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Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Beni culturali ed ambientali Numero: 1323 | Data di udienza: 6 Dicembre 2012

* BENI CULTURALI E AMBIENTALI – Volumi interrati – Volumi irrilevanti secondo le norme edilizie – Rilevanza ai fini della tutela paesaggistica – Fondamento – Domanda di concessione in sanatoria – Presenza di altre costruzioni asseritamente omogenee a quella da assentire – Disparità di trattamento – Configurabilità – Esclusione.


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 1^
Regione: Piemonte
Città: Torino
Data di pubblicazione: 11 Dicembre 2012
Numero: 1323
Data di udienza: 6 Dicembre 2012
Presidente: Balucani
Estensore: Pescatore


Premassima

* BENI CULTURALI E AMBIENTALI – Volumi interrati – Volumi irrilevanti secondo le norme edilizie – Rilevanza ai fini della tutela paesaggistica – Fondamento – Domanda di concessione in sanatoria – Presenza di altre costruzioni asseritamente omogenee a quella da assentire – Disparità di trattamento – Configurabilità – Esclusione.



Massima

 

TAR PIEMONTE, Sez. 1^ – 11 dicembre 2012, n. 1323


BENI CULTURALI E AMBIENTALI – Volumi interrati – Volumi irrilevanti secondo le norme edilizie – Rilevanza ai fini della tutela paesaggistica – Fondamento.

La nozione di volume rilevante a fini paesaggistici non può distinguere tra volumi esterni e volumi interrati, essendo anche questi ultimi idonei a determinare una modificazione del territorio e dell’assetto edilizio esistente: ciò in quanto lo stesso volume che a fini edilizi, per le sue caratteristiche, può non essere considerato rilevante e non essere oggetto di computo fra le volumetrie assentibili, ad esempio perché ritenuto volume tecnico, ai fini paesaggistici può assumere una diversa rilevanza, laddove si ritenga che determini una possibile alterazione dello stato dei luoghi salvaguardato dalle apposite norme di tutela, le quali, al preordinato fine di conservare la sostanziale integrità di determinati ambiti territoriali, ben possono vietare anche la realizzazione di un volume edilizio tecnico od interrato, quand’anche irrilevante secondo le norme che regolano l’attività edilizia (cfr. T.A.R. Napoli Campania sez. IV, 29 maggio 2012, n. 2529; T.A.R. Salerno Campania sez. I, 11 ottobre 2011, n. 1642; Consiglio Stato sez. IV, 28 marzo 2011, n. 1879).


Pres. Balucani, Est. Pescatore – C.M.T. e altri (avv.ti Ingicco, Siniscalco e Montanaro) c. Regioen Piemonte (avv. Salsotto)

BENI CUTLURALI E AMBIENTALI – Domanda di concessione in sanatoria – Presenza di altre costruzioni asseritamente omogenee a quella da assentire – Disparità di trattamento – Configurabilità – Esclusione.

La circostanza che in relazione ad altre istanze di sanatoria aventi ad oggetto immobili ricadenti nel medesimo contesto vincolato la Regione abbia ritenuto di avallare interventi conservativi, non determina disparità di trattamento in mancanza della prova della identità della situazione sostanziale qui in esame con quella oggetto di quelle diverse domande di concessione in sanatoria (T.A.R. Torino Piemonte sez. I, 15 giugno 2012, n. 721). Pertanto, non può tradursi in vizio di legittimità del provvedimento la presenza, nell’area interessata dall’intervento edilizio, di altre costruzioni asseritamene omogenee a quella da assentire: e ciò sia perché ogni manufatto è diverso per consistenza, ubicazione, periodo di realizzazione; sia perché un eventuale pregresso comportamento illegittimo dell’amministrazione non può valere a sanare un’ulteriore illegittimità (Cons. St., sez. VI, 09 giugno 2009, n. 3557 e 22 novembre 2010, n. 8117). Al contrario, una situazione di compromissione del panorama naturale da parte di preesistenti realizzazioni, anziché impedire, maggiormente richiede che ulteriori costruzioni non deturpino irreversibilmente l’ambiente protetto (Cons. St., sez. VI, 27 marzo 2012, n. 1813).

