civili o amministrativi che reputerà opportuni” e diffidava, infine, l’Amministrazione comunale a consentire alla Castellina“la piena disponibilità del diritto oggetto del provvedimento concessorio e di esercitare un corretto e salubre attingimento e successivo imbottigliamento di acqua dalla sorgente S2”, imponendo una serie di prescrizioni specifiche, tra cui, “di prendere atto che qualsiasi collegamento della rete comunale, non autorizzato, con infrastrutture di soggetti terzi è sanzionabile dalla legge”.

Con successiva nota del 26 marzo 2015, la Regione precisava che la missiva precedente (del 2 marzo) andava intesa quale “atto di significazione, al fine di riepilogare tutte le fasi e tutte le azioni poste in essere da ciascuna parte coinvolta”, escludendo che si trattasse di un’ingiunzione, ferma restando la facoltà della parte (Castellina o Comune di Castelpizzuto) che si fosse ritenuta lesa “di adire le vie legali nel cui contesto la Regione Molise non ha motivo di intromissione”.

La Regione precisava altresì di aver ricevuto solo in data 21 ottobre 2014 la richiesta di autorizzazione del Comune e di non aver avuto riscontro alla propria richiesta di integrazione della documentazione (nota n. 5014 del 20 gennaio 2015), per cui il procedimento di autorizzazione non si era potuto ancora potuto completare per responsabilità del Comune.

Con nota del 22 maggio 2015 la società Castellina annunciava al Comune di Castelpizzuto che avrebbe proceduto all’integrale rimozione di “tutte le opere abusive e/o manufatti di qualsiasi tipo che illegittimamente turbano l’utilizzo del bene pubblico come individuato in epigrafe (sorgenti S1 e S2)” e che ad essa era stato affidato in via esclusiva in forza della predetta concessione.

In particolare, con tale atto, la Castellina s.r.l., in qualità di concessionaria, considerava abusiva l’immissione di due tubi da parte Comune di Castelpizzuto per procedere all’emungimento dell’acqua dalla sorgente S2, sostenendo che il Comune non possedesse alcun titolo alla captazione, di modo che l’utilizzo della sorgente S2 doveva ritenersi illecito, così legittimando l’intervento in “autotutela esecutiva” ai sensi dell’art. 823 e ss., poi eseguito mediante il concreto distacco dei tubi di derivazione del Comune ricorrente, operato in pari data.

Con ricorso notificato in data 29 maggio 2015 e depositato il giorno successivo, il Comune di Castelpizzuto ha chiesto l’annullamento della nota appena menzionata e dell’atto di diffida regionale del 2 marzo 2015 (prot. n. 23969/2015), chiedendone l’annullamento previa sospensione, anche inaudita altera parte. Il Comune ha premesso, in punto di fatto, che gli abitanti di Castelpizzuto, per effetto della rimozione dei tubi dalla sorgente S2, erano rimasti senza acqua corrente presso le proprie abitazioni e che l’intervento delle autobotti richieste aveva posto rimedio al fabbisogno idrico della popolazione locale solo in minima parte.

In particolare, il Comune ha rilevato, inoltre, che dal verbale della conferenza di servizi (conclusasi il 9 giugno 2014), prodromica all’adozione della nuova concessione n. 568 dell’11 agosto 2014, è emerso che il Comune era stato collegato alla sorgente S2 già dal 1978 e che solo nel corso degli ultimi anni, la Castellina s.r.l., già concessionaria, aveva arbitrariamente spostato la conduttura stessa presso la sorgente S3 di minore portata e che, comunque, in sede di conferenza era stato riconosciuta come prioritaria l’esigenza di approvvigionamento idrico del Comune rispetto al rilascio della nuova concessione.

La ricorrente Amministrazione ha soggiunto che in data 10 giugno 2014 aveva provveduto a spostare la connessione idrica dalla sorgente S3 alla S2, in attesa dell’adozione dei provvedimenti abilitativi, inoltrando, poi, in data 21 ottobre 2014 “istanza di regolarizzazione della derivazione di acqua dalla sorgente S2”.

Ciò premesso in fatto, il Comune ha affidato il gravame ai seguenti motivi.

I) nullità della comunicazione/atto di autotutela esecutiva della Castellina s.r.l.

La concessionaria non avrebbe il diritto allo sfruttamento esclusivo della sorgente S2 ma solo a parte di essa, di modo che l’emungimento comunale non poteva essere unilateralmente rimosso dalla società.

