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Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: VIA VAS AIA Numero: 810 | Data di udienza: 11 Luglio 2012

* VIA, VAS E AIA – Deliberazione di Giunta regionale della Sardegna 15 febbraio 2005, n. 5/11 – Concetto di centro turistico residenziale – Lottizzazione extraurbana occupata in parte da abitazioni private – Rientra – Normativa in materia di VIA e di screening ambientale – Strumenti urbanistici attuativi – Applicabilità – Fattispecie: convenzione di lottizzazione e sue varianti.


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 2^
Regione: Sardegna
Città: Cagliari
Data di pubblicazione: 1 Ottobre 2012
Numero: 810
Data di udienza: 11 Luglio 2012
Presidente: Maggio
Estensore: Plaisant


Premassima

* VIA, VAS E AIA – Deliberazione di Giunta regionale della Sardegna 15 febbraio 2005, n. 5/11 – Concetto di centro turistico residenziale – Lottizzazione extraurbana occupata in parte da abitazioni private – Rientra – Normativa in materia di VIA e di screening ambientale – Strumenti urbanistici attuativi – Applicabilità – Fattispecie: convenzione di lottizzazione e sue varianti.



Massima

 

TAR SARDEGNA, Sez. 2^  -1 ottobre 2012, n. 810


VIA, VAS E AIA – Deliberazione di Giunta regionale della Sardegna 15 febbraio 2005, n. 5/11 – Concetto di centro turistico residenziale – Lottizzazione extraurbana occupata in parte da abitazioni private – Rientra.

Il concetto di “centro turistico residenziale”, utilizzato nella la deliberazione della Giunta regionale 15 febbraio 2005, n. 5/11 (con cui la Regione Sardegna ha dato attuazione,ai sensi del d.p.r. 12 aprile 1996, alle previsioni comunitarie recate dalla Direttiva 85/337), si adatta perfettamente ad una lottizzazione extraurbana occupata in parte da abitazioni private, anche considerato che, ove così non fosse, non avrebbe senso la citazione normativa a parte degli “esercizi alberghieri”, che conferma come il concetto di “centro turistico residenziale” vada riferito anche ad altro tipo di insediamenti edilizi “residenziali”, cioè quelli ad uso privato e non professionale; del resto l’interpretazione opposta non è coerente con la ratio della richiamata disciplina di protezione ambientale, posto che – a parità di volumetria, realizzabile – la presenza di insediamenti destinati ad abitazioni private appare anch’essa capace, quanto meno, in astratto di compromettere la situazione ambientale.


Pres.Maggio, Est.  Plaisant – C.E. e altri (avv.ti Vignolo e Cocchi) c. Comune di Tempio Pausania (avv. De Muro)

 


VIA, VAS E AIA – Normativa in materia di VIA e di screening ambientale – Strumenti urbanistici attuativi – Applicabilità – Fattispecie: convenzione di lottizzazione e sue varianti.

La normativa in materia di VIA e di screening ambientale è applicabile anche agli strumenti urbanistici attuativi (nella specie, convenzione di lottizzazione e sue varianti), purché ovviamente sussistano le altre condizioni richieste dalla disciplina vigente (cfr., ex multis, T.A.R. Venezia, Sez. II, n. 1779; T.A.R. Sardegna, Sez. II, n. 412/2010); del resto è proprio la pianificazione attuativa ad individuare (ed autorizzare) con sufficiente grado di dettaglio – sul piano e qualitativo e quantitativo – gli insediamenti da realizzare.

Pres.Maggio, Est.  Plaisant – C.E. e altri (avv.ti Vignolo e Cocchi) c. Comune di Tempio Pausania (avv. De Muro)
 


Allegato


Titolo Completo

TAR SARDEGNA, Sez. 2^ -1 ottobre 2012, n. 810

SENTENZA

 

TAR SARDEGNA, Sez. 2^  -1 ottobre 2012, n. 810

N. 00810/2012 REG.PROV.COLL.
N. 00491/2006 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sardegna

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 491 del 2006, integrato da motivi aggiunti, proposto da:
Colombo Ercole, Cella Luigi, Pareto Antonio, Serra Paola, Di Marino Camillo, Bicego Sergio Mario, Lentati Gianni, Dapri Massimo, rappresentati e difesi dagli avv.ti Marcello Vignolo e Luigi Cocchi, con domicilio eletto presso lo studio del primo, in Cagliari, piazza del Carmine n. 22;

contro

Comune di Tempio Pausania, rappresentato e difeso dall’avv. Giuseppina Demuro, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Rosanna Patta in Cagliari, via Sonnino n. 84;

nei confronti di

– Nuovo Consorzio Li Lieri, rappresentato e difeso dagli avv. Giuseppe Mu e Roberto Piga, con domicilio eletto presso la dott.ssa Carla Alongi, in Cagliari, piazza Verdun n. 2;
– Naseddu Bruno, Naseddu Mario, Naseddu Francesco, Cerchi Giorgio, non costituiti in giudizio;

per l’annullamento

A. con il ricorso principale:

– della delibera del Consiglio comunale di Tempio Pausania 22 marzo 2005, avente ad oggetto “approvazione variante al P.d.L. di un terreno sito in loc. Li Lieri – frazione S. Pasquale – zona F di proprietà del Nuovo consorzio Li Lieri”;