Pres. Balucani, Est. Pescatore – C.M.T. e altri (avv.ti Ingicco, Siniscalco e Montanaro) c. Regioen Piemonte (avv. Salsotto)


Allegato


Titolo Completo

TAR PIEMONTE, Sez. 1^ - 11 dicembre 2012, n. 1323

SENTENZA

 

TAR PIEMONTE, Sez. 1^ – 11 dicembre 2012, n. 1323

N. 01321/2012 REG.PROV.COLL.
N. 01668/1996 REG.RIC.
N. 01669/1996 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente


SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1668 del 1996, proposto da:
Colombo Maria Teresa – Chiesa Maria Paola, Eredi di Chiesa Alberto (Deceduto), rappresentate e difese dagli avv.ti Raffaele Ingicco, Marco Siniscalco, Riccardo Montanaro, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo in Torino, via del Carmine, 2;

contro

Regione Piemonte, rappresentata e difesa dall’avv. Eugenia Salsotto, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo in Torino, piazza Castello, 165; Comune Ghiffa;

sul ricorso numero di registro generale 1669 del 1996, proposto da:
Colombo Maria Teresa – Chiesa Paola Maria -Eredi di Chiesa Alberto (Deceduto), rappresentate e difese dagli avv.ti Raffaele Ingicco, Marco Siniscalco, Riccardo Montanaro, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo in Torino, via del Carmine, 2;

contro

Regione Piemonte, rappresentata e difesa dall’avv. Eugenia Salsotto, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo in Torino, piazza Castello, 165; Comune Ghiffa;

per l’annullamento

quanto al ricorso n. 1668 del 1996:

della deliberazione della Giunta Regionale n. 27-7518 del 3.4.1996 nella parte in cui esprime parere negativo ai sensi dell’art. 32 della L. n. 47/1985, in relazione ad una domanda presentata ai sensi dell’art. 39 L. 724/1994 per una piscina di uso privato realizzata abusivamente su aree protette dalla L. 1497/1939, in Comune di Ghiffa;

della Relazione del servizio Beni Ambientali e Paesistici dell’Assessorato Regionale per i Beni Ambientali prot. n. 13606 del 26.3.1996 che costituisce motivazione del parere negativo anzidetto;

atti trasmessi al sig. Chiesa con nota dell’assessore regionale per i Beni Ambientali prot. n. 7688/96 del 3.5.1996, pervenuta a mezzo del servizio postale in data 20.5.1996..

quanto al ricorso n. 1669 del 1996:

a) del provvedimento di cui alla nota prot. n. 2557 del 25.5.1996, trasmessa a mezzo del servizio postale il 29.5.1996 e pervenuta in data successiva, con il quale il Sindaco di Ghiffa, in relazione ad una domanda di condono edilizio presentata ai sensi dell’art. 39 L. n. 724/1994 per una piscina di uso privato realizzata abusivamente su aree protette dalla L. n. 1497/1939:

– comunica che la Regione Piemonte, preposta alla tutela del vincolo, ai sensi dell’art. 32 della L. n. 47/1985, “ha espresso parere contrario con la nota che si allega in copia entro i termini di legge”;

– determina conseguentemente di non accogliere la domanda di condono edilizio presentata dal sig. Chiesa;

nonchè per l’annullamento

b) della deliberazione della Giunta Regionale n. 27-7518 del 3.4.1996, nella parte in cui esprime il parere negativo ai sensi dell’art. 32 della L. n. 47/1985;

c) dell’Assessorato Regionale per i Beni Ambientali prot. n. 13606 del 26.3.1996, che costituisce motivazione del suddetto parere negativo;

atti regionali presupposti, entrambi già impugnati con separato ricorso, notificato il 18.7.1996;

nonché per l’annullamento

d) dell’ordinanza n. 8/1996 del 2.7.1996, notificata a mezzo del servizio postale il 4.7.1996 e successivamente pervenuta, con la quale il Sindaco di Ghiffa ordina di demolire l’opera e ripristinare la situazione preesistente entro il termine perentorio di giorni novanta dalla notificazione ai sensi dell’art. 7 della L. n. 47/1985..

