INQUINAMENTO DEL SUOLO – Procedimento di bonifica – Attività istruttoria – Partecipazione del soggetto interessato.
Provvedimento: Sentenza
Sezione: 1^
Regione: Piemonte
Città: Torino
Data di pubblicazione: 4 Novembre 2016
Numero: 1382
Data di udienza: 12 Ottobre 2016
Presidente: Giordano
Estensore: Pescatore
Premassima
INQUINAMENTO DEL SUOLO – Procedimento di bonifica – Attività istruttoria – Partecipazione del soggetto interessato.
Massima
TAR PIEMONTE, Sez. 1^ – 4 novembre 2016, n. 1382
INQUINAMENTO DEL SUOLO – Procedimento di bonifica – Attività istruttoria – Partecipazione del soggetto interessato.
L’attività istruttoria del procedimento di bonifica deve prevedere la partecipazione del soggetto interessato, in considerazione della rilevanza e dell’onerosità degli obblighi di ripristino che ne possono conseguire a suo carico. Detta esigenza è avvertita in particolar modo nella fase di espletamento degli accertamenti analitici ed è ispirata da evidenti ragioni di trasparenza, pubblicità ed imparzialità dell’azione amministrativa (T.A.R. Milano, sez. I, 06 luglio 2011, n. 1808; T.A.R. Parma, sez. I, 12 aprile 2011, n. 105; T.A.R. Toscana Sez. II 6.7.2010, n. 2316). In assenza di qualificate esigenze di speditezza, non può pertanto essere omesso il preavviso procedimentale ex art. 7, l. n. 241 del 1990.
Pres. Giordano, Est. Pescatore – T.M. (avv.ti Enoch e Mastroviti) c. Provincia di Biella (avv. Scaparone)
Allegato
Titolo Completo
TAR PIEMONTE, Sez. 1^ - 4 novembre 2016, n. 1382SENTENZA
TAR PIEMONTE, Sez. 1^ – 4 novembre 2016, n. 1382
Pubblicato il 04/11/2016
N. 01382/2016 REG.PROV.COLL.
N. 00743/2007 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 743 del 2007, proposto da:
Tabarelli Mara – in proprio e in qualità di legale rappresentante della Societa’ Biella Fancy Yarns di Tabarelli Mara & C. S.a.s, rappresentata e difesa dagli avvocati Franco Enoch e Francesca Mastroviti, con domicilio eletto presso quest’ultima in Torino, via Amedeo Peyron, 47;
contro
Provincia Biella, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall’avvocato Paolo Scaparone, con domicilio eletto presso il suo studio in Torino, via S. Francesco D’Assisi, 14;
nei confronti di
Societa’ Immobiliare 18 Snc di G. Bagna & C., Bagna Giampiero – non costituiti in giudizio;
per l’annullamento
– della determinazione n. 968 in data 26.3.2007, con la quale il Dirigente del Settore Tutela Ambientale e Agricoltura della Provincia di Biella ha diffidato la ricorrente, ai sensi dell’art. 244 del D.Lgs. 152/2006, e quale “responsabile della situazione di inquinamento relativa al terreno sito in Via Milano, n. 288 nel Comune di Vigliano Biellese, identificato al Foglio 12 particella 89, affinchè attivi le procedure di cui al Titolo V della parte quarta del D.Lgs. 152/2006 in materia di bonifica dei siti inquinati”; intimandole “di dare integralmente corso alle procedure di cui all’art. 242 del D.Lgs. dando immediatamente notizia … delle misure di prevenzione e di messa in sicurezza di emergenza adottate e presentando … entro il termine di 30 giorni a decorrere dalla data di notifica … il Piano della Caratterizzazione redatto conformemente all’allegato 2 del titolo V della parte quarta del D.Lgs. 152/2006 “;
– di ogni altro atto presupposto, conseguente e comunque connesso, ivi compresa, in particolare ed in quanto occorra, la nota prot. n. 7919 del 7.2.2007 avente ad oggetto “accertamenti su inquinamento falda presso stabile di proprietà Immobiliare 18 srl Vigliano Biellese”, allegata alla determinazione n. 968 in data 26.3.2007 e congiuntamente notificata alla ricorrente.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio della Provincia Biella;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 12 ottobre 2016 il dott. Giovanni Pescatore e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. Con ricorso ritualmente notificato e depositato, la ricorrente ha impugnato i provvedimenti del febbraio-marzo 2007, meglio indicati in epigrafe, con i quali la Provincia di Biella l’ha individuata quale responsabile di un inquinamento, segnalato nel giugno 2000 dalla Società Immobiliare 18 S.n.c. ed accertato da ARPA nel maggio 2001, relativo alla presenza di oli combustibili nel pozzo sito nell’immobile di proprietà della predetta Società Immobiliare, sito in Vigliano Biellese, via Milano n. 288.
