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Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Diritto urbanistico - edilizia Numero: 917 | Data di udienza: 20 Marzo 2018

DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Rilascio di permesso in sanatoria subordinato alla esecuzione di ulteriori opere edilizie – Contrasto con gli elementi essenziali dell’accertamento di conformità.


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 3^
Regione: Puglia
Città: Lecce
Data di pubblicazione: 29 Maggio 2018
Numero: 917
Data di udienza: 20 Marzo 2018
Presidente: d'Arpe
Estensore: Rotondano


Premassima

DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Rilascio di permesso in sanatoria subordinato alla esecuzione di ulteriori opere edilizie – Contrasto con gli elementi essenziali dell’accertamento di conformità.



Massima

 

TAR PUGLIA, Lecce, Sez. 3^ – 29 maggio 2018, n. 917


DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Rilascio di permesso in sanatoria subordinato alla esecuzione di ulteriori opere edilizie – Contrasto con gli elementi essenziali dell’accertamento di conformità.

Non è ammissibile il rilascio di un permesso di costruire in sanatoria subordinato alla esecuzione di ulteriori opere edilizie, anche se tali interventi sono finalizzati a ricondurre il manufatto nell’alveo della legalità: tanto contrasterebbe ontologicamente con gli elementi essenziali dell’accertamento di conformità, i quali presuppongono la già avvenuta esecuzione delle opere e la loro integrale conformità alla disciplina urbanistica (Consiglio di Stato, IV, 8 settembre 2015, n. 4176)>> (T.A.R. Puglia, Lecce, Sezione Terza, 30 gennaio 2018, n. 126). La cosiddetta sanatoria ordinaria, peraltro, è finalizzata alla regolarizzazione degli abusi meramente formali – vale a dire degli interventi che, pur effettuati senza il preventivo rilascio del titolo abilitativo edilizio, risultano ammissibili sotto l’aspetto urbanistico – e non può riguardare, in conseguenza, gli interventi abusivi che necessitino di ulteriori lavori di regolarizzazione, salvo che si tratti…..di semplice completamento dei lavori già intrapresi (TAR Liguria, Sez. I, sentenza n. 1003 del 16/12/2015>> (T.A.R. Piemonte, Sezione Prima, 4 novembre 2016, n. 1372).

Pres. d’Arpe, Est. Rotondano – P.R. (avv. De Giorgi) c. Comune di Maruggio (n.c.)
 


Allegato


Titolo Completo

TAR PUGLIA, Lecce, Sez. 3^ - 29 maggio 2018, n. 917

SENTENZA

 

TAR PUGLIA, Lecce, Sez. 3^ – 29 maggio 2018, n. 917

Pubblicato il 29/05/2018

N. 00917/2018 REG.PROV.COLL.
N. 01803/2011 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia

Lecce – Sezione Terza

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1803 del 2011, proposto da:
Palummieri Raffaella, rappresentata e difesa dall’Avv. Sergio De Giorgi, con domicilio eletto presso il suo studio in Lecce, via 95° Rgt. Fanteria, n. 9;

contro

Comune di Maruggio, in persona del legale rappresentante pro tempore, non costituito in giudizio;

per l’annullamento:

– del diniego di permesso di costruire in sanatoria opposto con determinazione prot. n. 9315 del 10 agosto 2011, a firma del Responsabile dell’Ufficio “Urbanistica ed Edilizia Privata” del Comune di Maruggio;

– nonché del presupposto preavviso di diniego comunicato, ex art.10 bis della Legge n. 241/1990, con nota prot. n. 7548 del 29 giugno 2011.