Visti i ricorsi e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Regione Piemonte e di Regione Piemonte;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 6 dicembre 2012 il dott. Giovanni Pescatore e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1) Le sigg.re Maria Teresa COLOMBO e Paola Maria CHIESA agiscono nel presente giudizio quali eredi del sig. Alberto CHIESA, avendo riassunto innanzi a questo Ufficio i ricorsi iscritti ad R.G. 1668/96 ed R.G. 1669/96, a suo tempo proposti dal loro dante causa contro il Comune di Ghiffa (VB) e la Regione Piemonte per l’annullamento dei provvedimenti indicati in epigrafe.

Questi i fatti posti a base delle due controversie

Il sig. CHIESA era proprietario esclusivo di un’area di 2.500 mq. situata tra la strada statale n. 34, che corre lungo il Lago Maggiore, e il Lago medesimo. Tale area, sulla quale insiste una villa circondata da giardino, è sostenuta verso il lago da un muraglione di contenimento, sotto il quale si trovano una darsena e una spiaggetta.

L’area risulta vincolata ai sensi della L. 1497/1939, insieme a tutta la fascia confinante con il lago, con D.I. 28.02.1943.

Il P.R.G.I. allora vigente qualificava l’area situata tra la strada e il lago come area residenziale edificata, disciplinata dall’art. 3.2.3 delle Norme di attuazione. Peraltro, ai sensi del Piano Particolareggiato di tutela e uso delle sponde lacuali e fluviali, adottato previo Parere della Soprintendenza Regionale con delibere C.C. n. 19 del 21.06.1991 e n. 24 del 29.05.1992, l’area posta tra la strada statale e il lago era qualificata in parte come area edificata ad uso residenziale e in parte come area destinata a giardino e parco.

Relativamente alle aree destinate a giardino l’art. 11.1 “Aree ad uso giardino e/o parco” delle Norme di Attuazione del Piano Particolareggiato consentiva espressamente la costruzione di piscine.

In questo cotesto, il sig. CHIESA costruiva, fra il 1992 e il 1993, senza permesso edilizio, una piscina pertinenziale alla villa. Successivamente presentava al Sindaco di Ghiffa istanza di condono in data 06.03.1995, ai sensi dell’art. 39 L. 724/1994, e contestualmente inoltrava alla Regione Piemonte, in data 03.08.1995, domanda di parere, ai sensi dell’art. 32 L. 47/1985, trattandosi di area vincolata ai sensi della L. 1497/1939.

La Giunta Regionale con delibera 27-7518 del 03.04.1996 esprimeva parere negativo al condono. Facendo proprio tale parere, con nota prot. 2557 del 25.05.1996, il Sindaco del Comune di Ghiffa respingeva la domanda di condono edilizio. Al diniego faceva seguito l’ordinanza di demolizione e ripristino n. 8/1996 del 02.07.1996, assunta ai sensi dell’art. 7 L. 47/1985.

2) La delibera della Giunta Regionale n. 27-7518 del 03.04.1996 è stata impugnata nel procedimento iscritto ad R.G. 1668/96, unitamente alla relazione del Servizio Beni Ambientali e Paesistici dell’Assessorato Regionale per i beni Ambientali, prot. n. 13606 del 26.03.1996, che ne costituisce motivazione per relationem.

