* DIRITTO DELL’ENERGIA – Art. 12 d.lgs. n. 387/2003 – Termine di 180 gg. per la conclusione del procedimento – Natura acceleratoria – Titolo abilitativo funzionale alla costruzione e all’esercizio degli impianti – Conferenza di servizi – Verifica di compatibilità paesaggistica – Deroga all’ordinario procedimento di cui agli artt. 159 e 146 d.lgs. n. 42/2004 – Mancata partecipazione di un rappresentante abilitato ad esprimere la posizione della Soprintendenza – Parere reso al di fuori della conferenza – Invalidità – Parere predisposto prima della conferenza – Proposta di parere suscettibile di incondizionata confutazione.
Provvedimento: Sentenza
Sezione: 1^
Regione: Molise
Città: Campobasso
Data di pubblicazione: 7 Novembre 2014
Numero: 612
Data di udienza: 24 Luglio 2014
Presidente: Onorato
Estensore: De Falco
Premassima
* DIRITTO DELL’ENERGIA – Art. 12 d.lgs. n. 387/2003 – Termine di 180 gg. per la conclusione del procedimento – Natura acceleratoria – Titolo abilitativo funzionale alla costruzione e all’esercizio degli impianti – Conferenza di servizi – Verifica di compatibilità paesaggistica – Deroga all’ordinario procedimento di cui agli artt. 159 e 146 d.lgs. n. 42/2004 – Mancata partecipazione di un rappresentante abilitato ad esprimere la posizione della Soprintendenza – Parere reso al di fuori della conferenza – Invalidità – Parere predisposto prima della conferenza – Proposta di parere suscettibile di incondizionata confutazione.
Massima
TAR MOLISE, Sez. 1^ – 7 novembre 2014, n. 612
DIRITTO DELL’ENERGIA – Art. 12 d.lgs. n. 387/2003 – Termine di 180 gg. per la conclusione del procedimento – Natura acceleratoria.
Il limite di 180 giorni fissato dall’art. 12 del d.lgs. n. 387/2003 per la conclusione del procedimento ha finalità acceleratoria, non già di soglia decadenziale: esso, invero, tutela l’interesse del privato a ottenere una risposta sollecita dall’Amministrazione. Nella materia della produzione di energia da fonti rinnovabili, venendo in rilievo una normativa nazionale di recepimento di norme comunitarie (cfr. Corte Cost. 9 novembre 2006, n. 364), si impone infatti il ricorso al canone ermeneutico dell’interpretazione conforme alle finalità che la normativa comunitaria intende perseguire e non v’è dubbio che la tesi della perentorietà del termine di conclusione del procedimento (nel senso di consumazione del relativo potere), in quanto ostacolo di carattere procedimentale allo sviluppo ed alla promozione degli impianti di produzione di energia pulita sarebbe sospetta di violazione della normativa europea con conseguente obbligo di disapplicazione (cfr. TAR Molise, 15 febbraio 2013, n. 124).
Pres. Onorato, Est. De Falco – Ministero dei Beni Culturali e altri (Avv. Stato) c. Regione Molise (avv.ti De Lisio, Fusaro e Angiolini)
DIRITTO DELL’ENERGIA – Art. 12 d.lgs. n. 387/2003 – Titolo abilitativo funzionale alla costruzione e all’esercizio degli impianti – Conferenza di servizi – Verifica di compatibilità paesaggistica – Deroga all’ordinario procedimento di cui agli artt. 159 e 146 d.lgs. n. 42/2004.
Il tratto peculiare della disposizione di cui all’art. 12 del d.lgs. n. 163/2006 consiste nell’aver individuato nella conferenza di servizi il modulo procedimentale ordinario essenziale alla formazione del successivo titolo abilitativo funzionale alla costruzione e all’esercizio degli impianti di produzione di energia elettrica alimentati da fonti rinnovabili (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 23 maggio 2012, n. 3039). Questa disciplina speciale – incentrata sulla concentrazione procedimentale – deroga all’ordinario procedimento di verifica della compatibilità paesaggistica, di cui agli artt. 159 e 146 del Codice dei beni culturali e del paesaggio, di modo che la conferenza di servizi è per la legge la sede propria ed esclusiva in cui le amministrazioni interessate manifestano – con le forme ivi necessarie – l’assenso o il dissenso rispetto al rilascio del domandato titolo abilitativo regionale alla realizzazione dell’impianto. Il procedimento dell’art. 12 è infatti “unico”, nel senso di unitario ed assorbente le altre, generali, modalità di verifica degli interessi pubblici incisi, e rispetto ad esso trovano applicazione, per quanto non diversamente previsto, le disposizioni generali sul procedimento amministrativo di cui alla l. 7 agosto 1990, n. 241, come espressamente richiamate dall’art. 12, comma 4 (cfr. Cons. Stato, 3039/2012, cit.).
Pres. Onorato, Est. De Falco – Ministero dei Beni Culturali e altri (Avv. Stato) c. Regione Molise (avv.ti De Lisio, Fusaro e Angiolini)
DIRITTO DELL’ENERGIA – Art. 12 d.lgs. n. 387/2003 – Conferenza di servizi – Mancata partecipazione di un rappresentante abilitato ad esprimere la posizione della Soprintendenza – Parere reso al di fuori della conferenza – Invalidità.