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 20 marzo 2018 la dott.ssa Maria Luisa Rotondano e udito per la parte ricorrente l’Avv. S. De Giorgi;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

La ricorrente ha impugnato, domandandone l’annullamento:

1) il “diniego definitivo” di permesso di costruire in sanatoria, ex art. 36 del D.P.R. n. 380/2001, opposto (a definizione dell’istanza di accertamento di conformità presentata dall’interessata il 26 marzo 2010) con provvedimento prot. n. 9315 del 10 agosto 2011, a firma del Responsabile dell’Ufficio “Urbanistica ed Edilizia Privata” del Comune di Maruggio, inerente (cfr. la Relazione Tecnico – sanitaria del marzo 2010, allegata alla domanda del titolo edilizio de quo):

– a due fabbricati, denominati “A” e “B”, dichiaratamente costituenti “abitazioni per la conduzione dell’attività agricola e quindi dell’Azienda agricola condotta dalla committente/proprietaria”, ricadenti in zona agricola dello Strumento Urbanistico Generale del Comune di Maruggio, e precisamente:

– il fabbricato “A”, “realizzato in difformità dalla concessione edilizia n°115 del 17/06/1999 per una superficie coperta complessiva di veranda di mq. 115,62 ed un volume totale di mc. 252,27, mentre la superficie da sanare è di mq. 43,55 ed il volume da sanare è di mc. 206,49 …. Il suddetto fabbricato “A” è composto da un piano scantinato ed un piano terra; il primo è adibito a ricovero macchine agricole, deposito 1 e deposito 2; il secondo è adibito ad abitazione composta da una cucina, un ingresso soggiorno, tre camere da letto, un bagno ed una veranda con copertura in legno”;

– il fabbricato “B”, <<recuperato su un vecchio rudere esistente “Pagliaro o trullo” tipica costruzione agricola degli anni passati in pietra calcarea “rotta”, utilizzati per il ricovero di campagna, come si evince dal Permesso di Costruire n°128 del 06/10/2006 ed in particolare dalla planimetria allegata. Tale fabbricato è composto da un piano terra diviso in due unità abitative, composte da un soggiorno-pranzo con zona cottura, due camere da letto ed un bagno>>; tanto (si veda il diniego gravato) per una superficie coperta dichiarata da sanare di mq 125,14 e un volume dichiarato da sanare di mc 250,72;

– un (asserito) “deposito idrico per uso irriguo con attinente vano tecnico per alloggio pompe di sollevamento ed una cisterna acqua per il fabbisogno igienico sanitario, il tutto completamente interrato”;

2) il presupposto preavviso di diniego comunicato, ex art.10 bis della Legge n. 241/1990, con nota prot. n. 7548 del 29 giugno 2011.

A sostegno dell’impugnazione interposta ha dedotto la seguente unica articolata censura:

1) eccesso di potere, difetto di istruttoria, erronea presupposizione in fatto, violazione e falsa applicazione di legge, difetto di motivazione.

Non si è costituito in giudizio il Comune di Maruggio.

Con memoria depositata il 16 febbraio 2018, la ricorrente ha comunicato di avere presentato al Comune di Maruggio, in data 14 febbraio 2018, “una SCIA per l’accertamento di conformità ex art. 36 DPR 380/2001 dell’ampliamento con modifiche interne ed esterne al fabbricato originariamente assentito con c.e. n.115/1999”, riguardante “l’intero fabbricato” “A”, <<ma non anche il manufatto indicato come “fabbricato B” nella pratica edilizia per cui è causa (per il quale era stata richiesta l’autorizzazione ad interventi di recupero di antico fabbricato rurale) ed il deposito idrico>>, deducendo la sopravvenuta parziale improcedibilità del gravame per sopravvenuta carenza di interesse e chiedendo il rinvio della trattazione del ricorso. Ha, poi, ulteriormente svolto le proprie difese.

All’udienza pubblica del 20 marzo 2018, la causa è stata introitata per la decisione.

DIRITTO

0. – A prescindere dalle prospettate questioni di parziale improcedibilità del gravame, il ricorso è completamente infondato nel merito e deve essere respinto.

