* INQUINAMENTO DEL SUOLO – Bonifica – Proprietario incolpevole – Art. 245, c. 2 d.lgs. n. 152/2006 – Imminenza del fatto – Misure di prevenzione.
Provvedimento: Sentenza
Sezione: 3^
Regione: Puglia
Città: Lecce
Data di pubblicazione: 13 Febbraio 2018
Numero: 295
Data di udienza: 6 Febbraio 2018
Presidente: d'Arpe
Estensore: Lariccia
Premassima
* INQUINAMENTO DEL SUOLO – Bonifica – Proprietario incolpevole – Art. 245, c. 2 d.lgs. n. 152/2006 – Imminenza del fatto – Misure di prevenzione.
Massima
TAR PUGLIA, Lecce, Sez. 3^ – 14 febbraio 2018, n. 295
INQUINAMENTO DEL SUOLO – Bonifica – Proprietario incolpevole – Art. 245, c. 2 d.lgs. n. 152/2006 – Imminenza del fatto – Misure di prevenzione.
In caso di contaminazione di un sito, il proprietario incolpevole può essere chiamato ad agire in proprio, ai sensi dell’art. 245 secondo comma del Decreto Legislativo n° 152/2006, solo nell’imminenza del fatto o della scoperta di esso, quando occorre attivarsi senza indugio per inibire o comunque limitare le conseguenze dannose provocate dall’abbandono di sostanze nocive, e le relative operazioni debbano essere eseguite nell’immediatezza e senza ritardo (misure di prevenzione contemplate dall’art. 240 primo comma lett. “i” del Decreto Legislativo n° 152/2006)
Pres. d’Arpe, Est. Lariccia – V.G. e altri (avv.ti Quinto e Quinto) c. Provincia di Taranto (avv. Semeraro)
Allegato
Titolo Completo
TAR PUGLIA, Lecce, Sez. 3^ - 13 febbraio 2018, n. 295SENTENZA
TAR PUGLIA, Lecce, Sez. 3^ – 14 febbraio 2018, n. 295
Pubblicato il 14/02/2018
N. 00295/2018 REG.PROV.COLL.
N. 00750/2017 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
Lecce – Sezione Terza
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 750 del 2017, proposto da:
Vergine Giuseppe, Vergine Giovanna, Vergine Anna Maria, Vergine Dino, rappresentati e difesi dagli avvocati Pietro Quinto e Luigi Quinto, con domicilio eletto presso lo studio Pietro Quinto in Lecce, via Giuseppe Garibaldi, 43;
contro
Provincia di Taranto, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall’avvocato Cesare Semeraro, con domicilio eletto presso lo studio Angelo Vantaggiato in Lecce, via Zanardelli, 7;
per l’annullamento
– dell’ordinanza n° 11032 del 31/3/2017, notificata il 10/4/2017, nella parte in cui il Dirigente del Settore Ecologia ed Ambiente della Provincia di Taranto ha ordinato ai ricorrenti, in qualità di proprietari delle aree su cui insiste la discarica per rifiuti speciali non pericolosi, ubicata a Taranto in Località “Palombara”, l’esecuzione di una serie di attività di prevenzione, di messa in sicurezza e di bonifica del sito;
– di ogni altro atto e/o provvedimento connesso, presupposto e/o conseguenziale, ivi compreso, ove occorra, l’avviso di avvio del procedimento del 14/12/2016;
– e per il risarcimento del danno.
Visto il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio della Provincia di Taranto;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 6 febbraio 2018 la dott.ssa Antonella Lariccia e uditi l’avv. A. Quinto, in sostituzione degli avv.ti L. e P. Quinto, e l’avv. A. Vantaggiato, in sostituzione dell’avv. C. Semeraro;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Con ricorso notificato in data 30.05.2017, i sig.ri Vergine Giuseppe, Vergine Giovanna, Vergine Anna Maria e Vergine Dino invocano l’annullamento, previa sospensione, degli atti in epigrafe indicati lamentando:
– Violazione e falsa applicazione dell’art. 7 della L. 241/1990;
– Violazione e falsa applicazione degli artt. 244 e 245 del Decreto Lgs n° 152/2006;
– Violazione e falsa applicazione dell’art. 245 del Decreto Lgs n° 152/2006 sotto altro profilo;
– Eccesso di potere per sviamento.
