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Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Inquinamento acustico Numero: 1173 | Data di udienza: 18 Giugno 2015

* INQUINAMENTO ACUSTICO – Valore limite differenziale – Nozione – Allegato A, punto 12 D.M. 16 marzo 998 – Definizione di rumore residuo – Esclusione della specifica sorgente disturbante – Accertamento  in presenza della fonte disturbante – Attività continuative o sorgenti disturbanti non sopprimibili – Emissioni/immissioni acustiche provenienti da un’attività produttiva – Attività di controllo – Diritto alla sorpresa – Deroga ai principi in tema di partecipazione ex artt. 7 e ss. L. n. 241/1990 – Ordinanze contingibili e urgenti per il contenimento delle emissioni sonore – Art. 9 L. n. 447/1995 – Potere “normalmente consentito” – Minaccia per la salute– Valori di qualità di cui all’art. 2 comma 3 lettera h L. 447/95 e art. 7 D.P.C.M. 14/11/97 – Valori limite differenziali di cui all’art. 2, comma 3, lettera b L. 447/95 e art.4 D.P.C.M. 14/11/97 – Differenza – Rapporto con la pianificazione acustica – Applicazione del criterio differenziale per gli impianti a ciclo produttivo continuo – Esenzione dall’osservanza agli impianti a ciclo continuo esistenti alla data di entrata in vigore del D.M. 11/112/1996 – Impianti oggetto di modifica – Interpretazione dell’art. 3, c. 1.


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 1^
Regione: Piemonte
Città: Torino
Data di pubblicazione: 10 Luglio 2015
Numero: 1173
Data di udienza: 18 Giugno 2015
Presidente: Balucani
Estensore: Pescatore


Premassima

* INQUINAMENTO ACUSTICO – Valore limite differenziale – Nozione – Allegato A, punto 12 D.M. 16 marzo 998 – Definizione di rumore residuo – Esclusione della specifica sorgente disturbante – Accertamento  in presenza della fonte disturbante – Attività continuative o sorgenti disturbanti non sopprimibili – Emissioni/immissioni acustiche provenienti da un’attività produttiva – Attività di controllo – Diritto alla sorpresa – Deroga ai principi in tema di partecipazione ex artt. 7 e ss. L. n. 241/1990 – Ordinanze contingibili e urgenti per il contenimento delle emissioni sonore – Art. 9 L. n. 447/1995 – Potere “normalmente consentito” – Minaccia per la salute– Valori di qualità di cui all’art. 2 comma 3 lettera h L. 447/95 e art. 7 D.P.C.M. 14/11/97 – Valori limite differenziali di cui all’art. 2, comma 3, lettera b L. 447/95 e art.4 D.P.C.M. 14/11/97 – Differenza – Rapporto con la pianificazione acustica – Applicazione del criterio differenziale per gli impianti a ciclo produttivo continuo – Esenzione dall’osservanza agli impianti a ciclo continuo esistenti alla data di entrata in vigore del D.M. 11/112/1996 – Impianti oggetto di modifica – Interpretazione dell’art. 3, c. 1.



Massima

 

TAR PIEMONTE, Sez. 1^ – 10 luglio 2015, n. 1173


INQUINAMENTO ACUSTICO – Valore limite differenziale – Nozione.

Il valore limite differenziale è dato dalla differenza tra il livello di rumore ambientale ( risultante di tutte le sorgenti di rumore registrate in un dato luogo e in un determinato tempo ) e il rumore residuo (pari al livello di rumore ambientale quando si esclude la specifica sorgente disturbante). Il valore differenziale è indicativo, dunque, dello specifico grado di inquinamento acustico che una specifica fonte sonora apporta al livello di inquinamento generale. I valori limite differenziali sono di 5 db per il periodo diurno e di 3 db per il periodo notturno (art. 4D.P.C.M. 14 novembre 1997): gli stessi non si applicano quando il rumore ambientale è al di sotto di determinati valori, e precisamente 50 db(A) per il periodo diurno e 40 db (A) per il periodo notturno misurati a finestre aperte, e 35 db(A) per il periodo diurno e 25 db (A) per il periodo notturno misurati a finestre chiuse. Si tratta di limiti da applicarsi disgiuntamente, nel senso che anche il superamento di uno solo di essi consente l’applicazione del valore differenziale.


Pres. Balucani, Est. Pescatore – M. s.r.l. (avv. Montanaro) c. Comune di Brandizzo (avv.ti Fusco e Frignani) e altro (n.c.)

 

INQUINAMENTO ACUSTICO – Allegato A, punto 12 D.M. 16 marzo 998 – Definizione di rumore residuo – Esclusione della specifica sorgente disturbante – Accertamento  in presenza della fonte disturbante – Attività continuative o sorgenti disturbanti non sopprimibili.

Le disposizioni dell’allegato A, punto 12, del D.M. 16 marzo 1998, nel fornire la definizione del livello di rumore residuo, specificano che lo stesso si riscontra “quando si esclude la specifica sorgente disturbante”. Il tenore della richiamata disposizione si focalizza sull’effetto della “esclusione” della specifica sorgente, ma non contiene indicazioni specifiche sulla modalità con le quali detta esclusione può essere realizzata.  Nulla impedisce, dunque, almeno in linea di principio, che l’accertamento possa essere condotto anche in presenza della fonte disturbante, isolando le relative frequenze o individuando un adeguato “punto analogo” ove posizionare opportunamente l’apparecchiatura di ascolto e in coincidenza del quale dette frequenze possono risultare irrilevanti: si tratta, peraltro, di tecniche necessitate in caso di attività continuative o di sorgenti disturbanti non completamente sopprimibili (cfr. T.A.R. Liguria, 15 marzo 2010, n. 1166; T.A.R. Brescia, sez. I, 30 agosto 2011, n. 1276 , confermata da Cons. Stato, sez. V, 06 marzo 2013, n. 1372).

