APPALTI – Interdittiva antimafia – Separazione concettuale dall’attività di repressione dei reati – Riedizione del provvedimento interdittivo dopo il controllo giudiziario – Permanenza del rischio infiltrativo – Congruità della motivazione (Si ringrazia, per la segnalazione, il dott. Lorenzo Ieva)
Provvedimento: Sentenza
Sezione: 2^
Regione: Puglia
Città: Bari
Data di pubblicazione: 19 Dicembre 2022
Numero: 1745
Data di udienza: 13 Dicembre 2022
Presidente: Tricarico
Estensore: Ieva
Premassima
APPALTI – Interdittiva antimafia – Separazione concettuale dall’attività di repressione dei reati – Riedizione del provvedimento interdittivo dopo il controllo giudiziario – Permanenza del rischio infiltrativo – Congruità della motivazione (Si ringrazia, per la segnalazione, il dott. Lorenzo Ieva)
Massima
TAR PUGLIA, Bari, Sez. 2^ – 19 dicembre 2022, n. 1745
APPALTI – Interdittiva antimafia – Separazione concettuale dall’attività di repressione dei reati – Riedizione del provvedimento interdittivo dopo il controllo giudiziario – Permanenza del rischio infiltrativo.
L’interdittiva antimafia è un importante strumento di attività di prevenzione, da tener sempre concettualmente separato dall’attività di repressione dei reati. È stato infatti precisato dalla giurisprudenza che “Non v’è dubbio […] che la funzione bonificante concretamente svolta dal controllo giudiziario non possa essere obliterata dal Prefetto […]. Ciò non vuol dire, però, che dal controllo giudiziario derivi un vincolo alle valutazioni postume del Prefetto, alla luce di una presunzione assoluta di avvenuta bonifica” (Cons. St. n. 4912/2022 cit.). Tuttavia, devono pur emergere, “a valle” del controllo giudiziario, qualora questo sortisca un esito positivo, onde poter procedere ad una legittima riedizione del provvedimento interdittivo, in senso nuovamente sfavorevole all’interesse materiale del destinatario, quegli altri “episodi, comportamenti, relazioni che depongono per la permanenza del rischio infiltrativo, anche ove essi si siano verificati durante la fase giudiziaria monitorata, purché [se] ne dia compiuta e concludente evidenza in sede motivazionale e [la Prefettura] non manchi di ponderarli con il percorso compiuto dall’imprenditore in costanza del controllo giudiziario, da valutare anche alla luce della storia del medesimo e delle ragioni del primigenio sorgere del rischio infiltrativo” (Cons. St. n. 4912/2022 cit.).
APPALTI – Provvedimento interdittivo antimafia – Riedizione – Congruità della motivazione.
Una riedizione del provvedimento interdittivo antimafia richiede una motivazione accurata, la quale evidenzi, in base però ad elementi indiziari nuovi (non necessariamente sopravvenuti, ma anche preesistenti, purché preventivamente non conosciuti, e/o che siano divenuti funditus suscettibili di apprezzamento in una nuova chiave di lettura indiziaria univoca), che l’aziendasia cointeressata – secondo un meditato giudizio di prognosi del pericolo di c.d. infiltrazione mafiosa, sulla base del paradigma guida del “più probabile che non” talvolta definito come verosimiglianza o probabilità cruciale (Cons. St., sez. III, 13 agosto 2018 n. 4938; Cons. St., sez. III, 14 settembre 2018 n. 5410; T.A.R. Puglia, sez. II, 18 febbraio 2020 n. 275) – a fenomeni di permeabilità di tipo mafioso sia se di indole compiacente sia se perlomeno a carattere soggiacente. Ma di tanto deve prodursi una evidenziata motivazione congrua, sulla base di atti istruttori di supporto univoci, che non si limitino a ripetere, in modo succinto, la mera permanenza di rapporti di parentela, senza indicazione di effettivi collegamenti con detti parenti, e/o che si limitino – con inammissibile inferenza logica al negativo – a “non escludere” che possa persistere un pericolo, il che equivale a non aver contezza di alcunché.