– della delibera del Consiglio comunale di Tempio Pausania 27 marzo 2006, avente ad oggetto “approvazione definitiva piano di lottizzazione stralcio di un terreno sto in loc. Li Lieri – Frazione S. Pasquale – zona F di proprietà del Nuovo Consorzio Li Lieri”;

B. con i motivi aggiunti, depositati il 28 aprile/14 maggio 2009 e il 7 luglio 2009:

– della convenzione attuativa del P.d.L. di cui sopra, 23 maggio 2006, rep. n. 62768;

– della concessione edilizia n. 121 in data 7 novembre 2008, rilasciata ai controinteressati Naseddu Bruno, Naseddu Mario, Naseddu Francesco e Cherchi Giorgio, per la realizzazione di un complesso residenziale in loc. Li Lieri su area distinta al N.C.T. foglio 15 mapp. 318, 319 e 320;

Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Tempio Pausania e del Nuovo Consorzio Li Lieri;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 11 luglio 2012 il dott. Antonio Plaisant e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO
 

Con il ricorso principale alcuni proprietari di immobili siti in località Li Lieri – Tempio Pausania, zona F turistica, impugnano gli atti in epigrafe indicati sub A, con i quali il Consiglio comunale di Tempio ha prima adottato e poi definitivamente approvato una variante al Piano di lottizzazione di quell’area, consentendo – su iniziativa del Consorzio Li Lieri, costituito da alcuni proprietari di zona – la realizzazione di nuove unità immobiliari, su di una rea complessiva circa 210.000 mq., con un incremento volumetrico di circa 75.000 mc.

Il ricorso è affidato alle seguenti censure:

1. Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 28 della legge n. 1150/1942, 20 e 21 della legge Regione Sardegna n. 45/1989 e delle norme di attuazione del P.d.F. e del R.E di Tempio Pausania.

2. Violazione e falsa applicazione delle norme ricordate nel precedente motivo, anche in relazione all’art. 142 del decreto legislativo n. 42/2004, difetto di presupposto, di istruttoria e di motivazione, travisamento.

3. Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 5, 6 e 8 della legge Regione Sardegna n. 8/2004, in relazione all’art. 21 delle N.T.A. al P.d.F. di Tempio Pausania, difetto di presupposti, di istruttoria e di motivazione.

4. Violazione dell’art. 31 legge Regione Sardegna n. 1/1999, nonché delle deliberazioni della G.R. n. 5/11 del 15 febbraio 2005 e n. 38/32 del 2 agosto 2005, difetto di presupposto, di istruttoria e di motivazione.

5. Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 28 della legge Regione Sardegna n. 1150/1942, in relazione all’art. 21 delle N.T.A. del P.d.F. di Tempio Pausania, difetto di presupposti, di istruttoria e di motivazione, anche in relazione al D.M. n. 1444/1968.

6. Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 20 e 22 della legge Regione Sardegna n. 45/1989 in relazione ai principi generali di cui all’art. 1 della legge n. 241/1990, eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione, contraddittorietà, perplessità ed illogicità, sviamento.

Con motivi aggiunti notificati in data 17 aprile 2009 (e nuovamente notificati al sig. Naseddu Francesco ed al sig. Naseddu Mario in data 23 giugno 2009, nonché ulteriormente notificati al sig. Naseddu Francesco in data 2 luglio 2009), i ricorrenti hanno esteso l’impugnativa alla convenzione attuativa della variante di Piano, stipulata il 23 maggio 2006, rep. n. 62768, nonché alla concessione edilizia n. 121 in data 7 novembre 2008, rilasciata ai controinteressati Naseddu Bruno, Naseddu Mario, Naseddu Francesco e Cherchi Giorgio, per la realizzazione di un complesso residenziale su area distinta al N.C.T. foglio 15 mapp. 318, 319 e 320, deducendo le seguenti censure:

1. Con riferimento ad entrambi gli atti impugnati con i motivi aggiunti: Illegittimità derivata dagli atti oggetto del ricorso principale.

2. Con riferimento alla sola convenzione attuativa: Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 28 legge n. 1150/1942 e delle corrispondenti norme della legge Regione Sardegna n. 45/1989, difetto di presupposti e/o di istruttoria, illogicità e/o ingiustizia grave e manifesta, sviamento di potere.

3. Con riferimento alla sola concessione edilizia n. 121/2008:

3.1. Violazione /o falsa applicazione degli artt. 146 e 159 del decreto legislativo n. 42/2004, difetto di presupposti.

3.2. Violazione e/o falsa applicazione delle norme indicate nel precedente motivo, violazione e/o falsa applicazione degli artt. 11 e 15 delle N.T.A. del P.P.R. e del punto 3.2. della circolare approvata con delibera G.R. n. 11/17 del 20 marzo 2007.

3.3. Violazione e/o falsa applicazione della direttiva CE 97/11, all. II, 10, lett. b) e 12, lett. e), d.p.r. 12 aprile 1996 (art. 10, all. B, punto 7, lett. b, nonché punto 8), art. 51 della legge Regione Sardegna n. 1/1999, art. 27 della legge Regione Sardegna n. 17/2000, art. 20, comma 12, legge Regione Sardegna n. 3/2003, difetto di presupposti e/o travisamento, difetto di presupposti e/o di istruttoria e/o di motivazione.