Pres. Balucani, Est. Pescatore – M. s.r.l. (avv. Montanaro) c. Comune di Brandizzo (avv.ti Fusco e Frignani) e altro (n.c.)

INQUINAMENTO ACUSTICO – Emissioni/immissioni acustiche provenienti da un’attività produttiva – Attività di controllo – Diritto alla sorpresa – Deroga ai principi in tema di partecipazione ex artt. 7 e ss. L. n. 241/1990.

A fronte di un fenomeno come quello delle emissioni/immissioni acustiche provenienti da un’attività produttiva, suscettibile di essere significativamente influenzato dalle modalità con cui detta attività si svolge, deve essere riconosciuto all’organo pubblico incaricato dei controlli il c.d. diritto alla sorpresa nell’espletamento delle attività istituzionali, per evitare che il preavviso possa mettere il controllato nella condizione di non farsi cogliere sul fatto (cfr. T.A.R. Umbria sez. I, 26 agosto 2011, n. 271; Cons. St., V, 5 marzo 2003, n. 1224). Gli elementi di particolare urgenza (unitamente al c.d. effetto “a sorpresa”, indispensabile per l’efficacia dei controlli) che caratterizzano immanentemente l’intero procedimento amministrativo diretto all’abbattimento delle emissioni rumorose inquinanti, gli conferiscono pertanto quella specialità che giustifica la deroga ai principi generali in tema di partecipazione previsti dagli artt. 7 e ss. L. 7 agosto 1990 n. 241 (T.A.R. Piemonte sez. I, 21 dicembre 2012, n. 1382).

Pres. Balucani, Est. Pescatore – M. s.r.l. (avv. Montanaro) c. Comune di Brandizzo (avv.ti Fusco e Frignani) e altro (n.c.)


INQUINAMENTO ACUSTICO – Ordinanze contingibili e urgenti per il contenimento delle emissioni sonore – Art. 9 L. n. 447/1995 – Potere “normalmente consentito” – Minaccia per la salute.

L’art. 9 della legge 447/1995 prevede espressamente il potere di adottare ordinanze contingibili ed urgenti per il contenimento o l’abbattimento delle emissioni sonore, inclusa l’inibitoria parziale o totale di determinate attività. La norma non può essere riduttivamente intesa come una mera riproduzione, nell’ambito della normativa di settore in tema di tutela dall’inquinamento acustico, del generale potere di ordinanza contingibile ed urgente tradizionalmente riconosciuto dal nostro ordinamento giuridico al Sindaco (quale Ufficiale di Governo) in materia di sanità ed igiene pubblica. Al contrario, la stessa deve essere logicamente e sistematicamente interpretata nel particolare significato che assume all’interno di una normativa dettata – in attuazione del principio di tutela della salute dei cittadini previsto dall’art. 32 Cost. – allo scopo primario di realizzare un efficace contrasto al fenomeno dell’inquinamento acustico; conseguentemente, l’utilizzo del particolare potere di ordinanza contingibile ed urgente delineato dal menzionato art. 9 deve ritenersi “normalmente” consentito allorquando gli appositi accertamenti tecnici effettuati dalle competenti ARPA  rivelino la presenza di un fenomeno di inquinamento acustico, tenuto conto sia che quest’ultimo – ontologicamente (per esplicita previsione dell’art. 2 della stessa L. n° 447/1995) – rappresenta una minaccia per la salute pubblica, sia che la Legge quadro sull’inquinamento acustico non configura alcun potere di intervento amministrativo “ordinario” che consenta di ottenere il risultato dell’immediato abbattimento delle emissioni sonore inquinanti; in siffatto contesto normativo, l’accertata presenza di un fenomeno di inquinamento acustico (pur se non coinvolgente l’intera collettività) appare sufficiente a concretare l’eccezionale ed urgente necessità di intervenire a tutela della salute pubblica con l’efficace strumento previsto dall’ art. 9 primo comma della citata Legge n. 447/1995.


Pres. Balucani, Est. Pescatore – M. s.r.l. (avv. Montanaro) c. Comune di Brandizzo (avv.ti Fusco e Frignani) e altro (n.c.)

INQUINAMENTO ACUSTICO – Valori di qualità di cui all’art. 2 comma 3 lettera h L. 447/95 e art. 7 D.P.C.M. 14/11/97 – Valori limite differenziali di cui all’art. 2, comma 3, lettera b L. 447/95 e art.4 D.P.C.M. 14/11/97 – Differenza – Rapporto con la pianificazione acustica.

I valori di qualità, di cui all’art. 2 comma 3 lettera h L. 447/95 e art. 7 D.P.C.M. 14/11/97, rappresentando i livelli di rumore da conseguire nel breve, nel medio e nel lungo periodo, con le tecnologie e le metodiche di risanamento disponibili, per realizzare gli obiettivi di tutela previsti dalla Legge 447/95, dipendono direttamente dalla zonizzazione acustica comunale, in quanto variano a seconda delle diverse classi di destinazione d’uso del territorio; viceversa, i valori limite differenziali di immissione, di cui all’art. 2, comma 3, lettera b L. 447/95 e art.4 D.P.C.M. 14/11/97, si riferiscono ai livelli massimi al di sotto dei quali deve porsi la differenza tra il livello di rumore ambientale (determinato da tutte le sorgenti sonore presenti in un determinato luogo ed in un determinato tempo) ed il livello di rumore residuo (determinato escludendo la specifica sorgente disturbante): questi, diversamente dai primi, non dipendono dalla zonizzazione acustica in cui è inserito il ricettore dove viene eseguita la valutazione. Più in generale, i valori di qualità rientrano nella categoria dei valori assoluti – indicativi del valore limite di rumorosità per l’ambiente esterno (a loro volta distinti in valori di emissione, immissione, attenzione e qualità), mentre i valori limiti differenziali di immissione vengono misurati esclusivamente all’interno degli ambienti abitativi e, costituendo la risultante di una differenza tra rumore ambientale e rumore residuo, presentano l’inconveniente di riservare una maggiore tutela alle zone più tranquille rispetto a quelle più rumorose, giacché in queste ultime il rumore residuo è più elevato, per la presenza di vie di traffico e altre sorgenti sonore tipiche delle zone urbanizzate. È questa una delle ragioni per cui il legislatore ha introdotto l’obbligo di rispettare anche i limiti assoluti in aggiunta a quelli differenziali.

