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Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Diritto urbanistico - edilizia Numero: 20 | Data di udienza: 27 Settembre 2017

* DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Misurazione della porzione di manufatto fuori terra – Distinzione tra seminterrato e interrato – Criterio – Ancoramento a dati certi e oggettivi.


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 1^
Regione: Molise
Città: Campobasso
Data di pubblicazione: 23 Gennaio 2018
Numero: 20
Data di udienza: 27 Settembre 2017
Presidente: Silvestri
Estensore: Monteferrante


Premassima

* DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Misurazione della porzione di manufatto fuori terra – Distinzione tra seminterrato e interrato – Criterio – Ancoramento a dati certi e oggettivi.



Massima

 

TAR MOLISE, Sez. 1^ – 23 gennaio 2018, n. 20


DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Misurazione della porzione di manufatto fuori terra – Distinzione tra seminterrato e interrato – Criterio – Ancoramento a dati certi e oggettivi.

I limiti alle altezze previsti dagli strumenti urbanistici non possono variare a seconda della "sistemazione" che il richiedente il permesso di costruire intende dare al piano di campagna circostante con lo stesso progetto su cui chiede al Comune l’assenso, ma devono essere ancorati a dati certi e oggettivi ricavabili dalla situazione dei luoghi anteriore (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 08 gennaio 2016, n. 25; idem, 17 settembre 2012, nr. 4923 e 24 aprile 2009, n. 2579). Sebbene il principio sia stato espressamente riferito alla problematica della altezze, la ratio deve ritenersi identica al tema del criterio di misurazione della porzione di manufatto fuori terra, al fine di distinguere la nozione di seminterrato da quella di interrato, essendo comune l’esigenza di ancorare il parametro di misurazione a dati certi ed oggettivi ricavabili dalla originaria situazione dei luoghi.

Pres. Silvestri, Est. Monteferrante – G.P. e altri (avv.ti Iadanza e Formichelli) c. Comune di Isernia (avv. Colesanti)


Allegato


Titolo Completo

TAR MOLISE, Sez. 1^ - 23 gennaio 2018, n. 20

SENTENZA

 

TAR MOLISE, Sez. 1^ – 23 gennaio 2018, n. 20

Pubblicato il 23/01/2018

N. 00020/2018 REG.PROV.COLL.
N. 00087/2009 REG.RIC
.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Molise

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 87 del 2009, proposto da Giuseppe Patriarca, Adelina Patriarca, Gabriele Patriarca rappresentati e difesi dagli avv. Alfredo Iadanza e Rita Paola Formichelli, con domicilio eletto presso Luigi Marcantonio in Campobasso, Via Fondaco della Farina, n. 5;

contro

Comune di Isernia, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall’avvocato Alda Colesanti, con domicilio eletto presso lo studio dell’Avv. Tommaso Bucci in Campobasso, via Principe di Piemonte N. 29;

nei confronti di

Maria Gabriella Pellegrino, rappresentata e difesa dall’avvocato Domenico Di Paolo, con domicilio eletto presso lo studio dell’Avv. Daniele Di Gregorio in Campobasso, via Fondaco della Farina N. 24;

per l’annullamento

del provvedimento prot. 36147 del 3.12.08 emesso dal Responsabile del Servizio Edilizia privata del Comune di Isernia avente ad oggetto la revoca della sospensione dei lavori assentiti con Denuncia di Inizio Attività (D.I.A.) n. 20481/1694 del 22.6.07; del Progetto di Variante in corso d’opera alla predetta D.I.A. prot. n. 2157 del 08.09.2008; del parere reso dall’Ufficio Legale del Comune di Isernia in data 28.11.08 prot. n. 35339/683 – Uff. leg. 5689 che riteneva legittimo l’intervento edilizio; della D.I.A. n. 2133 del 05.08.08 e di ogni atto prodromico, consequenziale o connesso.

