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Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Beni culturali ed ambientali Numero: 604 | Data di udienza: 5 Giugno 2014

* BENI CULTURALI E AMBIENTALI – Zone di interesse archeologico – Provvedimento ricognitivi di perimetrazione – Impossibilità di ricorrere al piano paesaggistico – Ricorso alle norme sul procedimento di dichiarazione di notevole interesse pubblico di cui agli artt. 138 e ss. D.lgs n. 42/2004 – Preventivo parere della Regione.


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 1^
Regione: Molise
Città: Campobasso
Data di pubblicazione: 7 Novembre 2014
Numero: 604
Data di udienza: 5 Giugno 2014
Presidente: Onorato
Estensore: Monteferrante


Premassima

* BENI CULTURALI E AMBIENTALI – Zone di interesse archeologico – Provvedimento ricognitivi di perimetrazione – Impossibilità di ricorrere al piano paesaggistico – Ricorso alle norme sul procedimento di dichiarazione di notevole interesse pubblico di cui agli artt. 138 e ss. D.lgs n. 42/2004 – Preventivo parere della Regione.



Massima

 

TAR MOLISE, Sez. 1^ – 7 novembre 2014, n. 604


BENI CULTURALI E AMBIENTALI – Zone di interesse archeologico – Provvedimento ricognitivi di perimetrazione – Impossibilità di ricorrere al piano paesaggistico – Ricorso alle norme sul procedimento di dichiarazione di notevole interesse pubblico di cui agli artt. 138 e ss. D.lgs n. 42/2004 – Preventivo parere della Regione.

 I provvedimenti ricognitivi di perimetrazione dei vincoli ex lege (nella specie, zona di interesse archeologico) devono costituire oggetto del piano paesaggistico da elaborare, ai sensi dell’art. 135, comma 1, del d. lgs. n. 42/2004, “congiuntamente tra Ministero e regioni, limitatamente ai beni paesaggistici di cui all’art. 143, comma 1, lettere b), c) e d) nelle forme previste dal medesimo articolo 143”. Nelle ipotesi in cui non sia possibile ricorrere allo strumento del piano paesaggistico è  legittimo il ricorso alle norme sul procedimento di dichiarazione di notevole interesse pubblico di cui agli artt. 138 e ss., che, per garantire il principio di cogestione del vincolo tra Stato e Regioni, impone di acquisire sulla proposta motivata del Soprintendente, il “previo parere della regione interessata che deve essere motivatamente espresso entro e non oltre trenta giorni dalla richiesta”. Conseguentemente, l’esercizio del potere di delimitazione della zona di interesse archeologico, vincolata ex lege, ai sensi dell’art. 138, comma 3 del d. lgs. n. 42/2004, in assenza del preventivo parere della Regione che la norma prescrive come obbligatorio, anche se non vincolante, è illegittimo per violazione di legge.

Pres. Onorato, Est. Monteferrante – Comune di Pozzilli (avv. Di Pardo) c. Ministero per i Beni e le Attività Culturali – Direzione regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici del Molise (Avv. Stato) e Regione Molise (avv.ti Macchiarola e Angiolini)


Allegato


Titolo Completo

TAR MOLISE, Sez. 1^ – 7 novembre 2014, n. 604

SENTENZA

 

TAR MOLISE, Sez. 1^ – 7 novembre 2014, n. 604

N. 00604/2014 REG.PROV.COLL.
N. 00014/2014 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Molise

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 14 del 2014, proposto dal Comune di Pozzilli, in persona del Sindaco P.T., rappresentato e difeso dall’avv. Salvatore Di Pardo presso il cui studio in Campobasso, Traversa via Crispi, N. 70/A elegge domicilio;

contro

Ministero per i Beni e le Attività Culturali – Direzione regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici del Molise, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso per legge dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato, domiciliata in Campobasso, via Garibaldi, 124;
Regione Molise in persona del Presidente P.T., rappresentato e difeso dagli Avv.ti Annamaria Macchiarola e Claudia Angiolini del Servizio dell’Avvocatura Regionale, domiciliata in Campobasso, via Genova, 11;

