APPALTI – Rinnovo – Rimodulazione – Contract out e contract in – Variabilità della consistenza dell’appalto riaffidato – Affidamento all’operatore economico uscente – Nuovo affidamento – Clausola sociale – Contratto collettivo applicabile – Imposizione di un dato contratto collettivo – Illegittimità – Obbligo di integrale salvaguardia delle retribuzioni – Insussistenza (Si ringrazia il dott. Lorenzo Ieva per la segnalazione)
Provvedimento: Sentenza
Sezione: 2^
Regione: Puglia
Città: Bari
Data di pubblicazione: 10 Marzo 2022
Numero: 366
Data di udienza: 22 Febbraio 2022
Presidente: Tricarico
Estensore: Ieva
Premassima
APPALTI – Rinnovo – Rimodulazione – Contract out e contract in – Variabilità della consistenza dell’appalto riaffidato – Affidamento all’operatore economico uscente – Nuovo affidamento – Clausola sociale – Contratto collettivo applicabile – Imposizione di un dato contratto collettivo – Illegittimità – Obbligo di integrale salvaguardia delle retribuzioni – Insussistenza (Si ringrazia il dott. Lorenzo Ieva per la segnalazione)
Massima
TAR PUGLIA, Bari, Sez. 2^ – 10 marzo 2022, n. 366
APPALTI – Rinnovo – Rimodulazione – Contract out e contract in – Variabilità della consistenza dell’appalto riaffidato – Affidamento all’operatore economico uscente – Nuovo affidamento.
Al rinnovo di ogni appalto, è fisiologica la rimodulazione dell’importo posto a base di gara, delle caratteristiche proprie del servizio e delle professionalità addette, delle strutture considerate e dell’entità di copertura del servizio. Invero, è insita nella stessa ratio del modello organizzativo maggiormente flessibile del contract out (ossia dell’affidamento esterno in appalto), rispetto al modello tendenzialmente rigido del contract in (ossia dell’assunzione interna di dipendenti), l’intrinseca variabilità della consistenza dell’appalto di volta in volta riaffidato con distinte gare che si succedono nel tempo. Ragion per cui, ad ogni affidamento segue un diverso contratto tra le parti, che può aver punti di continuità o di cesura rispetto al precedente affidamento, a seconda delle esigenze dell’amministrazione che indice la gara ad evidenza pubblica. V’è sempre un nuovo affidamento sia nel caso di aggiudicazione ad operatore economico diverso da quello c.d. uscente, sia nell’ipotesi di affidamento all’operatore economico uscente, perché diverso è il contratto di appalto che, all’esito del procedimento di evidenza pubblica, sarà stipulato dalle parti. E difatti, una volta portato a scadenza un precedente affidamento, l’operatore economico c.d. uscente si ritrova, ai fini della partecipazione alla gara, nella stessa identica situazione degli altri potenziali operatori economici concorrenti (c.d. par condicio) e deve potersi meglio determinare nel modo più conveniente per riuscire ad aggiudicarsi il nuovo contratto.
APPALTI – Clausola sociale – Contratto collettivo applicabile – Imposizione di un dato contratto collettivo – Illegittimità – Obbligo di integrale salvaguardia delle retribuzioni – Insussistenza.
Deve escludersi che una clausola sociale possa consentire alla stazione appaltante di imporre agli operatori economici l’applicazione di un dato contratto collettivo ai lavoratori e di “riassorbire” integralmente e/o con gli stessi livelli retributivi i precedenti lavoratori, laddove siano mutati i servizi in concreto da prestarsi (Cons. St., sez. III, 18 settembre 2018 n. 5444; V, 1 marzo 2017 n. 932; III 9 dicembre 2015 n. 5597; sez. V, 12 settembre 2019 n. 6148). La clausola sociale non impone infatti, alla stregua della legislazione vigente, nelle ipotesi di successione di distinti contratti di appalto, alcun obbligo di integrale salvaguardia delle retribuzioni e dell’assetto organizzativo applicato nel precedente appalto. La verifica dell’obbligo della osservanza dei c.d. minimi retributivi contrattuali va effettuata considerando il contratto collettivo scelto dall’operatore economico risultato aggiudicatario dell’appalto.
