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Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Appalti Numero: 442 | Data di udienza: 10 Febbraio 2021

APPALTI – Accordo quadro – Art. 3, c. 1, lett. Iii) del d.lgs. n. 50/2016 – Accordo quadro – Nozione – Introduzione di clausole normative per i contratti da attivare tra le parti in un dato periodo – Ordinamento penitenziario – Vitto e sopravvitto – Differenza – Prestazione del vitto ai detenuti – Contratto di appalto di servizi – Sopravvitto – Contratto di somministrazione – Differenze tra appalto e somministrazione – Contratto di sopravvitto – Contenuto specifico– Vitto e sopravvitto – Remunerazione (Massime a cura del dott. Lorenzo Ieva)


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 2^
Regione: Puglia
Città: Bari
Data di pubblicazione: 10 Marzo 2021
Numero: 442
Data di udienza: 10 Febbraio 2021
Presidente: Adamo
Estensore: Ieva


Premassima

APPALTI – Accordo quadro – Art. 3, c. 1, lett. Iii) del d.lgs. n. 50/2016 – Accordo quadro – Nozione – Introduzione di clausole normative per i contratti da attivare tra le parti in un dato periodo – Ordinamento penitenziario – Vitto e sopravvitto – Differenza – Prestazione del vitto ai detenuti – Contratto di appalto di servizi – Sopravvitto – Contratto di somministrazione – Differenze tra appalto e somministrazione – Contratto di sopravvitto – Contenuto specifico– Vitto e sopravvitto – Remunerazione (Massime a cura del dott. Lorenzo Ieva)



Massima

TAR PUGLIA, Bari, Sez. 2^ – 10 marzo 2021, n. 442

APPALTI – Accordo quadro – Art. 3, c. 1, lett. Iii) del d.lgs. n. 50/2016 – Accordo quadro – Nozione – Introduzione di clausole normative per i contratti da attivare tra le parti in un dato periodo.

L’art. 3, comma 1, lett. iii), del decreto legislativo 18 aprile 2016 n. 50 definisce l’accordo-quadro come l’accordo concluso tra una o più stazioni appaltanti e uno o più operatori economici, il cui scopo è proprio quello di stabilire clausole normative, in particolare per quanto riguarda i prezzi e, se del caso, le quantità previste, per i contratti d’attivare tra le parti in un dato periodo preso a riferimento. Si tratta di un modulo procedurale (più tipico delle centrali di committenza) ammesso dalla disciplina di derivazione europea in materia di contratti pubblici, che permette anche di stabilire uno o più servizi fissi di base e di gestire, con flessibilità, l’attivazione di contratti o servizi opzionali a scelta.

APPALTI – Ordinamento penitenziario – Vitto e sopravvitto – Differenza – Prestazione del vitto ai detenuti – Contratto di appalto di servizi – Sopravvitto – Contratto di somministrazione – Differenze tra appalto e somministrazione.

Nell’ordinamento penitenziario, il “vitto” consiste nell’approvvigionamento a monte, nella fornitura delle derrate alimentari necessarie e nel confezionamento dei pasti giornalieri completi (colazione, pranzo e cena) ai detenuti. Come in consimili fattispecie di appalti per la preparazione dei pasti aziendali o per collettività di utenti, la prestazione del vitto ai detenuti e internati (c.d. ristretti) integra un contratto di “appalto di servizi” (art. 1655 ss. del codice civile), in quanto, accanto alla somministrazione dei prodotti alimentari, v’è l’attività di lavorazione, mediante maestranze dedicate, consistente nella preparazione dei pasti giornalieri d’uso. Al contrario, il “sopravvitto” si risolve nel mero contratto di “somministrazione” (artt. 1559 ss. del codice civile), in quanto consiste nella “fornitura periodica” di un insieme (prestabilito) di generi alimentari e vari beni di conforto (dunque non solo alimenti), acquistabili mediante contingentati fondi personali (c.d. peculio del “ristretto”), diretta a soddisfare l’interesse del somministrato, ossia dell’istituto di pena (e solo indirettamente del “ristretto”), il quale, nell’osservanza dell’ordinamento penitenziario, “può” autorizzare, nei prefissati limiti di genere e di spesa, la fornitura di alimenti di pronta consumazione o di beni di conforto in favore dei detenuti e internati c.d. “meritevoli”. Il contratto di somministrazione, pur similare, si distingue dal contratto di appalto, perché ha per oggetto la prestazione di cose (art. 1559 del codice civile), ossia i soli generi di sopravvitto ammessi; mentre, oggetto dell’appalto è il compimento di un servizio predefinito (art. 1655 del codice civile), ossia l’attività di preparazione dei pasti del vitto, che va oltre la mera fornitura di alimenti. La causa della somministrazione non è solo la prestazione di cose da consegnare, ma la ripetizione di queste prestazioni e, quindi, la periodicità della prestazione vale a contraddistinguerla anche rispetto al tipo giuridico della vendita. Nella somministrazione la cosa è negoziata come tale e non come risultante dall’attività altrui, attività che invece nell’appalto assume rilevanza, in quanto l’imprenditore mette a disposizione i propri mezzi e il proprio capitale per eseguire un servizio più ampio a favore del committente.

APPALTI – Contratto di sopravvitto – Contenuto specifico.

