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Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Diritto urbanistico - edilizia Numero: 781 | Data di udienza: 12 Giugno 2019

* DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Distanza minima di dieci metri tra pareti finestrate di edifici antistanti – Art 9 D.M. 1444/1968 – Interventi di ampliamento su edifici preesistenti – Mantenimento della distanza esistente.


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 2^
Regione: Piemonte
Città: Torino
Data di pubblicazione: 4 Luglio 2019
Numero: 781
Data di udienza: 12 Giugno 2019
Presidente: Testori
Estensore: Limongelli


Premassima

* DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Distanza minima di dieci metri tra pareti finestrate di edifici antistanti – Art 9 D.M. 1444/1968 – Interventi di ampliamento su edifici preesistenti – Mantenimento della distanza esistente.



Massima

 

TAR PIEMONTE, Sez. 2^ – 4 luglio 2019, n. 781


DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Distanza minima di dieci metri tra pareti finestrate di edifici antistanti – Art 9 D.M. 1444/1968 – Interventi di ampliamento su edifici preesistenti – Mantenimento della distanza esistente.

La distanza minima di 10 metri tra pareti finestrate di edifici antistanti prescritta dall’art. 9 del D.M. 1444/1968, in quanto volta alla salvaguardia di imprescindibili esigenze igenico-sanitarie, è inderogabile, pena l’annullamento o la disapplicazione degli strumenti urbanistici e dei regolamenti contrastanti. Essa, peraltro, si applica soltanto in caso di nuove costruzioni, a cui può essere equiparata la ristrutturazione urbanistica; negli altri casi, ove si tratti di edifici preesistenti, va mantenuta la distanza esistente. In altre parole, se l’intervento di ampliamento avviene su un immobile che già si colloca a distanza inferiore a 10 metri da quello confinante, non si applica la distanza minima di 10 metri ma quella inferiore preesistente.

Pres. Testori, Est. Limongelli – S.G. e altro (avv. Scancarello) c. Comune di Rivoli (avv. Gambino)


Allegato


Titolo Completo

TAR PIEMONTE, Sez. 2^ - 4 luglio 2019, n. 781

SENTENZA

 

TAR PIEMONTE, Sez. 2^ – 4 luglio 2019, n. 781

Pubblicato il 04/07/2019

N. 00781/2019 REG.PROV.COLL.
N. 00175/2014 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 175 del 2014, integrato da motivi aggiunti, proposto da
Salli Giovanni e Baruzzi Paola, rappresentati e difesi dall’avvocato Franco Scancarello, con domicilio eletto presso il suo studio in Torino, via Pietro Palmieri, 40;

contro

Comune di Rivoli, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Maria Giovanna Gambino, domiciliato presso la Segreteria del T.A.R. Piemonte in Torino, via Confienza, 10;

nei confronti

Di Muro Potito, rappresentato e difeso dall’avvocato Antonio Ferrara, con domicilio eletto presso il suo studio in Torino, corso Enrico De Nicola, 28;

per l’annullamento

a) con il ricorso introduttivo:

– del permesso di costruire n. 83/12S rilasciato dal Comune di Rivoli ai signori Di Muro Potito e Galli Grazia per la regolarizzazione di opere eseguite in assenza di permesso di costruire;

– degli atti tutti antecedenti, preordinati, consequenziali e comunque connessi del procedimento,

– ed ancora per la condanna del Comune di Rivoli al risarcimento del danno cagionato ai ricorrenti nella misura di euro 33.000,00 o alla veriore somma da determinarsi in corso di causa;

b) con motivi aggiunti depositati in data 24 aprile 2014:

– della disposizione di direzione n. 8 del 28 febbraio 2011, con cui la Città di Rivoli, Direzione Risorse Umane, Servizi a cittadini e imprese, dispone, oltre al resto, la gestione delle commissioni tecniche con particolare riferimento alla Commissione Igienico Edilizia,

– della relazione del tecnico istruttore riservata agli uffici tecnici comunali nella pratica n. 83/12S del 12 ottobre 2012, con cui viene espresso parere favorevole all’accoglimento della domanda dai signori DI MURO e non viene acquisito il parere della Commissione Igienico Edilizia;

c) con i motivi aggiunti depositati in data 23 ottobre 2014:

– del permesso di costruire n. 83/12S RINNOVO, rilasciato il 1° settembre 2014 a favore dei Sigg.ri DI MURO Potito e GALLI Grazia con cui il Dirigente di Direzione della Città di Rivoli, vista la domanda presentata il 29 luglio 2014, rinnova il permesso di costruire n. 83/12S rilasciato in data 5 giugno 2013 per eseguire lavori di recupero ai fini abitativi di sottotetto (parte in sanatoria ai sensi dell’art. 36 D.P.R. 380/2001) ai sensi della legge regionale 21/98 e s.m.i. in fabbricato di civile abitazione in Via Boves n. 14;

d) con motivi aggiunti depositati in data 12 maggio 2017:

– del permesso di costruire n. 09/15, rilasciato il 15 aprile 2015 e soltanto di recente noto, con cui il Dirigente di direzione Servizio al Territorio, Servizio Edilizia Privata della Citta di Rivoli assente a favore dei Signori DI MURO e GALLI l’intervento edificatorio in variante al permesso di costruire n. 83/12S (Rinnovo) per recupero sottotetto ai fini abitativi (parte in sanatoria ai sensi art. 36 D.P.R. 380/2001) ai sensi della L.R. 21 /98 e s.m.i. in fabbricato di civile abitazione in Via Boves n. 14, foglio di mappa n. 15-part. 250, in conformità al progetto allegata alla domanda stessa,

– ed ancora per l’accertamento della illegittimità del comportamento della Citta di Rivoli per non avere adempiuto il proprio potere-dovere di controllo e per non avere impedito al Signor DI MURO Potito di eseguire i lavori di cui alla SCIA 10030 presentata il 26 aprile 2016 in variante al permesso di costruire n. 09/2015 del 15 aprile 2015, già in variante al permesso di costruzione n. 83/12S del 5 giugno 2013 con rinnovo del 1° settembre 2014;

e) con motivi aggiunti depositati in data 21 giugno 2017:

– del provvedimento senza data, privo di riferimenti identificativi, pervenuto ai ricorrenti via pec il 19 maggio 2017, con cui il Responsabile del Servizio Urbanistica ed Edilizia della Citta di Rivoli, in esito all’istanza di autotutela presentata dai ricorrenti, comunica di non considerare la rimessa in pristino delle opere che hanno formate oggetto della SCIA 10030 del 26 aprile 2016.

Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Rivoli e del sig. Potito Di Muro;
Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 12 giugno 2019 il dott. Ariberto Sabino Limongelli e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1. Antefatto.

1.1. I signori Salli Giovanni e Baruzzi Paola sono proprietari di un terreno e del sovrastante fabbricato di civile abitazione siti in Rivoli, via Fiano n. 10, in forza di atto pubblico di compravendita del 14 luglio 2008.

1.2. Con atto del 19 gennaio 2009, essi esponevano al Comune di Rivoli che nei mesi successivi all’acquisto, presso l’edificio confinante con il proprio, sito in via Boves n. 14, di proprietà dei signori Di Muro Potito e Galli Grazia, era sorta “una nuova struttura muraria esterna con sovrastante terrazzo, scalinate, pilastri e finestre”, “a pochi metri” dal muro perimetrale della casa di loro proprietà; chiedevano quindi all’amministrazione in forza di quali “parametri” l’amministrazione avesse concesso l’autorizzazione per l’elevazione dell’edificio confinante e la realizzazione delle opere in questione.

1.3. Il Comune eseguiva un sopralluogo in data 26 febbraio 2009, in occasione del quale accertava che sull’edificio di proprietà dei signori Di Muro e Galli erano state eseguite opere in assenza del permesso di costruire, e precisamente:

1) realizzazione di pareti perimetrali di tamponamento della struttura del piano sottotetto non abitabile (quest’ultimo già oggetto di permesso di costruire in sanatoria del 3 agosto 2007 per “modifica della sagoma del tetto + ampliamento della sua soletta e realizzazione di nuovi pilastri”);

2) realizzazione di tramezzature e predisposizione di impianti al piano sottotetto, opere finalizzate alla realizzazione di locali da adibire ad uso abitativo con accesso indipendente attraverso scala esterna;

3) opere di finitura esterna del fabbricato e della struttura oggetto di sanatoria n. 2/07, attraverso la realizzazione di ampliamento del porticato, rivestimento pilastri in muratura, completamento della copertura e del terrazzo al piano primo, creazione di scala esterna di accesso al piano sottotetto, rivestimento del basso fabbricato esistente oggetto di domanda di condono n. 602/04 e creazione di terrazzo sulla copertura del basso fabbricato stesso, opere di rifinitura e completamento delle parti e strutture realizzate;

4) realizzazione di opere esterne al fabbricato, consistenti nella realizzazione di opere di rinterro per il livellamento del terreno circostante il fabbricato stesso.

1.4. Alla luce di quanto accertato, con ordinanza dirigenziale n. 187 del 19 marzo 2009 l’amministrazione ordinava la demolizione delle opere abusive e il ripristino dello stato dei luoghi.

1.5. Il 12 maggio 2009 i signori Di Muro e Galli presentavano istanza volta al rilascio del permesso di costruire in sanatoria per le opere oggetto dell’ordinanza di demolizione. L’istanza proponeva, in particolare, la conservazione dell’ampliamento del corpo di fabbrica principale realizzato attraverso l’ispessimento dei muri di tamponamento del sottotetto, l’ampliamento di quest’ultimo, la realizzazione di una scala esterna per consentire l’accesso al sottotetto e la creazione di aperture esterne (finestre e porte).