2. La responsabilità della ricorrente viene argomentata dalla Provincia sulla base delle seguenti circostanze di fatto:
– la società Biella Fancy Yarns di Tabarelli Mara, nel periodo dall’11 febbraio 1992 al 31 dicembre 1997, ha svolto la propria attività di tintoria nei locali, di proprietà della Società Immobiliare 18, siti in Vigliano Biellese, via Cavour n. 25;
– all’epoca, in altri locali del medesimo capannone in cui operava la ricorrente, svolgeva la propria attività la Tintoria di Vigliano S.r.l.;
– in data 20 dicembre 1993, a causa di una rottura nella tubazione che conduceva la nafta alla caldaia utilizzata dalla ricorrente, si sono verificati una perdita e un successivo sversamento di combustibile nelle vasche della Tintoria di Vigliano;
– su questi presupposti di fatto, la Tintoria di Vigliano ha chiesto la condanna di Biella Fancy Yarns al risarcimento dei danni conseguenti al sinistro, e la richiesta è stata accolta con sentenza del Tribunale di Biella n. 51 del 30 novembre 2005, non appellata e passata in giudicato;
– in data 16 giugno 2000 è pervenuta all’amministrazione comunale una segnalazione da parte del sig. Giampiero Bagna (titolare della Società Immobiliare) circa la presenza di residui di oli pesanti nel pozzo di proprietà della Immobiliare 18 s.r.l., circostanza poi confermata dall’ARPA con nota dell’8 maggio 2001 (prot. n. 18713);
– nel corso dell’anno 2002 è stata quindi convocata la conferenza dei servizi per l’approvazione del Piano di caratterizzazione e il 29 novembre 2002 è stato approvato il progetto preliminare;
– con nota del 29 aprile 2004 prot. n. 26919 il Comune ha trasmesso una comunicazione della Società Immobiliare nella quale si dava atto che nel pozzo non erano apparentemente più presenti residui oleosi e che il fenomeno di inquinamento era rientrato;
– successivamente, con nota 23 luglio 2004 prot. n. 45833, l’ARPA di Biella ha trasmesso alla Provincia di Biella il proprio rapporto di prova recante l’esito delle analisi dell’acqua in cui si rappresentava la presenza di residui di idrocarburi in misura superiore ai limiti imposti dal d.m. n. 471/1999, rilevandosi contestualmente la necessità di proseguire con le operazioni di spurgo;
– a seguito di un secondo campionamento (di cui alla nota del 20 dicembre 2004, prot. n. 75116), l’ARPA ha rilevato concentrazioni ancora superiori, sollecitando la presentazione di un piano di bonifica;
– è quindi stato avviato, nei confronti del soggetto proprietario dell’area, il procedimento per l’approvazione del progetto di ripristino ambientale e messa in sicurezza permanente del sito in oggetto;
– attraverso ulteriori accertamenti condotti da ARPA nel corso del 2005 e del 2006 (di cui alle note del 6 e 28 settembre 2005 prot. n. 62003 e 65738, e del 25 maggio 2006, prot. n. 28927) è stata riscontrata la presenza di idrocarburi in misura superiore ai limiti di legge. Nel 2006 i valori, seppure superiori ai limiti, sono risultati “in netta attenuazione”;
– in tempi più recenti, chiamata a pronunciarsi sull’esistenza del nesso di causalità tra l’incidente occorso nel 1993 e il fenomeno di inquinamento oggetto del procedimento di bonifica avviato in capo alla società proprietaria dell’area, la Polizia Provinciale di Biella, nella nota prot. 7919 del 7 febbraio 2007, ha concluso che “dall’esame della documentazione reperita chi scrive è pervenuto alla conclusione che esistano tutte le condizioni (sia di tempo che di spazio) per affermare che si tratti dello stesso fatto”;
– su queste premesse, e considerando “parte integrante e sostanziale” della determinazione la citata sentenza del Tribunale di Biella n. 51 del 30 novembre 2005, la Provincia ha ritenuto la titolare di Biella Fancy Yarns obbligata alle opere di bonifica del sito inquinato.