Pres. f.f. Tricarico, Est. Ieva – B. soc. coop. (avv. Spagnuolo) c. Università degli Studi di Bari (avv.ti Loizzi e Sardone)
Allegato
Titolo Completo
TAR PUGLIA, Bari, Sez. 2^ - 10 marzo 2022, n. 366SENTENZA
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1182 del 2021, proposto da Biblos società cooperativa universitaria, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avv. Marco Spagnuolo, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Università degli Studi di Bari, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Marcella Loizzi e Simona Sardone, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
nei confronti
G.S.A. – Gruppo servizi associati s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Paolo Caruso, Luca Mazzeo e Maria Sara Derobertis, con domicili digitali come da PEC da Registri di Giustizia;
per l’annullamento
– della delibera del 29.7.2021/p.15bis, trasmessa alla ricorrente in data 5.10.2021 in riscontro all’istanza di accesso, con cui il Consiglio di amministrazione dell’Università degli Studi di Bari ha aggiudicato in via definitiva, ai sensi dell’art. 33 del D.Lgs. 50/2016 e s.m.i, la procedura di gara per l’affidamento del servizio di portierato in plessi/strutture dell’Università – Lotto 1 – CIG: 80277515B1, in favore del Gruppo Servizi Associati s.p.a.
– dei verbali di gara, trasmessi alla ricorrente in data 5.10.2021 in riscontro all’istanza di accesso, ed in particolare del verbale n. 16 del 26.07.2021, recante la conclusione favorevole del subprocedimento di verifica dell’anomalia dell’offerta del Gruppo Servizi Associati s.p.a. (le cui giustificazioni sono state conosciute solo in data 25.10.2021 all’esito di un’ulteriore richiesta di accesso) e la proposta di aggiudicazione del Lotto 1 – CIG: 80277515B1;
– di ogni altro atto prodromico, consequenziale e/o comunque connesso, con riserva di motivi aggiunti, ed in particolare della nota prot. n. 96789 X/4 del 9.9.2021 con la quale il direttore generale dell’Università degli Studi di Bari ha comunicato che il Consiglio di amministrazione, con delibera del 29.7.2021/p.15bis, ha aggiudicato in via definitiva ai sensi dell’art. 33 del d.lgs. 50/2016 e s.m.i., in favore della società Gruppo Servizi Associati s.p.a., la procedura di gara per l’affidamento del servizio di portierato in plessi/strutture dell’Università – Lotto 1 – CIG: 80277515B1, e riportato l’esito della graduatoria;
subordinatamente se del caso anche in parte qua del disciplinare di gara per evidente irragionevolezza dell’art. 24 e dell’Allegato 7 “Dati Tecnici – Consistenza Numerica Addetti – BUSTA TELEMATICA A”, nella parte in cui prevede l’obbligo di riassorbimento del personale già operante alle dipendenze dell’aggiudicatario, indicando il numero di addetti, il CCNL Multiservizi applicato ed il rispettivo livello contributivo di ciascun lavoratore.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’Università degli Studi di Bari e di G.S.A. – Gruppo Servizi Associati s.p.a.;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 22 febbraio 2022 il dott. Lorenzo Ieva e uditi per le parti i difensori avv. Marco Spagnuolo, Luca Mazzeo e Simona Sardone;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1.- Con ricorso depositato come previsto in rito, la Biblos società coop. universitaria ha impugnato il provvedimento di aggiudicazione dell’appalto per il lotto n. 1 del servizio di portierato in plessi e strutture dell’Università degli Studi di Bari avvenuto in favore della controinteressata GSA s.p.a., a seguito dell’espletamento di procedura di gara aperta comunitaria con il criterio di aggiudicazione dell’offerta economicamente più vantaggiosa, con un importo a base d’asta di € 12.375.973,46.
Per il lotto n. 1, la Biblos coop. si è classificata seconda in graduatoria, con il punteggio complessivo di n. 56,09 (n. 49,79 per l’offerta tecnica, n. 6,30 per quella economica), dietro la società GSA s.p.a., classificatasi al primo posto con un punteggio totale di n. 93,92 (n. 63,92 per l’offerta tecnica, n. 30,00 per quella economica), come da graduatoria finale.