1. – Con la prima censura, la ricorrente, con riferimento al fabbricato “A”, deduce l’avvenuto travisamento della volontà manifestata dalla parte medesima, avendo “l’Amministrazione … inteso leggere la proposta avanzata come istanza di sanatoria parziale del medesimo fabbricato, e pertanto inammissibile”, nel mentre, “e ciò è emerso chiaramente dalle controdeduzioni prodotte in data 18.7.2011, la sig.ra Palummieri ha richiesto di essere autorizzata a tenere ferme, mediante sanatoria, le parti di fabbricato costruite in difformità dal titolo edilizio ben evidenziate negli elaborati progettuali, avendo al contempo espresso la determinazione di ridurre la restante parte di fabbricato in conformità al titolo originario, mediante eliminazione delle parziali difformità in esso rilevate”.

1.1 – L’assunto non convince.

Al riguardo, è dirimente (e sufficiente) osservare che, con riferimento al fabbricato “A”, l’istanza di sanatoria del 2010 è stata presentata (inammissibilmente) solo per talune opere abusive e non per altre pure realizzate abusivamente (senza, al contempo, prevederne la demolizione nell’istanza di sanatoria medesima).

Ed invero, tale previsione demolitoria risulta contenuta non già (come necessario) nella domanda di accertamento di conformità, bensì – solo (e, peraltro, in via meramente programmatica) – nella “Risposta al preavviso di diniego art. 10-bis, legge n° 241/1990” del 18 luglio 2011, laddove la sig.ra Palummieri (premesso che il fabbricato “A” è oggetto di contenzioso civile con terzi) “si impegna fin da adesso e comunque a definizione del suddetto procedimento civile, a ripristinare lo stato dei luoghi della porzione di fabbricato …., il tutto in conformità a quanto autorizzato dal Comune di Maruggio con Concessione Edilizia n°115 del 22/07/1999”.

Sicchè immune da vizi risulta il gravato provvedimento, nella parte in cui, con riferimento al fabbricato “A”, motiva il diniego affermando (correttamente) che “l’intervento in sanatoria …. non può interessare solo ed elusivamente parte dell’immobile ma deve essere riferito all’intero fabbricato”.

2. – Riguardo all’immobile “B”, la ricorrente deduce che lo stesso “non deve considerarsi di nuova e recente costruzione”, bensì “recupero” di “una vecchia costruzione presente sui terreni di proprietà … da tempo immemorabile e restituito all’uso dopo un intervento di rimozione di folta vegetazione spontanea e di materiale di risulta accumulatosi in anni di abbandono”, con la “consistenza perimetrale e volumetrica originaria”, peraltro mantenendone la destinazione d’uso (e, cioè, “quella mista di custodia di beni e impianti strumentali alla conduzione dell’azienda agricola, nonché di riparo per la manodopera impiegata nella stessa azienda agricola”). Sicchè “l’Amministrazione non avrebbe dovuto verificare l’osservanza delle norme disciplinanti la distanza dal confine, essendo esse stabilite appunto per le nuove costruzioni”. Con riferimento, poi, al mancato rispetto del requisito dell’altezza minima (pure contestata dalla P.A.), assume: da un lato, che “la copertura (che non è piana, ma a spiovente) osserva un’altezza che varia da 246 cm a 294 cm, consentendo così un rapporto medio conforme al minimo di 270 cm”; e, dall’altro, che “l’altezza minima prescritta per i locali abitabili deve essere osservata appunto per i locali che non siano invece destinati ad uso diverso, quale ad esempio il riparo dei beni e attrezzi strumentali alla conduzione dell’impresa”. Lamenta, infine, che “il diniego impugnato non sembra in alcun modo avere tenuto conto delle precisazioni relative alla esecuzione degli interventi necessari al ripristino del corretto rapporto di aerazione e di luminosità, ove effettivamente non soddisfacente, nonché finalizzati a ripristinare i rapporti tra la quota di pavimento interno e il piano di campagna esterno” (soluzioni tecniche, queste, che avrebbero potuto essere, asseritamente, recepite dalla P.A. mediante l’introduzione di prescrizioni apposte al richiesto titolo edilizio).

