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Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Diritto dell'energia, Diritto urbanistico - edilizia, VIA VAS AIA Numero: 15 | Data di udienza: 25 Ottobre 2017

* DIRITTO DELL’ENERGIA – Regione Molise – L.r. Molise n. 21/2000 – Competenza ad adottare il giudizio di compatibilità ambientale – Giunta regionale – VIA, VAS E AIA – Art. 12 d.lgs. n. 387/2003 – Conferenza di servizi – VIA adottata in anticipo – Art. 14 ter, c. 4 L. n. 241/1990 – Impianti destinati alla produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili – Procedimento autorizzatorio – Canone della massima semplificazione – Margine di intervento riconosciuto alle Regioni – Limiti – Principio dello sviluppo sostenibile – Esigenza di tutela di controinteressi ambientali effettivi e concreti – Sfruttamento delle energie rinnovabili – Art. 4, c. 3 d.lgs. n. 152/2006 – Valutazione ambientale – Giudizio di “complessiva” compatibilità  – Linee guida (D.M. 10 settembre 2010) – Individuazione di aree e siti non idonei all’installazione di specifiche tipologie di impianti – Vincoli normativi o scelte di tipo pianificatorio – Boschi  – Misure di mitigazione – Vincolo di tutela ex lege sulle aree cointermini – Insussistenza – DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Destinazione agricola – Realizzazione di impianti di produzione di energia – Compatibilità – Dissenso costruttivo – Art. 12, c. 3 d.lgs. n. 387/2003 – Conferenza di servizi – Amministrazione procedente – Adozione della decisione finale – Posizioni prevalenti manifestate nella conferenza – Parere MIBACT – Natura vincolante – Esclusione.


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 1^
Regione: Molise
Città: Campobasso
Data di pubblicazione: 15 Gennaio 2018
Numero: 15
Data di udienza: 25 Ottobre 2017
Presidente: Silvestri
Estensore: De Falco


Premassima

* DIRITTO DELL’ENERGIA – Regione Molise – L.r. Molise n. 21/2000 – Competenza ad adottare il giudizio di compatibilità ambientale – Giunta regionale – VIA, VAS E AIA – Art. 12 d.lgs. n. 387/2003 – Conferenza di servizi – VIA adottata in anticipo – Art. 14 ter, c. 4 L. n. 241/1990 – Impianti destinati alla produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili – Procedimento autorizzatorio – Canone della massima semplificazione – Margine di intervento riconosciuto alle Regioni – Limiti – Principio dello sviluppo sostenibile – Esigenza di tutela di controinteressi ambientali effettivi e concreti – Sfruttamento delle energie rinnovabili – Art. 4, c. 3 d.lgs. n. 152/2006 – Valutazione ambientale – Giudizio di “complessiva” compatibilità  – Linee guida (D.M. 10 settembre 2010) – Individuazione di aree e siti non idonei all’installazione di specifiche tipologie di impianti – Vincoli normativi o scelte di tipo pianificatorio – Boschi  – Misure di mitigazione – Vincolo di tutela ex lege sulle aree cointermini – Insussistenza – DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Destinazione agricola – Realizzazione di impianti di produzione di energia – Compatibilità – Dissenso costruttivo – Art. 12, c. 3 d.lgs. n. 387/2003 – Conferenza di servizi – Amministrazione procedente – Adozione della decisione finale – Posizioni prevalenti manifestate nella conferenza – Parere MIBACT – Natura vincolante – Esclusione.



Massima

 

TAR MOLISE, Sez. 1^ – 15 gennaio 2018, n. 15


DIRITTO DELL’ENERGIA – Regione Molise – L.r. Molise n. 21/2000 – Competenza ad adottare il giudizio di compatibilità ambientale – Giunta regionale.

L’art. 8, co. 2, della legge della Regione Molise 24 marzo 2000, n. 21 prevede espressamente che la competenza ad adottare il giudizio di compatibilità ambientale appartenga alla Giunta regionale fissando una regola che la Corte costituzionale, esaminando un’analoga disposizione contenuta nella legge della Regione Sardegna, ha ritenuto costituzionalmente legittima (Corte cost. 3 maggio 2013, n. 81).
 

DIRITTO DELL’ENERGIA – VIA, VAS E AIA – Art. 12 d.lgs. n. 387/2003 – Conferenza di servizi – VIA adottata in anticipo – Art. 14 ter, c. 4 L. n. 241/1990

L’art. 12 del d.lgs. n. 387/2003 dispone che all’autorizzazione unica si applichino le previsioni di cui alla l. n 241/1990 ivi comprese quelle relative alla conferenza di servizi, rendendo così applicabile la regola di cui all’art. 14ter, co. 4, della legge 241/1990 a mente del quale <<Se la VIA non interviene nel termine previsto per l’adozione del relativo provvedimento, l’amministrazione competente si esprime in sede di conferenza di servizi, la quale si conclude nei trenta giorni successivi al termine predetto>>. Lo strumento della conferenza dei servizi unitaria a cui debbono essere necessariamente presenti tutti i soggetti pubblici aventi titolo a pronunciarsi sulla realizzazione dell’impianto di produzione di energia elettrica con fonti rinnovabili è stato prescelto dal legislatore non solo in funzione di semplificazione del procedimento e di garanzia di una sua maggiore celerità ma in special modo perché tutti i soggetti pubblici coinvolti abbiano modo di maturare il proprio parere nella piena consapevolezza del complesso degli elementi di valutazione addotti da tutti i partecipanti in modo che la valutazione finale di sintesi di competenza dell’autorità procedente sia sostenuta da una istruttoria per quanto possibile completa e, comunque, non deve essere privata di alcun apporto previsto dalle norme dello specifico procedimento (TAR Molise, 10 marzo 2011, n. 109; id., 4 giugno 2013, n. 397; TAR Molise n. 423/2015, cit.). La stessa esigenza di concentrazione a cui risponde la conferenza di servizi risulta soddisfatta anche se la VIA sia adottata in anticipo, non inibendosi in tal modo il confronto e la discussione all’interno della conferenza. La complessità dell’istruttoria preordinata alla valutazione di impatto ambientale, rende l’anticipazione della VIA rispetto alla conferenza di servizi una soluzione pressoché obbligata, senza che ciò determini una violazione dell’obbligo fissato dall’art. 14ter, co. 4, il quale deve interpretarsi nel senso di disporre che, nell’ipotesi in cui l’Amministrazione competente a formulare la VIA non si pronunci nel termine, questa debba esprimersi in sede di conferenza, con la conseguenza di imporre la manifestazione “de visu” della propria posizione, facilitando il confronto e il reperimento di una soluzione meno dannosa degli interessi rappresentati (così TAR Molise n. 423/2015 cit.).
 

DIRITTO DELL’ENERGIA – Impianti destinati alla produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili – Procedimento autorizzatorio – Canone della massima semplificazione – Margine di intervento riconosciuto alle Regioni – Limiti – Principio dello sviluppo sostenibile – Esigenza di tutela di controinteressi ambientali effettivi e concreti.

 La disciplina legislativa sul procedimento autorizzatorio degli impianti destinati alla produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili ha natura di normativa speciale, informata al canone della massima semplificazione al fine di “… rendere più rapida la costruzione degli impianti di produzione di energia alternativa.. “(cfr. Corte costituzionale sentenza n. 13 del 28 gennaio 2014). Il sostanziale favor del legislatore europeo e nazionale, sottolineato anche dal Giudice delle Leggi come limite alla competenza legislativa delle Regioni (cfr. ancora Corte Cost. sentenza n. 224 del 17 ottobre 2012), comporta che il margine di intervento riconosciuto alla Regione non tolleri in alcun modo irragionevoli limitazioni, anche in via di fatto, all’istallazione dei generatori sul territorio regionale (come ad esempio “… la fissazione di un indice massimo di affollamento , il parametro di controllo P”: cfr. anche Corte Cost. sentenza n. 344/2010 del 26/11/2010), poiché ciò contrasterebbe con il principio fondamentale di massima diffusione delle fonti di energia rinnovabili, stabilito dalla ricordata disciplina statale ed europea (cfr. Corte Cost. sentenza n.13 cit.). Il principio del c.d. sviluppo sostenibile promuove la diffusione di fonti di produzione di energia non inquinanti consentendo di raggiungere standard di elevata sostenibilità ambientale dei consumi energetici. Certamente, la circostanza che il principio in parola favorisca e non penalizzi la realizzazione degli impianti eolici (e la considerazione ha valore ai fini della riedizione del potere), non implica certamente che essi debbano sempre essere incondizionatamente avallati, ma che la valutazione negativa degli stessi debba fondarsi sull’esigenza di tutela di controinteressi ambientali effettivi e concreti e non su considerazioni che, come nella specie, si fondano sui medesimi valori sottesi alla normazione che disciplina lo sfruttamento delle fonti rinnovabili.
 

VIA, VAS E AIA – Sfruttamento delle energie rinnovabili – Art. 4, c. 3 d.lgs. n. 152/2006 – Valutazione ambientale – Giudizio di “complessiva” compatibilità.