Si è costituito in giudizio il Nuovo Consorzio Li Lieri, chiedendo la reiezione di tutti i gravami, nonché eccependo la tardività dei motivi aggiunti, in quanto i ricorrenti hanno avuto conoscenza del suo contenuto già al momento del ricorso principale, nonché a seguito della trascrizione della stessa convenzione nei pubblici registri immobiliari.

Si è, altresì, costituito in giudizio il Comune di Tempio Pausania, sollecitando il rigetto del ricorso ed eccependo anch’esso la tardività dei motivi aggiunti, in quanto: – la convenzione di variante della lottizzazione è stata trascritta nei pubblici registri immobiliari in data 22 giugno 2006; la concessione edilizia è stata pubblicata all’Albo Pretorio comunale in data 26 novembre 2008 ed i lavori hanno avuto inizio in data 17 novembre 2008; – in ogni caso i ricorrenti hanno presentato istanza di accesso a tutta la documentazione amministrativa in data 28 gennaio 2009, indicato nella domanda gli estremi esatti degli atti in questione, per cui deve presumersi che ne abbiano conosciuto il contenuto quanto meno a partire da tale data.

Alla Camera di Consiglio del 2 settembre 2009 l’esame delle istanze cautelari contenute nel ricorso e nei motivi aggiunti è stato rinviato alla trattazione del merito.

Alla pubblica udienza dell’11 luglio 2012 la causa è stata definitivamente trattenuta in decisione.

DIRITTO

In primo luogo vanno esaminate le eccezioni di tardività dei motivi aggiunti, sollevate sia dal Consorzio controinteressato che dall’Amministrazione comunale resistente, le quali si rivelano infondate.

Da un punto di vista generale si osserva che la prova della conoscenza degli atti impugnati in capo ai ricorrenti deve essere rigorosamente provata dalla parte che solleva l’eccezione di tardività del ricorso, così come i mezzi di “prova legale” di tale conoscenza sono tassativi e le relative disposizioni di stretta interpretazione (ex multis, Consiglio di Stato Sez. VI, 16 settembre 2011, n. 5170).

Quanto alle singole circostanze dedotte a sostegno dell’eccezione di tardività, la prima è costituita dall’avvenuta trascrizione nei registri immobiliari della convenzione di variante; tuttavia tale adempimento non permette affatto di presumere la conoscenza degli atti trascritti in capo ai terzi controinteressati, essendo la trascrizione un mezzo di pubblicità dettato dal legislatore ai soli fini civilistici e non contemplato dalle norme sul processo amministrativo che descrivono i meccanismi di conoscenza legale degli atti a fini giurisdizionali (art. 21 della legge n. 1034/1971 prima ed art. 41 del c.p.a. oggi).

Allo stesso modo, dalla semplice presentazione di una domanda di accesso ai documenti non può desumersi la piena conoscenza degli atti impugnati, considerato che è semmai l’intervenuto accesso a garantire tale risultato, per cui il dies a quo dell’impugnazione coincide con la data di effettivo rilascio di copia degli atti, nel caso di specie avvenuto il 29 marzo 2009, che conferma la tempestività di tutti i gravami.

Così come non meritano accoglimento le ulteriori eccezioni di tardività dedotte nei confronti dell’impugnazione del permesso di costruire, basate sulla presunta conoscenza dello stesso fin dalla data della sua pubblicazione all’Albo Pretorio comunale e/o dalla data di inizio dei lavori, posto che – secondo un pacifico orientamento giurisprudenziale, che il Collegio pienamente condivide – la decorrenza del termine per l’impugnazione decorre in questo caso dal momento in cui il controinteressato ha avuto possibilità di apprezzare la concreta entità del manufatto e la sua incidenza effettiva sulla propria posizione giuridica, il che, a sua volta, presuppone (non solo il completamento dei lavori, ma anche) la conoscenza delle ragioni formali poste a base del titolo abilitativo (cioè la conoscenza delle più importanti risultanze procedimentali), la quale può ritenersi dimostrata solo a seguito di accesso alla documentazione amministrativa o mediante prova puntuale della sua concreta conoscenza aliunde (cfr. Cons. Stato, IV, 5 gennaio 2011, n. 18, Sez. VI, 10 dicembre 2010, n. 8705).

Da tutto ciò consegue che entrambi i gravami proposti sono da ritenersi tempestivi e ciò consente di passare all’esame del merito, cominciando dal ricorso principale, avente ad oggetto le deliberazioni del Consiglio comunale di Tempio Pausania di adozione e definitiva approvazione della variante al Piano di lottizzazione “Li Lieri”.

Con il primo motivo i ricorrenti sostengono che detta variante, contemplando la realizzazione di nuove costruzioni su terreni non contigui, dia vita ad un insediamento “a macchia di leopardo” vietato dalla normativa primaria e dall’art. 3 del P.d.F. di Tempio Pausania.

Il motivo è infondato.

Il tenore dell’art. 3, comma 3, della legge Regione Sardegna 1 luglio 1991, n. 20, è chiarissimo nello statuire che “Uno o più proprietari qualora dimostrino l’ impossibilità, per mancanza di assenso degli altri proprietari, di predisporre un piano attuativo possono, previa autorizzazione del Comune, predisporre il piano esteso alla intera area. In tale ipotesi il piano si attuerà per stralci funzionali convenzionabili separatamente e i relativi oneri di urbanizzazione saranno ripartiti tra i diversi proprietari”.