Espongono, in particolare, i ricorrenti di essere proprietari delle aree site in Taranto, località “Palombara”, sulle quali insiste una discarica per rifiuti speciali non pericolosi e di avere ricevuto, con l’impugnata ordinanza dirigenziale n° 11032 del 31/3/2017, notificata il 10/4/2017, in qualità di proprietari non responsabili dell’inquinamento, – unitamente alla Società Vergine s.r.l. in liquidazione nella qualità di responsabile dell’inquinamento stesso -, l’ingiunzione a porre in essere una serie di attività, preordinate alla rimozione e/o isolamento delle fonti che hanno prodotto il superamento delle C.S.C. (concentrazioni soglia di contaminazione) nelle acque di falda prelevate dai pozzi spia della discarica “Palombara”, nonché preordinate ad evitare la diffusione delle fonti inquinanti stesse, definite nella predetta ordinanza alla stregua di attività di prevenzione e di messa in sicurezza, ma che configurano invece, secondo i ricorrenti, un vero e proprio ordine di bonifica non solo del sito ma anche della falda acquifera sottostante.
Si è costituita in giudizio la Provincia di Taranto sostenendo l’infondatezza nel merito dello spiegato ricorso e codesto T.A.R., con ordinanza cautelare n° 384 del 26.07.2017, ha concesso l’invocata sospensiva; quindi, all’udienza pubblica del 06.02.2018, sulle conclusioni delle parti, la causa è stata trattenuta per la decisione.
Ciò posto, osserva il Collegio che lo spiegato ricorso è fondato nel merito e deve trovare accoglimento nei sensi e limiti di seguito indicati.
Ed invero, è noto come l’art. 192 del Decreto Legislativo n. 152/2006, dopo aver vietato, ai commi 1 e 2, il deposito, immissione e abbandono incontrollato di rifiuti, fa obbligo a chiunque violi i suddetti divieti, di “… procedere alla rimozione, all’avvio a recupero o allo smaltimento dei rifiuti ed al ripristino dello stato dei luoghi in solido con il proprietario e con i titolari di diritti reali o personali di godimento sull’area ai quali tale violazione sia imputabile a titolo di dolo o colpa” (comma 3), mentre il comma 4 dell’art 244 del Decreto Legislativo citato prevede che “Se il responsabile non sia individuabile o non provveda e non provveda il proprietario del sito né altro soggetto interessato, gli interventi che risultassero necessari ai sensi delle disposizioni di cui al presente titolo sono adottati dall’amministrazione competente in conformità a quanto disposto dall’articolo 250”.
Al riguardo, è stato osservato da condivisibile giurisprudenza che “alla rimozione dei rifiuti è tenuto il responsabile dell’abbandono o del deposito dei rifiuti; in via solidale il proprietario o chi abbia a qualunque titolo la disponibilità del sito ove ad esso sia imputabile l’abbandono dei rifiuti a titolo di dolo o colpa; non è configurabile una responsabilità oggettiva a carico del proprietario o di coloro che a qualunque titolo abbiano la disponibilità dell’area interessata dall’abbandono dei rifiuti” (Consiglio di Stato Sez. V, 22.02.2016, n. 705).
Del resto, come a suo tempo sottolineato dal Consiglio di Stato (Adunanza plenaria n. 21/2013), in ossequio al principio "chi inquina paga", può imporsi l’obbligo di riparazione a carico degli operatori economici o dei proprietari o titolari di un diritto di godimento su un sito inquinato, solo in misura corrispondente al loro effettivo contributo al verificarsi dell’inquinamento o al rischio di inquinamento.
Al riguardo, è stato già in passato osservato da codesta Sezione che “alla stregua dell’insegnamento giurisprudenziale prevalente e preferibile, gli artt. 244, 245 e 253 del Decreto Legislativo 3 Aprile 2006 n° 152 e ss.mm. vanno interpretati (in virtù dei consueti ortodossi canoni ermeneutici) nel senso che, in caso di accertata contaminazione di un sito e di impossibilità di ottenere dal soggetto responsabile interventi di riparazione, la Pubblica Amministrazione competente non può imporre al proprietario non responsabile (che ha solo una responsabilità patrimoniale limitata al valore del sito dopo l’esecuzione degli interventi di bonifica) l’esecuzione delle misure di sicurezza d’emergenza e di bonifica (Cfr.: Consiglio di Stato, Adunanza plenaria, 25 Settembre 2013 n° 21)”. (cfr. T.A.R. Puglia Lecce, sez. III, sentenza 22/2/2017 n. 325).