Il ricorso è affidato alla proposizione dei seguenti due articolati motivi di impugnazione.
Motivo primo: violazione e falsa applicazione degli articoli 30, comma 3, 97, comma 5, 94, comma 2 e 50 del d.lgs. n. 50 del 2016, del disciplinare di gara ed in particolare dell’art. 24 della lex specialis, in combinato disposto con l’art. 36 della Cost.; l’eccesso di potere per illogicità e/o difetto di istruttoria; l’omessa e/o errata valutazione delle giustificazioni dell’offerta anomala; l’omessa e/o errata ponderazione degli interessi contrapposti; l’irragionevolezza e il travisamento dei fatti.
Motivo secondo: violazione e falsa applicazione, sotto altro profilo, degli artt. 30, comma 3, e 50 del d.lgs. n. 50 del 2016 nonché dell’art. 24 e dell’allegato n. 7 della lex specialis di gara; l’eccesso di potere per violazione del principio della par condicio dei concorrenti, difetto di trasparenza, illogicità, arbitrarietà ed incoerenza in relazione al richiamato articolo 24 ed all’allegato 7 della lex specialis; travisamento ed irragionevolezza.
2.- Si costituivano sia la società controinteressata sia l’amministrazione appaltante, contestando il fondamento delle censure poste. La società controinteressata eccepiva il difetto di giurisdizione del Giudice amministrativo, il difetto di legittimazione in capo alla ricorrente e la tardività del ricorso.
Nel merito, con articolate memorie, le controparti evidenziavano come i motivi di gravame come il tema giuridico posto dal caso di specie concernente sia il contenuto e l’efficacia della c.d. clausola sociale sia la tipologia di contratto collettivo applicabile alla fattispecie, con le implicazioni in ordine alla salvaguardia dei livelli occupazionali e delle retribuzioni maturate dal personale in forza alla società appaltatrice, fossero stati orbene già affrontati, in primo e secondo grado, in occasione dell’impugnazione anticipata del bando di gara con pronunciamenti che confermano la legittimità degli atti per cui è causa (sentenza della Sezione del 12 novembre 2019 n. 1491, integralmente confermata in appello dal Cons. St., sez. VI, 20 ottobre 2020 n. 6336).
3.- Alla fissata camera di consiglio per la concessione delle misure cautelari, considerati i profili di complessità della fattispecie e che l’aggiudicatario GSA s.p.a. è gestore uscente in proroga tecnica, è stata adottata ordinanza, ai sensi dell’art. 55, comma 10, c.p.a., con sollecita definizione del giudizio in udienza pubblica.
4.- Scambiati ulteriori documenti, memorie e repliche, alla udienza pubblica del 22.2.2022, dopo ampia discussione, il ricorso è stato trattenuto per la decisione.
5.- In via preliminare, vanno rigettate le eccezioni di difetto di giurisdizione del giudice amministrativo in favore del giudice ordinario del lavoro e di difetto di legittimazione ad agire della cooperativa ricorrente, sollevate dalla controinteressata, argomentate sulla base della soggettiva interpretazione data dalla stessa al tenore del ricorso.
Con quest’ultimo, secondo la società controinteressata, sembrerebbe che siano avanzate più che altro non attinenti questioni inerenti la difesa del livello retributivo raggiunto dai lavoratori dipendenti della società aggiudicataria, che peraltro sono dipendenti della società appaltatrice uscente, dalla qual cosa emerge anche il contestato difetto di legittimazione ad agire.
In realtà, il ricorso proposto concerne l’impugnazione del provvedimento di aggiudicazione del nuovo appalto per i servizi di portierato dell’Università di Bari, all’esito dell’apposita indetta procedura di evidenza pubblica. Le censure di parte ricorrente riguardano l’apprezzamento dell’offerta presentata dalla società aggiudicataria, nell’excursus delle quali vi sono anche riferimenti, a sostegno della propria tesi, alle questioni retributive dei lavoratori attualmente impiegati nell’appalto.
Di conseguenza, entrambe le eccezioni esaminate vanno respinte.
