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Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Appalti, Diritto urbanistico - edilizia Numero: 646 | Data di udienza: 27 Aprile 2017

* APPALTI – DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Realizzazione di opere a scomputo – Costo effettivo – Ribassi d’asta – Artt. 3 d.lgs. n. 50/2016 e 16 d.lgs. n. 380/2001.


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 2^
Regione: Piemonte
Città: Torino
Data di pubblicazione: 19 Maggio 2017
Numero: 646
Data di udienza: 27 Aprile 2017
Presidente: Testori
Estensore: Malanetto


Premassima

* APPALTI – DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Realizzazione di opere a scomputo – Costo effettivo – Ribassi d’asta – Artt. 3 d.lgs. n. 50/2016 e 16 d.lgs. n. 380/2001.



Massima

 

TAR PIEMONTE, Sez. 2^ – 19 maggio 2017, n. 646


APPALTI – DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Realizzazione di opere a scomputo – Costo effettivo – Ribassi d’asta – Artt. 3 d.lgs. n. 50/2016 e 16 d.lgs. n. 380/2001.

Posto che, ai sensi dell’art. 3 comma 1 lett. o) del d.lgs. n. 50/2016, per “stazioni appaltanti” devono intendersi anche i privati tenuti all’osservanza della disciplina del nuovo codice degli appalti, si deve evidentemente intendere che gli obblighi di evidenza pubblica descritti dal nuovo codice dei contratti in materia di oneri a scomputo, quantomeno sottosoglia, gravino sul privato, come previsto dall’art. 16 del d.lgs. n. 380/2001. Una interpretazione sistematica di quanto previsto da detta disposizione porta a concludere che le opere a scomputo, ai fini del calcolo di un eventuale conguaglio con gli oneri di urbanizzazione, debbano essere valorizzate al costo effettivo, tenendo conto di eventuali ribassi d’asta ottenuti in gara.

Pres. Testori, Est. Malanetto – G. s.r.l. (avv.ti Ferrero e Ludogoroff) c. Comune di Avigliana (avv. Martino)
 


Allegato


Titolo Completo

TAR PIEMONTE, Sez. 2^ - 19 maggio 2017, n. 646

SENTENZA

 

TAR PIEMONTE, Sez. 2^ – 19 maggio 2017, n. 646

Pubblicato il 19/05/2017

N. 00646/2017 REG.PROV.COLL.
N. 00814/2016 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 814 del 2016, proposto da:
Societa’ G.M.B. s.r.l., Societa’ Columella s.a.s, Societa’ Area Europa s.r.l., Societa’ Victory s.n.c. di Corsini Carmen & C., in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, Esposito Luca, Impresa Individuale Bf Costruzioni di Barillaro Francesco, Impresa Individuale Gf Costruzioni di Barillaro Giorgio, rappresentati e difesi dagli avvocati Alberto Ferrero, Riccardo Ludogoroff, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv.to Riccardo Ludogoroff in Torino, corso Montevecchio, 50;

contro

Comune di Avigliana, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Giovanni Martino, con domicilio eletto presso il suo studio in Torino, via Giuseppe Giusti, 3;

per l’annullamento

della deliberazione della Giunta Comunale di Avigliana n. 83/16 avente ad oggetto “approvazione progetto esecutivo di variante opere di urbanizzazione P.E.C. ambito CB23 del P.R.G.C.”, del 21 aprile 2016, pubblicata all’Albo Pretorio comunale per 15 giorni consecutivi a partire dal 26 aprile 2016, con esclusivo riferimento alla parte in cui la somma da scomputare dall’importo dovuto per gli oneri di urbanizzazione primaria e secondaria viene quantificata in euro 521.824,86;

nonché

di ogni altro atto presupposto, consequenziale e, comunque, connesso;

nonché per l’accertamento

del diritto dei ricorrenti ad ottenere lo scomputo dall’importo degli oneri di urbanizzazione determinato in via forfettaria dell’importo corrispondente al valore reale ed effettivo delle opere di urbanizzazione da realizzare, come indicato nei progetti esecutivi approvati e validati dalla stessa Amministrazione Comunale di Avigliana.