La mancata partecipazione del Direttore regionale, del Soprintendente per i beni architettonici e paesaggistici o comunque di un rappresentante abilitato ad esprimere nella conferenza la posizione dell’Amministrazione alla conferenza di servizi convocata ai sensi dell’art. 12 del d.lgs. n. 387/2003, preclude ai suddetti organi periferici del MIBAC di esercitare, al di fuori di quella sede, il proprio potere di verifica di compatibilità dell’opera con il vincolo paesaggistico, pena la irrilevanza delle determinazioni a tal fine adottate ai sensi dell’art. 14 quater, comma 1, della legge n. 241 del 1990 che, qualificando siffatta forma di esercizio del potere amministrativo come “inammissibile”, consente di concludere che il parere reso in violazione del modulo della conferenza di servizi obbligatoria sia da considerare tamquam non esset (cfr. T.A.R. Sicilia Palermo, sez. I, 20 gennaio 2010, n. 578 e 20 febbraio 2010, n. 1287; TAR Sicilia Palermo, sez. II, 16 aprile 2013, n. 828 nonché C.G.A.R.S. ordinanza 14 ottobre 2009, n. 1032 e 11 aprile 2008, n. 295; TAR Molise, 8 marzo 2011, n. 98; 1° giugno 2011, n. 314; 11 marzo 2011, n. 730; 10 marzo 2011, n. 109; 26 ottobre 2012, n. 585).
Pres. Onorato, Est. De Falco – Ministero dei Beni Culturali e altri (Avv. Stato) c. Regione Molise (avv.ti De Lisio, Fusaro e Angiolini)
DIRITTO DELL’ENERGIA – Art. 12 d.lgs. n. 387/2003 – Conferenza di servizi – Soprintendenza – Parere predisposto prima della conferenza – Proposta di parere suscettibile di incondizionata confutazione.
Affinchè possa ritenersi rispettato il precetto normativo che fa obbligo al Soprintendente di esprimersi in via definitiva in conferenza di servizi e quello complementare secondo cui il parere in questione debba a pena di inammissibilità essere manifestato nella conferenza di servizi, è necessario che il parere eventualmente predisposto prima della conferenza al fine di assicurare una ponderata disamina degli elementi istruttori in suo assuma i caratteri di una proposta di parere suscettibile di incondizionata confutazione nella sede della conferenza ed aperto a possibili modifiche o passibile di motivata conferma alla luce delle emergenze istruttorie introdotte nella sede unitaria di confronto (cfr. TAR Molise, n. 124/2013). La concentrazione in un’unica sede ed in un unico momento di tutti i soggetti pubblici interessati con l’apporto di tutti gli elementi di fatto ed istruttori acquisiti da ciascun partecipante alla Conferenza ha infatti la funzione di agevolare il raggiungimento di posizioni condivise, superando le possibili divergenze di opinioni, a patto però che le Amministrazioni che vi prendono parte si facciano portatrici di posizioni non precostituite ed immodificabili, ma si pongano in posizione di disponibilità al dialogo per il raggiungimento di una posizione comune.
Pres. Onorato, Est. De Falco – Ministero dei Beni Culturali e altri (Avv. Stato) c. Regione Molise (avv.ti De Lisio, Fusaro e Angiolini)
Allegato
Titolo Completo
TAR MOLISE, Sez. 1^ – 7 novembre 2014, n. 612SENTENZA
TAR MOLISE, Sez. 1^ – 7 novembre 2014, n. 612
N. 00612/2014 REG.PROV.COLL.
N. 00235/2011 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Molise
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 235 del 2011, proposto da:
Ministero dei Beni Culturali in persona del Ministro p.t., Direzione Regionale Per i Beni Culturali e Paesaggistici in p.l.r.p.t., Soprintendenza Per i Beni Architettonici e Paesaggistici del Molise in p.l.r.p.t., rappresentati e difesi per legge dall’Avvocatura Distrettuale Stato, domiciliata in Campobasso, via Garibaldi, n. 124;
contro
Regione Molise in persona del Presidente p.t., rappresentato e difeso per legge dagli avv. Alberta De Lisio, Maria Alessandra Fusaro, Claudia Angiolini, domiciliata in Campobasso, via Genova, n. 11; Comune di Sesto Campano in p.l.r.p.t.;
nei confronti di
Societa Temi S.r.l. in p.l.r.p.t., rappresentata e difesa dall’avv. Massimo Foglia, con domicilio eletto presso Amelia Chiantese in Campobasso, C. Da Colle dell’Orso, n.42/G;
per l’annullamento
del provvedimento di autorizzazione unica della Regione Molise n. 58 del 13 aprile 2011 per la realizzazione ed esercizio di un impianto fotovoltaico in territorio di Sesto Campano
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio della Regione Molise in persona Presidente p.t. e della Societa Temi S.r.l. in p.l.r.p.t.;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 24 luglio 2014 il dott. Domenico De Falco e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Con ricorso notificato in data 21 giugno 2011, il Ministero dei Beni Culturali, la Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici e la Soprintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggistici del Molise hanno impugnato l’autorizzazione unica n. 58 del 13 aprile 2011, comunicata in data 21 aprile 2011, rilasciata dalla Regione Molise (Servizio Energia) ai sensi dell’art. 12 del d.lgs. n. 387/2003, per la realizzazione ed esercizio di un impianto fotovoltaico nel territorio di Sesto Campano alla società Temi s.r.l., per i motivi che di seguito si sintetizzano.