 L’art. 4, c. 3 del d.lgs. n .152/2006 dimostra che la valutazione ambientale non può esaurirsi in una mera verifica della presenza nell’area di interesse di siti aventi una qualche rilevanza ambientale, ma deve sostanziarsi in un vero e proprio giudizio di complessiva compatibilità, al quale non sono estranee valutazioni relative all’attività economica imprenditoriale la quale non può essere pregiudizialmente inquadrata come un controinteresse rispetto alla tutela ambientale. Tale ultima considerazione è viepiù valorizzabile in un contesto, come quello dello sfruttamento delle energie rinnovabili, in cui la stessa tutela dell’ambiente passa attraverso una legislazione nazionale ed europea che favorisce chiaramente la produzione di energia con mezzi non inquinanti.
 

DIRITTO DELL’ENERGIA  – Linee guida (D.M. 10 settembre 2010) – Individuazione di aree e siti non idonei all’installazione di specifiche tipologie di impianti – Vincoli normativi o scelte di tipo pianificatorio.

In base alle Linee Guida approvate con D.M. 10 settembre 2010 del Ministero dello Sviluppo Economico, al di fuori delle preclusioni conseguenti all’apposizione di vincoli che rendano incompatibili gli impianti per la produzione di energia da fonti rinnovabili nelle specifiche zone individuate, la Regione e la Provincia possono procedere alla determinazione di aree e siti non idonei alla installazione di specifiche tipologie di impianti “attraverso un’apposita istruttoria avente ad oggetto la ricognizione delle disposizioni volte alla tutela dell’ambiente, del paesaggio, del patrimonio storico e artistico, delle tradizioni agroalimentari locali, della biodiversità e del paesaggio rurale che identificano obiettivi di protezione non compatibili con l’insediamento, in determinate aree, di specifiche tipologie e/o dimensioni di impianti, i quali determinerebbero, pertanto, una elevata probabilità di esito negativo delle valutazioni, in sede di autorizzazione”. In altre parole, la sottrazione di intere aree all’installazione di impianti di produzione da energie rinnovabili può avvenire solo per effetto di vincoli di tipo normativo ovvero per effetto di scelte di tipo pianificatorio adottate con lo speciale procedimento descritto nelle predette Linee Guida.
 

DIRITTO DELL’ENERGIA – Linee guida (D.M. 10 settembre 2010) – Boschi  – Misure di mitigazione – Vincolo di tutela ex lege sulle aree cointermini – Insussistenza.

Le linee guida nazionali, dettano una specifica disciplina relativamente agli impatti degli impianti eolici sull’ecosistema, compresi i boschi, in considerazione della vicinanza dell’impianto da realizzare. Sennonché, la previsione nelle linee guida di siffatte specifiche misure di mitigazione dell’impatto nel caso di prossimità degli impianti rispetto ai boschi non avrebbe alcun senso se tali impianti dovessero essere, come regola generale, realizzati ad una distanza di almeno 7 KM dall’area boschiva. In altre parole, le stesse linee Guida nel regolamentare gli impatti degli impianti eolici sulle zone boschive limitrofe, muovono dall’evidente presupposto che non vi siano aree contermini, altrimenti non vi sarebbe stata la necessità di dettare una specifica regolamentazione volta a limitare l’incidenza degli stessi impianti sulle aree boschive. Del resto, lo stesso Codice dei beni culturali appone espressamente il vincolo di tutela ex lege sulle aree “contermini” ai laghi aventi determinate caratteristiche (art. 142, co. 1 lett. b d.lgs. n. 42/2004), con la conseguenza che se il Legislatore non ha ripetuto analoga espressa previsione con riferimento alle zone prossime alle aree boschive, anch’esse tutelate ex lege, non può che concludersi che non abbia inteso sottoporre ad alcun vincolo gli spazi limitrofi.
 

DIRITTO DELL’ENERGIA – DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Destinazione agricola – Realizzazione di impianti di produzione di energia – Compatibilità – Dissenso costruttivo.

 La continuità storica della destinazione agricola non è incoerente con la realizzazione dell’impianto, atteso che le predette Linee Guida affermano che la destinazione agricola ben può convivere con la realizzazione di impianti di produzione di energia, dovendosene, semmai, verificare la non contraddittorietà “con le finalità perseguite dalle disposizioni in materia di sostegno nel settore agricolo, con particolare riferimento alla valorizzazione delle tradizioni agroalimentari locali, alla tutela della biodiversità, così come del patrimonio culturale e del paesaggio rurale” . Ne consegue che, in assenza di vincoli di carattere generale che sanciscano l’inidoneità dell’intera zona individuata alla realizzazione del progetto, il diniego all’istanza di autorizzazione deve tenere in conto delle peculiarità concrete dell’iniziativa proposta, anche esprimendo “le specifiche indicazioni delle modifiche progettuali necessarie ai fini dell’assenso” (dissenso costruttivo) ai sensi dell’art. 14quater, co. 1, della l. n. 241/1990 in applicazione del c.d. dissenso costruttivo (TAR Molise n. 281/2016).
 

DIRITTO DELL’ENERGIA – Art. 12, c. 3 d.lgs. n. 387/2003 – Conferenza di servizi – Amministrazione procedente – Adozione della decisione finale – Posizioni prevalenti manifestate nella conferenza – Parere MIBACT – Natura vincolante – Esclusione.

L’art. 12, co. 3, del d.lgs. n. 387/2003 stabilisce che al procedimento per il rilascio dell’autorizzazione unica partecipano tutte le amministrazioni interessate, nel rispetto dei principi di semplificazione e con le modalità stabilite dalla legge n. 241/1990. Ai sensi dell’art. 14ter, co. 6bis, l’Amministrazione procedente adotta la decisione finale, tenendo conto delle posizioni prevalenti manifestate nella conferenza di servizi. Ora se, in via generale, gli organi deputati alla valutazione di compatibilità paesaggistica dell’intervento, come la Direzione regionale del MIBACT, non sono tenuti a ponderare interessi pubblici concorrenti – quale quello alla tutela ambientale ed allo sviluppo economico – un tale contemperamento deve tuttavia necessariamente essere effettuato dall’organo titolare della competenza primaria, rappresentato, nel caso di specie, dall’organo regionale cui spetta l’adozione del provvedimento finale (cfr. in termini TAR Molise, 10 marzo 2011, n. 109 e 15 novembre 2011, n. 733). L’erronea considerazione del parere del MIBACT come vincolante pregiudica la legittimità del provvedimento finale, perché determina un’abdicazione dell’Amministrazione competente dall’esercizio dei poteri discrezionali che, invece, essa è chiamata ad esercitare doverosamente.

Pres. Silvestri, Est. De Falco – N. s.r.l. (avv. Vergara) c. Regione Molise e altri (Avv. Stato)
 


Allegato


Titolo Completo

TAR MOLISE, Sez. 1^ - 15 gennaio 2018, n. 15

SENTENZA

 

TAR MOLISE, Sez. 1^ – 15 gennaio 2018, n. 15

Pubblicato il 15/01/2018

N. 00015/2018 REG.PROV.COLL.
N. 00421/2015 REG.RIC
.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Molise

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 421 del 2015, integrato da motivi aggiunti, proposto da:
New Green Energy S.r.l. in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall’avvocato Francesco Vergara, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Rita Menna in Campobasso, via Chiarizia, n. 11;


contro

Regione Molise in p.l.r.p.t., Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo in persona del Ministro p.t., rappresentati e difesi dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato, con domicilio in Campobasso, via Garibaldi, n. 124;

per l’annullamento

della delibera della G.R. del Molise n. 374 del 27.7.15, successivamente comunicata, recante giudizio negativo di compatibilità ambientale sull’istanza presentata dalla ricorrente alla Regione Molise di autorizzazione unica del dicembre 2012 e sulla connessa istanza di valutazione di impatto ambientale del 24.4.13, avente ad oggetto la realizzazione di un impianto eolico nel Comune di Riccia ed opere elettriche connesse;

di ogni atto presupposto, connesso e/o conseguente tra cui il parere della Direzione regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici del Molise prot. MBAC-DR-MOL 3 -00004684 del 18.12.2014.

E per quanto riguarda i motivi aggiunti del 14.4.17:

della determinazione dirigenziale della Regione Molise n. 192 del 24.1.17 di rigetto dell’istanza della ricorrente prot. 46850 del 12.12.12 di autorizzazione unica alla costruzione ed esercizio di impianto eolico a 6 aereogeneratori, della potenza complessiva 15,9 MW, nel Comune di Riccia ed opere elettriche connesse;

Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio della Regione Molise e del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 25 ottobre 2017 il dott. Domenico De Falco e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

La New Green Energy s.r.l., società operante nel settore della produzione di energia, ha presentato alla Regione Molise nel dicembre 2012 un’istanza di autorizzazione unica ai sensi dell’art. 12 del d.lgs. n. 387/2003 per la realizzazione di un impianto eolico costituito da 6 aerogeneratori (con altezza massima al mozzo di mt. 99,5 e diametro al rotore di 93 mt. per un’altezza complessiva di 156 mt.), selezionando in agro Riccia un’area priva non vincolata ai sensi degli artt. 136 e 142 del d.lgs. n. 42/2004.