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Isernia e di Maria Gabriella Pellegrino;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 27 settembre 2017 il dott. Luca Monteferrante e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

I ricorrenti, attivatisi con reiterate istanze per sollecitare l’adozione degli opportuni provvedimenti inibitori o in autotutela sull’attività edilizia posta in essere dalla confinante signora Pellegrino, con ricorso innanzi al TAR Molise hanno chiesto l’annullamento del provvedimento prot. 36147 del 3.12.08 emesso dal Responsabile del Servizio Edilizia privata del Comune di Isernia avente ad oggetto la revoca della sospensione dei lavori assentiti con Denuncia di Inizio Attività (D.I.A.) n. 20481/1694 del 22.6.2007, adottata sulla scorta del parere reso dall’Ufficio Legale del Comune di Isernia in data 28.11.08 a prot. n. 35339/683 – Uff. leg. 5689 che riteneva legittimo l’intervento edilizio, contestando al contempo la formazione di altri titoli edilizi mediante DIA che legittimavano la realizzazione di nuovi volumi edilizi a confine della proprietà dei ricorrenti in asserita violazione delle norme sulle distanze dal confine e dagli edifici di proprietà.

In particolare i ricorrenti hanno reiteratamente contestato in fatto le risultanze dell’istruttoria svolta dal Comune di Isernia che ha concluso, anche sulla scorta di apposito parere reso dall’ufficio legale, nel senso che il locale in contestazione configurerebbe una costruzione interamente interrata, come tale inidonea a creare nuovi volumi e non soggetta al rispetto delle distanze dai confini e dai fabbricati né al rilascio del permesso di costruire.

Si sono costituiti in giudizio il Comune di Isernia e la controinteressata signora Pellegrino per resistere al ricorso eccependone preliminarmente la tardività e la inammissibilità, contestando nel merito la fondatezza delle censure ex adverso articolate e concludendo per la loro reiezione nel merito.

Con ordinanza n. 62 del 2009 la domanda cautelare è stata respinta. L’appello avverso la predetta ordinanza è stato respinto dalla Quarta sezione del Consiglio di Stato con ordinanza n. 4255 del 26.8.2009.

Chiamata la causa in decisione, con ordinanza n. 149/2016 il collegio ha disposto una verificazione atteso “che le risultanze di segno opposto contenute nella CTU – disposta per i medesimi fatti di causa in sede civile tra le parti, e che il TAR può liberamente valutare alla stregua di elementi di prova – mettono in dubbio l’attendibilità delle verifiche istruttorie condotte dal Comune di Isernia circa i caratteri della costruzione realizzata” e “che si rende indispensabile procedere ad un approfondimento istruttorio mediante la nomina di un verificatore al fine di accertare la situazione di fatto con riferimento alle caratteristiche della costruzione realizzata a confine e, in particolare, per verificare, nel contraddittorio tra le parti e tenuto conto delle rispettive prospettazioni, come articolate negli atti di causa:

1. le dimensioni del locale e la sua esatta posizione rispetto al fabbricato preesistente di proprietà della controinteressata Pellegrino;

2. se il locale sia o meno interamente interrato o posto, anche in parte, sopra il piano di campagna naturale;

3. il volume del locale e la sua distanza dal confine della proprietà Patriarca e dal fabbricato dei signori Patriarca.

4. le caratteristiche strutturali e funzionali rilevanti ai fini della sua possibile qualificazione come pertinenza edilizia.

5. La rispondenza o meno del locale realizzato alle previsioni del regolamento edilizio del Comune di Isernia ed alle norme primarie e secondarie, aventi ad oggetto la realizzazione dei volumi edilizi ed il rispetto delle distanze dai confini e dai fabbricati”.

Il verificatore ha depositato la perizia in data 4.10.2016.

Successivamente con ordinanza n. 78/2017 il collegio ha chiesto al verificatore delle integrazioni alla perizia atteso “che i ricorrenti hanno depositato il 26.10.2016 una consulenza di parte con cui vengono mossi puntuali rilievi alla verificazione che meritano un supplemento istruttorio per consentire all’ausiliario del giudice di replicare alle osservazioni critiche formulate all’indagine peritale espletata ed alle conclusioni cui l’ausiliario è pervenuto, tenuto conto altresì dei rilievi di cui alla perizia depositata dalla controinteressata il 14.11.2016” e “che si rende opportuno chiedere al verificatore di prendere posizione anche in relazione alle risultanze, di segno opposto, cui è pervenuto il consulente tecnico d’ufficio nominato nell’ambito della controversia civile intentata dalle parti per i medesimi fatti di causa, previa eventuale acquisizione ed esame della sentenza civile ove nelle more depositata; a tal fine il verificatore avrà cura di evidenziare in modo puntuale le ragioni di carattere tecnico per le quali intenda dissentire dalle valutazioni e dalle conclusioni espresse dal consulente tecnico d’ufficio e da quelle recepite in sentenza, ove depositata”.