E’ necessario, altresì, premettere che l’art. 240 primo comma lett. i) del Decreto Legislativo n. 152/2006, definisce a sua volta le misure prevenzione come “le iniziative per contrastare un evento, un atto o un’omissione che ha creato una minaccia imminente per la salute o per l’ambiente, intesa come rischio sufficientemente probabile che si verifichi un danno sotto il profilo sanitario o ambientale in un futuro prossimo, al fine di impedire o minimizzare il realizzarsi di tale minaccia”; invece, l’art. 245 del Decreto citato, nel disciplinare gli obblighi di intervento e di notifica da parte dei soggetti non responsabili della potenziale contaminazione, al comma 2 espressamente prevede che “fatti salvi gli obblighi del responsabile della potenziale contaminazione di cui all’articolo 242, il proprietario o il gestore dell’area che rilevi il superamento o il pericolo concreto e attuale del superamento delle concentrazione soglia di contaminazione (CSC) deve darne comunicazione alla regione, alla provincia ed al comune territorialmente competenti e attuare le misure di prevenzione secondo la procedura di cui all’articolo 242. La provincia, una volta ricevute le comunicazioni di cui sopra, si attiva, sentito il comune, per l’identificazione del soggetto responsabile al fine di dar corso agli interventi di bonifica. È comunque riconosciuta al proprietario o ad altro soggetto interessato la facoltà di intervenire in qualunque momento volontariamente per la realizzazione degli interventi di bonifica necessari nell’ambito del sito in proprietà o disponibilità”.
Come stato efficacemente sintetizzato dalla condivisibile giurisprudenza amministrativa, “la bonifica può essere imposta solo a chi abbia inquinato, optando per la responsabilità solo patrimoniale del proprietario non responsabile, salvi gli oneri relativi agli interventi di urgenza e salva la facoltà di eseguire spontaneamente gli interventi di bonifica ambientale (articolo 253 del codice dell’ambiente). Conseguentemente, il proprietario, ai sensi dell’articolo 245, comma 2, dello stesso decreto legislativo, è tenuto soltanto ad adottare le misure di prevenzione di cui all’articolo 240, comma 1, lettera i), che le definisce come “le iniziative per contrastare un evento, un atto o un’omissione che ha creato una minaccia imminente per la salute o per l’ambiente intesa come rischio sufficientemente probabile che si verifichi un danno sotto il profilo sanitario o ambientale in un futuro prossimo, al fine di impedire o minimizzare il realizzarsi di tale minaccia”, mentre gli interventi di riparazione, messa in sicurezza, bonifica e ripristino gravano esclusivamente sul responsabile della contaminazione e cioè sul soggetto al quale sia imputabile, almeno sotto il profilo oggettivo, l’inquinamento (articolo 244, comma 2). Se il responsabile non sia individuabile o non provveda (e non provveda spontaneamente il proprietario del sito o altro soggetto interessato), gli interventi che risultassero necessari debbono essere adottati dalla P.A. competente (articolo 244, comma 4), che potrà recuperare quanto speso nei confronti anche del proprietario, nei limiti del valore di mercato del sito” (cfr. Tar Lombardia, Brescia sez. I, sentenza 29/8/2016 n. 1161).