II) Violazione e falsa applicazione dell’art. 823 c.c.; eccesso di potere per contraddittorietà tra atti emanati dalla stessa Amministrazione; travisamento dei fatti ed errore nei presupposti; sviamento di potere; irragionevolezza ed illogicità manifesta; motivazione illogica, insufficiente e contraddittoria.

Vi sarebbe un’intrinseca contraddittorietà tra la nota recante la diffida regionale del 2 marzo 2016 e quella del successivo 26 marzo in cui la Regione rettifica quanto dichiarato nella prima; la prima nota contrasterebbe poi anche con le risultanze della conferenza di servizi, nella quale si era affermata come prioritaria la soddisfazione del fabbisogno idrico al Comune ricorrente.

III) violazione dell’art. 823 c.c.; assenza dei presupposti; travisamento dei fatti ed errore nei presupposti; contraddittorietà manifesta; sviamento di potere; irragionevolezza ed illogicità manifeste; violazione del principio di proporzionalità; violazione dell’art. 32 Cost..

Il potere di autotutela deve ritenersi preordinato al perseguimento dell’ordine pubblico e al ripristino della legalità violata, laddove nel caso di specie i tubi rimossi non impedivano alla Castellina lo sfruttamento della concessione nei limiti della portata ad essa riconosciuta. In ogni caso la società non vantava comunque un diritto allo sfruttamento esclusivo della sorgente, ma anzi nel provvedimento concessorio era espressamente precisato che tale diritto speciale doveva coesistere con quello riconosciuto già dal 1978 al Comune di Castelpizzuto sulla sorgente S2 e arbitrariamente spostato dalla Castellina sulla S3 negli ultimi anni.

Con decreto ex art. 56 c.p.a. del 29 maggio 2015, n. 53 questo Tribunale ha accolto l’istanza di sospensione dei provvedimenti impugnati, sul presupposto che il mutamento unilaterale della situazione di fatto avrebbe comportato il pericolo di un pregiudizio grave ed irreparabile alla popolazione del Comune ricorrente; per effetto di tale decreto la Regione Molise adottava un’autorizzazione di derivazione provvisoria.

Con atto depositato in data 22 giugno 2015 si è costituita in giudizio la Castellina s.r.l. contestando che il Comune ricorrente captasse già in passato l’acqua dalla sorgente S2 ed affermando invece che negli anni precedenti tale captazione avveniva dalla S3 e che, in ogni caso, il fabbisogno del Comune ricorrente, rappresentato da 0,5 l/s poteva essere adeguatamente soddisfatto dalla fonte Aquina.

Il Comune avrebbe poi unilateralmente – “ritenuto secondari rispetto al fabbisogno idrico di un Comune di soli 159 abitanti” – i rilevanti interessi pubblici ed occupazionali legati allo sfruttamento della sorgente da parte della società. In ogni caso nel corso della conferenza di servizi sarebbe emerso che la sorgente S3 era sufficiente e che, comunque, la decisione finale di stabilire un couso sulla sorgente S2 era comunque subordinata al conseguimento di una specifica autorizzazione.

Tale autorizzazione sarebbe stata richiesta dal Comune solo in data 21 ottobre con un’istanza anche incompleta, senza contare che il Comune avrebbe unilateralmente innestato una tubazione nella sorgente S2 proprio il giorno dopo la conclusione della conferenza di servizi (10 giugno 2014), costruendovi in modo abusivo un casotto per recinzione ed impedendo alla concessionaria l’utilizzo della sorgente fino al rilascio del sito avvenuto nel novembre 2014.

Ciò premesso in fatto la società resistente ha eccepito il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo poiché il giudizio avrebbe ad oggetto l’utilizzo di acque pubbliche.

Sempre in via preliminare, la Castellina ha dedotto che il Comune sarebbe privo di legittimazione attiva, in quanto non disporrebbe di alcun titolo per lo sfruttamento della sorgente S2. Carente sarebbe anche l’interesse al ricorso perché il Comune avrebbe dovuto impugnare l’atto di diffida e messa in mora della Castellina del 9 marzo 2015, atteso che l’atto di autotutela esecutiva del 22 maggio 2015 risulta meramente esecutivo del primo, divenuto, tuttavia, inoppugnabile.