I successivi atti del Sindaco del Comune di Ghiffa sono stati impugnati nel giudizio iscritto ad R.G. 1669/96.

Le censure svolte nei due ricorsi risultano identiche e la evidente connessione oggettiva e soggettiva dei procedimenti ne suggerisce la trattazione unitaria.

Si è costituita in entrambi i procedimenti la Regione Piemonte, contestando gli assunti avversari di cui ha chiesto l’integrale rigetto.

A seguito dell’accoglimento dell’istanza cautelare di sospensione nel procedimento R.G. 1669/96, i due ricorsi sono pervenuti a decisione all’udienza del 06.12.2012.

3) Con riguardo al primo ricorso (R.G. 1668/96) occorre osservare che, a termini dell’art. 32 della L. n. 47/1985, il rilascio della concessione in sanatoria per le opere edilizie abusive ricadenti su aree sottoposte a vincolo è subordinato al previo rilascio del parere favorevole dell’amministrazione o dell’organo preposto alla tutela del vincolo, parere non solo obbligatorio ma anche vincolante per le determinazioni del Comune.

Ad esso tuttavia non può attribuirsi natura provvedimentale o di atto conclusivo del procedimento attivato con l’istanza di permesso di costruire o di sanatoria edilizia presentate all’amministrazione comunale, trattandosi di atto di natura endoprocedimentale, dotato di effetti sulla determinazione conclusiva del procedimento, di spettanza dell’autorità adita.

Pertanto il parere, quantunque vincolante, non è immediatamente lesivo, in quanto l’atto che incide sulla sfera giuridica del richiedente è il provvedimento concessorio o negatorio della sanatoria richiesta (Cons. St., sez. VI, 24 settembre 1996, n. 1248).

Conseguentemente esso non è, in quanto tale, suscettibile di impugnazione autonoma in via giurisdizionale (come quella attivata nel procedimento iscritto ad R.G. 1668/96), ma lo è unitamente al provvedimento finale concretamente lesivo della sfera giuridica del richiedente (Cons. Stato, sez. V, 16 febbraio 2012, n. 794).

Il ricorso è comunque infondato anche nel merito, per le ragioni che si vanno di seguito ad esaminare.

4) Il primo motivo di censura si appunta sull’asserita violazione dell’art. 32, 2° comma, L. 47/1985, come introdotto dall’art. 39, 7° comma, L. 724/1994.

4.1) Occorre premettere che la disciplina del condono edilizio del 1985, relativa ad abusi commessi in aree soggette a vincolo (in genere) e a vincolo paesaggistico (in particolare), è stata oggetto nel tempo di numerose modifiche legislative.

Per determinare la versione normativa rilevante ai fini della decisione, va fatto riferimento a quella vigente al momento in cui l’autorità preposta alla tutela del vincolo ex art. 32, 1° comma, L. 47 del 1985, ha dovuto esaminare la domanda di sanatoria (cfr. Cons. St., sez. V, 12 marzo 2012, n. 1371; sez. IV, 04 maggio 2012, n. 2576; sez. VI, 23 dicembre 2010, n. 9330; Ad. Plen., 22 luglio 1999, n. 20).

A quell’epoca, il testo dell’articolo 32 della legge n. 47, come risultante dalle modifiche introdotte dall’articolo 39, comma 7, della legge 23 dicembre 1994, n. 724, prevedeva, al suo secondo comma, che “per le opere eseguite su immobili soggetti alla L. 29 giugno 1939, n. 1497, e al D.L. 27 giugno 1985, n. 312, convertito, con modificazioni, dalla L. 8 agosto 1985, n. 431, relative ad ampliamenti o tipologie d’abuso che non comportano aumento di superficie o di volume, il parere deve essere rilasciato entro centoventi giorni; trascorso tale termine il parere stesso si intende reso in senso favorevole”.