Nel contratto di somministrazione, le parti possono omettere di specificare l’entità delle prestazioni. Infatti, l’art. 1560 del codice civile prevede una disciplina suppletiva, che richiama la nozione in sé indeterminata di “normale fabbisogno”, comunque derogabile dalle parti, le quali possono prevedere espressamente che il somministrato possa decidere di volta in volta la specificazione e il quantitativo delle cose prestabilite nel genere da ricevere, per cui viene ammessa (e pacificamente utilizzata nella prassi negoziale) la somministrazione con il patto o la clausola c.d. “a piacere” (o “a richiesta”, o “a discrezione”) del somministrato (Cass., sez. III civ., 20 ottobre 1975 n. 3450; Tribunale di Milano 28 giugno 2011). Il sopravvitto si atteggia dunque a contratto di somministrazione di cose, con il quale una parte si obbliga, verso corrispettivo di un prezzo, a eseguire, a favore dell’altra, prestazioni periodiche o continuative di cose (art. 1559 c.c.). Il sopravvitto costituisce mera attività di approvvigionamento di merci e consegna (ossia di stoccaggio e immagazzinamento) e non di vendita diretta alla libera utenza. E’ indi prevista la fruizione di un locale di “spaccio” adiacente o in prossimità al magazzino. L’Amministrazione contraente, inoltre, come da capitolato prestazionale, laddove disponibili, concede in uso i locali per lo stoccaggio e il deposito delle merci e l’uso degli impianti e delle attrezzature eventualmente esistenti all’interno dei predetti locali (quali celle frigorifere e/o frigocongelatori). Nella sostanza il contratto di somministrazione (accessorio) del c.d. sopravvitto è fatto oggetto di “concessione” all’aggiudicatario, con la clausola di esclusiva (dato che i detenuti non possono scegliere alternative al di fuori del carcere), rispetto al quale l’introito normale da attendersi è il prezzo del bene al minuto, che pur tiene in conto il c.d. ricarico dei costi di vendita.

APPALTI – Vitto e sopravvitto – Remunerazione

La remunerazione delle singole prestazioni dell’accessorio contratto di somministrazione del sopravvitto non comporta interferenza alcuna con la remunerazione del principale appalto di servizi del vitto. L’unico collegamento tra vitto e sopravvitto sta nella circostanza che l’operatore economico offerente viene informato circa la possibilità di conseguire tale ulteriore vantaggio, rispetto a profitti ricavabili dal solo appalto di vitto, considerando che non si tratta di allestire un – giammai consentibile – “supermercato” interno all’istituto di pena, bensì di utilizzare un locale adibito a “spaccio” adiacente al magazzino. Tant’è che, alla stregua della lex specialis di gara, la normale remunerazione attesa per il sopravvitto consiste proprio nella differenza tra il prezzo del bene alla vendita “al minuto” e il costo del bene pagato invece all’approvvigionamento “all’ingrosso”, intrinsecamente variabile nel suo fatturato globale e nell’utile ritraibile in rapporto alle disponibilità finanziarie e al numero dei soggetti c.d. ristretti ammessi al sopravvitto.

Pres. Adamo, Est. Ieva – S. s.p.a. (avv.ti Clarizia Crisostomo Sciacca, Giliberti e Barrasso) c. Ministero della giustizia – Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria – Provveditorato regionale di Puglia e Basilicata (Avv. Stato)


Allegato


Titolo Completo

TAR PUGLIA, Bari, Sez. 2^ - 10 marzo 2021, n. 442

SENTENZA

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 882 del 2020, proposto da SAEP s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dal prof. avv. Angelo Clarizia e dagli avvocati Giovanni Crisostomo Sciacca, Biagio Giliberti, Vincenzo Barrasso, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Pasquale Procacci in Bari alla via Nicolai n. 29 e con domicili digitali come da P.E.C. iscritte al registro generale degli indirizzi elettronici (ReGIndE);

contro

Ministero della giustizia – Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria – Provveditorato regionale di Puglia e Basilicata, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi dall’Avvocatura distrettuale dello Stato, domiciliataria ex lege in Bari alla via Melo n. 97;
per l’annullamento
– del bando di gara per l’affidamento dell’appalto di servizio mensa dei detenuti ed internati ristretti negli Istituti penitenziari (c.d. vitto), con concessione, se non gestito direttamente dall’Istituto di pena, della somministrazione-fornitura di generi extra-vitto (c.d. sopravvitto), pubblicato sulla G.U.R.I. del 29 giugno 2020 n. 74;
– del disciplinare, del capitolato prestazionale e relative appendici, dello schema di accordo-quadro, nonché di tutti gli altri atti acclusi alla lex specialis di gara;
– del decreto n. 45 del 22 giugno 2020 d’indizione della procedura;
– della nota prot. n. 211901.U del 17 giugno 2020, ivi compresi tutti gli allegati e, in particolare, la relazione tecnico-illustrativa denominata “2020-servizio per il vitto dei detenuti – analisi tecnico-economica”, redatta dal gruppo di lavoro istituito con P.C.D. del 25 febbraio 2020;
– ove lesivo e nei limiti dell’interesse, del decreto del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare del 10 marzo 2020 (c.d. nuovi C.A.M.);
– di ogni altro atto ad essi presupposto, consequenziale e/o connesso, ivi inclusi quelli istruttori, ove assunti a presupposto per l’individuazione della base d’asta.