Pres. Balucani, Est. Pescatore – M. s.r.l. (avv. Montanaro) c. Comune di Brandizzo (avv.ti Fusco e Frignani) e altro (n.c.)

INQUINAMENTO ACUSTICO – Applicazione del criterio differenziale per gli impianti a ciclo produttivo continuo – Esenzione dall’osservanza agli impianti a ciclo continuo esistenti alla data di entrata in vigore del D.M. 11/112/1996 – Impianti oggetto di modifica – Interpretazione dell’art. 3, c. 1.

Il D.M. 11 dicembre 1996, titolato “Applicazione del criterio differenziale per gli impianti a ciclo produttivo continuo”, all’art. 3, comma 1, limita l’esenzione dall’osservanza dei valori differenziali agli impianti a ciclo produttivo continuo esistenti alla data di entrata in vigore del decreto stesso. L’inapplicabilità del decreto de quo in ipotesi di modifiche di impianti esistenti, è peraltro confermata in chiave interpretativa dalla circolare del 6 settembre 2014 del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio, ove si precisa “che nel caso di impianto esistente, oggetto di modifica (ampliamento, adeguamento ambientale, etc.), non espressamente contemplato dall’art. 3 del decreto ministeriale 11 dicembre 1996, l’interpretazione corrente della norma si traduce nell’applicabilità del criterio differenziale limitatamente ai nuovi impianti che costituiscono la modifica”.


Pres. Balucani, Est. Pescatore – M. s.r.l. (avv. Montanaro) c. Comune di Brandizzo (avv.ti Fusco e Frignani) e altro (n.c.)


Allegato


Titolo Completo

TAR PIEMONTE, Sez. 1^ - 10 luglio 2015, n. 1173

SENTENZA

 

TAR PIEMONTE, Sez. 1^ – 10 luglio 2015, n. 1173

N. 01173/2015 REG.PROV.COLL.
N. 01120/2014 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1120 del 2014, proposto da:
Mondial F.A.C.E.R.T. S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avv. Riccardo Montanaro, con domicilio eletto presso il medesimo in Torino, via del Carmine, 2;

contro

Comune di Brandizzo, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avv.ti Francesco Fusco e Federico Frignani, con domicilio eletto presso il primo in Torino, Via Bligny, 15;
Agenzia Regionale Protezione Ambientale – Arpa Piemonte;

nei confronti di

Claudio Marangon;

per l’annullamento

– dell’ordinanza del Comune di Brandizzo rep. n. 92 in data 25/07/2014, pervenuta successivamente, avente ad oggetto “…riduzione dell’inquinamento acustico prodotto dall’attività produttiva sita in Via Enaudi n.14”;

– della Relazione tecnica redatta da A.R.P.A. Piemonte, prot. n. 60069 in data 17/07/2014;

– nonché della lettera del Comune di Brandizzo prot. n.7293 in data 08/08/2014;

– nonché di ogni altro atto presupposto, connesso e conseguente.

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Comune di Brandizzo;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 18 giugno 2015 il dott. Giovanni Pescatore e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

1. Con il ricorso in esame la MONDIAL FACERT s.r.l., impresa attiva nella produzione di oggetti metallici con stabilimento operativo nel Comune di Brandizzo, chiede l’annullamento, previa sospensione, dell’ordinanza del Comune di Brandizzo rep. 92 del 25 luglio 2014, con la quale, vista la relazione tecnica dell’ARPA Piemonte Dipartimento Provinciale di Torino del 17 luglio 2014 – relativa a misurazioni effettuate in data 9 giugno 2014, dalle quali risultava un livello del differenziale di immissione sonora Ld, misurato a finestre aperte, superiore al limite per il periodo diurno, fissato dalla normativa vigente in materia di inquinamento acustico – l’Amministrazione le ordinava una serie di misure di contenimento delle emissioni sonore, ed in particolare: “1) a decorrere dalla data di notifica della presente, di tenere chiusi i portoni del fabbricato produttivo durante l’orario di lavoro; 2) di realizzare, entro e non oltre 30 giorni dalla data di notifica della presente ordinanza, gli interventi e le azioni di contenimento del rumore necessari per consentire la normale attività nel rispetto dei limiti fissati dalla legge 447/95 e dal DPCM 14/11/1997 “determinazioni dei valori limite delle sorgenti sonore”; 3) di comunicare l’ultimazione degli interventi e delle azioni di contenimento del rumore intraprese (…)”.