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Comune di Avigliana;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 27 aprile 2017 la dott.ssa Paola Malanetto e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

I ricorrenti hanno impugnato la determinazione della Giunta Comunale di Avigliana n. 83/16, avente ad oggetto “approvazione progetto esecutivo di variante opere di urbanizzazione PEC ambito CB23 del P.R.G.C.” del 21 aprile 2016, nella parte in cui ha quantificato l’importo delle opere di urbanizzazione primaria e secondaria a scomputo in € 521.824,86.

I ricorrenti deducono di essere stati attuatori di un intervento edilizio convenzionato relativo ad aree site nel Comune di Avigliana nell’ambito del PRGC denominato CB23, realizzando edifici a destinazione residenziale commerciale e di vicinato in forza di P.E.C. approvato con deliberazione n. 137/2010 e relativa convenzione edilizia, che fissava in via forfetaria gli oneri di urbanizzazione dovuti nell’importo di € 772.146,39.

La convenzione quantificava ugualmente il valore delle opere previste a scomputo (consistenti in opere di recinzione provvisoria e definitiva di un’area, realizzazione di sistema viario pedonale e veicolare per il collegamento e l’accesso agli edifici e spazi di parcheggio, rete di impianti smaltimento rifiuti liquidi, sistema di distribuzione energia elettrica e canalizzazione per gas e telefono; reti/impianti di illuminazione interna); anche con riferimento a tali opere la convenzione prevedeva una quantificazione presunta, salvo conguaglio, ed imponeva di seguire per l’esecuzione la procedura negoziata prevista dagli artt. 52 e 122 del d.lgs. n. 163/2006.

Espletata la procedura negoziata i proponenti l’intervento ottenevano un ribasso sulla base d’asta del 25,40%; contestualmente presentavano all’amministrazione i progetti esecutivi delle opere, valorizzati senza considerare il ribasso d’asta, ed offrivano di realizzare ulteriori opere a scomputo, sempre quantificandole in base ai progetti esecutivi. Le opere a scomputo venivano complessivamente quantificate dai ricorrenti in € 613.190,19; l’amministrazione approvava la variante e tuttavia applicava al quadro economico lo scomputo del 25,40% ottenuto in gara, valorizzando così le opere in € 457.439,89, oltre oneri di sicurezza e spese tecniche.

Lamentano i ricorrenti che tale valorizzazione sarebbe illegittima per:

1) La violazione ed errata applicazione dell’art. 16 del d.p.r. n. 380/2001 e violazione ed errata applicazione dei principi generali inerenti la realizzazione di interventi a scomputo degli oneri di urbanizzazione; eccesso di potere per contraddittorietà, irragionevolezza, illogicità e perplessità manifeste. In sostanza si contesta che il valore delle opere a scomputo debba avere riguardo ai progetti esecutivi, senza tenere conto del ribasso offerto in gara, che dovrebbe restare a beneficio dei soli privati attuatori.

2) La violazione ed errata applicazione dell’art. 11 della l. n. 241/90 e delle disposizioni contenute nella convenzione edilizia; eccesso di potere per contraddittorietà e illogicità manifeste. La convenzione stipulata tra le parti, avente valore contrattuale vincolante, prevederebbe la valorizzazione delle opere a scomputo in base al progetto esecutivo; l’applicazione di un diverso parametro integra una violazione dell’equilibrio contrattuale.

Si è costituita l’amministrazione resistente, contestando in fatto e diritto gli assunti di cui al ricorso, e proponendo una diversa interpretazione del testo della convenzione vigente tra le parti. Sostiene l’amministrazione che le opere a scomputo debbano essere valorizzate al costo effettivo.

Con ordinanza n. 350/2016 l’istanza cautelare è stata accolta.

All’udienza del 27.4.2017 la causa veniva discussa e decisa nel merito.

DIRITTO

E’ oggetto del giudizio il corretto criterio di calcolo del valore delle opere da realizzarsi a scomputo di oneri di urbanizzazione, sotto il duplice profilo dell’interpretazione dell’art. 16 del d.p.r. n. 380/2001 e del significato delle clausole della convenzione in essere tra le parti.

Quanto al primo aspetto recitano gli artt. 16 commi 2 e 2 bis del d.p.r. n. 380/2001, come oggi vigenti: “1.…. A scomputo totale o parziale della quota (ndr di oneri di urbanizzazione) dovuta, il titolare del permesso può obbligarsi a realizzare direttamente le opere di urbanizzazione, nel rispetto dell’articolo 2, comma 5, della legge 11 febbraio 1994, n. 109, e successive modificazioni, con le modalità e le garanzie stabilite dal comune, con conseguente acquisizione delle opere realizzate al patrimonio indisponibile del comune.