In ogni caso l’impugnativa sarebbe tardiva, atteso che il primo atto lesivo, da cui deriva anche quello di autotutela, è il provvedimento regionale del 2 marzo 2015 con cui la Regione diffidava il Comune a cessare la captazione abusiva.

Nel merito l’atto di autotutela sarebbe pienamente legittimo, atteso che la Castellina sarebbe concessionaria esclusiva, non possedendo il Comune di Castelpizzuto alcun titolo di legittimazione all’emungimento dalla sorgente.

Il concessionario disporrebbe delle stesse prerogative dell’Amministrazione concedente nell’esercizio della tutela ivi compresa (ai sensi dell’art. 823 c.c.) quella in via amministrativa che comprenderebbe il ricorso alla coazione.

Anche se la concessione attribuita alla Castellina non comprendesse tutta la portata della sorgente S2, la società avrebbe comunque la piena facoltà di escludere chi sia privo, come il comune ricorrente, di alcun titolo e che con il proprio comportamento possa interferire con l’atto concessorio, tenuto conto che il difetto di un valido titolo determina l’assenza di controlli sull’acqua e sulla contaminazione per effetto dell’abusiva captazione.

Con provvedimento del 4 giugno 2015, n, 280 la Regione in esecuzione del decreto presidenziale anzidetto rilasciava al Comune di Castelpizzuto un’autorizzazione provvisoria alla derivazione di acqua dalla sorgente S2.

Con atto depositato in data 22 giugno 2015 si è costituita la Regione Molise, eccependo anch’essa in via preliminare il difetto di giurisdizione in favore del Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche e precisando nel merito di aver privilegiato nella propria azione le esigenze di approvvigionamento idrico della Comunità locale, in coerenza con quanto previsto dal d.lgs. n. 152/2006. La carenza di autorizzazione all’emungimento di acqua dipenderebbe, poi, solo dall’inerzia dell’Amministrazione comunale.

Con nota del 9 luglio 2015 inviata alla Regione, la Castellina rilevava che il decreto ex art. 56 c.p.a. 29 maggio 2015, n. 53 di questo Tribunale non menzionava la sorgente S2, contestando comunque che l’allacciamento alla sorgente potesse avvenire sulla base di un tale provvedimento e opponendosi quindi a qualunque accesso o sopralluogo presso il sito della S2.

Con determinazione dirigenziale n. 387 del 10 luglio 2015, la Regione ordinava in via d’urgenza alla Castellina di predisporre le opere necessarie a consentire al Comune di Castelpizzuto di procedere alla captazione di acqua dalla sorgente S2 in eccedenza rispetto al quantitativo autorizzato in favore della Castellina.

Con nota del 26 ottobre 2015 la Regione Molise ha disposto che la Castellina “resta obbligata alla preventiva separazione del quantitativo di acqua concesso rispetto a quello totale tramite: la realizzazione, a valle della captazione e a monte della derivazione di un manufatto di ripetizione”.

Con nota del 2 novembre 2015 la Castellina, denunciava l’impossibilità di accedere alla prospettata soluzione della Regione in quanto l’eventuale couso sulla sorgente avrebbe pregiudicato i presupposti igienico/sanitari per procedere all’imbottigliamento, oltre che un rischio di sprofondamento del sito.

Con nota del 1° febbraio 2016 la Regione ha richiamato la Castellina al puntuale rispetto degli obblighi indicati nel titolo concessorio in cui era precisato che la società aveva diritto allo sfruttamento di un parte limitata della portata della sorgente S2.

In prossimità dell’udienza pubblica le parti hanno insistito nelle rispettive eccezioni e deduzioni, producendo ulteriore documentazione; in particolare il Comune di Castelpizzuto ha chiesto ancora una volta un provvedimento cautelare, tenuto conto dell’interruzione dell’approvvigionamento idrico.

All’udienza del 18 maggio la causa è stata trattenuta per la decisione anche con riguardo alla valutazione dell’istanza cautelare.

Con riferimento a tale ultimo profilo, con ordinanza adottata in pari data (n. 56/2016), questo Tribunale ha accolto l’istanza cautelare, ravvisando il concreto rischio che gli abitanti del Comune ricorrente potessero subire un pregiudizio grave e irreparabile in conseguenza dell’interruzione del servizio idrico nelle more della pubblicazione della sentenza di merito e rilevando la ricorrenza anche del fumus boni iuris per la ritenuta violazione da parte della società concessionaria sia della sentenza di questo Tribunale 23 luglio 2013, n. 506 sia del provvedimento concessorio regionale dell’11 giugno 2014, n. 568.