2. Avverso il provvedimento impugnato sono stati dedotti i seguenti motivi di diritto.

2.1 Con il primo – rubricato come “Violazione ed erronea applicazione di legge e norme applicative: art. 2 L. 26 ottobre 1995 n. 447; artt. 4 e 8 D.P.C.M. 14 novembre 1997; D.M. 16 marzo 1998, titolato “Tecniche di rilevamento e di misurazione dell’inquinamento acustico”- Eccesso di potere per vizio del procedimento, errore e difetto di istruttoria e della motivazione, perplessità – Illogicità e ingiustizia manifesta” – viene contesta l’illegittimità del provvedimento per avere l’A.R.P.A. determinato il livello di rumore residuo senza procedere all’interruzione dell’attività nello stabilimento MONDIAL FACERT srl, ma attraverso la tecnica del punto analogo, ovvero individuando un sito equivalente (presente sempre nell’appartamento in cui si è svolto l’accertamento) nel quale il contributo della specifica sorgente di rumore è risultato trascurabile. Tale modo di procedere violerebbe le disposizioni contenute nel D.M. 16 marzo 1998 che imporrebbero al soggetto accertatore di escludere la sorgente sonora che si intende misurare.

2.2 Con il secondo motivo di doglianza – “Violazione di legge: art. 7 e ss. L. 241/1990 e della Convenzione di Aarhus, recepita dalla L. 108/2001, per mancato rispetto delle regole che assicurano la partecipazione al procedimento in materia ambientale – Eccesso di potere per vizio del procedimento” – la ricorrente eccepisce di avere ricevuto l’ordinanza comunale senza aver avuto previa comunicazione di avvio del procedimento.

2.3 Con il terzo motivo di ricorso è contestata la “Violazione degli artt. 6 e 9 L. 447/1995 – Eccesso di potere per vizio del procedimento, perplessità ed insufficienza della motivazione – Illogicità manifesta”, in quanto il provvedimento sarebbe stato adottato dal Comune con natura di “ordinanza”, senza, tuttavia, indicare in termini specifici in base a quale norma e nell’esercizio di quale potere. Lo stesso provvedimento presenterebbe un contenuto illogico, non potendosi imporre la prescrizione della chiusura dei portoni in presenza di attività produttiva implicante continui contatti con l’esterno (per consegna merci, uscita prodotti, etc..).

Infine, l’assenza delle condizioni di attivazione del potere di ordinanza risulterebbe dal fatto che il livello sonoro complessivo è inferiore al “valore di qualità” previsto per le aree di tipo III, dove è ubicata la casa di civile abitazione assunta a base delle rilevazioni sonore.

2.4 Con il quarto motivo di ricorso – “Violazione e mancata applicazione delle norme sugli “accostamenti critici”: artt. 4, 6 e 7 L. 447/1995; art. 6 L.R. Piemonte 20 ottobre 2000, n. 52 – Eccesso di potere per difetto dei presupposti, difetto di istruttoria e di motivazione” – la ricorrente deduce di aver ottenuto nel marzo 1991 l’agibilità dello stabilimento realizzato; evidenzia, quindi, che a quell’epoca le aree limitrofe (al confine est dello stabilimento) avevano una destinazione agricola e che solo negli anni successivi ottennero la destinazione residenziale, con la conseguente realizzazione di nuove abitazioni; che ad oggi lo stabilimento è collocato in Classe acustica V, mentre le abitazioni alle quali si riferisce l’accertamento svolto da A.R.P.A. sono collocate in Classe III, sicché l’Amministrazione avrebbe determinato un accostamento critico tra aree, non essendo stata prevista la collocazione di una fascia cuscinetto classificata in classe IV, come previsto dall’art. 6 della L.R. 52/2000.

2.5 Con l’ultimo motivo di ricorso – “Violazione del D.M. 11 dicembre 1996 – Applicazione del criterio differenziale per gli impianti a ciclo continuo” – si sostiene che l’amministrazione comunale avrebbe completamente omesso di considerare che la società ricorrente opera costantemente a ciclo continuo su tre turni lavorativi, sulla base di accordi sindacali aziendali, e che nel caso di lavoro a ciclo continuo il D.M. 11 dicembre 1996 dispone l’esenzione dall’osservanza del criterio differenziale.

3. Si è costituito ritualmente in giudizio il Comune di Brandizzo, contestando i motivi di ricorso ex adverso proposti, evidenziando, in particolare:

a) con riferimento al primo motivo di ricorso, la validità del metodo di rilevazione del punto analogo, pacificamente riconosciuto come tecnicamente valido dalle norme UNI 10855:1999 (ritenute conformi alla regola d’arte dalla L. 21 giugno 1986 n. 317);

b) con riguardo al secondo motivo, l’inapplicabilità della disciplina di cui all’art. 241/90 (da integrarsi comunque con l’art. 21 octies della stessa L. 241/90);

c) per quanto riguarda il terzo motivo, la piena conformità normativa dello strumento utilizzato;

d) sul quarto motivo, l’irrilevanza delle osservazioni avversarie oltre che la loro infondatezza nel merito;

e) per quanto concerne il quinto motivo, l’insussistenza del ciclo continuo e comunque l’inapplicabilità della disciplina opposta dalla ricorrente.

4. Con ordinanza n. 448/2014 del 6 novembre 2014 questa Sezione, ravvisando la necessità di integrare il quadro istruttorio, invitava ARPA a depositare entro il termine di 30 giorni una: “misurazione del rumore differenziale che escludesse la sorgente sonora oggetto di rilevazione attraverso l’interruzione dell’attività dell’impianto produttivo”.

4.1 Il rilievo veniva eseguito dall’ARPA in data 22 dicembre 2014 e nell’occasione il valore del rumore residuo, determinato nella medesima pozione in cui a giugno 2014 era stato accertato il rumore ambientale e interrompendo l’attività aziendale, è risultato pressoché equivalente a quello quantificato nel punto analogo, ossia pari a 46 db – 47 db (a fronte della precedente misurazione pari a 45,5 db).