4.2) Secondo la tesi svolta in ricorso, la costruzione della piscina, non comportando né aumento di superficie, né incremento di volume, va ricompresa nel dettato dell’art. 32, 2° comma, L. 47/1985, con la conseguenza che sulla domanda di parere presentata dal sig. CHIESA in data 03.08.1995 si sarebbe formato il silenzio assenso allo scadere dei 120 giorni decorrenti dalla presentazione della stessa.

Tale tacito assenso avrebbe quindi precluso alla Regione di esprimersi ulteriormente sull’istanza, se non previa revoca del tacito assenso alla condonabilità, conseguibile mediante un procedimento di secondo grado di autotutela (cfr. T.A.R. Firenze Toscana sez. III, 16 aprile 2012, n. 721).

4.3) La tesi non persuade nella premessa in cui assume che l’edificazione dell’impianto natatorio rientra tra le opere “relative ad ampliamenti o tipologie d’abuso che non comportano aumento di superficie o di volume”.

La prospettazione difensiva non considera, infatti, che il vincolo richiamato dall’art. 32, 2° comma, L. 47/1985, facendo riferimento a immobili soggetti alla L. 29 giugno 1939, n. 1497 e al D.L. 27 giugno 1985, n. 312, è finalizzato a preservare nel tempo la configurazione di bellezze naturali o di zone di particolare interesse ambientale.

La previsione di interventi di minor impatto (non implicanti aumenti di superficie o di volume), rispetto ai quali si giustifica una modalità tacita di acquisizione del parere, va quindi interpretata in relazione all’esigenza di tutela dei beni ambientali, e quindi in termini compatibili con la loro necessaria salvaguardia.

Alla luce di questa esigenza primaria, la tipologia di intervento che viene in rilievo nel presente giudizio non appare armonizzabile nel dettato dell’art. 32, 2° comma, trattandosi di opera astrattamente idonea a creare un impatto ambientale significativo e permanente, anche se priva di volumi emergenti dal terreno o di superfici calpestabili; ciò in quanto essa presenta dimensioni non trascurabili, richiede scavi consistenti e prevede l’impiego di materiali difficilmente compatibili con il contesto in cui si pretende esso trovi inserimento (cfr. T.A.R. Torino Piemonte sez. I, 13 giugno 2007, n. 2599).

Stando, quindi, ad un’interpretazione della norma che tenga conto dell’intendimento alla stessa sotteso, si deve concludere che l’intervento in oggetto esula dal novero delle opere assentibili in via tacita.

D’altra parte, vi è unanimità di vedute in giurisprudenza circa il principio, certamente pertinente al caso in esame, secondo il quale la nozione di volume rilevante a fini paesaggistici non può distinguere tra volumi esterni e volumi interrati, essendo anche questi ultimi idonei a determinare una modificazione del territorio e dell’assetto edilizio esistente: ciò in quanto lo stesso volume che a fini edilizi, per le sue caratteristiche, può non essere considerato rilevante e non essere oggetto di computo fra le volumetrie assentibili, ad esempio perché ritenuto volume tecnico, ai fini paesaggistici può assumere una diversa rilevanza, laddove si ritenga che determini una possibile alterazione dello stato dei luoghi salvaguardato dalle apposite norme di tutela, le quali, al preordinato fine di conservare la sostanziale integrità di determinati ambiti territoriali, ben possono vietare anche la realizzazione di un volume edilizio tecnico od interrato, quand’anche irrilevante secondo le norme che regolano l’attività edilizia (cfr. T.A.R. Napoli Campania sez. IV, 29 maggio 2012, n. 2529; T.A.R. Salerno Campania sez. I, 11 ottobre 2011, n. 1642; Consiglio Stato sez. IV, 28 marzo 2011, n. 1879).

Le considerazioni che precedono conducono a ritenere non fondato il motivo in esame.

5) Il secondo motivo di censura attiene ai profili dell’eccesso di potere per incoerenza e contraddittorietà tra atti amministrativi.