5.1.- Sempre in via preliminare, è priva di fondamento l’eccezione relativa alla tardività e irricevibilità del ricorso. Sostiene GSA s.p.a. che la società ricorrente avrebbe dovuto impugnare l’esito della gara entro il termine di n. 30 giorni dalla comunicazione dell’aggiudicazione, effettuata con nota prot. n. 96789 X/4 del 9.9.2021, ai sensi dell’art. 76 del d.lgs. 50 del 2016. Ciò anche perché l’applicazione del CCNL prescelto, ai fini della formulazione dell’offerta da parte della società aggiudicataria, punto sul quale si incentra il ricorso, era noto alla ricorrente sin dalla seduta pubblica del seggio di gara del 9.4.2021.
Tuttavia, ad avviso del Collegio, va detto che i specifici profili di censura posti vertono in realtà sulla valutazione espressa dalla commissione di gara sull’offerta formulata dalla società aggiudicataria, i cui contenuti sono stati invero resi ostensibili, all’esito della seconda istanza di accesso riscontrata dalla resistente con nota PEC in data 25.10.2021. La proposizione dell’istanza di accesso agli atti di gara comporta una dilazione temporale, quando i motivi di ricorso conseguano – come nel caso di specie – alla maturata conoscenza dei documenti che completano l’offerta dell’aggiudicataria (Cons. Stato, Ad. Pl., 2 luglio 2020 n. 12). Pertanto, il ricorso notificato in data 4.11.2021 è tempestivo.
L’eccezione dunque è priva di pregio.
5.3.- Nel merito, i termini della vicenda sono stati invero già vagliati in sede di ricorso avverso il bando, in quel caso proposto proprio dall’odierna controinteressata aggiudicataria e decisi con la sentenza della Sezione del 12 novembre 2019 n. 1491, confermata in appello dal Cons. St., sez. VI, 20 ottobre 2020 n. 6336, con la quale si è acclarato che le clausole del bando in questione non impongono oneri, né eccessivamente onerosi, né irragionevoli, né discriminatori nei confronti del gestore uscente.
Si rende opportuno richiamare alcune parti della predetta sentenza di II grado qui conferenti: “-costituisce consolidato orientamento giurisprudenziale quello in base al quale «l’applicazione di un determinato contratto collettivo non può essere imposta dalla lex specialis alle imprese concorrenti quale requisito di partecipazione né la mancata applicazione di questo può essere a priori sanzionata dalla stazione appaltante con l’esclusione, sicché deve negarsi in radice che l’applicazione di un determinato contratto collettivo anziché di un altro possa determinare, in sé, l’inammissibilità dell’offerta» (cfr. Consiglio di Stato, sez. III, 2 marzo 2017, n. 975; 9 dicembre 2015, n. 5597); tale assunto vale anche in relazione alla valutazione di anomalia dell’offerta (cfr. in termini Consiglio di Stato, sez. V, 1 marzo 2017, n. 932; 12 maggio 2016, n. 1901);
– non rientra nella discrezionalità dell’amministrazione appaltante quella di imporre o di esigere un determinato contratto collettivo nazionale di lavoro, tanto più qualora una o più tipologie di contratti collettivi possano anche solo astrattamente adattarsi alle prestazioni oggetto del servizio da affidare (Consiglio di Stato sez. V, 23 luglio 2018, n.4443; Consiglio di Stato, Sez. V, 5 ottobre 2016, n. 4109);
– resta fermo che la libertà imprenditoriale non è assoluta, ma incontra il limite logico, ancor prima che giuridico in senso stretto, della necessaria coerenza tra il contratto che in concreto si intende applicare (e in riferimento al quale si formula l’offerta di gara) e l’oggetto dell’appalto”.
Va inoltre premessa una considerazione di base che è a fondamento della stessa logica aziendale di organizzazione del lavoro, che vede determinati servizi, anziché “internalizzati” e gestiti con propri dipendenti (c.d. insourcing), “esternalizzati” a soggetti gestori terzi (c.d. outsourcing) e che è relativa all’esigenza dell’amministrazione, con riferimento a servizi non essenziali (cioè non “core business”), qual è tipicamente il servizio di portierato per un’amministrazione qual è l’Università, di poterli nel tempo variare, diminuendo o incrementandosi le necessità oggettive richieste.