nei confronti di

Ministero per i Beni e le Attività Culturali – Direzione regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici del Molise, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso per legge dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato, domiciliata in Campobasso, via Garibaldi, 124;
Fv Pozzilli S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avv. Salvatore Di Pardo e Carmen Venditti, con domicilio eletto presso lo studio del primo in Campobasso, via Crispi, N. 70/A;

per l’annullamento

del decreto n. 39/2013 emesso dal Direttore regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici del Molise in data 6.11.2013 e relativi allegati, inclusa la relazione tecnico scientifica del 6.11.2013, nonché di tutti gli atti presupposti, consequenziali o comunque connessi con il quale è stato imposto il vincolo sul comprensorio del Comune di Pozzilli in quanto zona di interesse archeologico ai sensi dell’art. 142, comma 1, lettera m) del d. lgs. n. 42/2004.

Visti il ricorso ed i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero per i Beni e le Attività Culturali in uno alla Direzione regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici del Molise nonché della Fv Pozzilli S.r.l. e della Regione Molise;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 5 giugno 2014 il dott. Luca Monteferrante e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

Con decreto n. 39/2013 del 6.11.2013 il Direttore regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici del Molise ha individuato e perimetrato il comprensorio territoriale ricadente nel Comune di Pozzilli dichiarandolo tutelato per legge ai sensi dell’art. 142, comma 1 lettera m) del d. lgs. 22 gennaio 2004, n. 42 in quanto zona di interesse archeologico.

Il Comune di Pozzilli con ricorso notificato in data 10 gennaio 2014 e depositato in data 15 gennaio 2014 ha impugnato il predetto decreto chiedendone l’annullamento in quanto affetto da violazione e falsa applicazione degli artt. 133, 138 e 142 del d. lgs. n. 42/2004, difetto di motivazione, eccesso di potere per travisamento dei fatti ed errore nei presupposti, illogicità, ingiustizia manifesta, disparità di trattamento, rilevando che l’area in questione risulterebbe fortemente antropizzata nonché interessata da rilevanti insediamenti industriali e produttivi e comunque contestando l’ampiezza del vincolo imposto in quanto del tutto sproporzionato alle esigenze di tutela effettive. Ha anche eccepito la violazione dell’art. 138 del d. lgs. n. 42/2004 per lesione del principio di leale cooperazioni tra Stato e Regioni nella materia paesaggistica e, in particolare, del terzo comma nella parte in cui, ai fini della adozione del provvedimento relativo alla dichiarazione di notevole interesse pubblico, richiede la preventiva necessaria acquisizione del parere regionale, nella specie omesso.

Si è costituito in giudizio il Ministero dei Beni e delle Attività Culturali per resistere al ricorso contestando la fondatezza dei motivi di censura e concludendo per la reiezione del ricorso nel merito.

Il MIBAC ha anche proposto ricorso incidentale per chiedere l’annullamento di provvedimenti regionali e successivi atti di proroga con i quali è stata autorizzata la realizzazione di due impianti fotovoltaici dalla FV Pozzilli s.r.l. su terreni ricompresi nel perimetro del vincolo ed oggetto di un distinto contenzioso rubricato sub RG 380/2013.

Si sono pertanto costituiti in giudizio per difendersi in relazione al ricorso incidentale sia la Regione Molise che la FV Pozzilli s.r.l. che hanno eccepito la inammissibilità del gravame incidentale per difetto del requisito della accessorietà della domanda rispetto a quella principale, come richiesto dall’art. 42 cod. proc. amm., concludendo, in ogni caso, per l’infondatezza della domanda nel merito alla luce di quanto statuito, in particolare, da questo TAR con sentenza n. 585/2012, non sospesa dal Consiglio di Stato, con la quale è stata accertata la legittimità delle autorizzazioni uniche regionali rilasciate ai sensi dell’art. 12 del d. lgs. n. 387/2003.

Alla camera di consiglio del 13 febbraio 2014 il collegio con ordinanza n. 19/2014 ha accolto la domanda cautelare; la VI sezione del Consiglio di Stato con ordinanza n. 2076 del 21 maggio 2014 ha accolto l’appello proposto dal MIBAC rilevando che “le esigenze rappresentate dall’Amministrazione evidenziano profili meritevoli di tutela in sede cautelare, pur tenendo conto della prossima celebrazione dell’udienza di merito davanti al Tribunale amministrativo”.