Ciò posto e passando allo scrutinio a cognizione piena proprio della presente fase di merito, deve preliminarmente esaminarsi l’eccezione di difetto di giurisdizione sollevata tanto dalla società Castellina quanto dalla Regione.

Essa è infondata.

Questo Tribunale con una recente pronuncia tra le stesse parti, con la quale è stata annullata l’autorizzazione n. 468/2014 allo sfruttamento delle sorgenti S1 ed S2 in favore della resistente società, ha affermato la sussistenza della giurisdizione del giudice amministrativo, atteso che nella cognizione del TSAP non rientra la materia delle acque minerali, tra cui appunto quella relativa allo sfruttamento delle acque sorgive, in quanto essa è estranea alla materia delle “acque pubbliche”, rientrando, invece, in quella delle miniere (cfr.: TAR Molise 6 giugno 2016 n. 223; v. anche Cons. Stato, IV sez., 14 maggio 2004 n. 3050).

Peraltro, sotto altro più assorbente profilo, l’odierno giudizio ha ad oggetto un atto che non incide direttamente sul regime delle acque, ma consiste nell’esercizio di un potere di autotutela esecutiva del quale questo Tribunale amministrativo è stato chiamato a sindacare il legittimo esercizio, mentre, come messo in evidenza da autorevole giurisprudenza, la giurisdizione del TSAP si radica solo a fronte di atti che incidono direttamente sul regime delle acque pubbliche (cfr.: Cons. Stato, sez. V, 14 maggio 2004, n, 3139) che, comunque, nel caso di specie non vengono nemmeno in considerazione.

Ravvisata la giurisdizione amministrativa possono scrutinarsi anche le ulteriori eccezioni di rito sollevate dalla società resistente. Quest’ultima sostiene che il Comune sarebbe privo di interesse per non avere impugnato l’atto di diffida e messa in mora con cui la stessa società aveva ingiunto al Comune di interrompere la captazione idrica e rispetto al quale la gravata “autotutela esecutiva” sarebbe atto consequenziale.

Sennonché, rileva il Collegio, che la contestata autotutela non costituisce il frutto di una serie concatenata di provvedimenti tra cui la predetta diffida, ma rappresenta un atto autonomamente lesivo, consistente nel materiale distacco della tubazione operato dalla società e dal quale è derivata l’emergenza idrica e la lesione lamentata dal Comune di Castelpizzuto che ha dato luogo alla proposizione del ricorso introduttivo del presente giudizio.

Neppure è ravvisabile alcuna tardività dell’impugnazione della nota del 2 marzo 2015 con cui la Regione aveva sostenuto che la Castellina potesse tutelare direttamente la propria posizione soggettiva. E infatti, per un verso, tale nota non menziona né abilita la società a ricorrere alle vie di fatto e, in ogni caso, l’apprezzamento dei presupposti e la scelta del tipo di tutela da adottare, che la Regione nella nota impugnata pare limitare a quella di tipo giurisdizionale, è demandata comunque alla società resistente che ha operato, sul punto, una scelta del tutto autonoma e non indotta dal precedente atto regionale.

Ne consegue che solo con l’atto di autotutela del 22 maggio la lesione si è attualizzata con la conseguenza che l’impugnazione del provvedimento regionale, alla stregua di atto presupposto non immediatamente lesivo, deve considerarsi tempestivamente proposta oltre a non essere comunque strettamente necessaria non costituendo un presupposto univoco del distacco della tubazione comunale operato dalla Castellina.

Analogamente destituita di fondamento è l’ulteriore eccezione di difetto di legittimazione attiva che la resistente società argomenta sulla base dell’assenza di uno specifico titolo di legittimazione allo sfruttamento della sorgente S2 da parte del Comune di Castelpizzuto.