2.1 – Anche tale doglianza va disattesa.

2.1.1 – Ed invero, la Relazione tecnico – sanitaria del marzo 2010 espressamente (nonché genericamente) afferma che <<il fabbricato “B” è stato recuperato su un vecchio rudere esistente “Pagliaro o trullo” …., utilizzati per il ricovero di campagna>>.

Orbene: per un verso, dall’esame della documentazione in atti, risulta evidente che il manufatto de quo, composto da due unità abitative,è stato realizzato anche ex novo; e, per altro verso, trattasi, in ogni caso, di nuova costruzione.

Ed invero, “L’attività di ricostruzione di ruderi è stata … concordemente considerata, a tutti gli effetti, realizzazione di una nuova costruzione (cfr. Cass. pen. 20 febbraio 2001, n. 13982; Cons. Stato, V, 1° dicembre 1999, n. 2021), avendo questi perduto i caratteri dell’entità urbanistico-edilizia originaria sia in termini strutturali che funzionali” (ex multis, Consiglio di Stato, Sezione Sesta, 5 dicembre 2016, n. 5106) e non potendo i ruderi medesimi essere considerati come edifici allo stato esistenti (T.A.R. Toscana, Firenze, Sezione Prima, 16 maggio 2017, n. 692; T.A.R. Campania, Salerno, Sezione Prima, 16 febbraio 2012, n. 240).

Pertanto, trattandosi di nuova costruzione, correttamente l’impugnato diniego ha ritenuto che il fabbricato “B” “non rispetta le Norme Tecniche di Attuazione della zona urbanistica E1 per attività agricole di tipo A in ordine alla distanza minima da rispettare dal confine di ml. 6,00 come prescritto all’art. 3, punto 5 delle stesse N.T.A.”.

2.1.2 – Risulta, inoltre, per tabulas la violazione delle altezze prescritte dalle NN.TT.AA. del Programma di Fabbricazione del Comune di Maruggio per i locali abitabili, in quanto la Relazione tecnico – sanitaria del 2010 (dopo aver rilevato che “Tale fabbricato è composto da un piano terra diviso in due unità abitative”) testualmente precisa che “l’altezza interna media del fabbricato è inferiore al minimo di mt. 2,70”.

Né convince il rilievo inerente all’invocato “rapporto medio conforme al minimo di 270 cm”, in assenza, comunque, di eventuali previsioni in tal senso dello Strumento Urbanistico Generale.

2.1.3 – Con riferimento alla dedotta omessa considerazione, da parte della P.A., delle “precisazioni” relative alla esecuzione di ulteriori interventi (sostanzialmente) finalizzati al conseguimento della conformità edilizio – urbanistica dell’immobile in parola (ripristino del corretto rapporto di aerazione e di luminosità, nonché dei rapporti tra la quota di pavimento interno e il piano di campagna esterno, onde sanare le relative difformità pure poste a fondamento del gravato diniego), rileva la Sezione che, <<alla luce del vigente ordinamento giuridico, non è ammissibile il rilascio di un permesso di costruire in sanatoria subordinato alla esecuzione di ulteriori opere edilizie, anche se tali interventi sono finalizzati a ricondurre il manufatto nell’alveo della legalità: tanto “contrasterebbe ontologicamente con gli elementi essenziali dell’accertamento di conformità, i quali presuppongono la già avvenuta esecuzione delle opere e la loro integrale conformità alla disciplina urbanistica” (Consiglio di Stato, IV, 8 settembre 2015, n. 4176)>> (T.A.R. Puglia, Lecce, Sezione Terza, 30 gennaio 2018, n. 126).