Alla pubblica udienza del 5 giugno 2014 la causa è stata trattenuta in decisione, previo deposito di memorie con le quali le parti hanno ulteriormente illustrato le rispettive tesi difensive.

Deve preliminarmente essere dichiarata la manifesta inammissibilità del ricorso incidentale in quanto privo di qualsivoglia collegamento con la domanda principale: la domanda di annullamento di provvedimenti regionali relativi al rilascio di autorizzazioni uniche ex art. 12 del d. lgs. n. 387/2003 ed i successivi atti di proroga concessi per l’inizio dei lavori, non riveste infatti alcun collegamento con le doglianze mosse dal Comune di Pozzilli avverso il provvedimento impositivo del vincolo.

Non sussiste pertanto la condizione legale prescritta dall’art. 42 cod. proc. amm. per la proposizione del ricorso incidentale che la norma ritiene ammissibile solo per “domande il cui interesse sorge in dipendenza della domanda proposta in via principale”.

Può dunque passarsi all’esame del ricorso principale che, nel merito, è fondato.

Merita, in particolare, di essere condivisa la doglianza con la quale il Comune di Pozzilli eccepisce la violazione della disciplina legale di imposizione (nella specie, ricognizione, come meglio di dirà) del vincolo con particolare riferimento alla previsione di cui all’art. 138, comma 3, del d. lgs. n. 42/2004 che richiede il necessario coinvolgimento della Regione, in applicazione del generale principio della copianificazione paesaggistica e di quello di leale collaborazione tra Stato e Regioni nella tutela dei beni culturali sancito dall’art. 133 del codice dei beni culturali.

In via preliminare occorre precisare che nel caso di specie viene in rilievo una “zona di interesse archeologico” e cioè un’area tutelata per legge ai sensi dell’art. 142, comma 1, lett. m) del d. lgs. n. 42/2004.

Il provvedimento adottato dal Direttore regionale ha dunque efficacia ricognitiva con finalità di perimetrazione dell’area e di disciplina delle prescrizioni d’uso ai sensi dell’art. 140, comma 2 del d. lgs. n. 42/2004.

Tuttavia in via generale il codice dei beni culturali prevede che i provvedimenti ricognitivi di perimetrazione dei vincoli ex lege debbano costituire oggetto del piano paesaggistico da elaborare, ai sensi dell’art. 135, comma 1, del d. lgs. n. 42/2004, “congiuntamente tra Ministero e regioni, limitatamente ai beni paesaggistici di cui all’art. 143, comma 1, lettere b), c) e d) nelle forme previste dal medesimo articolo 143”.

L’art. 143, comma 1 lett. c) prescrive infatti che l’elaborazione del piano paesaggistico, tra i contenuti necessari, debba comprendere la “ricognizione delle aree di cui al comma 1 dell’articolo 142, loro delimitazione e rappresentazione in scala idonea alla identificazione nonché determinazione di prescrizioni d’uso intese ad assicurare la conservazione dei caratteri distintivi di dette aree e, compatibilmente con essi, la valorizzazione”.

La perimetrazione avrebbe dunque dovuto essere condotta in sede di aggiornamento del Piano Paesistico – Ambientale di area vasta 6 “Medio Volturno Molisano” approvato dalla Regione Molise nel 1998 con il parere favorevole dagli organi periferici del MIBAC.

Dagli atti di causa non è emerso tale aspetto anche perché non oggetto di specifica censura, se non in relazione alla generica violazione del principio di leale collaborazione tra Stato e Regioni previsto dall’art. 133 del d. lgs. n. 42/2004 che, per quanto concerne specificamente la pianificazione paesaggistica, trova conferma nel richiamato articolo 135.

Nella prassi amministrativa si è posto il problema di come procedere alla delimitazione della aree vincolate ex lege nelle ipotesi in cui non sia possibile ricorrere allo strumento del piano paesaggistico.

E’ stato a tal proposito affermato, come meglio di dirà nel prosieguo e secondo una prospettazione che il collegio condivide, che in questa ipotesi sarebbe legittimo il ricorso alle norme sul procedimento di dichiarazione di notevole interesse pubblico di cui agli artt. 138 e ss..

