+39-0941.327734 abbonati@ambientediritto.it
Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Sicurezza sul lavoro Numero: 698 | Data di udienza: 23 Febbraio 2021

SICUREZZA SUL LAVORO – Art. 14 d.lgs. n. 81/2008 – Provvedimento di sospensione – Fine specifico del contrasto al fenomeno del lavoro sommerso – Questioni in ordine alla liceità contrattuale del distacco (art. 30 d.lgs. n. 276/2003) – Inidoneità a giustificare il provvedimento di sospensione – Natura giuridica – Provvedimento discrezionale avente finalità cautelare di tutela dei lavoratori – Presupposti e limiti (Si ringrazia il dott. Lorenzo Ieva per la segnalazione)


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 2^
Regione: Puglia
Città: Bari
Data di pubblicazione: 21 Aprile 2021
Numero: 698
Data di udienza: 23 Febbraio 2021
Presidente: Adamo
Estensore: Ieva


Premassima

SICUREZZA SUL LAVORO – Art. 14 d.lgs. n. 81/2008 – Provvedimento di sospensione – Fine specifico del contrasto al fenomeno del lavoro sommerso – Questioni in ordine alla liceità contrattuale del distacco (art. 30 d.lgs. n. 276/2003) – Inidoneità a giustificare il provvedimento di sospensione – Natura giuridica – Provvedimento discrezionale avente finalità cautelare di tutela dei lavoratori – Presupposti e limiti (Si ringrazia il dott. Lorenzo Ieva per la segnalazione)



Massima

TAR PUGLIA, Bari, Sez. 2^ – 21 aprile 2021, n. 698

SICUREZZA SUL LAVORO – Art. 14 d.lgs. n. 81/2008 – Provvedimento di sospensione – Fine specifico del contrasto al fenomeno del lavoro sommerso – Questioni in ordine alla liceità contrattuale del distacco (art. 30 d.lgs. n. 276/2003) – Inidoneità a giustificare il provvedimento di sospensione.

Il provvedimento di sospensione, ai sensi l’art. 14 (Disposizioni per il contrasto del lavoro irregolare e per la tutela della salute e sicurezza dei lavoratori) del d.lgs. 9 aprile 2008 n. 81 (t. u. salute e sicurezza sui luoghi di lavoro) non può applicarsi all’ipotesi di distacco, regolato dall’art. 30 del d.lgs. 10 settembre 2003 n. 276, di lavoratori comunque risultanti regolarmente assunti presso l’impresa distaccante. Infatti, il predetto articolo 14 del d.lgs. n. 81 prevede il potere di sospensione, oltreché per assicurare la tutela dei lavoratori alla salute e sicurezza sui luoghi di lavoro, anche al diverso fine specifico di “contrastare il fenomeno del lavoro sommerso e irregolare”. Le eventuali questioni circa la correttezza dell’inquadramento lavorativo e la liceità contrattuale del distacco operato, le quali però non possono ritenersi di per se stesse idonee a giustificare il provvedimento di sospensione.

Precedente
SICUREZZA SUL LAVORO – Art. 14 d.lgs. n. 81/2008 – Provvedimento di sospensione – Natura giuridica – Provvedimento discrezionale avente finalità cautelare di tutela dei lavoratori – Presupposti e limiti.

Il provvedimento di sospensione ex art. 14 d.lgs. n. 81/2008 ha natura amministrativa e deve essere motivato in funzione “garantistica” a tutela del destinatario dell’atto sfavorevole, con valorizzazione della c.d. motivazione discorsiva del provvedimento (così Corte cost. 5 novembre 2010 n. 310) e ha l’effetto di incidere sul normale svolgimento dell’attività lavorativa e imprenditoriale, allo scopo di evitare che l’attività economica possa recar danno alla sicurezza, libertà e dignità dei lavoratori (art. 41 Cost.). Il provvedimento di sospensione in questione svolge la funzione di rafforzare l’adempimento dell’obbligo di assunzione dei lavoratori, è discrezionale quanto al suo esercizio, dunque deve essere proporzionato al fine per il quale il potere legittimante viene esercitato, ergo necessita sempre di una congrua motivazione, non essendo sufficiente la citazione dei riferimenti normativi di legge, di norme interne (circolari), o di prassi (risposte a interpello).