Pertanto, è fisiologico, al rinnovo di ogni appalto, la rimodulazione dell’importo posto a base di gara, delle caratteristiche proprie del servizio e delle professionalità addette, delle strutture considerate e dell’entità di copertura del servizio.
Invero, è insita nella stessa ratio del modello organizzativo maggiormente flessibile del contract out (ossia dell’affidamento esterno in appalto), rispetto al modello tendenzialmente rigido del contract in (ossia dell’assunzione interna di dipendenti), l’intrinseca variabilità della consistenza dell’appalto di volta in volta riaffidato con distinte gare che si succedono nel tempo.
Ragion per cui va preliminarmente rigettata la tesi, pur sostenuta dalla cooperativa ricorrente, secondo cui vi sarebbe una necessaria continuità nel caso di successivi affidamenti del servizio. Al contrario, ad ogni affidamento segue un diverso contratto tra le parti, che può aver punti di continuità o di cesura rispetto al precedente affidamento, a seconda delle esigenze dell’amministrazione che indice la gara ad evidenza pubblica.
V’è sempre un nuovo affidamento sia nel caso di aggiudicazione ad operatore economico diverso da quello c.d. uscente, sia nell’ipotesi di affidamento all’operatore economico uscente, perché diverso è il contratto di appalto che, all’esito del procedimento di evidenza pubblica, sarà stipulato dalle parti. E difatti, una volta portato a scadenza un precedente affidamento, l’operatore economico c.d. uscente si ritrova, ai fini della partecipazione alla gara, nella stessa identica situazione degli altri potenziali operatori economici concorrenti (c.d. par condicio) e deve potersi meglio determinare nel modo più conveniente per riuscire ad aggiudicarsi il nuovo contratto.
Passando allo scrutinio analitico dei punti di ricorso, va rilevato quanto segue.
Con il primo motivo, parte ricorrente lamenta l’elusione dell’applicazione della c.d. clausola sociale (art. 24 del disciplinare) e la mancata previsione nell’offerta della società aggiudicataria del contratto collettivo c.d. “Multiservizi” ritenuto in via assertiva come l’unico atto a garantire la salvaguardia dei livelli retributivi dei lavoratori.
Tuttavia, condividendo le tesi opposte delle controparti, il Collegio rammenta come la Sezione abbia già chiarito (sentenza 12 novembre 2019 n. 1491) che il vigente art. 30, comma 4, del d.lgs. 18 aprile 2016 n. 50 prevede l’obbligo, per le stazioni appaltanti, di applicare il C.C.N.L. congruente con l’attività oggetto dell’appalti (cfr. anche nota D.G. per l’Attività ispettiva del Ministero del Lavoro n. 14775 del 26 luglio 2016). Gli offerenti non sono cioè vincolati al recepimento di un tipo particolare di C.C.N.L., non potrebbero mai esserlo, perché verrebbe meno gran parte dell’autonomia negoziale e organizzativa del lavoro (Cons. St., sez. V, 12 settembre 2019 n. 6148).
È stato escluso che la c.d. “clausola sociale” possa consentire alla stazione appaltante d’imporre agli operatori economici l’applicazione di un dato contratto collettivo a tutti i lavoratori “da assorbire” nel nuovo soggetto affidatario (Cons. St., sez. III, 18 settembre 2018 n. 5444; sez. V, 1° marzo 2017 n. 932; sez. III, 9 dicembre 2015 n. 5597), dovendosi contemperare l’obbligo sociale della salvaguardia dei livelli occupazionali, per quanto possibile, con la libertà d’impresa e la facoltà in quest’ultima insita di prestare il servizio nel modo più confacente con la propria organizzazione produttiva (Cons. St., sez. V, 10 giugno 2019 n. 3885; sez. III, 30 gennaio 2019 n. 750; sez. III, 29 gennaio 2019 n. 726).
Inoltre, costituisce consolidato orientamento giurisprudenziale quello in base al quale l’applicazione di un determinato contratto collettivo non può essere imposta dalla lex specialis (Cons. St., sez. III, 2 marzo 2017 n. 975; 9 dicembre 2015 n. 5597).