Pres. Tricarico, Est. Ieva – omissis (avv. Sticchi Damiani) c. Ministero dell’Interno – Ufficio Territoriale del Governo di Foggia (Avv. Stato)
Allegato
Titolo Completo
TAR PUGLIA, Bari, Sez. 2^ - 19 dicembre 2022, n. 1745SENTENZA
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
ex art. 60 cod. proc. amm.;
sul ricorso numero di registro generale 1340 del 2022, proposto dalla ditta individuale [–Omissis–], in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avv. Saverio Sticchi Damiani, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Ministero dell’Interno – Ufficio Territoriale del Governo di Foggia, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura distrettuale dello Stato, domiciliataria ex lege in Bari alla via Melo n. 97;
per l’annullamento
previa sospensione dell’efficacia
– del provvedimento interdittivo antimafia della Prefettura di Foggia prot. n. 67147 del 22.9.2022;
– della comunicazione di avvio del procedimento di riesame prot. n. 58685 del 17.8.2022;
– di ogni altro atto connesso, presupposto e consequenziale e, in particolare, di tutti gli atti istruttori posti alla base del provvedimento interdittivo impugnato, di contenuto sconosciuti e ivi menzionati, tra i quali la nota della Direzione Investigativa Antimafia, Sezione operativa di Foggia n. 8673 del 14.9.2022; le note della Questura di Foggia n. 85230 del 14.9.2022 e n. cat. Q.2.2/2022/Anticr.-Antimafia del 16.9.2022; la nota del Comando Provinciale dei Carabinieri di Foggia n. 0107898/7-3 del 14.9.2022; verbale del gruppo interforze della riunione del 21.9.2022.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dell’Interno – U.T.G. Prefettura di Foggia;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 13 dicembre 2022 il dott. Lorenzo Ieva e uditi per le parti i difensori come da verbale di udienza;
Sentite le stesse parti ai sensi dell’art. 60 cod. proc. amm.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1.- Con ricorso depositato come in rito, l’istante, titolare di una impresa individuale per l’esercizio dell’agricoltura, impugnava il provvedimento di rinnovo/aggiornamento della misura di prevenzione dell’interdittiva antimafia, adottata nuovamente, al termine del periodo del controllo giudiziario, dalla Prefettura di Foggia.
Il precedente provvedimento di interdittiva scaturiva dalla richiesta di AGEA al fine della corresponsione delle sovvenzioni comunitarie di sostegno-integrazione all’agricoltura e di altra istanza ad opera del Comune di Monte Sant’Angelo, al fine del riconoscimento di non meglio precisati altri finanziamenti.
Dopo aver rappresentato la positiva conclusione del controllo giudiziario disposto, come sancito dal competente Tribunale ordinario, in funzione di giudice della prevenzione, sulla base delle relazioni formulate dall’amministratore giudiziario, e con l’espressione di avviso conforme da parte del P.M., la ricorrente censurava: I) l’erronea applicazione dell’art. 92, comma 2-bis, d.lgs. 6 settembre 2011 n. 159, la violazione del principio del giusto procedimento e del contraddittorio, l’eccesso di potere per erronea presupposizione in fatto e in diritto, difetto d’istruttoria, travisamento, carenza dei presupposti, illogicità e irragionevolezza, ingiustizia manifesta, violazione degli artt. 24, 41 e 97 Cost.; II) la manifesta irragionevolezza ed illogicità, l’erronea e falsa applicazione degli artt. 84, 89-bis e 91 d.lgs. 6 settembre 2011 n. 159, il travisamento dei fatti, l’erronea presupposizione in fatto ed il difetto d’istruttoria; III) la violazione e falsa applicazione degli artt. 94-bis, 34-bis d.lgs. 6 settembre 2011 n. 159, l’erronea valutazione in fatto e in diritto, l’eccesso di potere per difetto d’istruttoria, travisamento, erroneità e/o carenza dei presupposti, illogicità, irragionevolezza, ingiustizia manifesta, erronea motivazione.
2.- Si costituiva l’amministrazione, depositando documenti.
3.- Alla fissata camera di consiglio per la delibazione delle domandate misure cautelari, dopo ampia discussione tra le parti, il ricorso è stato introitato per la immediata decisione con sentenza in forma semplificata.
4.- Il ricorso è fondato.
Le censure, in parte ripetitive, possono essere trattate unitariamente per sostanziale identità di ratio.
Orbene la quaestio iuris, oggetto del presente giudizio, è rappresentata dal rapporto tra il “controllo giudiziario”, ai sensi dell’art. 34-bis d.lgs. 6 settembre 2011 n. 159, conclusosi favorevolmente per la sottoposta impresa agricola individuale, e le successive valutazioni di “polizia di prevenzione”, che sono state esperite dal Prefetto, nell’ambito delle proprie prerogative, ai fini del c.d. aggiornamento dell’interdittiva antimafia.
La Sezione ha già espresso il proprio avviso in recente precedente giurisprudenziale, sentenza del 15 luglio 2022 n. 1044, concernente invero caso analogo.