Con parere (prot. 4684) del 18 dicembre 2014, la Direzione regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici del Molise (MIBACT) ha premesso che il territorio oggetto del progettato intervento, <<pur non essendo interessato da specifici provvedimenti amministrativi di tutela paesaggistica, presenta diverse aree sottoposte a tutela paesaggistica ex-lege ai sensi dell’art. 142 co. 1, lett. c) e lett. g), ossia torrenti e boschi>> e ricade in area classificata “agricola E” dallo strumento urbanistico vigente. La Direzione del MIBACT ha altresì precisato che nel territorio di Riccia, località costituente la sede dell’intervento, sussistono “diverse testimonianze archeologiche e storiche ancora evidenti, anche a breve distanza dalla località individuata dall’installazione del parco eolico e quindi entro l’ambito territoriale di prossimità all’impianto”. Il parere della Soprintendenza prosegue rilevando che “il parco eolico in progetto rappresenta la prosecuzione lineare di quello già esistente, è evidente che esso determina un effetto ‘cumulo’ decisamente destrutturante sia riguardo al contesto paesaggistico che al territorio”; sempre sull’effetto cumulo la Direzione regionale precisa che esso sarebbe “dirompente, in quanto farebbe percepire l’allineamento di 10 aerogeneratori, come una barriera fisica che separa i territori molisani da quelli campani, oltre che come una sovrapposizione rispetto alla visuale del contesto naturale tutelato del Bosco Mazzocca e del Bosco di Castelpagano”; il parere aggiunge che “le esorbitanti dimensioni” degli aerogeneratori renderebbero inutile ogni opera di mitigazione, atteso che le proposte schermature vegetali impedirebbero la vista di tutto il paesaggio data la cospicua misura degli impianti.

Il parere conclude poi che il territorio complessivamente interessato dall’impianto “è caratterizzato dalla presenza di beni del patrimonio culturale, così come definito dall’art. 2, comma 1 del codice”, esprimendo quindi sul progetto un parere negativo ai fini del procedimento di VIA.

Con delibera del 27 luglio 2015, n. 374, la Giunta regionale del Molise ha poi conclusivamente emesso una VIA negativa sul progetto, dichiarando di condividere il parere espresso dalla Direzione regionale del MIBACT e ritenendo, nella valutazione dell’interazione tra i diversi fattori, prevalente la tutela del patrimonio culturale per le specifiche peculiarità del territorio di Riccia, area di localizzazione della proposta di intervento, “quali le valenze paesaggistiche e le vedute panoramiche, il contesto agrario storicizzato, i sistemi boscati, il segno degli antichi percorsi verso i centri dell’area campana segnati da sistemi di croci viarie e votive, così come puntualmente e diffusamente evidenziate nel parere del MIBACT che si condivide pienamente”.

Avverso tale esito del procedimento di VIA, unitamente al parere negativo della Direzione regionale del MIBACT, la New Green Energy ha proposto ricorso notificato in data 30 ottobre 2015 e depositato il successivo 17 novembre chiedendo l’annullamento, previa adozione di misure cautelari, sulla base dei seguenti motivi.

I) Incompetenza; violazione l.r. Molise 24.3.2000, n. 21; violazione artt. 3, 97 e 117 Cost. e principio di separazione delle funzioni di indirizzo politico e gestione amministrativa; violazione dei d.lgs. 3.2.1993, n. 29, 80/1998, della l. 127/1997, della l. 191/1998, del d.lgs. n. 267/2000, del d.lgs. n. 165/2001, del d.lgs. 150/2009.

La gravata delibera sarebbe illegittima per incompetenza della Giunta, atteso che, in base al principio di separazione tra indirizzo politico e gestione amministrativa, tale decisione avrebbe dovuto essere adottata dal Dirigente regionale del Servizio Valutazioni Ambientali, trattandosi di apprezzamento tecnico discrezionale che non comprende profili di indirizzo politico e, per questo motivo, esula dalla competenza della Giunta tenuto anche conto che si ha a che fare con un intervento singolo che non comporta alcuna modifica agli strumenti urbanistici, come tale rimesso agli organi di gestione.

II) Violazione dell’art. 10-bis della l. n. 241/1990 e del principio del giusto procedimento.

Il gravato provvedimento di VIA negativa non è stato preceduto, come invece avrebbe dovuto, dalla prescritta comunicazione dei motivi ostativi all’accoglimento dell’istanza di cui all’art. 10bis della l. n. 241/1990, applicabile a tutti i procedimenti ad istanza di parte e che nel caso di specie avrebbe avuto anche la funzione di introdurre nel procedimento elementi di valutazione che avrebbero potuto modificare l’orientamento contestato nel presente giudizio.

III) Violazione dell’art. 8 della l.r. n. 21/2000; dell’art. 3 della l. n. 241/1990; eccesso di potere per contraddittorietà con i punti 14.6 e 14.12 delle linee guida regionali approvate con delibera della GR n. 621/2011.

La Giunta si sarebbe pronunciata sulla VIA ben oltre il termine di 150 giorni previsto dalla normativa regionale ed inoltre non avrebbe motivato in alcun modo la mancata adesione ai pareri positivi espressi dalle altre Amministrazioni coinvolte nel procedimento.

IV) Violazione dell’art. 12 del d.lgs. n. 387/2003; artt. 23 e ss. del d.lgs. n. 152/2006 e artt. 3 e 14ter della l. n. 241/1990; eccesso di potere per contrarietà e sviamento.

Il provvedimento di diniego non avrebbe ponderato i vari contributi procedimentali, limitandosi a dare incondizionata prevalenza all’apprezzamento del MIBACT, senza conferire alcun rilievo ai pareri di segno positivo espressi da altre autorità che hanno partecipato al procedimento. Inoltre, la Regione avrebbe ammesso che il diniego deriva anche da ragioni non collegate alle specificità del progetto, ma di opportunità connesse alla prossima emanazione di atti di pianificazione regionali che avrebbero reso opportuno rimandare la decisione sull’impianto oggetto di causa; ma in tal modo l’Amministrazione sarebbe chiaramente incorsa in uno sviamento di potere.

V) Violazione artt. 3, 14ter e 14quater l. n. 241/1990; violazione art. 12 del d.lgs. n. 387/2000 e art. 23 del d.lgs. n. 152/2006; eccesso di potere per travisamento dei presupposti, contraddittorietà con le linee guida regionali di cui alla delibera G.R. 621/2011.

La delibera della Giunta regionale impugnata sarebbe stata adottata in carenza di potere, tenuto conto che ai sensi dell’art. 14-ter della l. n. 241/1990, una volta scaduti i termini per provvedere, deve essere adottato il modulo della conferenza di servizi al cui interno l’eventuale dissenso deve essere necessariamente manifestato, laddove nel caso di specie il dissenso del MIBACT sarebbe stato espresso con un parere predefinito al di fuori della conferenza.

VI) Violazione degli artt. 3 e 14quater della l. n. 241/1990; violazione dell’art. 12 del d.lgs. 387/2000.

Gli atti impugnati sono stati adottati in violazione della regola sancita dall’art. 14quater della l. n. 241/1990 del dissenso “motivato” e “costruttivo”, senza indicare alcuna soluzione alternativa ovvero gli accorgimenti tecnici necessari a superare i profili di criticità, come sarebbe stato necessario, a maggior ragione, nel caso di specie in cui il progetto ha beneficiato di numerosi giudizi positivi da parte delle altre autorità coinvolte nel procedimento.

Tenuto conto di tali positivi pareri, inoltre, la Regione non poteva limitarsi a motivare per relationem, rimandando al parere del MIBACT atteso che alla stessa Regione era rimessa una valutazione più globale che comparasse tutti gli interessi sottesi al procedimento senza attribuire incondizionata prevalenza a quello del culturale e paesaggistico.

VII) Violazione dell’art. 3quater della l. n. 152/2006, dell’art. 12 del d.lgs. n. 387/2000; dell’art. 8 della l.r. n. 21/2000 e del principio dello sviluppo sostenibile; violazione art. 3 della l. n. 241/1990; eccesso di potere per travisamento dei presupposti.

La Giunta regionale nell’assegnare prevalenza al giudizio negativo formulato dalla Direzione regionale del MIBACT avrebbe utilizzato una formula di mero stile senza entrare nelle peculiarità del caso di specie, laddove l’art. 3-quater, co. 2, del d.lgs. n. 152/2006 assegna alla Regione il compito di effettuare la scelta comparativa tra gli interessi in gioco.

Inoltre, viene impropriamente invocata la violazione del principio dello sviluppo sostenibile che, invece, presiede proprio all’ammissione di iniziative del tipo di quella proposta da parte ricorrente come confermerebbe la Corte costituzionale (sentenza n. 88/2008) e la legislazione europea (direttiva 2001/77/CE).

VIII) violazione degli artt. 3 e 14 della l. n. 241/1990, art. 12 del d.lgs. b. 387/2003, DM 10 settembre 2010; d.lgs. n. 42/2004, DPCM 12 dicembre 2005; violazione dei principi di proporzione, adeguatezza e ragionevolezza; eccesso di potere per inesistenza dei presupposti, travisamento dei fatti e contraddittorietà.

L’area interessata dall’impianto non è sottoposta ad alcun vincolo diretto e non può considerarsi nemmeno sottoposta alla tutela delle aree contermini ovvero collocate ad una certa distanza (prevista dalle linee guida) dalle zone oggetto di vincolo diretto, atteso che il carattere contermine non può instaurarsi con aree sottoposte ad un vincolo “generico” come nel caso di specie le zone boschive sottoposte ex lege a protezione.

Con gli ulteriori profili di censura rubricati sotto il medesimo motivo, parte ricorrente critica analiticamente i passaggi del gravato parere della Direzione regionale del MIBACT evidenziandone ritenute contraddizioni, inesattezze ed errori.

IX) Violazione dell’art. 12 del d.lgs. n. 387/2003; eccesso di potere per sviamento.