2-bis. Nell’ambito degli strumenti attuativi e degli atti equivalenti comunque denominati nonché degli interventi in diretta attuazione dello strumento urbanistico generale, l’esecuzione diretta delle opere di urbanizzazione primaria di cui al comma 7, di importo inferiore alla soglia di cui all’articolo 28, comma 1, lettera c), del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, funzionali all’intervento di trasformazione urbanistica del territorio, è a carico del titolare del permesso di costruire e non trova applicazione il decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163.”

Trattasi di due commi inseriti nel d.p.r. n. 380/2001, rispettivamente, dal d.lgs. n. 301/2002 e dall’art. 45 del d.l. n. 201 del 6.12.2011, che, al di là del mancato coordinamento con la legislazione sopravvenuta in materia di appalti (tanto la l. n. 109/94 che il d.lgs. n. 163/2006 sono stati abrogati) raccordano la disciplina degli oneri di urbanizzazione a scomputo con quella dell’evidenza pubblica.

Deve premettersi che la convenzione urbanistica oggetto del presente procedimento è datata 22.11.2011 dunque, all’epoca della sua sottoscrizione, era già vigente il comma 2 citato, non il comma 2 bis.

La materia, dal punto di vista dell’evidenza pubblica, è attualmente disciplinata dall’art. 1 comma 2 lett. e) del d.lgs. n. 50/2016 che prevede genericamente che le disposizioni del nuovo codice dei contratti si applichino anche all’aggiudicazione dei contratti di “e) lavori pubblici da realizzarsi da parte di soggetti privati, titolari di permesso di costruire o di un altro titolo abilitativo, che assumono in via diretta l’esecuzione delle opere di urbanizzazione a scomputo totale o parziale del contributo previsto per il rilascio del permesso, ai sensi dell’articolo 16, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380 e dell’articolo 28, comma 5, della legge 17 agosto 1942, n. 1150 ovvero eseguono le relative opere in regime di convenzione.” Ancora, sempre il d.lgs. n. 50/2016, art. 36 comma 3 prevede, dopo il correttivo di cui al d.lgs n. 56/2017, che “per l’affidamento dei lavori pubblici di cui all’articolo 1, comma 2, lettera e), del presente codice, relativi alle opere di urbanizzazione a scomputo per gli importi inferiori a quelli di cui all’articolo 35, si applicano le previsioni di cui al comma 2.”

A sua volta il citato comma 2 individua le tipologie di procedura (affidamento diretto, procedura negoziata previa consultazione di almeno dieci operatori, procedura negoziata previa consultazione di almeno quindici operatori, procedure ordinarie) ammesse per i lavori sottosoglia.

Posto che ai sensi dell’art. 3 comma 1 lett. o) del d.lgs. n. 50/2016 per “stazioni appaltanti” devono intendersi anche i privati tenuti all’osservanza della disciplina del nuovo codice degli appalti, si deve evidentemente intendere che gli obblighi di evidenza pubblica descritti dal nuovo codice dei contratti in materia di oneri a scomputo, quantomeno sottosoglia, gravino sul privato, come previsto dall’art. 16 del d.lgs. n. 380/2001.

Le citate disposizioni rappresentano l’approdo di un tormentato percorso normativo e giurisprudenziale.

In particolare con la sentenza della Corte di giustizia del 12.7.2001, in causa C-399/98, si è affermato che: “la direttiva del Consiglio 14 giugno 1993, 93/37/CEE, che coordina le procedure

di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, osta ad una normativa nazionale in materia urbanistica che, al di fuori delle procedure previste da tale direttiva, consenta al titolare di una concessione edilizia o di un piano di lottizzazione approvato la realizzazione diretta di un’opera di urbanizzazione a scomputo totale o parziale del contributo dovuto per il rilascio della concessione, nel caso in cui il valore di tale opera eguagli o superi la soglia fissata dalla direttiva di cui trattasi.”