Considerando il fulcro delle doglianze mosse, va rilevato che la giurisprudenza più recente (Cons. st., sez. III, 13 dicembre 2021 n. 8309; 16 giugno 2022 n. 4912; T.A.R. Puglia, sez. II, 15 luglio 2022 n. 1044) ha avuto modo di scandagliare funditus la misura e la motivazione del provvedimento di rinnovo e/o di aggiornamento della interdittiva, tal da preservarne la portata di importante misura di prevenzione e di provvisoria “cautela” (Cons. St., Ad. plen., 6 aprile 2018 n. 3), che ne hanno finora giustificato la validità dommatica, la tenuta giuridica ordinamentale e, quindi, affermato l’immunità da pur addotti vizi di legittimità costituzionale (Corte cost. 26 marzo 2020 n. 57).
Risultati che invero vanno preservati, con molta cura, con riferimento a tale importante strumento di attività di prevenzione, da tener sempre concettualmente separato dall’attività di repressione dei reati.
È stato infatti precisato dalla giurisprudenza che “Non v’è dubbio […] che la funzione bonificante concretamente svolta dal controllo giudiziario non possa essere obliterata dal Prefetto […]. Ciò non vuol dire, però, che dal controllo giudiziario derivi un vincolo alle valutazioni postume del Prefetto, alla luce di una presunzione assoluta di avvenuta bonifica” (Cons. St. n. 4912/2022 cit.).
Tuttavia, devono pur emergere, “a valle” del controllo giudiziario, qualora questo sortisca un esito positivo, onde poter procedere ad una legittima riedizione del provvedimento interdittivo, in senso nuovamente sfavorevole all’interesse materiale del destinatario, quegli altri “episodi, comportamenti, relazioni che depongono per la permanenza del rischio infiltrativo, anche ove essi si siano verificati durante la fase giudiziaria monitorata, purché [se] ne dia compiuta e concludente evidenza in sede motivazionale e [la Prefettura] non manchi di ponderarli con il percorso compiuto dall’imprenditore in costanza del controllo giudiziario, da valutare anche alla luce della storia del medesimo e delle ragioni del primigenio sorgere del rischio infiltrativo” (Cons. St. n. 4912/2022 cit.).
Alla luce di tali coordinate ermeneutiche, il Collegio ritiene che la valutazione prefettizia di conferma dell’interdittiva, nel caso di specie, sia illegittima per difetto di adeguata istruttoria e per carenza di “motivazione accurata” (ex Corte cost. 26 marzo 2020 n. 57), che, a fortiori, deve esigersi, nell’evenienza del rinnovo della interdittiva, a seguito dell’esito positivo del controllo giudiziario già disposto e della quale la Prefettura deve farsi puntuale carico.
Più specificamente, al contrario di quanto ritenuto nella relazione-istruttoria prefettizia depositata, il rinnovo del provvedimento interdittivo appare fondato sulla base dei medesimi fatti già apprezzati in occasione del precedente provvedimento interdittivo, con l’aggiunta della sola circostanza relativa all’indicazione della presenza di altro nipote però ristretto in carcere.
Ma nulla di significativo viene detto in ordine all’esito positivo del controllo giudiziario esperito, che non può dedursi essere – come sostenuto dalla difesa erariale – soltanto formale o rectius superficiale, senza provare la consistenza di un invero simile patologico svolgimento dell’attività, che, a mente dell’art. 34-bis d.lgs. 6 settembre 2011 n. 159, non è affatto di pura forma esteriore, bensì si spinge a verificare profili sostanziali della conduzione dell’impresa.
E difatti il Tribunale di Bari, sez. III, in funzione di tribunale della prevenzione, con decisione del 23 settembre 2021 n. 11/2020MP, ha imposto, all’amministratore giudiziario, puntuali obblighi di: “a) assicurare la costante vigilanza dell’impresa, con accessi ripetuti e riunioni con la titolare almeno una volta al mese e comunque secondo le necessità; b) verificare l’attività aziendale, […]; c) prendere visione della documentazione contabile […]; d) controllare gli atti […] di pagamento […]; e) sottoporre all’attenzione del Tribunale tutte le future vicissitudini della società, anche eventuali partecipazioni a gare d’appalto; f) predisporre […] una relazione particolareggiata […]”.