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero della giustizia – Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria – Provveditorato regionale di Puglia e Basilicata;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 9 febbraio 2021 il dott. Lorenzo Ieva;
Dato atto che l’udienza si tiene mediante collegamento da remoto in videoconferenza, secondo quanto disposto dall’art. 25 del decreto legge 28 ottobre 2020 n. 137 e dall’art. 4, comma 1, del decreto-legge 30 aprile 2020 n. 28, convertito con modificazioni dalla legge 25 giugno 2020 n. 70, mediante la piattaforma in uso presso la Giustizia amministrativa, di cui all’allegato 3 al decreto del Presidente del Consiglio di Stato del 22 maggio 2020 n. 134;
Dato atto che, su istanza di parte ricorrente, la causa è stata chiamata per la discussione orale da remoto, risultando collegati gli avvocati Angelo Clarizia, Giovanni Crisostomo Sciacca, Biagio Giliberti e Vincenzo Barrasso, per la ricorrente, e l’avv. dello Stato Lydia Fiandaca, per l’Amministrazione;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1.- Con ricorso depositato come previsto in rito, l’istante impugnava il bando di gara, il disciplinare, il capitolato tecnico e gli altri atti connessi, avente ad oggetto l’affidamento del servizio di vitto e dell’eventuale c.d. sopravvitto per i detenuti ed internati ristretti in taluni Istituti penitenziari per adulti rientranti nella competenza del Provveditorato regionale di Puglia e Basilicata dell’Amministrazione penitenziaria.
In particolare, deduceva vizi di violazione di legge e svariati profili di eccesso di potere, assumendo nella sostanza che i gravati atti fossero gravemente ingiusti e lesivi della propria posizione giuridica.
Oggetto di specifica contestazione è la clausola di bando che prevede il c.d. contratto di sopravvitto come opzionale (anche limitatamente ad una o più sedi previste per ogni singolo lotto) e non già come obbligatorio per l’Amministrazione appaltante, prevedendosene però l’attivazione vincolata a carico dell’aggiudicatario, nell’ipotesi in cui la singola direzione carceraria decida di non gestirlo in via diretta (punto II.2.4 del bando; punto 3.1 del disciplinare; punto 1.2 del capitolato prestazionale).
2.- Si costituiva l’intimata Amministrazione a mezzo dell’Avvocatura erariale, deducendo che alcun’illegittimità era stata commessa nel procedimento d’indizione della gara e negli atti adottati, siccome impugnati, evidenziando nella sostanza la peculiarità dell’ordinamento penitenziario e del contratto opzionale di sopravvitto.
3.- Alla fissata camera di consiglio, l’istanza cautelare veniva respinta, evidenziandosi – nella sommaria delibazione propria di tale fase – che, a fronte dei complessi documenti prodotti, il servizio eventuale del sopravvitto è remunerato dalla differenza tra il prezzo del bene alla vendita al minuto e il costo del bene all’approvvigionamento all’ingrosso e che non comporta necessaria interferenza con la remunerazione del servizio prevalente oggetto dell’appalto in questione costituito invece dal vitto.
4.- Indi, scambiati ulteriori documenti, memorie e repliche, alla successiva udienza pubblica, dopo ampia discussione in forma telematica, il ricorso veniva trattenuto in decisione.
5.- Il ricorso è in parte in parte infondato e in altra parte inammissibile e improcedibile.
5.1.- Con il primo motivo, viene dedotta la violazione e falsa applicazione di alcuni articoli del decreto legislativo 18 aprile 2016 n. 50, segnatamente degli art. 28 e 169, art. 35, art. 165 artt. 30 e 54, nonché l’eccesso di potere con particolare riferimento al difetto di istruttoria, allo sviamento, al travisamento dei fatti nella redazione della “legge” di gara.
Viene affermata l’illegittimità del bando sotto diversi profili, ossia in quanto: a) è privo di un piano economico-finanziario, che consideri unitariamente vitto e sopravvitto; b) non considererebbe nella strutturazione della base d’asta il sopravvitto; c) né il sopravvitto è stato valorizzato ai fini della presentazione dell’offerta tecnica ed economica; d) inoltre il sopravvitto viene qualificato come opzionale per l’amministrazione, ma unilateralmente obbligatorio per l’aggiudicatario; e) la legge di gara accorderebbe all’amministrazione il potere di sospendere ad nutum il sopravvitto, senza alcun ristoro economico.
5.1.1.- Rileva il Collegio che le questioni poste debbano trovare un’ordinata composizione, ponendo attenzione sulla natura giuridica dei contratti, alla cui stipulazione la procedura di evidenza pubblica indetta è finalizzata, nonché le specifiche esigenze che l’Amministrazione deve soddisfare.
Ciò in applicazione di una normativa speciale, qual è quella propria dell’ordinamento penitenziario, che contraddistingue i servizi di vitto e il contratto di c.d. sopravvitto in modo peculiare, rispetto ai consueti appalti di servizio mensa e di fornitura o somministrazione di alimenti e di altri beni di conforto.
Gli operatori economici sono chiamati a concorrere per un mercato ristretto (l’ambiente carcerario), rispetto al quale potranno operare, nel corso dell’affidamento dei contratti di vitto e (eventualmente) di sopravvitto, in regime di esclusiva.