Il verificatore ha quindi fornito i chiarimenti richiesti anche alla luce della sentenza civile nelle more depositata dal Tribunale di Isernia sui medesimi fatti di causa in relazione alla dedotta violazione della disciplina sulle distanze legali ed alla natura di pertinenza edilizia del manufatto, depositando apposita perizia integrativa in data 24.5.2017.

Alla udienza pubblica del 27 settembre 2017 la causa è stata infine trattenuta in decisione.

Il ricorso è infondato.

Occorre premettere che il presente giudizio concerne essenzialmente il provvedimento prot. 36147 del 3.12.08 emesso dal Responsabile del Servizio Edilizia privata del Comune di Isernia avente ad oggetto la revoca della sospensione dei lavori assentiti con Denuncia di Inizio Attività (D.I.A.) n. 20481/1694 del 22.6.07; si tratta invero di provvedimento avente natura composita in quanto la revoca discende dall’accertamento della insussistenza dei presupposti per l’esercizio del potere di annullamento in autotutela della DIA del 22.6.2007 e di quelle in variante o integrative successivamente presentate dalla controinteressta Pellegrino; in sostanza la controversia ha invero ad oggetto il rifiuto espresso del Comune di Isernia di annullare in autotutela i titoli edilizi formatisi mediante DIA con conseguente revoca del provvedimento cautelare di sospensione dei lavori nelle more adottato.

E’ vero che nell’epigrafe del ricorso sono menzionate anche le denunce di inizio attività presentate dalla controinteressata che, in quanto atti aventi natura privata, non sono impugnabili secondo quanto correttamente eccepito dal Comune di Isernia, tuttavia da un esame complessivo della domanda emerge, come si è detto, che l’oggetto del petitum è rappresentato dalla domanda di annullamento della revoca che vale anche come diniego di autotutela, mentre il riferimento alle DIA presentate vale piuttosto a qualificare la causa petendi e cioè la ragione della domanda di tutela.

Con una ulteriore eccezione preliminare il Comune di Isernia e la controinteressata rilevano la tardività del gravame.

L’eccezione è infondata in quanto non v’è prova che i ricorrenti abbiano avuto notizia del provvedimento di revoca in data anteriore al sessantesimo giorno dalla notifica del ricorso, circostanza questa che, per pacifica giurisprudenza, doveva essere provata dalla parte che ha eccepito la tardività del ricorso.

Nel merito è controversa la natura dell’intervento edilizio, se cioè si tratti di pertinenza edilizia e comunque di manufatto interamente interrato o piuttosto di un seminterrato, circostanza da cui discende l’applicabilità o meno della disciplina sulle distanze dal confine e dai fabbricati limitrofi e la stessa attitudine del manufatto a creare volumi edilizi, con conseguente necessità del preventivo rilascio del permesso di costruire in luogo della DIA.

Al riguardo rilevano le seguenti norme del regolamento edilizio e delle NTA del Comune di Isernia:

a) l’art. 13.2 del regolamento edilizio che ammette la DIA nei casi di “interventi di ristrutturazione edilizia che non comportino aumento di unità immobiliari, modifiche del volume e della sagoma, dei prospetti e delle superfici”;

b) l’art. 3.7 del regolamento edilizio che esclude dal computo della superficie lorda sia i locali interrati che i seminterrati che emergono dal piano strada, dal marciapiede prospiciente o, in mancanza, dal piano di campagna conseguente la sistemazione esterna, fino a 30 cm. misurati all’intradosso del solaio;

c) l’art. 40 punto 4 delle NTA che definisce le costruzioni interrate come “quelle in cui l’intradosso del solaio emerge rispetto al piano di campagna per un’altezza inferiore o uguale a 30 cm….Sono ammesse costruzioni interrate….esclusivamente qualora siano pertinenti ed accessorie ad edifici principali fuori terra. La superficie lorda (SI) della parte interrata potrà eccedere non oltre il 30% l’ingombro massimo fuori terra dell’edificio principale. Tali costruzioni possono essere realizzate a confine….Nei locali interrati sono ammesse destinazioni d’uso accessorie alle funzioni ospitate nell’edificio”.