Conformemente al citato principio di diritto il legislatore, ancora intervenendo sulla legge Merloni, ha specificato che le opere di urbanizzazione a scomputo, ove di valore superiore alla soglia comunitaria, dovessero essere aggiudicate nel rispetto dei principi di evidenza pubblica, escludendo in un primo momento da vincoli di evidenza pubblica gli affidamenti sottosoglia.

In tal senso disponeva infatti l’art. 2 comma 5 della l. n. 109 del 1994 (ancora, inopinatamente, richiamato dal d.p.r. n. 380/2001); tale disposizione è stata a sua volta censurata dalla sentenza della Corte di Giustizia del 21 febbraio 2008 in causa C-412/04 che ha ritenuto che, anche con riferimento alle opere sottosoglia, per evitare fenomeni elusivi debbano quantomeno trovare applicazione i principi generali dell’evidenza pubblica.

Recependo le indicazioni della Corte di giustizia, e tenuto conto che la disciplina della legge Merloni aveva anche dato causa ad una procedura di infrazione comunitaria nei confronti dell’Italia, con il combinato disposto degli artt. 122 e 32 comma 1 lett g) del d.lgs. n. 163/2006, vigenti all’epoca di sottoscrizione della convenzione per cui è causa e ivi richiamati, si è introdotto l’obbligo del rispetto dei principi di evidenza pubblica anche per l’affidamento di opere di urbanizzazione a scomputo sotto soglia, prevedendo l’attivazione della più semplice procedura di cui all’art. 57 comma 6 del d.lgs. n. 163/2006 (procedura negoziata senza bando).

La soluzione è la più coerente con le indicazioni del giudice europeo.

Con il comma 2 bis del d.p.r. n. 380/2001 (introdotto con il d.l. 201/2011 e non applicabile alla presente fattispecie in quanto entrato in vigore successivamente alla sottoscrizione della convenzione) il legislatore ha inteso sottrarre agli obblighi di evidenza pubblica l’esecuzione di determinate opere a scomputo (l’eccezione introdotta con il d.l. era riferita a strade residenziali, spazi di sosta o di parcheggio, fognature, rete idrica, rete di distribuzione dell’energia elettrica e del gas, pubblica illuminazione, spazi di verde attrezzato) di valore inferiore alla soglia comunitaria e quando realizzate nell’ambito di interventi attuativi del P.R.G. e strumenti urbanistici attuativi, il tutto in verosimile violazione dei principi enunciati dalla Corte di giustizia.

La dubbia disposizione (che incomprensibilmente sottrae agli obblighi di evidenza pubblica gli attuatori dei piani urbanistici, normalmente soggetti professionali che non solo sono i più attrezzati per gestire procedure di evidenza pubblica ma, sul lato dell’offerta, ne sono anche i beneficiari) viene riproposta, ampliandone in termini vaghi i contenuti, nell’art. 36 comma 4 del d.lgs. n.50/2016 che sottrae agli obblighi di evidenza pubblica più genericamente “opere di urbanizzazione primaria di importo inferiore alla soglia di cui all’articolo 35, comma 1, lettera a), calcolato secondo le disposizioni di cui all’articolo 35, comma 9, funzionali all’intervento di trasformazione urbanisticadel territorio”, senza più tipizzare le opere sottratte a tali obblighi, così innestando su una disciplina di già dubbia compatibilità comunitaria un elemento di indeterminatezza.

Così ricostruito il quadro normativo si osserva: nell’evoluzione normativa si assiste dapprima ad un innesto diretto dei vincoli eurounitari dell’evidenza pubblica sul sistema della realizzazione di opere a scomputo di importo soprasoglia comunitaria, quindi ad un allargamento di tali vincoli (nella forma di procedure semplificate) anche nell’ambito sottosoglia.