Non a caso, l’ordinamento penitenziario prevede che le attività di “alimentazione” dei detenuti siano, di norma, riservate alle strutture interne dell’amministrazione, e, in via eccezionale, aperte all’appalto esterno, sempre salvaguardandosi le esigenze connesse alle attività svolte in qualsivoglia istituto penitenziario (art. 9 della legge 26 luglio 1975 n. 354 recante: “Norme sull’ordinamento penitenziario […]”).
5.1.2.- Tanto premesso, va sottolineato che l’oggetto dell’appalto è il servizio di vitto, rispetto al quale il contratto di sopravvitto assume un ruolo accessorio ed eventuale.
La struttura negoziale impostata dall’amministrazione per la procedura di gara in questione emula il modello delle convenzioni-quadro di servizi integrati, ossia dei contratti normativi tra stazione appaltante e operatore economico, alle cui condizioni si dovranno adeguare i futuri contratti esecutivi.
L’art. 3 (Definizioni), comma 1, lett. iii), del decreto legislativo 18 aprile 2016 n. 50 definisce l’accordo-quadro come l’accordo concluso tra una o più stazioni appaltanti e uno o più operatori economici, il cui scopo è proprio quello di stabilire clausole normative, in particolare per quanto riguarda i prezzi e, se del caso, le quantità previste, per i contratti d’attivare tra le parti in un dato periodo preso a riferimento.
Si tratta di un modulo procedurale (più tipico delle centrali di committenza) ammesso dalla disciplina di derivazione europea in materia di contratti pubblici, che permette anche di stabilire uno o più servizi fissi di base e di gestire, con flessibilità, l’attivazione di servizi opzionali a scelta.
La società ricorrente però insiste nel ritenere doverosa la predisposizione di un piano economico-finanziario integrato sia per il vitto sia per il sopravvitto, al fine di consentire agli operatori offerenti di poter formulare offerte ponderate, rispetto ad entrambe le prestazioni da erogare, che sovente nella prassi finiscono quasi per equivalersi quanto a valori economici in gioco.
Tuttavia – come già anticipato – il Collegio ritiene che vada tenuta in debita considerazione la natura giuridica propria dei contratti, che l’amministrazione intende stipulare, per cui, al di là del formale nomen iuris utilizzato dalla stazione appaltante negli atti di gara, va indagata la sostanza e la causa concreta dei negozi, la cui aggiudicazione è posta in palio agli operatori economici, invero sovente ben specializzati nel settore, che ne siano interessati.
Il bando, il disciplinare e il capitolato prestazionale in merito sono chiari e univoci.
Il vitto consiste nell’approvvigionamento a monte, nella fornitura delle derrate alimentari necessarie e nel confezionamento dei pasti giornalieri completi (colazione, pranzo e cena) dei detenuti. Come in consimili fattispecie di appalti per la preparazione dei pasti aziendali o per collettività di utenti, la prestazione del vitto ai detenuti e internati (c.d. ristretti) integra un contratto di “appalto di servizi” (art. 1655 ss. del codice civile), in quanto, accanto alla somministrazione dei prodotti alimentari, v’è l’attività di lavorazione, mediante maestranze dedicate, consistente nella preparazione dei pasti giornalieri d’uso.
Al contrario, il sopravvitto si risolve nel mero contratto di “somministrazione” (artt. 1559 ss. del codice civile), in quanto consiste nella “fornitura periodica” di un insieme (prestabilito) di generi alimentari e vari beni di conforto (dunque non solo alimenti), acquistabili mediante contingentati fondi personali (c.d. peculio del “ristretto”), diretta a soddisfare l’interesse del somministrato, ossia dell’istituto di pena (e solo indirettamente del “ristretto”), il quale, nell’osservanza dell’ordinamento penitenziario, “può” autorizzare, nei prefissati limiti di genere e di spesa, la fornitura di alimenti di pronta consumazione o di beni di conforto in favore dei detenuti e internati c.d. “meritevoli”.
Dunque, il contratto di somministrazione, pur similare, si distingue dall’appalto, perché ha per oggetto la prestazione di cose (art. 1559 del codice civile), ossia i soli generi di sopravvitto ammessi; mentre, oggetto del contratto di appalto è il compimento di un servizio predefinito (art. 1655 del codice civile), ossia l’attività di preparazione dei pasti del vitto, che va oltre la mera fornitura di alimenti.
La causa della somministrazione non è solo la prestazione di cose da consegnare, ma la ripetizione di queste prestazioni e, quindi, la periodicità della prestazione vale a contraddistinguerla anche rispetto al tipo giuridico della vendita.
Nella somministrazione la cosa è negoziata come tale e non come risultante dall’attività altrui, attività che invece nell’appalto assume rilevanza, in quanto l’imprenditore mette a disposizione i propri mezzi e il proprio capitale per eseguire un servizio più ampio a favore del committente.
Nel contratto di somministrazione, le parti possono omettere di specificare l’entità delle prestazioni.
In materia, infatti, l’art. 1560 del codice civile prevede una disciplina suppletiva, che richiama la nozione in sé indeterminata di “normale fabbisogno”, comunque derogabile dalle parti, le quali possono prevedere espressamente che il somministrato possa decidere di volta in volta la specificazione e il quantitativo delle cose prestabilite nel genere da ricevere, per cui viene ammessa (e pacificamente utilizzata nella prassi negoziale) la somministrazione con il patto o la clausola c.d. “a piacere” (o “a richiesta”, o “a discrezione”) del somministrato (Cass., sez. III civ., 20 ottobre 1975 n. 3450; Tribunale di Milano 28 giugno 2011), come appunto nel caso di specie.