Il ricorrente rileva, in tal senso, come la Regione avesse espresso parere favorevole al Piano Particolareggiato di tutela e uso delle sponde lacuali e fluviali approvato con delibera C.C. n. 24 del 29.05.1992. Si fa riferimento, in particolare, alla nota prot. 4329 del 06.08.93, con la quale l’Assessorato ai Beni Culturali e Ambientali della Regione Piemonte, esprimendosi in relazione al Piano Particolareggiato di tutela e uso delle sponde lacuali e fluviali, aveva ritenuto “..in linea di massima condivisibile la scelta di massima presentata”, pur evidenziando la necessità che “ogni singolo intervento venga sottoposto all’approvazione dell’Assessorato”.

Il ricorrente evidenzia, inoltre, come l’art. 11.1 “Aree ad uso giardino e/o parco” delle Norme di Attuazione del Piano Particolareggiato consentisse espressamente la costruzione di fontane e piscine. Rispetto a queste determinazioni, risulterebbe contraddittorio e irrazionale il parere negativo adottato nel procedimento per cui è causa.

Un ulteriore profilo di incoerenza deriverebbe dal fatto che la Soprintendenza aveva già consentito la costruzione di diverse piscine nella fascia sottostante la strada statale e prospiciente il lago, quindi in contesti del tutto analoghi a quello per cui è causa.

5.1) I dati esposti non paiono idonei ad integrare i profili di eccesso di potere lamentati dalla parte ricorrente.

Quanto all’asserita difformità di valutazioni espresse dall’amministrazione nei diversi atti adottati in subiecta materia, è sufficiente considerare la diversa portata che caratterizza le due manifestazioni di giudizio assunte dall’ente pubblico, trattandosi in un caso di un parere generale, espresso in termini astratti e “di massima”; e nell’altro caso, di una valutazione rapportata alla specifica peculiarità di un caso concreto.

5.2) Le considerazioni che precedono rendono conto dell’infondatezza anche della doglianza di eccesso di potere per disparità di trattamento, per non avere l’autorità preposta alla tutela del vincolo formulato rilievi in sede di controllo di altri provvedimenti autorizzatori di analogo contenuto (relativi, cioè, a piscine costruite nella stessa zona).

Secondo quanto evidenziato nella stessa nota prot. 4329 del 06.08.93, ogni singolo intervento è soggetto a specifica valutazione, con particolare riguardo al suo inserimento nel contesto paesistico e ambientale già esistente. Ciò posto, la circostanza che in relazione ad altre istanze di sanatoria aventi ad oggetto immobili ricadenti nel medesimo contesto vincolato la Regione abbia ritenuto di avallare interventi conservativi, non determina disparità di trattamento in mancanza della prova – che incombeva al ricorrente fornire – della identità della situazione sostanziale qui in esame con quella oggetto di quelle diverse domande di concessione in sanatoria (T.A.R. Torino Piemonte sez. I, 15 giugno 2012, n. 721).

Pertanto, non può tradursi in vizio di legittimità del provvedimento la presenza, nell’area interessata dall’intervento edilizio, di altre costruzioni asseritamene omogenee a quella da assentire: e ciò sia perché ogni manufatto è diverso per consistenza, ubicazione, periodo di realizzazione; sia perché un eventuale pregresso comportamento illegittimo dell’amministrazione non può valere a sanare un’ulteriore illegittimità (Cons. St., sez. VI, 09 giugno 2009, n. 3557 e 22 novembre 2010, n. 8117). Al contrario, una situazione di compromissione del panorama naturale da parte di preesistenti realizzazioni, anziché impedire, maggiormente richiede che ulteriori costruzioni non deturpino irreversibilmente l’ambiente protetto (Cons. St., sez. VI, 27 marzo 2012, n. 1813).

6) Con un terzo motivo si censurano i provvedimenti impugnati per carenza di motivazione e di adeguata istruttoria.