Ed in effetti il Direttore regionale del MIBAC ha fatto, per l’appunto, applicazione di tali norme richiamandole in più punti del decreto impositivo del vincolo per dare atto del rispetto dei vari adempimenti procedimentali.

Senonchè il procedimento di dichiarazione di notevole interesse pubblico prescrive all’art. 138 che la proposta per l’adozione della dichiarazione debba essere fatta dalle commissioni regionali istituite ai sensi dell’art. 137, facendo comunque salvo in via residuale il potere di iniziativa ministeriale che il successivo art. 141 sottopone comunque al rispetto degli adempimenti procedimentali di cui agli artt. 139 e 140.

Nel caso di specie non è stata contestata la sussistenza dei presupposti di legge per l’esercizio, in via residuale, del potere ministeriale di iniziativa di cui all’art. 138, comma 3, ma la ricorrente ne contesta la forma di esercizio in quanto asseritamente in contrasto con la previsione che, proprio per garantire il principio di cogestione del vincolo tra Stato e Regioni, impone di acquisire sulla proposta motivata del Soprintendente, il “previo parere della regione interessata che deve essere motivatamente espresso entro e non oltre trenta giorni dalla richiesta”.

Si tratta di adempimento procedimentale di indubbia rilevanza proprio perché finalizzato ad assicurare il necessario coinvolgimento regionale anche nelle ipotesi residuali in cui l’iniziativa anziché provenire dalle commissioni regionali, provenga dagli organi periferici del MIBAC.

La rilevanza dell’acquisizione del parere regionale è stata affermata anche dalla giurisprudenza amministrativa; in particolare secondo Cons. Stato, VI, 12 aprile 2013, n. 2000 “Il principio di leale cooperazione tra le amministrazioni pubbliche e, in particolare, tra il Ministero dei beni e le attività culturali e le Regioni (posto dall’art. 133 del d. Lgs. n. 42 del 2004 e richiamato dalle Amministrazioni appellate) si concreta, nella specie, nella disciplina di cui al più volte citato comma 3 dell’art. 138 – che prevede il parere obbligatorio ma non vincolante della Regione stessa – e di cui all’art. 141 del d. Lgs. n. 42 del 2004, che, nel richiamare l’applicazione degli articoli 139 e 140, inserisce nell’iter di formazione del provvedimento la proposizione di osservazioni da parte degli Enti interessati, oltre alla previsione del parere del competente Comitato tecnicoscientifico.

Osserva il Collegio che la sequenza procedimentale così disciplinata risulta compiutamente rispettata dalle Amministrazioni, come confermato dalle premesse del decreto n. 10 del 7 marzo 2011 e dai numerosi atti di causa che attestano l’ampia partecipazione delle Amministrazioni appellate al procedimento di apposizione del vincolo…..A quanto precede deve aggiungersi che, quando la legge prevede una partecipazione procedimentale degli Enti locali, nelle forme del “previo parere”, l’acquisizione del parere stesso già di per sé comporta il rispetto del principio della leale collaborazione, non occorrendo invece l’accordo o l’intesa sulla determinazione finale (cfr. Corte Cost., 11 marzo 2009, n. 88; Cons. di Stato, Sez. VI, 4 agosto 2008, n. 3895)”.

Nel caso di specie non risulta dalle premesse del decreto n. 39/2013 che il Direttore regionale abbia provveduto ad acquisire il preventivo parere obbligatorio della Regione Molise e la circostanza peraltro non è neppure contestata nella memoria di costituzione del MIBAC con la quale la difesa erariale eccepisce invece l’inconferenza del parametro normativo evocato, a suo dire rilevante solo in caso di dichiarazione di interesse pubblico paesaggistico dei beni previsti dall’art. 136 del codice dei beni culturali mentre nel caso di specie verrebbe in rilievo un interesse archeologico, come confermato dal richiamo, contenuto nel decreto di vincolo, agli artt. 10 e 13 del d. lgs. n. 42/2004.

La tesi della difesa erariale non può essere condivisa proprio alla luce degli arresti giurisprudenziali richiamati dalla medesima difesa, a partire da Cons. Stato, VI, 12 novembre 1990, n. 951 sino alla più recente ed altrettanto nota pronuncia di Cons. Stato, VI, 3 marzo 2011, n. 1366.