4.2 Stante le ulteriori contestazioni sollevate dalla ricorrente con memoria del 15 gennaio 2015, secondo le quali l’ARPA avrebbe dovuto procedere a rilevare contestualmente anche un nuovo parametro di rumore ambientale, con ordinanza n. 33 del 22 gennaio 2015, questa Sezione ordinava ad ARPA il deposito di motivata relazione nel termine perentorio di 30 giorni con: “una nuova misurazione del rumore differenziale, che tenesse conto della necessità di registrare nel medesimo contesto temporale i valori di rumore ambientale e di rumore residuo”. Era fissata udienza di discussione per il giorno 18 giugno 2015.

In data 14 febbraio 2015 l’ARPA depositava nota 11.2.2015, prot. 10202, nella quale dava atto dell’impossibilità di procedere con l’ulteriore accertamento stante la mancata autorizzazione della MONDIAL FACERT srl a tenere aperti i portoni ai fini del rilievo.

5. La causa – a seguito dello scambio di memorie ex art. 73 c.p.a. – è stata infine discussa e trattenuta in decisione all’udienza pubblica del 18 giugno 2015.

DIRITTO

1. Le variabili tecniche sulle quali verte la presente controversia sono essenzialmente tre: a) il livello equivalente di rumore ambientale, risultante di tutte le sorgenti di rumore registrate in un dato luogo e in un determinato tempo; b) il livello di rumore residuo, pari al livello di rumore ambientale quando si esclude la specifica sorgente disturbante; c) il valore limite differenziale, dato dalla differenza tra il livello di rumore ambientale e il rumore residuo. Il valore differenziale è indicativo, dunque, dello specifico grado di inquinamento acustico che una specifica fonte sonora apporta al livello di inquinamento generale.

I valori limite differenziali sono di 5 db per il periodo diurno e di 3 db per il periodo notturno ( art. 4D.P.C.M. 14 novembre 1997): gli stessi non si applicano quando il rumore ambientale è al di sotto di determinati valori, e precisamente 50 db(A) per il periodo diurno e 40 db (A) per il periodo notturno misurati a finestre aperte, e 35 db(A) per il periodo diurno e 25 db (A) per il periodo notturno misurati a finestre chiuse. Si tratta di limiti da applicarsi disgiuntamente, nel senso che anche il superamento di uno solo di essi consente l’applicazione del valore differenziale.

2. Ciò posto, il primo motivo di ricorso attiene alle modalità di rilevazione del livello di rumore residuo, a dire della ricorrente inficiate nella loro attendibilità dalla circostanza che la misurazione è stata effettuata senza procedere alla preliminare interruzione dell’attività nello stabilimento MONDIAL FACERT s.r.l., ma registrando il rumore in un punto nel quale ARPA ha ritenuto trascurabile il contributo della sorgente specifica di rumore. Tale metodologia integrerebbe violazione delle disposizioni contenute nell’allegato A, punto 12, del D.M. 16 marzo 1998, le quali, nel fornire la definizione del livello di rumore residuo, specificano che lo stesso si riscontra “quando si esclude la specifica sorgente disturbante”: la rilevazione effettuata nel caso di specie, in altri termini, non consentirebbe di ritenere effettivamente esclusa la sorgente sonora da misurare.

2.1 La tesi non pare accoglibile, né in termini generali, in quanto non avvalorata da argomenti di ordine normativo o di tipo tecnico, né con riferimento al caso specifico.

2.2 Innanzitutto, il tenore della richiamata disposizione si focalizza sull’effetto della “esclusione” della specifica sorgente, ma non contiene indicazioni specifiche sulla modalità con le quali detta esclusione può essere realizzata.

Nulla impedisce, dunque, almeno in linea di principio, che l’accertamento possa essere condotto anche in presenza della fonte disturbante, isolando le relative frequenze o individuando un adeguato “punto analogo” ove posizionare opportunamente l’apparecchiatura di ascolto e in coincidenza del quale dette frequenze possono risultare irrilevanti: si tratta, peraltro, di tecniche necessitate in caso di attività continuative o di sorgenti disturbanti non completamente sopprimibili (cfr. T.A.R. Liguria, 15 marzo 2010, n. 1166; T.A.R. Brescia, sez. I, 30 agosto 2011, n. 1276 , confermata da Cons. Stato, sez. V, 06 marzo 2013, n. 1372).

2.3 Sotto il profilo tecnico, la ricorrente non adduce alcuna argomentata deduzione a dimostrazione dell’asserita inadeguatezza della metodologia di rilevamento dal punto “analogo”, peraltro contemplata, come puntualmente eccepito dalla difesa di parte resistente, nella normativa tecnica UNI 10855:1999 (“Misura e valutazione del contributo acustico di singole sorgenti”): qui, al punto 5.8 (“Metodo H: valutazione in base al criterio del punto analogo”) si prevede che “nel caso sia identificabile una posizione nella quale sia trascurabile il contributo della sorgente specifica di rumore e si riscontri invece un rumore residuo sostanzialmente uguale a quello presente nella posizione in esame può essere applicato il metodo A utilizzando come livello sonoro ambientale quello misurato nella posizione in esame e come livello sonoro residuo quello misurato nel punto analogo”.

2.4 Nel caso specifico, infine, A.R.P.A. ha adeguatamente motivato la scelta di eseguire le rilevazioni in un sito equivalente. Nella relazione tecnica si legge, infatti, che detto sito è stato individuato sempre all’interno dell’abitazione dell’esponente ma è stato localizzato sul lato opposto rispetto all’azienda, in quanto ivi il contributo sonoro delle attività della ditta è risultato trascurabile: “Tale opzione è risultata possibile viste le peculiarità della zona in esame, a carattere essenzialmente residenziale e in parte confinante con zone agricole, lontana da infrastrutture varie importanti e da altre fonti rumorose. Sulla base di ciò, i due punti di misura utilizzati nei rilievi possono essere considerati equivalenti ai fini della determinazione del livello di rumore residuo”.