Pres. Adamo, Est. Ieva – A.F. (avv. Losapio) c. Ministero del lavoro e delle politiche sociali – Direzione territoriale del lavoro di Bari (Avv. Stato)


Allegato


Titolo Completo

TAR PUGLIA, Bari, Sez. 2^ - 21 aprile 2021, n. 698

SENTENZA

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale omissis del 2016, proposto dal signor Altamura Francesco in qualità di titolare della omonima azienda agricola, rappresentato e difeso dall’avv. Michele Corradino Losapio, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Pasquale Lastella in Bari alla via Sagarriga Visconti n. 11 e con domicilio digitale come da P.E.C. iscritta al registro generale degli indirizzi elettronici (ReGIndE);
contro
Ministero del lavoro e delle politiche sociali – Direzione territoriale del lavoro di Bari, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura distrettuale dello Stato, domiciliataria ex lege in Bari alla via Melo n. 97;
per l’annullamento
– del diniego di revoca in autotutela emesso dalla Direzione territoriale del lavoro di Bari del Ministero del lavoro e delle politiche sociali in data 16 marzo 2016, prot. n. 22241, per asserita insussistenza dei presupposti di cui all’art. 30 del d.lgs. 10 settembre 2003 n. 276, con conferma del provvedimento;
– del provvedimento di sospensione dell’attività imprenditoriale emesso dalla Direzione territoriale del lavoro di Bari del Ministero del lavoro e delle politiche sociali del 10 febbraio 2016, notificato in pari data, con il quale, con decorrenza dalle ore 12,00 del giorno 11 febbraio 2016, è stato inibito lo svolgimento di attività imprenditoriale sul fondo rustico sito in agro Corato alla contrada “Miniello”;
– del verbale di primo accesso ispettivo n. 107/150 del 10.2.2016;
– di ogni altro atto presupposto o conseguente, ancorché non conosciuto;