1) violazione del termine di 180 giorni fissato dall’art. 12 del d.lgs. n. 387/2003 per la conclusione del procedimento. Secondo le Amministrazioni ricorrenti il decorso del termine in questione consumerebbe il potere dell’Amministrazione procedente, di modo che tutta l’attività procedimentale successiva al decorso del termine dovrebbe considerarsi nulla;
2) violazione del’art. 14 ter, co. 1, ultima parte, a cui rinvia l’art. 12 del d.lgs. n. 387/2003, per aver considerato inammissibile il parere reso dal Ministero nonostante non fosse stato predisposto il calendario delle riunioni delle conferenze di servizi.
Il Ministero lamenta che la Regione, in assenza di tale calendario e senza un previo accordo, avrebbe fissato riunioni di conferenze di servizi ad un ritmo tale che i funzionari ministeriali non potevano prendervi parte a causa anche degli ulteriori incarichi da assolvere;
3) violazione dell’art. 14 quater, co. 3, l. che prevede la rimessione al Consiglio dei Ministri da parte dell’Amministrazione procedente nel caso di motivato dissenso espresso nell’ambito della conferenza di servizi da parte di un’amministrazione preposta alla tutela ambientale, paesaggistico-territoriale, del patrimonio storico-artistico o alla tutela della salute e della pubblica incolumità. Tale sarebbe stata la procedura che, secondo il Ministero ricorrente, la Regione avrebbe dovuto percorrere, non potendo essa unilateralmente decidere di non considerare il parere espresso dal Ministero, sia pure al di fuori della conferenza, in quanto in tal modo avrebbe esercitato una prerogativa tipicamente giurisdizionale. Secondo il MIBAC il parere negativo della Soprintendenza del 28 luglio 2010 non avrebbe potuto essere tenuto in non cale dalla Regione, ma questa avrebbe dovuto impugnarlo nei termini di legge;
4) l’autorizzazione rilasciata sarebbe, addirittura, nulla per carenza in astratto del potere, per aver fatto applicazione dello schema di cui all’art. 14quater, co. 2, l. n. 241/1990, ora abrogato, che ammetteva l’Amministrazione procedente a non considerare il parere negativo nel caso in cui la maggioranza delle Amministrazioni si fosse espressa favorevolmente sull’istanza;
5) violazione delle linee guida regionali che considerano necessaria la partecipazione ministeriale alle conferenze di servizi affinché queste possano legittimamente deliberare, dovendosi altrimenti avviare il procedimento innanzi al Consiglio dei Ministri;
6) violate sarebbero poi le regole dei procedimenti di secondo grado che avrebbero, secondo il MIBAC, dovuto applicarsi anche nel caso di specie, in quanto la Regione avrebbe proceduto ad una revisione di fatto del parere espresso dalla Soprintendenza;
7) quanto poi alla contestata incompetenza della Soprintendenza dei beni architettonici che ha emesso il parere, il MIBAC afferma che ciò che rileva è che il parere sia stato emesso dalla Direzione regionale locale del Ministro avente competenza generale, rispetto alla quale la suddivisione in soprintendenze rappresenta una mera articolazione interna, non influente sulla regolarità del parere;
8) il servizio energia della Regione si sarebbe poi arrogato competenze in materia paesistico-ambientale in difetto di espressa attribuzione, compiendo valutazioni estranee alle proprie prerogative;
9) nel merito l’autorizzazione sarebbe influenzata dal confessato timore di incorrere in responsabilità nei confronti dell’istante e si fonderebbe su di un acritico recepimento delle prospettazioni fattuali dell’istante e conterrebbe valutazioni semplicistiche fondate su un accertamento del tutto insufficiente.
Con atto depositato il 26 settembre 2011 si è costituita in giudizio la società istante Temi s.r.l. la quale ha preliminarmente eccepito l’inammissibilità del ricorso in quanto non sarebbe stato richiesto alcuno specifico provvedimento giurisdizionale e mancherebbe quindi il petitum processuale; sempre in via preliminare la società rileva l’inammissibilità del ricorso perché il Ministero non ha manifestato il dissenso nel termine di 30 giorni, in asserita violazione dell’art. 14ter, co. 7 della l. n. 241/1990.