In fatto l’opera in contestazione consiste in un locale incassato tra il fabbricato di proprietà della Pellegrino ed il muro di confine con la proprietà Patriarca; ha una superficie interna di mq 17,40 per un’altezza di mt. 2,45.

Alla luce delle risultanze della verificazione espletata in corso di causa il collegio reputa che non sussista la dedotta violazione delle distanze dal confine e dai fabbricati in proprietà dei ricorrenti né che occorresse il permesso di costruire, in quanto gli accertamenti peritali hanno consentito di acclarare con sufficiente approssimazione che il locale in contestazione è totalmente interrato rispetto all’originario piano di campagna e che pertanto non è soggetto al rispetto della disciplina sulle distanze in quanto inidoneo a creare nuovi volumi; inoltre non configurando una nuova costruzione non necessitava del permesso di costruire essendo sufficiente la DIA.

Il verificatore infatti ha potuto ricostruire l’originario stato dei luoghi esaminando gli elaborati allegati alla pratica di rilascio della originaria concessione edilizia risalente al 1981 avente ad oggetto la realizzazione del fabbricato di civile abitazione della Pellegrino che fiancheggia il locale in contestazione.

Tale impostazione metodologica appare in linea con il costante insegnamento secondo cui “i limiti alle altezze previsti dagli strumenti urbanistici non possono variare a seconda della "sistemazione" che il richiedente il permesso di costruire intende dare al piano di campagna circostante con lo stesso progetto su cui chiede al Comune l’assenso, ma devono essere ancorati a dati certi e oggettivi ricavabili dalla situazione dei luoghi anteriore” (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 08 gennaio 2016, n. 25; idem, 17 settembre 2012, nr. 4923 e 24 aprile 2009, n. 2579).

Sebbene il principio sia stato espressamente riferito alla problematica della altezze, la ratio deve ritenersi identica al tema del criterio di misurazione della porzione di manufatto fuori terra, al fine di distinguere la nozione di seminterrato da quella di interrato, essendo comune l’esigenza di ancorare il parametro di misurazione a dati certi ed oggettivi ricavabili dalla originaria situazione dei luoghi.

Il verificatore ha così potuto ricostruire con sufficiente approssimazione l’originario piano di campagna, prima delle sistemazioni, sulla base della documentazione esistente nel fascicolo della pratica edilizia, della cartografia reperita presso il comune di Isernia nonché dei rilievi effettuati nel corso del sopralluogo eseguito (cfr. disegno a p. 7 della perizia).

Dalla ricostruzione grafica dell’andamento altimetrico della sezione – fondata su dati oggettivi – emerge che il manufatto si trova interrato verso la proprietà Patriarca e sul lato a contatto con il fabbricato esistente della controinteressata emerge lo spessore del solaio di copertura sicchè l’intradosso dello stesso solaio può considerarsi a quota 0 rispetto al piano di campagna.

Sul punto il consulente di parte ricorrente eccepisce che sulla scorta dei rilievi celerimetrici eseguiti la quota del piano di campagna originario su lato Patriarca sarebbe inferiore di circa 0,85 cm. rispetto alla misurazione del verificatore; quest’ultimo tuttavia con la perizia integrativa depositata ha rilevato in modo non implausibile che con ogni probabilità “anche nella fase di costruzione del fabbricato Patriarca si sono verificate sistemazioni che hanno adattato il profilo originario del terreno alla esigenza di realizzare l’accesso al garage del piano interrato” (cfr. p. 5).

I ricorrenti eccepiscono che il verificatore avrebbe richiamato atti di una concessione edilizia in realtà inesistente. La doglianza è infondata in quanto il provvedimento 27.11.1981 n. 230/7 menzionato negli atti della verifica istruttoria è in realtà il parere espresso dalla commissione edilizia comunale che precede il rilascio della concessione edilizia del 15.12.1981 relativa alla costruzione del fabbricato principale della controinteressata. Il verificatore ha dunque menzionato il parere presupposto anziché la concessione edilizia incorrendo in una mera svita che non inficia in alcun modo l’attendibilità della documentazione tecnica e delle planimetrie visionate ed utilizzate ai fini dell’accertamento del piano di campagna e, in generale, della situazione dei luoghi pregressa.