3. Avverso le conclusioni accolte dalla Provincia è insorta la parte ricorrente, deducendo con il ricorso qui all’esame tre motivi di doglianza.
I) Con il primo motivo di impugnativa, la ricorrente lamenta violazione dei principi di buona amministrazione di cui all’art. 97 della Costituzione; la violazione e falsa applicazione dei principi e delle disposizioni di cui al d.lgs. 3.04.2006, n. 152, con particolare riferimento agli artt. 240, 242, 244 e 245; la violazione e falsa applicazione degli artt. 1576 e 1609 Cod. Civ.; l’eccesso di potere per carenza assoluta di istruttoria e di presupposti, erroneità, travisamento dei fatti, illogicità ed ingiustizia manifesta.
Sostiene in primo luogo che la Provincia non avrebbe svolto le “opportune indagini” previste dall’art. 244 d.lgs. n. 152/2006 e volte ad identificare il responsabile dell’inquinamento, ma, al contrario, si sarebbe limitata a ricondurre arbitrariamente la responsabilità dell’inquinamento alla signora Tabarelli sulla base della sola sentenza del Tribunale di Biella 30.11.2005 – passata in giudicato – che ha accettato la responsabilità della fuoriuscita di combustibile in capo alla parte conduttrice.
Tuttavia, secondo la tesi della ricorrente, il lungo tempo trascorso tra la fuoriuscita del carburante e la scoperta dei residui oleosi non consentirebbe di ricondurre con certezza la responsabilità dell’inquinamento alla signora Tabarelli. Inoltre, sempre secondo la prospettazione esposta in ricorso, anche la sentenza del Tribunale di Biella sarebbe errata là dove non tiene conto che l’obbligo di riparare gli impianti danneggiati grava ai sensi dell’art. 1609 cod. civ. in capo al proprietario dell’immobile e non al conduttore, quando il guasto derivi dalla vetustà degli stessi.
II) Il secondo motivo di impugnativa – relativo alla violazione e falsa applicazione dell’art. 3 e degli artt. 7 e ss. della L. 7 agosto 1990, n. 241, all’eccesso di potere per ulteriori carenza di istruttoria e di motivazione, ulteriore ingiustizia manifesta – è argomentato in relazione alla mancata instaurazione del necessario contraddittorio che deve caratterizzare la fase procedimentale di accertamento istruttorio delle responsabilità dell’inquinamento, oltre che in relazione all’assenza di qualsivoglia preventiva comunicazione di avvio del relativo procedimento amministrativo.
III) Con l’ultimo motivo di ricorso – per violazione e falsa applicazione, sotto ulteriori profili, degli artt. 240 e ss. del d.lgs. n. 152/2006 ed eccesso di potere per ulteriore carenza di presupposti, erroneità, illogicità e contraddittorietà – la ricorrente lamenta l’illogicità e la carenza di presupposti della impugnata Determinazione della Provincia di Biella, nella parte in cui le impone di procedere e di dare notizia all’Amministrazione “delle misure di prevenzione e di messa in sicurezza di emergenza adottate”, a giustificazione delle quali, tuttavia, non sussisterebbero i necessari presupposti, individuati dagli artt. 240 e ss. del d.lgs. n. 152/2006 nella sussistenza di “eventi di contaminazione repentini”.
4. Delle parti intimate si è costituita in giudizio la sola Provincia di Biella, controdeducendo con memoria del 29 agosto 2016 alle argomentazioni avversarie e depositando, oltre al provvedimento impugnato, due rapporti ARPA del luglio e del novembre 2015, attestanti la persistenza dell’inquinamento.
5. In assenza di istanze cautelari, la causa è stata discussa e posta in decisione all’udienza pubblica del 12 ottobre 2016.
DIRITTO
1. Il ricorso è fondato in relazione ai primi due motivi di ricorso.
2. Con riguardo al secondo motivo, che è utile anteporre al successivo per ragioni di ordine logico ed espositivo, il Collegio condivide la tesi di parte ricorrente secondo la quale non sussistevano condizioni di fatto che potessero giustificare l’esonero dal preavviso procedimentale ex art. 7, l. n. 241 del 1990.