1.6. Nelle more di tale procedimento, i proprietari confinanti Salli e Baruzzi notificavano in data 6 ottobre 2010 all’amministrazione comunale un atto di diffida, sollecitando l’immediata esecuzione dell’ordinanza di demolizione e opponendosi alla sanatoria degli abusi. Non avendo ottenuto riscontro, i medesimi adivano questo TAR ai sensi dell’art. 117 c.p.a., con ricorso notificato il 7 dicembre 2010, per l’accertamento dell’illegittimità del silenzio della P.A. e la condanna a provvedere. Con sentenza n. 207 del 25 febbraio 2011, questo TAR accoglieva il ricorso e ordinava all’amministrazione di avviare il procedimento di acquisizione ex art. 31 DPR 380/01 entro 60 giorni della notifica della sentenza.

1.7. Con provvedimento dirigenziale del 13 aprile 2011, l’amministrazione respingeva la domanda di sanatoria presentata dai signori Di Muro e Galli, ritenendola “in parte in contrasto con gli articoli 2.8 e 2.11 del PRGC, in parte con la L.R. 20/09”. Nella motivazione del diniego, l’amministrazione rilevava, in particolare, la mancanza nel progetto allegato di dati attendibili in ordine alla distanza tra pareti finestrate; la mancanza di assenso dei vicini alla riduzione della distanza tra i fabbricati; la non ammissibilità della scala esterna in quanto a distanza inferiore a 10 metri dal fabbricato frontistante; l’inapplicabilità della L.R. n. 20/09 sul recupero dei sottotetti, in quanto il sottotetto realizzato alla data del 31 dicembre 2008 era solo una struttura senza tamponamenti (come da sanatoria 2/07S), non essendo stata comunicata la fine lavori della DIA 6668, ed anzi essendo stata emessa ordinanza di demolizione in data 19 marzo 2009 per opere eseguite in difformità dalla stessa DIA.

1.10. Quindi, con successivo atto del 20 aprile 2011, l’amministrazione avviava il procedimento di acquisizione ex art. 31 DPR 380/2001.

1.11. Il 27 settembre 2011, il sig. Di Muro presentava una nuova domanda di sanatoria (n. 79/11), intesa ad ottenere il permesso di costruire in parziale sanatoria per le opere oggetto del provvedimento di demolizione n. 187/09; in particolare, l’istanza si riferiva al “recupero ad uso abitativo di sottotetto esistente in edificio civile ai sensi della L.R. 21/98”.

1.12. Il procedimento, al quale partecipavano anche i controinteressati sig.ri Salli e Baruzzi (presentando osservazioni), si concludeva con un nuovo provvedimento di diniego in data 2 aprile 2012.

1.13. In data 26 aprile 2012, i signori Di Muro e Galli comunicavano all’amministrazione l’intenzione di procedere alla regolarizzazione delle opere oggetto dell’ordinanza di demolizione attraverso la demolizione della scala esterna e la presentazione di una istanza di sanatoria ai sensi della L.R. n. 21/98 ai fini del recupero del sottotetto. Evidenziavano anche di essere giunti a tale determinazione a seguito della proposta di transazione, “sproporzionata e alquanto inaccettabile”, pari a circa € 90.000,00, pervenuta dai controinteressati.

1.14. Il 12 settembre 2012 i sig.ri Di Muro e Galli presentavano istanza n. 83/12 per il recupero del sottotetto ai sensi della L.R. 21/98, in parte a sanatoria ex art. 36 del DPR 380/2001, allegando documentazione attestante l’avvenuta demolizione della scala esterna posta in prossimità del confine con la proprietà Salli-Baruzzi.

1.15. In data 5 giugno 2013 il Comune rilasciava il permesso di costruire in sanatoria n. 83/12S per la regolarizzazione delle opere eseguite in assenza del permesso di costruire, in particolare quelle di cui ai punti 1 e 2 dell’ordinanza di demolizione, relativi alle opere eseguite nel sottotetto. Le opere abusive di cui ai punti 3 e 4, invece, non essendo più perseguibili con l’ordine di demolizione – alla luce della intervenuta sanatoria del sottotetto – sarebbero state successivamente sanzionate con l’irrogazione di una sanzione pecuniaria di € 5.160,00, con ordinanza dirigenziale del 5 febbraio 2014.

2. Il ricorso introduttivo del presente giudizio.

Con ricorso notificato il 24-27 gennaio 2014 e depositato il 17 febbraio 2014, i sig.ri Salli Giovanni e Baruzzi Paola impugnavano il permesso di costruire in sanatoria n. 83/12S del 5 giugno 2013 e ne chiedevano l’annullamento sulla base di tre motivi, con i quali deducevano vizi di violazione di legge e di eccesso di potere sotto plurimi profili, così riassumibili:

2.1) il provvedimento impugnato è stato adottato senza prima acquisire il parere obbligatorio, anche se non vincolante, della Commissione Edilizia, in violazione di quanto espressamente prescritto dall’art. 3, comma 5 del vigente Regolamento Igienico Edilizio comunale; la stessa Commissione Edilizia, del resto, si era pronunciata sulle precedenti istanze di sanatoria dei sig.ri Di Muro e Galli, a cominciare da quella sfociata nel rilascio del permesso di costruire in sanatoria n. 2/07S del 3 agosto 2007;