Parte ricorrente invoca un preteso comportamento preconcetto della direzione MIBACT con riguardo ad iniziative del tipo di quella oggetto di causa, atteso che esse non vengono consentite da oltre sei anni sull’intero suolo molisano, a prescindere dalla localizzazione delle stesse. Persino l’installazione degli anemometri necessari a verificare l’idoneità dell’area viene ostacolata.

Con atto depositato in data 30 novembre 2015 si sono costituiti in giudizio il Ministero per i Beni e le attività culturali e per il Turismo – Direzione regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici (MIBACT) e la Regione Molise che hanno preliminarmente negato ogni atteggiamento preconcetto sugli impianti eolici, rivendicando l’autonomia nella gestione di un territorio che avrebbe già raggiunto un livello di saturazione per numero di impianti di tale tipologia.

Infondati sarebbero poi i motivi con i quali parte ricorrente denuncia la violazione dei termini per provvedere, i quali secondo le Amministrazioni non consumerebbero il relativo potere e infondata sarebbe anche l’eccezione di incompetenza della Giunta stante il chiaro disposto dell’art. 8 della l.r. n. 21/2000.

Improprio sarebbe poi il richiamo di parte ricorrente al principio dello sviluppo sostenibile in quanto nell’ambito della ponderazione tra gli interessi alla tutela dell’ambiente e imprenditoriale, il primo deve considerarsi prevalente, in coerenza con il principio di precauzione secondo cui la semplice probabilità di un pregiudizio per l’integrità e la conservazione dell’ambiente è idoneo a giustificare l’esito negativo della valutazione. Le Amministrazioni resistenti hanno quindi contestato i motivi di ricorso e chiesto il rigetto del ricorso.

Con ordinanza 10 giugno 2016, n. 236 il Tribunale ha disposto l’acquisizione dei provvedimenti di vincolo delle aree rispetto alle quali il progettato impianto sarebbe “contermine”, secondo quanto rilevato più volte nel parere gravato.

Le Amministrazioni convenute hanno depositato in giudizio i provvedimenti di vincolo e alcune cartografie, precisando, con la memoria depositata in data 6 ottobre 2016, che il progettato parco eolico ricadrebbe in area contermine avendo riguardo a diversi beni appartenenti al patrimonio culturale alcuni dei quali oggetto di tutela in forza di uno specifico provvedimento ed altri sottoposti a tutela ex lege. Con riferimento a queste ultime, le Amministrazioni hanno depositato una cartina con la quale si è evidenziato uno spazio attorno ad ogni aerogeneratore pari all’ampiezza dell’area contermine (50 volte l’altezza del generatore corrispondente a 7,8 KM), al fine di agevolare l’individuazione dello spazio incluso nella disciplina vincolistica.

In particolare la difesa erariale ha evidenziato la presenza anche di alcuni specifici siti di interesse archeologico che non sarebbero emersi al momento della redazione del parere e ha indicato che tutto il territorio di Cercemaggiore (confinante con quello di Riccia nel cui comprensorio sorge l’impianto) sarebbe stato dichiarato di notevole interesse pubblico.

A seguito del deposito da parte delle Amministrazioni intimate degli atti presupposti richiamati nell’impugnato parere della Direzione regionale, parte ricorrente ha proposto ricorso per motivi aggiunti, spedito a notifica il 28 novembre 2016 e depositato il successivo 5 dicembre, insistendo per l’annullamento degli atti impugnati con il ricorso introduttivo, proponendo la seguente ulteriore censura.

Violazione art. 12 d.lgs. n. 387/2003, artt. 23 e ss. del d.lgs. n. 152/2005; art. 3 della l. n. 241/1990; DM 10 settembre 2010; d.lgs. n. 32/2004; DPCM 12 dicembre 2005; violazione dei principi di proporzione, adeguatezza, ragionevolezza. Eccesso di potere per inesistenza dei presupposti, travisamento e contraddittorietà.

Parte ricorrente rileva che l’impugnato parere della direzione regionale citato nel provvedimento di VIA negativo, pure gravato, richiama due sole fonti da cui sorgerebbero gli addotti vincoli: il DM 30 giugno 1978 di tutela del complesso archeologico costituito dai resti di fortificazione del Monte Saraceno in Cercemaggiore e il D.D.R. n. 41/2014 e n. 42/2014 del 5 novembre 2014 che tutelano alcune croci metalliche lungo le strade per Benevento e per Castelvetere.

Con riferimento all’area tutelata con il DM del 1978 parte ricorrente rileva che il sito è posto ad una distanza di circa 7 km dall’aerogeneratore più vicino, di modo che nessuna interferenza visiva potrebbe cogliersi.

Con riguardo ai D.D.R. 41 e 42/2014 dichiarativo di interesse culturale del sistema delle croci viarie sopra riferito, si tratterebbe di beni di modestissima consistenza e la croce più vicina si troverebbe comunque ad 1,4 KM dall’impianto più vicino, senza considerare che la visibilità dell’impianto dalle croci sarebbe limitata e l’impatto paesaggistico irrilevante.

Inoltre, con specifico riferimento al DDR 42/2014, tre delle quattro croci interessate non sarebbero visibili e l’altra disterebbe oltre 5 KM dall’impianto.

In data 21 gennaio 2017, le resistenti hanno depositato atti da cui risulta l’avvio del procedimento per la sottoposizione a vincolo archeologico di zone dell’area rilevante ai fini della realizzazione dell’impianto.

Con determinazione dirigenziale n. 192 del 24 gennaio 2017, depositata in giudizio in data 10 febbraio 2017, l’Amministrazione ha adottato il provvedimento di diniego di autorizzazione alla realizzazione dell’impianto, dopo aver richiamato la valutazione di impatto ambientale negativa n. 374 del 27 luglio 2015 adottata dalla Giunta regionale, il parere negativo del Segretario Generale per il MIBACTT, i pareri della Servizio Valorizzazione e Tutela della Montagna e delle Foreste, Biodiversità e Sviluppo Sostenibile – Ufficio Vincolo Idrogeologico.

In particolare nel provvedimento si osserva, tra l’altro, che, con riferimento al rischio archeologico dell’area, la ricorrente non ha prodotto nel corso del procedimento alcuno studio di valutazione dell’impatto archeologico né tale aspetto è stato approfondito mediante ricerche bibliografiche o d’archivio. Inoltre, il rinvenimento di materiale archeologico, anche in assenza di un provvedimento di vincolo, radica la competenza della soprintendenza archeologica a rendere il parere, dovendosi avere riguardo “all’interesse espresso dal contesto”. Infine, la Regione ha ritenuto che l’interesse tutelato dal MIBACT prevalga rispetto a tutti gli altri e, in particolare, rispetto a quello imprenditoriale sotteso alla realizzazione dell’impianto eolico.

Avverso tale provvedimento e gli atti presupposti, unitamente alla VIA negativa già impugnata con il ricorso introduttivo, la New Green Energy ha proposto un secondo ricorso per motivi aggiunti notificato in data 30 marzo 2017 e depositato il successivo 14 aprile, articolato nei seguenti motivi.

I) Violazione art. 12 del d.lgs. n. 29 dicembre 2003, n. 387; D.M. 19 settembre 2010; art. 23 del d.lgs. n. 152/2006; l.r. n. 10 del 23 marzo 2010 e artt. 3, 14-ter, 14-quater e 21-septies della l. n. 241/1990; eccesso di potere per inesistenza dei presupposti, travisamento dei fatti, contraddittorietà. Illegittimità derivata.

Il diniego sarebbe illegittimo in quanto il parere negativo di compatibilità ambientale di cui alla Giunta Regionale n. 374/2015, essendo stato reso fuori termine, avrebbe dovuto essere espresso nella conferenza di servizi e non mediante autonomo provvedimento, come accaduto nella specie, in violazione dell’art. 14-ter, co. 3 e 4 della l. n. 241/1990. In particolare, la VIA è stata considerata definitiva e non modificabile in sede di conferenza e anche con la delibera n. 192/2017, impugnata con i secondi motivi aggiunti;

II) Violazione art. 10.bis l. n. 241/1990.

Le osservazioni formulate dalla ricorrente a seguito del preavviso di rigetto non sarebbero state adeguatamente valutate nell’ambito della delibera 192/2017.

III) Violazione delibera 621 del 4 agosto 2011 (linee guida regionali) punto 14.6, art. 12 del d.lgs. N.. 387/2003, DM 10 settembre 2010, artt. 3, 14 e ss. della l. n. 241/1990; Eccesso di potere per inesistenza dei presupposti, travisamento dei fatti, contraddittorietà.

Non sarebbe stato garantito un effettivo contraddittorio in sede di conferenza di servizi perché le amministrazioni sono state convocate troppo a ridosso della trasmissione del progetto, mentre la relazione del MIBACT avrebbe dovuto essere consegnata in tempo utile a consentire ai partecipanti alla conferenza di discuterne i contenuti.

IV) Violazione art. 12 del d.lgs. n. 387/2003, DM 10 settembre 2010, art. 3 e 14 della l. n. 241/1990, d.lgs. n. 42/2004, D.P.C.M. 12 dicembre 2005, principi di leale collaborazione e buona fede, proporzione, adeguatezza, ragionevolezza; eccesso di potere per inesistenza dei presupposti, travisamento dei fatti, contraddittorietà.