Nel caso di specie le condizioni richieste da tale disposizione normativa si realizzano, posto che, come si evince dalle tavole allegate alla variante di Piano, la variante è stata preceduta da una nuova pianificazione dell’intera estensione della lottizzazione (circostanza, questa, riconosciuta dagli stessi ricorrenti, a pag. 13 dei motivi aggiunti), anche se, mancando il consenso di alcuni dei proprietari (cfr. doc. 11 di parte resistente, avente ad oggetto l’infruttuosa convocazione di alcuni di loro ai fini di una eventuale adesione alla proposta di variante), il nuovo intervento edilizio ha potuto ricevere attuazione solo in relazione allo “stralcio funzionale” (cui si riferisce la variante impugnata in questa sede) per il quale è intervenuto il consenso degli interessati; né tale modus operandi, conforme al modello delineato dal legislatore, potrebbe ragionevolmente incontrare ostacolo nel vigente Piano di fabbricazione di Tempio, come sostengono i ricorrenti, i quali, peraltro, deducono al riguardo una doglianza del tutto generica, non indicando in che cosa si sostanzierebbe il contrasto.

Con il secondo motivo i ricorrenti si dolgono del fatto che gli atti di adozione e approvazione della variante di piano non sono stati preceduti dal nulla osta paesaggistico della Regione Sardegna, che sarebbe necessario sia in termini generali, ai sensi dell’art. 28 legge n. 1150/1942, ribadito dall’art. 21 della legge Regione Sardegna n. 45/1989, sia a causa della presenza sull’area interessata, in quanto occupata da boschi, di un vincolo paesaggistico ai sensi dell’art. 142, comma 1, lett. g), del decreto legislativo n. 42/2004.

La doglianza è infondata.

In primo luogo si osserva che l’art. 28, comma 2, della legge 17 agosto 1942, n. 1150, invocato da parte ricorrente, è stato implicitamente superato, in parte qua, dall’art. 24 della legge 28 febbraio 1985, n. 47, a mente del quale “Salvo che per le aree e per gli ambiti territoriali individuati dalle regioni come di interesse regionale in sede di piano territoriale di coordinamento o, in mancanza, con specifica deliberazione, non è soggetto ad approvazione regionale lo strumento attuativo di strumenti urbanistici generali, compresi i piani per l’edilizia economica e popolare nonché i piani per gli insediamenti produttivi”: il tenore di tale disposizione, che espressamente esclude ogni forma di intervento preventivo regionale sugli “strumenti attuativi di piani urbanistici generali” è così chiaro da non lasciar alcun dubbio in ordine al fatto che non esiste più alcuna forma di controllo preventivo “tout court” sui piani di lottizzazione, tranne che ovviamente gli stessi riguardino aree interessate da vincoli paesaggistici. Nel medesimo senso si colloca la disciplina regionale, posto che l’art. 21 della legge Regione Sardegna 22 dicembre 1989, n. 45, sottopone i piani di lottizzazione alle stesse procedure di approvazione e adozione previste dal precedente art. 20, tra le quali non compare alcun riferimento alla necessità di una previa approvazione regionale.

Quanto poi all’ulteriore profilo oggetto della censura in esame – cioè l’asserita esistenza di un vincolo paesaggistico sull’area interessata dalla nuova lottizzazione – esso risulta infondato in fatto, in quanto con nota 25 gennaio 2006, sulla quale i ricorrenti non hanno portato significativi elementi di prova contraria, la Regione Sardegna – Servizio Tutela del Paesaggio di Sassari (doc. 12 di parte resistente) ha comunicato che “espletati i necessari accertamenti” sui terreni in questione “non sono assoggettati a tutela paesaggistica ai sensi dell’art. 142, lett. G., del decreto legislativo n. 42/2004” e ciò esclude la fondatezza anche dell’ulteriore profilo di doglianza (difetto di istruttoria) prospettata al riguardo dall’Associazione ricorrente .

Con il terzo motivo si afferma che l’approvazione della variante di Piano non sarebbe stata preceduta dallo studio di compatibilità paesaggistico – ambientale previsto dall’art. 5 della legge Regione Sardegna 25 novembre 2004, n. 8, né dalla previa verifica del rispetto dei limiti massimi volumetrici previsti per le zone F dall’art. 6 della stessa legge (50% delle volumetrie consentite ai sensi del decreto assessorile n. 2266/U del 20 dicembre 1983).

La censura è infondata in quanto l’ambito di applicazione di entrambe le norme richiamate da parte ricorrente (artt. 5 e 6 della l.r. n. 8/2004), non contenendo espresse previsioni di segno contrario, sono soggette alla disposizione contenuta nell’art. 8, comma 4, della stessa legge regionale, a mente del quale “Se non diversamente previsto le disposizioni della presente legge si applicano negli ambiti territoriali di cui al comma 1 dell’articolo 3”, cioè nelle zone costiere fino ad una distanza massima di 2000 metri dal mare, tra le quali pacificamente non si ascrive l’area oggetto del presente giudizio.

Con il quarto motivo si deduce la mancata sottoposizione dell’intervento in esame (destinato a determinare un incremento di volumetria pari a circa 75.000 mc.) a verifica/screening di impatto ambientale, nonostante la D.G.R. n. 5/2011, All. A1, preveda la suddetta procedura in relazione a tutti i progetti volti alla realizzazione di nuova volumetria superiore a mc. 25.000; per giunta la suddetta verifica, ove fosse stata svolta, avrebbe dovuto concludersi negativamente, a causa del contrasto con gli artt. 4 e 5 della legge Regione Sardegna n. 8/2004, per i motivi indicati nella precedente censura.