A confutazione della motivazioni tecniche addotte da A.R.P.A. non è stata dedotta alcuna puntuale replica da parte ricorrente.

2.5 Riconosciuta l’astratta correttezza della metodologia applicata, l’approfondimento istruttorio sollecitato con l’ordinanza collegiale del 6 novembre 2014 – attraverso una nuova “misurazione del rumore differenziale che escludesse la sorgente sonora oggetto di rilevazione attraverso l’interruzione dell’attività dell’impianto produttivo” – ha fugato ogni residua incertezza sulla validità della soluzione tecnica originariamente applicata.

La nuova misurazione, infatti, ha fornito un valore di rumore residuo pressoché equivalente a quello registrato nel punto analogo. Dunque, una volta appurata, sotto tutti i profili sin qui considerati, la correttezza del metodo applicato da A.R.P.A. nei rilievi del 9 giugno 2014, non può che concludersi per la complessiva attendibilità delle risultanze del primo accertamento acustico le quali, deponendo per il superamento dei limiti differenziali, costituiscono valida base istruttoria dell’impugnata ordinanza comunale.

3. Anche le rimanenti censure inerenti la correttezza del procedimento in oggetto non paiono fondate.

3.1 Non quella argomentata, innanzitutto, con riferimento all’art. 7 L. 241/1990, in quanto, a fronte di un fenomeno come quello delle emissioni/immissioni acustiche provenienti da un’attività produttiva, suscettibile di essere significativamente influenzato dalle modalità con cui detta attività si svolge, deve essere riconosciuto all’organo pubblico incaricato dei controlli il c.d. diritto alla sorpresa nell’espletamento delle attività istituzionali, per evitare che il preavviso possa mettere il controllato nella condizione di non farsi cogliere sul fatto (cfr. T.A.R. Umbria sez. I, 26 agosto 2011, n. 271; Cons. St., V, 5 marzo 2003, n. 1224).

3.2 Questo Tribunale ha già ritenuto che gli elementi di particolare urgenza (unitamente al c.d. effetto “a sorpresa”, indispensabile per l’efficacia dei controlli) che caratterizzano immanentemente l’intero procedimento amministrativo diretto all’abbattimento delle emissioni rumorose inquinanti, gli conferiscono quella specialità che giustifica la deroga ai principi generali in tela di partecipazione previsti dagli artt. 7 e ss. L. 7 agosto 1990 n. 241 (T.A.R. Piemonte sez. I, 21 dicembre 2012, n. 1382).

3.3 Nella stessa prospettiva e con specifico riferimento al caso di specie, va sottolineato che le misurazioni contestate con il ricorso in esame non hanno rappresentato un fatto del tutto nuovo nei rapporti tra Comune e ditta ricorrente, avendo semplicemente riportato all’attenzione dell’amministrazione una situazione già in precedenza ampiamente riscontrata (cfr. doc. 9 e ss. fasc. resist.).

4. Venendo al terzo motivo di ricorso, va premesso che l’art. 9 della legge 447/1995 prevede espressamente il potere di adottare ordinanze contingibili ed urgenti per il contenimento o l’abbattimento delle emissioni sonore, inclusa l’inibitoria parziale o totale di determinate attività.

4.1. Un consistente indirizzo giurisprudenziale (cfr., ex multis, T.A.R. Brescia, Sez. II, 2 novembre 2009 n. 1814 e Cons. Stato, sez. V, 06 marzo 2013, n. 1372), al quale aderisce anche questo Tribunale (T.A.R. Piemonte sez. I, 21 dicembre 2012, n. 1382), ha evidenziato che:

– la norma non può essere riduttivamente intesa come una mera (e, quindi, pleonastica) riproduzione, nell’ambito della normativa di settore in tema di tutela dall’inquinamento acustico, del generale potere di ordinanza contingibile ed urgente tradizionalmente riconosciuto dal nostro ordinamento giuridico al Sindaco (quale Ufficiale di Governo) in materia di sanità ed igiene pubblica. Al contrario, la stessa deve essere logicamente e sistematicamente interpretata nel particolare significato che assume all’interno di una normativa dettata – in attuazione del principio di tutela della salute dei cittadini previsto dall’art. 32 della Costituzione – allo scopo primario di realizzare un efficace contrasto al fenomeno dell’inquinamento acustico, tenendo nel dovuto conto il fatto che la Legge n. 447/1995 (nell’art. 2 primo comma lettera “a”) ha ridefinito il concetto di inquinamento acustico, qualificandolo come “l’introduzione di rumore nell’ambiente abitativo o nell’ambiente esterno tale da provocare fastidio o disturbo al riposo ed alle attività umane”, sancendo espressamente che esso concreta (in ogni caso) “un pericolo per la salute umana”;

– conseguentemente, l’utilizzo del particolare potere di ordinanza contingibile ed urgente delineato dall’ art. 9 della Legge 26 Ottobre 1995 n. 447 deve ritenersi (“normalmente”) consentito allorquando gli appositi accertamenti tecnici effettuati dalle competenti Agenzie Regionali di Protezione Ambientale rivelino la presenza di un fenomeno di inquinamento acustico, tenuto conto sia che quest’ultimo – ontologicamente (per esplicita previsione dell’art. 2 della stessa L. n° 447/1995) – rappresenta una minaccia per la salute pubblica, sia che la Legge quadro sull’inquinamento acustico non configura alcun potere di intervento amministrativo “ordinario” che consenta di ottenere il risultato dell’immediato abbattimento delle emissioni sonore inquinanti;