E’ evidente, infatti, che <<“un permesso di costruire in sanatoria soggetto a prescrizioni è in palese contrasto con l’art. 36 del D.P.R. 380/2001, poiché postulerebbe non già la doppia conformità delle opere abusive pretesa dalla disposizione in parola, ma una sorta di conformità ex post, condizionata all’esecuzione delle prescrizioni, quindi non esistente al tempo della presentazione della domanda di sanatoria, ma, eventualmente, solo alla data futura ed incerta in cui il richiedente avrò ottemperato alle prescrizioni. (TAR Campania- Salerno, Sez. II, sentenza del 28/05/2014 n 1017). La cosiddetta sanatoria ordinaria, peraltro, è finalizzata alla regolarizzazione degli abusi meramente formali – vale a dire degli interventi che, pur effettuati senza il preventivo rilascio del titolo abilitativo edilizio, risultano ammissibili sotto l’aspetto urbanistico – e non può riguardare, in conseguenza, gli interventi abusivi che necessitino di ulteriori lavori di regolarizzazione, salvo che si tratti…..di semplice completamento dei lavori già intrapresi” (TAR Liguria, Sez. I, sentenza n. 1003 del 16/12/2015>> (T.A.R. Piemonte, Sezione Prima, 4 novembre 2016, n. 1372).

3. – Quanto al “deposito idrico per uso irriguo”, la ricorrente deduce, essenzialmente, che la motivazione del diniego sarebbe, in parte qua, illegittima “perché assolutamente avulsa da valutazioni prettamente tecniche e normative”, e calibrata “su mere illazioni interpretative circa la possibile diversa finalità che la stessa opera potrebbe avere, in luogo di quella irrigua”.

3.1 – Neppure tale doglianza coglie nel segno.

Ed invero, l’oggettiva conformazione di tale opera, come risultante dagli atti di causa (con riferimento ai dati, univoci e concordanti, inerenti alle dimensioni, pari a mq 160, al profilo longitudinale, riportante altezze variabili da quota 0,00 a quota – 1,80, alla “presenza lungo tutto il perimetro della stessa di lampioni posti su elementi di cemento e di palmizie”, alla mancata previsione di una idonea rete di distribuzione dell’acqua), induce il Collegio a ritenere corretto l’assunto con cui il Comune di Maruggio afferma che non sussiste “alcun dubbio interpretativo che quest’opera sia destinata a piscina a servizio delle unità immobiliari limitrofe”.

4. – Infine, non risulta dimostrata la prescritta strumentalità tra i manufatti oggetto dell’istanza di accertamento di conformità e la conduzione dell’azienda agricola.

Trattasi, infatti, come innanzi chiarito, di ben tre unità immobiliari, peraltro di rilevanti dimensioni, realizzate in Zona Agricola “E1” del Programma di Fabbricazione, che, oggettivamente (per il numero e le dimensioni), non appaiono connesse con l’attività agricola (nel mentre le Norme Tecniche di Attuazione del P.d.F. consentono solo gli alloggi destinati all’attività agricola – “alloggi destinati alla custodia degli impianti ed alla conduzione dei campi e non alla residenza quale abitazione”, come testualmente esplicitato nel gravato diniego).

5. – Per tutto quanto innanzi esposto, il ricorso deve essere respinto.

6. – Nulla per le spese, in considerazione della mancata costituzione in giudizio del Comune di Maruggio.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia Lecce – Sezione Terza, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Nulla per le spese.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Così deciso in Lecce nella Camera di Consiglio del giorno 20 marzo 2018 con l’intervento dei magistrati:

Enrico d’Arpe, Presidente
Antonella Lariccia, Primo Referendario
Maria Luisa Rotondano, Primo Referendario, Estensore

L’ESTENSORE
Maria Luisa Rotondano
        
IL PRESIDENTE
Enrico d’Arpe
        
     
IL SEGRETARIO

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