Si rinvia sul punto alla sentenza del Cons. St., sez. VI, 20 ottobre 2020 n. 6336, in parte qua in precedenza richiamata.
Tale ultimo assunto vale anche in relazione alla contestata valutazione di anomalia dell’offerta (Cons. St., sez. V, 1 marzo 2017 n. 932; 12 maggio 2016 n. 1901), per cui, nelle gare pubbliche, non può considerarsi mai anomala l’offerta, quando la stessa sia riconducibile al minor costo del lavoro contemplato nel contratto collettivo richiamato dall’impresa offerente risultata poi aggiudicataria, rispetto a quello richiamato da altra impresa concorrente (Cons. St., sez. V, 13 luglio 2020 n. 4515; T.A.R. Lazio, sez. III, 2 settembre 2019 n. 10674).
Pertanto, non rientra nella discrezionalità dell’amministrazione quella di esigere il recepimento di un determinato contratto collettivo nazionale di lavoro, tanto più qualora una o più tipologie di contratti collettivi possano ben adattarsi alle prestazioni oggetto del servizio da affidare (Cons. St., sez. V, 23 luglio 2018 n. 4443; Cons. St., sez. V, 5 ottobre 2016 n. 4109).
Nel caso di specie, il contratto collettivo applicabile non è solo il CCNL “per i dipendenti da imprese esercenti servizi di pulizia e servizi integrati” (c.d. Multiservizi), ma sono validamente applicabili altri contratti collettivi tra cui quello fatto proprio dalla società aggiudicataria, ossia il CCNL “per dipendenti da istituti e imprese di vigilanza privata e servizi fiduciari” (c.d. ASSIV). Anzi, può ben ritenersi che quest’ultimo contratto sia più rispondente rispetto al primo con riguardo allo specifico oggetto dell’appalto, che consiste nel prestare servizi di portierato, ossia di vigilanza nell’ingresso e uscita dell’utenza dalle strutture universitarie ed attività accessorie e similari.
L’unico limite logico-giuridico è dato dalla necessaria coerenza tra il contratto collettivo prescelto (e in riferimento al quale si formula l’offerta di gara) e l’oggetto dell’appalto.
Infatti, l’art. 50 del d.lgs. 18 aprile 2016 n. 50 richiede solo che il bando di gara preveda clausole sociali volte “a promuovere la stabilità occupazionale”, non già “ad assicurarla” in toto, senza quindi irrigidire o limitare la possibilità per l’amministrazione di adottare scelte organizzative differenti nel tempo e senza coartare l’organizzazione produttiva del concorrente offerente.
Inoltre, una simile clausola non implica affatto la conservazione degli inquadramenti maturati (in tali termini, cfr. Cons. St., sez. V, 2 novembre 2020 n. 6761), residuando dunque alla fase di esecuzione del contratto di appalto ogni altra questione circa il concreto rispetto della “clausola sociale”, secondo i canoni di buona fede e correttezza (art. 1375 c.c.), scrutinabile in caso di contestazioni dal giudice ordinario del lavoro (così ancora: Cons. St., sez. V, 2 novembre 2020 n. 6761).
Pertanto, la promozione della salvaguardia dei livelli occupazionali del precedente affidamento di appalto va contemperato con l’immanente libertà d’impresa e la facoltà di organizzare il servizio in modo efficiente e coerente con la possibile organizzazione produttiva (Cons. St., sez. V, 10 giugno 2019 n. 3885; III, 30 gennaio 2019 n. 750; III, 29 gennaio 2019 n. 726; 7 gennaio 2019 n. 142; III, 18 settembre 2018 n. 5444; V, 5 febbraio 2018 n. 731; V, 17 gennaio 2018 n. 272; III 5 maggio 2017 n. 2078; V 7 giugno 2016 n. 2433; III, 30 marzo 2016 n. 1255).
Deve quindi escludersi che una clausola sociale possa consentire alla stazione appaltante di imporre agli operatori economici l’applicazione di un dato contratto collettivo ai lavoratori e di “riassorbire” integralmente e/o con gli stessi livelli retributivi i precedenti lavoratori, laddove siano mutati i servizi in concreto da prestarsi (Cons. St., sez. III, 18 settembre 2018 n. 5444; V, 1 marzo 2017 n. 932; III 9 dicembre 2015 n. 5597; sez. V, 12 settembre 2019 n. 6148).