Peraltro, va annotato come il “normale fabbisogno” sia stato pure indicativamente rappresentato agli offerenti, nella procedura di gara contestata in ricorso, quale elemento conoscitivo ulteriore di favore ai potenziali somministranti aggiudicatari dell’accordo-quadro (appendice n. 2 del capitolato). Potenziali somministranti, tra cui vi sono i ricorrenti, che invero hanno nel campo maturato lunga esperienza e hanno un assetto organizzativo aziendale specializzato nel fornire servizi (vitto) e merci (sopravvitto) per il peculiare ambiente degli istituti di pena.
In tale dimensione, il sopravvitto si atteggia a contratto di somministrazione di cose, con il quale una parte si obbliga, verso corrispettivo di un prezzo, a eseguire, a favore dell’altra, prestazioni periodiche o continuative di cose (art. 1559 c.c.).
Sul punto, l’avvocatura erariale ha ben evidenziato che, da una puntuale lettura degli atti di gara, si evince come il sopravvitto costituisca una mera attività di approvvigionamento di merci e consegna (stoccaggio e immagazzinamento) e non di vendita diretta alla libera utenza, per cui non sono affatto richiesti gli investimenti propri di un esercizio di vendita della grande distribuzione, bensì è prevista la fruizione di un locale di “spaccio” adiacente o in prossimità al magazzino (punto 4.2 del capitolato).
L’Amministrazione contraente, inoltre, ove disponibili, concede in uso i locali per lo stoccaggio e il deposito delle merci e l’uso degli impianti e delle attrezzature eventualmente esistenti all’interno dei predetti locali, quali celle frigorifere, frigocongelatori (punto 9.1 del capitolato).
Come si evince dall’apposita relazione del Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria (ufficio IX “Gare e contratti” prot. n. 30677 del 13 agosto 2020), prodotta nel processo quale documento probante di chiarimenti, di norma, lo stoccaggio di tali beni risulta limitato ad un periodo di tempo breve, essendo le richieste dei detenuti concentrate in due giornate settimanali e indi evase subito dopo; mentre, la distribuzione ai singoli detenuti richiedenti avviene, a cura della direzione, attraverso proprio personale addetto, di regola manodopera detenuta. Infatti, il capitolato prestazionale concede all’appaltatore la possibilità di chiedere all’istituto penitenziario di avvalersi dell’opera dei detenuti, quando utilmente impiegabili, per tutte le prestazioni a cui è tenuto (punto 5.5 capitolato).
5.1.3.- A riprova, tra i generi di sopravvitto, richiedibili e inclusi in una lista predisposta e all’uopo elaborata (denominata “modello n. 72”), vi sono, a titolo esemplificativo, alimenti di pronta e facile preparazione, frutta e verdura, articoli per l’igiene e la cosmesi, casalinghi tipo stoviglieria et similia, articoli di cartoleria di uso comune, abbigliamento intimo, libri, giornali e riviste (sempre punto 4.2 del capitolato).
Difatti, il prezzo dei generi del sopravvitto sono stabiliti in contraddittorio tra la direzione dell’Istituto penitenziario e l’appaltatore e, in ogni caso, non possono eccedere quelli correnti all’esterno per i generi corrispondenti, come risultanti dalle informazioni assunte dall’autorità comunale o presso gli esercizi della grande distribuzione più vicini all’istituto (punto 4.2 del capitolato).
Sono richiedibili dal c.d. ristretto saltuariamente altri beni, indicati all’occorrenza e appositamente in altro modulo di richiesta compilabile di volta in volta (denominato “modello n. 393”), che possono essere solo eventualmente autorizzati dalla direzione e che sono consegnati, unitamente allo scontrino fiscale del venditore, onde effettuarne il mero rimborso.
I generi del sopravvitto devono essere consegnati, in tempi congrui, in locali adiacenti al magazzino o, comunque, il più possibile vicini allo stesso e, qualora necessario, vengono divisi in porzioni, per la successiva distribuzione, anche attraverso manodopera detenuta (punto 4.2 del capitolato).
È prevista la redazione di un inventario delle attrezzature messe a disposizione del fornitore e la sottoscrizione del verbale per la presa in consegna dei locali, degli impianti e delle attrezzature, che l’amministrazione contraente darà in uso allo stesso fornitore per assicurare il sopravvitto (punto 4.2 del capitolato).
5.1.4.- La società ricorrente muove le proprie doglianze anche avverso le clausole della legge di gara che disciplinano la durata del sopravvitto.
Difatti, la durata della somministrazione del c.d. sopravvitto non è stabilita nel termine iniziale, ma va rimarcato che è pur chiarito che l’Istituto penitenziario potrà deciderne l’attivazione, essendo un servizio opzionale, con un preavviso di almeno venti giorni, onde consentire l’approntamento delle forniture necessarie (punto 2.2 del capitolato).
Inoltre, una volta attivato, in corso di vigenza dell’accordo-quadro aggiudicato, il sopravvitto avrà la medesima scadenza del servizio principale, ossia quella stabilita dal vitto (punto 2.1 del capitolato).
Ergo, una volta attivata l’opzione del sopravvitto, questa ha durata pari al contratto di vitto.