Il legislatore nazionale pare poi inseguire forme anomale di sottrazione della materia ai vincoli di evidenza pubblica in un contesto in cui le indicazioni del giudice europeo risultano per contro univoche. Si legge nella citata sentenza della Corte di giustizia 8.11.2006 in causa C-412/04 “secondo la giurisprudenza della Corte, il fatto che una disposizione di diritto nazionale che prevede la realizzazione diretta di un’opera di urbanizzazione da parte del titolare di una concessione edilizia o di un piano di lottizzazione approvato, a scomputo totale o parziale del contributo dovuto per il rilascio della concessione, faccia parte di un complesso di norme in materia urbanistica dotate di caratteristiche proprie e dirette al raggiungimento di specifici obiettivi, distinti da quelli della direttiva 93/37, non è sufficiente a escludere la realizzazione diretta dall’ambito di applicazione di quest’ultima, qualora risultino soddisfatti tutti gli elementi necessari affinché essa vi rientri (v. sentenza Ordine degli Architetti e a., cit., punto 66)”; d’altro canto nelle sue conclusioni l’avvocato generale precisava: “il governo italiano segnala le peculiarità del settore urbanistico e le caratteristiche del regime di aggiudicazione controverso, ma trascura il fatto che la valutazione di tale sistema nel presente procedimento deve basarsi sulle direttive in materia di appalti pubblici. Se si pone l’accento su un piano giuridico – il piano nazionale – senza prendere in considerazione l’altro – quello comunitario –, si distorce la situazione. Inoltre, ho già messo in rilievo che la sentenza resa nella causa Ordine degli Architetti e a. ha affermato che le caratteristiche proprie della materia urbanistica non sono sufficienti ad escludere l’applicazione delle direttive”

Resta il fatto che la disciplina vigente al momento di sottoscrizione della convenzione, recepita dalla convenzione stessa ed applicabile al caso di specie, era quella indubbiamente più ortodossa in termini di rispetto dei vincoli eurounitari.

Non può quindi che prendersi atto del necessitato progressivo coordinamento tra la disciplina degli oneri a scomputo e dei vincoli di evidenza pubblica alla cui luce, come anche indicato dal legislatore europeo, deve interpretarsi la materia per questo specifico aspetto.

Se tanto è vero consegue che non possono che essere integrati in questo aspetto della disciplina urbanistica tutti i valori dell’evidenza pubblica che attengono tanto alla tutela della concorrenza all’atto della realizzazione delle opere che, e contestualmente, al raggiungimento di obiettivi di efficienza ed economicità dell’azione amministrativa. Dovendosi infatti coordinare le due materie appare difficilmente sostenibile recepire l’evidenza pubblica in termini solo favorevoli all’impresa e non anche all’amministrazione e quindi all’interesse pubblico sotto il profilo dell’efficienza ed economicità dell’azione amministrativa.

La tesi interpretativa proposta da parte ricorrente, che comporterebbe l’acquisizione al privato dei vantaggi indotti dal risparmio di spesa frutto dell’applicazione di una procedura comparativa, appare in ogni caso al collegio violare tutti i citati valori propri dell’evidenza pubblica.

Da un lato infatti l’acquisizione all’amministrazione di eventuali risparmi prodotti dall’obbligatorio confronto con il mercato soddisfa esigenze di efficienza ed economicità dell’azione amministrativa vanificate dall’interpretazione proposta in ricorso. Non è un caso se il giudice contabile ha reiteratamente affermato che la somma da scomputare per opere di urbanizzazione corrisponde al “costo effettivo” delle stesse e qualificato l’opposta soluzione foriera di danno erariale (Corte Conti, sez. contr. Veneto n. 148/20097PAR e n. 94/2010/PAR; Corte Conti, sez. controllo Lombardia n. 314/20157PAR).

Dall’altro lato l’imposizione degli obblighi di evidenza pubblica ha lo scopo di impedire che un operatore del mercato possa, proprio in violazione dei principi di concorrenza, beneficiare sostanzialmente di un affidamento diretto a prezzi superiori a quelli di mercato. Trasferire sul privato attuatore l’obbligo di rispetto dei principi di evidenza pubblica senza tuttavia acquisire all’amministrazione il vantaggio economico derivante dall’applicazione a valle di siffatte procedure equivale a favorire indebitamente un operatore privato di mercato; infatti, se pure l’esecutore materiale delle opere le realizzerà a prezzo di mercato, il soggetto attuatore – privato e normalmente altro operatore professionale del medesimo mercato – lucrerà la differenza tra gli importi (avulsi dagli esiti del confronto procedimentale) presuntivamente indicati nella convenzione e i prezzi effettivamente applicati. Si finisce così per spostare l’indebito vantaggio concorrenziale dal soggetto materialmente esecutore delle opere al soggetto attuatore (anch’esso un operatore privato di mercato), eludendo il significato sostanziale dell’intervento della normativa europea.