La doglianza sarà esaminata unitamente al quinto motivo aggiunto, considerata la stretta connessione logico – giuridica fra le due censure.

Il quinto motivo va esaminato unitamente alla seconda censura dedotta con i motivi aggiunti, per evidenti ragioni di connessione, posto che entrambe le doglianze sono volte a contestare la legittimità del complessivo assetto urbanistico – edilizio delineato dal piano e dalla relativa convenzione di lottizzazione.

In primo luogo i ricorrenti si dolgono del fatto che il Comune non avrebbe effettuato alcuna verifica circa la piena proprietà, in capo ai soggetti che hanno aderito alla variante, di tutte le aree interessate dalle nuove opere di urbanizzazione, con particolare riferimento alle strade di accesso ai nuovi edifici.

La censura è priva di pregio.

Come risulta dall’analitica memoria difensiva del Comune in data 5 maggio 2009, alla quale i ricorrenti non hanno puntualmente controbattuto sotto il profilo fattuale, la disponibilità delle strade di accesso ai nuovi edifici è stata positivamente verificata nel corso dell’iter di approvazione della variante, mediante l’acquisizione di chiarimenti da parte dei lottizzanti e l’esame dello Statuto e dell’atto costitutivo del Consorzio “La Rena” (originario lottizzante), che regola espressamente i rapporti fra tutti i proprietari di terreni compresi nella zona interessata dall’originario Piano (quindi anche gli odierni ricorrenti ed i loro danti causa) (cfr. doc. 13 e 14 di parte resistente); in particolare l’art. 26 dell’atto costitutivo dà vita ad “un diritto di passaggio senza limitazioni per i pedoni e per tutti gli autoveicoli” su tutte le strade della lottizzazione, il che conferma la piena disponibilità da parte degli odierni controinteressati, se non altro a questo titolo, delle strade di accesso ai nuovi fabbricati. Inoltre – ed è questo, soprattutto, l’aspetto dirimente – dalla sopra citata memoria difensiva, nonché dai documenti cui la stessa fa riferimento (soprattutto la Tavola 4 del Piano, prodotta in giudizio), sui quali i ricorrenti non hanno mosso contestazioni specifiche e circostanziate, si evince che le nuove strade di accesso ai nuovi edifici insistono esclusivamente su aree di proprietà dei controinteressati, il che smentisce in fatto anche la censura ora in esame.

I ricorrenti assumono poi che la variante e la relativa convenzione, pur individuando quantitativamente le aree da destinare agli standard urbanistici previsti dal D.M. n. 1444/1968, non troverebbero fondamento in alcuna concreta valutazione circa il rispetto degli stessi sul piano qualitativo, rinvierebbero sine die il trasferimento al Comune delle opere di urbanizzazione secondaria e soprattutto contemplerebbero la possibilità di procedere ad una loro “monetizzazione sostitutiva”, in violazione dell’art. 28 della legge n. 1150/1942.

La censura è infondata.

Dall’esame della impugnata convenzione di lottizzazione (doc. 3 di parte resistente) si evince, infatti, che la stessa contiene l’analitica descrizione delle opere di urbanizzazione secondaria e dei corrispondenti standard, mentre non si rintraccia all’interno dell’atto convenzionale alcuna clausola che consenta una loro “monetizzazione sostitutiva” in; al contrario l’art. 16 della convenzione prevede espressamente la cessione di tutte le opere di urbanizzazione secondaria all’Amministrazione resistente, dopo la realizzazione delle stesse a cura delle società lottizzanti.

Infine i ricorrenti si dolgono del fatto che la nuova variante di piano e la relativa convenzione produrrebbero effetti giuridici e materiali (compresa la cessione di porzioni di terreno al Comune) su fondi appartenenti (anche) a soggetti che non vi hanno aderito, in violazione del principio secondo cui una convenzione urbanistica può produrre effetti giuridici esclusivamente nei confronti dei soggetti che vi hanno aderito.

Neppure questa censura merita di essere condivisa, in quanto, come già si è evidenziato, la variante impugnata non produce effetti sui fondi appartenenti ai controinteressati non firmatari, atteso che le nuove opere di urbanizzazione insistono soltanto sui fondi di proprietà dei soggetti aderenti alla convenzione: questa circostanza di fatto, analiticamente esposte dalle difese del Comune resistente e dei controinteressati – anche mediante rinvio alla documentazione prodotta in giudizio (si vedano in particolare gli allegati alla variante di Piano) – non sono state oggetto di prova contraria e neppure di contestazione puntuale da parte delle difese dei ricorrenti, che si sono limitate a ribadire genericamente le proprie tesi.

Con il sesto motivo si deduce difetto di istruttoria e di motivazione, per avere il Comune omesso qualunque approfondimento e risposta in relazione alle osservazioni presentate nel corso del procedimento dall’arch. Ivaldi, su iniziativa degli odierni ricorrenti, nonché in ordine alla richiesta di integrazione istruttoria avanzata dall’Ufficio tecnico del Comune di Tempio Pausania con nota dell’1 settembre 2005, che sollecitava ulteriori verifiche riguardo, tra l’altro, al regime delle opere di urbanizzazione, ai particolari costruttivi ed ai materiali da utilizzare, alla stesura di una carta clivometrica per verificare se le pendenze potessero creare problemi di ruscellamento o di erosione, alla simulazione degli effetti del nuovo insediamento sul paesaggio, all’acquisizione del nulla osta dell’Ufficio Tutela del Paesaggio in relazione alla presenza di un vincolo paesaggistico, del nulla osta del Corpo Forestale per eventuali vincoli idrogeologici, del nulla osta della Soprintendenza per eventuali vincoli archeologici.