Mentre, l’ipotesi di contrazione, limitazione o sospensione del servizio di sopravvitto, per motivi di ordine e sicurezza, nonché per la tutela di superiori interessi primari della collettività penitenziaria (es., per motivi sanitari, di salute, ecc.), senza riconoscimento al fornitore di alcun indennizzo e/o di risarcimento, rientra nella disciplina tipica del contratto di somministrazione e/o della risoluzione per esigenze sopravvenute del contratto e/o nelle cause di forza maggiore (punto 8.1 del capitolato), in considerazione del peculiare contesto in cui la fornitura deve operare.
5.1.5.- Con altro profilo, viene lamentata la previsione di un regolamento di esecuzione, dai contenuti non predefiniti, che l’istituto penitenziario potrebbe imporre all’aggiudicatario.
Al contrario, va osservato che è prevista la redazione di un atto di regolamentazione, al solo fine di precisare le modalità operative di gestione in sicurezza, nel rispetto della cornice normativa delineata dall’ordinamento penitenziario e dalla stessa legge di gara a seguito dell’aggiudicazione.
Tal è la dimensione dell’additato “regolamento”, sicché vanno rigettati i paventati timori di una comunque non consentibile “disciplina a sorpresa” che incida sugli oneri prestazionali, pur sollevati dalla società ricorrente.
Peraltro, va rammentato che l’art. 118 del r. d. 23 maggio 1924 n. 827 prevede che, nei regolamenti speciali di ciascun servizio, si stabiliscano le cautele di assistenza, vigilanza e direzione necessarie ad assicurare la buona esecuzione delle forniture, dei trasporti o lavori, secondo la diversa loro natura e che inoltre, ai sensi dell’art. 123 del r. d. medesimo i predetti regolamenti, oltre alle cautele e norme ivi citate, determinano il sistema di sindacato da esercitare ed il modo di compilare le liquidazioni parziali e finali, nonché i documenti da produrre in appoggio alle medesime.
5.1.6.- Complessivamente, non assume dunque particolare rilievo l’obiezione della società ricorrente circa la temuta difficoltà di adempiere al contratto di sopravvitto, applicandosi, ferme restando le specifiche clausole pattuite nel contratto accluso alla legge di gara, per il caso dell’inadempimento, la speciale disciplina prevista per il contratto di somministrazione più mite per entrambe le parti e derogatoria rispetto a quella ordinaria.
Difatti, nella lex specialis di gara, viene espressamente previsto che i generi di sopravvitto (modello 72) “devono essere consegnati, in tempi congrui, in locali adiacenti al magazzino o, comunque, il più possibile vicini allo stesso”, così come va parimenti assicurato l’acquisto di altri generi se autorizzati dalla direzione dell’istituto di pena (modello 393) sempre nel generico rispetto dei meri “tempi congrui” (punto 4.2 del capitolato). Talché l’inadempimento di una delle parti relativo alle singole prestazioni (ad es. piccoli ritardi di consegna) non legittima senz’altro la risoluzione, se non quando abbia notevole importanza e sia tale da menomare la fiducia sull’esattezza dei successivi adempimenti (art. 1564 del codice civile). Qualora inoltre l’inadempimento del somministrato (l’istituto di pena) sia di lieve entità, il somministrante non può sospenderne l’esecuzione, senza congruo preavviso (art. 1565 del codice civile).
5.1.7.- In ogni caso, per quanto rileva nella presente controversia, va ribadito che la remunerazione delle singole prestazioni dell’accessorio contratto di somministrazione del sopravvitto non comporta interferenza alcuna con la remunerazione del principale appalto di servizi del vitto.
L’unico collegamento tra vitto e sopravvitto sta nella circostanza che l’operatore economico offerente è informato circa la possibilità di conseguire tale ulteriore vantaggio, rispetto a profitti ricavabili dal solo appalto di vitto, tenendo pur conto che non si tratta di allestire un – giammai consentibile – “supermercato” interno all’istituto di pena, bensì di utilizzare un locale adibito a “spaccio” adiacente al magazzino.
Tant’è che, alla stregua delle sopra menzionate disposizioni, relative al capitolato prestazionale, la normale remunerazione attesa per il sopravvitto consiste proprio nella differenza tra il prezzo del bene alla vendita “al minuto” e il costo del bene pagato invece all’approvvigionamento “all’ingrosso”, intrinsecamente variabile nel suo fatturato globale e nell’utile ritraibile in rapporto alle disponibilità finanziarie e al numero dei soggetti c.d. ristretti ammessi al sopravvitto.
5.1.8.- In ultima analisi, oggetto dell’appalto (principale) è il servizio di vitto, al quale si aggiunge l’opzione dell’attivazione del contratto di somministrazione (accessorio) del c.d. sopravvitto, nella sostanza fatto oggetto di “concessione” all’aggiudicatario, con la clausola di esclusiva (dato che i detenuti non possono scegliere alternative al di fuori del carcere), rispetto al quale l’introito normale da attendersi è il prezzo del bene al minuto, che pur tiene conto del c.d. ricarico dei costi di vendita.
Che si tratti di concessione di somministrazione in esclusiva di beni rilasciata in favore dell’operatore economico, dalla quale questo ricava aggiuntivi vantaggi, lo si evince anche dalla previsione dell’uso dei locali per il sopravvitto, che è a titolo oneroso, diversamente dall’utilizzo dei locali per l’appalto di vitto, che è invece gratuito (punto 9.1 del capitolato). Motivo per cui, il procedimento di evidenza pubblica è incentrato sull’appalto di servizio del vitto, rispetto al quale deve rimanere a latere il contratto di somministrazione del sopravvitto.