Per invero, il Tribunale di Bari, sez. III, in funzione di tribunale della prevenzione, sempre con la decisione del 23 settembre 2021 n. 11/2020MP, aveva ammesso l’impresa agricola de qua al controllo giudiziario, ai sensi dell’art. 34-bis d.lgs. n. 159 cit., ritenendo, tra l’altro, che: “Con riferimento alla qualificazione del nesso esistente tra i soggetti portatori di pericolosità e l’attività aziendale (due dei quali, per altro, deceduti da anni), si ritiene che gli elementi valorizzati dal Prefetto quali indici del pericolo di infiltrazione mafiosa integrino circostanze insuscettibili di configurare un condizionamento mafioso di tipo strutturale, cioè connotato dalla stabilità. Con riferimento alla [–Omissis–], è stato documentato trattarsi di persona immune da precedenti o pendenze penali; le inchieste giudiziarie menzionate nell’interdittiva non l’hanno attinta o hanno comunque visto la sua estromissione dal novero degli indagati prima dell’instaurarsi della fase più propriamente processuale”.
All’esito del detto controllo, il Tribunale di Bari, sez. III, in funzione di tribunale della prevenzione, con ordinanza del 26 ottobre 2022 n. 11/20AC – concludendo i difensori e il P.M. per “la revoca del controllo giudiziario, per esito positivo del percorso di risanamento” – ha evidenziato che: “l’attività di monitoraggio si sia rivelata in concreto idonea a schermare la realtà aziendale dalla esistenza di quei rischi di contaminazione posti a fondamento della informativa, non risultando rilievi o anomalie nella conduzione dell’azienda tali da indurre a ritenere in atto un condizionamento di tipo mafioso in ragione del contesto in cui l’azienda opera”.
Difatti – assumendone le relative responsabilità – l’amministratore del Tribunale: “ha riferito che la società si è adeguata a tutte le prescrizioni imposte” e quindi non risultano verificate: “situazioni che effettivamente potessero determinare una infiltrazione mafiosa”.
In un tal quadro, si inserisce il provvedimento prefettizio gravato che, ai sensi dell’art. 91, comma 5, d.lgs. 6 settembre 2011 n. 159, ha aggiornato la precedente informazione interdittiva, rieditandola, recependo certo nuovi rapporti informativi degli organi preposti di P.S., datati all’anno 2022, ma che, in modo sintetico, ripetono la persistenza (ovvia) di rapporti di parentela tra la titolare dell’azienda e soggetti gravati da pregiudizi di polizia e/o giudiziari, senza indicare se, perlomeno in via presuntiva o per indizi vari, vi sia una qualche ‘forma di collegamento’, essendo peraltro detti parenti ristretti in carcere (pure presso Istituti di pena lontani dal territorio garganico), e senza sostenere se vi siano, all’attualità, “contatti” con altri sodali gravati perlomeno da pregiudizi di polizia.
Non si disconosce come la ricorrente, in verità oramai anziana e vedova da moltissimi anni, sia stata coniuge di nota figura, annoverata da indizi di polizia quale capo del “Clan dei Montanari”, dominante nella provincia di Foggia e specie nel Gargano. Ma, tuttavia, il disposto monitoraggio della realtà aziendale ha fatto emergere solo lo svolgimento di un’attività di allevamento di bestiame, per lo più su pascolo di terreni di proprietà. Per la conduzione di tale attività vengono riconosciuti sovvenzioni UE di integrazione all’attività agricola (non sempre sufficientemente profittevole), che consentono anche di preservare dal degrado il territorio agro-pastorale; contributi di sostegno questi, che non sono stati riscossi, stante il provvedimento interdittivo.
Non vengono rimarcati altri elementi indiziari, oltre i predetti rapporti di coniugio e parentali, che se potevano esser sufficienti, dato il contesto ambientale, improntato a endemica criminalità mafiosa, nel territorio considerato, in sede di prima emanazione del provvedimento di interdittiva, per pericolo di infiltrazione mafiosa, non paiono invece ora sufficienti, in sede di rinnovo-aggiornamento.
Parimenti, coglie nel segno il ricorso, laddove sottolinea come la Prefettura di Foggia abbia invero diversi strumenti a propria disposizione, tra cui l’art. 94-bis (Misure amministrative di prevenzione collaborativa applicabili in caso di agevolazione occasionale) d.lgs. 6 settembre 2011 n. 159, che ha la finalità di tutelare l’attività d’impresa, attraverso l’attivazione di un percorso collaborativo di c.d. monitoraggio e di “bonifica” delle attività sociali, mediante l’affiancamento di un “esperto” e altre misure proporzionate all’uopo utili.
Non averli presi in considerazione, all’esito di un controllo giudiziario, con esito positivo, costituisce vieppiù eccesso di potere per illogicità e irragionevolezza del potere esercitato, nella misura in cui si è preferito ritornare a rieditare l’interdittiva, anziché esplorare la possibilità di attivare la prevenzione collaborativa, con proficuità. Rectius, nel provvedimento impugnato v’è un fugace cenno, nel senso della non utilizzabilità degli stessi, ma senza una adeguata motivazione.