2.2) gli interventi abusivi oggetto del provvedimento impugnato violano la distanza minima di 10 metri tra fabbricati (tra pareti finestrate e pareti di edifici antistanti) prescritta dall’art. 9 del D.M. 1444/68 e dall’art. 51 comma 2 del Regolamento Igienico Edilizio comunale, in tutti i casi di nuova costruzione o di ristrutturazione urbanistica; analoga previsione è contenuta nell’art. 2.11 delle NTA del vigente PRGC, che fa salva solo l’ipotesi di un accordo tra i confinanti (nel caso di specie non intervenuto) per la riduzione della distanza; di qui anche un profilo di contraddittorietà del provvedimento impugnato rispetto agli atti precedenti, di segno contrario, adottati dall’amministrazione;

2.3) violazione della L.R. n. 21 del 1998 sul recupero a fini abitativi dei sottotetti; l’art. 2 di tale legge consente il recupero delle unità immobiliari catastalmente autonome con destinazione d’uso residenziale; nel caso di specie, alla data del 31 dicembre 2008 il sottotetto era ancora privo di tamponamenti ed era privo di destinazione d’uso residenziale; le opere di tamponamento sono state realizzate in data successiva al 31 dicembre 2008; del resto, è stata la stessa amministrazione comunale a formulare tali rilievi nella nota del 13 aprile 2011 (doc. 19) in riscontro alla domanda di sanatoria presentata dai signori Di Muro e Galli il 18 giugno 2009; di qui anche un profilo di contraddittorietà tra più atti della stessa amministrazione; da ultimo, la L.R. 3/13, all’art. 5, esclude che gli interventi previsti dalla L.R. 20/09 possano essere realizzati su edifici eseguiti in assenza o in difformità anche parziale dal titolo abilitativo.

Oltre all’annullamento del provvedimento impugnato, i ricorrenti formulavano domanda risarcitoria nella misura di € 33.000,00 o nella maggiore somma da determinarsi in corso di causa.

In via istruttoria, chiedevano disporsi CTU al fine di verificare le distanze tra i fabbricati e determinare l’entità dei danni subiti dai ricorrenti.

2.4. Si costituiva in giudizio il Comune di Rivoli, depositando documentazione e resistendo al ricorso con memoria difensiva, eccependo preliminarmente l’inammissibilità del ricorso per la mancata indicazione della data in cui i ricorrenti avrebbero acquisito la piena conoscenza del provvedimento impugnato, e ciò ai fini della verifica della tempestività del ricorso; in subordine, nel merito, contestando il fondamento del ricorso e chiedendone il rigetto.

2.5. Si costituiva anche il controinteressato sig. Di Muro Potito, depositando documentazione e memoria difensiva, svolgendo eccezioni in rito e nel merito analoghe a quelle dell’amministrazione comunale.

3. Il primo atto di motivi aggiunti.

3.1. Con un primo atto di motivi aggiunti notificato il 1° aprile 2014 e ritualmente depositato, i ricorrenti impugnavano due atti depositati in giudizio dall’amministrazione comunale, e precisamente: 1) la disposizione di direzione n. 8 del 28 febbraio 2011, relativa alla corretta interpretazione dell’art. 3 del Regolamento Igienico Edilizio comunale in ordine ai casi in cui è obbligatorio il parere della C.I.E.; 2) la relazione del tecnico dei sig.ri Di Muro-Galli del 12 ottobre 2012 allegata all’istanza di sanatoria n. 83/12 del 12 settembre 2012; nei confronti del primo provvedimento, i ricorrenti estendevano la medesima censura di cui al primo motivo del ricorso introduttivo; nei confronti del secondo, estendevano tutte e tre le censure formulate con il ricorso introduttivo.

3.2. Con successivo atto depositato il 16 giugno 2014, i ricorrenti chiedevano la sospensione dell’esecuzione dei provvedimenti impugnati.

3.3. Con ordinanza n. 268 del 10 luglio 2014, la Sezione respingeva la domanda cautelare per mancanza del requisito del periculum in mora, “rilevato che le opere esterne di tamponamento della struttura esistente appaiono già realizzate”.

4. Il secondo atto di motivi aggiunti.

Con un secondo atto di motivi aggiunti notificato in data 1-2 ottobre 2014 e ritualmente depositato, i ricorrenti impugnavano il provvedimento comunale del 1° settembre 2014 di rinnovo del permesso di costruire n. 83/12S rilasciato dall’amministrazione comunale ai signori Di Muro e Galli, in accoglimento dell’istanza formulata dagli interessati in data 29 luglio 2014.

4.1. Con un primo motivo, i ricorrenti deducevano l’illegittimità di tale provvedimento, in quanto rilasciato a fronte di una istanza formulata dopo che il titolo abilitativo era ormai decaduto per mancato inizio dei lavori entro il termine perentorio del 5 giugno 2014 fissato nel permesso di costruire, e senza alcuna motivazione riferita ad esigenze particolari sopravvenute indipendenti dalla volontà dei richiedenti.