Tale omissione non poteva essere giustificata in virtù di una supposta urgenza qualificata dell’azione amministrativa, essendo tale evenienza contraddetta sia dal lungo intervallo temporale intercorso tra i primi accertamenti in loco e l’ordinanza di diffida adottata nel 2007 e qui impugnata; sia dall’avvenuto inoltro della comunicazione di avvio del procedimento nei confronti del soggetto proprietario del sito, di cui vi è traccia nel corpo dell’ordinanza del 26 marzo 2007.
In ogni caso, detta urgenza, anche laddove ravvisata dall’amministrazione provinciale, avrebbe dovuto essere esplicitata in motivazione con puntuali riferimenti alle circostanze del caso concreto ed all’effettivo e comprovato rischio che potesse essere altrimenti pregiudicato l’interesse pubblico alla cui tutela l’intervento della pubblica amministrazione era preordinato.
Qualificate esigenze di speditezza e celerità dell’iter procedimentale non paiono desumibili neppure dall’imposizione, sempre contenuta nell’ordinanza impugnata, di misure di emergenza volte alla prevenzione e alla messa in sicurezza del sito, tali da giustificare, ai sensi dell’art. 7, comma 1, primo periodo, della l. n. 241/1990, l’omissione della comunicazione di avvio del procedimento e di tutta la fase di partecipazione al procedimento dei soggetti destinatari dell’ordine. Invero, come già esposto, la tempistica che ha caratterizzato l’azione amministrativa smentisce in sé l’attendibilità di ogni giustificazione basata sull’urgenza del provvedere. Inoltre, gli interventi emergenziali cui si fa riferimento nel provvedimento risultano indeterminati nel contenuto e del tutto eventuali nel se e nel quando, essendo rimessi all’iniziativa e ad una valutazione di necessità dello stesso soggetto destinatario dell’ordine: gli stessi, pertanto, non valgono a qualificare in termini di concretezza e attualità l’urgenza che astrattamente si ascrive a tale tipologia di interventi.
Infine, in senso contrario all’attuazione degli obblighi partecipativi non può rilevare neppure l’asserito carattere vincolato del procedimento, dovendosi ritenere, al contrario, che il lungo tempo trascorso dall’incidente del 1993 e l’ampia congerie di variabili potenzialmente implicate nel fenomeno di inquinamento, rendessero quantomeno opportuno il coinvolgimento in contraddittorio in ambito procedimentale dei soggetti potenziali destinatari dell’ordine di bonifica, onde consentire agli stessi di fornire all’amministrazione elementi di conoscenza e valutazione utili all’esercizio del suo potere discrezionale.
E’ di conforto alla soluzione qui accolta lo stesso orientamento della giurisprudenza amministrativa, favorevole a riconoscere che l’attività istruttoria del procedimento di bonifica debba prevedere la partecipazione del soggetto interessato, in considerazione della rilevanza e dell’onerosità degli obblighi di ripristino che ne possono conseguire a suo carico. Detta esigenza è avvertita in particolar modo nella fase di espletamento degli accertamenti analitici ed è ispirata da evidenti ragioni di trasparenza, pubblicità ed imparzialità dell’azione amministrativa (T.A.R. Milano, sez. I, 06 luglio 2011, n. 1808; T.A.R. Parma, sez. I, 12 aprile 2011, n. 105; T.A.R. Toscana Sez. II 6.7.2010, n. 2316).
3. Il carattere non vincolato dell’esito procedimentale è questione che si interseca con il primo motivo di ricorso, argomentato con riferimento alla violazione delle disposizioni di cui agli artt. 244 e 242 del d.lgs. n. 152/2006 – i quali stabiliscono, rispettivamente, l’obbligo in capo all’Amministrazione Provinciale di svolgere “le opportune indagini volte ad identificare il responsabile dell’evento” inquinante; e di condurre, a tal fine, una valutazione caso per caso “sulla base della storia del sito e delle attività ivi svolte nel tempo”.
Gli accertamenti condotti all’amministrazione non paiono avvalorare in termini di ragionevole certezza la dimostrazione del nesso di causalità tra la fuoriuscita di carburante verificatasi nel 1993 e l’inquinamento denunciato dalla proprietà nel 2000 ed oggetto del procedimento di bonifica nel 2007, sicché risulta smentito l’esito vincolato del procedimento.
Di scarsa rilevanza probatoria risulta innanzitutto la dichiarazione resa in tal senso dalla proprietà Immobiliare 18 nell’ambito del piano di caratterizzazione da questa presentato nel febbraio 2002, trattandosi di dichiarazione non meglio circostanziata e resa da un soggetto portatore di un interesse contrario a quello della Tabarelli.