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Ministero del lavoro e delle politiche sociali, Direzione territoriale del lavoro di Bari;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 23 febbraio 2021 il dott. Lorenzo Ieva;
Dato atto che l’udienza si tiene mediante collegamento da remoto in videoconferenza, secondo quanto disposto dall’art. 25 del decreto-legge 28 ottobre 2020 n. 137 e dall’art. 4, comma 1, del decreto-legge 30 aprile 2020 n. 28, convertito con modificazioni dalla legge 25 giugno 2020 n. 70, mediante la piattaforma in uso presso la Giustizia amministrativa, di cui all’allegato 3 al decreto del Presidente del Consiglio di Stato del 22 maggio 2020 n. 134;
Nessun atto è stato depositato dalle parti ai fini della presenza a verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1.- Con ricorso depositato come previsto in rito, l’impresa agricola individuale in epigrafe impugnava il provvedimento di sospensione dell’attività lavorativa, adottato da alcuni ispettori della Direzione territoriale del lavoro di Bari, che avevano rinvenuto intenti al lavoro nei campi della predetta azienda alcuni lavoratori ritenuti però non in piena regola, rispetto agli obblighi di assunzione previsti dalle disposizioni in materia.
In particolare, come da atti istruttori depositati, il giorno dell’accesso ispettivo nell’agro di Corato (BA), nei terreni di proprietà del ricorrente, venivano trovati intenti al lavoro di potatura di alberi di ulivo, nove lavoratori, dei quali quattro erano provvisti di regolare assunzione in capo all’azienda agricola del signor Francesco Altamura, mentre gli altri cinque risultavano assunti presso l’azienda agricola della sorella Nunzia Tiziana Altamura, ma comandati in distacco, ai sensi dell’art. 30 del d.lgs. 10 settembre 2003 n. 276.
Presente sul luogo di lavoro il giorno dell’accesso ispettivo, il signor Altamura dichiarava agli ispettori, come da verbale contestuale, la condizione di distacco di taluni lavoratori.
Opposta istanza di annullamento in autotutela avverso il provvedimento, la Direzione territoriale del lavoro replicava, senza argomentare, che non sussistevano i presupposti di cui all’art. 30 del d.lgs. 10 settembre 2003 n. 276, alla stregua della prassi e delle circolari ministeriali in materia.
Tale atto veniva impugnato dall’interessato imprenditore agricolo, unitamente al provvedimento di sospensione.
2.- Si costituiva l’intimato organo periferico del Ministero, con mero atto formale, nulla contestando specificamente, neanche con seguente memoria difensiva.
3.- Alla fissata udienza in camera di consiglio, il provvedimento impugnato veniva indi sospeso, appalesandosi la censurata carenza di motivazione, in particolare in ordine alla circostanza per la quale i dipendenti erano stati comunque tutti regolarmente assunti, sia pure da parte di parente di primo grado del soggetto gravato, ed indi posti temporaneamente in distacco.
4.- L’Avvocatura di Stato produceva documenti, segnatamente circolari del Ministero del lavoro; non articolava specifica difesa.
5.- Alla fissata udienza pubblica, nessuna parte comparsa, il ricorso veniva introitato in decisione.
6.- Il ricorso è fondato.
Con tre distinti motivi, considerabili unitariamente, stante l’unitaria ratio di contenuto, l’istante censura la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 30 (Distacco) del d.lgs. 10 settembre 2003 n. 276, nonché dell’art. 2013 codice civile, l’eccesso di potere per erroneità dei presupposti e travisamento dei fatti, ingiustizia manifesta, carenza istruttoria, violazione del contraddittorio endo-procedimentale, difetto di motivazione.
Viene evidenziato e dimostrato che taluni dei lavoratori in questione erano stati assunti regolarmente dall’azienda agricola della signora Nunzia Tiziana Altamura e che, in qualità di esperti “potatori”, erano stati temporaneamente impiegati per completare l’attività lavorativa in un campo del fratello signor Francesco Altamura.
Requisiti del distacco sono: a) l’esistenza di un specifico interesse del datore di lavoro distaccante, anche di tipo non economico (di norma presunto nel caso di imprese collegate in un contratto di rete, ai sensi dell’art. 30, comma 4-ter, del d.lgs. 276 cit., o nell’ambito di un gruppo di imprese (interpello Min. lavoro 1/2017); b) lo svolgimento di una temporanea e determinata attività lavorativa.
Il punto fondamentale dell’impugnazione è costituito dalla contestazione che il provvedimento di sospensione, ai sensi l’art. 14 (Disposizioni per il contrasto del lavoro irregolare e per la tutela della salute e sicurezza dei lavoratori) del d.lgs. 9 aprile 2008 n. 81 (t. u. salute e sicurezza sui luoghi di lavoro) possa applicarsi all’ipotesi di distacco, regolato dall’art. 30 del d.lgs. 10 settembre 2003 n. 276, di lavoratori comunque risultanti regolarmente assunti presso l’impresa distaccante.
Infatti, il predetto articolo 14 del d.lgs. n. 81 prevede il potere di sospensione, oltreché per assicurare la tutela dei lavoratori alla salute e sicurezza sui luoghi di lavoro, anche al diverso fine specifico di “contrastare il fenomeno del lavoro sommerso e irregolare”.