– in siffatto contesto normativo, l’accertata presenza di un fenomeno di inquinamento acustico (pur se non coinvolgente l’intera collettività) appare sufficiente a concretare l’eccezionale ed urgente necessità di intervenire a tutela della salute pubblica con l’efficace strumento previsto (soltanto) dall’ art. 9 primo comma della citata Legge n. 447/1995, anche perché la tutela della salute pubblica non presuppone necessariamente che la situazione di pericolo involga l’intera collettività, ben potendo richiedersi tutela alla P.A. anche ove sia in discussione la salute di una singola famiglia (o anche di una sola persona);

– d’altra parte, non può essere certamente reputato ordinario strumento di intervento (sul piano amministrativo) la facoltà riconosciuta dal Codice Civile al privato interessato di adire l’Autorità Giudiziaria Ordinaria per far cessare le immissioni dannose che eccedano la normale tollerabilità.

4.2 Così inquadrata la valenza e latitudine della disposizione, va ulteriormente osservato che, nel caso di specie, la prescritta situazione di emergenza risulta dalla motivazione dell’ordinanza sindacale, nella quale si dà atto del riscontrato disturbo acustico conseguente alla violazione dei limiti di legge. Dalla relazione relativa ai richiamati rilevamenti fonometrici, quindi validamente per relationem, risulta altresì che la questione era stata oggetto di esposto da parte di quel condominio, sicché l’intervento sindacale si rendeva doveroso, oltreché imposto dalla natura stessa del bene “salute” da tutelare. La stessa problematica era stata affrontata in passato, sulla scorta di numerose segnalazioni degli abitanti della zona a confine e aveva dato luogo ad accertamenti da parte di ARPA in data 8 e 12 luglio 2009, nonché all’emissione dell’ordinanza n. 68 del 9 giugno 2010.

4.3 Per quanto esposto, il contenuto istruttorio e motivazionale del provvedimento, unitamente alla sua qualificazione formale come ordinanza adottata ai sensi della l. n. 447 del 1995, costituiscono indici sufficientemente chiari della tipologia di potere attivato, in quanto tali idonei a fugare le incertezze di qualificazione prospettate in ricorso.

4.4 Anche gli ulteriori profili di censura dedotti con il motivo di ricorso in esame non possono trovare accoglimento. Circa l’asserita illogicità della prescrizione di chiusura dei portoni, in presenza di attività produttiva implicante continui contatti con l’esterno (per consegna merci, uscita proditti, etc..), è sufficiente osservare che l’ordinanza contempla due tipologie di misure di contenimento dei rumori, una di immediata attuazione (la chiusura dei portoni) e altre eventuali e successive, rimesse all’iniziativa della parte interessata, di contenuto non determinato ma unicamente vincolate all’obiettivo finale del contenimento del rumore nei limiti di legge: siffatta graduazione di misure risulta idonea a consentire l’attuazione nel tempo di interventi alternativi alla chiusura dei portoni, in grado di contemperare le esigenze produttive con quelle di tutela dell’ambiente. Donde l’evidente infondatezza della eccepita sproporzione e irragionevolezza del contenuto dispositivo dell’ordinanza impugnata.

4.5 Dal più recente sopralluogo effettuato da ARPA emerge inoltre che ad oggi l’attività produttiva, per autonoma scelta della società ricorrente, si svolge a “portoni chiusi”: di qui il rifiuto da ultimo opposto da parte della MONDIAL FACERT srl all’apertura dei portoni ai fini della esecuzione del rilievo acustico disposto con ordinanza istruttoria del 23 gennaio 2015. Risulta quindi smentita dalla stessa ricorrente l’affermazione iniziale di sproporzione e di illogicità della prescrizione di chiusura dei portoni, risultando nei fatti che la stessa è compatibile con il regolare prosieguo dell’attività produttiva.

4.6 Quanto, poi, all’asserita mancanza di condizioni coerenti con l’attivazione del potere di ordinanza – argomentata sul fatto che il livello sonoro complessivo riscontrato, pari a 53 db(A), è inferiore al “valore di qualità” per le aree tipo III pari a 57 db (A) – è sufficiente osservare che le uniche ipotesi di non applicabilità dei limiti differenziali sono quelle individuate dall’art. 4, comma 2, DPCM 14 novembre 1997, e riferite al caso, pacificamente non ricorrente nel caso di specie, in cui il rumore ambientale si situi al di sotto di determinati livelli.

5. Vanno parimenti respinti il quarto e quinto motivo di ricorso, non sussistendo le condizioni, nel caso di specie, per fare richiamo né alla normativa in tema di accostamenti critici, né a quella inerente gli impianti a ciclo continuo.

5.1 Il primo dei due motivi in esame è articolato su una impropria sovrapposizione della disciplina sui valori di qualità, di cui all’art. 2 comma 3 lettera h L. 447/95 e art. 7 D.P.C.M. 14/11/97, e di quella inerente i valori limite differenziali di immissione, di cui all’art. 2, comma 3, lettera b L. 447/95 e art.4 D.P.C.M. 14/11/97: mentre i primi valori, rappresentando i livelli di rumore da conseguire nel breve, nel medio e nel lungo periodo, con le tecnologie e le metodiche di risanamento disponibili, per realizzare gli obiettivi di tutela previsti dalla Legge 447/95, dipendono direttamente dalla zonizzazione acustica comunale, in quanto variano a seconda delle diverse classi di destinazione d’uso del territorio; viceversa, i valori limite differenziali di immissione si riferiscono ai livelli massimi al di sotto dei quali deve porsi la differenza tra il livello di rumore ambientale (determinato da tutte le sorgenti sonore presenti in un determinato luogo ed in un determinato tempo) ed il livello di rumore residuo (determinato escludendo la specifica sorgente disturbante): questi, diversamente dai primi, non dipendono dalla zonizzazione acustica in cui è inserito il ricettore dove viene eseguita la valutazione.