Il motivo è infondato.

Si osserva, in primo luogo, che dalle produzioni processuali effettuate dal Comune di Tempio emerge lo svolgimento di un’istruttoria completa ed esaustiva, con riferimento, tra l’altro, all’acquisizione dei seguenti atti istruttori: parere favorevole della Commissione Urbanistica, nota n. 358/2006 del Servizio Tutela del Paesaggio in ordine all’insussistenza di vincoli paesaggistici (doc. 16: vedi supra), nota del Corpo Forestale n. 10376/2005 attestante ’insussistenza di vincoli idrogeologici (doc. 17), documentazione integrativa trasmessa in data 28 novembre 2005 dai lottizzanti al fine di adempiere alle richieste istruttorie che aveva loro inviato l’Ufficio tecnico del Comune con nota n. 13632/2005 (doc. 18).

Quanto poi alle osservazioni mosse dall’arch Ivaldi nel corso del procedimento di approvazione della variante, le stesse hanno trovato risposta nella nota dell’Ufficio tecnico del Comune di Tempio in data 30 novembre 2005 (doc. 22 prodotto dal Comune), con cui esso Ufficio ha trasmesso e fatto proprie le puntuali controdeduzioni dei lottizzanti in ordine a tutte le principali questioni sollevate da controparte; peraltro dalla lettura di quest’ultima nota si traggono ulteriori risposte, sufficientemente esaustive e neppure contestate puntualmente in fatto da controparte nel presente giudizio, riguardo a molte delle problematiche oggetto delle precedenti censure, quali ad esempio l’insussistenza di vincoli paesaggistici e la situazione idrogeologica dei luoghi (sulla quale è stata redatta apposita relazione allegata al progetto di variante).

Passando ai motivi aggiunti, gli stessi hanno ad oggetto la convenzione attuativa del Piano di lottizzazione in variante e la concessione edilizia n. 121/2008, rilasciata in favore di alcuni controinteressati.

Con la prima censura, riferita ad entrambi gli atti dianzi indicati, si deduce la loro illegittimità derivata dai vizi dedotti con il ricorso introduttivo, ma tale doglianza non può essere accolta in quanto le censure contenute nel precedente gravame sono prive di fondamento (vedi supra).

Il secondo motivo aggiunto, relativo alla convenzione attuativa dell’impugnata variante di Piano, è stato già esaminato (e respinto) unitamente alla quinta censura dedotta con il ricorso introduttivo, per cui è sufficiente fare rinvio alla relativa parte della presente trattazione.

Il terzo motivo aggiunto, relativo alla sola concessione edilizia, fa leva sull’assenza di previo nulla osta paesaggistico e deve ritenersi privo di pregio per le stesse ragioni già esposte in sede di esame del secondo motivo contenuto nel ricorso introduttivo.

Con il quarto motivo aggiunto si afferma che l’attuazione dell’impugnata variante, avendo ad oggetto un’area compresa nell’ambito n. 17 “Gallura Nord orientale” del P.P.R (classificata come “naturale e subnaturale”, “seminaturale”, “ad utilizzazione agroforestale” e “insediamenti turistici”) ai sensi dell’art. 14 delle N.T.A. del P.P.R., avrebbe dovuto essere preceduta dall’intesa di cui all’art. 11 delle stesse N.T.A.; ciò sulla base dell’art. 15 delle medesime N.T.A., posto che alla data di entrata in vigore dello stesso P.P.R. il Comune di Tempio non era munito di P.U.C. adeguato alla vigente pianificazione paesaggistica, nè erano stati ancora rilasciati i relativi permessi di costruire.

La censura è infondata.

Occorre premettere che in base all’art. 15, comma 2, lett. b), delle N.T.A. del P.P.R. “oltre la fascia di cui alla lettera a) possono essere realizzati gli interventi previsti negli strumenti urbanistici attuativi approvati e con convenzione efficace alla data di adozione del Piano Paesaggistico Regionale, secondo la disciplina di cui al quarto comma”, in base alla quale “Il completamento degli interventi urbanistici ed edilizi previsti negli strumenti urbanistici di cui al comma precedente e del secondo comma lett. b), per i quali non siano stati rilasciati alla data di entrata in vigore del PPR i relativi titoli abilitativi, è sottoposto al raggiungimento dell’intesa di cui all’art. 11 da concludersi entro dodici mesi dall’entrata in vigore del Piano paesaggistico.

Quindi il tenore testuale delle richiamate disposizioni pianificatorie parrebbe comportare la fondatezza della censura in esame, in quanto il Comune di Tempio alla data di entrata in vigore del P.P.R. il Comune di Tempio non era provvisto di P.U.C. adeguato al P.P.R., nè l’impugnata convenzione di variante, alla data di entrata in vigore del P.P.R., aveva trovato concreta attuazione.