In questo caso, gli organi di vigilanza del Ministero del lavoro “possono adottare” (e non già devono) provvedimenti di sospensione, in relazione alla parte dell’attività imprenditoriale interessata dalle violazioni, se riscontrano “l’impiego di personale non risultante dalla documentazione obbligatoria” dell’azienda in misura pari o superiore al 20% del totale dei lavoratori presenti sul luogo di lavoro.
Ai sensi dell’art. 14, comma 11-bis, secondo periodo, del d.lgs. 81 citato, gli effetti della sospensione, nelle ipotesi di lavoro irregolare, “possono essere fatti decorrere dalle ore dodici del giorno lavorativo successivo ovvero dalla cessazione dell’attività lavorativa in corso che non può essere interrotta, salvo che non si riscontrino situazioni di pericolo imminente o di grave rischio per la salute dei lavoratori o dei terzi”.
Peraltro, l’art. 14, comma 10, del d.lgs. n. 81 citato prevede che il datore di lavoro che non ottemperi al provvedimento di sospensione commetta una fattispecie di reato contravvenzionale, sanzionato con pena alternativa dell’arresto o dell’ammenda.
In tema va però subito evidenziato che la Corte costituzionale, con la sentenza del 5 novembre 2010 n. 310, ha dichiarato l’illegittimità della norma, nella parte in cui aveva previsto che non si applicassero le disposizioni di cui alla legge 7 agosto 1990 n. 241 sulla disciplina generale del procedimento amministrativo, tra cui v’è l’obbligo di puntuale motivazione del provvedimento.
Più specificamente, la Corte costituzionale ha sancito che “l’esigenza di conoscibilità dell’azione amministrativa si realizza attraverso la motivazione, in quanto strumento volto ad esternare le ragioni ed il procedimento logico seguiti dalla autorità amministrativa […]”, per cui “la giusta e doverosa finalità di tutelare la salute e sicurezza dei lavoratori, nonché di contrastare il fenomeno del lavoro sommerso ed irregolare, non è in alcun modo compromessa dall’esigenza che l’amministrazione procedente dia conto, con apposita motivazione, dei presupposti di fatto e delle ragioni giuridiche che ne hanno determinato la decisione, con riferimento alle risultanze dell’istruttoria”.
In merito, le depositate note e circolari del Ministero, in ordine all’istituto giuridico del “distacco” del lavoratore, sottolineano la necessità di approfondire sempre, da parte dei funzionari ispettivi, il requisito del specifico interesse del datore di lavoro che dispone il distacco, ossia nel caso concreto dell’impresa della sorella del sanzionato nei confronti dell’impresa del fratello.
In disparte l’analisi e l’applicazione dell’istituto del “distacco” del lavoratore, quel che più conta, però, nell’odierna controversia, è l’evidente eccesso di potere con riguardo al difetto d’istruttoria e di motivazione, che inficia il provvedimento, in quanto il potere di sospensione dell’attività è stato esercitato in una fattispecie nella quale comunque tutti i lavoratori erano assunti, senza motivarne adeguatamente la necessità.
La circolare del 10 novembre 2009 n. 33 chiarisce che per lavoratore “a nero” debba propriamente intendersi quel lavoratore che sia in toto sconosciuto ai preposti uffici della P.A., ossia nella sostanza ai centri dell’impiego (ex collocamento), ai quali, nella generalità dei casi di assunzione di lavoratori, va effettuata la comunicazione obbligatoriamente prevista dalle leggi speciali in materia.
Perciò, rebus sic stantibus, non sussisteva il presupposto e la finalità di “contrastare il fenomeno del lavoro sommerso e irregolare” – per indi riparare alla lesione dei diritti dei lavoratori in ordine alla retribuzione e alla posizione previdenziale e assistenziale – richiamato dalla norma, che attribuisce la facoltà, epperò da motivarsi puntualmente, di esercitare il potere di sospensione.
Nel caso di specie, il provvedimento di sospensione della Direzione territoriale del lavoro avrebbe dovuto ‘dimostrare’ la sussistenza del presupposto fondamentale dello stesso provvedimento, ossia il lavoro sommerso o irregolare (o c.d. “a nero”), predicato però con riferimento alla fattispecie del “disconoscimento” della validità del distacco disposto. Ciò in presenza di lavoratori assunti in capo al datore di lavoro distaccante e dunque distaccati per un specifico interesse anche di tipo non economico (eventualmente sussistente tra i stretti familiari esercenti la stessa attività), per una temporanea e determinata attività per la quale il distacco è stato disposto (ossia la lavorazione non comune o generica bensì specializzata della potatura di alberi).
Nel particolare settore produttivo agricolo, invero, la legislazione in materia già conferisce rilevanza al “mutuo aiuto” tra stretti familiari, talché non integrano rapporto di lavoro le prestazioni svolte da parenti sino al quarto grado, reso in modo in toto occasionale (o ricorrente di breve periodo), senza corresponsione di compensi, salvo le spese di mantenimento e di esecuzione dei lavori (art. 74 del d.lgs. 10 settembre 2003 n. 276).