Nel merito la società contesta tutte le censure proposte da parte ricorrente, rilevando in particolare:
1) il termine di conclusione del procedimento ex art. 12 d.lgs. n. 380/2003 non è perentorio ma ordinatorio, sicché il provvedimento impugnato non può considerarsi nullo, bensì solo tardivo;
2) il dissenso deve essere espresso nella conferenza per consentire l’effettiva confluenza in un unico contesto della dialettica tra le amministrazioni coinvolte nel processo decisionale, di modo che sarebbe sempre necessaria la presenza di un rappresentante per ogni amministrazione coinvolta, potendo anche ammettersi strumenti di riunione telematici, ma che consentano comunque il confronto tra gli esponenti delle amministrazioni coinvolti e non la trasmissione via fax di pareri predefiniti ed immutabili;
3) strumentale sarebbe poi la contestazione della mancata calendarizzazione degli incontri ai sensi dell’art. 14ter, co. 2, della l. n. 241/1990 poiché fino a quel momento le conferenze si erano svolte con convocazioni volta per volta;
4) la rimessione della questione al Consiglio dei Ministri costituisce in realtà il possibile esito di un dissenso manifestato dalla soprintendenza nell’ambito della conferenza, non invece quando questa si sia limitata, come nel caso di specie, a far pervenire il proprio predefinito parere negativo.
Con atto depositato il 5 ottobre 2011 si è costituita in giudizio la Regione Molise, rilevando:
1) in via preliminare la carenza di interesse del MIBAC, atteso che il ricorso sarebbe rivolto ad ottenere il riconoscimento in via di principio della prevalenza dell’interesse statale nei procedimenti della specie, più che contestare la legittimità del superamento del proprio dissenso;
2) l’insussistenza della violazione del termine di cui all’art. 12 del d.lgs. n. 387/2003 poiché tale previsione risulta funzionale all’interesse del privato al conseguimento di una risposta tempestiva da parte dell’Amministrazione e non, invece, ad inibirla anche se tardiva;
3) che la convocazione della Soprintendenza alla conferenza oggetto di causa è avvenuta nel pieno rispetto dei termini, mentre la mancanza della calendarizzazione non può inficiare gli esiti della conferenza; in ogni caso la regola della calendarizzazione di cui all’art. 14ter, co. 2, seconda parte della l. n. 241/1990 ha carattere speciale in quanto riferita ai responsabili degli sportelli, i Comuni o altre Autorità in riferimento a procedimenti diversi da quelli di cui all’art. 12 del d.lgs. n. 387/2003; in ogni caso la Regione, seppure successivamente, ha reiteratamente invitato il Ministero a concordare un calendario di incontri;
4) sarebbe stato correttamente considerato tamquam non esset il dissenso del Ministero, in quanto non espresso in sede di conferenza e privo di indicazioni sulle modifiche progettuali necessarie, sicché il parere non sarebbe maturato in sede di conferenza come voluto dal legislatore all’art. 14 quater, co. 1, della l. n. 241/1990, in violazione del principio di leale collaborazione sotteso alla previsione appena citata;
5) il parere negativo è stato espresso inoltre dal Direttore regionale del Ministero dei Beni Culturali, che era incompetente. E infatti, era stato convocato alla conferenza il Soprintendente Beni Architettonici e Paesaggistici, tenuto conto che la conferenza aveva ad oggetto terreni su cui grava il vincolo paesaggistico, sicché il parere espresso è stato, anche sotto tale profilo, correttamente ignorato, in quanto adottato da organo diverso dal Soprintendente effettivamente competente;
6) quand’anche poi il parere negativo fosse stato legittimamente espresso in conferenza da autorità competente esso non avrebbe impedito alla Regione di pronunciarsi in senso diverso;
7) la Regione non sarebbe, sempre e comunque, tenuta a rimettere la questione, in caso di dissenso espresso da una soprintendenza, al Consiglio dei Ministri, ma solo quando dalle posizioni emerse in conferenza non sia possibile assumere una decisione; inoltre alla Regione, quale autorità procedente, sarebbe rimesso il compito di “raccogliere, valutare e bilanciare le risultanze della conferenza”.
Alla pubblica udienza del 24 luglio 2014 la causa è stata infine trattenuta in decisione, previo deposito in data 23 giugno 2014 di una memoria con la quale l’Amministrazione statale ha ulteriormente illustrato le proprie tesi difensive.
Nell’ordine logico delle censure occorre preliminarmente esaminare le eccezioni di inammissibilità del ricorso proposte dalla resistente e dalla controinteressata. Esse sono infondate.
Sussiste, infatti, certamente l’interesse dell’Amministrazione statale a contestare l’autorizzazione unica rilasciata dalla Regione. Sulla base della prospettazione attorea, alla quale occorre attestarsi nello scrutinio in ordine alla sussistenza dell’interesse processuale, il ricorso è volto alla rivendicazione delle competenze statali asseritamente lese dal rilascio dell’autorizzazione unica da parte della Regione, in lamentata violazione delle competenze degli organi periferici del Ministero (cfr. TAR Molise, 13 febbraio 2013, n. 104).
Pure infondate sono le censure di inammissibilità del ricorso proposte dalla società controinteressata, atteso che, per un verso, il petitum del ricorso, pur non esplicitato in formule di rito, risulta chiaramente indicato nel contesto del ricorso ove è espressamente precisato che oggetto di contestazione è l’autorizzazione unica della Regione Molise n. 58 del 13 aprile 2011 di cui si lamenta l’illegittimità; per altro verso, non è ravvisabile alcuna tardività del dissenso né del ricorso, non essendo prescritto un termine successivo alla conferenza, entro cui il primo possa esser manifestato né un termine abbreviato per la proposizione del secondo.