Tuttavia si deve osservare, in senso diametralmente opposto, che con sentenza n. 2010/2007 questa Sezione ha annullato il quarto comma dell’art. 15 delle N.T.A. del P.P.R., contenente la sopra descritta disciplina ostativa, ritenendo che delle due l’una: “se l’intesa introdotta col quarto comma non incide sulle possibilità di attuare il PUC, lasciando ferme le volumetrie previste negli strumenti attuativi, ma incide solo sulle modalità attuative dello jus aedificandi….tale fine è già garantito dal sistema normativo vigente; se invece l’intesa costituisce…applicazione delle norme del Codice dei beni culturali, le quali rimettono alla disciplina dei piani paesaggistici l’indicazione di misure di coordinamento con gli strumenti di pianificazione territoriale, affidando alla regione il compito di disciplinare il procedimento di conformazione e di adeguamento degli strumenti urbanistici alle previsioni della pianificazione paesaggistica, non vi è spazio per la sua applicazione nelle fattispecie contemplate dall’art. 15 terzo comma e secondo comma lett. b), in quanto nei casi ivi previsti non vi sono previsioni pianificatorie da conformare, ma solo strumenti attuativi già approvati da completare, secondo le procedure vigenti prima dell’approvazione del piano paesaggistico”.

Orbene questa pronuncia giurisdizionale, oramai passata in giudicato, produce effetti erga omnes nella parte in cui decreta l’annullamento di una norma pianificatoria di contenuto generale, della quale, pertanto, non è possibile tenere conto ai fini della presente decisione, per cui la censura in esame si rivela infondata.

Vi è poi il quinto motivo aggiunto, ugualmente inerente il solo permesso di costruire, i ricorrenti lamentano la mancata effettuazione di una verifica/screening di compatibilità ambientale, come imporrebbe la normativa vigente.

Detta censura deve essere esaminata unitamente al quarto motivo del ricorso introduttivo, vista la già evidenziata connessione logico-giuridica tra le due censure, che hanno entrambe ad oggetto la mancata sottoposizione (della variante di piano prima e della conseguente concessione edilizia impugnata con i motivi aggiunti poi) a procedura di screening/verifica di compatibilità ambientale.

Sul punto è opportuna una sintetica ricostruzione del quadro normativo applicabile ed a tal fine occorre partire dalla Direttiva 85/337/CEE, la quale – anche tenendo conto delle modifiche apportate dalla successiva Direttiva 97/11/CEE – statuisce all’art. 2 che “1. Gli Stati membri adottano le disposizioni necessarie affinché, prima del rilascio dell’autorizzazione, per i progetti per i quali si prevede un notevole impatto ambientale, in particolare per la loro natura, le loro dimensioni o la loro ubicazione, sia prevista un’autorizzazione e una valutazione del loro impatto. Detti progetti sono definiti nell’articolo 4”.

Quest’ultima disposizione, al comma 2, assoggetta a verifica preliminare (cd. screening) di compatibilità ambientale i “progetti” indicati nell’All. II, il quale, al punto 12, lett. c), indica tra gli altri i progetti relativi a “Villaggi di vacanza e complessi alberghieri situati fuori dalle zone urbane e strutture connesse”.

Il recepimento da parte dell’Italia della Direttiva 85/337 è avvenuto in prima battuta con l’art. 40, comma 1, della legge 22 febbraio 1994, n. 146 – e con il d.p.r. 12 aprile 1996 di attuazione – il quale assume concreto rilievo nel caso ora in esame, perché la sua successiva abrogazione è avvenuta dopo l’approvazione della impugnata variante, esattamente ad opera dell’art. 52 decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, con decorrenza 31 luglio 2007.

Orbene l’art. 1, secondo comma., del sopra citato d.p.r. 12 aprile 1996 sposta sulle regioni a statuto speciale l’onere di attuazione nel dettaglio della Direttiva comunitaria, statuendo che “Le Regioni a statuto speciale e le Province autonome di Trento e Bolzano provvedono all’attuazione degli obiettivi del presente atto nel rispetto di quanto previsto dai rispettivi statuti e dalle relative norme di attuazione”; la Sardegna ha dato attuazione alle citate previsioni comunitarie con la deliberazione della Giunta regionale 15 febbraio 2005, n. 5/11, la quale – nel disciplinare, all’All. A, la procedura di screening ambientale – vi sottopone, all’art. 2, “i progetti di opere e di impianti compresi nell’allegato A1 alla presente Deliberazione”, laddove l’Allegato 1 indica, alla voce 8, lettera a), i” campeggi e villaggi turistici di superficie superiore a 5 ha, centri turistici residenziali ed esercizi alberghieri con oltre 300 posti – letto o volume edificato superiore a 25.000 m3, o che occupano una superficie superiore ai 20 ha, esclusi quelli ricadenti all’interno dei centri abitati”.

Al fine di valutare la concreta applicabilità di tale disciplina al caso ora in esame occorre in primo luogo ricordare che la variante impugnata – incidente su di un’area avente estensione complessiva di circa 210 ettari – comporta un incremento volumetrico di circa 75.000 metri cubi: questo dato, puntualmente affermato dai ricorrenti (cfr. il ricorso introduttivo a pag. 10) non è contestato in fatto dalle controparti, le quali eccepiscono, invece, che la nuova volumetria destinata ad insediamenti alberghieri è pari a solo 12.304 mc., mentre la volumetria rimanente, in quanto destinata ad insediamenti residenziali privati, non potrebbe assumere rilievo ai fini del raggiungimento del limite volumetrico minimo previsto dalla deliberazione regionale.