Per poter fondare il diniego sarebbe stata necessaria una motivazione più approfondita, tenuto conto dei pareri favorevoli conseguiti dal progetto in sede di procedimento, ai quali andava aggiunto anche quello della Regione Molise, tenuto conto che essa non ha partecipato con un proprio rappresentate alla conferenza, rendendo così applicabile la presunzione di assenso di cui all’art. 14-quater, co. 3, della l. n. 241/1990.

In ogni caso la seduta sarebbe durata un lasso di tempo del tutto insufficiente ad esaminare l’articolata relazione del MIBACT, dalla quale risulta comunque un rifiuto aprioristico del progetto di parte ricorrente.

V) Violazione art. 32, co. 2, lett. e) D.P.C.M. 171/2014; incompetenza del Segretario regionale MIBACT ad esprimersi in conferenza.

Sarebbe stato il Soprintendente a dover esprimere il parere in conferenza e non il Segretario, tenuto conto che quest’ultimo in base alla disposizione appena citata si esprime nel caso di progetti rientranti nell’ambito di competenza di più Soprintendenze.

VI) Violazione art. 12 d.lgs. n. 387/2003, DM 10 settembre 2010 e artt. 3 e 14 della l. n. 241/1990, art. 117 Cost, d.lgs. n. 42/2004, DPCM 12 dicembre 2005, principi di leale cooperazione e buona fede, proporzione, adeguatezza, ragionevolezza; eccesso di potere per inesistenza dei presupposti, travisamento dei fatti, contraddittorietà, sviamento di potere.

Tutte le relazioni istruttorie del MIBACT dal 2009 in poi sono sempre state negative in qualunque luogo le turbine eoliche siano state progettate e a prescindere dal loro numero, con motivazioni stereotipate ed apodittiche, laddove nella fattispecie l’impianto progettato ricade in zona priva di vincoli ambientali, storico culturali e di immobili di interesse pubblico. Inoltre le opere progettate non interferiscono con le croci votive tutelate. Erronea sarebbe poi l’affermazione della Regione secondo cui, con riferimento alla VIA negativa, non vi sarebbe spazio per contestare la sfera di discrezionalità tecnica delle altre PA coinvolte. Inoltre i singoli beni di interesse sarebbero stati elevati a valore generalizzato e fatti assurgere a valori paesaggistici assoluti, pervenendo così ad un risultato analogo a quello di un vincolo di zona. La stessa destinazione agricola dell’area, invocata dal MIBACT, non contraddice la realizzazione del progetto. Più in generale nei vari contributi procedimentali si sarebbe esasperato il valore di quello del MIBACT, considerato erroneamente insuperabile.

VII) Violazione art. 12 del d.lgs. n. 387/2003, DM 10 settembre 2010, artt. 3 e 14 della l. n. 241/1990, art. 117 Cost. dl.gs. n. 42/2004, DPCM del 12 dicembre 2005, principi di leale cooperazione e buona fede, proporzione, adeguatezza, ragionevolezza; eccesso di potere per inesistenza dei presupposti, travisamento dei fatti, contraddittorietà, sviamento di potere.

La relazione istruttoria del provvedimento gravato esclude la presenza di vincoli e i beni di natura archeologica a cui fa riferimento la relazione istruttoria non costituiscono vincoli ex lege. Anche per l’assenza di vincoli archeologici non sussiste la “competenza di più soprintendenze” che escluderebbe il potere di provvedere del Segretario regionale MIBACT.

Gli impianti in progetto, poi, non presenterebbero impatti sulle rilevate croci votive e comunque si tratta di vincoli introdotti in modo asseritamente strumentale dopo la proposizione della richiesta di autorizzazione.

Erroneo sarebbe il riferimento all’incompatibilità dell’impianto, definito industriale, in zona agricola, atteso che l’art. 12 del d.lgs. n. 387/2003 stabilisce che non è necessaria alcuna variante.

Con gli ulteriori profili di censura del settimo motivo, parte ricorrente contesta specifici profili attinenti il contenuto della relazione istruttoria.

Le condizioni dettate dal MIBACT al termine della relazione istruttoria per rendere il progetto assentibile finiscono per incidere sulla convenienza del luogo prescelto quanto alle condizioni del vento e alla vicinanza con zone del territorio oggetto di specifici vincoli. La stessa prescrizione di ridurre l’altezza dei pali eolici a 20-25 mt. comporterebbe la sostanziale eliminazione del progetto, in quanto la potenza dell’impianto sarebbe solo una frazione di quella progettata.

VIII) Violazione art. 12 del d.lgs. n. 387/2003, DM 10 settembre 2010, artt. 3 e 14 ss. l. n. 241/1990; art. 117 Cost., d.lgs. n. 42/2004, DPCM 12 dicembre 2005, principi di leale collaborazione e buona fede, proporzione, adeguatezza, ragionevolezza. Eccesso di potere per inesistenza dei presupposti, travisamento dei fatti, contraddittorietà, sviamento di potere.

La relazione istruttoria sarebbe poi fuorviante laddove afferma che lo studio condotto da parte ricorrente non avrebbe tenuto conto dei 4 aerogeneratori già presenti nell’area.

La ricorrente contesta poi l’assunto del MIBACT secondo cui l’area interessata dall’impianto sarebbe contermine, atteso che tale qualifica scaturirebbe dalla vicinanza a beni oggetto di vincolo specifico e non di tipo categoriale come il bosco. Sotto questo aspetto sarebbe anche immotivata la prescrizione che impone una determinata distanza dell’impianto dal bosco, in assenza di alcuna previsione in tal senso nell’articolo 142, comma 1, lett. g) d.lgs. n. 42/2004 e di alcun danneggiamento o interferenza diretta con tale bene. Infine la stessa fruizione paesaggistica delle croci votive non può considerarsi incisa dalla realizzazione dell’impianto, attenendo questo alla modifica del solo skyline.

La ricorrente afferma che il proprio metodo di valutazione dell’incidenza sul paesaggio dell’impianto progettato sarebbe rigido e scientifico, al fine di circoscrivere il soggettivismo insito in una valutazione siffatta ed avrebbe evidenziato la non visibilità dell’impianto nei coni ottici selezionati in base ai beni oggetto di tutela specifica esistenti nell’area.

Nella propria memoria depositata in data 24 luglio 2017 il MIBACT ha contestato tutte le censure di parte ricorrente e, quanto al profilo dell’esercizio del potere ex art. 152 n. 42/2004, ha richiamato l’orientamento giurisprudenziale del Consiglio di Stato secondo cui anche dai beni paesaggisticamente vincolati ex lege come i boschi si dipana un’area contermine ai sensi delle linee guida.

All’udienza del 25 ottobre 2017 la causa è stata trattenuta per la decisione.

Occorre in primo luogo rilevare, sotto il profilo processuale, che l’adozione del provvedimento di reiezione dell’istanza di autorizzazione alla realizzazione dell’impianto non determina la sopravvenuta carenza di interesse all’impugnazione autonoma della VIA negativa proposta con il ricorso introduttivo e con i primi motivi aggiunti, atteso che i lamentati vizi della stessa ridondano quali cause di illegittimità derivata del diniego e come tali sono fatti valere da parte ricorrente.

E infatti, con i secondi motivi aggiunti parte ricorrente ha dedotto anche l’illegittimità in via derivata del diniego di autorizzazione rispetto alla VIA impugnata con il ricorso introduttivo, in quanto richiamata a fondamento della reiezione dell’istanza di autorizzazione, rilevando che tutte le censure del ricorso introduttivo dovevano ritenersi integralmente ribadite anche nei secondi motivi aggiunti siccome riproposte sotto il profilo, appunto, dell’illegittimità derivata.

Ne consegue la necessità di scrutinare anche i profili di censura dedotti con il gravame introduttivo.

Ciò premesso, rivestono priorità logico/giuridica i motivi con cui nel ricorso originario si contesta la competenza della Giunta regionale.

Al riguardo il Collegio rileva che su tale questione questo Tribunale ha già avuto modo di pronunciarsi con la sentenza n. 423/2015, giustamente richiamata dalle resistenti Amministrazioni e che anche qui si richiama quale precedente conforme.

Con il primo motivo del ricorso introduttivo, dunque, la società istante invoca l’invalidità della delibera del 27 luglio 2015, n. 374 recante la Valutazione di Impatto Ambientale, lamentando l’incompetenza della Giunta Regionale, in quanto sarebbero lese regole di separazione tra funzione di indirizzo politico e di gestione amministrativa, in base alle quali l’adozione della delibera sarebbe spettata al dirigente regionale del servizio Valutazioni Ambientali e non, appunto, alla Giunta.

Il rilievo non merita condivisione.

L’art. 8, co. 2, della legge della Regione Molise 24 marzo 2000, n. 21 prevede espressamente che la competenza ad adottare il giudizio di compatibilità ambientale appartenga alla Giunta regionale fissando una regola che la Corte costituzionale ha ritenuto costituzionalmente legittima, esaminando un’analoga disposizione contenuta nella legge della Regione Sardegna.