Quest’ultimo rappresenta un vantaggio potenziale ulteriore, sul quale invero non è possibile impostare o misurare alcun parametro o criterio di aggiudicazione – come reclamato da parte ricorrente – perché non può esser oggetto di lucro per l’operatore economico aggiudicatario, oltre il normale prezzo di vendita al dettaglio, per legge di gara e per consustanziale tipologia del “mercato” di fornitura di beni ai soggetti c.d. ristretti.
L’assetto delle pattuizioni poste in gara, nient’affatto irrazionali, si spiega sia in ragione del peculiare “mercato” costituito dai soggetti reclusi negli istituti penitenziari, sia ancora per il singolare regime di vendita nella zona esclusiva (ambiente carcerario) come da vigente ordinamento penitenziario, sia infine per la necessità oggettiva di assicurare condizioni di sicurezza pubblica e di incolumità.
Gli operatori economici interessati a partecipare alla procedura di evidenza pubblica hanno dunque ben chiara la dimensione della misura dei valori economici in gioco (T.A.R. Toscana, sez. II, 8 febbraio 2021 n. 208).
Va pur rimarcato come i procedimenti di gara tra più offerenti danno evidenza ad interessi pubblici e conducono dunque alla stipulazione di negozi giuridici per le esigenze proprie della specifica pubblica amministrazione aggiudicatrice, né può predicarsi come prevalente alcun interesse privato al maggior profitto possibile (T.A.R. Lombardia, sez. II, 26 novembre 2020 n. 2317).
Il profitto normale previsto è quello ritraibile dalla gestione ottimale dell’appalto di servizio del vitto, il profitto eventuale prevedibile è invece quello conseguibile dalla somministrazione del sopravvitto. Tanto vale per qualsiasi operatore economico che ritenga di aver interesse a partecipare alla gara per l’aggiudicazione di similari contratti pubblici.
Di conseguenza, il primo motivo di ricorso va respinto.
5.2.- Con il secondo motivo, viene dedotta la violazione e falsa applicazione dell’art. 95 del decreto legislativo 18 aprile 2016 n. 50, nonché l’eccesso di potere per difetto d’istruttoria, travisamento dei fatti nella redazione della legge di gara, illogicità manifesta e arbitrarietà.
Ciò con riguardo ai criteri di ripartizione del punteggio tecnico (70 su 100 punti totali), in quanto il punto n. 8 del disciplinare prevedrebbe un criterio “estremamente generico e di impossibile interpretazione”, tale da non consentire la formulazione di un’offerta consapevole e ponderata.
La ricorrente fa riferimento al criterio D (“potenziamento dell’efficacia dei controlli”), che ricollega l’attribuzione di un massimo di 20 punti alla predisposizione di un progetto volto alla valutazione “di soluzioni tecnico-gestionali e di taluni elementi organizzativi finalizzati al rafforzamento del controllo in fase di esecuzione e potenziamento della verifica di conformità”.
Tale progetto sarebbe, in tesi, indefinito quanto al contenuto e non si comprenderebbero i criteri ai quali sarebbe affidata la valutazione dell’amministrazione. Inoltre, non sarebbero definiti i singoli punteggi da attribuire ai sub-criteri di valutazione del progetto medesimo, sicché il potere di giudizio dell’amministrazione sarebbe “arbitrario e illimitato”.
Tuttavia, va osservato che il disciplinare di gara prevede che l’aggiudicazione avverrà, in base al criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa del miglior rapporto qualità/prezzo, secondo i criteri e sotto-criteri indicati nel capitolato prestazionale, al paragrafo numero 13, secondo la seguente ponderazione: punteggio tecnico n. 70 punti; punteggio economico n. 30 punti.
I parametri di giudizio prescelti sono i seguenti:
A. Caratteristiche ambientali e sociali dei prodotti alimentari, fino a 31 punti;
B. Prodotti ittici di provenienza di origine FAO 37 o FAO 27, fino a 9 punti;
C. Freschezza dei prodotti, fino a 6 punti;
D. Soluzioni tecnico-gestionali ed elementi organizzativi per il potenziamento dell’efficacia dei controlli, fino a 20 punti;
E. Elaborazione e/o revisione di regimi dietetici, fino a 4 punti.
Con particolare riferimento al censurato parametro D, viene specificato che l’operatore economico offerente dovrà presentare un progetto che preveda soluzioni, di tipo friendly (anglicismo che sta per “amichevole”, “di facile impiego o utilizzo”), finalizzate ad una più agevole e fluida gestione delle attività di controllo e di verifica della conformità, da parte dell’ente appaltante, con la possibilità di estrapolare ed elaborare i relativi dati, mediante una reportistica sia statica sia dinamica.
Il capitolato prestazionale indica poi una serie di elementi (“Efficienza ed efficacia della soluzione proposta tenuto conto: – dell’adeguatezza e contestualizzazione del servizio offerto; – della tipologia e modalità di gestione del flusso informativo; – della frequenza dell’aggiornamento dei dati; – della tipologia, intellegibilità, organizzazione e utilità dei dati condivisi; – della possibilità di ottenere le informazioni utili attraverso uno o più report”), che indi indirizzano il potere discrezionale di scelta dell’amministrazione.