4.2. Con gli altri tre motivi, i ricorrenti estendevano al provvedimento impugnato, quali vizi di illegittimità derivata, le medesime censure formulate nei confronti del titolo abilitativo originario.

Rinnovavano la domanda cautelare.

4.3. Con ordinanza n. 424 del 6 novembre 2014, la Sezione respingeva nuovamente la domanda cautelare con motivazione analoga a quella della precedente pronuncia cautelare.

5. Il terzo atto di motivi aggiunti.

Con un terzo atto di motivi aggiunti, notificato il 14-19 aprile 2017 e ritualmente depositato, i ricorrenti impugnavano ulteriori provvedimenti acquisiti in esito a tre istanze di accesso formulate in data 31 gennaio 2017, 17 marzo 2017 e 4 aprile 2017, e precisamente il permesso di costruire n. 09/15 del 15 aprile 2015 “in variante” al permesso di costruire n. 83/12S (tre finestre in luogo dell’unica autorizzata con il p.d.c. in sanatoria n. 83/2012S), e la SCIA “in variante” al PDC n. 09/2015 del 26 aprile 2016 (riduzione delle dimensioni delle tre finestre), entrambi relativi alla realizzazione nel sottotetto di tre nuovi serramenti in sostituzione di quelli precedentemente previsti.

Nei confronti dei provvedimenti impugnati, i ricorrenti articolavano soltanto censure di illegittimità derivata.

6. Il quarto atto di motivi aggiunti.

6.1. Infine, con un quarto atto di motivi aggiunti, notificato in data 8-10 giugno 2017 (al Comune) e in data 8-9 giugno 2017 (al controinteressato) e ritualmente depositato, i ricorrenti impugnavano il provvedimento privo di data, ricevuto via PEC in data 19 maggio 2017, con cui l’amministrazione comunale aveva respinto l’istanza dei medesimi di annullamento/inibizione in autotutela della SCIA in variante n. 10030 del 26 aprile 2016, sul rilievo che nel caso di specie non troverebbero applicazione le norme relative alle distanze tra pareti finestrate perché le tre nuove finestre sul sottotetto di proprietà dei sig.ri Di Muro/Galli si aprirebbero ad una quota altimetrica superiore a quella dell’edificio di proprietà dei ricorrenti.

Anche nei confronti di quest’ultimo provvedimento, i ricorrenti deducevano unicamente censure di illegittimità derivata.

6.2. Per la trattazione del merito del ricorso e dei motivi aggiunti era fissata l’udienza pubblica del 12 giugno 2019, in prossimità della quale la difesa di parte ricorrente integrava i propri atti depositando una memoria conclusiva.

6.3. All’udienza pubblica del 12 giugno 2019, la causa, in assenza di ulteriori allegazioni difensive del Comune e del controinteressato, veniva trattenuta per la decisione.

Decisione.

7. L’eccezione preliminare di tardività formulata dalla difesa del Comune e del controinteressato è infondata, essendo onere dei deducenti quello di provare il fondamento della propria eccezione, e quindi la data in cui i ricorrenti avrebbero acquisito la piena conoscenza del provvedimento impugnato.

Per contro, i ricorrenti hanno documentato di aver acquisito conoscenza dell’atto impugnato con il ricorso introduttivo soltanto in occasione dell’accesso agli atti eseguito presso gli uffici comunali in data 17 dicembre 2013: data rispetto alla quale il ricorso è tempestivo.

Nel merito, il ricorso è fondato nei termini e nei limiti qui di seguito precisati.

8. La controversia in esame attiene ai lavori abusivi eseguiti dai signori Di Muro e Galli sul fabbricato di loro proprietà, frontistante quello di proprietà dei ricorrenti, con particolare riferimento a quelli concernenti l’ampliamento del sottotetto (realizzato attraverso l’ispessimento delle pareti perimetrali) e la modifica (con opere) della sua destinazione d’uso da “sgombero” ad “abitativo”.

I lavori abusivi, accertati dall’amministrazione comunale nel febbraio del 2009 a seguito di un esposto degli odierni ricorrenti, sono stati oggetto dell’ordinanza di demolizione n. 187 del 19 marzo 2009, a cui hanno fatto seguito tre successive istanze di sanatoria proposte dagli intimati: la prima del 12 maggio 2009, respinta dall’amministrazione con provvedimento del 13 aprile 2011; la seconda del 27 settembre 2011, respinta con provvedimento del 2 aprile 2012; la terza, infine, del 26 aprile 2012, accolta con il rilascio del permesso di costruire in sanatoria n. 83/12S del 5 giugno 2013, impugnato dai ricorrenti con il ricorso introduttivo.