In particolare, secondo il Giudice delle leggi la disposizione della legge regionale che appunta sulla Giunta regionale la competenza ad adottare la VIA <<non appare irragionevole, anche in considerazione della particolare complessità della VIA. In quest’ultimo atto, infatti, a verifiche di natura tecnica circa la compatibilità ambientale del progetto, che rientrano nell’attività di gestione in senso stretto e che vengono realizzate nell’ambito della fase istruttoria, possono affiancarsi e intrecciarsi complesse valutazioni che – nel bilanciare fra loro una pluralità di interessi pubblici quali la tutela dell’ambiente, il governo del territorio e lo sviluppo economico – assumono indubbiamente un particolare rilievo politico. In ragione di ciò, il riparto di competenze previsto dalla disposizione censurata, in un ambito caratterizzato da un intreccio di attività a carattere gestionale e di valutazioni di tipo politico, non viola l’art. 97 Cost. >> (Corte cost. 3 maggio 2013, n. 81).

Ora anche nel caso della disciplina della Regione Molise, la Giunta è chiamata ad adottare la Valutazione di Impatto Ambientale sulla base di un’istruttoria tecnica compiuta da un organo tecnico composto dai responsabili dei servizi tecnici della Regione, con ciò replicando l’assetto di competenze ritenuto legittimo dalla Corte costituzionale con la pronuncia appena riportata: né la circostanza che con la delibera contestata non sia stata introdotta alcuna modifica regolamentare conduce all’esclusione della competenza della Giunta, atteso che la distinzione tra atti di indirizzo politico e di gestione amministrativa non si identifica in quella tra atti regolamentari o generali e provvedimenti riferiti ad un caso specifico, ben potendo atti di tale ultima tipologia concorrere ad esprimere l’indirizzo politico dell’ente e quindi essere adottati, come nel caso di specie, dall’organo a tal fine competente.

Ciò premesso quanto al dedotto difetto di competenza, può passarsi ora allo scrutinio delle ulteriori censure procedimentali.

Con il secondo motivo la New Green Energy contesta la mancata comunicazione, prima dell’adozione della VIA negativa, del preavviso di rigetto, in asserita violazione dell’art. 10 bis della l. n. 241/1990.

Il rilievo non merita di essere condiviso.

A prescindere dalla sua concreta lesività, in giurisprudenza si è condivisibilmente rilevato che la Valutazione di Impatto Ambientale <<non é il provvedimento conclusivo del procedimento di autorizzazione alla realizzazione dell’impianto di produzione di energia eolica, rispetto al quale si configura l’obbligo del preavviso di rigetto ai sensi dell’art. 10-bis della legge n° 241/1990>> (TAR Sicilia, sez. II, 4 giugno 2012, n. 1177).

Peraltro, nel caso di specie la società ha avuto la possibilità di far valere in sede procedimentale la propria posizione con le osservazioni proposte a seguito del preavviso di rigetto dell’istanza di autorizzazione unica, sicchè, almeno con riferimento alla definizione conclusiva del procedimento, non potrebbe comunque ravvisarsi nessuna lesione del contraddittorio procedimentale.

III) Con il terzo motivo parte ricorrente lamenta in primo luogo la violazione del termine di conclusione del procedimento che inciderebbe sulla legittimità del provvedimento gravato.

Anche tale rilievo non merita positiva considerazione.

In proposito, il Collegio premette che l’art. 12 del d.lgs. n. 387/2000 dispone che all’autorizzazione unica si applichino le previsioni di cui alla l. n 241/1990 ivi comprese quelle relative alla conferenza di servizi, rendendo così applicabile la regola di cui all’art. 14ter, co. 4, della legge 241/1990 a mente del quale <<Se la VIA non interviene nel termine previsto per l’adozione del relativo provvedimento, l’amministrazione competente si esprime in sede di conferenza di servizi, la quale si conclude nei trenta giorni successivi al termine predetto>>.

Al riguardo questo Tribunale ha avuto modo di rilevare che <<lo strumento della conferenza dei servizi unitaria a cui debbono essere necessariamente presenti tutti i soggetti pubblici aventi titolo a pronunciarsi sulla realizzazione dell’impianto di produzione di energia elettrica con fonti rinnovabili è stato prescelto dal legislatore non solo in funzione di semplificazione del procedimento e di garanzia di una sua maggiore celerità ma in special modo perché tutti i soggetti pubblici coinvolti abbiano modo di maturare il proprio parere nella piena consapevolezza del complesso degli elementi di valutazione addotti da tutti i partecipanti in modo che la valutazione finale di sintesi di competenza dell’autorità procedente sia sostenuta da una istruttoria per quanto possibile completa e, comunque, non deve essere privata di alcun apporto previsto dalle norme dello specifico procedimento>> (TAR Molise, 10 marzo 2011, n. 109; id., 4 giugno 2013, n. 397; TAR Molise n. 423/2015, cit.).

Ritiene il Collegio che la funzione appena riportata si sia verificata anche nel caso di specie, atteso che risulta comunque realizzata la concentrazione nell’unica sede ed in un unico momento, “de visu”, della manifestazione degli interessi di cui è portatore ciascuno dei soggetti partecipanti, i quali nella sede della conferenza manifestano e discutono le reciproche posizioni maturate sulla base delle istruttorie svolte da ciascuna Amministrazione e che, nel caso della VIA, presentano un grado di notevole complessità che ne impone lo svolgimento e la predisposizione al di fuori della sede conferenziale.

A quest’ultima è invece demandata la funzione di realizzare una sintesi delle posizioni espresse dai partecipanti pervenendo a soluzioni il più possibile condivise, ma senza tuttavia ripetere tutti i singoli accertamenti tecnici svolti dai partecipanti, perché altrimenti la conferenza perderebbe la funzione di strumento di semplificazione che essa assolve.

Peraltro, la stessa esigenza di concentrazione a cui risponde la conferenza di servizi risulta soddisfatta anche se la VIA sia adottata in anticipo, non inibendosi in tal modo il confronto e la discussione all’interno della conferenza. Come accennato, poi, la complessità dell’istruttoria preordinata alla valutazione di impatto ambientale, rende l’anticipazione della VIA rispetto alla conferenza di servizi una soluzione pressoché obbligata, senza che ciò determini una violazione dell’obbligo fissato dall’art. 14ter, co. 4, il quale deve interpretarsi nel senso di disporre che, nell’ipotesi in cui l’Amministrazione competente a formulare la VIA non si pronunci nel termine, questa debba esprimersi in sede di conferenza, con la conseguenza di imporre la manifestazione “de visu” della propria posizione, facilitando il confronto e il reperimento di una soluzione meno dannosa degli interessi rappresentati (così TAR Molise n. 423/2015 cit.).

Deve a questo punto essere esaminato il secondo profilo di censura di cui al terzo motivo e i motivi sub IV e VII del ricorso introduttivo con i quali, in buona sostanza, la VIA negativa viene contestata per non avere dato adeguata considerazione ai pareri positivi espressi nel corso del procedimento da soggetti diversi dal MIBACT, nonché per avere utilizzato come formula di stile quella dell’assegnare prevalenza al principio dello sviluppo sostenibile, senza effettuare un’effettiva e ponderata valutazione sulla realizzazione del progettato impianto, come invece richiesto dalla normativa di riferimento.

Le doglianze meritano positiva considerazione alla stregua e nei limiti di seguito precisati.

Come è noto, i principi fondamentali fissati dal legislatore statale in attuazione della “Direttiva 2001/77/CE relativa alla promozione dell’energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno dell’elettricità”, sono consacrati nell’art. 12, commi 3 e 4, del d.lgs. n. 387 del 29 dicembre 2003, che ha disciplinato il procedimento amministrativo volto al rilascio dell’autorizzazione Unica per la produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia anche alla luce degli impegni europei conseguenti all’adesione dell’Italia ai protocolli di Kyoto sul contenimento del CO2 ed alle successive integrazioni relative alla limitazione dell’uso dei combustibili fossili e degli idrocarburi. Si tratta, peraltro, di profili che in Italia interferiscono non solo con il piano ambientale, ma anche con quello propriamente economico, data la quasi totale dipendenza in materia di idrocarburi dalle importazioni.

In conseguenza, la disciplina legislativa sul procedimento autorizzatorio degli impianti destinati alla produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili ha natura di normativa speciale, informata al canone della massima semplificazione al fine di “… rendere più rapida la costruzione degli impianti di produzione di energia alternativa.. “(cfr. Corte costituzionale sentenza n. 13 del 28 gennaio 2014).

Il sostanziale favor del legislatore europeo e nazionale, sottolineato anche dal Giudice delle Leggi come limite alla competenza legislativa delle Regioni (cfr. ancora Corte Cost. sentenza n. 224 del 17 ottobre 2012), comporta che il margine di intervento riconosciuto alla Regione non tolleri in alcun modo irragionevoli limitazioni, anche in via di fatto, all’istallazione dei generatori sul territorio regionale (come ad esempio “… la fissazione di un indice massimo di affollamento , il parametro di controllo P”: cfr. anche Corte Cost. sentenza n. 344/2010 del 26/11/2010), poiché ciò contrasterebbe con il principio fondamentale di massima diffusione delle fonti di energia rinnovabili, stabilito dalla ricordata disciplina statale ed europea (cfr. Corte Cost. sentenza n.13 cit.).

A ciò si aggiunga il considerando n. 1 della citata direttiva 2001/77/CE il quale dispone espressamente che: <<Il potenziale di sfruttamento delle fonti energetiche rinnovabili è attualmente sottoutilizzato nella Comunità. Quest’ultima riconosce la necessità di promuovere in via prioritaria le fonti energetiche rinnovabili, poiché queste contribuiscono alla protezione dell’ambiente e allo sviluppo sostenibile>>.