Il punto D – a ben vedere – va collegato da un lato al peculiare contesto degli istituti di pena, dall’altro all’implementazione dei C.A.M., all’interno dei quali è infatti contemplata l’attivazione di una sorta di “controllo di gestione” del servizio (Cfr. lettera A (Introduzione), punto n. 8, e lettera E (Criteri … servizio di ristorazione … strutture … detentive), punti inerenti alla “Verifica” e sotto-lettera b), n. 1 (Verifica di conformità) dei CAM).
Ad ogni modo, per quanto rileva in sede di impugnazione del bando, un simile criterio non appare preclusivo della possibilità di presentare offerte, al più dovendosi apprezzare le implicazioni in concreto all’esito della procedura di gara, se contestata attraverso la deduzione della scorretta applicazione del parametro.
Come rammentato da una giurisprudenza consolidata (Cons.St., Ad. plen., 26 aprile 2018 n. 4; 17 aprile 2011 n. 4; 29 gennaio 2003 n. 1), devono essere immediatamente impugnate soltanto le clausole c.d. escludenti o preclusive per la partecipazione alla gara e per la presentazione di una valida offerta.
Il Collegio perciò non ritiene che il criterio D (“Potenziamento dell’efficacia dei controlli”) precluda all’operatore economico la partecipazione alla gara.
Di conseguenza, il sopraddetto motivo è inammissibile.
5.3.- Con il terzo motivo viene contestata la violazione e falsa applicazione degli artt. 34, 60, 71, 79 del decreto legislativo 18 aprile 2016 n. 50, la violazione e falsa applicazione degli artt. 1 e 3 della legge 7 agosto 1990 n. 241, la violazione e falsa applicazione dell’art. 10 delle disposizioni preliminari al codice civile, la violazione del d.m. 25 luglio 2011, violazione del d.m. 10 marzo 2020, infine la violazione del principio tempus regit actum, nonché l’eccesso di potere.
La censura si rivolge avverso la clausola di cui al punto 2.1 del disciplinare, secondo cui “Gli atti di gara sono stati redatti tenendo conto delle specifiche tecniche e delle clausole contrattuali contenute nei criteri ambientali minimi (CAM) di cui al D.M. 10 marzo 2020, del Ministero dell’Ambiente e delle tutela del Territorio e del Mare”.
Poiché detto decreto sarebbe entrato in vigore solo il successivo 2 agosto 2020, al bando di gara in esame avrebbero dovuto invece essere applicati i CAM di cui al precedente D.M. 25 luglio 2011.
La Stazione appaltante ha tuttavia obiettato che la predetta censura, in ordine all’applicazione dei nuovi CAM, è da ritenersi oramai in toto superata, a seguito della già disposta proroga del termine di presentazione delle domande al 7 settembre 2020.
Sul punto, il Collegio accoglie condivide l’argomentazione opposta e ritiene superata ogni questione, poiché, mediante la disposta proroga del termine di presentazione delle domande, in effetti, l’Amministrazione ha consentito agli offerenti economici di poter recepire la nuova normativa, come già ritenuto nella pronuncia cautelare di rigetto della Sezione (ordinanza del 4 settembre 2020 n. 553) e da altre pronunce (T.A.R. Campania, sez. IV, ordinanza del 24 luglio 2020 n. 1488).
Il D.M. 10 marzo 2020 che reca i nuovi “Criteri ambientali minimi per il servizio di ristorazione collettiva e fornitura di derrate alimentari” è stato emanato in applicazione dell’art. 34 del decreto legislativo 8 aprile 2016 n. 50 e dell’art. 1, commi 1126-1127, della legge 27 dicembre 2006 n. 296 (legge finanziaria 2007); esso assume dunque una valenza normativa che ha conformato la predisposizione del bando, del disciplinare e del capitolato prestazionale, per come essi si presentano.
L’aver posticipato il termine di presentazione delle offerte ha, nella sostanza, “ricollocato” tutta la procedura indetta di evidenza pubblica in un ambito temporale, nel quale i nuovi C.A.M. – che in concreto hanno informato sia la forma del procedimento di gara, sia il contenuto del contratto-quadro che verrà stipulato – hanno indi assunto regolare e piena vigenza (T.A.R. Campania, sez. IV, 30 dicembre 2020 n. 6531).
Pertanto, a seguito della disposta proroga, il motivo è da ritenersi divenuto improcedibile.
6.- In conclusione, per le sopraesposte motivazioni, il ricorso va respinto, quanto al primo motivo di censura (carenza di determinazione dell’oggetto del sopravvitto e in parte qua della legge di gara); mentre, va dichiarato inammissibile relativamente al secondo motivo (indeterminatezza del criterio di selezione di cui al punto D del disciplinare) e improcedibile con riferimento al terzo motivo (nuovi CAM applicabili).
7.- Le spese possono essere compensate per la peculiarità della controversia e la complessità delle questioni poste.

P.Q.M.

il Tribunale amministrativo regionale per la Puglia, sezione II, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge, dichiarandolo altresì in parte inammissibile e in parte improcedibile nei sensi in motivazione.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 9 febbraio 2021, tenutasi mediante collegamento da remoto in videoconferenza, secondo quanto disposto dall’art. 25 del decreto-legge 28 ottobre 2020 n. 137, convertito con modificazioni nella legge 18 dicembre 2020 n. 176, con l’intervento dei magistrati:

Giuseppina Adamo, Presidente
Donatella Testini, Primo Referendario
Lorenzo Ieva, Referendario, Estensore

 

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