5.2 Più in generale, i valori di qualità rientrano nella categoria dei valori assoluti – indicativi del valore limite di rumorosità per l’ambiente esterno (a loro volta distinti in valori di emissione, immissione, attenzione e qualità), mentre i valori limiti differenziali di immissione vengono misurati esclusivamente all’interno degli ambienti abitativi e, costituendo la risultante di una differenza tra rumore ambientale e rumore residuo, presentano l’inconveniente di riservare una maggiore tutela alle zone più tranquille rispetto a quelle più rumorose, giacché in queste ultime il rumore residuo è più elevato, per la presenza di vie di traffico e altre sorgenti sonore tipiche delle zone urbanizzate. È questa una delle ragioni per cui il legislatore ha introdotto l’obbligo di rispettare anche i limiti assoluti in aggiunta a quelli differenziali.

5.3 Dunque, essendo la misurazione sottesa all’ordinanza qui impugnata esclusivamente incentrata sui valori differenziali, non ha senso invocare in relazione alla stessa la disciplina dei valori di qualità e la specifica tematica, alla stessa afferente, degli accostamenti critici, posto che l’eventuale presenza di un accostamento di tal genere risulterebbe ininfluente ai fini delle valutazioni effettuate dall’amministrazione.

6. Quanto alla modalità di conduzione dell’impianto, oggetto dell’ultimo motivo di ricorso, la parte ricorrente asserisce di operare costantemente a ciclo continuo sulla base di accordi aziendali sindacali, e su questo presupposto invoca la normativa che esenta le imprese operanti a ciclo continuo dall’osservanza dei limiti differenziali.

La deduzione, tuttavia, incorre in duplice ordine di obiezioni.

6.1 Innanzitutto, della sussistenza del ciclo continuo la ricorrente non fornisce prova alcuna. Al contrario, da dichiarazioni rese all’ARPA dal sig. Pecchio, legale rappresentante della ricorrente, risulta che l’attività della Mondial Facert rimane chiusa il sabato pomeriggio e la domenica (cfr. doc 5 fasc. resist.).

Analoghe indicazioni si ricavano dal permesso di costruire del 19 settembre 2006, ove si legge: “il complesso sarà operativo esclusivamente in fascia diurna, si escludono qualsiasi attività nel periodo notturno”.

Infine, nella valutazione di compatibilità acustica del 19.9.2006, presentata unitamente alla richiesta di Permesso di Costruire, l’attività non è definita a ciclo continuo, anzi, si specifica la chiusura dell’attività nelle ore notturne.

6.2 Altra valida obiezione alla tesi di parte ricorrente attiene ai presupposti applicativi della normativa invocata. Difatti, il D.M. 11 dicembre 1996, titolato “Applicazione del criterio differenziale per gli impianti a ciclo produttivo continuo”, all’art. 3, comma 1, limita l’esenzione dall’osservanza dei valori differenziali agli impianti a ciclo produttivo continuo esistenti alla data di entrata in vigore del decreto stesso.

Ora, secondo quanto dichiarato dal legale rappresentante della ricorrente in occasione del sopralluogo effettuato in data 3 ottobre 2014, i macchinari utilizzati dall’azienda sono stati sostituiti nel corso degli anni, assecondando l’evoluzione dei processi tecnologici e le crescenti necessità produttive. La consistente riqualificazione delle macchine utensili installate all’interno della ditta e i considerevoli interventi di ampliamento edile (oggetto del Permesso di Costruire n. 66/06), hanno apportato indubbie variazioni nella configurazione complessiva dell’impianto produttivo, il cui assetto attuale non è paragonabile a quello originario, con esclusivo riferimento al quale avrebbe potuto astrattamente invocarsi il disposto dell’art. 3 del D.M. 11 dicembre 1996.

6.3 L’inapplicabilità del decreto de quo in ipotesi di modifiche di impianti esistenti, è peraltro confermata in chiave interpretativa dalla circolare del 6 settembre 2014 del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio, ove si precisa “che nel caso di impianto esistente, oggetto di modifica (ampliamento, adeguamento ambientale, etc.), non espressamente contemplato dall’art. 3 del decreto ministeriale 11 dicembre 1996, l’interpretazione corrente della norma si traduce nell’applicabilità del criterio differenziale limitatamente ai nuovi impianti che costituiscono la modifica”.

6.4 Sotto tutti i profili, considerati, quindi, l’ipotesi derogatoria prevista dall’art. 3 del decreto ministeriale 11 dicembre 1996 non è applicabile al caso di specie.

7. Disattese tutte le deduzioni censorie, deve quindi disporsi l’integrale reiezione del ricorso.

8. Le spese di lite seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte (Sezione Prima)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto,

lo respinge.

Condanna la parte ricorrente a rifondere in favore della parte resistente le spese di lite che liquida in complessivi €. 2.000,00, oltre accessori di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Torino nella camera di consiglio del giorno 18 giugno 2015 con l’intervento dei magistrati:

Lanfranco Balucani, Presidente
Ariberto Sabino Limongelli, Primo Referendario
Giovanni Pescatore, Referendario, Estensore
 
L’ESTENSORE

IL PRESIDENTE
   

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 10/07/2015
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
 

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