A giudizio del Collegio questa argomentazione non è condivisibile, in quanto il concetto di “centro turistico residenziale”, utilizzato nella richiamata disciplina regionale, si adatta perfettamente ad una lottizzazione extraurbana occupata in parte da abitazioni private, anche considerato che, ove così non fosse, non avrebbe senso la citazione normativa a parte degli “esercizi alberghieri”, che conferma come il concetto di “centro turistico residenziale” vada riferito anche ad altro tipo di insediamenti edilizi “residenziali”, cioè quelli ad uso privato e non professionale; del resto l’interpretazione opposta non è coerente con la ratio della richiamata disciplina di protezione ambientale, posto che – a parità di volumetria, realizzabile – la presenza di insediamenti destinati ad abitazioni private appare anch’essa capace, quanto meno, in astratto di compromettere la situazione ambientale.

Così come non può essere condivisa l’ulteriore argomentazione proposta dalle difese di parte controinteressata e resistente, in base alla quale il termine “progetti”, anch’esso utilizzato dalla normativa in materia di protezione ambientale, non si presterebbe ad essere riferito alle convenzioni di lottizzazioni (ed alle loro varianti). È sufficiente obiettare, al riguardo, che un piano di lottizzazione si basa pur sempre – per definizione e per legge – su di un dettagliato “progetto edilizio”, tanto è vero che un’interpretazione giurisprudenziale consolidata, pienamente condivisa dal Collegio, considera applicabile la normativa in materia di VIA e di screening ambientale anche agli strumenti urbanistici attuativi, purché ovviamente sussistano le altre condizioni richieste dalla disciplina vigente (cfr., ex multis, T.A.R. Venezia, Sez. II, n. 1779; T.A.R. Sardegna, Sez. II, n. 412/2010); del resto è proprio la pianificazione attuativa ad individuare (ed autorizzare) con sufficiente grado di dettaglio – sul piano e qualitativo e quantitativo – gli insediamenti da realizzare.

Né il discorso muta per il fatto che la convenzione ora in esame ha ad oggetto una variante ad una lottizzazione già esistente, in quanto l’art. 2, comma 1, della sopra citata D.G.R. ascrive alla procedura di screening anche “i progetti riguardanti modifiche sostanziali ad opere o impianti già autorizzati, realizzati o in fase di realizzazione, ma non sottoposti alla procedura di verifica, ascrivibili alle tipologie dell’allegato A1” ed è pacifico, nel caso di specie, che la lottizzazione originaria “Li Lieri” non fosse stata a suo tempo sottoposta a procedura di screening (cfr., su questo specifico aspetto, la sentenza di questa Sezione n. 412/2010).

Pertanto l’impugnata variante avrebbe dovuto essere sottoposta a procedura di screening ambientale e, tuttavia, la mancata effettuazione della stessa non ne implica l’illegittimità tout court, bensì un più limitato “blocco degli effetti applicativi”, posto che ai sensi dell’art. 7, comma 1, del d.p.r. 12 aprile 1996 “la procedura di valutazione d’impatto ambientale deve concludersi con un giudizio motivato prima dell’eventuale rilascio del provvedimento amministrativo che consente in via definitiva la realizzazione del progetto e comunque prima dell’inizio dei lavori”; in altre parole, la procedura di screening preliminare non deve necessariamente precedere gli atti di adozione e approvazione della variante di piano, ma deve essere effettuata prima della sua “attuazione finale”, che coincide con il rilascio dei permessi di costruire.

Le conseguenze concrete di questa impostazione sono evidenti: il quarto motivo del ricorso introduttivo, che investe direttamente il Piano di variante, non merita accoglimento, mentre è fondato il quinto motivo aggiunto, con cui la stessa censura viene estesa in via sostanzialmente derivata alla concessione edilizia 7 novembre 2008, n. 121, giacché quest’ultima – riguardando un intervento edilizio ricompresso e pianificato con quella variante – avrebbe dovuto essere preceduta da una procedura di screening ambientale su di essa.

Ciò conduce a pronunciare l’annullamento della medesima concessione edilizia ed a precisare, altresì, che il Comune resistente, prima di concedere nuovi titoli edificatori, dovrà preliminarmente promuovere la procedura di screening sulla variante, la quale, come noto, si sostanzia in una verifica preliminare finalizzata ad accertare se sussistano o meno le condizioni che rendano necessaria una vera e propria valutazione di impatto ambientale.

Per quanto premesso il ricorso introduttivo va respinto, mentre va accolto il quinto motivo aggiunto ai sensi e per gli effetti sopra descritti.

Sussistono giusti motivi per una integrale compensazione delle spese di giudizio.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sardegna (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando, accoglie in parte i motivi aggiunti in epigrafe proposti e, per l’effetto, annulla la concessione edilizia n. 121 in data 7 novembre 2008; respinge per il resto il ricorso ed i motivi aggiunti.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Cagliari nella camera di consiglio del giorno 11 luglio 2012 con l’intervento dei magistrati:

Alessandro Maggio, Presidente
Tito Aru, Consigliere
Antonio Plaisant, Consigliere, Estensore

L’ESTENSORE

IL PRESIDENTE
              

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 01/10/2012
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
 

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