Può, dunque, passarsi allo scrutinio delle censure di merito proposte dal MIBAC.
Quest’ultimo, con il primo motivo, rileva che l’autorizzazione sarebbe stata adottata oltre il termine di 180 giorni previsto dal’art. 12 del d.lgs. n. 387/2003 dal che deriverebbe la decadenza del potere di provvedere e la nullità del provvedimento adottato.
Il motivo è infondato.
Come ha recentemente osservato questo Tribunale, il limite di 180 giorni fissato dalla predetta norma per la conclusione del procedimento ha finalità acceleratoria, non già di soglia decadenziale: esso, invero, tutela l’interesse del privato a ottenere una risposta sollecita dall’Amministrazione. Sarebbe paradossale che l’istanza rivolta dal privato all’Amministrazione incontrasse uno sbarramento con effetti decadenziali, a causa del decorso di un periodo di tempo reso infruttuoso proprio dall’inerzia della stessa Amministrazione (cfr. TAR Molise, 7 agosto 2014, n. 493; TAR Trentino Alto Adige, Trento I, 23.2.2011 n. 52).
Inoltre nella presente materia, come rilevato in altro precedente di questo stesso Tribunale, venendo in rilievo una normativa nazionale di recepimento di norme comunitarie (cfr. Corte Cost. 9 novembre 2006, n. 364), si impone il ricorso al canone ermeneutico dell’interpretazione conforme alle finalità che la normativa comunitaria intende perseguire e non v’è dubbio che la tesi della perentorietà del termine di conclusione del procedimento (nel senso di consumazione del relativo potere), in quanto ostacolo di carattere procedimentale allo sviluppo ed alla promozione degli impianti di produzione di energia pulita sarebbe sospetta di violazione della normativa europea con conseguente obbligo di disapplicazione (cfr. TAR Molise, 15 febbraio 2013, n. 124).
Anche in questa sede, come già nella precedente pronuncia, occorre rilevare che la censura appare anche contraria al principio di buona fede oggettivo ed al superiore principio del nemo contra factum proprium venire potest poiché, da un lato, l’Amministrazione statale ha denunciato le difficoltà a tener dietro al “ritmo frenetico” delle convocazioni della Regione alle conferenze di servizi, così rallentando l’esame delle istanze, dall’altro, il Ministero eccepisce la violazione del termine di conclusione del procedimento che esso stesso ha concorso a determinare, seppur a motivo di oggettive difficoltà interne di carattere organizzativo (cfr. TAR Molise n. 124/2013, cit.).
Le ricorrenti lamentano che la Regione non avrebbe predisposto il calendario degli incontri secondo quanto previsto dall’art. 14ter, co. 2, 241/1990, fissando riunioni di conferenze di servizi ad un ritmo tale che i funzionari ministeriali non potevano prendervi parte anche per poter assolvere agli altri incarichi;
Anche tale rilievo è privo di pregio.
Occorre preliminarmente precisare che non risulta alcuna lesione delle prerogative ministeriali, atteso che il termine di convocazione è stato ampiamente osservato nella fattispecie. Non è infatti contestato che la Soprintendenza per i Beni Architettonici e paesaggistici del Ministero abbia ricevuto in data 15 luglio 2010 la convocazione della Regione per la riunione del 30 luglio 2010, abbondantemente prima, quindi, del termine minimo di 5 giorni fissato all’art. 14 ter, co. 2, della l. n. 241/1990; è altresì incontestato che, a fronte di tale convocazione, l’Amministrazione invitata non abbia richiesto alcuna proroga o differimento della riunione, limitandosi a comunicare il proprio parere negativo prima della data fissata per la conferenza.
Dallo scambio di corrispondenza in atti tra Regione e Direzione regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici, risulta che il Ministero ha in alcuni casi chiesto espressamente il rinvio delle conferenze di servizi fissate dalla Regione (cfr. note prot. 20905 e 20911 del 17 dicembre 2010), mentre nel caso di specie, pur essendo stato informato con anticipo dell’imminente svolgimento della conferenza di servizi, non ha chiesto alcuna proroga della stessa.
In ogni caso, la mancata definizione di un calendario delle riunioni (che peraltro nella specie risulta sia stata sollecitata dalle amministrazioni dopo la data in cui si è tenuta la conferenza di servizi oggetto di causa, cfr. nota MIBAC del 30 marzo 2011, prot. n. 1483), non può incidere sulla legittimità della decisione ivi assunta allorché la convocazione, come nel caso di specie, sia stata comunicata all’Amministrazione statale con largo anticipo anche rispetto ai termini minimi fissati dalla legge ed in tempo utile affinché la Soprintendenza potesse istruire la pratica ovvero chiedere un rinvio della conferenza. Conferenza che, peraltro, fu riconvocata dalla Regione per il successivo 28 agosto, ma nessun incaricato ministeriale intervenne nemmeno in quella data.