Non va, infine, obliterato che i due provvedimenti del Tribunale per le misure di prevenzione e l’esito positivo del controllo giudiziario (con avviso – si ripete – favorevole del P.M.) giochino un ruolo non eludibile, ove si passi a considerare che, a fronte di un siffatto rinnovo dell’interdittiva, il destinatario dello stesso potrebbe nuovamente chiedere l’ammissione all’istituto del controllo giudiziario. Per cui, vanno evitati contro-producenti “vischiosità”, per così dire, di pronunce da parte dei preposti organi giudiziari, che potrebbero ex novo essere chiamati a delibare sulla questione.
Né le misure di prevenzione possono durare ad infinitum. Di per sé, le stesse sono provvisorie, hanno una finalità lato sensu cautelativa. La persistenza di indizi sfavorevoli semmai dovrebbe dare la stura a indagini più approfondite di tipo penale, a fini repressivi. E comunque non può esservi fungibilità tra misure di prevenzione e misure di repressione, mirando le prime a prevenire pericoli di illecito e le seconde a reprimere fatti illeciti commessi. Laddove dovessero permanere esigenze di prevenzione, queste vanno rappresentate, indicando perlomeno un quid novi rispetto alla precedente interdittiva. D’altro canto, è finanche consustanziale al concetto logico, ancor prima che giuridico, che il rinnovo, l’aggiornamento, la riedizione di un potere, specie se inerente a misure di prevenzione, debba riportare un novum, cioè un qualche elemento di novità, che attualizzi il periculum.
Considerazioni di segno opposto valgono nell’ipotesi, affatto diversa, di esito negativo del controllo giudiziario. In tal caso, l’onere motivazionale, ex se pur sempre necessario, nel senso della riedizione dell’interdittiva, sarebbe ben più attenuto.
Rebus sic stantibus, una riedizione del provvedimento interdittivo richiede una motivazione accurata, la quale evidenzi, in base però ad elementi indiziari nuovi (non necessariamente sopravvenuti, ma anche preesistenti, purché preventivamente non conosciuti, e/o che siano divenuti funditus suscettibili di apprezzamento in una nuova chiave di lettura indiziaria univoca), che una simile azienda agricola sia cointeressata – secondo un meditato giudizio di prognosi del pericolo di c.d. infiltrazione mafiosa, sulla base del paradigma guida del “più probabile che non” talvolta definito come verosimiglianza o probabilità cruciale (Cons. St., sez. III, 13 agosto 2018 n. 4938; Cons. St., sez. III, 14 settembre 2018 n. 5410; T.A.R. Puglia, sez. II, 18 febbraio 2020 n. 275) – a fenomeni di permeabilità di tipo mafioso sia se di indole compiacente sia se perlomeno a carattere soggiacente.
Ma di tanto deve prodursi una evidenziata motivazione congrua, sulla base di atti istruttori di supporto univoci, che non si limitino a ripetere, in modo succinto, la mera permanenza di rapporti di parentela, senza indicazione di effettivi collegamenti con detti parenti, e/o che si limitino – con inammissibile inferenza logica al negativo – a “non escludere” che possa persistere un pericolo, il che equivale a non aver contezza di alcunché (cfr. nota Comando prov. Carabinieri del 14 settembre 2022).
Pertanto, il Collegio non può che ravvisare l’illegittimità del provvedimento impugnato, segnatamente per in nuce carenza motivazionale, con peculiare riferimento alle dedotte II e III censura di ricorso, potendo assorbirsi la I censura, che riporta doglianze vertenti sul profilo prettamente procedimentale.
5.- In conclusione, per le motivazioni esposte, il provvedimento della Prefettura di Foggia prot. n. 67147 del 22 settembre 2022 risulta carente di adeguata motivazione e pertanto va annullato.
6.- Le spese del giudizio possono essere compensate tra le parti per la peculiarità del contenzioso.
P.Q.M.
il Tribunale amministrativo regionale per la Puglia (sezione seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l’effetto annulla il provvedimento interdittivo antimafia della Prefettura di Foggia prot. n. 67147 del 22 settembre 2022 nei sensi in motivazione.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all’articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 (e degli articoli 5 e 6 del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016), a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all’oscuramento delle generalità.
Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 13 dicembre 2022 con l’intervento dei magistrati:
Rita Tricarico, Presidente FF
Alfredo Giuseppe Allegretta, Consigliere
Lorenzo Ieva, Primo Referendario, Estensore