Inoltre, è noto che l’attività di potatura consista in una gamma di pratiche agricole atte a modificare il modo naturale di vegetare e di fruttificare di una pianta, con interventi essenzialmente cesori per migliorare la posizione dei rami e con altri interventi (trattamenti con fitoregolatori), che viene svolta solo in determinati periodi di tempo nell’annata agraria e solo se necessari, da parte di manodopera specializzata, e si esaurisce in una sola o poche giornate lavorative (anche a seconda dell’estensione della piantagione).
Non v’è adeguata motivazione sul punto negli atti gravati, bensì un mero richiamo alle norme, peraltro nell’applicazione di un potere che, in quanto è sia particolarmente “invasivo” della libertà d’impresa (art. 41 Cost.,) sia nient’affatto obbligatorio o vincolato, deve essere proporzionato al fine perseguito (art. 9, comma 1, della legge 11 novembre 2011 n. 180) e corredato da puntuale motivazione circa i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche (art. 3 della legge 7 agosto 1990 n. 241).
Dal complesso della disciplina del potere discrezionale di sospensione si evince altresì la natura di misura cautelare dell’ordine di sospendere l’attività lavorativa, onde riuscire ad evitare, nella peculiare fattispecie concreta di volta in volta rilevata dall’organo ispettivo, la compromissione dei diritti dei lavoratori coinvolti, con riferimento all’omessa assunzione o alla sicurezza lavorativa, tant’è che l’efficacia del provvedimento inibitorio è, di norma, differita alla cessazione dell’attività lavorativa (art. 14, comma 11-bis, secondo periodo, del d.lgs. 81 cit.).
Orbene, l’ordine di sospensione dell’attività lavorativa è un provvedimento autoritativo a carattere discrezionale di tipo interdittivo, emanato con finalità cautelari, in presenza dei relativi presupposti. Non è dunque un provvedimento prettamente sanzionatorio. Nella materia del contrasto del lavoro c.d. nero, vi sono diverse specifiche sanzioni amministrative (e talora penali) che si muovono su un altro piano.
Il provvedimento di sospensione, invece, ha natura amministrativa e deve essere motivato in funzione “garantistica” a tutela del destinatario dell’atto sfavorevole, con valorizzazione della c.d. motivazione discorsiva del provvedimento (così Corte cost. 5 novembre 2010 n. 310) e ha l’effetto di incidere sul normale svolgimento dell’attività lavorativa e imprenditoriale, allo scopo di evitare che l’attività economica possa recar danno alla sicurezza, libertà e dignità dei lavoratori (art. 41 Cost.).
Nel caso di specie, la sospensione dell’attività lavorativa è stata disposta, con effetto dalle ore 12 del giorno 11 febbraio 2016, seguente quello dell’accesso ispettivo del 10 febbraio 2016.
Ancor più, dunque, non si comprende l’utilizzo del potere di sospensione adottato in una fattispecie di lavorazione specializzata e temporanea (potatura di alberi di ulivo), per di più da parte di lavoratori assunti, in quanto noti ai competenti uffici di collocamento, al più ponendosi a latere eventuali questioni circa la correttezza dell’inquadramento lavorativo e la liceità contrattuale del distacco operato, le quali però non possono ritenersi di per se stesse idonee a giustificare il provvedimento di sospensione.
In ultima analisi, il provvedimento di sospensione in questione svolge la funzione di rafforzare l’adempimento dell’obbligo di assunzione dei lavoratori, è discrezionale quanto al suo esercizio, dunque deve essere proporzionato al fine per il quale il potere legittimante viene esercitato, ergo necessita sempre di una congrua motivazione, non essendo sufficiente la citazione dei riferimenti normativi di legge, di norme interne (circolari), o di prassi (risposte a interpello).
In tal senso, si era invero già espressa in sintesi l’ordinanza cautelare di sospensione adottata dalla Sezione.
7.- In conclusione, il ricorso va accolto, per le sopraesposte motivazioni, con annullamento degli atti gravati.
8.- Le spese vanno tuttavia compensate per la parziale novità, complessità e peculiarità delle questioni poste.

P.Q.M.

il Tribunale amministrativo regionale per la Puglia, sezione II, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, annulla gli atti impugnati.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 23 febbraio 2021, tenutasi mediante collegamento da remoto in videoconferenza, secondo quanto disposto dall’art. 25 del decreto-legge 28 ottobre 2020 n. 137, convertito con modificazioni nella legge 18 dicembre 2020 n. 176, con l’intervento dei magistrati:
Giuseppina Adamo, Presidente
Donatella Testini, Primo Referendario
Lorenzo Ieva, Referendario, Estensore

Iscriviti alla Newsletter GRATUITA

Ricevi gratuitamente la News Letter con le novità di AmbienteDiritto.it e QuotidianoLegale.

N.B.: se non ricevi la News Letter occorre una nuova iscrizione, il sistema elimina l'e-mail non attive o non funzionanti.

ISCRIVITI SUBITO


Iscirizione/cancellazione

Grazie, per esserti iscritto alla newsletter!