In particolare, non sarebbe stato preso in adeguata considerazione il minimo impatto ambientale del manufatto. In particolare, la Regione non avrebbe considerato che la piscina è preclusa alla vista sia dal lago che dagli altri spazi pubblici; che la stessa è posizionata a raso prato, è completamente circondata da arbusti e alberi ed è stata costruita su un’area precedentemente lastricata e destinata ad ospitare sedie e ombrelloni, quindi già priva di alberi e verde.

Alla luce dei dati evidenziati, sarebbe vacua la manifestata esigenza di non aumentare l’antropizzazione dell’area situata tra la statale e la sponda del lago, trattandosi di valutazione del tutto avulsa da un’effettiva disamina degli elementi concreti caratterizzanti l’area in questione.

6.1) La motivazione addotta a fondamento del diniego è ricavabile per relationem dal parere regionale, ovvero dalla relazione istruttoria del competente Settore della Regione Piemonte (relazione del Servizio Beni Ambientali e Paesistici dell’Assessorato Regionale per i beni Ambientali, prot. n. 13606 del 26.03.1996), che si esprime nei seguenti termini: “.. considerato che le opere realizzate appaiono tali da alterare le caratteristiche ambientali della località, si esprime parere negativo in merito alla conservazione ai sensi dell’art. 32 L. 47/85, poiché si ritiene assolutamente inaccettabile l’inserimento di un ulteriore elemento di antropizzazione all’interno di un lotto posto tra la statale e la sponda del lago, dove gli spazi a verde necessitano di una attenta salvaguardia”.

A parere del Collegio, il documento in esame giustifica in modo certamente adeguato, benché succinto, le ragioni sottostanti al diniego – da individuarsi nell’evidente incompatibilità del manufatto con il pregevole contesto naturalistico e paesaggistico sottoposto a specifica tutela. La consistenza delle giustificazioni motivazionali deve essere valutata tenendo altresì conto che, secondo condivisibili principi giurisprudenziali, in relazione a manufatti abusivi realizzati in ambiti soggetti a tutela paesaggistica, non è il diniego di sanatoria a dover essere rigorosamente motivato, ma semmai, l’eventuale provvedimento favorevole (T.A.R. Torino Piemonte sez. I, 15 giugno 2012, n. 721; TAR Toscana, sez. III, 13 maggio 2011, n. 843; Cons. Stato, sez. VI, 11 ottobre 2007, n. 5330). Ad integrare il profilo di incompatibilità ambientale, sinteticamente espresso nella relazione richiamata, concorrono le significative dimensioni della piscina, l’irreversibile alterazione dello spazio che essa occupa (non più recuperabile a verde) e la discontinuità panoramica che un manufatto cementizio determina nel contesto paesaggistico nel quale si situa.

Tutti questi profili, benché non esplicitati, appartengono al concetto di “alterazione delle caratteristiche ambientali” e di “antropizzazione” degli spazi vincolati. Si tratta di locuzioni certamente indicative di una trasformazione dell’area protetta, incompatibile con la conservazione dei suoi peculiari caratteri morfologici e paesaggistici.

Per le ragioni esposte, i ricorsi non possono trovare accoglimento.

Le spese di lite seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo.


P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte (Sezione Prima)

definitivamente pronunciando sui ricorsi, come in epigrafe proposti,

li respinge.

Condanna la parte ricorrente a rifondere in favore della parte resistente costituita le spese di lite che liquida in complessivi euro 3.000,00 oltre Iva e Cpa.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Torino nella camera di consiglio del giorno 6 dicembre 2012 con l’intervento dei magistrati:

Lanfranco Balucani, Presidente
Roberta Ravasio, Primo Referendario
Giovanni Pescatore, Referendario, Estensore

L’ESTENSORE

IL PRESIDENTE
   

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 11/12/2012
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

 

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