Fatta questa doverosa premessa sul quadro normativo di riferimento e sugli approdi interpretativi cui è pervenuta la condivisibile giurisprudenza che si è espressa sul tema, non resta al Collegio che sottolineare in punto di fatto come, nella fattispecie oggetto del presente giudizio, i ricorrenti risultano pacificamente non responsabili della causazione dell’inquinamento del sito – essendo i medesimi qualificati in tali termini dallo stesso provvedimento impugnato -, e che il rilevato superamento delle concentrazioni soglia di contaminazione nelle acque di falda prelevate dai pozzi spia della discarica “Palombara”, risulta accertato già almeno dal giugno del 2016, come si evince chiaramente sempre dal medesimo provvedimento impugnato, che da espressamente conto, nelle premesse, di una nota regionale prot. 5933 del 30.06.2016 (quindi risalente a quasi un anno prima dell’emissione del provvedimento stesso), in cui già si dà atto dell’accertato superamento delle C.S.C. nel menzionato sito; peraltro, emerge altresì dagli atti del giudizio (ed in particolare, dalla sentenza del T.A.R. Puglia – Lecce n° 1023/2016) che, già con ordinanza n° 58 del 13.11.2015, era stato ingiunto ai ricorrenti, da parte del Sindaco del Comune di Taranto, l’avvio di lavori di rimozione e smaltimento del percolato presente all’interno della discarica, nonché la predisposizione di un piano finalizzato ad evitarne il successivo accumulo, sostanzialmente analoghi ad una parte degli interventi che vengono loro imposti dall’ordinanza impugnata nel presente giudizio, a riprova della risalenza nel tempo della situazione di inquinamento dell’area di loro proprietà.
Da quanto sin qui osservato, appare evidente che l’ordinanza impugnata, nella parte in cui impone anche ai ricorrenti, in qualità di proprietari delle aree, non responsabili dell’inquinamento, l’esecuzione di tutte le attività ivi dettagliatamente previste, risulta in parte qua illegittima, essendo evidente che nel caso di specie non vengono imposte misure emergenziali preordinate a scongiurare il verificarsi o l’aggravarsi dell’inquinamento da eseguire nell’imminenza del fatto, bensì interventi atti a fronteggiare e contenere l’inquinamento del sito ormai risalente nel tempo.
Orbene, posto che, per quanto sin qui osservato, il proprietario incolpevole può essere chiamato ad agire in proprio, ai sensi dell’art. 245 secondo comma del Decreto Legislativo n° 152/2006, solo nell’imminenza del fatto o della scoperta di esso, quando occorre attivarsi senza indugio per inibire o comunque limitare le conseguenze dannose provocate dall’abbandono di sostanze nocive, e le relative operazioni debbano essere eseguite nell’immediatezza e senza ritardo (misure di prevenzione contemplate dall’art. 240 primo comma lett. “i” del Decreto Legislativo n° 152/2006), appare evidente come, nella fattispecie concreta che occupa, non sussistano i presupposti per imporre anche ai ricorrenti le attività di cui all’impugnata ordinanza della Provincia di Taranto n°11032 del 31/3/2017, notificata il 10/4/2017, proprio in considerazione del fatto che l’inquinamento del sito di loro proprietà risulta ormai risalente nel tempo.
Non può, invece, trovare accoglimento la spiegata domanda risarcitoria, attesa l’assoluta mancata dimostrazione di eventuali danni effettivamente patiti dai ricorrenti, anche alla luce della tempestiva concessa sospensiva del provvedimento impugnato.
Conclusivamente, per le ragioni sopra sinteticamente illustrate, il ricorso va accolto parzialmente, nei sensi e nei limiti sopra evidenziati, e va – conseguentemente – disposto l’annullamento parziale dell’atto impugnato, nei limiti dell’interesse fatto valere dai proprietari ricorrenti.
Le spese del presente giudizio, ex art. 91 c.p.c., seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia Lecce – Sezione Terza, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie nei sensi e nei limiti di cui in parte motiva, e, per l’effetto, dispone l’annullamento in parte qua dell’impugnata ordinanza n°11032 del 31/3/2017, notificata il 10/4/2017.
Condanna la Provincia di Taranto, in persona del legale rappresentante p.t., alla rifusione delle spese di lite in favore dei ricorrenti che liquida in € 1.000,00 (mille/00) per compensi, oltre accessori di legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Lecce nella camera di consiglio del giorno 6 febbraio 2018 con l’intervento dei magistrati:
Enrico d’Arpe, Presidente
Antonella Lariccia, Referendario, Estensore
Jessica Bonetto, Referendario
L’ESTENSORE
Antonella Lariccia
IL PRESIDENTE
Enrico d’Arpe
IL SEGRETARIO