Al riguardo, pur prescindendo dal rilievo che la sentenza 506/2013 di questo Tribunale ha riconosciuto direttamente un diritto alla captazione da parte del Comune ricorrente sulla sorgente S2, occorre rilevare che una posizione soggettiva attiva immediatamente efficace da parte del Comune stesso è scolpita nella legge e nei principi costituzionali. Ed infatti, giova rammentare, a tal proposito, che già il R.D. 27 luglio 1934, n. 1265, c.d. Testo unico sulle leggi sanitarie, istituiva l’obbligo, a carico dei Comuni, isolatamente oppure organizzati in consorzi volontari, di fornire alle rispettive comunità acque pure, con ciò di fatto rendendo l’approvvigionamento idrico e il servizio idrico universale (a favore cioè di tutti i cittadini) un vero obbligo di legge. Dopo di ciò, la legge “Galli” n.36 del 5 gennaio 1994, all’art. 1, ribadiva il principio per cui “le acque superficiali e sotterranee, ancorché non estratte dal sottosuolo, sono pubbliche e costituiscono una risorsa che è salvaguardata ed utilizzata secondo criteri di solidarietà”. Infine, l’art. 97 del citato T.u. dell’ambiente n. 152/2006 ha previsto, in via generale, che “le acque superficiali e sotterranee, ancorché non estratte dal sottosuolo, sono pubbliche e costituiscono una risorsa che è salvaguardata ed utilizzata secondo il criterio di solidarietà”. La stessa Corte costituzionale e la giurisprudenza amministrativa non hanno mancato di evidenziare, in alcuni loro pronunciamenti, che la risorsa idrica è prioritariamente un “bene comune”, anche se di esso può essere ammesso un utilizzo economico (cfr.: Corte cost.1 aprile 2014 n. 64; idem 19.7.1996 n. 259; Cons. Stato, sez. III, 16 dicembre 2013 n. 1837). Dal che si evince che l’uso collettivo dell’acqua pubblica, quando concorre con l’uso privato industriale o commerciale, gode in via di principio di un’indiscussa prerogativa di priorità o prevalenza (così TAR Molise 6 giugno 2016, n. 222).

Ciò osservato in via preliminare può passarsi allo scrutinio del merito del ricorso.

Con il primo motivo parte ricorrente invoca la nullità del provvedimento gravato, sul presupposto che alla società resistente non sarebbe stato attribuito dalla Regione il diritto allo sfruttamento esclusivo della sorgente S2 ma solo la possibilità di captare parte della sua portata, peraltro compatibile con l’emungimento comunale di modo che, quindi, non poteva essere unilateralmente rimosso.

Con il secondo motivo, il Comune invoca la contraddittorietà tra la nota recante la diffida regionale del 2 marzo 2016 e quella del successivo 26 marzo con cui la Regione rettifica quanto dichiarato nella prima; la prima nota contrasterebbe poi anche con le risultanze della conferenza di servizi, nella quale si era affermata, come prioritaria, la soddisfazione del fabbisogno idrico del Comune ricorrente.

Con l’ultimo motivo, parte ricorrente sostiene l’illegittimità dell’atto, atteso che i tubi rimossi non impedivano alla Castellina lo sfruttamento della concessione che, comunque, non le riconosceva un diritto esclusivo allo sfruttamento integrale della sorgente.

Tutti e tre i motivi, che possono essere esaminati congiuntamente in virtù della loro evidente connessione, sono fondati alla stregua delle seguenti considerazioni.

Come correttamente rilevato da parte ricorrente, la Determinazione dirigenziale 11 agosto 2014, n. 568 della Regione non ha accordato alla società Castellina un diritto di emungimento totale ed esclusivo di tutta la portata della S2, ma solo la possibilità di operare una derivazione parziale (20,7 l/s) rispetto alla capacità complessiva, riconoscendo espressamente al Comune di Castelpizzuto la possibilità di captazione diretta di un quantitativo di acqua (0,51 l/s), in linea con quanto statuito con la sentenza n. 506/2013 di questo Tribunale.

Anzi la concessione n. 568/2014, come rammentato dalla stessa Regione nella nota del 12 aprile 2016, riconosceva espressamente al Comune e alla società una situazione di co-uso “a monte delle vasche di sedimentazione, sanificazione e prelievo della portata d’acqua concessa, separandola da quella eccedente e facendo defluire quest’ultima immediatamente all’esterno”, con la conseguenza che la Castellina non poteva in alcun modo addurre pretese impossibilità “tecniche” di sfruttamento congiunto della sorgente, atteso che siffatta inconciliabilità avrebbe potuto essere fatta valere esclusivamente contestando il titolo concessorio nelle sedi competenti.

In altri termini, la posizione soggettiva attiva conferita con la concessione alla società ricorrente (pur prescindendo dall’annullamento giurisdizionale della Determinazione della Regione Molise n. 568/2014 recante la concessione), è stata conferita in modo già conformato con il co-uso comunale, secondo quanto espressamente indicato nel ripetuto provvedimento ampliativo.