Ritiene quindi il collegio che una interpretazione sistematica di quanto previsto dall’art. 16 del d.p.r. n. 380/2001 porti a concludere che le opere a scomputo, ai fini del calcolo di un eventuale conguaglio con gli oneri di urbanizzazione, debbano, come fatto dall’amministrazione, essere valorizzate al costo effettivo, tenendo conto di eventuali ribassi d’asta ottenuti in gara.

E’ quindi infondato il primo motivo di ricorso.

Con il secondo motivo di ricorso si persegue il medesimo risultato interpretativo, sostenendo che la soluzione proposta sarebbe comunque quella ricavabile dal tenore della convenzione stipulata tra le parti e quindi da una corretta applicazione della disciplina contrattuale che le vincola.

La tesi non è condivisibile.

Premesso che, ove questo fosse il significato della convenzione, essa si porrebbe in contrasto con la legge vigente all’epoca della sua stipulazione, che imponeva l’indizione di procedure di evidenza pubblica per la realizzazione delle opere a scomputo con tutte le implicazioni che si ritiene ne derivino, il testo della convenzione non supporta l’interpretazione proposta dai ricorrenti.

I ricorrenti valorizzano la circostanza che l’art. 7.2 della convenzione, là dove in verità prevede penetranti poteri di controllo dell’amministrazione sull’esecuzione delle opere e sul regolare espletamento della gara, precisa che il Comune “fatto salvo il potere di controllo resta estraneo ai rapporti economici tra le parti”. Il senso della disposizione non è certo quello di individuare il criterio di valorizzazione delle opere a scomputo ma unicamente quello di precisare che l’amministrazione, estranea al contratto di appalto che intercorre tra soggetto attuatore e impresa affidataria dei lavori, non potrà essere considerata in alcun modo debitrice del soggetto affidatario.

Ancora prosegue parte ricorrente affermando che dalla convenzione si evincerebbe che il valore delle opere a scomputo sarebbe quello desumibile dai progetti esecutivi.

In verità l’art. 6.1 della convenzione che disciplina espressamente gli oneri a scomputo prevede una stima immediata dal valore di tali opere, precisando che detta stima, nel suo importo definitivo, dovrà evincersi, appunto, dai progetti definitivi ancora non presenti all’atto di stipulazione della convenzione. Nel testo contrattuale si prende poi atto che il valore stimato delle opere risulta inferiore alla determinazione forfetaria degli oneri e si stabilisce che la quota di conguaglio verrà corrisposta in quattro rate a partire dal rilascio di ogni singolo permesso di costruire. Evidentemente la somma presa a riferimento in questa fase non potrà che essere quella desumibile dai progetti definitivi.

Precisa poi ulteriormente la convenzione che “eventuali economie accertate dall’atto unico di collaudo emesso a titolo patrimoniale saranno corrisposte dall’attuatore in unica soluzione”. In sostanza la convenzione prevede appositamente un conguaglio a favore dell’amministrazione ove il costo effettivo delle opere sia risultato inferiore a quello atteso in base alla progettazione. Non pare invece condivisibile l’assunto di parte ricorrente, secondo cui l’inciso, che descrive un meccanismo generale e coerente – anche con la normativa pertinente – avrebbe inteso disciplinare la sola ipotesi di mancata realizzazione di talune delle opere. Tale limitazione non si evince né dalla lettera né dalla ratio della disposizione.

In conclusione, tanto l’interpretazione della normativa applicabile quanto quella delle disposizioni della convenzione urbanistica che vincola le parti, portano il collegio a preferire la soluzione interpretativa proposta dall’amministrazione, secondo cui i risparmi di spesa derivanti dal ribasso ottenuto in asta per la realizzazione delle opere a scomputo incidono sulla valorizzazione delle stesse nell’ambito dei rapporti tra amministrazione e soggetto attuatore.

Il ricorso deve quindi essere respinto.

La novità della questione giustifica la compensazione delle spese di lite.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto,

respinge il ricorso;

compensa le spese di lite.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Torino nella camera di consiglio del giorno 27 aprile 2017 con l’intervento dei magistrati:

Carlo Testori, Presidente
Savio Picone, Consigliere
Paola Malanetto, Consigliere, Estensore

L’ESTENSORE
Paola Malanetto
        
IL PRESIDENTE
Carlo Testori
        
        
IL SEGRETARIO

 

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