Osserva il collegio che, dall’esame degli atti di causa, non è dato comprendere in che modo, sulla base di quali elementi istruttori e di quali motivazioni l’amministrazione abbia ritenuto di poter superare, in occasione del rilascio del permesso in sanatoria n. 83/12S, i rilievi ostativi che nelle due precedenti occasioni l’avevano indotta a respingere le analoghe domande dei signori Di Muro e Galli.

8.1. Il profilo di maggiore criticità è certamente quello relativo alla distanza del fabbricato di proprietà Di Muro/Galli, come risultante a seguito dei lavori di ampliamento del sottotetto, dalla parete finestrata del frontistante fabbricato di proprietà dei ricorrenti. Secondo i ricorrenti, gli interventi abusivi oggetto del provvedimento impugnato violerebbero la distanza minima di 10 metri tra fabbricati (tra pareti finestrate e pareti di edifici antistanti) prescritta dall’art. 9 del D.M. 1444/68 e dall’art. 51 comma 2 del Regolamento Igienico Edilizio comunale, in tutti i casi di nuova costruzione o di ristrutturazione urbanistica; analoga previsione è contenuta nell’art. 2.11 delle NTA del vigente PRG del Comune di Rivoli, che fa salva solo l’ipotesi di un accordo tra i confinanti (nel caso di specie non intervenuto) per la riduzione della distanza; nel caso di specie, gli interventi eseguiti dai controinteressati avrebbero comportato non soltanto la ristrutturazione parziale degli immobili di proprietà, ma anche il sensibile ampliamento del corpo di fabbrica, con l’ispessimento delle pareti del sottotetto, e quindi con una sensibile riduzione delle distanze preesistenti; a conforto della censura i ricorrenti hanno prodotto una perizia di parte (doc. 17), nella quale si afferma che il sottotetto di proprietà dei controinteressati è situato ad una distanza dal confine di metri 9,88 e l’ampliamento del basso fabbricato è a distanza di 6,70 metri; del resto, lo stesso Comune, in occasione di una precedente istanza di sanatoria (la n. 78/11S del 27 settembre 2011, poi respinta dall’amministrazione) aveva rilevato l’esigenza di verificare attraverso apposita planimetria il rispetto della distanza dai confini e delle confrontanze; e così anche in riferimento alla pratica n. 83/09S, dove l’amministrazione aveva respinto l’istanza proprio a causa del mancato rispetto delle distanze previste dalla normativa applicabile; di qui, secondo i ricorrenti, anche un profilo di contraddittorietà del provvedimento impugnato rispetto agli atti precedenti, di segno contrario, adottati dall’amministrazione.

La censura è fondata.

8.1.1. Secondo noti principi, la distanza minima di 10 metri tra pareti finestrate di edifici antistanti prescritta dall’art. 9 del D.M. 1444/1968, in quanto volta alla salvaguardia di imprescindibili esigenze igenico-sanitarie, è inderogabile, pena l’annullamento o la disapplicazione degli strumenti urbanistici e dei regolamenti contrastanti. Essa, peraltro, si applica soltanto in caso di nuove costruzioni, a cui può essere equiparata la ristrutturazione urbanistica; negli altri casi, ove si tratti di edifici preesistenti, va mantenuta la distanza esistente.

In termini analoghi dispone l’art. 51 del Regolamento Igienico Edilizio del Comune di Rivoli, il quale, dopo aver previsto, al comma 5, che “In tutti i casi di nuova costruzione o di ristrutturazione urbanistica è prescritta una distanza minima di mt. 10,00 tra pareti finestrate e pareti di edifici antistanti”, dispone al comma 7 che “Su tutto il territorio comunale la distanza minima di cui al comma 5 non trova applicazione nel caso di ampliamenti, sopraelevazioni ed altre trasformazioni che non comportino riduzione della distanza preesistente”.

In altre parole, se l’intervento di ampliamento avviene su un immobile che già si colloca a distanza inferiore a 10 metri da quello confinante, non si applica la distanza minima di 10 metri ma quella inferiore preesistente.

8.1.2. Nel caso di specie, è pacifico che la realizzazione da parte dei signori Di Muro/Galli della scala esterna di collegamento del pian terreno con il sottotetto del fabbricato di loro proprietà ha comportato la riduzione della distanza minima preesistente con il fabbricato di proprietà dei ricorrenti; ma, osserva la difesa comunale, tale scala è stata successivamente rimossa dai controinteressati tra l’aprile e il settembre 2012 (come documentato dai medesimi in occasione della presentazione della terza domanda di sanatoria), il che avrebbe giustificato il rilascio del permesso di sanatoria, essendo stata ripristinata integralmente la distanza preesistente