Con l’ulteriore profilo di doglianza, il Ministero lamenta la mancata rimessione della questione al Consiglio dei Ministri come prescritto dall’art. 14 quater, co. 3, l. nel caso di motivato dissenso espresso nell’ambito della conferenza di servizi da parte di un’amministrazione preposta alla tutela ambientale, paesaggistico-territoriale, del patrimonio storico-artistico o alla tutela della salute e della pubblica incolumità. La Regione avrebbe illegittimamente deciso di considerare il parere espresso dal Ministero tamquam non esset, avendo invece l’onere di impugnarlo nei termini, altrimenti esercitando impropriamente una prerogativa tipicamente giurisdizionale.
L’eccezione è infondata.
Occorre premettere che in questa materia, il legislatore nazionale, nel dare attuazione alla direttiva 2001/77/CE del 27 settembre 2001 (Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio sulla promozione dell’energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno dell’elettricità), finalizzata a disciplinare uniformemente e ad incentivare tali forme di produzione di energia anche a mezzo della semplificazione dei procedimenti autorizzatori, è intervenuto con una disciplina procedimentale ad hoc che culmina con il rilascio (o con il diniego) della c.d. autorizzazione unica regionale. Questa disciplina procedimentale è definita dall’art. 12 del d.Lgs. 29 dicembre 2003, n. 387.
L’articolo 12, comma 3, del d.lgs. n. 387 del 2003, recita: “La costruzione e l’esercizio degli
impianti di produzione di energia elettrica alimentati da fonti rinnovabili sono soggetti ad una
autorizzazione unica, rilasciata dalla regione o dalle province delegate dalla regione, nel rispetto
delle normative vigenti in materia di tutela dell’ambiente, di tutela del paesaggio e del patrimonio
storico-artistico, che costituisce, ove occorra, variante allo strumento urbanistico. A tal fine la
Conferenza dei servizi è convocata dalla Regione entro trenta giorni dal ricevimento della domanda
di autorizzazione. L’autorizzazione è rilasciata a seguito di un procedimento unico, al quale
partecipano tutte le Amministrazioni interessate, svolto nel rispetto dei princìpi di semplificazione e
con le modalità stabilite dalla legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni e
integrazioni…”.
Il tratto peculiare di tale disposizione, frutto delle suindicate finalità di semplificazione e di concentrazione, consiste nel fatto che la stessa ha individuato nella conferenza di servizi il modulo procedimentale ordinario essenziale alla formazione del successivo titolo abilitativo funzionale alla costruzione e all’esercizio degli impianti di produzione di energia elettrica alimentati da fonti rinnovabili (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 23 maggio 2012, n. 3039).
Secondo l’orientamento espresso dal Consiglio di Stato, da cui il collegio non ravvisa ragioni per discostarsi, questa disciplina speciale – incentrata sulla concentrazione procedimentale – deroga all’ordinario procedimento di verifica della compatibilità paesaggistica, di cui agli artt. 159 e 146 del Codice dei beni culturali e del paesaggio (art. 12 cit., comma 3), di modo che la conferenza di servizi è per la legge la sede propria ed esclusiva (senza alcuna “confluenza” parcellizzante il confronto) in cui le amministrazioni interessate (e in particolare il Ministero per i beni e le attività culturali nelle sue articolazioni) manifestano – con le forme ivi necessarie – l’assenso o il dissenso rispetto al rilascio del domandato titolo abilitativo regionale alla realizzazione dell’impianto. Il procedimento dell’art. 12 è infatti “unico”, nel senso di unitario ed assorbente le altre, generali, modalità di verifica degli interessi pubblici incisi, e rispetto ad esso trovano applicazione, per quanto non diversamente previsto, le disposizioni generali sul procedimento amministrativo di cui alla l. 7 agosto 1990, n. 241, come espressamente richiamate dall’art. 12, comma 4 (cfr. Cons. Stato, 3039/2012, cit.).
Ciò premesso, ritiene il collegio che la mancata partecipazione alla conferenza di servizi del Direttore regionale, del Soprintendente per i beni architettonici e paesaggistici o comunque di un rappresentante abilitato ad esprimere nella conferenza la posizione dell’Amministrazione, precludeva ai suddetti organi periferici del MIBAC di esercitare, al di fuori di quella sede, il proprio potere di verifica di compatibilità dell’opera con il vincolo paesaggistico, pena la irrilevanza delle determinazioni a tal fine adottate ai sensi dell’art. 14 quater, comma 1, della legge n. 241 del 1990 che, qualificando siffatta forma di esercizio del potere amministrativo come “inammissibile”, consente di concludere che il parere reso in violazione del modulo della conferenza di servizi obbligatoria sia da considerare tamquam non esset (cfr. T.A.R. Sicilia Palermo, sez. I, 20 gennaio 2010, n. 578 e 20 febbraio 2010, n. 1287; TAR Sicilia Palermo, sez. II, 16 aprile 2013, n. 828 nonché C.G.A.R.S. ordinanza 14 ottobre 2009, n. 1032 e 11 aprile 2008, n. 295; TAR Molise, 8 marzo 2011, n. 98; 1° giugno 2011, n. 314; 11 marzo 2011, n. 730; 10 marzo 2011, n. 109; 26 ottobre 2012, n. 585).
Non contraddice tale conclusione il precedente di questo Tribunale 13 febbraio 2013, n. 104 invocato dal Ministero ricorrente.