Ad incrinare l’univocità delle risultanze probatorie raccolte dall’amministrazione provinciale concorrono, inoltre:
– il lungo lasso temporale intercorso tra l’episodio della fuoriuscita del carburante (1993), la cessazione del rapporto di locazione dell’immobile in capo alla ricorrente (1997), la denuncia del fenomeno di inquinamento (2000), i primi accertamenti di ARPA (2001) e il provvedimento di bonifica (2007);
– il fatto che i locali interessati dal fenomeno di inquinamento siano stati utilizzati da terzi soggetti a seguito della cessazione (nel 1997) del rapporto di locazione in essere con la Tabarelli. La circostanza, riferita nelle difese della parte ricorrente, non ha incontrato smentita alcuna da parte della Provincia;
– il mancato espletamento di accertamenti in contraddittorio con il soggetto destinatario dell’ordine di bonifica;
– l’andamento discontinuo delle risultanze probatorie acquisite nel corso degli anni 2001-2006, che, pur confermando la presenza di residui di oli pesanti nel pozzo di proprietà della Immobiliare 18 s.r.l., ne hanno rilevato apprezzabili variazioni quantitative. Così, se dai rapporti di prova resi dall’ARPA nel corso del 2004 è emersa la presenza di residui di idrocarburi in misura superiore ai limiti imposti dal d.m. n. 471/1999 (come da nota 23 luglio 2004 prot. n. 45833) ed un loro successivo incremento a seguito di un secondo campionamento (si veda la nota del 20 dicembre 2004, prot. n. 75116), nel 2006 i valori dell’inquinamento, seppure superiori ai limiti, sono risultati “in netta attenuazione” (cfr. nota ARPA prot. n. 28927 del 25 maggio 2006). Da ultimo, gli esiti degli accertamenti del 2015 hanno attestato “la presenza di un consistente strato di olio combustibile galleggiante in superficie” (rapporto ARPA del 9 luglio 2015).
A fronte di questa discontinuità del fenomeno, non constano rilievi dello stato dei luoghi che diano conto delle modifiche apportate all’impianto che causò l’incidente del 1993, o che descrivano il tipo di utilizzo cui i locali interessati dal fenomeno di inquinamento sono stati destinati nel corso degli anni; ovvero, ancora, che chiariscano, in relazione alla tipologia, alla natura e alla localizzazione degli oli combustibili, le ragioni che possono averne giustificato la permanenza in situ e le segnalate variazioni quantitative.
Ai fini della valutazione di adeguatezza del quadro istruttorio, peraltro, non pare che possa essere oltremodo accresciuta la rilevanza probatoria del giudicato civile formatosi sulla pronuncia del Tribunale di Biella del 2005, non potendosi dalla stessa desumere con certezza la sussistenza del nesso causale tra l’incidente verificatosi nel 1993 e l’inquinamento registratosi a distanza di anni.
È certamente plausibile che i due fenomeni siano in collegamento tra di loro, ma una puntuale attività istruttoria avrebbe imposto di fare chiarezza sulla eventuale concomitanza di ulteriori fattori causali, in modo da giustificare in modo motivato la circoscrizione dell’indagine sul nesso eziologico al solo episodio del 1993.
Il tenore delle considerazioni formulate sul punto dalla Polizia Provinciale nella nota prot. 7919 del 7 febbraio 2007, indirettamente confermano l’incompiutezza dell’attività istruttoria, risolvendosi in un sintetico giudizio di tenore del tutto apodittico che, pur richiamando generici parametri di valutazione spazio-temporali, non fornisce nessun elemento argomentativo o probatorio di supporto alle conclusioni assunte.
4. Per quanto esposto, assorbite le ulteriori censure, il ricorso va accolto, con conseguente annullamento degli atti impugnati.
5. Si ravvisano giusti motivi per disporre la compensazione delle spese di lite, tenuto conto della peculiarità del caso oltre che della consistenza procedimentale delle censure accolte.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte (Sezione Prima)
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto,
lo accoglie e per l’effetto annulla l’atto impugnato.
Spese di lite compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Torino nella camera di consiglio del giorno 12 ottobre 2016 con l’intervento dei magistrati:
Domenico Giordano, Presidente
Silvana Bini, Consigliere
Giovanni Pescatore, Referendario, Estensore
L’ESTENSORE
Giovanni Pescatore
IL PRESIDENTE
Domenico Giordano
IL SEGRETARIO