Il collegio non condivide la tesi della difesa comunale. Non è contestato che i lavori di ampliamento del sottotetto siano stati realizzati dai signori Di Muro/Galli attraverso un ispessimento dei muri perimetrali di tamponamento, il quale ha verosimilmente determinato la riduzione della distanza preesistente dal fabbricato frontistante di proprietà Salli/Baruzzi; e ciò è confermato dal fatto che la prima istanza di sanatoria presentata dai signori Di Muro/Galli nel maggio 2009 era stata respinta dall’amministrazione proprio a causa della mancata dimostrazione del rispetto di tale distanza; e anche in occasione della seconda istanza di sanatoria del 27 settembre 2011, il tecnico comunale Arch. Aruiuolo era tornato ad evidenziare tale profilo di criticità nella relazione a sua firma del 6 ottobre 2011 con riferimento sia alla “scala a giorno”, sia “ai due pilastri sorreggenti la scala”, sia all’”ispessimento del muro”, sottolineando la necessità di integrazioni istruttorie e documentali da parte dei richiedenti e ribadendo che “per quanto attiene alla distanza tra fabbricati occorre, ove minore alla distanza minima (10 metri) che venga rispettato l’art. 2.11 comma 1 delle NTA e l’art. 51 del RIE” (doc. 18 parte ricorrente); evidentemente i richiedenti non avevano successivamente provveduto a fornire all’amministrazione le integrazioni istruttorie e documentali richieste dal tecnico comunale, se è vero che anche la seconda istanza di sanatoria era stata respinta dall’amministrazione con provvedimento del 2 aprile 2012 (doc. 10 Comune) sul rilievo che “la distanza tra pareti finestrate per quanto riguarda la sagoma del corpo di fabbrica principale è stata indicata senza precisa analisi delle confrontanze, e in un punto di media distanza il dato fornito contrasta con precedenti pratiche (…) e tale dato è parzialmente contestato dai vicini (…).

8.1.3. Non è dato comprendere sulla base di quali sopravvenienze istruttorie e di quali ragioni giuridiche l’amministrazione abbia ritenuto di poter superare tale profilo di criticità all’atto di rilasciare il permesso di costruire in sanatoria n. 83/12S del 5 giugno 2013, il quale, al di là di un breve excursus dell’iter procedimentale, non appare assistito dalla benchè minima motivazione in grado di chiarire quello che appare un evidente profilo di contraddittorietà del comportamento dell’amministrazione comunale rispetto ai due dinieghi precedenti ; né giova la tesi sostenuta in giudizio dalla difesa comunale secondo cui con la rimozione della scala esterna di collegamento del pian terreno al sottotetto sarebbe venuto meno ogni problema di distanze tra i due fabbricati frontistanti, tenuto conto che, come detto, resta il profilo relativo alla riduzione della distanza verosimilmente indotta dall’ispessimento delle pareti perimetrali del sottotetto, come documentato dai ricorrenti nella perizia di parte prodotta in giudizio, non smentita dall’amministrazione con pertinenti controdeduzioni.

8.1.4. Agli atti di causa (doc. 13 del controinteressato) risulta la nota prot. n. 36511 dell’11 agosto 2010 con cui il Comune di Rivoli, rispondendo ad una richiesta di informazioni degli odierni ricorrenti sulla precedente sanatoria n. 2/07S, affermava quanto segue: “La minor distanza tra fabbricati relativa alla struttura del sottotetto dei signori Di Muro sul fronte est è stata sanata in quanto la sua distanza dal confine era dichiarata essere superiore a 5 mt, e la sua minor distanza dal fabbricato fronte est non contrastava con il disposto dell’art. 51 del RIE (comma 7) che prevedeva che la distanza minima dei 10 mt non trovasse applicazione nel caso di sopraelevazione non comportante una riduzione delle distanze precedenti”.

Tale documento appare, tuttavia, di scarso rilievo tenuto conto che il suo contenuto appare palesemente contraddetto dal comportamento successivo dell’amministrazione comunale, che per ben due volte, nel 2011 e nel 2012, ha respinto le domande di sanatoria dei controinteressati proprio in considerazione della mancata dimostrazione del rispetto della distanza minima dal fabbricato frontistante di proprietà dei ricorrenti.

8.2. La contraddittorietà del comportamento comunale appare confermata anche in relazione al profilo concernente la ritenuta applicabilità della normativa regionale sul recupero dei sottotetti, laddove in occasione delle due precedenti istanze di sanatoria la medesima normativa era stata ritenuta inapplicabile per assenza dei presupposti di legge. Anche in tal caso, nel provvedimento impugnato con il ricorso introduttivo manca la benchè minima motivazione in ordine alle ragioni del mutato orientamento dell’amministrazione; né giovano le deduzioni difensive della difesa comunale, non potendo ritenersi ammissibile un’integrazione motivazionale postuma in sede giudiziale, pena la violazione del principio del buon andamento dell’amministrazione, dell’esigenza di delimitazione del controllo giudiziario e del diritto di difesa della parte privata lesa dall’atto impugnato (Consiglio di Stato, sez. VI, 04/01/2019, n. 103).

8.3. Non appare invece fondato il primo motivo di ricorso, relativo alla mancata acquisizione del parere obbligatorio della Commissione Igienico Edilizia comunale.