In sintesi, la diffusione degli impianti di produzione dell’energia elettrica da fonti rinnovabili è ritenuto dal Legislatore un obiettivo fondamentale proprio per garantire l’approvvigionamento energetico con un minor impatto ambientale rispetto a quello conseguente allo sfruttamento delle fonti di produzione di tipo fossile. Per ragioni di natura ambientale si è scelto a livello europeo di privilegiare lo sfruttamento di fonti rinnovabili e non inquinanti anche introducendo a tal fine un meccanismo procedimentale di autorizzazione semplificato; il tutto in funzione del c.d. sviluppo sostenibile (secondo quanto dichiarato dalla direttiva 2001/77/CE: considerando 1 cit.) con il quale si designa quel modello di evoluzione che non assegna incondizionato valore al progresso scientifico, economico e sociale, ma ci si sforza di contemperare questi obiettivi con la tutela dell’ambiente nella consapevolezza, oramai acquisita anche nella legislazione degli ultimi decenni, che lo sviluppo non è un valore assoluto e che può essere anche limitato allorché ponga a rischio il primario valore della salute che, anche da un punto di vista logico, non può non avere prevalenza sulla promozione del benessere in quanto la conservazione dell’ecosistema costituisce un presupposto necessario di quest’ultimo.

Applicando alla fattispecie oggetto di causa le sopraesposte coordinate valoriali individuate nella legislazione sovraordinata e poi trasfuse nella normativa nazionale, si può ritenere che il principio dello “sviluppo sostenibile”, al quale l’Amministrazione regionale ha agganciato la gravata Valutazione di Impatto Ambientale, operi in senso diametralmente opposto a quello per il quale esso è stato applicato nella delibera di Giunta Regionale n. 374 del 27 luglio 2015 recante la VIA negativa.

E infatti, si è ritenuto che l’impatto ambientale dell’impianto eolico proposto dalla ricorrente fosse negativo per la ravvisata violazione del principio dello sviluppo sostenibile, laddove, come si è visto, tale principio promuove proprio la diffusione di fonti di produzione di energia non inquinanti consentendo di raggiungere standard di elevata sostenibilità ambientale dei consumi energetici.

Certamente, la circostanza che il principio in parola favorisca e non penalizzi la realizzazione degli impianti eolici (e la considerazione ha valore ai fini della riedizione del potere), non implica certamente che essi debbano sempre essere incondizionatamente avallati, ma che la valutazione negativa degli stessi debba fondarsi sull’esigenza di tutela di controinteressi ambientali effettivi e concreti e non su considerazioni che, come nella specie, si fondano sui medesimi valori sottesi alla normazione che disciplina lo sfruttamento delle fonti rinnovabili.

E infatti, il gravato provvedimento di VIA si mostra lacunoso in quanto richiama genericamente a supporto del parere negativo il pregiudizio al valore ambientale, senza tuttavia individuare gli specifici aspetti per i quali l’ambiente verrebbe ad essere pregiudicato dalla realizzazione dell’impianto. Vero è che nel concetto di ambiente rientrano anche i valori paesaggistici e quelli archeologici ai quali allude il parere del MIBACT, ma si deve rammentare che l’area oggetto di considerazione non è vincolata e che qualunque valutazione ostativa alla realizzazione di opere per ragioni connesse alla tutela del paesaggio deve fondarsi su un’attenta comparazione tra i valori paesaggistici, in ipotesi pregiudicati dall’intervento, e quello dello sviluppo sostenibile che ne trarrebbe, invece, beneficio per effetto del potenziamento delle fonti rinnovabili.

Del resto, secondo quanto stabilisce lo stesso d.lgs. n. 152/2006 all’art. 4, co. 3, la: <<valutazione ambientale di piani, programmi e progetti ha la finalità di assicurare che l’attività antropica sia compatibile con le condizioni per uno sviluppo sostenibile, e quindi nel rispetto della capacità rigenerativa degli ecosistemi e delle risorse, della salvaguardia della biodiversità e di un’equa distribuzione dei vantaggi connessi all’attività economica. Per mezzo della stessa si affronta la determinazione della valutazione preventiva integrata degli impatti ambientali nello svolgimento delle attività normative e amministrative, di informazione ambientale, di pianificazione e programmazione>>.

La disposizione dimostra che la valutazione ambientale non può esaurirsi in una mera verifica della presenza nell’area di interesse di siti aventi una qualche rilevanza ambientale, ma deve sostanziarsi in un vero e proprio giudizio di complessiva compatibilità, al quale non sono estranee valutazioni relative all’attività economica imprenditoriale la quale non può essere pregiudizialmente inquadrata come un controinteresse rispetto alla tutela ambientale, come invece l’Amministrazione regionale ha opinato nella fattispecie. Tale ultima considerazione è viepiù valorizzabile in un contesto, come quello dello sfruttamento delle energie rinnovabili, in cui la stessa tutela dell’ambiente, come accennato, passa attraverso una legislazione nazionale ed europea che favorisce chiaramente la produzione di energia con mezzi non inquinanti.

Il rilevato vizio della valutazione di impatto ambientale si riverbera necessariamente sotto forma di illegittimità derivata anche sul provvedimento finale di reiezione dell’autorizzazione (deliberazione della Giunta regionale n. 197/2017) impugnato con i secondi motivi aggiunti, tuttavia il Collegio ritiene opportuno, anche al fine di fornire un più completo contenuto conformativo alla presente pronuncia, esaminare anche i profili di censura sostanziali proposti avverso il suddetto provvedimento, nel doveroso rispetto dei limiti al sindacato giurisdizionale certamente riscontrabili nella materia de qua in cui ricorre un’accentuata discrezionalità tecnica.

Ciò premesso, e venendo ora all’esame dei secondi motivi di gravame direttamente proposti avverso il diniego di autorizzazione, riveste carattere assorbente il motivo sub n. VI dei secondi motivi aggiunti con cui parte ricorrente denuncia, nella sostanza, un atteggiamento pregiudizialmente sfavorevole dell’Amministrazione regionale e di quella del MIBACT rispetto alla realizzazione degli impianti di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili, giungendo ad impedire del tutto, già dal 2009, iniziative del tipo di quella oggetto di causa e sottoponendo così in via di fatto l’intero territorio molisano ad una sorta di divieto generalizzato all’impianto di aerogeneratori.

Il motivo merita di essere condiviso con le precisazioni e nei limiti di quanto di seguito si espone.

Come è noto il procedimento di autorizzazione unica agli impianti eolici è disciplinato dall’art. 12 del d.lgs. n. 387/2003 e nel dettaglio dalle Linee Guida nazionali approvate con D.M. 10 settembre 2010 del Ministero dello Sviluppo Economico (sostanzialmente trasfuso nelle linee guida regionali approvate con delibera n. 621/2011) che ne individua i presupposti e le scansioni in cui esso si articola.

Rilevano, in particolare, nel caso di specie il punto 1.1 secondo cui l’attività di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili costituisce “attività libera”, il successivo punto 1.2 a mente del quale le sole Regioni e Province possono porre limitazioni e divieti in atti di tipo programmatico o pianificatorio per l’installazione di specifiche tipologie di impianti alimentati a fonti rinnovabili ed esclusivamente nell’ambito e con le modalità di cui al punto 17 del medesimo testo normativo, secondo cui le Regioni e Province per l’accelerazione dell’iter autorizzatorio possono procedere all’indicazione delle aree non idonee.

Pertanto in base alle Linee Guida, al di fuori delle preclusioni conseguenti all’apposizione di vincoli che rendano incompatibili gli impianti per la produzione di energia da fonti rinnovabili nelle specifiche zone individuate, la Regione e la Provincia possono procedere alla determinazione di aree e siti non idonei alla installazione di specifiche tipologie di impianti “attraverso un’apposita istruttoria avente ad oggetto la ricognizione delle disposizioni volte alla tutela dell’ambiente, del paesaggio, del patrimonio storico e artistico, delle tradizioni agroalimentari locali, della biodiversità e del paesaggio rurale che identificano obiettivi di protezione non compatibili con l’insediamento, in determinate aree, di specifiche tipologie e/o dimensioni di impianti, i quali determinerebbero, pertanto, una elevata probabilità di esito negativo delle valutazioni, in sede di autorizzazione”.

In altre parole, la sottrazione di intere aree all’installazione di impianti di produzione da energie rinnovabili può avvenire solo per effetto di vincoli di tipo normativo ovvero per effetto di scelte di tipo pianificatorio adottate con lo speciale procedimento descritto nelle predette Linee Guida.

Pertanto, l’Amministrazione, nell’ambito del procedimento di autorizzazione delle iniziative del tipo di quella oggetto di causa, non può precludere in via generale per intere aree la realizzazione degli impianti in questione, essendo chiamata a compiere una valutazione specifica ed individualizzata della singola istanza senza applicare una “nuova aprioristica gerarchia che inverta la scala dei valori” (cfr. da ultimo TAR Molise 23 giugno 2016, n. 281 che richiama TAR Molise, 1° marzo 2011, n. 52), ma compiendo una valutazione in concreto che tenga conto quindi di tutte le circostanze fattuali del caso, astenendosi da giudizi astratti, sconnessi cioè dalle caratteristiche specifiche della singola intrapresa (cfr. TAR Marche, 19 settembre 2011, n. 1393).