Quanto al secondo motivo di ricorso che si sofferma più particolarmente sulla paventata inattendibilità del “costo del lavoro”, va precisato, oltre quanto già osservato in precedenza, che la determinazione tabellare del costo del lavoro costituisce per la stazione appaltante soltanto un indice valutativo del giudizio di adeguatezza economica (Cons. St., sez. V, 18 febbraio 2019 n. 1097; sez. V, 18 febbraio 2019 n. 1099; sez. V, 28 gennaio 2019 n. 690; sez. III, 4 gennaio 2019 n. 90; sez. V, 26 novembre 2018 n. 6689; sez. V, 2 agosto 2018 n. 4785). L’elemento costo del lavoro è composito e non va considerato atomisticamente, ma va valutato nel complesso dell’organizzazione, specie per le imprese di notevoli dimensioni ed ampia operatività su più appalti com’è nel caso della GSA s.p.a.
Ad ogni modo, l’art. 97, commi 5 e 6, lett. d), del d.lgs. n. 50 del 2016 riguarda esclusivamente i “minimi salariali retributivi” come risultanti dal CCNL che si è recepito nell’offerta poi risultata aggiudicataria, senza che ciò possa affatto confondersi con la mera aspettativa al mantenimento del trattamento economico già maturato dal personale applicato all’esecuzione del precedente appalto.
Diversamente opinando, qualora dovesse ritenersi che, nel c.d. cambio di appalto, nulla debba mutare, quanto a servizi e a personale, non vi sarebbe né la ratio dell’affidamento all’esterno né la ratio che presiede all’indizione, a cadenza periodica prestabilita, di nuove procedure di appalto, che hanno proprio la finalità di “aggiornare”, talvolta in modo vicendevole, sia l’oggetto del contratto di appalto, che i termini economici dei costi per la prestazione dei servizi.
Il personale impiegato per l’esecuzione del contratto di appalto è personale dipendente dell’operatore economico che si è aggiudicato l’appalto, non è personale dipendente dell’Università.
La procedura di gara, che origina la fase pubblicistica di confronto concorrenziale tra diversi operatori economici, determina ex se la conseguenziale stipulazione di un (distinto e separato dal precedente) contratto di appalto nella successiva fase negoziale, che trova indi il suo presupposto e trae altresì il proprio contenuto dal procedimento di evidenza pubblica e dagli atti (bando, disciplinare e capitolato tecnico) della lex specialis di gara.
Ciò invero accade anche nell’evenienza in cui, rispetto al precedente affidamento, vengano nel nuovo affidamento a coincidere amministrazione e operatore economico affidatario, poiché quest’ultima è solo una evenienza possibile, ma non necessitata del procedimento di evidenza pubblica, che delimita, a seguito di una specifica procedura competitiva, i contenuti contrattuali ed economici del contratto di appalto da stipularsi.
In ultima analisi, i vizi di legittimità dedotti in ricorso non sussistono.
Non v’è alcuna prevalenza del contratto collettivo c.d. Multiservizi sul contratto collettivo c.d. Assiv, quest’ultimo anzi risulta maggiormente coerente con l’oggetto dell’appalto (servizio di portierato).
La c.d. clausola sociale non impone, alla stregua della legislazione vigente, per come costantemente interpretata dalla giurisprudenza amministrativa, nelle ipotesi di successione di distinti contratti di appalto, alcun obbligo di integrale salvaguardia delle retribuzioni e dell’assetto organizzativo applicato nel precedente appalto. La verifica dell’obbligo della osservanza dei c.d. minimi retributivi contrattuali va effettuata considerando il contratto collettivo scelto dall’operatore economico risultato aggiudicatario dell’appalto.
6.- In conclusione, per le sopra esposte ragioni, il ricorso va respinto.
7.- Le spese vanno compensate per la peculiarità e complessità delle questioni poste.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 22 febbraio 2022 con l’intervento dei magistrati:
Rita Tricarico, Presidente FF
Alfredo Giuseppe Allegretta, Consigliere
Lorenzo Ieva, Referendario, Estensore