L’art. 3 comma 1 del vigente Regolamento Igienico Edilizio del Comune di Rivoli prevede che la C.I.E. esprime parere preventivo obbligatorio non vincolante nei casi tassativi specificamente indicati nella norma stessa, vale a dire per:

a) i progetti di opere pubbliche; gli strumenti urbanistici, generali ed esecutivi e le loro varianti; gli strumenti urbanistici attuativi di iniziativa pubblica e privata; le concessioni convenzionate; gli interventi su immobili di particolare interesse storico, artistico e documentario; i procedimenti che riguardano immobili che per le loro caratteristiche richiedano un parere di compatibilità architettonica ed ambientale su valutazione del responsabile del procedimento;

b) l’assunzione di provvedimenti di annullamento o revoca degli atti di assenso già rilasciati.

I progetti relativi ad interventi edilizi ordinari non sono quindi soggetti al parere preventivo obbligatorio della C.I.E. salvo che ciò non sia ritenuto necessario dal responsabile del procedimento, con valutazione discrezionale, in relazione alla particolari “caratteristiche” degli immobili interessati.

La norma è stata oggetto della circolare interpretativa n. 8 del 28 febbraio 2011 del Dirigente della Direzione Risorse Umane del Comune di Rivoli, la quale, al fine di dettare un criterio uniforme e trasparente di esercizio della predetta discrezionalità, ha precisato che sono “da esaminare in CIE” “tutti i permessi di costruire convenzionati, i soli permessi di costruire che riguardano la nuova costruzione di un immobile”, mentre “non sono da valutare in CIE le pratiche (permessi, DIA, CIL, SCIA) che riguardano interventi sull’esistente o pertinenziali”.

Nel caso di specie, non era quindi obbligatorio il rilascio del parere preventivo della C.I.E., non rientrando l’intervento oggetto della domanda di sanatoria (qualificabile come ristrutturazione edilizia di un immobile esistente) tra quelli oggetto di parere preventivo obbligatorio da parte della C.I.E. E ciò si evince, sia dal contenuto dell’art. 3 comma 1 del Regolamento sopra citato, non rientrando in alcuno dei casi tassativi ivi specificati; sia anche dalla circolare interpretativa n. 8/2011, visto che l’intervento attiene ad un immobile già esistente e non ad una nuova costruzione.

L’impugnazione della circolare interpretativa (primo atto di motivi aggiunti) è infondata dal momento che la stessa si è limitata a dare corretta attuazione alla norma regolamentare, prevedendo unicamente un criterio uniforme e trasparente di esercizio della discrezionalità attribuita al responsabile del procedimento, in via residuale rispetto alle fattispecie tassative elencate.

Peraltro, neppure è dato riscontrare un profilo di contraddittorietà nel comportamento dell’amministrazione comunale, dal momento che anche in occasione delle due precedenti istanze di sanatoria (rigettate dall’amministrazione) il parere della C.I.E. non era stato acquisito.

9. Conclusioni.

9.1. Alla luce delle suesposte considerazioni, il ricorso introduttivo è fondato e va accolto limitatamente alle censure dedotte con il secondo e il terzo motivo; con conseguente annullamento del provvedimento impugnato e, per l’effetto, anche di quelli ulteriori e conseguenti impugnati con i motivi aggiunti, attinti da illegittimità derivata.

9.2. Resta salvo il potere dell’amministrazione comunale di rideterminarsi sulla (terza) domanda di sanatoria proposta dai signori Di Muro/Galli in data 12 settembre 2012 con provvedimento adeguatamente motivato in relazione a tutti i profili di criticità e di contraddittorietà rilevati nella presente sentenza, nel contraddittorio con i richiedenti e con i controinteressati sig.ri Salli/Baruzzi.

9.3. Attesa la natura della presente decisione, foriera di ulteriore attività procedimentale in capo all’amministrazione, va respinta, allo stato degli atti, la domanda risarcitoria proposta dai ricorrenti, per mancanza di prova sia in ordine al danno asseritamente subito, sia al carattere ingiusto del danno stesso.

9.4. Le spese di lite seguono la soccombenza sulla domanda principale di annullamento e sono liquidate in dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto e integrato da motivi aggiunti, lo accoglie e per l’effetto annulla gli atti impugnati nei sensi nei limiti e per gli effetti indicati in motivazione.

Respinge la domanda risarcitoria.

Condanna il Comune di Rivoli e il sig. Di Muro Potito a rifondere alla parte ricorrente le spese di lite, che liquida in € 3.000,00 (tremila/00), oltre oneri accessori, a carico di ciascuno di essi, oltre al rimborso del contributo unificato complessivamente pagato dai ricorrenti per la proposizione del ricorso introduttivo e dei motivi aggiunti.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Torino nella camera di consiglio del giorno 12 giugno 2019 con l’intervento dei magistrati:

Carlo Testori, Presidente
Paola Malanetto, Consigliere
Ariberto Sabino Limongelli, Consigliere, Estensore

L’ESTENSORE
Ariberto Sabino Limongelli
        
IL PRESIDENTE
Carlo Testori
        
        
IL SEGRETARIO

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