Né può argomentarsi che un siffatto vincolo sorga per effetto della prossimità dell’area oggetto di considerazione rispetto ad un bosco (distante 50 volte l’altezza dell’aerogeneratore più vicino) che, in quanto tale, risulta oggetto di vincolo ex lege ai sensi dell’art. 142, co. 1 lett. g) del d.lgs. n. 42/2004. Il Collegio non ignora che con la pronuncia n. 1144/2014 la sesta Sezione del Consiglio di Stato ha affermato che le aree contermini devono ravvisarsi anche rispetto ai beni oggetto di vincolo ex lege, nondimeno il Collegio non può fare a meno di osservare che, almeno con riguardo ai boschi, la sussistenza di un’area contermine può difficilmente ravvisarsi.

E infatti, le linee guida nazionali, ma anche quelle regionali (D.G.R. n 621/2011), dettano una specifica disciplina al punti 4.3 e 4.4 dell’allegato IV relativamente agli impatti degli impianti eolici sull’ecosistema compresi i boschi in considerazione della vicinanza dell’impianto da realizzare.

Sennonché, la previsione nelle linee guida di siffatte specifiche misure di mitigazione dell’impatto nel caso di prossimità degli impianti rispetto ai boschi non avrebbe alcun senso se tali impianti dovessero essere, come regola generale, realizzati ad una distanza di almeno 7 KM dall’area boschiva. In altre parole, le stesse linee Guida nel regolamentare gli impatti degli impianti eolici sulle zone boschive limitrofe, muovono dall’evidente presupposto che non vi siano aree contermini, altrimenti non vi sarebbe stata la necessità di dettare una specifica regolamentazione volta a limitare l’incidenza degli stessi impianti sulle aree boschive.

Del resto, lo stesso Codice dei beni culturali appone espressamente il vincolo di tutela ex lege sulle aree “contermini” ai laghi aventi determinate caratteristiche (art. 142, co. 1 lett. b d.lgs. n. 42/2004), con la conseguenza che se il Legislatore non ha ripetuto analoga espressa previsione con riferimento alle zone prossime alle aree boschive, anch’esse tutelate ex lege, non può che concludersi che non abbia inteso sottoporre ad alcun vincolo gli spazi limitrofi.

Pertanto, il provvedimento di reiezione dell’istanza di autorizzazione non solo eredita i rilevati vizi (più sopra rilevati) della VIA che essa richiama, ma si fonda sull’errato presupposto che l’area di interesse sia contermine.

Ma il provvedimento di reiezione risulta viziato anche sotto ulteriore profilo pure sollevato da parte ricorrente.

Come già rilevato di recente da questo Tribunale in un fattispecie analoga alla presente, la continuità storica della destinazione agricola invocata dalla Direzione regionale MIBACT a supporto del gravato provvedimento di reiezione, <<non è incoerente con la realizzazione dell’impianto, atteso che le predette Linee Guida affermano che la destinazione agricola ben può convivere con la realizzazione di impianti di produzione di energia, dovendosene, semmai, verificare la non contraddittorietà “con le finalità perseguite dalle disposizioni in materia di sostegno nel settore agricolo, con particolare riferimento alla valorizzazione delle tradizioni agroalimentari locali, alla tutela della biodiversità, così come del patrimonio culturale e del paesaggio rurale” >>. Ne consegue che, in assenza di vincoli di carattere generale che sanciscano l’inidoneità dell’intera zona individuata alla realizzazione del progetto, il diniego gravato avrebbe dovuto tenere in conto delle peculiarità concrete dell’iniziativa proposta, anche esprimendo “le specifiche indicazioni delle modifiche progettuali necessarie ai fini dell’assenso” (dissenso costruttivo) ai sensi dell’art. 14quater, co. 1, della l. n. 241/1990 in applicazione del c.d. dissenso costruttivo>> (TAR Molise n. 281/2016).

Vero è che nel caso di specie il provvedimento di rigetto dell’istanza ha previsto alcune condizioni per poter assentire all’intervento ma esse prevedono, tra l’altro, che gli aerogeneratori siano ridotti ad un’altezza di 20-25 metri che rispetto a quella di 150 mt. prevista nel progetto originario permetterebbe di raggiungere solo una frazione della potenza ambìta, realizzando un progetto per dimensioni e tipologia del tutto diverso da quello originario ed opponendo nella sostanza un dissenso non costruttivo.

Una tale opposizione può anche non essere illegittima a fronte di iniziative che si presentino radicalmente incompatibili con il valore alla cui tutela l’Amministrazione procedente è preposta (cfr. da ultimo TAR Molise, 6 novembre 2015, n. 423), ma occorre anche considerare che nel caso di specie l’area non è vincolata e, pertanto, lo sforzo dell’Amministrazione pubblica di identificare soluzioni alternative avrebbe dovuto essere particolarmente intenso, non potendo esso limitarsi al mero respingimento dell’iniziativa, altrimenti finendosi per applicare nei fatti una preclusione generalizzata che, come visto, non è coerente con il quadro normativo. Né in contrario può addursi la presenza delle croci votive le quali possono al più determinare un’interferenza con la posizione di alcuni pali ma non certo determinare l’incompatibilità assoluta dell’impianto.

Peraltro, come rilevato da parte ricorrente, l’art. 12, co. 3, del d.lgs. n. 387/2003 stabilisce che al procedimento per il rilascio dell’autorizzazione unica partecipano tutte le amministrazioni interessate, nel rispetto dei principi di semplificazione e con le modalità stabilite dalla legge n. 241/1990. Ai sensi dell’art. 14ter, co. 6bis, l’Amministrazione procedente adotta la decisione finale, tenendo conto delle posizioni prevalenti manifestate nella conferenza di servizi.

Ora se, in via generale, gli organi deputati alla valutazione di compatibilità paesaggistica dell’intervento, come la Direzione regionale del MIBACT, non sono tenuti a ponderare interessi pubblici concorrenti – quale quello alla tutela ambientale ed allo sviluppo economico – un tale contemperamento deve tuttavia necessariamente essere effettuato dall’organo titolare della competenza primaria, rappresentato, nel caso di specie, dall’organo regionale cui spetta l’adozione del provvedimento finale (cfr. in termini TAR Molise, 10 marzo 2011, n. 109 e 15 novembre 2011, n. 733).

Sotto questo aspetto, Il Collegio è consapevole dei limiti del sindacato giurisdizionale a fronte di valutazioni connotate da alto grado di tecnicità nonché nell’individuazione dell’interesse prevalente tra quelli oggetto di ponderazione che costituisce il frutto di una valutazione tipicamente amministrativa (cfr. TAR Molise, 6 novembre 2015, n. 423).

Nondimeno, tale discrezionalità non può giungere fino ad attribuire ad uno dei contributi espressi in conferenza un valore vincolante che l’ordinamento invece non gli riconosce, poiché in tal modo si finirebbe per sovvertire l’ordine delle competenze fissato dal legislatore che assegna specificamente all’Autorità procedente il compito di effettuare la sintesi delle posizioni espresse in conferenza senza annettere ad una sola di esse un valore aprioristicamente decisivo sull’esito dell’intero procedimento.

Sul punto, questo Tribunale si è già pronunciato nel senso che l’erronea considerazione del parere del MIBACT come vincolante pregiudica la legittimità del provvedimento finale, perché determina un’abdicazione dell’Amministrazione competente dall’esercizio dei poteri discrezionali che, invece, essa è chiamata ad esercitare doverosamente. Nella fattispecie l’Amministrazione regionale ha ritenuto di non poter superare il dissenso del MIBACT, non potendo <<invadere la sfera della discrezionalità tecnica delle altre amministrazioni coinvolte, che impedisce di poter superare il dissenso nell’ambito della determinazione motivata di conclusione del procedimento ai sensi del comma 6 bis della Legge 241/90>>. Considerando insuperabile il dissenso espresso dalla Direzione regionale ed assumendo che i valori costituzionali oggetto della tutela del MIBACT non potessero essere bilanciati, l’Amministrazione intimata ha finito per riconoscere alla posizione ministeriale una forza vincolante che, come ribadito, non trova riscontro nella disciplina del procedimento de qua.

Ora, una tale falsa rappresentazione dell’efficacia della posizione espressa da una delle amministrazioni interessate costituisce espressione di un cattivo esercizio del potere valutativo, dimostrando la sostanziale abdicazione al proprio ruolo decisionale da parte dell’Amministrazione procedente (TAR Molise, 25 novembre 2013, n. 683).

Tutto ciò considerato il ricorso introduttivo, unitamente ai primi motivi aggiunti e ai secondi motivi aggiunti vanno accolti alla stregua e nei limiti delle considerazioni sopra esposte.

Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Molise (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, accoglie il ricorso introduttivo, i primi motivi aggiunti e i secondi motivi aggiunti e, per l’effetto, annulla gli atti impugnati nei limiti e termini di cui in motivazione, salvi gli ulteriori atti dell’Amministrazione.

Condanna le Amministrazioni resistenti in solido tra loro al pagamento in favore della ricorrente delle spese processuali che liquida in euro 2.000 (duemila), oltre interessi ed accessori di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Così deciso in Campobasso nella camera di consiglio del giorno 25 ottobre 2017 con l’intervento dei magistrati:

Silvio Ignazio Silvestri, Presidente
Orazio Ciliberti, Consigliere
Domenico De Falco, Referendario, Estensore

L’ESTENSORE
Domenico De Falco
        
IL PRESIDENTE
Silvio Ignazio Silvestri
        
        
IL SEGRETARIO
 

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