E’vero che, come rileva l’Amministrazione, in tale pronuncia si legge che quando il parere negativo della Soprintendenza è comunque riversato nella conferenza di servizi, anche se in modo non rituale e, quindi, in difformità rispetto allo schema legale disegnato dall’articolo 14-ter, esso deve considerarsi “meramente annullabile in quanto illegittimo”, di modo che l’organo regionale procedente, non volendo conformarsi al parere negativo irritualmente espresso, dovrà comunque tenerne conto, in quanto produttivo di effetti sia pure precari. Tuttavia, il Mibac omette di citare anche l’ulteriore parte della sentenza in cui si afferma, invece, che: “affinchè possa ritenersi rispettato il precetto normativo che fa obbligo al Soprintendente di esprimersi in via definitiva in conferenza di servizi e quello complementare secondo cui il parere in questione debba a pena di inammissibilità essere manifestato nella conferenza di servizi, è necessario che il parere eventualmente predisposto prima della conferenza al fine di assicurare una ponderata disamina degli elementi istruttori in suo possesso – se del caso unitamente al Direttore regionale come è avvenuto nel caso di specie – assuma i caratteri di una proposta di parere suscettibile di incondizionata confutazione nella sede della conferenza ed aperto a possibili modifiche o passibile di motivata conferma alla luce delle emergenze istruttorie introdotte nella sede unitaria di confronto” (cfr. TAR Molise, n. 124/2013, cit.).
Tale orientamento risulta perfettamente in linea con l’approccio costantemente seguito da questo Tribunale e al quale il collegio aderisce anche nel presente giudizio, secondo cui sebbene non appaia precluso al Soprintendente documentare la propria valutazione tramite il deposito di apposita relazione tenuto anche conto della complessità dei giudizi espressi dagli organi competenti in materia, “è tuttavia indispensabile rendere effettivo il confronto delle diverse posizioni in conferenza sicchè le circostanze di fatto e le valutazioni emerse in quella sede devono essere fatte oggetto di una effettiva disamina da parte degli organi intervenuti, anche mediante richiesta di un aggiornamento dei lavori della conferenza al fine di meglio ponderare ed accertare quanto emerso in sede di discussione. Solo a tali condizioni è infatti possibile ritenere perseguita la finalità del legislatore di favorire la composizione degli interessi antagonisti attraverso la predisposizione di una sede unitaria di confronto reputata la più idonea a superare eventuali ragioni di dissenso o di contrasto” (così TAR Molise, 16 ottobre 2012, n. 555, cfr. anche di questo Tribunale n. 98/2011 cit.; n. 314/2011 cit.;).
Nessuna di tali condizioni è stata rispettata nel caso di specie in cui l’Amministrazione statale si è limitata a far pervenire il proprio parere negativo, prima della data fissata per la prima riunione della conferenza di servizi, senza delegare alcun funzionario a prendervi parte e omettendo di chiedere alcuna posticipazione della riunione nonché di indicare le modifiche che sarebbe stato necessario introdurre per rendere il progetto conforme all’interesse paesaggistico tutelato, secondo quanto puntualmente prescritto dall’art. 14 quater, co. 1, della 241/1990.
In realtà, il MIBAC ha dimostrato di intendere la propria valutazione quale elemento esterno al procedimento ex art. 12 del d.lgs.n. 387/2003 e di cui la conferenza avrebbe dovuto limitarsi a prendere atto, in una logica che vede le valutazioni rimesse alla Soprintendenza quali espressioni provvedimentali autonome che si innestano ab externo nel procedimento di autorizzazione unica senza fondersi con i contributi delle altre Amministrazioni coinvolte.
Sennonché, come più volte la giurisprudenza di questo Tribunale ha evidenziato, il meccanismo procedimentale prefigurato dall’art. 12 del d.lgs. n. 387/2003 deroga all’approccio “autonomistico”, disponendo che l’autorizzazione alla realizzazione degli impianti di produzione di energia alimentati da fonti rinnovabili: “è rilasciata a seguito di un procedimento unico, al quale partecipano tutte le Amministrazioni interessate, svolto nel rispetto dei principi di semplificazione” nell’osservanza della disciplina sulla conferenza di sevizi di cui alla l. n. 241/1990.
Tale strumento è stato individuato dal legislatore, non solo al fine di semplificare e velocizzare il procedimento, ma anche per garantire che tutti i soggetti pubblici aventi competenza a pronunciarsi abbiano modo di maturare la propria posizione nella piena consapevolezza del complesso degli elementi di valutazione addotti da tutti i partecipanti, in modo che la valutazione finale sia fondata su di un’istruttoria, per quanto possibile, completa in cui non manchi nessuno degli apporti previsti dalle norme di ciascuno degli specifici procedimenti oggetto di unificazione.
In altri termini, la concentrazione in un’unica sede ed in un unico momento di tutti i soggetti pubblici interessati con l’apporto di tutti gli elementi di fatto ed istruttori acquisiti da ciascun partecipante alla Conferenza ha la funzione di agevolare il raggiungimento di posizioni condivise, superando le possibili divergenze di opinioni, a patto però che le Amministrazioni che vi prendono parte si facciano portatrici di posizioni non precostituite ed immodificabili, ma si pongano in posizione di disponibilità al dialogo per il raggiungimento di una posizione comune.