Ne consegue che la contestazione di parte resistente secondo cui il co-uso non potrebbe ammettersi, in quanto pregiudicherebbe le necessarie condizioni igienico/sanitarie necessarie all’imbottigliamento avrebbe, al più, potuto indurre la Castellina ad arrestare la produzione, ma non certo recidere arbitrariamente il tubo di derivazione del Comune, così esercitando una sorta di esclusiva che il titolo concessorio espressamente escludeva.

La mancanza in capo al Comune, più volte invocata dalla società resistente, di uno specifico provvedimento di autorizzazione all’emungimento, prescritto, invece, dalla Regione nella Determinazione n. 568/2014, non giustificava certo il passaggio alle vie di fatto da parte della Castellina, atteso che la pretesa del Comune alla derivazione diretta dalla S2 doveva ritenersi già riconosciuta dalla più volte menzionata sentenza n. 506/2013 (non sospesa né ad oggi riformata) con cui questo Tribunale aveva riconosciuto il diritto del Comune allo sfruttamento della sorgente per le proprie esigenze di approvvigionamento idrico; con la conseguenza che l’autorizzazione specifica che, secondo quanto previsto nel titolo concessorio, il Comune avrebbe dovuto ottenere, doveva ritenersi limitata alla determinazione della disciplina delle modalità di emungimento, ferma restando nell’an la garanzia di approvvigionamento idrico della comunità locale.

La captazione idrica da parte del Comune ricorrente deve peraltro ritenersi coerente con il già segnalato rilievo primario che l’ordinamento annette alle esigenze di approvvigionamento idrico delle comunità locali rispetto ai profili dello sfruttamento economico delle sorgenti, emergendo in tal modo l’erroneità dell’approccio della società resistente secondo cui l’interesse alla conservazione della produzione avrebbe dovuto considerarsi prevalente (cfr. TAR Molise 6 giugno 2016, n. 222).

In definitiva, la Castellina s.r.l., recidendo la tubazione comunale che attingeva alla sorgente S2, ha esercitato un potere, qualificato dalla società come di autotutela esecutiva, che né la legge né il titolo abilitativo le riconoscevano, con la conseguenza che l’atto impugnato deve considerarsi radicalmente nullo, in quanto adottato in carenza di potere “in astratto” per difetto di una fonte normativa che valesse ad attribuire una tale prerogativa e, anzi, violando una posizione soggettiva attiva del Comune alla diretta captazione dell’acqua.

Rilevata la nullità del gravato atto della società concessionaria, deve ritenersi che anche la diffida regionale del 2 marzo 2015 sia illegittima seppure nella sola parte in cui si afferma che la Castellina debba considerarsi l’unico soggetto legittimato alla captazione nonché nei limiti in cui tale atto possa essere inteso come legittimante la società concessionaria a passare alle vie di fatto recidendo la condotta di captazione idrica del comune.

Quanto sopra non implica, peraltro, che la Regione, quale soggetto legittimato a disciplinare l’utilizzo della fonte, non potesse disciplinare con uno specifico atto le modalità di captazione più appropriate da parte dell’ente ricorrente, senza potere giungere, tuttavia, ad escludere la Comunità locale dallo sfruttamento della sorgente in questione per il soddisfacimento del proprio fabbisogno.

In definitiva il ricorso deve essere accolto e gli atti impugnati annullati.

Le spese del giudizio, secondo l’ordinaria regola, devono essere poste a carico della società concessionaria mentre possono essere compensate nei confronti della Regione, tenuto conto dell’attività da questa svolta per la risoluzione della problematica.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Molise (Sezione Prima) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, annulla gli atti impugnati nei sensi e limiti di cui in motivazione.

Condanna la società Castellina s.r.l. al pagamento in favore del Comune di Castelpizzuto delle spese processuali che quantifica in complessivi euro 3.000 (tremila) oltre accessori come per legge e restituzione del contributo unificato.

Compensa le spese nei confronti della Regione Molise.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Così deciso in Campobasso nelle camere di consiglio dei giorni 18 maggio 2016 e 28 settembre con l’intervento dei magistrati:

Silvio Ignazio Silvestri, Presidente
Luca Monteferrante, Consigliere
Domenico De Falco, Referendario, Estensore

L’ESTENSORE
Domenico De Falco
        
IL PRESIDENTE
     
        

IL SEGRETARIO

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