Trova pertanto applicazione l’insegnamento giurisprudenziale secondo cui la costruzione di un garage interamente interrato non è computabile ai fini della volumetria assentibile, né valutabile ai fini dell’applicazione degli standard urbanistici, né ai fini delle distanze tra edifici (Cons. giust. amm. Sicilia, 17 ottobre 2016, n. 355).

Il principio di diritto appena richiamato vale ovviamente anche in presenza di un deposito adibito a locale tecnico come accade nel caso di specie.

Il verificatore ha poi proceduto ad accertare se il locale in questione possa considerarsi interrato anche alla luce delle previsioni del regolamento edilizio e delle NTA del Comune di Isernia che, nel caso di interventi su siti in pendenza, come nel caso di specie, prevede che il piano interrato non possa emergere dal terreno sistemato oltre il limite del rapporto di 0,30 tra le superfici laterali scoperte fino all’intradosso del primo solaio ed il perimetro dello stesso piano, assumendo come riferimento “il piano di campagna conseguente la sistemazione esterna”.

Sebbene i ricorrenti non abbiamo formulato una specifica doglianza sul punto (e cioè se il termine di raffronto per la misurazione della altezza c.d. emergente dovesse essere il piano di campagna conseguente alla sistemazione esterna piuttosto che il profilo originario) sul punto il verificatore, applicando la formula prevista dall’art. 6 1c delle NTA (per la definizione dell’altezza emergente) richiamata dall’art. 40 punto 4 delle NTA (che disciplina le costruzioni interrate) e successivamente aggiornata dal regolamento edilizio, ha potuto accertare che l’altezza emergente del manufatto è nei limiti dei 30 cm. previsti dalla normativa edilizia locale (cfr. p. 10-12 perizia del 4.10.2016 e p. 3-5 del supplemento di perizia del 24.5.2017) per poter qualificare un locale come interrato.

A tal proposito il CTP dei ricorrenti ed il CTU nominato nella parallela causa civile insorta tra le parti, criticano l’operato del verificatore assumendo che nella applicazione della formula matematica debba essere considerata l’intera superficie laterale del manufatto a contatto con il fabbricato della signora Pellegrino, come emergente per tutta la parte scoperta con lo sbancamento precedentemente eseguito in occasione della sistemazione esterna conseguente alla realizzazione del fabbricato preesistente; al contrario il verificatore nominato dal TAR ritiene che possa considerarsi fuori terra solo la porzione di superficie laterale che ecceda l’originario linea di compagna, successivamente modificata con la realizzazione di una scalinata di collegamento tra l’interrato ed il piano terra del fabbricato costruito nel 1981.

Così facendo il verificatore ha prospettato una interpretazione di tipo logico sistematica che il collegio condivide anche perché in linea con l’insegnamento giurisprudenziale – sopra richiamato – che assume quale termine di riferimento il piano di campagna originario.

Del resto, contrariamente a quanto eccepito dai ricorrenti, il locale del fabbricato principale esistente, posto a lato del manufatto in contestazione, ha natura di interrato, come risulta anche dal certificato catastale depositato dalla controinteressata laddove la sigla “S1” non indica un seminterrato – come affermano i ricorrenti – ma un locale interrato o sottostrada e per la precisione “un piano primo sottostante al piano terreno” (cfr. circolare n. 2 del 20.1.1984 della direzione generale del Catasto in atti).

Ne discende che non sussiste la denunciata incongruenza di qualificare come interrato il locale in contestazione in quanto attiguo e posto sullo stesso livello di altro locale classificato come seminterrato in quanto, come si è visto, tale ultimo locale è, a tutti gli effetti – edilizi e catastali – un interrato.

Inoltre proprio tale circostanza aveva indotto il servizio legale del Comune resistente a rendere parere favorevole alla prosecuzione dei lavori rilevando che il locale “è adiacente alla parete dell’abitazione principale che nel progetto originario corrispondeva al “piano interrato”” e tale circostanza non ha trovato confutazione da parte dei ricorrenti in corso di causa; in particolare nessuna prova è stata fornita dai ricorrenti – sulla scorta delle planimetrie e delle tavole di progetto relative alla pratica edilizia del 1981 – circa il fatto che il progetto dell’immobile principale prevedesse la realizzazione di seminterrati anziché di veri e propri interrati, come invece affermato dall’ufficio legale del Comune e dallo stesso funzionario istruttore le cui verifiche sul punto hanno poi indotto il Comune a revocare la sospensione dei lavori.