In tal modo si è voluto evitare che prese di posizione anticipate ed unilaterali potessero pregiudicare la realizzazione di opere cui sia l’ordinamento nazionale che europeo attribuiscono un valore strategico ai fini del soddisfacimento delle esigenze di reperimento di fonti energetiche per il paese.
Avendo presente tali esigenze, pretendere di riconoscere comunque effetti ai pareri delle Soprintendenze che siano adottati in assenza delle condizioni fissate dal legislatore implicherebbe un sostanziale svuotamento dell’indicata funzione della conferenza. Si finirebbe per ammettere un potere interdittivo dell’Amministrazione statale che è proprio quanto il legislatore, senza sovvertire il riparto delle prerogative statali e regionali, ha inteso evitare, tendendo invece a responsabilizzare tutte le Amministrazioni attraverso il loro attivo coinvolgimento in una valutazione che, pur nel rispetto delle competenze di ciascuna, fosse comunque unitaria.
Risulta, dunque, coerente con l’impostazione prospettata il riconoscimento all’autorità procedente del potere di verificare che i lavori della conferenza si svolgano nel rispetto del principio di concentrazione e leale collaborazione tra le Amministrazioni invitate a partecipare.
A tal fine, all’Autorità procedente deve necessariamente riconoscersi la possibilità di non tener conto, ai fini della enucleazione dei risultati della conferenza, dei dissensi espressi dalle Amministrazioni in violazione dei requisiti previsti dalla legge, manifestando, cioè, il dissenso al di fuori della conferenza, senza previsione di modifiche progettuali necessarie a rendere il progetto assentibile e omettendo di designare un rappresentante abilitato ad esprimere il parere dell’Amministrazione.
Diversamente opinando tanto i dissensi illegittimi (espressi cioè in violazione delle condizioni fissate per la conferenza decisoria), quanto quelli legittimi, in quanto espressi secondo le modalità previste dal ripetuto art. 14quater della l. n. 241/1990, comporterebbero invariabilmente la necessità di rimettere la questione al Consiglio dei Ministri.
Tuttavia, il collegio ritiene che il legislatore abbia, invece, inteso evitare tale risvolto, sancendo l’inammissibilità dei dissensi espressi in assenza delle condizioni prescritte dalla disciplina sulla conferenza, con la conseguenza che l’Amministrazione procedente è legittimata a considerarli tam quam non esset.
Né le linee guida regionali, nell’interpretazione fornita dal Ministero ricorrente, potrebbero condurre ad una diversa soluzione, non potendo esse derogare a quanto disposto dalla legge sulla base delle coordinate ermeneutiche appena indicate.
Deve quindi concludersi che nella fattispecie l’Amministrazione regionale abbia correttamente ritenuto inammissibile il dissenso del Ministero.
Ne consegue l’applicabilità della previsione di cui all’art. 14ter co. 7, l. n. 241/1990 a mente del quale “si considera acquisito l’assenso dell’amministrazione…il cui rappresentante non abbia definitivamente espresso la volontà dell’amministrazione rappresentata”. Vero è che nel caso di specie la Soprintendenza aveva mandato il proprio parere alla conferenza, ma per tutte le considerazioni sopra indicate esso doveva ritenersi inammissibile, di modo che la situazione venutasi a creare è analoga a quella contemplata dalla disposizione appena citata della mancata partecipazione alla conferenza regolarmente convocata.
Si tratta a ben vedere di una previsione che solo empiricamente può essere assimilata al silenzio-assenso ma che se ne distingue nettamente sul piano giuridico, atteso che il silenzio-assenso costituisce uno strumento di superamento dell’inerzia procedimentale dell’Amministrazione in caso di infruttuosa scadenza del termine previsto per la conclusione del procedimento; diversamente la previsione di cui all’comma 7 dell’art. 14ter della l. n. 241/1990 mira a superare la mancata partecipazione di un’Amministrazione alla conferenza di servizi nell’ambito di un meccanismo, già semplificato ed alternativo rispetto all’istituto del silenzio-assenso con il quale non potrebbe cumularsi (cfr. Cons. Stato, parere, 5 agosto 2014, n. 2609).
Da ciò consegue anche il superamento dei dubbi di legittimità costituzionale sollevati dal Ministero ricorrente, non facendosi, appunto, questione dell’applicazione dell’istituto del silenzio-assenso.
Le considerazioni sopra svolte consentono di prescindere dall’esame del profilo attinente l’effettiva competenza della direzione regionale del MIBAC ad esprimersi sulla compatibilità paesaggistica dell’impianto oggetto dell’istanza.
Le spese di lite possono essere compensate, tenuto conto dell’apparente sussistenza di orientamenti giurisprudenziali contrastanti sulla materia oggetto di giudizio.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Molise (Sezione Prima)
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Compensa le spese.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Campobasso nella camera di consiglio del giorno 24 luglio 2014 con l’intervento dei magistrati:
Antonio Onorato, Presidente
Orazio Ciliberti, Consigliere
Domenico De Falco, Referendario, Estensore
L’ESTENSORE
IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 07/11/2014
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)