Tali pronunce sono concordi nel riconoscere anche alle zone di interesse archeologico una distinta e concorrente valenza paesaggistica: in tali casi infatti la forma del territorio non è necessariamente denotativa di particolare pregio estetico-culturale ma è la relazione spaziale con particolari elementi ivi localizzati, di particolare valore storico e culturale, a connotare l’ambito territoriale come meritevole di tutela paesistica; tale tipologia di aree pertanto non è protetta per la facies bensì per l’attitudine che il suo profilo presenta “alla conservazione del contesto di giacenza del patrimonio archeologico nazionale cioè quale territorio delle presenze di rilievo archeologico”.

In siffatte ipotesi la tutela è dunque di tipo paesaggistico, sebbene con caratteri di spiccata significazione storica e si distingue dalla tutela di cui alla legge 1 giugno 1939, n. 1089 avendo ad oggetto il territorio e non già, direttamente o indirettamente, i singoli beni riconosciuti di interesse archeologico.

Del resto è lo stesso articolo 142 del d. lgs. n. 42/2004 ad affermare a chiare lettere che “Sono comunque di interesse paesaggistico e sono sottoposti alle disposizioni di questo Titolo:…..m) le zone di interesse archeologico”, laddove il riferimento contenuto nel decreto impugnato all’avvio di procedimenti di vincolo archeologico ai sensi degli artt. 10 e 13 del d. lgs. n. 42/2004 ha la distinta finalità di “comprovare il documentato collegamento ubicazionale, di contestualità con un sito manifestamente archeologico” secondo quanto precisato da Cons. Stato, VI, 3 marzo 2011, n. 1366 letteralmente richiamata, nel decreto n. 39/2011 a supporto della trama motivazionale e quindi della legittimità del provvedimento di vincolo.

Acclarato dunque che si tratta di provvedimento ricognitivo di vincolo ex lege di tipo paesaggistico, era necessario rispettare l’iter procedimentale a tal fine previsto per la delimitazione dell’area tutelata per legge, iter che, come si è visto, presuppone, in ogni caso, il necessario coinvolgimento della Regione.

Del resto in tal senso si è espresso anche il Ministero per i Beni e le Attività Culturali con circolare n. 28 del 15 dicembre 2011. Vi si legge infatti, al punto B), con specifico riferimento alla problematica delle modalità di riconoscimento delle zone di interesse archeologico di cui all’art. 142, comma 1 lett. m) del d. lgs. n. 42/2004 che lo strumento principale è quello della copianificazione paesaggistica; laddove ciò non sia possibile il Ministero ritiene che “la procedura corretta sia quella del riconoscimento in sede di commissione regionale, in pieno accordo tra i rappresentanti regionali e quelli ministeriali” aggiungendo che “solo in caso di mancata copianificazione o di inerzia della Regione sollecitata ad intervenire convocando la commissione regionale, si applica il comma 3 dell’art. 138 del Codice, che fa salvo il potere del Ministero di dichiarare di notevole interesse pubblico i beni meritevoli di tutela in alternativa alla commissione regionale”.

In conclusione, avendo il Direttore regionale esercitato il potere di delimitazione della zona di interesse archeologico, vincolata ex lege, ai sensi dell’art. 138, comma 3 del d. lgs. n. 42/2004 in assenza del preventivo parere della Regione Molise che la norma prescrive come obbligatorio, anche se non vincolante, il decreto n. 39/2013 è illegittimo per violazione di legge e deve conseguentemente essere annullato; può conseguentemente farsi luogo all’assorbimento dei restanti motivi di censura.

La parziale novità della questione induce il collegio a ritenere sussistenti gravi motivi per disporre la compensazione integrale delle spese di giudizio tra tutte le parti in causa.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Molise (Sezione Prima) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, e previa declaratoria di inammissibilità del ricorso incidentale proposto dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali, lo accoglie e, per l’effetto, annulla il provvedimento impugnato e compensa le spese di giudizio tra tutte le parti costituite.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Campobasso nelle camere di consiglio del 5 giugno 2014 e del 3 luglio 2014 con l’intervento dei magistrati:

Antonio Onorato, Presidente
Orazio Ciliberti, Consigliere
Luca Monteferrante, Consigliere, Estensore
  
L’ESTENSORE

IL PRESIDENTE
 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 07/11/2014
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
 

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