E’ vero che sul lato opposto del fabbricato principale la facciata su via Garibaldi presenta un dislivello essendo in quel punto il piano sottostrada dell’immobile sopraelevato rispetto al marciapiede; ma è altrettanto vero che, seguendo l’andamento in pendenza del terreno, il locale sottostrada posto sul lato opposto del fabbricato in adiacenza al nuovo manufatto oggetto di contestazione è completamente interrato sicchè anche quest’ultimo – a maggior ragione in quanto posto a monte del declivio naturale a confine con la proprietà Patriarca – non può che essere considerato parimenti interrato, come correttamente ritenuto dal Comune e dal CTP della controinteressata.

Deve pertanto concludersi sul punto che si tratta a tutti gli effetti di locale interrato ai sensi dell’art. 40 n. 4 del regolamento edilizio con conseguente inapplicabilità della disciplina sulle distanze.

Con altro motivo i ricorrenti ne contestano la natura pertinenziale.

La censura è infondata in quanto: a) si tratta di vano di modestissime dimensioni – 17,40 mq. e con altezza di 2,45 m. come tale non abitabile; b) autonomo e distinto dall’abitazione principale con la quale non comunica sì da non poterne determinare un ampliamento; c) per la sua collocazione – in adiacenza all’abitazione principale – per le sue caratteristiche di interrato e per le sue modeste dimensioni risulta funzionalmente vincolato a servizio dell’abitazione principale – secondo quanto dichiarato in sede di presentazione della DIA (locale tecnico per deposito attrezzi ed autoclave) – e non suscettibile di diversa possibilità di utilizzo; d) la superficie lorda non eccede il 30% dell’ingombro massimo fuori terra dell’edificio principale, secondo quanto prescritto dall’art. 40 n. 4 del regolamento edilizio; e) non comporta incremento di volumi, di superficie lorda né modifica della sagoma e dei prospetti dell’abitazione principale – come richiesto dall’art. 13.2 del regolamento edilizio – in quanto interamente interrato.

Le conclusioni cui è pervenuto sul punto il verificatore – che ne ha parimenti accertato la natura pertinenziale – meritano pertanto di essere condivise in quanto rispondenti ai dati di fatto ed in linea con i principi affermati in tema dalla giurisprudenza amministrativa.

Non occorreva dunque il permesso di costruire essendo sufficiente la DIA, secondo quanto previsto dall’art. 13.2 del regolamento edilizio del Comune di Isernia e dall’art. 3 del DPR 380/2001 in materia di pertinenze edilizie.

I ricorrenti eccepiscono il mancato deposito del progetto strutturale per le opere realizzate in cemento armato. La controinteressata nel costituirsi in giudizio ha tuttavia esibito le attestazioni di deposito sia sismico che relative alle costruzioni in cemento armato (cfr. doc. 2 e 3).

Quanto alla contestata realizzazione della scala metallica sul muro a confine si tratta di intervento cui la controinteressata ha successivamente rinunciato con DIA in variante del 9.3.2009 sicchè sul punto è cessata la materia del contendere.

Alla luce delle considerazioni che precedono il ricorso deve pertanto essere respinto.

La particolare complessità degli accertamenti peritali compiuti e la difficoltà di accertare la situazione di fatto preesistente giustificano la compensazione integrale delle spese di giudizio eccetto quelle per la verificazione che vanno poste a carico dei ricorrenti.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Molise (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge e compensa le spese di giudizio tra le parti, salvo quelle della verificazione d’ufficio, da liquidarsi con separato decreto presidenziale a carico dei ricorrenti.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Campobasso nella camera di consiglio del giorno 27 settembre 2017 con l’intervento dei magistrati:

Silvio Ignazio Silvestri, Presidente
Orazio Ciliberti, Consigliere
Luca Monteferrante, Consigliere, Estensore

L’ESTENSORE
Luca Monteferrante
        
IL PRESIDENTE
Silvio Ignazio Silvestri
        
        
IL SEGRETARIO

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